UFFICIO STUDI E RICERCHE

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1 UFFICIO STUDI E RICERCHE COMMERCIO Analisi dati occupazionali, vendite e grande distribuzione Il commercio, ovvero l'acquisto e la vendita di beni valutari o di consumo, mobili o immobili, e di servizi, è una delle attività principali su cui, da sempre, si fonda l'economia. Nei secoli, il commercio ha subito varie evoluzioni fino a raggiungere, a far data dallo sviluppo rispettivamente nelle ere industriale e post-industriale, dei mezzi di trasporto e di comunicazione, alla convergenza verso un mercato globale senza confini, la globalizzazione.

2 UFFICIO STUDI E RICERCHE Elaborazione per il Consiglio Generale della Fisascat CISL 24 OTTOBRE ROMA Direttore Responsabile Pierangelo Raineri Editore, Redazione, Direzione, Amministrazione, Pubblicità Union Labor S.r.L. Via Tevere, Roma Telefono/Fax Registrazione del Tribunale di Roma n. 458/2006 del 13/12/2006 ROC Supplemento a Laboratorio Terziario n 5 al n

3 INDICATORI CONGIUNTURALI Nel secondo trimestre 2011 il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2000 (in volume), corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,8% nei confronti del secondo trimestre del Il risultato congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto dell agricoltura e di un aumento del valore aggiunto dell industria e dei servizi. Il secondo trimestre del 2011 ha avuto una giornata lavorativa in più rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del secondo trimestre La crescita acquisita per il 2011 è pari allo 0,7%. Nello stesso periodo il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,3% negli Stati Uniti e dello 0,2% nel Regno Unito. In termini tendenziali, il Pil è aumentato dell 1,6% negli Stati Uniti e dello 0,7% nel Regno Unito.

4 EURO ZONE ECONOMIC OUTLOOK Nell area dell euro, a partire dai mesi estivi, il clima di fiducia di famiglie e imprese si è fortemente deteriorato a causa delle turbolenze sui mercati finanziari e delle politiche fiscali restrittive adottate in alcuni Stati Membri. Inoltre, nei prossimi trimestri, ci si attende uno stimolo limitato da parte della domanda internazionale che dovrebbe risentire negativamente sia dell orientamento restrittivo delle politiche fiscali e monetarie in molti mercati emergenti, sia della frenata dell economia statunitense. A luglio, la produzione industriale ha registrato un rimbalzo, in parte dovuto al ritardato inizio delle vacanze scolastiche in Germania. Ci si attende che l output cresca dello 0,4% in T Nei trimestri successivi si avrebbe una sostanziale stagnazione della produzione a causa del peggioramento del clima di fiducia e delle attese sui nuovi ordinativi industriali. IL PIL PERDE SLANCIO In linea con il rallentamento della produzione industriale, si prevede che la crescita del PIL si stabilizzi a livelli contenuti in T3 per poi evidenziare una tendenza stagnante in T4 e T Questo risultato riflette sia la crescita moderata del commercio mondiale, sia la debolezza della domanda interna evidenziata dal deterioramento del clima di fiducia di famiglie e imprese. Il permanere di condizioni sfavorevoli nel mercato del lavoro alimenterebbe la debolezza dei salari nominali. Inoltre, il consolidamento fiscale in alcuni Stati Membri dovrebbe incidere negativamente sui redditi delle famiglie. In tale contesto, la decelerazione dell inflazione attesa per i prossimi trimestri supporterebbe i redditi reali solo marginalmente.

5 MERCATI OBBLIGAZIONARI Il trimestre appena concluso è il peggiore dal Quanto sta accadendo nel 2011 è la conseguenza di un clima di elevata incertezza sullo sviluppo delle economie dei paesi industrializzati e non. La capacità di produzione e consumi risulta particolarmente segmentata a livello territoriale con una tendenza al rialzo dell inflazione nei Paesi emergenti, il che determinerà un andamento diversificato delle politiche monetarie.. Il downgrade del debito dell Italia, le tensioni politico sociali ed economiche della Grecia e l inversione dei dati industriali tedeschi hanno determinato un mese di agosto particolarmente penalizzante per tutti i mercati. Solo alla fine di agosto i mercati obbligazionari, a fronte di significative misure per i riallineamento del debito di vari paesi, hanno registrato significativi recuperi. Per l indice obbligazionario JPM EMU All Maturity, i recuperi in termini percentuali segnano per l anno 2011 il passaggio da un 1.10% di metà luglio ad oltre il 4% di settembre

6 MERCATI AZIONARI Differente andamento per i mercati azionari che da un + 2,20% di inizio luglio, segnano, al 30 settembre, 16% per l area Euro e 9% per gli USA. Analizzando graficamente l andamento dei mercati azionari dal 2007 si evidenziano sia canali ascendenti che discendenti, dunque fare previsioni sulla base dell analisi tecnica risulta estremamente difficile. Benchmark di mercato evidenziano livelli di supporto ma anche di resistenza, quindi sia una fase di recupero che di discesa non presenta limiti fondamentalmente validi. Per il Bmk azionario Europa in, ad esempio, i livelli di supporto sono scesi da 4700 a In particolare, le economie mature (più Europa e meno USA) continueranno ad evidenziare ritmi di crescita modesti, tassi di inflazione contenuti (soprattutto a livello di componente core), politiche monetarie accomodanti, a fronte di una tendenza al consolidamento fiscale, seppure diversificato a livello di singolo Paese. Le economie emergenti continueranno a svolgere un ruolo trainante della crescita globale (come nel 2010). L area Euro evidenzierà una maggiore divergenza ciclica tra singoli Paesi, nonché un maggiore rischio al ribasso legato all evoluzione della crisi del debito sovrano e alle misure di consolidamento fiscale intraprese dai governi per contenere i deficit pubblici. La recente iniziativa delle banche centrali di immettere liquidità nel sistema e la possibile risoluzione del caso Grecia hanno provocato, dopo i ribassi di inizio settembre, una forte e significativa ripresa dei mercati azionari mondiali, purtroppo non di lunga durata. Il recupero anche di carattere tecnico è evidente, ma rimangono le perplessità sulla ripresa economica per la debolezza dei consumi. Infatti la cifra stanziata come salva stati è finalizzata ad evitare l eventuale default dei paesi membri, non a sostenere la ripresa dei consumi, che rimane il solo e valido segnale di una ripresa economica. Sino a quel momento, data l incertezza generale, si navigherà principalmente a vista sulla spinta emotiva delle diverse notizie macroeconomiche. Nel dettaglio: a) ECONOMIE AVANZATE: Grecia: approvati piani di Austerity sempre più stringenti; ampliamento del fondo di stabilizzazione; possibile non raggiungimento dell obiettivo di deficit di bilancio 2011; L ISM Usa è salito a Giugno (55.3 vs 53.5); I PMI europeo e inglese sono scesi; ancora forte il livello della Germania (54.6); sotto il 50 nei Paesi periferici; USA: l indice di fiducia dei consumatori è sceso ancora a 58.5 sull outlook presente e futuro. Downgrade italiano su deficit di bilancio e forti debolezze politiche. b) MERCATI EMERGENTI: Rep. Ceca, Turchia e Israele hanno lasciato i tassi invariati. La crescita della Turchia è stata dell 11% sull anno, ma prossimamente dovrebbe rallentare (come segnalato dal PMI). Giappone: la produzione industriale è salita notevolmente (5.7% sul mese), segnando il maggior risultato dal In particolare, l output nei trasporti è salito del 36% nel mese.

7 TEMI DOMINANTI IN UNO SCENARIO DI BREVE TERMINE Momentum debole del ciclo economico, che trascina al ribasso l indice azionario generale e l indice delle commodity. Il rallentamento dell economia si avverte anche nei Paesi emergenti: indici azionari in calo e pressioni inflazionistiche. La debolezza dei mercati è accentuata dalla crisi del debito sovrano dei paesi periferici dell Europa, che porta ai massimi i relativi spread verso il Bund. Le prospettive di medio termine sui mercati azionari risultano incerte: i fundamentals sono deboli ma il valore del P/E nettamente al di sotto della sua media storica, segnala un possibile recupero delle quotazioni. Liquidità sempre elevata. Sul fronte monetario si confermano le politiche monetarie espansive da parte della BCE e della FED, che lasciano inalterati i tassi d interesse.

8 SCENARIO DI MEDIO LUNGO TERMINE MERCATO EUROPEO Indice azionario europeo in netto calo nella seconda metà dell anno, a causa del rallentamento economico, ma soprattutto per le difficoltà nel trovare un accordo che impedisca alla crisi della Grecia di estendersi a paesi più rilevanti, come Italia e Spagna. Perdite particolarmente elevate per l indice italiano, per effetto della crisi di fiducia sulla sostenibilità dei conti pubblici e a causa delle scarse prospettive di crescita dell economia. Per l indice europeo, nella prima metà del 2012 si prefigura un sensibile recupero delle quotazioni, favorito anche dal miglioramento della congiuntura economica, sempre che i problemi politici dell Europa trovino una soluzione duratura. Il miglioramento del quadro europeo e internazionale dovrebbe trascinare al rialzo anche il mercato italiano, sempre condizionatamente ad una positiva evoluzione del quadro politico fiscale. Quotazioni degli indici obbligazionari europei sostanzialmente ferme nel secondo semestre 2011, con un leggero calo del comparto corporate. Modeste prospettive di crescita anche per la prima metà del prossimo anno.

9 CONTRATTI COLLETTIVI E RETRIBUZIONI CONTRATTUALI Alla fine di luglio 2011 i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica corrispondono al 66,8% degli occupati dipendenti e al 61,6% del monte retributivo osservato. Nel mese di luglio l indice delle retribuzioni contrattuali orarie registra una variazione nulla rispetto al mese precedente e un incremento dell'1,7% rispetto a luglio Nella media del periodo gennaio luglio 2011 l indice è cresciuto dell 1,8%, rispetto al corrispondente periodo dell anno precedente. Alla fine di luglio i dipendenti in attesa di rinnovo sono il 33,2%. In media, l attesa di rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è di 19,4 mesi. RETRIBUZIONI ORARIE CONTRATTUALI PER RAGGRUPPAMENTO PRINCIPALE DI CONTRATTI. Luglio 2011, variazioni percentuali (indici in base dicembre 2005=100) Lug 2011/ Giu 2011 Lug 2011 / Lug 2010 SERVIZI PRIVATI 0,0 1,7 Commercio 0,0 2,0 Trasporti, servizi postali e attività connesse 0,0 1,3 Pubblici esercizi e alberghi 0,0 2,1 Servizi d informazione e comunicazione 0,8 1,1 Telecomunicazioni 0,0 2,7 Credito e assicurazioni 0,0 0,6 Altri servizi privati 0,0 1,7 Proiezioni dell indice L indice delle retribuzioni orarie contrattuali per l intera economia, proiettato per tutto l anno sulla base delle disposizioni definite dai contratti in vigore alla fine di luglio, registrerebbe nel 2011 un incremento dell 1,8%. Con riferimento al semestre agosto 2011 gennaio 2012, in assenza di rinnovi, il tasso di crescita tendenziale dell indice generale diminuirebbe progressivamente dall 1,7% di agosto all 1,2% di gennaio RETRIBUZIONI CONTRATTUALI PER RAGGRUPPAMENTO PRINCIPALE DI CONTRATTI. PROIEZIONI AGOSTO 2011 GENNAIO 2012, variazioni percentuali tendenziali (indici in base dicembre 2005=100) (a)

10 REDDITO POTERE DI ACQUISTO E RISPARMIO DELLE FAMIGLIE II trimestre 2011 Nel secondo trimestre del 2011 la propensione al risparmio delle famiglie (definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile) si è attestata all 11,3%, in diminuzione di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,2 punti percentuali rispetto al secondo trimestre del La flessione congiunturale del tasso di risparmio è il risultato di una crescita del reddito disponibile (+0,5%) più contenuta rispetto alla dinamica della spesa per consumi finali (+0,9%) espressa in valori correnti. Rispetto al secondo trimestre del 2010, il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti è aumentato del 2,3%, a fronte di una crescita del 3,7% della spesa delle famiglie per consumi finali. Il potere di acquisto delle famiglie (cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali) è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,3% rispetto al corrispondente trimestre del TASSI DI CRESCITA TENDENZIALI E CONGIUNTURALI DEI PRINCIPALI AGGREGATI DEL SETTORE DELLE FAMIGLIE II trimestre 2011,dati destagionalizzati Il tasso di investimento delle famiglie (definito dal rapporto tra gli investimenti fissi lordi, che comprendono gli acquisti di abitazioni e gli investimenti strumentali delle piccole imprese classificate nel settore, e il reddito disponibile lordo) nel secondo trimestre 2011 si è attestato all 8,9%, come nel secondo trimestre del 2010 ed in lieve diminuzione ( 0,1 punti percentuali) rispetto al trimestre precedente. Gli investimenti delle famiglie sono, infatti, diminuiti dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, mentre hanno mostrato una crescita del 2,3% in termini tendenziali

11 ORE LAVORATE NELLE IMPRESE DELL INDUSTRIA E DEI SERVIZI Nel primo trimestre 2011, al netto degli effetti di calendario, si registra un aumento delle ore lavorate per dipendente dello 0,6%, rispetto allo stesso trimestre del Nell industria, al netto degli effetti di calendario, le ore lavorate per dipendente crescono del 2,7% rispetto allo stesso trimestre dell anno precedente. L indice segna aumenti tendenziali del 3,1% nell industria in senso stretto e dell 1,5% nel settore delle costruzioni. Nei servizi, sempre al netto degli effetti di calendario, le ore diminuiscono in termini tendenziali dell 1,1%. La riduzione più ampia si registra nei servizi di alloggio e ristorazione ( 4,0%). Le attività di noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese segnano l incremento maggiore (+1,8%). L incidenza delle ore di cassa integrazione guadagni utilizzate è pari a 27,7 ore ogni mille ore lavorate, con una diminuzione rispetto al primo trimestre 2010 di 13,0 ore ogni mille. L incidenza delle ore di straordinario è pari al 3,8% delle ore lavorate, con un aumento rispetto al primo trimestre 2010 di 0,1 punti percentuali.

12 OCCUPATI E DISOCCUPATI Agosto 2011 Nel mese di agosto l occupazione maschile segnala variazioni positive sia in termini congiunturali (+0,2%), sia nei dodici mesi (+0,9%). L occupazione femminile risulta stabile rispetto al mese precedente e in aumento dello 0,8% su base annua. Il tasso di occupazione maschile (67,7%) cresce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,5 punti rispetto ad agosto 2010; quello femminile (46,4%) è stabile nel confronto con il mese precedente e registra un aumento di 0,2 punti percentuali in termini tendenziali. La disoccupazione maschile diminuisce del 2,1% rispetto al mese precedente e dell 8% nei dodici mesi. Il numero di donne disoccupate diminuisce dell 1,5% rispetto a luglio, ma aumenta dello 0,6% su base annua. Il tasso di disoccupazione maschile scende di 0,2 punti percentuali nell ultimo mese e di 0,6 punti nel confronto con l anno precedente; quello femminile è in calo di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali, ma resta invariato rispetto ad agosto Gli uomini inattivi diminuiscono dello 0,1% sia in confronto al mese precedente, sia su base annua. Il numero di donne inattive rimane pressoché stabile nel confronto congiunturale, ma diminuisce dello 0,3% nei dodici mesi. Tasso di disoccupazione Differenze di genere (Agosto 2011 dati provvisori) Nel mese di agosto l occupazione maschile segnala variazioni positive sia in termini congiunturali (+0,2%), sia nei dodici mesi (+0,9%). L occupazione femminile risulta stabile rispetto al mese precedente e in aumento dello 0,8% su base annua.

13 Il tasso di occupazione maschile (67,7%) cresce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,5 punti rispetto ad agosto 2010; quello femminile (46,4%) è stabile nel confronto con il mese precedente e registra un aumento di 0,2 punti percentuali in termini tendenziali. La disoccupazione maschile diminuisce del 2,1% rispetto al mese precedente e dell 8% nei dodici mesi. Il numero di donne disoccupate diminuisce dell 1,5% rispetto a luglio, ma aumenta dello 0,6% su base annua. Il tasso di disoccupazione maschile scende di 0,2 punti percentuali nell ultimo mese e di 0,6 punti nel confronto con l anno precedente; quello femminile è in calo di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali, ma resta invariato rispetto ad agosto Gli uomini inattivi diminuiscono dello 0,1% sia in confronto al mese precedente, sia su base annua. Il numero di donne inattive rimane pressoché stabile nel confronto congiunturale, ma diminuisce dello 0,3% nei dodici mesi. Il mercato del lavoro nel II trimestre 2011 Nel secondo trimestre 2011 il numero degli occupati cresce in termini tendenziali dello 0,4% ( unità). Il risultato è dovuto esclusivamente allo sviluppo dell occupazione femminile. Continua il calo dell occupazione italiana ( unità), a fronte della stabilità al 56,6% del tasso di occupazione. L occupazione straniera aumenta significativamente ( unità), ma il relativo tasso di occupazione, come nel biennio precedente, è ancora in discesa dal 63,6% del primo trimestre 2010 al 63,5%. L industria in senso stretto prosegue il moderato recupero avviatosi nel primo trimestre 2011, registrando un incremento tendenziale dell 1,1% ( unità), concentrato nelle imprese di medio grandi dimensioni. Il terziario registra un nuovo risultato positivo (+0,9%, pari a unità), diffuso soprattutto nelle posizioni lavorative dipendenti. Dopo il moderato aumento del trimestre precedente, gli occupati a tempo pieno tornano a diminuire su base annua ( 0,2%, pari a unità); quelli a tempo parziale continuano ad aumentare (+3,4%, unità), ma si tratta, ancora una volta, di part time involontario. In confronto al recente passato, la riduzione dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato è più contenuta ( 0,1%, pari a unità), mentre continua a crescere il numero dei dipendenti a termine (+6,8%, pari a unità), in gran parte nell industria in senso stretto. Come già nel primo trimestre, il numero dei disoccupati registra una riduzione su base tendenziale ( 7%, pari a unità). La discesa riguarda sia le donne sia, soprattutto, gli uomini ed è particolarmente rilevante nel Centro Nord. D altro canto, sale dal 48,1% del secondo trimestre 2010 al 52,9% del totale l incidenza della disoccupazione di lunga durata. Il tasso di disoccupazione è pari al 7,8% (era 8,3% nel secondo trimestre 2010); l indicatore diminuisce su base annua per gli uomini ( 0,6 punti percentuali) e, in misura di poco inferiore, per le donne ( 0,5 punti).

14 Il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni scende dal 27,9% del secondo trimestre 2010 al 27,4%, con un picco del 44% per le donne del Mezzogiorno. Continua a crescere la popolazione inattiva. Il fenomeno interessa sia coloro che cercano lavoro non attivamente ( unità) e quelli che non cercano ma sono disponibili a lavorare ( unità), sia, e soprattutto, quanti non cercano e non sono disponibili a lavorare ( unità). Il tasso di inattività si porta al 37,9%, quattro decimi di punto in più rispetto a un anno prima. L aumento degli inattivi deriva dal ritorno alla crescita della componente italiana ( unità) e dal persistente incremento di quella straniera ( unità), in particolare femminile. OCCUPATI PER SESSO ANNI Gli occupati Nel secondo trimestre 2011, il numero di occupati registra una variazione tendenziale positiva (+0,4%, pari a unità), dovuta alla crescita dell occupazione femminile (+0,9%, in termini percentuali) e alla stabilità di quella maschile. A livello territoriale, all invarianza nel Centro si accompagna l aumento nel Nord (+0,4%, pari a unità), concentrato tra le donne, e nel Mezzogiorno (+0,5%, pari a unità). In tale area scende l occupazione maschile e cresce quella femminile. Con intensità inferiore rispetto al recente passato, prosegue il calo degli occupati italiani, a motivo della riduzione dell occupazione maschile ( unità), solo in parte compensata dall aumento di quella femminile ( unità). Rimane consistente, invece, l incremento dell occupazione straniera ( uomini e donne). Tasso di occupazione Nel secondo trimestre 2011, dopo dieci consecutivi trimestri di flessione e il lieve incremento del precedente trimestre, il tasso di occupazione per la popolazione tra 15 e 64 anni rimane stabile su base annua al 57,3%. L indicatore, invariato nelle regioni settentrionali, scende in quelle centrali e sale nel Mezzogiorno al 44,4% (+0,2 punti percentuali rispetto al secondo trimestre 2010). Il tasso di occupazione degli uomini scende al 67,8% ( 0,1 punti percentuali rispetto a un anno prima), mentre quello femminile si porta al 46,7% (+0,2 punti percentuali), con un aumento su base annua più ampio nel Mezzogiorno.

15 Proseguendo la tendenza avviatasi nel primo trimestre 2009, continua a ridursi il tasso di occupazione degli stranieri (63,5% a fronte del 63,6% nel secondo trimestre 2010). L indicatore, in deciso recupero per gli uomini (dal 76,1% del secondo trimestre 2010 al 77,5%), segnala una nuova flessione per le donne (dal 52,1% al 50,9%). Nella classe tra 15 e 24 anni, il tasso di occupazione scende dal 20,5% al 19% del secondo trimestre La flessione riguarda sia gli uomini (dal 24,1% al 23%) sia le donne (dal 16,8% al 14,9%). Posizione nella professione e settore di attività economica Nel secondo trimestre 2011, alla crescita su base annua delle posizioni lavorative dipendenti si associa il repentino calo di quelle autonome. L agricoltura registra una riduzione del numero di occupati ( 4,6%, pari a unità) diffusa sia nelle posizioni lavorative dipendenti sia in quelle autonome, ma concentrata esclusivamente nel Centro Nord. Nell industria in senso stretto, prosegue il moderato recupero (+1,1%, pari a unità) avviatosi nel precedente trimestre. Il risultato riflette l aumento dell occupazione dipendente nel Nord (+2,4%, pari a unità), in particolare nelle regioni Nord ovest. Nelle costruzioni l occupazione continua a ridursi ( 2,8%, pari a unità); con l eccezione del Nordest, la flessione riguarda l occupazione dipendente e autonoma. Il terziario manifesta un nuovo aumento (+0,9%, pari a unità in più rispetto al secondo trimestre 2010). Il risultato è dovuto principalmente all aumento dell occupazione nel comparto degli alberghi e ristorazione e, soprattutto, nei servizi domestici e di cura. Nel secondo trimestre 2011, occupati (erano nello stesso periodo del 2010) dichiarano di non avere lavorato, nella settimana di riferimento dell indagine, o di avere svolto un numero di ore inferiore alla norma, perché in Cassa integrazione guadagni. Carattere dell occupazione e tipologia di orario Nel secondo trimestre 2011 le figure lavorative a tempo pieno segnalano una moderata flessione ( 0,2%, pari a unità rispetto allo stesso periodo di un anno prima). Il risultato è la sintesi del nuovo sensibile calo dei dipendenti a tempo indeterminato ( 1,1%, pari a unità), compensato solo in parte dall incremento dei dipendenti a tempo determinato (+6,5%, pari a unità), e di una stabilità del lavoro autonomo full time. Dopo la crescita intervenuta nel corso del 2010, prosegue l aumento degli occupati a tempo parziale. Nel secondo trimestre 2011, l occupazione a orario ridotto aumenta su base annua del 3,4% ( unità). L incremento coinvolge le posizioni lavorative dipendenti maschili e femminili ed è dovuto esclusivamente al part time di tipo involontario, ossia ai lavori accettati in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno. Inoltre, continua a crescere il numero dei dipendenti a termine (+6,8,% pari a unità), soprattutto nella componente maschile e coinvolgendo, oltre ai giovani, anche le classi d età più adulte. L incidenza del lavoro a termine sul totale degli occupati sale al 10,2%.

16 I disoccupati Nel secondo trimestre 2011 il numero delle persone in cerca di occupazione registra una significativa flessione tendenziale ( 7%, pari a unità). La discesa coinvolge sia la componente maschile sia quella femminile e si concentra soprattutto nel Centro Nord. L area della disoccupazione maschile straniera si riduce su base annua di unità; quella Femminile cresce di unità. In confronto a un anno prima, nel secondo trimestre 2011 il calo delle persone in cerca di lavoro interessa maggiormente gli ex occupati ( 9,5%, pari a unità per gli uomini; 14,4%, pari a unità per le donne) e gli ex inattivi ( 10,9%, pari a unità). In misura più accentuata in confronto al recente passato, aumenta il numero delle persone alla ricerca di prima occupazione (+5,7%, pari a unità in più rispetto al secondo trimestre 2010). Nonostante la flessione registrata nel secondo trimestre 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010, gli ex occupati arrivano a rappresentare il 58,5% degli uomini disoccupati. Nel secondo trimestre 2011 l incidenza della disoccupazione di lunga durata (dodici mesi o più) è pari al 52,9%, in netto aumento rispetto al 48,1% di un anno prima. Tasso di disoccupazione Nel secondo trimestre 2011 il tasso di disoccupazione è pari al 7,8% (era 8,3% un anno prima). Il tasso di disoccupazione maschile diminuisce su base annua di 0,6 punti percentuali, portandosi al 6,9%; quello femminile scende di 0,5 punti, posizionandosi al 9%. Nel Nord la discesa dell indicatore è dovuta a un calo sia del tasso maschile sia di quello femminile; nel Centro il tasso scende al 6,6% dal 7,1% del secondo trimestre 2010, a motivo della riduzione sia delle donne sia soprattutto degli uomini. Nel Mezzogiorno l indicatore risulta pari al 13,1% (era il 13,4% nel secondo trimestre 2010). Il risultato sconta la flessione del tasso di disoccupazione degli uomini (dall 11,8% all 11,6%) e delle donne (dal 16,4% all attuale 15,6%). Il tasso di disoccupazione degli stranieri scende al 10,9%, sette decimi di punto in meno rispetto al secondo trimestre L indicatore continua a calare per gli uomini (dal 10,5% all 8,5%), mentre riprende a crescere per le donne (dal 13,1% al 14,1%). Il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni scende al 27,4% (era il 27,9% un anno prima). L indicatore diminuisce per gli uomini in tutte le ripartizioni, mentre per le donne, con l eccezione del Nord est, cresce diffusamente, con un picco del 44% nel Mezzogiorno. Nella classe tra i 20 e i 24 anni il tasso di disoccupazione si attesta al 24,5% (era 24,7% nel secondo trimestre 2010).

17 Gli inattivi Nel secondo trimestre 2011 il numero di inattivi in età compresa tra 15 e 64 anni risulta ancora in crescita su base annua (+1,4%, pari a unità). Nel Nord l aumento (+2,3%, pari a unità), più ampio rispetto al recente passato, riguarda in misura più sostenuta gli uomini; nel Centro l incremento (+2,5%, pari a unità) interessa entrambi i generi. Infine, nel Mezzogiorno la moderata crescita del numero degli inattivi (+0,2%, pari a unità) coinvolge esclusivamente la componente maschile. Il significativo incremento tendenziale degli inattivi deriva dalla ripresa della componente italiana ( unità) e dall ulteriore aumento di quella straniera ( unità). Con riguardo alla prima componente, lo studio è il principale motivo della mancata ricerca del lavoro. Per contro, l incremento dell inattività straniera interessa soprattutto donne che non hanno cercato un impiego per ragioni familiari. La crescita del numero degli inattivi è dovuta soprattutto agli individui che non hanno cercato un occupazione e non sono disponibili a lavorare (+1,6%, pari a unità). Aumentano, ma in misura minore, anche gli individui che non hanno svolto azioni di ricerca attiva di un impiego, anche se si dichiarano interessati a lavorare qualora se ne offrisse l opportunità ( unità in più in confronto al secondo trimestre 2010, +2,7%) e quanti non hanno cercato lavoro ma sarebbero disponibili a lavorare ( unità, +1,3%). In base ai motivi della mancata ricerca del lavoro, l incremento su base annua degli inattivi è dovuto a diverse ragioni: da quelle familiari (+6,1%, pari a unità) a quelle di studio (+2,6%, pari a unità) e all attesa degli esiti di passate azioni di ricerca (+14,8%, pari a unità). In tutti i casi sono coinvolte entrambe le componenti di genere. Tasso di inattività Nel secondo trimestre 2011 il tasso di inattività della popolazione tra 15 e 64 anni si attesta al 37,9%, quattro decimi di punto in più rispetto a un anno prima. Il risultato deriva dall aumento tendenziale dell indicatore per gli uomini (dal 26,4% al 27%) e dalla sostanziale stabilità per le donne. Nel Nord l indicatore si porta al 31,1%; nel Centro raggiunge il 33,7%, sei decimi di punto in più su base annua; nel Mezzogiorno rimane invariato al 48,8%. In questa ripartizione, il risultato è sintesi della crescita del tasso d inattività maschile (+0,4 punti percentuali) e della discesa, per il terzo trimestre consecutivo, di quello femminile (dal 63,5% del secondo trimestre 2010 al 63,2%). Il tasso di inattività della popolazione straniera tra 15 e 64 anni sale dal 28% al 28,6%; per le donne l indicatore passa dal 40,1% al 40,7%. Il tasso di inattività dei giovani tra 15 e 24 anni sale dal 71,6% del secondo trimestre 2010 al 73,8%. La crescita è diffusa nell insieme del territorio nazionale, soprattutto tra gli uomini. Lo studio (o la formazione professionale) rappresenta per oltre quattro quinti dei giovani inattivi la principale ragione della mancata partecipazione al mercato del lavoro.

18 PREZZI AL CONSUMO Settembre 2011 Nel mese di settembre, secondo le stime preliminari, l indice nazionale dei prezzi al consumo per l intera collettività (NIC), comprensivo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% rispetto al mese di agosto 2011 e del 3,1% nei confronti dello stesso mese dell anno precedente (era 2,8% ad agosto). L inflazione acquisita per il 2011 è pari al 2,6%. L inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, sale al 2,5%, con un accelerazione di tre decimi di punto percentuale rispetto ad agosto (+2,2%). Al netto dei soli beni energetici, il tasso di crescita tendenziale dell indice dei prezzi al consumo sale al 2,3% dal 2,1% di agosto. La crescita tendenziale dei prezzi dei beni sale al 3,3%, con un accelerazione di quattro decimi di punto percentuale rispetto ad agosto 2011 (+2,9%) e quella dei prezzi dei servizi si porta al 2,7%, dal 2,5% del mese precedente. Come conseguenza di tali andamenti, il differenziale inflazionistico tra beni e servizi aumenta di due decimi di punto rispetto al mese di agosto. A settembre, tendenze all accelerazione della crescita dei prezzi al consumo si rilevano in gran parte delle divisioni di spesa, con particolare riferimento ai beni e servizi per Ricreazione, spettacoli e cultura, ai Servizi ricettivi e di ristorazione, ai prodotti dell Abbigliamento e calzature e agli Altri beni e servizi. Tassi di crescita dei prezzi elevati, ma sostanzialmente stabili rispetto a quanto rilevato ad agosto, riguardano invece i Beni energetici. Sulla base delle stime preliminari, l indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dell 1,9% su base mensile e del 3,5% su base annua, in marcata accelerazione rispetto ad agosto 2011 (+2,3%). La forte variazione congiunturale è in gran parte dovuta al venire meno dei saldi stagionali. Con riferimento ai Servizi Ricreativi, culturali e per la cura della persona è da rilevare il rialzo su base mensile dei prezzi dei Servizi di alloggio (+3,7%, +4,4% su base annua), determinato dall aumento congiunturale del 6,8% dei prezzi degli Alberghi e motel, cresciuti sull anno del 4,7%. Nello stesso settore, infine, si segnalano i rialzi congiunturali dei prezzi dei servizi di ristorazione offerti da Ristoranti, bar e simili (+0,3%, +2,2% sul piano tendenziale) e dei servizi offerti dalle Mense (+0,4%, +3,3% su base annua). INDICI DEI PREZZI AL CONSUMO Settembre 2011

19 I CONSUMI DELLE FAMIGLIE In crescita la spesa per carne, scende quella per altri beni e servizi La spesa media mensile per famiglia nel 2010 è pari, in valori correnti, a euro (+0,5% rispetto all anno precedente). Tenuto conto dell errore campionario (0,6%) e della variazione del valore del fitto figurativo (+0,2%), la spesa risulta stabile in termini reali nonostante la dinamica inflazionistica (+1,5%). Le stime qui presentate sono, infatti, di tipo campionario e quindi soggette a un errore campionario che può rendere alcune differenze tra i valori osservati nei confronti spazio temporali non statisticamente significative. Il valore mediano della spesa mensile per famiglia, cioè quello al di sotto del quale si colloca la spesa della metà delle famiglie residenti, è pari a euro (+1,0% rispetto al 2009 in termini nominali), confermando la stabilità osservata in termini di valore medio. La spesa media per generi alimentari e bevande non mostra variazioni significative rispetto al 2009 (+1,2%) e si attesta a 467 euro mensili. Cresce, rispetto all anno precedente, la spesa per carne, mentre continua a diminuire quella per oli e grassi. Anche la percentuale di famiglie che dichiara di aver diminuito la quantità e/o la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all anno precedente è del tutto simile a quella osservata per il 2009 (35,1%): tra di esse, il 65,3% dichiara di aver diminuito solo la quantità, mentre il 13,6% di aver diminuito, oltre alla quantità, anche la qualità. La spesa non alimentare, analogamente a quella alimentare, risulta stabile e pari a euro mensili; in diminuzione appare la spesa per combustibili ed energia e la spesa per altri beni e servizi. Sette famiglie su dieci fanno la spesa al supermercato, una su dieci all hard discount Nel 2010, alla spesa per generi alimentari e bevande viene destinato, in media, il 19,0% della spesa totale (era il 18,9% nel 2009); una sostanziale stabilità si evidenzia anche per le abitudini di spesa: il supermercato si conferma il luogo di acquisto prevalente per tutti i generi alimentari (scelto dal 69,4% delle famiglie), mentre quasi la metà delle famiglie (il 48,5%) continua ad acquistare il pane al negozio tradizionale, l 11,5% sceglie il mercato per l acquisto di pesce e il 17% per la frutta e la verdura. Stabile al 10,1% è la quota di famiglie che acquista generi alimentari, in particolare pasta, presso gli hard discount. Tra le famiglie del Nord e del Centro la quota di spesa per alimentari e bevande rimane costante (si passa dal 16,4% al 16,5% nel Nord e dal 18,7% al 18,6% nel Centro), mentre nel Mezzogiorno aumenta, arrivando a rappresentare un quarto della spesa totale (era il 24,4% nel 2009). Tra le famiglie meridionali aumenta la quota di spesa per patate, frutta e ortaggi, pesce, pane e cereali; la spesa per carne si conferma la più alta, attestandosi a 108 euro mensili (il 5,7% della spesa totale). Stabili, a livello nazionale, sono le quote destinate ai tabacchi (21 euro mensili), alle comunicazioni (48 euro), ai trasporti (339 euro) e all abbigliamento e calzature (142 euro). Restano immutate anche le abitudini di spesa per l acquisto di scarpe e vestiti: il 66,4% delle famiglie continua ad acquistare prevalentemente presso il negozio tradizionale, quasi il 20% presso un ipermercato/supermercato e il 12% al mercato. La stabilità delle suddette quote si conferma in tutte le ripartizioni, ad eccezione di quella per i trasporti il cui peso continua a diminuire nel Mezzogiorno e aumenta nel Nord.

20 In calo le spese per parrucchiere, estetista e viaggi Tra il 2009 e il 2010 diminuiscono le spese destinate agli altri beni e servizi in tutte le ripartizioni: da 268 euro del 2009 a 253 euro del In particolare, si contrae, anche a seguito della minore percentuale di famiglie che acquistano tali prodotti, la spesa per la cura personale (parrucchiere, barbiere, centri estetici e simili), i viaggi, gli onorari dei professionisti, l assicurazione vita e le rendite vitalizie. In diminuzione su tutto il territorio appare poi la quota di spesa per combustibili ed energia, aumentata nel 2009 a seguito di una stagione invernale particolarmente lunga e rigida (5,2% nel 2008, 5,5% nel 2009, 5,3% nel 2010). Il calo più marcato si osserva per le spese associate al riscaldamento, in particolare gas da rete e combustibili liquidi; un evidente diminuzione si osserva anche nelle spese sostenute per le utenze di energia elettrica, a seguito della riduzione dei prezzi associati a questo servizio. Si riduce la quota di spesa per arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa (dal 5,5% del 2008 e 2009 al 5,4% del 2010), soprattutto nel Nord: diminuiscono sia la spesa per mobili e accessori di arredamento, sia quella per i prodotti per la pulizia della casa. Il peso delle altre spese per l abitazione continua, invece, ad aumentare: nel 2010 essa rappresenta il 28,4% della spesa totale (26,9% nel 2008 e 28,0% nel 2009). Marcati aumenti si osservano per le spese di condominio e per i lavori di ristrutturazione, soprattutto ordinaria; anche le spese per l acqua registrano un incremento legato all aumento dei costi di erogazione del servizio. I maggiori esborsi sostenuti per visite mediche, dentista, esami radiologici ed ecografici hanno determinato, in particolare nel Centro nord, l aumento della quota di spesa totale per servizi sanitari, mentre sono le spese per televisore e abbonamenti a radio, tv e internet (presumibilmente legate all evento calcistico dei mondiali) ad aver contribuito, soprattutto nel Nord, all aumento della quota per tempo libero e cultura. L aumento della quota destinata all istruzione, rilevato in tutte le ripartizioni geografiche, è stato invece trainato dalle spese sostenute per tasse scolastiche, libri scolastici e lezioni private, nonché da quelle per l alloggio e il mantenimento di studenti fuori dal comune di residenza. Stabile da ormai tre anni è la quota di famiglie che occupano un abitazione in affitto (17,2%), con valori pari al 18,2% nel Nord, al 14,4% nel Centro e al 17,6% nel Mezzogiorno. La spesa media effettiva per il canone locativo varia fra i 431 euro delle regioni del Centro e i 295 del Mezzogiorno. Tra le famiglie che vivono in abitazione di proprietà (il 73,6% del totale), il 16,1% paga un mutuo (era il 15,9% nel 2009). Questa voce di bilancio, pur non essendo una spesa per consumi (configurandosi piuttosto come un investimento) rappresenta un uscita consistente che, per circa 2 milioni 947 mila famiglie, è pari, in media, a 494 euro al mese. La leggera diminuzione osservata tra le famiglie residenti nel Nord, fa sì che, nel 2010, la spesa per mutuo più elevata sia quella sostenuta dalle famiglie del Centro, dove è pari a 515 euro mensili.

21 La spesa alimentare incide di più sul budget delle famiglie con cinque o più componenti SPESA MEDIA MENSILE E SPESA MEDIANA MENSILE DELLE FAMIGLIE PER TIPOLOGIA FAMILIARE Anno 2010, valori in euro (in grassetto) e composizione percentuale per capitolo di spesa rispetto al totale della spesa media mensile La diversa dimensione familiare determina livelli di spesa e allocazione del budget disponibile differenti, anche per effetto delle economie di scala. In particolare, il livello di spesa media (e mediana) aumenta in misura meno che proporzionale rispetto al numero di componenti. Nel 2010, ad esempio, la spesa media mensile per una famiglia composta da un solo individuo è circa il 70% di quella delle famiglie di due componenti ed analogo fenomeno si rileva per la spesa mediana. Tra le famiglie di cinque o più componenti, un quinto (il 20,8%) della spesa totale, pari a euro, è destinata ai generi alimentari (contro il 18,6% delle famiglie di un solo componente). Risultano più elevate anche le quote per abbigliamento e calzature (7,4% contro il 4,5% delle famiglie di un solo componente), istruzione (2,5% contro 0,3%) e trasporti (15,9% contro 10,4%). Più bassa, invece, è la quota per l abitazione: il 22,0% contro il 35,0% osservato tra le famiglie di un solo componente. I livelli di spesa media mensile tra le famiglie con a capo una donna sono più bassi (2.060 euro) rispetto a quelli delle famiglie con persona di riferimento uomo (2.642 euro), essendo le prime tipicamente meno ampie e, in prevalenza, composte da anziane e madri sole (i corrispondenti valori mediani sono pari, rispettivamente, a e euro). Le famiglie di anziani, infatti, hanno livelli di spesa decisamente più bassi di quelli delle famiglie con a capo una persona più giovane (i single e le coppie con a capo un ultrasessantaquattrenne spendono circa i tre quarti dei single e delle coppie di giovani/adulti), così come i monogenitori si attestano su livelli di spesa più simili a quelli delle coppie senza figli che a quelli delle coppie con figli. Circa euro separano la spesa media mensile delle famiglie di operai (2.372 euro) da quella delle famiglie di imprenditori e liberi professionisti (3.674 euro), mentre scende a euro la spesa delle famiglie con a capo un disoccupato, una casalinga o una persona in altra condizione non professionale (esclusi i ritirati dal lavoro, le cui famiglie spendono in media euro). Le stesse evidenze si osservano, su livelli più bassi, anche in termini di spesa mediana. In generale, le famiglie con i livelli di spesa più bassi (famiglie di anziani, famiglie con a capo una persona esclusa dal mercato del lavoro, sia essa ritirata o in altra condizione non professionale) destinano una quota più elevata della loro spesa totale a beni di prima necessità, come abitazione e

22 alimentari (essi rappresentano il 63,8% per le famiglie con a capo una persona in altra condizione non professionale e il 74,7% tra gli anziani soli). Nel caso degli anziani, tra le spese incomprimibili devono essere incluse anche quelle sanitarie, che rappresentano un ulteriore 4,9% nel caso di persone sole e 5,4% nel caso di coppie. Per altre tipologie di famiglie (giovani e adulti, soli o in coppia, famiglie di imprenditori e liberi professionisti, famiglie di dirigenti e impiegati e di lavoratori in proprio) appaiono superiori alla media le quote destinate alle altre spese (pasti e consumazioni fuori casa, viaggi e vacanze, onorari di professionisti, assicurazione vita e rendite vitalizie), ai trasporti e alle comunicazioni, all abbigliamento e alle calzature, che, insieme, rappresentano circa il 40% della spesa totale. Un elevata quota di spesa per trasporti e comunicazioni e per abbigliamento e calzature è associata anche alla presenza di figli (tali spese rappresentano circa un quarto della spesa totale), che determinano quote più elevate di spesa anche per l istruzione e il tempo libero (pari al 7,7% nel caso i figli siano tre o più). La spesa delle famiglie lombarde è euro più alta di quella delle famiglie siciliane Nel 2010, la Lombardia è la regione con la spesa media mensile più elevata (2.896 euro), seguita da Emilia Romagna (2.885) e Veneto (2.876). Fanalino di coda, ancora una volta, la Sicilia con una spesa media mensile (1.668) di oltre euro inferiore a quella delle regioni con la spesa più elevata. In tutte le regioni del Mezzogiorno alla spesa alimentare viene destinato oltre un quinto della spesa totale (in Campania, Sicilia e Calabria tale quota di spesa rappresenta più di un quarto), mentre nelle regioni del Nord la quota di questa voce è inferiore a quella media nazionale, fatta eccezione per la Liguria (19,7%) dove è elevata la presenza di popolazione anziana. In generale, le regioni con i livelli di spesa più bassi mostrano quote di spesa più contenute per altri beni e servizi e per tempo libero e cultura: tali spese, complessivamente, rappresentano il 10,3% della spesa totale delle famiglie siciliane, contro circa il 17% di Piemonte e Trentino Alto Adige. Le regioni del Centro, in particolare il Lazio (32,6%) e la Toscana (31,2%), presentano le più elevate quote di spesa totale destinate all abitazione; tra le regioni del Nord, una quota di spesa per l abitazione superiore al 30% si osserva solo in Liguria (35,7%) La diversa propensione alla spesa per istruzione e per sanità è legata non solo alla diversa compartecipazione delle istituzioni locali alla spesa sostenuta dalle famiglie, ma anche alla maggiore presenza, nel primo caso, di bambini e ragazzi in età scolare e, nel secondo, di anziani. Per quanto riguarda l istruzione, la quota di spesa varia da un massimo del 2,3% in Molise a un minimo dello 0,6% per il Lazio. Per beni e servizi sanitari, invece, si passa da un massimo dell 8% in Valle d Aosta a un minimo del 2,8% in Campania.

23 FIDUCIA DEI CONSUMATORI A settembre l indice del clima di fiducia dei consumatori cala a 98,5 da 100,3 di agosto. La flessione, diffusa a tutte le componenti, è più marcata per il clima economico, il cui indice diminuisce da 70,0 a 67,8; la fiducia sulla situazione personale scende da 116,2 a 114,4. L indice del clima corrente cala da 112,1 a 109,7, mentre quello relativo al complesso delle attese a breve termine segna una lieve diminuzione (da 87,5 a 87,2). Peggiorano le valutazioni, presenti e prospettiche, sulla situazione economica del paese e della famiglia, nonché i giudizi sul bilancio familiare e sull opportunità attuale del risparmio. Si deteriorano, seppur con intensità minore, anche le attese sull evoluzione del mercato del lavoro. Migliorano, per contro, le attese sul mercato dei beni durevoli e sulle intenzioni future di risparmio. I saldi dei giudizi sull evoluzione recente dei prezzi al consumo e quelli delle previsioni sulla loro dinamica futura registrano un aumento rispetto al mese precedente. La fiducia peggiora in quasi tutte le ripartizioni e il deterioramento è particolarmente intenso nel Mezzogiorno; solo nel Nord est si registra un lieve recupero.

24 FIDUCIA DELLE IMPRESE DEI SERVIZI E DEL COMMERCIO Settembre 2011 La fiducia delle imprese dei servizi nel dettaglio settoriale A settembre, la fiducia delle imprese dei servizi si deteriora in tutti i settori, passando da 97,6 a 80,0 nei trasporti e magazzinaggio, da 88,9 a 73,9 nei servizi di informazione e comunicazione, da 94,2 a 86,2 in quelli turistici e da 93,5 a 83,9 nei servizi alle imprese e altri servizi. Tutti i saldi delle principali variabili rilevate nell indagine per ciascun settore sono in calo, ad eccezione delle attese sugli ordini nei sevizi di informazione e comunicazione (passate da 2 a 7). In particolare, emerge la netta discesa dei saldi relativi alle attese sulla situazione generale del paese, che nei servizi di informazione e comunicazione cade a 70 (da 28), e il sensibile peggioramento delle attese sugli ordini nei trasporti e magazzinaggio (da 2 a 32). La fiducia delle imprese dei servizi nel dettaglio territoriale L indice della fiducia dei servizi diminuisce in tutte le ripartizioni territoriali, scendendo da 99,1 a 79,5 al Centro, da 92,1 a 83,5 nel Nord ovest, da 88,0 a 84,6 nel Nord est, e da 90,5 a 87,7 nel Mezzogiorno. I saldi dei giudizi sugli ordini peggiorano dovunque e le attese relative alla medesima variabile migliorano lievemente solo nel Nord ovest (da 1 a 2 il saldo). Le attese circa l andamento dell economia in generale si deteriorano marcatamente al Centro (da 27 a 58) e nel Nord ovest (da 26 a 44), mentre segnano un lieve recupero nel Mezzogiorno(da 44 a 41 il saldo). La fiducia delle imprese del commercio per tipologia distributiva Nel commercio, l indicatore di fiducia sale lievemente nella grande distribuzione (da 92,6 di agosto a 93,1 in settembre), ma scende in misura ampia in quella tradizionale (da 104,1 a 97,8). Nel primo caso restano costanti sia i giudizi sulle vendite correnti, sia le attese su quelle future (i saldi delle variabili si confermano pari, rispettivamente, a 8 e a 9) mentre scende lievemente il saldo delle risposte sul livello delle scorte di magazzino (da 18 a 17). Nella distribuzione tradizionale peggiorano i giudizi e le attese sulle vendite (rispettivamente, da 24 a 34 e da 4 a 2) e sale il saldo relativo alle scorte di magazzino (da 6 a 8).

25 Forma distributiva e tipologia di esercizio COMMERCIO AL DETTAGLIO Luglio 2011 Nel confronto con il mese di luglio 2010 si rilevano flessioni del 2,5% per le vendite della grande distribuzione e del 2,4% per quelle delle imprese operanti su piccole superfici. Nella grande distribuzione le vendite registrano variazioni negative sia per i prodotti alimentari, sia per quelli non alimentari (rispettivamente 1,7% e 3,2%). Anche nelle imprese operanti su piccole superfici le vendite segnano un calo in entrambi i settori merceologici ( 2,6% per i prodotti alimentari e 2,3% per quelli non alimentari). Nel mese di luglio 2011, tra le tipologie di imprese della grande distribuzione (Prospetto 2), si rileva un calo tendenziale del 2,8% per gli esercizi non specializzati e dello 0,5% per quelli specializzati. All interno dei primi, sia gli esercizi a prevalenza alimentare, sia quelli a prevalenza non alimentare presentano diminuzioni (rispettivamente 2,5% e 4,0%). Tra gli esercizi a prevalenza alimentare, gli ipermercati segnano la diminuzione più marcata ( 3,9%) e i discount quella più contenuta ( 0,9%). Nella media del periodo gennaio luglio 2011, le vendite degli esercizi non specializzati diminuiscono, in termini tendenziali, dell 1,0%, mentre quelle degli esercizi specializzati aumentano dell 1,9%. COMMERCIO AL DETTAGLIO A PREZZI CORRENTI PER SETTORE MERCEOLOGICO E FORMA DISTRIBUTIVA Luglio 2011 (a), variazioni percentuali (indici in base 2005=100)

26 Andamento delle vendite per dimensione di impresa Con riferimento alla dimensione delle imprese (Prospetto 3), nel mese di luglio 2011 il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, del 2,6% nelle imprese fino a 5 addetti, del 2,7% in quelle da 6 a 49 addetti e del 2,1% nelle imprese con almeno 50 addetti. Nel confronto tendenziale relativo ai primi sette mesi dell anno, il valore delle vendite diminuisce, in termini tendenziali, dell 1,0% nelle imprese fino a 5 addetti, dell 1,1% in quelle da 6 a 49 addetti e dello 0,3% nelle imprese con almeno 50 addetti. COMMERCIO AL DETTAGLIO A PREZZI CORRENTI PER TIPOLOGIA DI ESERCIZIO DELLA GDO Luglio 2011 (a), variazioni percentuali (indici in base 2005=100) Prodotti non alimentari Per quanto riguarda il valore delle vendite di prodotti non alimentari, a luglio 2011 l unica variazione tendenziale positiva si registra nel gruppo Dotazioni per l informatica, telecomunicazioni, telefonia (+0,2%). I gruppi che subiscono le diminuzioni più marcate sono Elettrodomestici, radio, tv e registratori ( 7,4%) e Supporti magnetici, strumenti musicali ( 6,5%).

27 COMMERCIO: LA CRISI SI VINCE SOLO CON IL GIOCO DI SQUADRA Internazionalizzazione del sistema della distribuzione commerciale; qualificazione degli imprenditori; sviluppo dell innovazione attraverso i distretti del commercio e le reti di impresa, puntando anche allo sviluppo delle vendite on line; individuazione di sistemi di sostegno economico alle imprese che adottino standard di qualità; partecipazione alla nuova programmazione territoriale. Questa l agenda delle priorità, individuata da Unioncamere e dalle Camere di commercio e sottoposta all attenzione e al lavoro comune delle due Confederazioni di rappresentanza del settore Confcommercio e Confesercenti, dall Anci e dal Coordinamento interregionale degli Assessorati al commercio. Che, al IX Convegno nazionale sul commercio, si sono incontrate avendo già declinato in un documento condiviso i 12 punti rossi (gli ostacoli alla crescita) e i 12 punti verdi (le opportunità) del settore e avendo ben presente l obiettivo da raggiungere: vincere la sfida della crisi, uscendo dalle logiche settoriali, cogliendo le nuove abitudini di consumo e, soprattutto, facendo gioco di squadra tra sistema della rappresentanza e istituzioni preposte alla regolazione del mercato. I due provvedimenti finalizzati a conseguire il pareggio di bilancio nel 2013, varati dal Governo, ha evidenziato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, impongono un notevole sacrificio ad imprese e cittadini. In attesa di conoscere le strategie di sviluppo che andranno a controbilanciare gli effetti depressivi delle manovre estive, sentiamo che, con senso di responsabilità, tutti dobbiamo chiederci cosa possiamo fare per un settore quello commerciale che ha un ruolo di straordinaria importanza per la nostra economia, dando lavoro a 3,5 milioni di persone. Proponiamo, anzitutto, un patto con il mondo istituzionale e con il mondo associativo. Con il primo intendiamo verificare se, sulla base del principio di sussidiarietà, è possibile contribuire a ridurre la frammentazione disciplinare che caratterizza il settore. Con le associazioni, invece, vogliamo calarci nel mercato per collaborare nell individuazione di quelle risposte che possono guidare gli operatori verso il mercato del domani. E lo facciamo con un obiettivo preciso: restituire dignità nei programmi di sviluppo del governo alla distribuzione commerciale, comparto fino ad oggi soggetto ad iniziative normative non sempre adeguatamente meditate.

28 Gli ostacoli allo sviluppo i 12 punti rossi Assenza di politiche pubbliche specifiche Eccessiva frammentazione disciplinare Insufficiente livello di liberalizzazione in alcuni settori o modalità di vendita Eccessiva contraffazione ed abusivismo Desertificazione delle aree urbane Elevato turn over delle imprese Insufficiente aggregazione nelle filiere Insufficiente internazionalizzazione della distribuzione Insufficiente qualificazione e riqualificazione professionale Insufficiente propensione all innovazione Mancanza di una politica sul passaggio generazionale Migliorabile l attrattività del lavoro nel settore Le opportunità di sviluppo i 12 punti verdi Facilità di entrata nel settore Il valore aggiunto del commercio nell economia La produttività del commercio La riqualificazione delle aree urbane e l animazione del territorio Il ruolo sociale ed economico del commercio L innovazione del commercio e nel commercio (Distretti e Reti di impresa) I vantaggi del pluralismo distributivo Il commercio crea vera integrazione con i cittadini comunitari ed extracomunitari Il riuso di cognizioni nel commercio Le potenzialità del commercio elettronico Una leva di sviluppo: la sostenibilità ambientale ed energetica Verso sistemi di qualità sul commercio La fotografia della rete distributiva nel 2010 Il milione e 630mila esercizi commerciali esistenti a fine dello scorso anno sono per il 47,7% (oltre 776mila) composti dai cosiddetti negozi la cui platea di potenziali clienti è piuttosto bassa (e di molto inferiore a quella media europea), visto che mediamente 78 abitanti fanno riferimento a una singola attività commerciale di piccola dimensione. La capillare diffusione di negozi si è mantenuta nel tempo, accompagnandosi a un fenomeno di tendenziale contrazione della quota degli esercizi che operano nel settore alimentare, a favore del non alimentare. Gli ambulanti, con i loro esercizi, coprono il 10,5% della complessiva rete commerciale. E non si tratta soltanto degli itineranti, ma soprattutto degli esercizi a posteggio fisso che, generalmente presenti nei mercatini rionali delle città, offrono vantaggi di posizione, di freschezza dei prodotti, di economie di spesa, da preservarli dalla più larga diffusione della Grande distribuzione organizzata. Lo dimostra, fra l altro, il fatto che rispetto al 2000 essi hanno registrato un incremento pari al 20%. Infine, il commercio all ingrosso ha raggiunto le attuali unità, dopo aver registrato nell arco dell ultimo decennio un incremento relativamente alto (attorno al 18%). Infine, gli intermediari del commercio si sono stabilizzati attorno alle 250 mila unità.

29 La Grande distribuzione organizzata ha il suo zoccolo duro nei supermercati che, all inizio del 2010, erano 9.481, 348 in più rispetto all anno precedente, e in costante crescita dall inizio degli anni Duemila (nel decennio lo stock si è accresciuto più del 52,8%, con variazioni sostenute sia in termini di superficie di vendita +57,6% che di occupati +52,3%). Nel 2010 la superficie media di vendita di un supermercato è risultata pari a 886 metri quadrati, contro gli 859 del 2000, laddove invece il numero medio di addetti è rimasto sostanzialmente uguale a 18. Se si considera quindi che la superficie di vendita di un supermercato non può essere inferiore ai 400 mq e che quelli ricadenti nella classe mq ammontano a (sul totale di unità rilevate), se ne deduce che i rimanenti dispongono di superfici notevolmente elevate e che anche il loro assortimento merceologico debba essere piuttosto ampio e variegato. Gli esercizi della grande distribuzione rappresentano nel 2010 oltre il 2% dell intera rete distributiva e in termini di superfici di vendita sfiorano il 26%. Oltre ai supermercati, che assorbono il 51,4% del complesso dei esercizi considerati, notevole è il peso dei minimercati (29,5%), la cui diffusione, favorita da una dimensione unitaria inferiore ai 400 mq, è avvenuta anche nelle aree urbane ad alta intensità abitativa. Sempre in termini numerici si evidenziano poi, con l 8,4% del totale, le grandi superfici specializzate e, a seguire, i grandi magazzini (7,7%) e gli ipermercati (3,0%). I 570 ipermercati, con un valore medio di metri quadri, fanno registrare un incidenza del 17,4% sul totale. Significativo è anche il caso dei grandi magazzini la formula più antica tra quelle considerate che, dopo un periodo di modeste variazioni che sembravano decretarne un ridimensionamento, hanno ripreso ad espandersi in modo da chiudere il decennio con un incremento rispetto al 2000 di 430 unità. Consistenza degli esercizi commerciali rilevati in Italia alla fine degli anni Tipologie commerciali Commercio al dettaglio in sede fissa Commercio ambulante (a posteggio fisso e itinerante) Commercio al di fuori di negozi, banchi e mercati* Commercio all'ingrosso Commercio e riparazione auto Intermediari del commercio Totale * Sono comprese le vendite per corrispondenza, a domicilio e a mezzo distributori automatici, nonché gli esercizi non specificati. Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico Osservatorio Nazionale del Commercio e Infocamere Il valore economico Consistenza dei principali esercizi della grande distribuzione per la vendita al dettaglio (Anno 2010) Tipologie di esercizi Numero esercizi Superficie di Addetti Grandi magazzini dit ( ) Supermercati Ipermercati Minimercati Grandi superfici specializzate Totale Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico Osservatorio Nazionale del Commercio e Infocamere Nel 2010, il valore dei beni commercializzati dal sistema della distribuzione è stato pari a milioni di euro, che rappresenta poco meno della metà (il 48,9%) della spesa totale delle famiglie. Un valore che segna un inversione di tendenza rispetto al 2009 (quando si era registrata una flessione del 3,7%), ma che dal +2,3% evidenziato dalla serie a prezzi correnti si riduce ad un più modesto 1,1% in quella a prezzi costanti, ovvero al netto dell inflazione.

30 Variazioni percentuali delle spese di consumo delle famiglie* negli anni Sui valori a prezzi correnti Sui valori a prezzi costanti Tipologie di consumi 2008/ / / / / /09 Beni (commercializzati) durevoli 7,2 2,1 0,9 7,5 2,8 2,9 semidurevoli 0,3 4,8 5,0 1,2 5,8 4,1 non durevoli 3,8 3,4 2,3 1,4 3,2 1,0 Totale beni 0,9 3,5 2,3 2,5 3,7 1,1 Servizi (non commercializzati) 3,5 0,5 2,6 0,6 0,4 0,9 Totale beni e servizi 2,2 2,0 2,4 1,0 2,0 1,0 * Comprese le spese degli stranieri in visita in Italia, al netto delle corrispondenti spese degli italiani all estero. Fonte: elaborazioni Indis Unioncamere e Istituto Tagliacarne su dati Istat In sostanza, se si considerano i valori a prezzi costanti, soltanto nel 2008 i consumi di beni si sono riportati sullo stesso livello dell anno base 2000, mentre nel 2010, il valore è tornato a scendere al di sotto del livello di inizio decennio di una frazione non trascurabile ( 2,5%). Dalla stima, emerge che su una spesa complessiva, nel 2010, di milioni di euro, quella effettuata presso gli esercizi della grande distribuzione ( milioni in cifra assoluta) ha raggiunto il 42,2%, a fronte del 57,8% che dell insieme dei negozi tradizionali. Questa suddivisione di quote di mercato è variata di poco nell arco del quadriennio, che peraltro evidenzia un progressivo vantaggio della Gdo. Dall esame dei dati relativi ai due raggruppamenti dell alimentare e del non alimentare, tuttavia, traspare chiaramente il maggior peso assunto dalla grande distribuzione nel primo dei due comparti. In questo caso, infatti, il valore degli acquisti assorbito nel 2010 dalla GDO, pari a milioni di euro, rappresenta il 64,2% del totale, mentre quello riferito alle vendite non alimentari ( milioni in cifra assoluta) si riducono al 24,0% del totale. Una situazione inversa contraddistingue ovviamente le vendite degli esercizi della piccola distribuzione, nell ambito dei quali, ad un incidenza del 35,8% per il gruppo degli alimentari se ne affianca una notevolmente superiore per i non alimentari (76,0%), che si configurano quindi come il terreno che la grande distribuzione non è riuscita ancora ad espugnare. Variazioni percentuali delle spese per comparto di commercializzazione negli anni ,5 1,6 1,5 0,5 0,7 0,5 0,1-0,5-1,5-2,5-3,5-0,4-0,3-1,3-1,8-2,5 2008/ / /09 Grande distribuzione Piccola distribuzione Totale Fonte: Istituto Tagliacarne In tutti gli anni considerati, le peggiori performance sono imputabili esclusivamente al comparto delle piccole imprese. Tuttavia nell ultimo biennio, nonostante una sostanziale tenuta dei listini e la diffusione delle offerte a prezzi concorrenziali, anche le grandi superfici le vendite hanno segnato il passo. Anzi, se lo 0,9% d incremento medio annuo (con riferimento al triennio ) calcolato sui prezzi correnti fosse tradotto in termini reali, depurandolo cioè della variazione

31 media dei prezzi, anche per la GDO emergerebbe quella riduzione del volume delle vendite che era verosimile attendersi. Del resto, è anche vero che i risultati medi nascondono le modifiche apportate al paniere della spesa e non colgono gli spostamenti della clientela da un settore all altro della rete distributiva alla ricerca di soluzioni più convenienti. Si spiega così la migliore performance registrata dagli hard discount: una formula che in virtù dei modelli organizzativi adottati e della tendenza a concentrare le vendite su un numero ristretto di referenze, ha consentito di arginare i danni provocati dalla crisi e di praticare prezzi inferiori di almeno il 20% rispetto a quelli delle altre tipologie commerciali. Andamento delle vendite per comparto e gruppo merceologico negli anni Comparti Valori assoluti in milioni di euro a prezzi correnti Grande distribuzione alimentare non alimentare Totale Piccola distribuzione alimentare non alimentare Totale Intera rete distributiva alimentare non alimentare Totale Composizioni percentuali Grande distribuzione alimentare 27,5 28,3 29,0 29,1 non alimentare 12,9 12,9 13,0 13,1 Totale 40,4 41,2 42,0 42,2 Piccola distribuzione alimentare 17,0 16,8 16,4 16,2 non alimentare 42,6 42,0 41,6 41,6 Totale 59,6 58,8 58,0 57,8 Intera rete distributiva alimentare 44,5 45,1 45,4 45,3 non alimentare 55,5 54,9 54,6 54,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Istituto Tagliacarne L evoluzione imprenditoriale nel commercio In 10 anni, le imprese commerciali sono aumentate di quasi 60 mila unità, con un incremento percentuale di 4 punti. Percorrendo l evoluzione imprenditoriale, a un periodo di costante crescita che va dal 2001 al 2006, è seguito un triennio che ha annullato parte dei risultati positivi della fase precedente. Nel 2010, tuttavia, si è registrata una ripresa con la nascita di 2mila imprese in più rispetto al 2009.

32 Anni Consistenza e variazioni delle imprese commerciali registrate al 31 dicembre degli anni Variazioni annue Imprese registrate In termini assoluti In termini % , , , , , , , , , ,14 Fonte: Unioncamere Infocamere 3 milioni e mezzo di occupati e 11% di valore aggiunto Sono complessivamente quasi 3,5 milioni gli occupati nel settore commerciale. Considerando le unità di lavoro standard (le cosiddette U.la), i dati mostrano che, dopo la flessione di 90 mila unità verificatasi (sempre rispetto all anno precedente) nel 2009, il calo si è successivamente assestato nel 2010 sulle 16 mila unità, con una perdita del 3,0% rispetto al 2008 e di appena lo 0,5% rispetto al Gli occupati del settore, che fornisce un apporto al valore aggiunto nazionale pari all 11,1%, rappresentano il 14,3% del totale dell occupazione italiana. Principali aggregati del conto economico del commercio e incidenze percentuali sull'intera economia negli anni Comparti Attività commerciale Occupati in totale (mgl di U.la) di cui dipendenti (mgl di U.la) Valore aggiunto totale (mln di euro) di cui per occupato (euro) Costo del lavoro (mln di euro) di cui per dipendente (euro) Incidenza % sull'intera economia Occupati in totale 14,3 14,2 14,3 14,3 di cui dipendenti 10,2 10,4 10,5 10,6 Valore aggiunto totale 11,2 11,1 11,0 11,1 di cui per occupato 78,6 77,8 76,9 77,3 Costo del lavoro 9,2 9,3 9,5 9,8 di cui per dipendente 90,1 89,8 90,7 91,8 Fonte: elaborazioni Indis Unioncamere e Istituto Tagliacarne su dati Istat La dinamica registrata dagli addetti all attività commerciale non è apparsa diversa da quella del complesso dell economia nazionale tanto che sia nel 2009 che nel 2010, la sua incidenza sul totale è rimasta infatti sostanzialmente uguale al 14,3%. Stessa dinamica ha seguito anche l occupazione alle dipendenze, che ammonta a 1 milione 830 mila U.la nel 2010 (pari al 10,6% dell intera economia), dopo aver perduto 27 mila unità di lavoro nel 2009 e soltanto un migliaio nell anno successivo.

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