Diagnosi e trattamento della spondilite anchilosante

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1 Diagnosi e trattamento della spondilite anchilosante Ennio Lubrano UO Riabilitazione Reumatologica, Fondazione Maugeri, IRCCS, Istituto Scientifico Telese Terme (BN) IL CASO CLINICO Un giovane di 32 anni, di sesso maschile, giunse alla nostra osservazione per storia di algie vertebrali, soprattutto cervicali e lombosacrali, con rigidità mattutina, limitazione funzionale e difficoltà alla deambulazione. Tale sintomatologia risaliva a circa 2 anni prima quando era esordita con dolore lombare notturno e con rigidità mattutina significativa. Inizialmente il giovane paziente era stato inquadrato come affetto da una forma di lombalgia di tipo meccanico, da ascrivere ad abitudini di vita e lavorative (attività fisica manuale di tipo intenso) e trattata con analgesici, miorilassanti e farmaci antinfiammatori non steroidei. Dopo un periodo di relativo benessere sintomatologico, il paziente aveva manifestato nuovamente tale sintomatologia dolorosa con maggiore intensità e con rigidità mattutina di oltre 60 minuti. In particolare, la sintomatologia dolorosa si intensificava con il riposo durante le ore notturne e si accompagnava a rigidità della colonna vertebrale, soprattutto nelle prime ore del mattino, che migliorava con l esercizio fisico. Minima era l irradiazione agli arti inferiori da possibile sofferenza del nervo sciatico. In base alle manifestazioni cliniche esposte, quali ipotesi diagnostiche si possono formulare? La sintomatologia dolorosa articolare era, quindi, localizzata alla colonna vertebrale, mentre erano risparmiate le articolazioni periferiche appendicolari. All anamnesi, poi, si evidenziava storia di episodi di uveite anteriore acuta ricorrenti, trattati con terapia topica steroidea. Tale quadro clinico poteva far ipotizzare una forma di reumatismo infiammatorio con particolare localizzazione alla colonna vertebrale tipo la spondilite anchilosante (SA). Si poteva anche ipotizzare una forma di reumatismo della colonna vertebrale di tipo meccanico con sofferenza delle radici nervose.tale seconda ipotesi non era, però, suffragata da alcuni aspetti anamnestici e clinici. Infatti le forme infiammatorie come la SA sono tipiche dei giovani adulti, con insorgenza appunto in età non avanzata, con la tipica presentazione di dolore lombare notturno associato alla rigidità della colonna vertebrale soprattutto nelle prime ore del mattino e con relativo miglioramento dopo l esercizio fisico. Il dolore vertebrale di tipo meccanico con possibile sofferenza radicolare si caratterizza, al contrario, per una maggiore intensità durante le ore diurne, peggiorando con il movimento e migliorando con il riposo. Inoltre la rigidità mattutina non è mai così intensa come nelle forme infiammatorie e l irradiazione del dolore ai nervi periferici (soprattutto lo sciatico) è un evento abbastanza frequente. Infine il paziente presentava all anamnesi un uveite, e tale infiammazione oculare si associa frequentemente alle forme spondilitiche. Pertanto, sulla base dei dati anamnestici, si effettuò valutazione clinica di impegno articolare, misurazioni antropometriche e valutazione di disabilità, mediante scale di valutazione standardizzate e validate per la definizione diagnostica e prognostica della SA. Inoltre, furono richiesti esami ematochimici ad ampio spettro, quali il dosaggio degli indici di flogosi (velocità di eritrosedimentazione, VES, proteina C reattiva, PCR), il dosaggio del fattore reumatoide (FR), della Waaler Rose, l esame emocromocitometrico, il quadro proteico elettroforetico, la sideremia e la ferritina, le transaminasi, la creatininemia, la glicemia, il dosaggio della fosfatasi alcalina e la gamma GT, e l esame delle urine. Una valutazione radiologica completa venne quindi richiesta: radiografia delle articolazioni sacroiliache, del bacino, del rachide lombare e sacrale, nelle proiezioni antero-posteriori e laterolaterali, e del rachide cervicale, nelle proiezioni anteroposteriori e latero-laterali. Infine, si richiedeva la tipizzazione HLA per la ricerca dell antigene B27. Per quel che riguarda la valutazione antropometrica, si effettuarono le seguenti misurazioni. Rachide cervicale: rotazione cervicale (destra e sinistra), misurata con il paziente supino, mediante goniometro a 360 ; si chiedeva al paziente di ruotare il capo verso destra e verso sinistra e quindi si misurava la rotazione.valori al di sotto dei 68 vengono considerati come non fisiologici e quindi espressione di limitazione del rachide; flessione cervicale, estensione e inclinazione laterale, misurata con il paziente in posizione eretta, mediante goniometro a spirito 360 ; si chiedeva al paziente di flettere il capo, portando il mento in direzione dello sterno, e di estendere il capo, portandolo all indietro. CASO CLINICO Anno VIII n. 5 ottobre Decidere in Medicina 17

2 CASO CLINICO Allo stesso modo, si chiedeva al paziente di inclinare il capo verso entrambi i lati e veniva misurata tale inclinazione in gradi. Pur non esistendo valori soglia, con tale misurazione si possono identificare sia limitazioni del rachide cervicale per interessamento delle prime vertebre cervicali (flessione ed estensione) sia delle ultime vertebre cervicali (inclinazione); distanza trago-muro, misurata come valore medio tra i due lati. Al paziente, in posizione eretta con i talloni vicini al muro e le ginocchia estese, si chiedeva di cercare di avvicinare il più possibile la testa al muro. Il valore ottenuto dalla media delle due misurazioni consente di identificare una limitazione del rachide cervicale. Esiste un altra misura simile, la distanza occipitemuro che in sostanza non si discosta molto dalla trago-muro: al paziente viene misurata la distanza tra l occipite e la parete del muro, espressa come unico valore in centimetri. La misurazione della distanza occipite-muro, secondo alcuni studiosi, viene considerata di non semplice esecuzione, vista la difficoltà di mantenere in posizione corretta il metro da sarto tra i due punti di repere (l occipite e la parete del muro), soprattutto quando la distanza è di pochi centimetri. Espansione toracica: misurazione a livello della xifosternale, valutata come differenza tra massima inspirazione e massima espirazione.al paziente, in stazione eretta, viene chiesto di effettuare una profonda inspirazione, cui segue una profonda espirazione. Tale differenza viene, quindi, misurata a livello della xifosternale ed espressa in centimetri.tale differenza, in condizione di normalità, supera i 4 cm e, in condizioni patologiche, può ridursi fino al valore soglia di 2,5 cm. Rachide lombare: test di Schober modificato, misurato in centimetri. Il test modificato prevede il posizionamento di un metro da sarto a livello del passaggio di L5-S1 (a livello delle fossette di Venere) da dove vengono tratte 2 linee, una 10 cm al di sopra e l altra 5 cm al di sotto di tale punto di repere; questo segmento di 15 cm dovrebbe incrementare di diversi centimetri (fino a 21 cm totali) quando il paziente si piega in avanti, a ginocchia estese, in condizioni normali. In condizioni patologiche tale distrazione può ridursi fino al valore soglia di pochi centimetri; distanza dita-pavimento, misurata in centimetri. Si invitava il paziente a flettere la colonna vertebrale, cercando di toccare con la punta del dito medio il pavimento, senza piegare le ginocchia o allargare la base di appoggio. In condizioni normali si può raggiungere il pavimento con il dito medio di entrambe le mani anche, mentre in condizioni patologiche tale distanza può raggiungere anche diversi centimetri; distanza intermalleolare, misurata in centimetri. Si invitava il paziente ad allargare, in posizione supina, gli arti inferiori e, quindi, si misurava, la distanza tra i due malleoli mediali. Il valore soglia è 70 cm; valori inferiori stanno a identificare un interessamento severo delle articolazioni coxo-femorali. Inoltre, indispensabile è la valutazione multidimensionale di outcome della malattia. Pertanto, si effettuarono valutazioni di funzione articolare e di disabilità mediante la Tab. 1. Scale di valutazione utilizzate per la valutazione multidimensionale e relativo punteggio. BASFI (funzione-disabilità) Punteggio BASDAI (attività di malattia) BASMI (indice articolare e 0-10 antropometrico) RLDQ (funzione-disabilità) 0-3 HAQ (funzione-disabilità) 0-3 Valutazione del dolore (notturno e globale) (indice algometrico) somministrazione di scale di valutazione validate e riconosciute universalmente. In particolare, si effettuò la valutazione funzionale mediante la scala BASFI (Bath Ankylosing Spondylitis Functional Index) e la scala RLDQ (Revised Leeds DisabilityQuestionnaire) nella sua versione validata in lingua italiana. Tali questionari, autosomministrati al paziente, sono in grado di misurare il livello funzionale e la relativa disabilità in alcune delle comuni attività della vita quotidiana. Entrambi i questionari, molto semplici da utilizzare, sono spesso impiegati sia nella pratica clinica quotidiana sia nei trials clinici controllati. Inoltre si utilizzò la scala BASMI (Bath Ankylosing Spondylitis Metrology Index) che valuta, come indice composito, alcune misure antropometriche.venne anche considerata l attività di malattia mediante la scala di valutazione BASDAI (Bath Ankylosing Spondylitis Disease Activity Index), aspetto questo fondamentale anche ai fini dell inizio di terapie mirate. Tutte queste scale di valutazione sono, appunto, del tipo autosomministrato al paziente e sono ritenute criteri indispensabili per il follow-up di malattia. Solo il BASMI si discosta dalle altre scale di valutazione in quanto è, un indice composito sulla base di alcune misure antropometriche, quali alcune di quelle suesposte.tale indice è sicuramente da considerarsi molto utile nel follow-up di malattia, in quanto è un indice numerico riproducibile e molto attendibile, riflettendo la limitazione funzionale del rachide nei tre piani dello spazio. Nella Tabella 1 sono riassunte tutte le scale considerate e i relativi punteggi. I risultati ottenuti mostravano, da un punto di vista funzionale, la limitazione del rachide cervicale, del rachide lombare e dell espansione toracica. In particolare, al rachide cervicale si osservava un importante riduzione della rotazione (valore medio 40 ) a la distanza trago-muro risultava di 24 cm. L espansione toracica risultava di 3 cm, mentre lo Schober test era di soli 2 cm con la distanza ditapavimento di 32 cm. La distanza intermalleolare risultava ridotta rispetto ai limiti della normalità (95 cm). Gli esami ematochimici mostravano incremento degli indici di flogosi (VES 38 mm I h, PCR 13 mg/dl), mentre gli altri esami mostravano valori sostanzialmente nel range di normalità. La tipizzazione HLA risultava positiva per l antigene B Decidere in Medicina - Anno VIII n. 5 ottobre 2008

3 Tab. 2. Risultati ottenuti dalla valutazione multidimensionale relativa al paziente osservato. Antropometria Rachide cervicale: Flessione ( ) 40 Estensione ( ) 30 Rotazione (valore medio tra dx e sx) ( ) 40 Distanza trago muro (cm) 24 Distanza occipite muro (cm) 12 Espansione toracica (cm) 3 Rachide lombare: Flessione laterale (cm) 10 Schober test modificato (cm) 2 Distanza dita-pavimento (cm) 32 Distanza intermalleolare (cm) 95 Scale di valutazione BASFI (0-100) 68 BASDAI (0-100) 66 BASMI 5 RLDQ (0-3) 1 HAQ (0-3) 0,37 Valutazione del dolore (notturno e globale) 45 (0-100) VES (mm I ora) 38 PCR (mg/dl) 13 HLA B27 Pos Gli indici funzionali mostravano, inoltre, la limitazione funzionale del rachide (BASMI 5, BASFI 68, BASDAI 66, RLDQ 1). Nella Tabella 2 sono riportati i risultati completi della valutazione multidimensionale. Sulla base del quadro clinico esposto e sulla base degli esami di laboratorio è possibile orientarsi verso una forma di spondilite anchilosante? L insieme dei dati clinici, antropometrici e di funzione-disabilità supportavano l ipotesi di una forma di SA; inoltre, la positività del B27 suffragava ulteriormente tale ipotesi. Le radiografie, infine, mostravano un quadro di sacroileite all articolazione sinistra di grado 3 e all articolazione sacroiliaca di destra di grado 2 (Figura 1), associata a sindesmofiti marginali al rachide lombare. La radiologia, in particolare la sacroileite radiologica, è indispensabile ai fini della diagnosi di spondilite anchilosante? Fig. 1 Radiografia delle articolazioni sacroiliache: a sinistra si nota una sacroileite radiologica di grado 3, mentre a destra è di grado 2. Sicuramente la radiologia tradizionale è indispensabile nell iter diagnostico della SA e, in particolare, la sacroileite radiologica (di grado II bilaterale o almeno di grado III unilaterale) è considerato il criterio diagnostico obbligatorio della SA. Sulla base dei criteri diagnostici di New York per la diagnosi di SA venne posta, quindi, tale diagnosi. Pertanto, fu iniziata terapia con farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) cui poi seguì terapia con farmaci ad azione anti-tnfα. In particolare, seguendo le raccomandazioni italiane sull inizio della terapia con farmaci ad azione anti-tnfα per la SA e vista la scarsa risposta ai FANS (considerati, secondo tali raccomandazioni, come farmaci tradizionali), si iniziò la terapia con etanercept per via sottocutanea, settimanalmente. A distanza di 3 mesi si riscontrò un miglioramento della sintomatologia dolorosa articolare e una buona ripresa funzionale. Inoltre durante tale periodo il paziente effettuò un ciclo riabilitativo intensivo, mediante programma riabilitativo appropriato per la SA. L EVIDENZA La spondilite anchilosante (SA) è una malattia infiammatoria cronica a carattere sistemico caratterizzata da un prevalente interessamento della colonna vertebrale, a potenziale evoluzione in anchilosi, di cui ancora oggi non si conoscono le cause e la cui patogenesi è solo parzialmente nota. Studi paleontologici hanno dimostrato come la malattia fosse presente fin dai tempi delle mummie egiziane e come, dopo alcune iniziali descrizioni nel XVI e XVII secolo, essa abbia raggiunto una sua dignità nosografica alla fine del XIX secolo quando, quasi contemporaneamente, tre diversi studiosi, in Russia Wladimir von Bechterew (1893), in Germania Adolph Strumpell (1897) e in Francia Pierre Marie (1898) la descrivevano in maniera sistematica. La SA appartiene al gruppo delle spondiloartriti sieronegative e si caratterizza clinicamente per il prevalente inte- CASO CLINICO Anno VIII n. 5 ottobre Decidere in Medicina 19

4 CASO CLINICO ressamento dello scheletro assiale, per la sieronegatività al fattore reumatoide e la tendenza all aggregazione familiare. Inoltre, la malattia si associa a positività per l antigene di istocompatibilità HLA B27 in circa il 90% dei casi. Fino agli anni Sessanta tale raggruppamento nosologico veniva considerato come una variante dell artrite reumatoide. Negli ultimi 40 anni la ricerca in reumatologia ha dimostrato, però, che le spondiloartriti sieronegative presentano una serie di caratteriste cliniche, radiologiche e immunogenetiche tali da differenziarla dall artrite reumatoide, e ciò ha migliorato anche l approccio clinico e la gestione di tali malattie. Epidemiologia La sua prevalenza nella popolazione generale si aggira intorno allo 0,9%, con valori che oscillano dallo 0,15% al 2,5%, rilevato nella popolazione Eskimo in Alaska 1.Tali dati, confermando che tale malattia, una volta considerata rara, è invece abbastanza frequente, dovrebbero indurre a effettuare ricerche più ampie e maggiori investimenti per un precoce inquadramento diagnostico e un corretto approccio terapeutico. La malattia colpisce soggetti in età giovanile (15-40 anni) con un rapporto maschi/femmine, soprattutto nelle forme più classiche, 9:1 che, negli ultimi anni, si è modificato divenendo, secondo alcuni studi, di 3:1 1,probabilmente per una maggiore attenzione per la SA nella popolazione generale. Manifestazioni cliniche Dal punto di vista clinico, la malattia è caratterizzata dalla presenza di dolore infiammatorio, soprattutto notturno, a localizzazione lombare e glutea, associato a rigidità mattutina; talvolta può essere presente una vera lombosciatalgia, ma la localizzazione tipica parte dalla colonna lombare con irradiazione alla coscia posteriormente (cosiddetta sciatica mozza). Altro elemento caratteristico è il miglioramento della sintomatologia dolorosa articolare e della rigidità mattutina con l esercizio fisico che permette di differenziare il dolore lombare infiammatorio da quello meccanico (in corso di artrosi, ad esempio), invece caratterizzato da peggioramento durante la giornata, con lo sforzo fisico, e che si riduce durante le ore notturne. Possono, inoltre, essere presenti forme di artralgie e/o artriti asimmetriche, di solito lievi e transitorie, alle articolazioni periferiche e ai cingoli (scapolare e pelvico), entesiti, ovvero infiammazioni dell inserzione tendinea e/o dei legamenti (classica quella del tendine di Achille a livello calcaneare o sulla fascia plantare). Inoltre la malattia si può presentare e/o anche complicare con manifestazioni extra-articolari quali un interessamento cutaneo (esempio la psoriasi), cardiovascolare (insufficienza aortica), oculare (uveiti anteriori acute), renale (amiloidosi), pleuroparenchimale (fibrosi), gastrointestinale (malattie croniche infiammatorie intestinali) e sintomi generali (fatica, anoressia, febbricola). Pertanto, la malattia, presenta aspetti clinici di interesse multidisciplinare e, talvolta, l esordio è di difficile inquadramento diagnostico. Infatti non pochi sono i casi di SA che all origine presentano un quadro sfumato di lombalgia e/o lombosciatalgia tale da essere confuso con forme di protrusione e/o ernia discale, tanto da indurre a trattare i pazienti, in alcuni casi, addirittura chirurgicamente o, alternativamente, con terapie manipolative e tecniche posturali. Queste ultime, concettualmente corrette nelle gestione della malattia ma fuorvianti ai fini diagnostici, possono determinare latenze temporali ai fini del riconoscimento della malattia e, quindi, favorire l insorgenza di un danno anatomico irreversibile (l anchilosi).a tal riguardo studi condotti in Germania hanno documentato come la latenza temporale tra l età d esordio (circa 28 anni) e l età della diagnosi (circa 33 anni) 2 sia uno degli elementi più negativi ai fini della corretta gestione terapeutica. In Italia non esistono altrettanti dati, ma è presumibile che tale latenza sia superiore, con casi che raggiungono anche i 10 anni tra l esordio dei sintomi e la diagnosi. In altri casi l esordio può avvenire con manifestazioni oculari, quali l uveite, che possono essere talvolta gestite dell oftalmologo, e il successivo invio al reumatologo per un inquadramento precoce avviene, purtroppo, dopo lunghi periodi di latenza. Molto utile, pertanto, una gestione integrata tra lo specialista reumatologo e il medico di medicina generale (MMG), in quanto il riconoscimento precoce di tale malattia è di assoluta importanza ai fini di un corretto e tempestivo trattamento. Diagnosi La diagnosi della malattia può essere estremamente semplice quando si osservano pazienti con forme avanzate di malattia e con quadro radiologico caratteristico (fusione delle articolazioni sacroiliache e la famosa canna di bambù, ovvero la fusione della colonna lombare e talvolta cervicale). In questo caso, però, la malattia è da considerarsi avanzata con gravi limitazioni funzionali e, quindi, suscettibile di scarsi risultati terapeutici. Diverso è quando si deve porre la diagnosi di forme all esordio sintomatologico, dove la malattia tende a manifestarsi con aspetti clinici abbastanza generici (dolore lombare infiammatorio, dolore gluteo, quadri di sciatica mozza, artralgie o entesiti) o extrarticolari come, ad esempio, uveiti ricorrenti. In tali casi la diagnosi è molto più complicata. Utile ai fini diagnostici è il monitoraggio degli esami bioumorali quali la VES, la PCR, l emocromo completo, l elettroforesi della proteine sieriche e il dosaggio della fosfatasi alcalina. Infatti si possono osservare alterazioni della VES e PCR, un anemia di tipo normocromico e normocitico, incrementi della fosfatasi alcalina e delle alfa2 globuline, soprattutto nelle fasi di attività di malattia. Inoltre le prove di funzionalità respiratoria possono fornire un utile strumento di monitoraggio dell eventuale progressione di malattia, mediante valutazione sia della capacità vitale (che talvolta si riduce) sia del volume funzionale residuo (che talvolta aumenta). Dal punto di vista metodologico, per poter diagnosticare la SA, è necessario pertanto utilizzare criteri di riconoscimento della malattia, cosiddetti criteri classificativi. Essi sono il risultato di studi che hanno misurato la sensibilità e la specificità di ciascun criterio e che consentono di ottenere casistiche omogenee; in altre parole, l utilizzo di tali criteri classificativi consente di inquadrare forme di SA in maniera omogenea e sistematica in ogni parte del mondo. 20 Decidere in Medicina - Anno VIII n. 5 ottobre 2008

5 Tali criteri sono stati codificati nel e sono universalmente utilizzati dai centri reumatologici per il riconoscimento della malattia (Tabella 3). Essi sono caratterizzati da un criterio radiologico che deve essere sempre presente (la sacroileite) e da alcuni criteri clinici (dolore lombare infiammatorio che recede con il movimento) e funzionali (riduzione dei movimenti del rachide cervicale, dorsale e lombosacrale nei tre piani dello spazio, oltreché riduzione dell espansione toracica). Solo la presenza contemporanea di un criterio radiologico e di almeno un criterio clinico consente di classificare la malattia come SA. L utilizzo di criteri classificativi, anche se da utilizzare più per fini scientifici che al letto del malato, è necessario per un corretto inquadramento della SA. Al tempo stesso, tali criteri non sempre sono utili nelle fasi iniziali e precoci della malattia quando il danno radiologico non è così evidente. La diagnosi della malattia è quindi un processo con aspetti talvolta complessi, in quanto non sempre è possibile ottenere un dato radiologico chiaro (una sacroileite radiologica è un aspetto difficilmente osservabile a un occhio non esperto o in fasi precoci di malattia), e al tempo stesso i grossi deficit funzionali alla colonna vertebrale non sono sempre osservabili nelle fasi iniziali. A tal riguardo nel 2003 si è costituito un gruppo internazionale di studiosi e ricercatori denominato ASAS (Assessment in Ankylosing Spondylitis) al fine di migliorare tutte le procedure di diagnosi, di classificazione, del monitoraggio di outcome e, ovviamente, del trattamento. Allo stesso modo il gruppo ASAS si è posto come obiettivo quello di codificare nuovi criteri classificativi utilizzando anche nuove metodiche diagnostiche quale la risonanza magnetica nucleare (RMN). Infatti, anche se la RMN non è ancora ufficialmente considerata un mezzo diagnostico, sicuramente rientra nella metodologia strumentale di seconda scelta per il riconoscimento dell interessamento sacroiliaco e vertebrale precoce. La presenza del cosiddetto edema osseo, ovvero di quadro di infiammazione della spongiosa ossea 4, sia a livello sacroiliaco sia vertebrale, consente di ottenere informazioni sulla presenza di lesioni e sullo stato di attività di malattia, anche quando questi non sono evidenti alla radiologia tradizionale. Infine, il gruppo ASAS ha codificato criteri di risposta al trattamento che attualmente vengono utilizzati per valutare l efficacia terapeutica nei trials clinici farmacologici controllati contro placebo 5.Di recente abbiamo pubblicato un studio sull efficacia di un trattamento riabilitativo utilizzando come criterio il raggiungimento del valore minimo dei criteri di risposta ASAS (20%), precedentemente accennati, e tale studio rappresenta il primo trials in riabilitazione che ha utilizzato tali criteri. Valutazione di outcome Tab. 3. Criteri classificativi della spondilite anchilosante (New York) (da van der Linden S, Valkennburg HA, Cats A 3, modificata). Dolore lombare infiammatorio e rigidità > 3 mesi che migliora con il movimento e non con il riposo Limitazione della motilità del rachide nel piano sagittale e frontale Ridotta espansione toracica rispetto ai valori normali, in rapporto a età e sesso Sacroileite bilaterale grado II-IV Sacroileite unilaterale grado III Spondilite anchilosante in caso di sacroileite monolaterale di grado III-IV o bilaterale grado II-IV e almeno uno qualsiasi tra i criteri clinici La SA richiede un attenta valutazione di outcome per monitorare sia il decorso naturale della malattia sia l efficacia dei trattamenti medico-riabilitativi. In letteratura esistono diversi metodi di misurazione di outcome, validati e ampiamente utilizzati soprattutto nei trials clinici controllati. Tali misure, più di recente, sono state raggruppate in un core set da parte del gruppo internazionale ASAS 6. Con tale nuovo sistema si è ottenuto un modello di misura multidimensionale dell outcome e dell efficacia di trattamenti medici e riabilitativi nella SA. Prima di tale sistema integrato esistevano diverse modalità di misura di outcome nel corso di SA che valutavano aspetti inerenti la funzione articolare, il livello di disabilità, l attività di malattia, i parametri di infiammazione e, inoltre, la qualità della vita. Genericamente, le misure di outcome più utilizzate sono di due tipi: le variazioni di alcune misurazioni antropometriche, soprattutto durante l effetto di un ciclo riabilitativo; gli indici di funzione/disabilità specifici per la SA. Misurazioni antropometriche Appartengono a tale gruppo un insieme di misure che, in gran parte, sono state riportate nella descrizione del caso clinico. Esse sono il risultato di diversi studi condotti soprattutto negli anni Settanta quando si è cercato di rendere più oggettiva l eventuale efficacia di alcuni trattamenti e, in particolar modo, dalla riabilitazione, che all epoca rappresentava insieme ai FANS la principale terapia della SA. Tali misure presentano, però, una grande variabilità legata all operatore e alla loro esecuzione e i risultati ottenuti talvolta non sono completamente affidabili. Inoltre potrebbero non avere una buona capacità discriminante in condizioni stabilizzate 7. Il tentativo di raggrupparli in un indice composito, quale il BASMI, è risultato sicuramente molto efficace e molto affidabile. Le variazioni delle misure antropometriche durante cicli di riabilitazione intensiva sono da considerarsi buoni indicatori di outcome, almeno nel breve periodo di tempo. Infatti consentono di misurare l efficacia di un trattamento riabilitativo standardizzato e al tempo stesso di monitorare la progressione di malattia 8-10.Alcune di esse sono state poi utilizzate nella stesura dei criteri ASAS 5 e in particolare la misura dell espansione toracica, il test modificato di Schober e la distanza occipite-muro. Indici di funzione/disabilità specifici per la SA In letteratura esistono diversi indici di funzione-disabilità specifici per la SA. In una recente review sono stati riportati quelli attualmente validati e in uso sia per la pratica clinica quotidiana sia per i clinical trials 11. CASO CLINICO Anno VIII n. 5 ottobre Decidere in Medicina 21

6 CASO CLINICO Sicuramente tra questi vanno menzionati gli indici funzionali di Bath, guidati da un celebre reumatologo con una particolare passione per la SA, Andrei Calin, quali il BASMI 12 e BASFI 13, il Dougados Index (DI) 14 e il Revised Leeds Disability Questionnaire (RLDQ) 15. BASMI Una modalità di eseguire misurazioni antropometriche è la scala BASMI, che raccoglie le seguenti 5 misure: la distanza trago-muro, la flessione lombare mediante il test di Schober modificata, la rotazione cervicale, la flessione laterale lombare e la distanza intermalleolare. Questa scala è molto utilizzate nei trials clinici controllati. BASFI Il BASFI è un questionario che prevede 10 scale analogiche che contemplano alcune attività della vita quotidiana. Il valore minimo (lo zero della scala) rappresenta l assenza di difficoltà a eseguire dette attività, mentre il valore massimo (100 della scala) rappresenta la totale impossibilità a farlo. Il questionario è da considerarsi molto semplice da eseguire da parte del paziente e viene oggi considerato quale una delle misure di outcome primarie negli studi controllati nei pazienti con SA. Infine il BASFI è stato introdotto nel core set dei criteri ASAS 6. Dougados Index (DI) L indice funzionale di Dougados per la SA rappresenta un altra modalità di valutazione del livello di abilità motoria, mediante domande (venti in totale) che riguardano molte delle attività della vita quotidiana. Le risposte prevedono tre possibilità, per ciascuna domanda: che il paziente riesca a eseguire dette attività senza difficoltà, con qualche difficoltà o impossibilità di farle. Anche questa scala di valutazione è ampiamente utilizzata nei clinical trials. Revised Leeds Disability Questionnaire (RLDQ) Nel 1994 veniva appunto validato il questionario LDQ dal gruppo di Leeds, in Gran Bretagna 15. Il questionario, del tipo auto somministrato al paziente, comprende 4 aree circa le abilità motorie: la motilità attiva, la capacità di piegarsi in avanti per eseguire alcune attività, la capacità di raggiungere degli oggetti posti in alto e quindi i movimenti del collo, e la postura. Il questionario prevede 4 tipi di risposte: la prima considera la possibilità di eseguire dette attività senza difficoltà, la seconda con qualche difficoltà, la terza, in maniera abbastanza originale e distaccandosi da altri questionari, prevede la possibilità di rispondere con l aiuto di movimenti particolari fino all ultima riposta che invece prevede l impossibilità a eseguire. Tale questionario è stato utilizzato per studi longitudinali sulla SA, in particolare durante trials riabilitativi. È un questionario molto semplice da compilare che misura in maniera efficace e unidimensionale le abilità motorie in corso di SA. Inoltre l RLDQ prevede la riposta possibile ma solo con movimenti strani, atipici e/o con uso di ausili che in qualche modo rispecchia realmente il livello di disabilità raggiunto da alcuni pazienti, fornendo loro il modo migliore per rispondere. Recentemente il nostro gruppo ha validato la versione tradotta in italiano del LDQ 16. Terapia La SA è una malattia infiammatoria cronica ad alto potenziale invalidante che richiede trattamento combinato medico e riabilitativo, in quanto può determinare quadri di disabilità importante con gravi ripercussioni anche sulla qualità della vita 1.Ad oggi non è ancora ben chiaro quale possa essere l approccio terapeutico più efficace. Per molti anni il trattamento farmacologico della SA è stato principalmente basato sull utilizzo dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Successivamente anche farmaci quali la sulfasalazina e il methotrexate sono stati utilizzati con risultati per lo più sulla componente periferica della malattia e non sul processo infiammatorio a livello della colonna vertebrale; tali farmaci appartengono alla cosiddetta famiglia dei DMARDs (Diseaese Modifying Anti-Rheumatic Drugs) che avrebbero la capacità di modificare il decorso naturale della malattia 17,18. Anche farmaci inibitori delle COX2 sono stati utilizzati in trials clinici, e sia il celecoxib sia l eterocoxib confrontati al placebo sono risultati efficaci nel trattamento della malattia. Recentemente l utilizzo di farmaci biologici ad azione anti-tnfα ha modificato positivamente lo scenario terapeutico della malattia. A tal riguardo, nel 2003 sono state redatte le raccomandazioni per l uso dei farmaci anti-tnfα da parte della Società Italiana di Reumatologia (Tabella 4). In particolare, sono indicati attualmente per il trattamento della SA l etanercept (una proteina ricombinante umana recettoriale del TNFα), l infliximab (un anticorpo monoclonale ibrido murino e umano) e l adalimumab (un anticorpo monoclonale umano anti-tnfα). Tutte e tre le molecole hanno dimostrato una buona efficacia sulla malattia, con miglioramento dei dati clinici, funzionali e sulla qualità della vita dei pazienti Tali molecole, agendo sul TNFα che amplifica il meccanismo infiammatorio, determinando quindi i presupposti per una forma cronica e per il conseguente danno alle entesi e alle altre strutture osteo-articolari, hanno inoltre dimostrato un buon profilo di sicurezza. Sono tutti e tre farmaci molto promettenti per la SA, anche se il loro costo (farmaci rimborsati dal Sistema Sanitario Nazionale come farmaci sottoposti a prescrizione di alcuni centri ospedalieri) ne limita ancora un loro maggiore e più ampio uso. Allo stesso modo, la riabilitazione è sempre stata considerata una parte fondamentale del trattamento della malattia, dimostrando una sua particolare efficacia quando effettuata come cicli ambulatoriali con la supervisione di terapisti della riabilitazione dedicati a tale patologia 22.Alcuni studi hanno, inoltre, dimostrato come anche la riabilitazione intensiva in regime di ricovero possa essere altrettanto efficace. Sicuramente la malattia mostra un progressivo deterioramento della funzionalità articolare e della motilità, indipendentemente dalla durata e dalla frequenza della riabilitazione quando effettuata con esercizi a domicilio e non supervisionata 8. Comunque, il trattamento non farmacologico (quale educazione al malato, fisioterapia ed esercizi), data la sua efficacia, è stato inserito tra le raccomandazioni del gruppo ASAS e con il patrocinio della EULAR (European League Against Rheumatism) per il trattamento di tale malattia Decidere in Medicina - Anno VIII n. 5 ottobre 2008

7 Tab. 4. Raccomandazioni per l inizio della terapia con anti-tnfα in pazienti con spondilite anchilosante (da Olivieri I, Salvarani C, Cantini F, Punzi L, Matucci Cerinic M 24, modificata). 1. In un paziente affetto da spondilite anchilosante con solo interessamento assiale la terapia con anti-tnfα dovrebbe essere iniziata se: la malattia non risponde ai FANS e se sono presenti almeno tre delle seguenti condizioni: giudizio globale del paziente 40 mm [su una scala analogica visiva (VAS) di 100 mm] dolore infiammatorio 40 mm [su una scala analogica visiva (VAS) di 100 mm] compromissione funzionale (BASFI) 40 mm [su una scala analogica visiva (VAS) di 100 mm] VES > 28 mm/i ora o PCR aumentata 2. In un paziente affetto da spondilite anchilosante con artrite periferica la terapia con anti-tnfα dovrebbe essere iniziata se: l artrite periferica non risponde ai FANS e se è tumefatta almeno una articolazione e se sono presenti almeno tre delle seguenti condizioni: giudizio globale del paziente 40 mm [su una scala analogica visiva (VAS) di 100 mm] almeno tre articolazioni dolenti compromissione funzionale (BASFI) 40 mm [su una scala analogica visiva (VAS) di 100 mm] VES > 28 mm/i ora o PCR aumentata 3. In un paziente affetto da spondilite anchilosante con entesite periferica la terapia con anti-tnfα dovrebbe essere iniziata in presenza di tutte e cinque le seguenti condizioni: l entesite periferica non risponde ai FANS giudizio globale del paziente 40 mm [su una scala analogica visiva (VAS) di 100 mm] dolore all entesi 2 (scala Likert) compromissione funzionale (BASFI) 40 mm [su una scala analogica visiva (VAS) di 100] refrattarietà alla terapia locale con steroidi ( 2 infiltrazioni) Recentemente abbiamo condotto uno studio sulla valutazione degli effetti di una trattamento combinato con riabilitazione intensiva e un farmaco anti-tnfα (etanercept). Tale studio ha dimostrato come il trattamento combinato sia risultato molto più efficace del semplice trattamento riabilitativo sia sugli indici clinici e funzionali sia sulla qualità della vita 9. Inoltre si è anche osservata una buona tollerabilità al farmaco e un ottima compliance allo stesso programma riabilitativo da parte dei pazienti. Pertanto, un corretto inquadramento terapeutico dovrebbe comprendere l utilizzo di terapie mediche appropriate e di cicli riabilitativi supervisionati da terapisti della riabilitazione dedicati a tale patologia. Ciò, dal punto di vista pratico, non è sicuramente possibile in ogni realtà e, quindi, è necessario di almeno un corretto interscambio di informazioni tra lo specialista reumatologo, il MMG e il terapista della riabilitazione. Inoltre la riabilitazione, di tipo intensivo e supervisionata dal terapista della riabilitazione dedicato a tale patologia, ha dimostrato di raggiungere il 20% di miglioramento dei criteri di risposta ASAS, dimostrando quindi di essere efficace e di non avere solo un effetto placebo 10. Infine, molto utile nella gestione integrata tra lo specialista reumatologo e il MMG è prevedere un programma articolato educativo e riabilitativo per il paziente con SA. Tale programma dovrebbe tenere in considerazione norme di tipo generale (eliminazione di alcuni fattori di rischio quali il fumo e l attività sedentaria), informazioni mediante volumetti e/o sedute di educazione al malato al fine di una migliore compliance al trattamento. Inoltre, dal punto di vista riabilitativo, utile è sicuramente l esecuzione di ginnastica respiratoria al fine del mantenimento di una buona funzionalità con incremento della respirazione diaframmatica, la pratica del nuoto o l esecuzione di ginnastica in acqua termale per il mantenimento di un buon tono e trofismo muscolare, cicli di esercizi di mobilizzazione del rachide e di rieducazione posturale. Al contrario, la terapia con agenti fisici andrà utilizzata solo nelle forme attive di malattia, mentre la fangobalneoterapia andrà limitata solo alle fasi di remissione. Bibliografia 1. Sieper J, Braun J, Rudwaleit M, Boonen A, Zink A. Ankylosing spondylitis: an overview. Ann Rheum Dis 2002; 61 (suppl. III): iii8- iii Brophy S, Calin A. Ankylosing Spondylitis: interaction between genes, joints, age at onset, and disease expression. J Rheumatol 2001; 28: van der Linden S,Valkennburg HA, Cats A. Evaluation of diagnostic criteria for ankylosing spondylitis. A proposal for modification of the New York criteria. Arthritis Rheum 1984; 27: Cimmino MA, Parodi M, Silvestri E, Garlaschi G. Correlazioni tra modificazioni radiografiche, ecografiche e RMN, e progressione dell artrite reumatoide. Reumatismo 2004; 56: 1 (suppl.1): Anderson JJ, Baron G, van der Heijde D, Felson DT, Dougados M. Ankylosing spondylitis assessment group preliminary definition of short term improvement in ankylosing spondylitis. Arthritis Reum 2001; 44: Van der Heijde D, van der Linden S, Dougados M, Bellamy N, Russell AS, Edmonds J. Ankylosing spondylitis: plenary discussion and results of voting on selection of domains and some specific instruments. J Rheumatol 1999; 26: CASO CLINICO Anno VIII n. 5 ottobre Decidere in Medicina 27

8 CASO CLINICO 7. Roberts WN, Larsons MG, Liang MH, Harrison RA, Barefoot J, Clarke AK. Sensitivity of anthropometric techniques for clinical trials in ankylosing spondylitis. Br J Rheumatol 1989; 28: Lubrano E, Helliwell P. Deterioration in anthropometric measures over six years in patients with ankylosing spondylitis. An initial comparison with disease duration and reported exercise frequency. Physiotherapy 1999; 85: Lubrano E, D Angelo S, Parsons WJ et al. Effects of a combination treatment of an intensive rehabilitation program and etanercept in patients with ankylosing spondylitis: a pilot study. J Rheumatol 2006; 33 (10): Lubrano E, D Angelo S, Parsons WJ et al. Effectiveness of rehabilitation in active ankylosing spondylitis assessed by the ASAS response criteria. Rheumatology 2007; 46: Katz P, for the Association of Rheumatology Health Professionals Outcomes Measures Task Force. Measures of adult general Functional status. Arthritis Care Res 2003; 49 (5): S15-S Jenkinson TR, Mallorie PA,Whitelock HC, Kennedy LG, Garrett SL, Calin A. Defining spinal mobility in ankylosing spondylitis. The Bath AS metrology index.j Rheumatol 1994; 21: Calin A, Garret S, Whitelock H et al. A new approach to defining functional ability in ankylosing spondylitis: the development of the Bath Ankylosing Spondylitis Functional Index. J Rheumatol 1994; 21: Dougados M, Gueguen A, Nakache JP et al. Evaluation of a functional index and an articular index in akylosing spondylitis. J Rheumatol 1988; 15: Abbott CA, Helliwell PS, Chamberlain MA. Functional assessment in ankylosing spondylitis: evaluation of a new administered questionnaire and correlation with anthropometric variables. Br J Rheumatol 1994; 33 (11): Lubrano E, Sarzi Puttini P, Parsons WJ, D Angelo S, Cimmino MA, Serino F et al. Validity ad reliability of an Italian Version of the Revised Leeds Disability Questionnaire for patients with ankylosing spondylitis. Rheumatology (Oxford) 2005; 44: Clegg DO, Reda DJ,Weisman MH et al. Comparison of sulfasalazine and placebo in treatment of ankylosing spondylitis: a Departments of Veteran Affairs cooperative study. Arthritis Rheum 1996; 39: Biasi D, Carletto A, Caramaschi P, Pacor ML, Maleknia T, Barbara LM. Efficacy of methotrexate in the treatment of ankylosing spondylitis: a three year open study. Clin Rheumatol 2000; 19: Davis JC, van Der Heijde D, Dougados M, Wooley JM. Reduction in health related quality of life in patients with ankylosing spondylitis and improvements with etanercept therapy. Arthritis Rheum 2005; 53: Braun J, Brandt J, Listing J et al. Treatment of active ankylosing spondylitis with infliximab: a randomised controlled multicentre trial. Lancet 2002; 359: van Der Heijde D, Kivitz A, Schiff MH, Sieper J et al. Efficacy and safety of adalimumab in patients with ankylosing spondylitis: results of a multicenter randomized, double blind, placebo controlled trial. Arthritis Rheum 2006; 54: Dagfinrud H, Kvien TK, Hagen KB. Physiotherapy interventions for ankylosing spondylitis. Cochrane Database Sys Rev 2008 Jan 23; (1): CD Zochling J, van der Heijde D, Burgos Vargas R, Collantes E, Davis Jr JC, Dijkmans B et al. ASAS/EULAR recommendations for the management of ankylosing spondylitis. Ann Rheum Dis; 2006; 65 (4): Olivieri I, Salvarani C, Cantini F, Punzi L, Matucci Cerinic M. Raccomandazioni per l inizio della terapia con anti-tnfα in pazienti con spondilite anchilosante. Reumatismo 2003; 55(4): LA PRATICA Spondilite anchilosante (SA) La SA è una malattia infiammatoria cronica a carattere sistemico caratterizzata da un prevalente interessamento della colonna vertebrale, a potenziale evoluzione in anchilosi. La malattia appartiene al gruppo delle spondiloartriti sieronegative; si caratterizza clinicamente per il prevalente interessamento dello scheletro assiale, per la sieronegatività al fattore reumatoide e la tendenza all aggregazione familiare. La SA colpisce con maggior frequenza soggetti uomini in età giovanile tra la seconda e la quarta decade. La malattia è caratterizzata dalla presenza di dolore lombare infiammatorio associata a interessamento delle articolazioni periferiche e, talvolta, extra-articolari. La diagnosi si pone sulla base di alcuni criteri classificativi, clinici e radiologici. La terapia è basata sull uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e farmaci biologici ad azione anti-tnfα, oltreché sulla riabilitazione. 28 Decidere in Medicina - Anno VIII n. 5 ottobre 2008

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