La Comunicazione Medico-Paziente supportata dalla Medicina Narrativa

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1 LIBERA UNIVERSITA DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM Facoltà di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie della Comunicazione MILANO La Comunicazione Medico-Paziente supportata dalla Medicina Narrativa Docente che ha assegnato l argomento della prova finale Chiar.mo Prof. Guido Di Fraia Prova finale di: Alexia Cigna Matr. N Anno Accademico

2 Cogito ergo sum ( Cartesio) L esattezza delle citazioni, è una virtù più rara di quel che si pensi. ( Pierre Bayle ) Io non conosco verità assolute, ma sono umile di fronte alla mia ignoranza: in ciò é il mio onore e la mia ricompensa. ( Kahlil Gibran) Esercitare liberamente il proprio ingegno,. ecco la felicità. (Aristotele) L anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci, perché provi un senso benessere soprattutto quando gli sei vicino (Charles Bucowsky )

3 Questa tesi la dedico a: Nonno Salvatore, perché non esistono parole per ringraziarti, vivi ancora oggi nei miei ricordi che animano il presente di volontà e tenacia, e il futuro di speranza e amore. Perché la tua voglia continua di cultura e di sapere, si possa concretizzare in questo piccolo lavoro, dove la Teoria empirica della scienza, si unisce al sapersi comportare umanamente, come facevi tu con la tua famiglia ma soprattutto con gli altri. Nonna Angela, prima mia sostenitrice morale in questo breve ma intenso percorso di studi, il connubio perfetto tra amore e comprensione. E lei sa quanto amore c è e ci sarà sempre dentro di me per lei. I miei genitori, che con il sacrificio del lavoro, mi hanno permesso di arrivare fino a qui, non basterà mai tutta la mia vita per ringraziarvi,e per rendervi tutto l amore che mi avete dato fino ad ora. Vi amo. Tutte le mie zie, che anche se lontane, ogni giorno sono state presenti incoraggiandomi, e confortandomi nei momenti di sconforto. I miei nonni paterni, anche non sono riuscita a godermeli come avrei voluto, ma li ricorderò sempre con tanto rispetto, e saranno nel mio cuore. A Cinzia e Chiara,e le loro rispettive famiglie, perché la parola amicizia non basta per descrivere il rapporto fraterno che mi lega a loro, e non basterebbe un foglio di dediche per ricordare tutti i bei momenti passati insieme. A Marco, perché quello che ci lega è un profondo legame d amore e rispetto, che non ha conosciuto tempo e distanza, ma solo coraggio. Alla famiglia di marco, per avermi accolta come una figlia nella loro casa, per aver condiviso tutte le mie gioie e dolori, trovando sempre le migliori parole, ed incoraggiandomi sempre in questo progetto di tesi. A tutte le persone che hanno sempre creduto in me e nelle mie capacità. A tutti quegli amici e parenti, e sono davvero tanti, che mi hanno sempre detto forza ce la puoi fare e ce la farai, ed è sempre servito. A chi non c è più, e non potrà gioire in terra di questa mia enorme felicità, ma sono convinta che dal cielo potranno gioire ora e sempre per me. A tutte quelle persone che non meritano di essere citate e di avere una mia dedica, ma Gesù dice porgi l altra guancia e perdona tutti. Infine con un piccolo tocco umile di orgoglio, dedico questa tesi a me stessa, ai miei sacrifici, a tutte le nottate insonni tra libri, materie computer e paure. Dedico a me e a voi questa tesi, per tutto l amore e la passione che ho cercato di infondere in ogni parola e

4 pensiero, affinché voi possiate percepirla ogni volta che la leggete, e possiate sentire le stesse emozioni che ho provato io, nel battere ogni singolo tasto vedendo crescere questo piccolo capolavoro.

5 INTRODUZIONE... 2 CAPITOLO PRIMO LA COMUNICAZIONE COME STRUMENTO DI LAVORO PER IL MEDICO IL MIGLIORAMENTO DELLA COMPLIANCE LA COSTRUZIONE DI UN PONTE DI COMUNICAZIONE TRA IL MEDICO E IL PAZIENTE LA COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI CAPITOLO SECONDO LE ORIGINI DELLA MEDICINA NARRATIVA E LA SUA EVOLUZIOE NEL TEMPO LA SVOLTA INTERPRETATIVA E LA CONOSCENZA COME COSTRUZIONE DI SIGNIFICATO IL PENSIERO NARRATIVO NELLA COMPRENSIONE DELLE ESPERIENZE ORDINARIE E STRAORDINARIE DEGLI INDIVIDUI DAL EVIDENCE-BASED MEDICINE ALLA NARRATIVE-BASED MEDICINE CAPITOLO LE METODOLOGIE NARRATIVE IN MEDICINA NARRATIVA STILI DI SCRITTURA IN MEDICINA NARRATIVA MEDICINA NARRATIVA E SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA MEDICINA NARRATIVA E MEDICAL HUMANITIES PROGETTO DI RICERCA PROGETTO PER LA REALIZZAZIONE DI UN AMBULATORIO DI FOLLOW UP DEI PAZIENTI RICOVERATI IN TERAPIA INTENSIVA STORIE DI MALATTIA CASO: QUANDO UN INCIDENTE TI FA AMARE LA MEDICINA CASO: TUTTI TI DICONO CHE ANDRÁ BENE CASO: QUANDO LO SGUARDO DI UN INFERMIERA È INOPPORTUNO CASO: LA DONNA CHE NON POTEVA PARLARE CONCLUSIONI

6 INTRODUZIONE Uno degli elementi che caratterizza la società moderna è la comunicazione. Purtroppo gli strumenti di comunicazione, hanno avuto un evoluzione, che ha marciato con una velocità molto diversa, rispetto alla nostra capacità di poter riempire quegli stessi mezzi di contenuti innovativi. A ciò si aggiunge la spesso ingannevole percezione che la comunicazione consista nel semplice trasferimento di informazioni, che prescinde da un metodo indispensabile invece, per poter fare in modo che l informazione venga assunta e usata correttamente. Quindi è sempre più semplice comunicare, ma non per questo siamo capaci di dire nuove cose in modo diverso e più efficace di come lo si faceva una volta. Uno degli ambiti in cui questo fenomeno si registra con particolare frequenza e rilevanza, è probabilmente la comunicazione tra medico e paziente. Esistono tanti modi nuovi per mettere in comunicazione paziente e sanità, non si contano le fonti di informazione su cui è possibile perdersi, basti pensare ad internet. Eppure, al di là delle moltiplicazioni dei mezzi comunicativi, rimane difficile trovare regole e metodo al corretto trasferimento delle informazioni. La corretta comunicazione si caratterizza invece, per fare parte integrante della presa in carico di un paziente. La medicina vive molto della sua storia nella comunicazione tra medico e paziente. Anche in questo ambito però, può verificarsi la frustrazione di non riuscire a farsi intendere o,di mancare del giusto linguaggio per far capire e, capire il disagio, il dolore e comunicare la diagnosi e la cura. Ma il sovraccarico informativo genera anche qualcuno che sappia interpretare correttamente queste informazioni, cosi il medico sarà sempre più sollecitato a sviluppare capacità di buon comunicatore. Si deve precisare, che non ci sono modi giusti o sbagliati di comunicare, ma ci sono solo modi più o meno efficaci per interagire col paziente; Ad esempio, la comunicazione medico-paziente nella patologia della fibrosi cistica, aiuta a governare meglio la forte complessità della malattia, soprattutto quando si necessita di avere un vissuto fiduciario col medico, generato da una 2

7 comunicazione emotiva, al fine di percepire il medico, come colui che di fronte al disorientamento e confusione del malato, genera solo chiarezza. È fondamentale creare in tutte le patologie, una forte compliance con il proprio medico; una comunicazione efficace, sostiene la compliance, ed influenza positivamente la qualità di vita. Si deve sottolineare come gran parte dei corsi di medicina e chirurgia, non annoverano tra i propri insegnamenti quello della comunicazione. Diventa cosi fondamentale, che la comunicazione divenga disciplina di studio e insegnamento, nei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, e che venga insegnata contestualmente alle discipline cliniche. Uno dei tanti pensieri che ho maturato durante la mia carriera universitaria, sostiene che: sia gli studenti di medicina e chirurgia, ma anche quelli di scienze della comunicazione, possono specializzarsi nella comunicazione medico-paziente, per poterla applicare in qualsiasi struttura sanitaria, diventandone specialisti. Questa mia convinzione, è maturata nel momento in cui, ho assistito ad un progetto chiamato Follow Up dell Ospedale San Giovanni Bosco di Torino. Ho riflettuto un po di tempo, e sono arrivata alla conclusione che, tanti degli insegnamenti acquisiti nel mio corso di laurea, forse possono gettare una piccola base per diventare dei geniali comunicatori nella sanità. Infatti, per buona parte di questa tesi, ho cercato di sostenere come la Medicina narrativa permetta migliori approcci dei medici alle malattie dei pazienti, perché alla base di questa, vi è uno studio basato sulla medicina dell evidenza, ma a suo supporto intervengono anche, tutti quegli studi improntati sulla statistica, letteratura, cinema, psicologia, sociologia, semiotica, che guarda caso sono stati gli insegnamenti del mio corso di laurea. Forse, anche noi comunicatori, potremmo avere in futuro la possibilità di praticare questa nuova professione insieme ai medici. Con questo, non voglio sostenere la tesi che noi comunicatori possiamo sostituire i medici, fondamentali per la nostra società ed il suo benessere; ma voglio solo sottolineare come gli studi umanistici, contribuiscano in positivo nella medicina. C è bisogno di svecchiare la sanità da molte convinzioni, burocrazie, e soprattutto gerarchie che appesantiscono il graduale processo di innovazione gestionale e organizzativa della sanità. Questo non significa attuare un processo di rivoluzione, deve esserci sempre la 3

8 possibilità di tornare indietro se il nuovo non porta benefici. Come molti ospedali fanno, si dovrebbero sperimentare nuovi progetti e investire di più nella comunicazione sanitaria. Pazienti diversi si comportano con il medico in modo diverso; in questa apparente ovvietà concettuale, risiedono le basi della sfida che si pone di fronte ai medici della nostra epoca. Nella capacità di adattare il proprio modo di parlare, muoversi, e agire, alla peculiare esperienza di ciascun paziente, dove risiede la chiave della costruzione di un intesa, che porti a un efficacia di risultati nei processi di recupero della salute. Anche alla base del giuramento di Ippocrate, a cui tutti i medici sono chiamati a far fede, c è la volontà di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica; La comunicazione medico-paziente supportata dalla medicina narrativa può essere una buon tecnica, per raggiungere i fini del giuramento. Verso la metà degli anni 90, nasce appunto la Medicina Narrativa, (Narrative Based Medicine), fondata dalla dottoressa Rita Charon della Facoltà di Medicina della Columbia University di New York, per dare risposta all esigenza di andare oltre il riduzionismo delle tradizionali categorie diagnostiche, e di leggere oltre alla malattia in senso biologico (disease), anche il vissuto della malattia da parte del paziente (illness). Già negli anni Ottanta, grazie al contributo della scuola di antropologia medica di Harvard, i cui esponenti più famosi sono gli psichiatri e antropologi Arthur Kleinman e Byron Good, si comincia a parlare di vissuto di malattia, che può essere conosciuto soltanto attraverso processi interpretativi. Per la medicina narrativa ciò che conta, non sono solo i disturbi anatomici o fisiologici, ma il modo in cui il paziente si pone in relazione alla sua malattia, che è spesso alla radice della sofferenza, e che viene raramente considerato. Ciò che conta, non è solo la verità oggettiva, ma anche la verità soggettiva, che è associata all io e varia da individuo a individuo. In questo senso la medicina narrativa (non è un caso che sia originata proprio nell America tecnologica e pragmatica), si riallaccia agli approcci olistici (dal greco òlos: tutto, intero), tipici delle medicine non convenzionali, secondo i quali l organismo deve essere studiato nella sua totalità e unicità psicosomatica, e 4

9 non come somma di parti. Il nucleo centrale della medicina narrativa è il processo di ascolto del paziente, mediante una tecnica di conversazione, che conduce il medico a capire il significato della pratica clinica, proprio attraverso l ascolto delle proprie emozioni e di quelle del paziente. Scopo della medicina narrativa è in sostanza, quello di umanizzare la medicina, migliorando la qualità della relazione fra tutti gli attori che agiscono nel campo della salute, e fornendo ai pazienti uno strumento per divenire partecipi e corresponsabili della loro salute. Il medico vede il male, e il paziente sente il dolore: sono due cose diverse. Il dolore è un vissuto soggettivo che il paziente narra, e non coincide con il male oggettivo che il medico cerca. Il dolore esce dai confini del corpo e pervade la vita, modificando la qualità delle relazioni, degli affetti, dell attività, della considerazione di sé. Il paziente narratore mette a disposizione la propria esperienza della malattia, che solo lui conosce fino in fondo, per aiutare a personalizzare il processo di cura. Nell ambito della medicina narrativa, l anamnesi esistenziale oltre che tecnica, quella cioè che pone attenzione al vissuto globale del paziente nel suo contesto, aiuta a far crescere una relazione empatica. La narrazione, oltre a restituire ai pazienti la loro centralità, offre ai medici, la possibilità di avere una visione più completa e approfondita della malattia. La medicina narrativa può essere una sorta di grimaldello, che apre alla comprensione della comunicazione fra medico e paziente. Il medico ha di fronte uno strumento valido, non solo per gestire difficoltà legate al rapporto con il paziente, come equivoci comunicativi, deresponsabilizzazione dei pazienti, scarsa compliance del malato difficile, ma anche per dare un significato più profondo e completo al proprio agire. L anamnesi deve dare spazio al paziente, alla sua narrazione, al suo modo di raccontare la sua malattia. Il medico non deve considerare elemento di disturbo tutto questo, perché invece molto spesso il racconto del malato si rivela prezioso: può mettere in luce, quegli aspetti che possono indirizzare il medico a interpretare tutta, o una parte del quadro clinico, che il paziente offre come espressione della sua sofferenza psichica, che deve ricevere altrettanta attenzione, di quella che viene riservata al corpo. La medicina narrativa è divenuta negli ultimi tempi una parola d ordine, quasi un approccio di moda. Molti parlano di medicina narrativa, e diversi interventi 5

10 sanitari valorizzano l approccio narrative-based, ma questo approccio non può essere ridotto al semplice ascolto del paziente, accompagnato magari da un po di compassione. La pratica clinica narrative-based, richiede un nuovo atteggiamento mentale. Non basta dare la parola ai pazienti, è necessario interrogarsi, su cosa significhi acquisire conoscenza vera nella pratica clinica, arrivando a riconoscere che, per conoscere veramente un paziente e curarlo efficacemente, non è sufficiente spiegare la malattia in senso biomedico, ma è necessario comprenderla anche nei suoi aspetti psicologici, antropologici, sociale. 6

11 CAPITOLO PRIMO 1.1 LA COMUNICAZIONE COME STRUMENTO DI LAVORO PER IL MEDICO. In Italia sono aumentate negli ultimi anni le denunce e le richieste di risarcimento nei confronti dei medici. Secondo un indagine dell ANIA (associazione nazionale imprese assicuratrici), gli esposti per responsabilità professionale sono passati da nel 1994 a (+148%) nel 2002 e, nello stesso periodo, quelli per responsabilità delle strutture sanitarie da a (+31%) 1. Tutto questo poteva essere evitato, dal momento che la medesima indagine, ha individuato come elemento principale della proliferazione delle denunce, piuttosto che l errore della diagnosi, una comunicazione tra medico paziente a cui sono mancati la possibilità e/o il tempo di svolgersi in modo funzionale ad una piena comprensione reciproca. Quindi la stragrande maggioranza delle cause legali, ha spesso le sue radici in una comunicazione inefficace: quel tipo di comunicazione che il paziente percepisce come distaccata e distante sotto il profilo della partecipazione umana del medico al suo disagio fisico o psicologico. In proposito, un interessante ricerca condotta negli USA da Wendy Levinson, docente di medicina all Università di Chicago, ha rilevato che i pazienti decidono di intentare causa al medico che li ha curati, piuttosto che per incompetenza o negligenza professionale, per il modo in cui li ha trattati a livello interpersonale 2. Il suo studio pubblicato sul Jama nel 1997, ha documentato una differenza significativa nel modo di comunicare dei medici che erano stati sottoposti a procedimenti legali, rispetto a quelli che non avevano subito denunce per malpratice. Levinson afferma che una comunicazione efficace rende più soddisfatto il cliente e porta a risultati migliori in termini di recupero della salute, mentre al 1 A.Roberti, C.Belotti, L.Caterino, Comunicazione Medico-Paziente,NLP ITALY, Pisa, 2006 p Lewis, A. Byron and Pucelik, R. Frank, Magia pratica. Le basi della programmazione neurolinguistuca nel linguaggio della psicoterapia clinica, in AA. VV., Comunicazione Medico-Paziente,,NLP ITALY, Pisa 2006 P.16 7

12 contrario, una comunicazione inefficace determina effetti indesiderati quali una imperfetta aderenza alle indicazioni del medico, e in mancanza di risultati apprezzabili, l insoddisfazione del paziente 3. La combinazione di risultati scadenti e del senso di insoddisfazione in merito al tipo di relazione instaurato con il medico, è una ricetta che può portare dritti in tribunale. Diventa quindi necessario, rendere il paziente più consapevole in merito a cosa aspettarsi da una visita o da un trattamento, accertarsi che il paziente abbia ben compreso le informazioni e le istruzioni ricevute, coinvolgere attivamente il paziente, rendendolo partecipe delle scelte terapeutiche, monitorare la risposta del paziente nel periodo successivo alla visita medica. Sempre nella stessa ricerca emerge che i medici che non avevano mai subito azioni legali, erano quelli che trascorrevano statisticamente qualche minuto di tempo in più con ciascun paziente, il quale veniva incoraggiato, oltre che a descrivere i sintomi, anche ad esprimere le proprie preoccupazioni e opinioni. In uno studio analogo della Levinson, il medico G.R. Hickson ha riscontrato che i medici che non avevano mai subito denunce per cattivo esercizio della loro professione, venivano descritti dai loro pazienti come persone comunicative, più inclini a partecipare emotivamente all evoluzione del loro stato di salute, e con cui era più facile entrare in contatto, rispetto a quanto lo fossero i medici coinvolti in procedimenti legali intentati da pazienti insoddisfatti 4 Uno studio condotto nel 2001, nel reparto di chirurgia cardiaca di una clinica universitaria Austriaca, ha esaminato i risultati di una comunicazione più consapevole, avente l obbiettivo di fornire ai pazienti, gli strumenti per essere co-attori efficaci del loro recupero post-operatorio; in questo studio sono stati presi in considerazione gli effetti di un programma di formazione finalizzato a sviluppare le abilità di comunicazione dei professionisti della salute: medici, 3 Lewis, A. Byron and Pucelik, R. Frank, Magia pratica. Le basi della programmazione neurolinguistuca nel linguaggio della psicoterapia clinica, in AA. VV., Comunicazione Medico-Paziente,,NLP ITALY,Pisa 2006, p.16 4 Hickson, G.B, Obstetrician s prior malpractice experience and patients satisfaction with care,jounrnal of the American Medical Association 272, p.15383, 1994, in AA.VV, A.Roberti, C.Belotti, L.Caterino, Comunicazione Medico-Paziente, NLP ITALY, Pisa 2006, p.18 8

13 infermieri, ecc..,insieme alla riorganizzazione delle schede informative destinate ai pazienti. I risultati sono stati osservati su 99 pazienti sottoposti a quattro tipi di intervento: bypass, stent, installazione di una valvola artificiale e altri tipi di interventi, confrontati con quelli di un gruppo di controllo di 100 pazienti, ai i quali non erano state applicate le tecniche apprese nel programma di formazione. I parametri osservati sono stati di tipo soggettivo e oggettivo: parametri oggettivi: durata della degenza e frequenza di complicanze post operatorie. Parametri soggettivi: percezione del proprio stato di salute, soddisfazione per le cure ricevute. I risultati di questa ricerca furono i seguenti: rispetto al gruppo di controllo, nel gruppo con il quale il personale medico e paramedico aveva applicato le strategie di comunicazione apprese nel programma di formazione, la durata della degenza era stata inferiore di un giorno; i casi di aritmia cardiaca si erano ridotti del 15%; il passaggio a fasi di trattamento meno intensivo era avvenuto prima ed erano migliorati i commenti positivi in merito alla qualità delle cure fornite dal personale. Cosi si è arrivati a dedurne che una comunicazione professionale, finalizzata a coinvolgere i pazienti nel loro processo di guarigione, può avere effetti importanti sulla loro salute. Riorganizzare la formazione delle persone dello staff ed i loro modelli di comunicazione può comportare un aumento dell efficacia nelle cure somministrate ai pazienti. 5 Assistiamo ad una rivoluzione del rapporto che si aveva prima col paziente, infatti, prima il medico era l unico a prescrivere la cura senza discutere col paziente se questo o quell altro effetto dei farmaci assunti, o anche semplicemente l orario o il metodo di assunzione, andasse bene al paziente. A volte ancora oggi, i medici avvertono in modo solo parziale il problema della scarsa aderenza o non-aderenza alle cure prescritte, e interpretano la mancata 5 Turner,j, Neurolinguistic programmino and health, Soins,1999 in patient education and counselling

14 risposta alle terapie, come limitata efficacia delle stesse, senza prendere in considerazione la non-compliance come possibile causa e l ipotesi che l insuccesso di una terapia, abbia spesso la sua origine in una comunicazione che ha mancato l obbiettivo. Molti medici non riescono ad instaurare una totale compliance con il paziente, che molto spesso denuncia il medico proprio per la non sensibilità avuta nei suoi confronti, visto che proprio questa, è la componente principale del loro rapporto per una efficace comunicazione. Non va nemmeno escluso, che a volte molte cure sono inefficaci, perché il paziente applica filtri e censure di alcuni particolari nel momento dell anamnesi con il medico. Le omissioni del paziente però, non nascono solo da pregiudizi o preconcetti di tipo ideologico o etico. Esistono infatti altre situazioni che impediscono quella posizione di giusta distanza, che è il fondamento della relazione terapeutica 6. La barriera più difficile da sormontare per molti pazienti, è proprio l instaurarsi di un rapporto diverso da quello solito medico-paziente; infatti una delle barriere più difficili da superare, é paradossalmente l esistenza di un altra relazione tipo col medico. Alcuni pazienti possono instaurare un legame profondo con il proprio medico, ostacolando l instaurarsi di una relazione terapeutica efficace. La relazione medico paziente è fortemente asimmetrica, la storia del medico influenza la comunicazione col paziente e, di conseguenza la sua narrazione. Non si vuole dire che il paziente sia privo di potere: solo che questo non gli consente quasi mai di dare significato e senso alle parole del medico, non potendo mai confrontare il modello di salute e malattia con quello del medico, cosi la narrazione del medico diventa dominante. Anche se il paziente, in una scala di valore sta in basso rispetto al medico, è un soggetto attivo nella propria cura, e non soltanto portatore del male da sconfiggere. Il paziente percepisce la propria malattia come un qualcosa che si proietta verso l esterno, e non percepito come qualcosa che sta dentro il proprio corpo. Per questo motivo, anche fattori esterni possono aiutare il paziente ad avere un iter della malattia migliore, come ad esempio una buona comunicazione col medico. Per esperienza personale mi è capitato di discutere 6 G.Bert, S.Quadrino, Parole di medici,parole di pazienti counselling e narrativa in medicina, il Pensiero scientifico,2002, Roma, p.22 10

15 con malati affetti da cancro che venivano sottoposti a cicli chemioterapici prima in strutture pubbliche e dopo in un secondo tempo per inadeguatezza di queste, sono stati seguiti in strutture private lombarde. Al paziente rivoltosi come ogni cittadino alle prime strutture di soccorso pubblico, e dopo relativa diagnosi del medico, è stato diagnosticato un carcinoma alla prostata. Fu asportato con un intervento, ma dopo un pò di anni, iniziò ad andare in metastasi provocando un tumore alle ossa. Il paziente narrava del fatto che se prima nelle strutture pubbliche il personale medico e paramedico non riusciva, o per lo meno non si impegnavano a stabilire una compliance con lui, in alcune strutture private lo stesso personale, per stabilire una compliance lo accarezzava durante le sedute di chemioterapia, sottoposte non più come nelle strutture pubbliche in corsia, ma in sale appositamente progettate, con tutti i massimi confort, tali da riprodurre un ambiente familiare. Per questo motivo, la sanità dovrebbe essere in grado di formare i suoi medici con una corretta base di processi comunicativi e relazionali, in grado di garantire non solo la completa guarigione come primo principio etico, ma soprattutto, il rispetto della dignità di uomo come lo è il paziente. Ma come sostiene F. Allegri, in una sanità dove ad ogni paziente sono riservati circa quindici minuti di anamnesi, non si potrà garantire quella giusta vicinanza che ogni medico deve avere col proprio assistito 7 ; il dott. Allegri sostiene che i quindici minuti imposti per l anamnesi, che oltretutto vanno sempre più a diminuire, possono benissimo essere sfruttati da un distributore di bibite, invece che dal medico. Inserendo un gettone, e i relativi sintomi, si potrà benissimo avere, anche una semplice diagnosi da una macchinetta, che come il medico in questo arco di tempo, garantirà la stessa distanza dal paziente 8. Il colloquio medico tende per sua natura a non essere dialogico, cosa che spesso è resa evidente dalla struttura stessa dello scambio comunicativo. È stato ad esempio osservato da molti ricercatori che raramente il paziente riesce a parlare per più 7 Citazione rimandata oralmente dal Dott. Flavio Allegri, pneumologo ospedale Fatebene fratelli, Milano, 5/10/ Citazione rimandata oralmente dal Dott. Flavio Allegri, pneumologo ospedale Fatebene fratelli, Milano, 5/10/

16 di minuti (confermando l osservazione di Allegri), prima che il medico intervenga; da quel punto in poi però il medico domina generalmente la conversazione, lasciando al malato, lo spazio minimo per rispondere il più in fretta possibile alle domande, che sono generalmente di tipo tecnico. Cosi facendo il medico assume un modello mentale del tipo ho capito, e da quel momento in poi le sue domande confermeranno solo le sue ipotesi, e non a mantenere attiva la comunicazione col paziente. Eppure la parola comunicazione dovrebbe indicarci che l obbiettivo è lo scambio, il mettere in comune, che il medico troppo spesso interpreta come un semplice dire ad unica, o prevalente direzione: la sua 9. Dal momento in cui è necessario comunicare col paziente (comunicare significa infatti mettere in comune), e le comunicazioni non avvengono nel vuoto, bensì all interno di una relazione, una qualche relazione bisogna costruirla. Una comunicazione capace di costruire relazioni valide, implica non solo stare a sentire, ma anche una compartecipazione, una condivisione, mettendosi nei panni dell altro. Quindi una buona comunicazione necessita di empatia IL MIGLIORAMENTO DELLA COMPLIANCE. Ma chi riesce ad essere veramente un bravo medico? Quello che sa coinvolgere gli ammalati, sa dargli sempre o quasi sempre il consiglio giusto e, ad essere discreto. Ci sono ancora purtroppo tanti dottori che vedono nell ammalato una controparte, uno che deve stare zitto, fare gli esami quando gli viene detto, prendere le medicine quando le deve prendere. Altri nel tentativo di allearsi con gli ammalati, lo fanno ma solo se e quando c è tempo. La sanità oggi vede il malato semplicemente come un numero a cui dedicare pochi minuti di visita, prescrivere dei farmaci, e augurarsi che la diagnosi fatta dal medico sia quella buona; capiamo che il paziente non può essere un semplice numero da visitare, 9 G.Bert, S.Quadrino, Parole di medici,parole di pazienti counselling e narrativa in medicina, il Pensiero scientifico,2002, Roma,p G.Bert, S.Quadrino, Parole di medici,parole di pazienti counselling e narrativa in medicina, il Pensiero scientifico,2002, Roma,p

17 e tenere ricoverato nei propri reparti d ospedale abbandonato a se stesso, come capita nella maggior parte dei casi. Da quanto ho appreso con la collaborazione col dottore Giuseppe Naretto, medico anestesista rianimatore all ospedale S. Giovanni Bosco di Torino, che si occupa di un progetto chiamato Follow Up, il paziente ha una sua componente emozionale da rispettare. Infermieri e medici, alternano il proprio lavoro cercando di garantire non solo agli ammalati, ma anche ai familiari dei pazienti, una buona degenza. Nel reparto di terapia intensiva, dove Naretto esercita la sua professione, si è cercato di assicurare almeno per una settimana, lo stesso medico per dare informazioni riguardo lo stato di salute dei pazienti, perché secondo l equipe del reparto, ogni medico può avere un modo diverso di comunicare con pazienti e familiari,e questo potrebbe provocare anche un certo disagio ai familiari, che già devono sopportare il trauma di vedere ricoverati i propri affetti, in situazioni a volte gravissime. Avendo parlato di relazioni che si instaurano con i pazienti e i familiari, non si può non dire che nel tempo si sono succeduti, e a volte affiancati, se non sovrapposti vari modelli di relazione medico-paziente, a cui corrispondono altrettante specifiche modalità comunicative. Il modello paternalistico, vede il medico in posizione di centralità, unico detentore della conoscenza e del potere decisionale. Il paziente, nella sua posizione di inferiorità e di presupposta ignoranza, si deve limitare a eseguire accuratamente quanto prescritto dal medico. Nel modello informativo, il medico si presenta come un informatore freddo e distaccato, che trasmette le nozioni cliniche in modo asettico, senza mostrare alcun segno di coinvolgimento emotivo. In alcuni casi, è stato paragonato ad un venditore che illustra con cura, il prodotto da vendere, le sue caratteristiche, i pro e i contro 11 evidenziando con ciò, i rischi di un approccio eccessivamente tecnicistico. Nel modello interpretativo, l'obiettivo centrale è la comprensione del significato che la malattia assume nella vita del paziente, similmente a come potrebbe fare uno psicoanalista. Il rischio, in questo caso, consiste nel mancato raggiungimento del successo clinico. Nel modello deliberativo, il medico si presenta come un 11 A.Roberti, C.Belotti, L.Caterino, Comunicazione Medico-Paziente,NLP ITALY,Pisa 2006, p.22 13

18 insegnante-amico, che aiuta il paziente a indagare il senso della sua malattia, a decidere circa la sua situazione, dopo averlo adeguatamente informato, in modo chiaro, semplice e accurato, con un atteggiamento cooperativo, e un clima disteso. Attualmente, si sta completando il passaggio dal modello paternalistico a quello deliberativo, nonostante alcune difficoltà e resistenze sia da parte di alcuni medici, che sentono minacciato il loro potere, la loro posizione di superiorità, sia da parte di alcuni pazienti, che, almeno in un primo momento del rapporto terapeutico, possono considerare vantaggioso affidarsi completamente ad una persona che si assuma le loro responsabilità e decida per loro. Molto spesso a determinare il successo del trattamento, la soddisfazione del paziente, la collaborazione da parte del paziente anche nel caso di mancanza di risultati favorevoli nei tempi previsti, il perdurare della fiducia del paziente, è proprio l attenzione che il medico rivolge alla compliance. Dall altro lato, alla base della maggioranza dei fallimenti terapeutici, c è una scarsa adesione ai modi, alle quantità e ai tempi delle terapie prescritte. In particolare, come fa rilevare Haynes in uno studio dal titolo compliance in health care, in gran parte delle malattie croniche come ad esempio l asma, l adesione ai regimi terapeutici è alquanto scarsa: si parla del 50% di persone che rimangono aderenti alle terapie nel corso del tempo 12. Per i medici coinvolgere gli ammalati è un arte necessaria alla quale ci si deve esercitare, non solo perché lo chiedono loro, ma anche perché quando si devono prendere decisioni difficili, e ci sono varie alternative da scegliere senza che si sappia quale sia quella giusta, il medico deve consigliare e suggerire. Ma la cosa più importante da sottolineare è che serve un linguaggio comune 13. Sono sempre di più gli ammalati, che arrivano dal medico dopo aver letto su internet, tutto quello che c è da leggere sulla loro malattia, aver visto quali sono i centri migliori, i medici più preparati, le terapie più moderne: Sbagliato? Ci sono tesi pro e contro rispetto questo fenomeno; c è chi sostiene che i medici dovrebbero incoraggiare chi lo desidera a farlo, infatti due studi pubblicati su un giornale americano di medicina interna, hanno fatto vedere che ammalati che leggevano 12 Hayanes, R,B., Compliance in health care ;Baltimore, University press,49-62, 1979,, in AA. VV., Comunicazione Medico-Paziente,,NLP ITALY,Pisa 2006, p C.Cipolla, G.Remuzzi, Dire,fare,curare, Franco Angeli,Milano, 2008 p

19 di medicina, stavano meglio e morivano meno di chi non si teneva informato. Fra l altro, più gli ammalati sono informati, più è facile fare il dottore; come detto prima invece, c è chi sostiene tesi a sfavore di questo fenomeno, e molti medici sostengono che i pazienti, hanno generalmente a proposito delle malattie, un eccesso di informazioni, e che esse provengono da storie narrate e tramandate in famiglia o in altri sistemi di riferimento, da letture diverse, inclusa quella allarmante del foglietto informativo che accompagna la confezione dei farmaci, da trasmissioni televisive e come prima citato soprattutto da internet. È noto che un eccesso di informazioni equivale a nessuna informazione, tanto più se si tratta di messaggi tra loro contraddittori o espressi in linguaggi incomprensibili. Il medico che non tiene conto di questo sottofondo informativo caotico, non aiuta il paziente a orientarsi, o peggio, si limita ad aggiunger nuove informazioni. Spesso ottiene come risultato, un paziente nervoso irascibile o francamente aggressivo. La difficoltà di comprendere lo stato di confusione impediscono la costruzione di significato, e ciò, suscita a sua volta un atteggiamento conflittuale e di non compliance. In Inghilterra il servizio sanitario nazionale, promuove da anni quello che vorrebbero fosse una rivoluzione culturale non che, passare dal modello centrato sul medico per quanto esperto, ad un modello centrato sull ammalato. Cosi capiamo che lavorare affinché si garantisca al paziente una piena compliance, significa fornirgli spiegazioni accurate sul piano di trattamento, informarlo dei rischi potenziali di un mancato rispetto delle indicazioni terapeutiche, coinvolgerlo sul piano decisionale in modo che si senta partecipe e corresponsabile della riuscita della cura, accertarsi che abbia compreso nel dettaglio le indicazioni ricevute, e destinare tempo e monitoraggio del suo comportamento, in termini di adesione alla terapia. La capacità di stabilire un interazione comunicativa chiara e diretta con il paziente, e di guadagnare cosi la sua fiducia, è un sistema veramente efficace per ottenere da lui l attenzione e la disponibilità necessarie a garantire la riuscita di un trattamento. Quando il medico fa sentire al paziente il proprio sostegno, sia a livello professionale che emozionale, aumentano le probabilità di compliance. Solo attraverso una comunicazione adeguata, il medico può affrontare insieme al 15

20 paziente, argomenti delicati quali la comparsa di eventuali effetti collaterali e le aspettative realistiche di miglioramento: tutti fattori determinanti per la maggiore o minore probabilità di adesione alla terapia. La compliance è uno degli elementi essenziali di quello che potremmo definire iter della comunicazione medico paziente : una comunicazione efficace aumenta la fiducia e il livello di comprensione del paziente; la fiducia e la comprensione del paziente aumentano le possibilità di una corretta compliance, che aumenta le possibilità di riuscita del trattamento e di soddisfazione del paziente, il quale probabilmente tornerà fiducioso e collaborativo in caso di necessità. Oggi viene tuttavia proposto di sostituire il termine compliance con quello di adesione. Compliance infatti, si traduce con acquiescenza, arrendevolezza, sottomissione, e descrive un paziente, che,più che collaborare, obbedisce, si adatta senza discutere alle prescrizioni del medico. Il termine adherence, definisce la relazione medico-paziente in termini più cooperativi (molti autori infatti parlano di partnership), e sottolineano il ruolo del paziente come attore decisionale nella relazione stessa. in termini comportamentali, la adherence (adesione) alle indicazioni del medico da parte del paziente, non indica quindi passiva acquiescenza o umile obbedienza, ma definisce lo spazio, l area entro cui le azioni e i comportamenti del paziente, coincidono con le indicazioni o le prescrizioni del medico, tese a prevenire, monitorare, migliorare una patologia. In questione è chiaro che parlare di compliance è fuorviante: la parola adesione appare in effetti più appropriata. 1.3 LA COSTRUZIONE DI UN PONTE DI COMUNICAZIONE TRA IL MEDICO E IL PAZIENTE. Il medico capace di una comunicazione efficace rivolge la sua attenzione, oltre che al racconto del paziente, anche ai suoi sintomi e ai risultati delle indagini, ma soprattutto ai segnali non verbali: attraverso questi ultimi, infatti, può cogliere indizi di ansie, depressione, bugie e reticenze, che potrebbero risultare 16

21 molto utili nella determinazione del trattamento o nell approfondimento del colloquio. Inoltre questa sensibilità del linguaggio del corpo dell assistito, si traduce in una relazione più positiva, e aumenta i sentimenti di stima e fiducia da parte del paziente nei confronti del medico. Albert Mehrabian ha dimostrato che nella comunicazione interpersonale diretta (in pratica, quando siamo faccia a faccia con l interlocutore), soltanto il 7% del significato del proprio messaggio viene trasmesso attraverso la comunicazione verbale. Il 38% del messaggio viene comunicato tramite la comunicazione pre-verbale (il tono, il volume della voce, la velocità o la lentezza del parlato), e la comunicazione non verbale (la postura i gesti, le espressioni del volto), esprime il 55% della comunicazione 14. Benché questi numeri siano puramente orientativi, certamente è significativa la distribuzione delle percentuali che Mehrabian ha derivato dalle sue osservazioni per la portata che il livello di comunicazione non verbale, assume nelle interazioni. La comunicazione non verbale del paziente, il modo in cui dice quello che dice, i suoi movimenti, la direzione in cui rivolge lo sguardo, contribuiscono in misura enorme, al significato complessivo dei messaggi che trasmette il medico. Anche solo con la sua silenziosa presenza, comunicherebbe qualcosa. Anzi, molto più di qualcosa. Ogni paziente filtra la realtà in modo soggettivo, e il modo in cui avviene l elaborazione degli stimoli che arrivano dall esterno, può essere diverso anche per la stessa persona, a seconda del momento, dello stato d animo e di numerosi altri fattori. Il linguaggio del corpo, la postura, i gesti, i movimenti oculari e le qualità della voce, meritano un attenzione particolare, perché attraverso di essi, il paziente esprime i propri pensieri. Inoltre il linguaggio non verbale è un veicolo d espressione di ciò che il paziente non riesce a comunicare a parole: emozioni, preoccupazioni, sentimenti di sconforto, desideri, convinzioni, valori, preferenze. 14 Mehrabian,Albert, Non verbal communication, Chicago, Aldine publishing co.,1972, in AA. VV., Comunicazione Medico-Paziente,,NLP ITALY,Pisa 2006,p

22 Quando i livelli di comunicazione verbale, paraverbale e non verbale appaiono in conflitto tra loro, in genere è il messaggio non verbale ad essere più attendibile. A volte la descrizione resa al medico può essere più o meno deliberatamente lacunosa o poco conforme alla verità. Il paziente potrebbe evitare di raccontare tutti i propri sintomi, per pudore o per timore di ricevere brutte notizie. Potrebbe asserire di aver seguito la cura prescritta, rispettando in ogni dettaglio dosi e tempi di assunzione, quando invece non è stato cosi, vuoi perché si è dimenticato, vuoi perché non era convinto fino in fondo dell efficacia o dell opportunità del trattamento indicato dal medico. Il medico non è solo colui che spesso da il via allo scambio comunicativo. Sua è infatti la posizione superiore in un interazione complementare, vale a dire, le relazioni in cui la posizione di uno degli interlocutori, è superiore e riconosciuta come tale dall altro o dagli interlocutori 15 ; si contrappone alla comunicazione simmetrica, nel quale entrambi gli interlocutori hanno posizioni paritarie. Alla figura del medico quindi, si associa un ruolo preminente dello scambio, e da questo deriva la maggiore responsabilità dell esito della comunicazione, che è per altro parte integrante della missione d aiuto, insita nella professione medica. Una buona comunicazione riduce lo stress spesso connesso al colloquio, e il rischio di incomprensioni tra le parti, fino a diventare uno dei momenti chiave della realizzazione di un rapporto collaborativo tra curanti e malati. Sta quindi al medico creare tutte quelle condizioni, che siano in grado di mettere l interlocutore a proprio agio, per costruire un clima di fiducia reciproca che dia i suoi frutti in un interazione positiva. Spesso strutture sanitarie come ospedali e ASL, sono indicate come causa di rapporti negativi tra i medici e i pazienti, l accoglienza ad esempio, può essere realizzata attraverso la comunicazione di un senso di attesa nei confronti dei propri utenti e di positiva attitudine rispetto all incontro. Questo significa, prima ancora che un colloquio ci sia, farsi trovare pronti e disponibili, e non immersi in altre attività, ma far si che l paziente e i suoi familiari siano messi al centro di un 15 A.Roberti,C.Belotti,L.Caterino,Comunicazione Medico-Paziente,NLP ITALY,Pisa 2006.p

23 piccolo lasso di tempo a loro interamente dedicato, creando cosi un clima empatico che permette di realizzare uno scambio positivo e collaborativo tra tutti i soggetti coinvolti. Empatia poi significa ascolto, e in particolare quell ascolto attivo, che non si ferma alla ricezione di messaggi verbali dell interlocutore, ma ne prende in considerazione tutta la persona, nell interezza della sua fisicità, e comprende quindi anche il livello non verbale e paraverbale della comunicazione. Ascoltare attivamente significa quindi favorire il dialogo comunicando comprensione e semplicità, un interesse autentico per l esperienza raccontata, che la faccia percepire come significativa, e che trasmetta la sensazione che i problemi percepiti sono degni d attenzione; è sempre necessario tenere presente, come l ambiente e gli oggetti che in esso sono collocati, siano non solo un elemento in grado di facilitare o ostacolare la comunicazione, ma come in alcuni casi, possano diventare strumento di comunicazione essi stessi. Sebbene la componente ambientale della relazione, spesso non sia sottoposta al controllo diretto del medico, quanto piuttosto della struttura all interno nel quale si esercita la propria attività professionale, l importanza rivestita dal fatto che il colloquio abbia un luogo in un ambiente adeguato, rende necessario qualche accenno a questo aspetto; Pur tenuto conto delle difficoltà strutturali relative ai diversi ambienti, le persone coinvolte nello scambio, e in particolare il medico padrone di casa e maggiore responsabile dell interazione, dovrebbero infatti sempre cercare di ottimizzare le risorse a disposizione, per consentire alla relazione di esprimersi al meglio. La presenza di una zona per il colloquio adeguatamente separata da quella della visita, aiuta a mettere a proprio agio i pazienti, e consente loro di essere tranquilli e sereni durante il colloquio con il medico 16. Ma non solo l ambiente può creare un buon ponte di comunicazione; Platone riteneva inadeguato il rapporto che si veniva a creare tra paziente e medico, dove quest ultimo non ascolta i disturbi del paziente, e assume un trattamento empirico, dai modi bruschi di un dittatore. Preferiva un modo appropriato a uomini liberi, guadagnandosi la confidenza del paziente e della famiglia. Così, si impara anche qualcosa dal paziente, imparando a non dare 16 C.Cipolla, G.Remuzzi, Dire,fare,curare, Franco Angeli,Milano 2008 p

24 preiscrizioni, finché si sia acquisita la fiducia del paziente. Una volta acquisita, mira ad ottenere una completa restituzione della salute persuadendo il paziente a seguire la terapia. Riflessioni di sorprendente modernità sulla comunicazione medico paziente si trovano nel giornale dell ospedale Grande di Palermo: è sempre un dovere del medico riempire di fiducia verso di sé l infermo che gli si presenta a curare, [.] il persuaderlo dell utilità dei rimedi che gli propone il confortarlo nei mali che soffre. Per gli antichi le parole erano il primo rimedio, e non senza ragione, dappoiché le malattie tutte trovano vero rimedio nella serenità dello spirito ma non per tutti i mali si hanno droghe LA COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI Nell elenco degli interventi comunicativi delicati e difficili che i medici si trovano ad affrontare, la comunicazione di diagnosi risulta sempre ai primi posti. Molto spesso però, analizzando più in dettaglio, cosa concretamente viene percepito come difficile da parte dei medici, si scoprono due fraintendimenti significativi: Il problema della comunicazione di diagnosi viene confuso con il problema dire o non dire la verità al malato. Il problema della comunicazione di diagnosi viene ridotto al problema dare un nome alla malattia. In realtà, la comunicazione di diagnosi non è un singolo atto comunicativo, ma un processo, nel corso del quale medico e paziente confrontano due ipotesi diagnostiche, che spesso sono alquanto divergenti, e affrontano contemporaneamente, aspetti meno scientifici e meno evidenti che pure della diagnosi fanno parte: il rapporto fra temere e sapere, e fra sapere e sperare 18. La contrattazione di quanta verità diagnostica il paziente è in grado di tollerare in un dato momento, e in quali termini questa verità gli deve essere comunicata. 17 Giornale di Clinica Medica stabilita nello Spedale Grande Di Palermo, Longo, 1829, in AA.VV. 17 C.Cipolla, G.Remuzzi, Dire,fare,curare, Franco Angeli,Milano 2008, p G.Bert, S.Quadrino, Parole di medici,parole di pazienti counselling e narrativa in medicina, il Pensiero scientifico,2002, Roma, p

25 Nel momento in cui medico e paziente intraprendono l atto comunicativo della diagnosi, il loro atteggiamento mentale e le loro predisposizioni emotive sono divergenti. Data questa differenza il medico dovrebbe chiedersi: che cosa mi sta chiedendo il paziente in questo momento? Molti pazienti non hanno lo stesso temperamento di un medico, o ancor di più la stessa conoscenza clinica delle patologie, per questo non hanno lo stesso approccio di questo alle patologie. La semplice diagnosi di una gastrite ad esempio, comunicata al paziente con parole in gergo tecnico medico, risulteranno prima di tutto di difficile comprensione, ma soprattutto agli occhi di un paziente che poco ne sa di medicina, molto grave. Ma il medico non può nemmeno sperare di comunicare a metà la diagnosi grave per paura di creare uno shock al paziente. Oggi le leggi sul consenso informato e la maggior vigilanza dei pazienti e dei loro familiari rendono oggi interventi del genere meno frequenti 19. Informare il paziente in modo corretto è necessario, ma è necessario anche chiedersi sempre che cosa realmente il paziente vuole sapere. Basarsi solo su quello che il paziente ci dice, senza verificare e senza approfondire, può avere conseguenze imprevedibili e drammatiche. Il medico allora prima di comunicare al paziente la sua diagnosi grave o non grave, deve: Avere un quadro sufficientemente chiaro di quello che il paziente sa, si è già sentito dire a proposito della sua malattia. Avere un quadro delle priorità del paziente in termine di aspettative e timori. Avere il più chiaro possibile la risposta dei familiari alla malattia. La comunicazione di prognosi è spesso considerata dai medici abbastanza imbarazzante perché influenza largamente la qualità della vita del paziente, per questo è sempre importante affiancarla a varie figure professionali che, possano seguire il paziente nel percorso della malattia. 19 G.Bert, S.Quadrino, Parole di medici,parole di pazienti, counselling e narrativa in medicina, il Pensiero scientifico,2002, Roma, p

26 CAPITOLO SECONDO 2.1 LE ORIGINI DELLA MEDICINA NARRATIVA E LA SUA EVOLUZIOE NEL TEMPO A mio avviso, non è possibile capire il significato della medicina narrativa senza prima analizzare la questione della conoscenza, e alcune radicali trasformazioni, che hanno interessato l ultimo secolo della storia della filosofia e, più in generale della cultura occidentale. Affrontare il problema della conoscenza, e delle cose del mondo e degli altri, significa porsi due domande cruciali: che cosa è la conoscenza? Come si costruisce una conoscenza affidabile e certa? A queste due domande basilari, hanno tentato di rispondere, nel corso dei secoli, due branche fondamentali della filosofia: la gnoseologia (dal Greco gnosis, conoscenza) e l epistemologia (dal Greco episteme, scienza). É evidente, che qui non possiamo ripercorrere tutta la storia della filosofia per analizzare, in ciascuna corrente di pensiero, la concezione gnoseologica, e quella epistemologica. Tuttavia, ritengo utile accennare ad alcuni approdi della teoria della conoscenza dell ottocento e del novecento, per cercare di capire, come abbiano influenzato o possano influenzare, il modo odierno di concepire la conoscenza in medicina. Il problema della conoscenza può essere affrontato a partire da una questione cruciale: il rapporto tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, altrimenti esprimibile come rapporto tra raziocinio ed esperienza empirica. Per analizzare questo rapporto, i filosofi nel corso del tempo hanno dovuto rispondere ad una domanda decisiva: nei processi di conoscenza, l uomo deve attingere primariamente, a sé e alla sua conoscenza, oppure all esperienza? Secondo il positivismo, forte di una tradizione empirica, l unico oggetto della conoscenza, è quello dei fatti naturali. Questa corrente ha ipotizzato che esista una realtà che può essere conosciuta dall uomo, a patto che egli si doti di rigorosi metodi di indagine, basati sostanzialmente sull uso combinato di ragionamento, osservazione, e misurazione. La conoscenza si basa 22

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