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1 -- 1 INTRODUZIONE Il ruolo e il valore della chirurgia ricostruttiva arteriosa nel tratto femoro-popliteo e distale é stato contrassegnato da notevoli progressi che hanno permesso di trattare avanzate e diffuse lesioni arteriosclerotiche minaccianti la vitalità dell arto, portando la rivascolarizzazione fino in sede distale con percentuali di risultati immediati e a distanza più che incoraggianti. La possibilità di poter effettuare by-pass distali rispetto al tratto femoro-popliteo é stata da tempo codificata, stabilendo gli approcci chirurgici nelle rivascolarizzazioni di severe ischemie degli arti inferiori. Indubbiamente il materiale che si é dimostrato maggiormente affidabile è rappresentato dalla vena safena autologa: si é infatti ormai concordi nel considerare i by-pass venosi distali degli arti inferiori più duraturi rispetto a quelli protesici. L intervento di safena in situ rappresenta il trattamento chirurgico d elezione in due situazioni cliniche ben precise: 1) Ischemia critica minacciante l arto; 2) Claudicatio grave invalidante. Nel primo caso la safena in situ rappresenta un intervento di salvataggio, l ultima possibilità per un paziente prima di essere sottoposto ad amputazione. La possibilità di rivascolarizzazione deve comunque tenere conto delle lesioni di tipo irreversibile e della eventuale impossibilità di eseguire amputazioni parcellari ; la necrosi calcaneare costituisce pertanto una controindicazione all intervento in quanto non esclude un amputazione di gamba. Nel secondo caso l intervento di safena in situ rappresenta un valido mezzo per migliorare indiscutibilmente la qualità di vita del paziente arteriopatico, candidato in breve tempo ad un evoluzione peggiorativa. Oggi l intervento di safena in situ é affidabile e sicuro. In ultima analisi l affinamento delle tecniche diagnostiche ed anche chirurgiche ci permette di esprimere un giudizio attendibile sulla durata del by-pass stesso.

2 -- 2 CENNI STORICI L idea di utilizzare una vena per la ricostruzione arteriosa senza asportarla dal proprio letto fece la sua prima comparsa agli inizi del ventesimo secolo: nel 1906 lo spagnolo Goyanes, dopo resezione di un aneurisma popliteo, ristabilì la continuità arteriosa utilizzando la vena satellite. Trascorreranno altri cinquant anni prima che la tecnica della vena in situ ricompaia nella storia della medicina, specificamente applicato alla vena safena. Un passo decisivo fu compiuto nel 1949 da Kunlin, che descrisse per primo la possibilità di utilizzare la vena safena, rimossa dal proprio letto e invertita per confezionare un by-pass nelle occlusioni femoro-poplitee e distali. Dopo le iniziali esperienze questo tipo di intervento è stato unanimemente accettato e rimane tuttora valido per studi sperimentali con finalità applicative cliniche. Fu comunque Hall, nel 1962, a descrivere dettagliatamente la tecnica della safena in situ e a riportare i primi risultati positivi. L originale tecnica del chirurgo norvegese prevedeva una iniziale incisione longitudinale al terzo inferiore della coscia lungo il decorso della safena, con paziente supino e arto lievemente flesso in abduzione. Questa iniziale esposizione della vena era necessaria per verificare il diametro del vaso che non doveva essere inferiore a 3 mm. L incisione veniva prolungata fino all inguine per esporre la crosse safenica e l arteria femorale comune. A questo punto iniziava la confezione dell anastomosi prossimale sull arteria femorale comune. L estirpazione delle valvole della safena rappresentava un altro momento fondamentale dell intervento. Le collaterali della safena, esposte durante tutto il tempo chirurgico venivano legate e sezionate per prevenire la formazione di fistole artero-venose. Si procedeva poi alla confezione dell anastomosi distale. Il metodo di Hall non ottenne eccessivi consensi: i lunghi tempi dell intervento, la difficoltà di identificare le possibili fistole artero-venose residue, il complesso problema tecnico e strumentale della rimozione valvolare, resero preferibile alla maggior parte dei chirurghi la più consolidata e standardizzata tecnica della safena invertita. Nel 1964 Connoly presentò un valvulotomo che, inserito nella safena attraverso l estremità prossimale e spinto verso l estremità distale, determinava l incompetenza valvolare non mediante distruzione delle cuspidi, ma grazie al loro ribaltamento e accollamento alla parete venosa, mantenuto dalla pressione del flusso arterioso. Hall stesso, nel 1972, ideò un valvulotomo costituito da un cilindretto a punta smussa

3 -- 3 montato su un catetere : lo strumento veniva inserito all estremità prossimale della safena, spinto oltre la valvola e retratto, determinando così la lacerazione delle cuspidi. Solo nel 1979, grazie all introduzione da parte di Leather e Karmody di una nuova strumentazione, la tecnica della safena in situ si afferma come metodica valida. Lo strumentario di Leather, insieme al più recente valvulotomo di Le Maitre, sono tuttora utilizzati nella realizzazione della safena in situ : termina così la fase della messa a punto della tecnica e inizia l attualità.

4 -- 4 PRINCIPI DI ANATOMIA CHIRURGICA DEL DISTRETTO VENOSO La vena grande safena, o safena interna, è la vena più lunga del corpo : origina dalla vena mediale del piede e termina nella vena femorale circa 3 cm sotto al legamento inguinale, decorrendo nel sottocutaneo per quasi tutto il suo percorso. Essa sale davanti al malleolo tibiale, incrocia la parte inferiore della vena superficiale mediale e all altezza del terzo mediale della tibia, attraversa il ginocchio nella sua porzione mediale. Decorre quindi verso l alto, postero-medialmente ai condili mediali di tibia e femore e lungo la superficie interna della coscia, per raggiungere la vena femorale attraverso il foro safenico. Appena sotto il ginocchio confluiscono nella safena tre grosse vene : la epigastrica superficiale, la circonflessa iliaca superficiale e la pudenda esterna. Nella coscia le affluenti sono numerose ed è molto frequente la presenza di una collaterale denominata safena accessoria, che sbocca nella grande safena raggiungendola a vario livello. Un grosso tronco piuttosto costante, la vena cutanea femorale anteriore, sbocca nella safena nella parte alta della coscia. Questo assetto anatomico classicamente descritto prevede comunque numerose varianti : l interesse chirurgico per la vena safena come by-pass arterioso e non più solo come terreno di patologia varicosa, ha portato negli anni all approfondimento e alla sistematizzazione delle conoscenze relative alla variabilità anatomica della vena stessa. Molte informazioni in questo senso sono state ottenute mediante flebografia : i vari studi condotti concordano nell affermare l ampia variabilità della safena, molto più marcata rispetto a quanto riportato nei classici testi di anatomia. A livello di coscia la safena si presenta come un singolo tronco nel 65% dei casi : nel restante 35% questo tratto di safena consiste in un doppio tronco, due vene distinte, di calibro differente o di uguale portata, spesso ricongiungendosi 10 cm circa sopra il ginocchio. Un altro elemento chirurgicamente importante nell anatomia safenica è la presenza di vene perforanti, comunicanti con il sistema venoso profondo. Anche le valvole presentano una notevole variabilità : si possono repertare da 10 a 20 valvole distribuite lungo tutta l estensione della safena, in posizioni estremamente variabili : l unica valvola costantemente presente è la valvola ostiale, localizzata allo sbocco della safena nella vena femorale. Generalmente si reperta un altra valvola a circa 3-5 cm dall estremità prossimale della vena. E inoltre piuttosto costante il ritrovamento di una valvola poco dopo lo sbocco di un affluente importante. Essenziale ai fini chirurgici è anche l anatomia microscopica della vena safena : si tratta di una vena di tipo propulsivo, in cui il tessuto muscolare prevale su quello

5 -- 5 elastico, mentre il tessuto connettivo è particolarmente sviluppato, in modo da consentire una maggiore resistenza alla dilatazione causata dalla pressione endoluminale. Rispetto all arteria, la parete della safena presenta un minor contenuto di elastina, un contenuto maggiore di fibre muscolari, un rapporto tra spessore della parete e raggio esterno minore : da queste caratteristiche strutturali consegue un modulo di elasticità della safena maggiore rispetto all arteria. Tali caratteristiche sono estremamente importanti in rapporto alle modificazioni di parete che si avranno quando la safena si troverà a far parte del sistema arterioso e a subire le conseguenze del regime pressorio in esso vigente. Deriva da tutto ciò che la safena possiede una vascolarizzazione parietale molto simile a quella della parete arteriosa, per ricchezza e densità del suo apporto a livello avventiziale : lo spessore della tonaca media è senza dubbio il primus movens di una tale organizzazione.

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