PROCESSO AI GRANDI TRIAL. Lo studio BRIDGE. Clinica di Cardiologia, Università Politecnica delle Marche, Ancona 2
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1 PROCESSO AI GRANDI TRIAL Lo studio BRIDGE Mario Luzi 1, Alessandro Capucci 1, Giuseppe Di Pasquale 2, Silvia Zagnoni 2 1 Clinica di Cardiologia, Università Politecnica delle Marche, Ancona 2 U.O. Cardiologia, Ospedale Maggiore, Bologna Background. Non è chiaro se nei pazienti con fibrillazione atriale che devono sospendere il trattamento con warfarin per essere sottoposti ad intervento chirurgico elettivo o ad altra procedura invasiva sia necessario istituire una terapia ponte. Lo studio si è posto l obiettivo di valutare se l interruzione della terapia anticoagulante senza intraprendere un bridging fosse non inferiore alla terapia ponte con eparina a basso peso molecolare per la prevenzione del tromboembolismo arterioso nella fase perioperatoria e fosse superiore alla terapia ponte in termini di sanguinamenti maggiori. Metodi. Dopo sospensione perioperatoria della terapia con warfarin, i pazienti sono stati randomizzati in doppio cieco a ricevere terapia ponte con eparina a basso peso molecolare (dalteparina 100 UI/kg in base al peso corporeo) o placebo, somministrati per via sottocutanea 2 volte/die, da 3 giorni a 24h prima della procedura e, successivamente, per 5-10 giorni dopo la procedura. Il trattamento con warfarin è stato interrotto 5 giorni prima della procedura e ripreso entro 24h dopo l intervento. I pazienti sono stati seguiti per 30 giorni dopo la procedura. L endpoint primario era rappresentato dagli eventi tromboembolici arteriosi (ictus, embolia sistemica o attacco ischemico transitorio) e dai sanguinamenti maggiori. Risultati. È stato arruolato un numero complessivo di 1884 pazienti, di cui 950 randomizzati a placebo (gruppo no-bridging) e 934 a terapia ponte (gruppo bridging). L incidenza di eventi tromboembolici arteriosi è stata dello 0.4% nel gruppo no-bridging e dello 0.3% nel gruppo bridging (differenza di rischio: 0.1 punti percentuali; intervallo di confidenza [IC] al 95% da -0.6 a 0.8; p=0.01 per la non inferiorità), mentre l incidenza di sanguinamenti maggiori è stata dell 1.3% nel gruppo no-bridging e del 3.2% nel gruppo bridging (rischio relativo 0.41; IC 95% ; p=0.005 per la superiorità). Conclusioni. Nei pazienti con fibrillazione atriale che hanno interrotto il trattamento con warfarin per essere sottoposti ad intervento chirurgico elettivo o ad altra procedura invasiva, la strategia no-bridging è risultata non inferiore alla terapia ponte con eparina a basso peso molecolare nella fase perioperatoria per la prevenzione del tromboembolismo arterioso, determinando anche un minor rischio di sanguinamenti maggiori. [N Engl J Med 2015;373:823-33] G Ital Cardiol 2016;17(1):1-5 IL PUNTO DI VISTA DI MARIO LUZI E ALESSANDRO CAPUCCI Lo studio BRIDGE 1 ha cercato di dare una risposta ad una annosa questione non risolta dalle linee guida attuali in merito al trattamento anticoagulante da effettuare per interventi chirurgici elettivi in pazienti con fibrillazione atriale. Tuttavia vi sono alcune considerazioni e puntualizzazioni che si possono fare. La popolazione studiata presenta un valore medio CHADS 2 di rischio tromboembolico pari a 2.3 nel braccio no-bridging e 2.4 nel braccio bridging ; ciò si traduce in un rischio tromboembolico annuo dal 4% al 5.9% (l incidenza di ictus nella popolazione generale di pari età è 2.2%). Uno dei pochi studi 2016 Il Pensiero Scientifico Editore Il prof. Capucci dichiara di aver ricevuto onorari per relazioni da Bayer, Boehringer Ingelheim, Boston Scientific, Pfizer e Sorin Italia. Gli altri autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Prof. Alessandro Capucci Clinica di Cardiologia, Università Politecnica delle Marche, Via Conca 71, Ancona a.capucci@univpm.it Dr. Giuseppe Di Pasquale U.O. Cardiologia, Ospedale Maggiore, Largo Bartolo Nigrisoli 2, Bologna giuseppe.dipasquale@ausl.bo.it pubblicati a riguardo aveva trovato che il tromboembolismo è un evento non comune in pazienti a basso-medio rischio quando veniva sospesa la terapia anticoagulante per un periodo di circa 5 giorni 2. Non vi è inoltre riportato nelle caratteristiche cliniche della popolazione lo score HAS-BLED; è noto che bisogna avere un attenzione particolare nella gestione della terapia anticoagulante nei pazienti con score >3. In tale studio l incidenza di eventi primari tromboembolici è stata di per sé molto bassa e sovrapponibile nei due gruppi (0.3%). Il valore medio dello score CHADS 2 nei pazienti che hanno avuto eventi tromboembolici arteriosi era di 2.6 e il tempo dalla procedura di 19 giorni; tuttavia non sono riportate le caratteristiche demografiche e cliniche dei singoli pazienti come ad esempio il ritmo cardiaco o il valore di international normalized ratio (INR). Gli eventi maggiori emorragici si sono verificati nell 1.3% nel gruppo no-bridging e nel 3.2% nel gruppo bridging con un tempo mediano dell evento dalla procedura di 7 giorni; anche in questo caso non sono riportate le caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti che hanno avuto tale evento; l incremento dei sanguinamenti nel braccio bridging, visto il tempo 1
2 M LUZI ET AL dalla procedura, potrebbe essere spiegato da una sinergia di effetti della ripresa del warfarin e contemporanea somministrazione di dalteparina, sebbene quest ultima venisse sospesa a valore dell INR terapeutico. A tal riguardo bisogna ricordare che l emivita della dalteparina è di circa 4h e si osserva ancora attività anti-fattore Xa fino a 24h dopo la somministrazione 3. Un recentissimo registro osservazionale, prospettico pubblicato su Circulation, denominato ORBIT-AF 4, ha riportato una più alta incidenza di sanguinamenti e di eventi avversi nei pazienti che avevano sospeso il warfarin e sostituito temporaneamente con eparina: i sanguinamenti sono stati più frequenti nei pazienti del gruppo bridging rispetto al gruppo no-bridging (5.0 vs 1.3%; odds ratio aggiustato 3.84; p<0.0001). L incidenza di infarto del miocardio, ictus o embolismo sistemico, sanguinamenti totali, ospedalizzazioni o morte entro 30 giorni era stata significativamente maggiore nei pazienti trattati con eparina (13 vs 6.3%; odds ratio aggiustato 1.94; p=0.0001). Va inoltre ricordato come per alcune procedure, come la sostituzione o l impianto di un pacemaker o un defibrillatore impiantabile, uno studio pubblicato nel 2013 sul New England Journal of Medicine, denominato BRUISE CONTROL 5, l incidenza di ematoma della tasca è risultata inferiore nei pazienti in cui non veniva sospeso il warfarin (il valore medio di INR era di 2.6 il giorno della procedura) piuttosto che nei pazienti in cui veniva eseguito il bridging con eparina (incidenza di ematoma 3.5% nei pazienti con warfarin, 16% nei pazienti con eparina; rischio relativo 0.19; intervallo di confidenza al 95% ; p<0.001). In alcune procedure, come l ablazione della fibrillazione atriale, in cui il rischio di emopericardio e di sanguinamenti dagli accessi vascolari non è trascurabile, sono state valutate entrambe le strategie terapeutiche: prosecuzione della terapia anticoagulante vs sospensione dell anticoagulante e bridge con eparina 6. Lo studio COMPARE ha mostrato che la strategia di continuare il warfarin durante il periodo periprocedurale era associata ad una riduzione dell occorrenza di ictus periprocedurale e di sanguinamenti rispetto alla strategia con eparina. In questo studio multicentrico la sospensione del warfarin era un forte predittore di tromboembolismo periprocedurale (odds ratio 13; intervallo di confidenza al 95% ; p<0.001) 6. Altri studi sono stati pubblicati sul mantenimento del trattamento con i nuovi anticoagulanti orali sempre nell ambito dell ablazione della fibrillazione atriale. Un registro prospettico multicentrico, pubblicato all inizio del , aveva mostrato che la prosecuzione di rivaroxaban nei pazienti sottoposti ad ablazione della fibrillazione atriale era risultata sicura ed efficace quanto la prosecuzione del warfarin nel prevenire sanguinamenti ed eventi tromboembolici. I risultati di tali studi dovrebbero tuttavia essere interpretati con una certa cautela almeno fino alla disponibilità di studi randomizzati, come ad esempio lo studio VENTURE-AF recentemente completato 8. Alla luce dei dati disponibili bisogna valutare caso per caso la possibilità di sospensione della terapia anticoagulante orale anche per qualche giorno, dal momento che questa non aumenta il rischio di eventi tromboembolici; per alcune tipologie di procedure, quali ad esempio l impianto o la sostituzione di un dispositivo o l ablazione della fibrillazione atriale, la prosecuzione dell anticoagulante è preferibile alla terapia con eparina anche perché quest ultima strategia implica un impegno notevole anche logistico a fronte di nessun vantaggio dimostrato, almeno dalle informazioni disponibili fino ad ora. La terapia bridge con eparina non è indicata nei pazienti con fibrillazione atriale che devono essere sottoposti ad interventi chirurgici elettivi in quanto, a fronte di una bassissima incidenza di tromboembolia, si ha un notevole incremento dei sanguinamenti. BIBLIOGRAFIA 1. Douketis JD, Spyropoulos AC, Kaatz S, et al.; BRIDGE Investigators. Perioperative bridging anticoagulation in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 2015;373: Garcia DA, Regan S, Henault LE, et al. Risk of thromboembolism with short-term interruption of warfarin therapy. Arch Intern Med 2008;168: Collignon F, Frydman A, Caplain H, et al. Comparison of the pharmacokinetic profiles of three low molecular mass heparins - dalteparin, enoxaparin and nadroparin - administered subcutaneously in healthy volunteers (doses for prevention of thromboembolism). Thromb Haemost 1995;73: Steinberg BA, Peterson ED, Kim S, et al.; Outcomes Registry for Better Informed Treatment of Atrial Fibrillation Investigators and Patients. Use and outcomes associated with bridging during anticoagulation interruptions in patients with atrial fibrillation: findings from the Outcomes Registry for Better Informed Treatment of Atrial Fibrillation (ORBIT-AF). Circulation 2015;131: Birnie DH, Healey JS, Wells GA, et al.; BRUISE CONTROL Investigators. Pacemaker or defibrillator surgery without interruption of anticoagulation. N Engl J Med 2013;368: Di Biase L, Burkhardt JD, Santangeli P, et al. Periprocedural stroke and bleeding complications in patients undergoing catheter ablation of atrial fibrillation with different anticoagulation management: results from the Role of Coumadin in Preventing Thromboembolism in Atrial Fibrillation (AF) Patients Undergoing Catheter Ablation (COMPARE) randomized trial. Circulation 2014;129: Lakkireddy D, Reddy YM, Di Biase L, et al. Feasibility and safety of uninterrupted rivaroxaban for periprocedural anticoagulation in patients undergoing radiofrequency ablation for atrial fibrillation: results from a multicenter prospective registry. J Am Coll Cardiol 2014;63: Naccarelli GV, Cappato R, Hohnloser SH, et al.; VENTURE-AF Investigators. Rationale and design of VENTURE-AF: a randomized, open-label, active-controlled multicenter study to evaluate the safety of rivaroxaban and vitamin K antagonists in subjects undergoing catheter ablation for atrial fibrillation. J Interv Card Electrophysiol 2014;41: IL PUNTO DI VISTA DI GIUSEPPE DI PASQUALE E SILVIA ZAGNONI La necessità di una temporanea interruzione della terapia anticoagulante orale (TAO) cronica con warfarin in previsione di procedure invasive o chirurgia è evenienza frequente nei pazienti anticoagulati. Questa si verifica ogni anno in circa il 10% dei pazienti in TAO per qualsiasi indicazione e in una percentuale ancora maggiore, di circa il 15%, dei pazienti in TAO per l indicazione fibrillazione atriale (FA) 1. La gestione periprocedurale in questi casi prevede sostanzialmente tre diverse opzioni terapeutiche: (1) non sospensione della TAO; (2) sospensione temporanea della TAO; (3) sospensione temporanea della TAO, di solito 5 giorni prima della procedura elettiva, bridging con eparina (eparina a basso peso molecolare [EBPM] a dosi terapeutiche o eparina non frazionata) e ripresa del warfarin dopo la procedura ad emostasi avvenuta. 2
3 LO STUDIO BRIDGE La consuetudine del ricorso al bridging è molto variabile con forti incertezze sulle indicazioni e sul suo regime ottimale. A tale proposito le più recenti linee guida dell American College of Chest Physicians (ACCP) del 2012 raccomandano un approccio individualizzato per l indicazione al bridging basato sul rischio tromboembolico del paziente e sul rischio periprocedurale di sanguinamento 1. Il grado di questa raccomandazione è tuttavia debole (Livello 2C) in relazione alla mancanza di chiare evidenze provenienti da trial clinici randomizzati di adeguate dimensioni. Siegal et al. 2 in una revisione sistematica e metanalisi di 34 studi, dei quali uno solo randomizzato di piccole dimensioni condotti tra il 2001 e il 2010, avevano cercato di valutare sicurezza ed efficacia dell anticoagulazione bridging periprocedurale. Le conclusioni di questa revisione erano quelle di un aumentato rischio di sanguinamenti maggiori di 3.6 volte nei pazienti sottoposti a bridging periprocedurale con eparina, a fronte di un rischio sovrapponibile di eventi tromboembolici rispetto ai pazienti non sottoposti a bridging. Le strategie di bridging negli studi inclusi nella metanalisi erano tuttavia eterogenee ed i confronti non randomizzati, precludendo conclusioni certe sul ruolo dell anticoagulazione bridging ed eventuali relativi dosaggi e timing di somministrazione 3-6. Risultati concordanti sono stati recentemente documentati anche da un analisi effettuata all interno del registro nord-americano ORBIT-AF di pazienti ambulatoriali con FA 7. La terapia ponte con EBPM, eparina non frazionata o fondaparinux è stata attuata in circa un quarto dei pazienti sottoposti ad interventi chirurgici o procedure invasive ed è risultata associata ad un incidenza più elevata, rispetto ai pazienti non sottoposti a bridging, non solo di eventi emorragici ma anche di infarto miocardico, ictus o embolie sistemiche, ospedalizzazione e morte entro 30 giorni. I limiti di questo studio sono ovviamente quelli relativi ai possibili bias di arruolamento e di reporting insiti in ogni registro. Allo scopo di colmare le lacune conoscitive relativamente al ruolo della terapia ponte tra il 2006 e il 2009 sono stati avviati due studi prospettici randomizzati, controllati con placebo, di ampie dimensioni: lo studio BRIDGE 8 che ha incluso pazienti con FA e lo studio PERIOP 2 9, tuttora in corso, che include pazienti con FA e protesi valvolari meccaniche. Douketis et al. 8 hanno recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine i risultati dello studio BRIDGE. Lo studio BRIDGE è uno studio randomizzato, controllato, in doppio cieco finalizzato a testare la non inferiorità della strategia di sospensione del warfarin senza bridging rispetto alla bridging therapy con EBPM in pazienti con FA e CHADS 2 score 1 candidati a interventi chirurgici elettivi o procedure interventistiche. Endpoint primario di efficacia erano gli eventi tromboembolici arteriosi (ictus, ischemico ed emorragico, attacco ischemico transitorio ed embolia sistemica) a 30 giorni dalla procedura; endpoint secondari di efficacia erano l infarto miocardico acuto, trombosi venosa profonda, embolia polmonare e morte da tutte le cause. Endpoint primario di sicurezza erano i sanguinamenti maggiori a 30 giorni; endpoint secondari di sicurezza i sanguinamenti minori. Il disegno dello studio prevedeva la sospensione del warfarin 5 giorni prima della procedura, iniziando 3 giorni prima EBPM (dalteparina 100 UI/kg x 2/die) oppure placebo, controllando il giorno prima della procedura l INR (se ancora >1.8 veniva somministrata vitamina K). La ripresa della TAO veniva effettuata con EBPM (o placebo) dopo 24h se il rischio emorragico dell intervento era basso, a 48-72h se il rischio era elevato. Sono stati analizzati i dati provenienti da 1884 pazienti di età media 71.7 anni, di cui 1722 effettivamente sottoposti a procedure interventistiche o chirurgiche programmate (interventi di chirurgia a basso rischio di sanguinamento nell 89% con un 44% di procedure gastroenterologiche). A 30 giorni l incidenza di eventi tromboembolici arteriosi nel gruppo bridging therapy è risultata pari allo 0.4 vs lo 0.3% del gruppo no-bridging (p=0.01 per non inferiorità; p=0.73 per superiorità). Sanguinamenti maggiori si sono verificati nel 3.2% dei pazienti sottoposti a bridging therapy e nell 1.3% dei pazienti no-bridging. In conclusione, lo studio BRIDGE dimostra che nei pazienti con FA nei quali è necessaria la sospensione del warfarin in previsione di intervento chirurgico o procedura interventistica elettiva, la sospensione del warfarin senza bridging con EBPM comporta un beneficio clinico netto superiore rispetto alla strategia del bridging. Infatti l incidenza di tromboembolie arteriose è risultata sovrapponibile con le due strategie, ma l incidenza di emorragie maggiori è risultata 2.5 volte più elevata nei pazienti sottoposti al bridging. Lo studio BRIDGE è assolutamente rilevante per le ricadute nella pratica clinica quotidiana della gestione dei pazienti con FA anticoagulati, ma non fornisce certo informazioni innovative. Il rapporto rischio-beneficio sfavorevole della terapia bridge perioperatoria era infatti già noto 2 (Tabella 1). È altrettanto noto da tempo che anche nel contesto del trattamento interventistico delle sindromi coronariche acute la terapia di bridging si associa ad una più alta incidenza di sanguinamenti periprocedurali 10. Questo dato è stato recentemente confermato dal registro prospettico AFCAS in cui la sospensione della TAO e l utilizzo della terapia bridge con EBPM in pazienti con FA in duplice antiaggregazione aumenta in modo significativo i sanguinamenti e gli eventi cardiovascolari rispetto alla strategia di warfarin non interrotto al momento dell angioplastica coronarica 11. Il bridging con EBPM si associa inoltre ad aumentato rischio di sanguinamenti rispetto al warfarin non interrotto in fase periprocedurale nei pazienti sottoposti ad impianto di pacemaker 12,13. La strategia del bridging è ancora ampiamente praticata, in una percentuale di pazienti stimabile in letteratura tra il 25% e il 30% 7,14,15. Sono inoltre molto variabili le indicazioni per il bridging ed i dosaggi di EBPM utilizzati (dose terapeutica piena somministrata 2 volte al giorno; dose subterapeutica ridotta del 30%; dose profilattica somministrata una volta al giorno). Un approccio individualizzato basato sul rischio tromboembolico del paziente è stato proposto e testato in diversi studi 3,4 dimostrandone fattibilità e sicurezza, ma nella pratica clinica i comportamenti sono guidati più dalle consuetudini che dalla valutazione rischio-beneficio nel singolo paziente. Un ulteriore difficoltà è legata al fatto che le concentrazioni plasmatiche e l emivita dell EBPM sono fortemente influenzate dalla funzione renale e nei pazienti anziani con FA una disfunzione renale di variabile entità è spesso presente. Riteniamo che dopo la pubblicazione dello studio BRIDGE la strategia del bridging nei pazienti con FA anticoagulati debba essere riservata solo a quelli con rischio tromboembolico particolarmente elevato. Va comunque sottolineato che il profilo di rischio tromboembolico dei pazienti arruolati nel trial corrisponde a quello dei pazienti con FA del mondo reale, infatti il CHADS 2 score medio di 2.3 è del tutto sovrapponibile al CHADS 2 score 2.1 dei pazienti dello studio italiano ATA-AF 16. 3
4 M LUZI ET AL Tabella 1. Principali studi prospettici con numerosità >200 pazienti che hanno analizzato gli eventi tromboembolici ed emorragici in corso di terapia ponte. Disegno dello studio Popolazione N. Bridging Eventi ischemici Sanguinamenti pazienti maggiori Douketis et al. 8, Studio randomizzato FA 1884 Dalteparina Bridging: 0.3% Bridging: 3.2% 2015 (BRIDGE) in doppio cieco (dose terapeutica) No-bridging: 0.4% No-bridging: 1.3% a vs placebo Malato et al. 4, Prospettico di coorte FA (54.7%) 328 EBPM (dose fissa, 1.8% (media) 2.1% (media) 2010 Protesi valvolari (24%) subterapeutica) TVP (13.7%) Altre indicazioni (7.1%) Pengo et al. 3, Prospettico di coorte FA 1262 EBPM (dose 0.4% (media) 2.7% nel braccio 2009 Protesi valvolari (15%) terapeutica se dose terapeutica rischio TE alto, 0.7% nel braccio profilattica se basso) dose profilattica b Dunn et al. 5, Prospettico di coorte FA (67.7%) 260 Enoxaparina 1.9% (media) 3.5% (media) 2007 (PROSPECT) TVP (36.9%) o entrambe (dose terapeutica) (2.3% nel gruppo FA) Kovacs et al. 6, Prospettico di coorte FA (50%) 224 Dalteparina (dose 3.6% (complessivo) 6.7% (media) 2004 Protesi valvolari terapeutica (2.7% nel gruppo FA) possibilità di ridurre nel postoperatorio a dose profilattica se elevato rischio emorragico) EBPM, eparina a basso peso molecolare; FA, fibrillazione atriale; IRC, insufficienza renale cronica; TE, tromboembolico; TVP, trombosi venosa profonda. a p=0.005 per superiorità; b p= Per molti cardiologi (non più giovani) la consuetudine della terapia bridge costituisce una sorta di retaggio del passato, dove la gestione perioperatoria della TAO riguardava prevalentemente pazienti con protesi valvolari meccaniche di vecchia generazione e pazienti con FA associata a stenosi mitralica reumatica, condizioni a rischio tromboembolico particolarmente elevato. Un limite dello studio BRIDGE è tuttavia quello di aver escluso i pazienti con protesi valvolari, ma anche in questi le linee guida ACCP raccomandano il bridging con eparina solo in caso di elevato rischio tromboembolico, come in presenza di protesi valvolari meccaniche in posizione mitralica, protesi aortica di vecchia generazione o associata ad FA e nei pazienti con protesi valvolari meccaniche e pregresso tromboembolismo arterioso 1. Dal momento che una percentuale crescente di pazienti con FA è oggi trattata con i NAO, è logico chiedersi se i risultati dello studio BRIDGE possano essere estrapolati anche ai nuovi farmaci. Riteniamo che la risposta sia affermativa in considerazione dell emivita plasmatica molto più breve dei NAO rispetto al warfarin e del rapido inizio di azione che consente brevi periodi di interruzione dei NAO senza bridging con eparina. I documenti di consenso per l utilizzo pratico dei NAO sconsigliano il bridging per i pazienti in trattamento con NAO sottoposti a chirurgia o procedure interventistiche elettive 17. In un analisi posthoc dello studio RE-LY il bridging è risultato più utilizzato durante l interruzione del warfarin che durante l interruzione del dabigatran (27.5 vs 15.4%). Con l interruzione del dabigatran i pazienti sottoposti a bridging hanno avuto più emorragie maggiori rispetto a quelli non sottoposti a bridging (6.5 vs 1.8%, p<0.001), mentre l incidenza di eventi tromboembolici non è risultata significativamente diversa (0.6 vs 1.2%, p=0.16). Con l interruzione del warfarin i pazienti sottoposti a bridging hanno avuto più emorragie maggiori rispetto a quelli non sottoposti a bridging (6.8 vs 1.6%, p<0.001) ed anche una maggiore incidenza di eventi tromboembolici (1.8 vs 0.3%, p=0.007) 15. Risultati simili sono stati osservati nel registro prospettico di Dresden che ha valutato la gestione peri-interventistica dei NAO in pazienti con FA (82%) o tromboembolismo venoso (18%) della pratica clinica quotidiana 14. Una strategia di bridging con EBPM è stata attuata in circa il 30% delle procedure. Il bridging con eparina non ha ridotto gli eventi cardiovascolari, comportando un incidenza più elevata di complicanze emorragiche maggiori rispetto al no-bridging (2.7 vs 0.5%, p=0.01) 14. In conclusione, lo studio BRIDGE supporta le attuali raccomandazioni delle linee guida che sono tuttavia prevalentemente basate sul consenso di esperti. Il messaggio per il clinico è quello di evitare il bridging nei pazienti con FA in previsione di procedure invasive o chirurgia elettiva. Le conclusioni dello studio BRIDGE non possono essere tuttavia estrapolate a pazienti in TAO per condizioni ad elevato rischio tromboembolico nei quali la decisione deve essere individualizzata. Il BRIDGE lascia inoltre aperto il quesito relativo ad efficacia e sicurezza di un eventuale bridging con EBPM a dosi subterapeutiche, strategia supportata soltanto da studi osservazionali. Per i NAO il bridging non è consigliato, ma la strategia ottimale richiede ancora una più estesa validazione. BIBLIOGRAFIA 1. Douketis JD, Spyropoulos AC, Spencer FA, et al.; American College of Chest Physicians. Perioperative management of antithrombotic therapy: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012;141(2 Suppl):e326S-50S. 2. Siegal D, Yudin J, Kaatz S, Douketis JD, Lim W, Spyropoulos AC. Periprocedural heparin bridging in patients receiving vitamin K 4
5 LO STUDIO BRIDGE antagonists: systematic review and meta-analysis of bleeding and thromboembolic rates. Circulation 2012;126: Pengo V, Cucchini U, Denas G, et al.; Italian Federation of Centers for the Diagnosis of Thrombosis and Management of Antithrombotic Therapies (FCSA). Standardized low-molecular-weight heparin bridging regimen in outpatients on oral anticoagulants undergoing invasive procedure or surgery: an inception cohort management study. Circulation 2009;119: Malato A, Saccullo G, Lo Coco L, et al. Patients requiring interruption of long-term oral anticoagulant therapy: the use of fixed sub-therapeutic doses of low-molecular-weight heparin. J Thromb Haemost 2010;8: Dunn AS, Spyropoulos AC, Turpie AG. Bridging therapy in patients on long-term oral anticoagulants who require surgery: the Prospective Peri-operative Enoxaparin Cohort Trial (PROSPECT). J Thromb Haemost 2007;5: Kovacs MJ, Kearon C, Rodger M, et al. Single-arm study of bridging therapy with low-molecular-weight heparin for patients at risk of arterial embolism who require temporary interruption of warfarin. Circulation 2004;110: Steinberg BA, Peterson ED, Kim S, et al.; Outcomes Registry for Better Informed Treatment of Atrial Fibrillation Investigators and Patients. Use and outcomes associated with bridging during anticoagulation interruptions in patients with atrial fibrillation: findings from the Outcomes Registry for Better Informed Treatment of Atrial Fibrillation (ORBIT-AF). Circulation 2015;131: Douketis JD, Spyropoulos AC, Kaatz S, et al.; BRIDGE Investigators. Perioperative bridging anticoagulation in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 2015;373: Kovacs MJ. PERIOP 2: A safety and effectiveness study of LMWH bridging therapy versus placebo bridging therapy for patients on long term warfarin and require temporary interruption of their warfarin. [accessed December 23, 2015]. 10. Casella G, Di Pasquale G, Oltrona Visconti L, et al. Management of patients with acute coronary syndromes in real-world practice in Italy: an outcome research study focused on the use of AN- TithRombotic Agents: the MANTRA registry. Eur Heart J Acute Cardiovasc Care 2013;2: Kiviniemi T, Airaksinen KE, Rubboli A, et al.; AFCAS (Management of patients with Atrial Fibrillation undergoing Coronary Artery Stenting) Study Group. Bridging therapy with low molecular weight heparin in patients with atrial fibrillation undergoing percutaneous coronary intervention with stent implantation: the AFCAS study. Int J Cardiol 2015;183: Bernard ML, Shotwell M, Nietert PJ, Gold MR. Meta-analysis of bleeding complications associated with cardiac rhythm device implantation. Circ Arrhythm Electrophysiol 2012;5: Birnie DH, Healey JS, Wells GA, et al.; BRUISE CONTROL Investigators. Pacemaker or defibrillator surgery without interruption of anticoagulation. N Engl J Med 2013;368: Beyer-Westendorf J, Gelbricht V, Förster K, et al. Peri-interventional management of novel oral anticoagulants in daily care: results from the prospective Dresden NOAC registry. Eur Heart J 2014;35: Healey JS, Eikelboom J, Douketis J, et al.; RE-LY Investigators. Periprocedural bleeding and thromboembolic events with dabigatran compared with warfarin: results from the Randomized Evaluation of Long-Term Anticoagulation Therapy (RE-LY) randomized trial. Circulation 2012;126: Di Pasquale G, Mathieu G, Maggioni AP, et al.; ATA AF Investigators. Current presentation and management of 7148 patients with atrial fibrillation in cardiology and internal medicine hospital centers: the ATA AF study. Int J Cardiol 2013;167: Heidbuchel H, Verhamme P, Alings M, et al. Updated European Heart Rhythm Association Practical Guide on the use of nonvitamin K antagonist anticoagulants in patients with non-valvular atrial fibrillation. Europace 2015,17:
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