NUOVA NORMATIVA IN MATERIA DI FALLIMENTO BANCHE : BAIL IN

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1 NUOVA NORMATIVA IN MATERIA DI FALLIMENTO BANCHE : BAIL IN Il salvataggio di Cipro e la recente crisi finanziaria europea hanno dimostrato che in molti paesi dell Unione Europea gli strumenti di gestione delle crisi bancarie non erano adeguati, soprattutto di fronte alle difficoltà di intermediari con strutture organizzative complesse e con una fitta rete di relazioni con altri operatori finanziari. Per evitare che la crisi di una singola banca si propagasse in modo incontrollato al sistema, sono stati necessari ingenti interventi pubblici che, se da un lato hanno permesso di evitare danni al sistema finanziario e all economia reale, dall altro hanno però comportato elevati oneri per i contribuenti, ed in alcuni casi compromesso l equilibrio del bilancio pubblico. Fino al 31 dicembre 2015 la normativa italiana prevedeva, per una banca in crisi, l amministrazione controllata o la liquidazione coatta amministrativa, mentre dal primo gennaio 2016, entrando in vigore le norme previste nei decreti legislativi 180 e 181 del 2015, che hanno recepito la Direttiva Europea 2014/59 BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), è stato introdotto il nuovo sistema di salvataggio di una banca da un dissesto finanziario: la risoluzione ed il conseguente bail in o salvataggio interno. Si tratta di un cambio epocale di cui molti risparmiatori ed investitori hanno già avuto un doloroso assaggio in occasione dei salvataggi di Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e Carife. La Direttiva Europea, che intende eliminare le differenze esistenti tra le legislazioni degli Stati membri in questa materia, allo scopo di agevolare l accesso all attività degli enti creditizi e che risponde anche alle esigenze di maggiore trasparenza chieste dall Unione europea con la direttiva della trasparency, introduce in tutti i Paesi Europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle società di investimento. Le nuove norme consentiranno di gestire le crisi in modo ordinato, attraverso strumenti più efficaci e l utilizzo di risorse del settore privato, riducendo gli effetti negativi sul sistema economico ed evitando che il costo dei salvataggi gravi sui contribuenti. In altre parole, lo Stato non potrà più intervenire direttamente nei fallimenti delle banche. Visto il clima di incertezza e gli inutili allarmismi del momento è bene fare un po di chiarezza in materia. Il Decreto legislativo n. 180/2015 introduce una nuova disciplina in materia di piani di risoluzione per banche in crisi, fornisce indicazioni circa l inizio e la conclusione delle procedure, sull adozione delle misure, sulle modalità di gestione della crisi, su poteri e funzioni dell autorità indipendente preposta a seguire il processo di salvataggio della banca. Il Decreto legislativo n. 181/2015 modifica il Testo Unico Bancario e il Testo Unico della Finanza introducendo la disciplina per i piani di risanamento e dell intervento precoce sulla banca in crisi e modifica la disciplina della liquidazione coatta amministrativa per adeguarla alla nuova normativa europea. In sintesi, sottoporre una banca a risoluzione significa avviare un processo di ristrutturazione gestito dalle autorità di risoluzione, autorità che in Italia si identifica nella Banca d Italia che, attraverso l utilizzo di tecniche e poteri offerti ora dalla BRRD, mira ad evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (es. depositi, servizi di pagamento, etc.), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti. Codice Fiscale P.IVA Iscrizione Registro Imprese di Torino n Capitale Sociale ,00 = i.v. R.E.A. n

2 In sostanza vengono attribuiti all Autorità di risoluzione poteri e strumenti per: pianificare e gestire le crisi, intervenire in tempo prima della completa manifestazione della crisi, gestire al meglio la fase di risoluzione. Resta comunque in vigore anche la risoluzione coatta amministrativa come ipotesi alternativa alla risoluzione e sarà la Banca d Italia a decidere quale strada intraprendere. Le autorità di risoluzione potranno sottoporre una banca in difficoltà a risoluzione quando saranno soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) La banca è in dissesto o a rischio di dissesto: quando a causa di perdite, l intermediario abbia azzerato o ridotto in modo significativo il proprio capitale; b) Non si ritiene che misure alternative di natura privata (quali aumenti di capitale) o di vigilanza consentano di evitare in tempi ragionevoli il dissesto dell intermediario; c) Sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la stabilità sistemica, di proteggere depositanti e clienti, di assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali e, quindi, la risoluzione è necessaria nell interesse pubblico. Verificatesi queste condizioni, la Banca d Italia potrà attivare una serie di misure, quali: - Vendere una parte delle attività ad un acquirente privato; - Trasferire temporaneamente attività e passività ad un altra entità denominata Bridge Bank, costituita e gestita dalle autorità per garantire i servizi in vista di una successiva vendita sul mercato; - Trasferire le attività deteriorate ad una bad bank che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli; - Applicare il bail-in, cioè salvataggio interno, ossia svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà oppure creare una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali. Tutto il processo avviene sotto il controllo e l indirizzo delle Autorità di Risoluzione: Bce e Banca d Italia. Con l introduzione del bail-in non sarà più lo Stato a farsi carico delle perdite della banca in crisi, ma sarà la banca stessa con azionisti e correntisti. In sintesi, chi ha affidato i propri risparmi alla banca si dovrà accollare il problema della risoluzione. L intervento pubblico è previsto soltanto in circostanze straordinarie per evitare che la crisi di un intermediario abbia gravi ripercussioni sul funzionamento del sistema finanziario nel suo complesso. L ordine di priorità per il bail-in sarà il seguente: 1. Azionisti e strumenti di capitale; 2. Titoli subordinati; 3. Obbligazioni ed altre passività ammissibili; 4. Depositi maggiori di euro di persone fisiche e piccole e medie imprese. In caso di crisi, quindi, la procedura di risoluzione aggredirà per primo il capitale degli azionisti, ovvero dei proprietari, della banca che vedranno ridursi o azzerarsi il valore delle loro azioni. Solo se l azzeramento del valore delle azioni non risulterà sufficiente a coprire le perdite, saranno chiamati ad intervenire i titolari di altre categorie di strumenti finanziari emessi dalla banca stessa secondo un ordine che incide sul rischio

3 dell investimento, le cui attività, al fine di ricapitalizzare la banca, potranno essere trasformate in azioni e/o ridotte nel valore. Solo quando si sarà azzerato il loro valore e questo non sarà sufficiente, si passerà ai titoli subordinati senza garanzia, esempio le obbligazioni junior (quelle diventate famose con il crak delle quattro banche). Esaurita questa categoria di titoli, si passerà ai crediti non garantiti ad esempio le obbligazioni bancarie che, pur non essendo né subordinate né strutturate, non sono però garantite. Gli ultimi ad essere aggrediti saranno i conti correnti superiori ad euro e solo per la parte eccedente ai euro, delle persone fisiche e delle PMI. Fino ad euro i depositi sono garantiti, come nel passato, dal Fondo di garanzia dei depositi; la cifra sale ad euro se il conto è cointestato perché, come chiarito dalla guida Abi, la garanzia non riguarda il conto in sé ma è stabilita per ogni singolo depositante. Questa protezione riguarda le somme detenute sul conto corrente o in un libretto di deposito e i certificati di deposito. Anche per la parte eccedente i euro, i depositi delle persone fisiche e delle Pmi riceveranno un trattamento preferenziale poiché sopporterebbero un sacrificio solo nel caso in cui il bail-in di tutti gli strumenti con un grado di protezione minore della gerarchia fallimentare non fosse sufficiente a coprire le perdite e a ripristinare un livello adeguato di capitale. E bene sottolineare che azionisti e creditori non potranno subire perdite maggiori di quelle che sopporterebbero in caso di liquidazione della banca secondo le procedure ordinarie. Resteranno esclusi dalla procedura di bail-in: - I correntisti con liquidità sul conto corrente inferiore ad euro ; - I possessori di obbligazioni garantite (covered bond), cioè obbligazioni emesse da una banca o da altro intermediario, caratterizzate da un profilo di rischio molto basso e da un elevata liquidità. Sono state introdotte nell ordinamento italiano con l art. 7bis della L. 130/1999 e si distinguono dalle altre obbligazioni in quanto il loro rimborso, in caso di fallimento della banca emittente, è assicurato dalla possibilità di rivalersi su attività patrimoniali della stessa all uopo destinate; - I debiti verso dipendenti, fisco, enti previdenziali e fornitori; - Le cassette di sicurezza ed i titoli detenuti nel deposito titoli (ovviamente non emessi dalla banca in crisi). In questo caso si tratta di beni di proprietà del risparmiatore e la banca funge solo da custode. Il bail-in non è quindi un meccanismo che permette all Europa di espropriare i conti correnti ma, al contrario, è una direttiva che ha come proprio scopo quello di salvaguardare il più possibile la collettività, obbligando le banche ad una gestione più responsabile dei propri rischi. In Italia, i prestiti ad alto rischio di almeno parziale insolvenza, le cosiddette sofferenze, sfiorano i duecento miliardi di euro (circa sette leggi di Stabilità), mentre il denaro accantonato per farvi fronte è poco più della metà. Nonostante ciò il sistema italiano, pur mostrando al suo interno una certa eterogeneità, nel suo complesso appare solido. Il settore è comunque arrivato all appuntamento con il bailin al termine di un lungo round di processi di aumenti di capitale (avvenuti principalmente nel 2014), di cessioni straordinarie e di razionalizzazioni interne che hanno migliorato fortemente gli indici di forza patrimoniale. A documentarlo sono stati gli stessi esiti degli SREP (processi di revisione prudenziale della Banca centrale europea): i dati nell ultimo trimestre del 2015, hanno evidenziato come 13 banche italiane, tra cui Sanpaolo, Mediobanca, Bpm, etc., abbiano indici di patrimonio di vigilanza (il cosiddetto Cet 1ratio) superiori alle richieste minime. Il dato che appare quindi interessante è il coefficiente patrimoniale o

4 coefficiente di solidità patrimoniale, denominato Cet1 o meglio Common equity tier 1, tale valore rappresenta il rapporto tra capitale ordinario versato e attività ponderate per il rischio delle banche. Tanto più alto è il Cet1 tanto più solido è l istituto e di conseguenza le azioni ed i bond. Se il Cet1 scende sotto la soglia fissata dalla Banca Centrale, l istituto deve porre in atto operazioni di rafforzamento patrimoniale e qualora sopraggiunga un grave squilibrio può scattare la risoluzione ed il bail-in. Il Cet1 è quindi una sigla che gli italiani e, più in generale, gli europei, dovranno imparare a conoscere nel momento in cui decideranno a quale istituto di credito affidare i propri soldi in deposito. Occorre comunque tranquillizzare i risparmiatori perché il sistema italiano è soggetto a continue verifiche, prove ed ispezioni da parte della Vigilanza, il cui obiettivo è proprio quello di rendere il sistema sempre più forte dal punto di vista patrimoniale. Anche prima del Bail-in, c era già in Italia la liquidazione coatta della banca e la tutela dei correntisti con non più di 100mila euro sul conto corrente; solo in casi marginali sono stati colpiti i depositanti. La novità rispetto al passato è che anche gli obbligazionisti, con diversi livelli di rischio, rientrano ora nel bail-in, mentre nulla davvero cambia per gli azionisti rispetto al passato. In questo scenario assumono rilevanza la comunicazione da parte delle Banche delle nuove regole ai clienti e la maggiore chiarezza sui prodotti loro offerti. La comunicazione ai clienti della nuova normativa in vigore è un passaggio molto delicato perché è soprattutto di fiducia che si nutre il rapporto tra chi deposita soldi in banca, chi accetta di farseli gestire e chi li gestisce. Depositare in banca il denaro e riaverlo integro e, se possibile, con un interesse superiore alle spese, è la base minima. Già nel corso del dibattito parlamentare sui decreti è stata da più parti sollevata la carenza di trasparenza, ritenuta invece necessaria dal Parlamento per dare una compiuta informativa ai risparmiatori e agli investitori per poter liberamente decidere le azioni da intraprendere per difendere i loro risparmi. In questi giorni, però, la confusione regna ancora sovrana. La Consob stessa già a fine novembre aveva ordinato alle banche ed agli altri intermediari di informare i propri clienti sui rischi del bail-in, e soprattutto sul fatto che in caso di risoluzione di una banca gli strumenti finanziari interessati dal bail-in potrebbero subire un abbattimento di valore fino al 100%. Gli istituti, in realtà, sono ancora tutt oggi prudenti nel darne comunicazione, poiché temono qualche effetto non desiderato in quanto una pronta comunicazione potrebbe ingenerare sospetti di solidità e, come spesso accade, preferiscono agire in gruppo prendendo lo stesso rischio/opportunità degli altri. Nelle prossime settimane si avrà modo di verificare come ciascuna banca avrà deciso di operare e cioè comunicare la nuova normativa tramite documento da inserire nell estratto conto annuale, oppure tramite una apposita comunicazione dei vertici della banca, oppure ancora mediante una comunicazione che rinvia ad un documento dell Abi o della Banca d Italia. La conseguenza della nuova normativa sarà sicuramente una maggiore attenzione del cliente verso i prodotti sui quali investire. Si consiglia innanzitutto di evitare il triplo danno : il vero rischio è infatti essere, allo stesso tempo, correntista, obbligazionista e azionista della stessa banca. La prima regola è diversificare il proprio portafoglio; quindi se il cliente ha un deposito presso una banca, sarebbe buona regola non sottoscrivere un bond o un azione di quello stesso istituto di credito. Più in generale, alla luce anche della nuova normativa europea, è opportuno evitare l acquisto di singole obbligazioni bancarie: meglio un fondo comune o prodotti finanziari che investono in un paniere ampio di titoli del settore.

5 E bene ricordare che investimenti a rischio zero non esistono: il free-risk sui mercati finanziari è pura illusione. Qualsiasi strumento finanziario comporta un rischio per chi lo acquista: azionario, obbligazionario, subordinato o senior (vedi in seguito). Può trattarsi di rischio di credito, di insolvenza, di tasso di interesse o di cambio e, per i capitali detenuti sotto il materasso, oltre la mancata remunerazione del capitale esiste il rischio di inflazione e quindi di perdita del potere di acquisto. Essere consapevoli del rischio che è sempre presente in un investimento finanziario, è il punto dal quale partire per poi pretendere una giusta remunerazione. La possibilità che uno Stato possa fallire, per quanto remota, è inferiore a quella dell insolvenza di una banca che risiede in quello Stato. Per questo motivo, a parità di durata e liquidità, i rendimenti dei titoli di Stato sono più bassi di quelli delle obbligazioni bancarie. In riferimento alle diverse tipologie di obbligazioni, è bene ricordare che l obbligazione (bond) è un titolo di debito emesso da banche, società o enti pubblici che attribuisce al suo possessore il diritto al rimborso del capitale prestato all emittente alla scadenza e la liquidazione periodica di interessi. I bond subordinati sono, invece, una speciale categoria di obbligazioni il cui rimborso, nel caso di problemi finanziari per l emittente o di fallimento di una banca, avviene successivamente a quello dei creditori ordinari. Le obbligazioni subordinate, spesso denominate junior, per distinguerle da quelle non subordinate o senior, espongono quindi il risparmiatore ad un grado di rischio molto più elevato. La presenza di diversi livelli di merito creditizio spiega perché non tutte le obbligazioni offrono lo stesso rendimento, anche se uguali per scadenza e per tipologia. Il rendimento di un bond di una società, infatti, aumenta in relazione al maggior rischio che grava sul risparmiatore. Il bail-in sottolinea essenzialmente le diverse rischiosità: le azioni sono più rischiose delle obbligazioni, e tra i bond quelli senior sono meno rischiosi dei subordinati ed i covered bond sono tra tutti i meno rischiosi perché garantiti, oltre che dal patrimonio della banca, dal flusso di cassa generato da un portafoglio di asset dedicati. La scelta del prodotto più adatto alle proprie esigenze dovrebbe seguire una serie di parametri. Il punto di partenza più indicato è l analisi delle proprie aspettative e propensioni al rischio; seguono la capacità di resistere alle fluttuazioni di prezzo, l orizzonte temporale dell investimento, gli equilibri di portafoglio preesistenti e non da ultimo anche la fiscalità applicata sui guadagni. Bisogna infine considerare il rischio che in un epoca come questa, caratterizzata da tassi ai minimi storici, la possibilità di un guadagno negativo risulta molto alta. Una volta chiarito che negli investimenti finanziari l assenza di rischio non esiste, il consiglio che si può dare, oltre a quello di diversificare il proprio portafoglio, è quello di porre qualche domanda in più a sportellisti e consulenti finanziari prima di effettuare le scelte e sottoscrivere nuovi titoli. Torino, Gennaio 2016 I Consulenti fiscali

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