Lo studio PEGASUS-TIMI 54

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1 PROCESSO AI GRANDI TRIAL Lo studio PEGASUS-TIMI 54 Giuseppe Tarantini 1, Gianpiero D Amico 1, Guido Parodi 2, Giuseppe Musumeci 3, Marco Borghesi 3 1 Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari, Università degli Studi, Padova 2 Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Firenze 3 USC Cardiologia 2 Diagnostica Interventistica, A.O. Papa Giovanni XXIII, Bergamo Background. Ad oggi non è stato ancora definito il potenziale beneficio della duplice terapia antiaggregante oltre i 12 mesi da un infarto miocardico. In questo contesto, è stata analizzata l efficacia e la sicurezza di ticagrelor, un inibitore del recettore P2Y 12 con comprovata efficacia in pazienti con sindrome coronarica acuta. Metodi. Un totale di pazienti con storia di infarto miocardico verificatosi da 1 a 3 anni prima sono stati randomizzati, in rapporto 1:1:1, a ricevere ticagrelor alla dose di 90 mg bid o 60 mg bid o placebo. Al momento dell arruolamento, tutti i pazienti assumevano terapia antiaggregante con aspirina a basso dosaggio e sono stati seguiti in follow-up per una mediana di 33 mesi. L endpoint primario di efficacia era rappresentato da un composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico o ictus, mentre l endpoint primario di sicurezza comprendeva gli episodi di sanguinamento maggiore secondo i criteri TIMI. Risultati. Entrambi i dosaggi di ticagrelor hanno ridotto, rispetto al placebo, l incidenza dell endpoint primario di efficacia, con tassi secondo le curve di Kaplan-Meier a 3 anni di 7.85% nel gruppo ticagrelor 90 mg bid, 7.77% nel gruppo ticagrelor 60 mg bid e 9.04% nel gruppo placebo (hazard ratio per ticagrelor 90 mg vs placebo 0.85; intervallo di confidenza [IC] 95% ; p=0.008; hazard ratio per ticagrelor 60 mg vs placebo 0.84; IC 95% ; p=0.004). L incidenza di sanguinamenti maggiori TIMI è risultata più elevata con entrambi i dosaggi di ticagrelor (2.60% con 90 mg e 2.30% con 60 mg) rispetto al placebo (1.06%) (p<0.001 per entrambi i dosaggi di ticagrelor vs placebo); l incidenza di sanguinamenti intracranici o fatali nei tre gruppi è stata, rispettivamente, pari a 0.63%, 0.71% e 0.60%. Conclusioni. Nei pazienti con infarto miocardico a distanza di oltre 1 anno dall evento acuto, il trattamento con ticagrelor ha determinato una significativa riduzione del rischio di morte cardiovascolare, infarto miocardico o ictus ma è risultato associato ad un aumentato rischio di sanguinamenti maggiori. [N Engl J Med 2015;372: ] G Ital Cardiol 2015;16(10): IL PUNTO DI VISTA DI GIUSEPPE TARANTINI, GIANPIERO D AMICO E GUIDO PARODI 2015 Il Pensiero Scientifico Editore Il dr. Musumeci dichiara di aver ricevuto onorari per consulenze o relazioni da Abbott Vascular, Astra Zeneca, Daiichi-Sankyo, Eli Lilly, St. Jude Medical e The Medicines Company. Gli altri autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Prof. Giuseppe Tarantini Clinica Cardiologica, Policlinico Universitario, Via Giustiniani 2, Padova giuseppe.tarantini.1@gmail.com Dr. Giuseppe Musumeci USC Cardiologia 2 Diagnostica Interventistica, Dipartimento Cardiovascolare, A.O. Papa Giovanni XXIII, Piazza OMS 1, Bergamo giuseppe.musumeci@gmail.com La medicina è di per sé scienza, sta al medico farla diventare arte nel valorizzare l equilibrio dei contrasti Gli eventi ischemici coronarici e cerebrovascolari sono causati dall instabilizzazione biologica e/o emodinamica di placche aterosclerotiche, che porta in ultima istanza alla riduzione del flusso vascolare. Più frequentemente l effettore intermedio di tale processo è la trombosi piastrinica. Il primo presidio farmacologico testato per interrompere tale continuum fisiopatologico è stata l aspirina 1. Solo con lo studio CURE (2001) è emerso il ruolo additivo del clopidogrel, rispetto alla sola aspirina, nel ridurre gli eventi ischemici di pazienti con sindrome coronarica acuta trattati invasivamente o conservativamente nel primo anno dopo l evento indice 2. Purtuttavia, nonostante gli effetti favorevoli nella riduzione degli eventi ischemici, si era registrato un aumento di quelli emorragici, inizialmente sottovalutati, anche per le differenti modalità in cui questi si verificavano (subacuti o tardivi) e venivano aggiudicati (talvolta di pertinenza di reparti medici/internistici) 3. Un altro dato importante è l andamento del rischio ischemico negli anni che seguono l evento indice. Lo studio PRO- SPECT ha incluso pazienti senza sopraslivellamento del tratto ST o con sopraslivellamento del tratto ST avvenuto da più di 24h, sottoposti prima a rivascolarizzazione percutanea e valutazione invasiva (ecografia intravascolare ed istologia virtuale) sia del vaso colpevole che dei rimanenti vasi, e successivamente trattati con terapia farmacologica aggressiva antiaggregante (clopidogrel) e anche ipolipemizzante 4. Da questo studio di storia naturale emerge un tasso cumulativo di eventi pari al 21% a 3 anni (mediamente 7%/anno), di cui il 70% avveniva nel primo anno per poi ridursi esponenzialmente. La metà di tali eventi avveniva su lesione precedentemente trattata, e gli altri su lesione inizialmente non colpevole. Risulta evidente che il beneficio del prolungamento della terapia antiaggregante si riduce in termini relativi sul singolo paziente dopo il primo an- 525

2 G TARANTINI ET AL PEGASUS-TIMI 54: ménage à trois Lo studio clinico multicentrico PEGASUS-TIMI 54 10, in doppio cieco, ha arruolato pazienti con pregresso infarto del miocardio in un intervallo temporale di circa 20 mesi. I pazienti sono stati randomizzati a distanza di almeno 1 anno dall evento acuto in uno dei tre bracci: trattamento con ticagrelor 90 mg 2 volte al giorno, trattamento con ticagrelor 60 mg 2 volte al giorno, o placebo. La popolazione arruolata presentava un profilo di rischio ischemico medio-alto, essendo criterio di inclusione la presenza di almeno una caratteristica di rischio aggiuntivo tra: età >65 anni, diabete mellito, insufficienza renale cronica, malattia coronarica multivasale, secondo infarto miocardico; erano esclusi i pazienti con predisposizione o storia di sanguinamento, o necessità di terapia anticoagulante. L endpoint primario di efficacia era costituito dal composito mortalità cardiovascolare, infarto miocardico e ictus; l endpoint primario di sicurezza era rappresentato dai sanguinamenti maggiori TIMI. L analisi primaria era intention-to-treat ed è stata condotta confrontando ciascuna dose di ticagrelor con il placebo. Il ticagrelor, somministrato nei due differenti dosaggi, ha dimostrato una riduzione significativa dell endpoint primario di efficacia (ticagrelor 90 mg: hazard ratio [HR] 0.85, intervallo di confidenza [IC] 95% ; p=0.008; ticagrelor 60 mg: HR 0.84, IC 95% ; p=0.004); tali risultati si sono mantenuti coerenti anche nell analisi per sottogruppi. Per quanto riguarda l analisi esplorativa degli altri endpoint, entrambi i dosaggi hanno dimostrato una riduzione significativa in termini di infarto del miocardio, mentre, esclusivamente al dosaggio di 60 mg, il ticagrelor ha mostrato una differenza significativa nell incidenza di ictus ischemico e un trend favorevole per quanto riguarda la morte cardiovascolare. Nessuna differenza è emersa tra ticagrelor (ad entrambi i dosaggi) e placebo in termini di morte da qualsiasi causa, angina instabile, procedure di rivascolarizzazione urgenti e attacchi ischemici transitori. Prendendo in considerazione gli endpoint di sicurezza, è emersa una differenza significativa a sfavore di entrambi i dosaggi di ticagrelor rispetto al placebo in termini di sanguinamenti TIMI maggiori e minori, sanguinamenti richiedenti trasfusioni e sanguinamenti determinanti l interruzione del trattamento. L analisi per sottogruppi si è dimostrata congruente. In entrambi i bracci ticagrelor, inoltre, è stata maggiore l incidenza anche in questo caso di dispnea (ticagrelor 90 mg: HR 3.55, IC 95% ; p<0.001; ticagrelor 60 mg: HR 2.81, IC 95% ; p<0.001), di sospensione della terapia dovuta alla dispnea (ticagrelor 90 mg: HR 8.89, IC 95% ; p<0.001; ticagrelor 60 mg: HR 6.06, IC 95% ; p<0.001) e di atno, ma allo stesso tempo aumenta il suo potenziale impatto in termini di prevenzione secondaria globale (di coorte), aumentando col tempo il numero di pazienti sotto-trattati, ma ancora a rischio ischemico (e anche emorragico). È evidente che l entità del rischio ischemico, come pure le sue modificazioni durante il follow-up, condizioni il rapporto rischio/beneficio di una prolungata duplice terapia antiaggregante (DAPT). Nello studio CHARISMA 5, infatti, che ha arruolato oltre pazienti con pregresso evento aterotrombotico o ad alto rischio per lo sviluppo di tali eventi, l aggiunta all aspirina del clopidogrel per un tempo mediano di 28 mesi ha dimostrato di non offrire alcun vantaggio in termini di morte cardiovascolare, infarto miocardico e ictus, se non nei pazienti con pregresso infarto miocardico, ictus o vasculopatia periferica sintomatica 6, dove cioè il rapporto tra rischio ischemico ed emorragico è più sbilanciato a sfavore del primo, con una riduzione degli eventi ischemici del 27%, senza un aumento significativo di emorragie fatali o gravi ma solo di quelle di grado moderato. Inoltre, nelle analisi per sottogruppi si conferma il dato del decadimento del beneficio della DAPT in maniera direttamente proporzionale alla distanza temporale che intercorre tra evento ischemico indice e inizio della terapia stessa. Nel tentativo di migliorare ulteriormente la prognosi dei pazienti con sindrome coronarica acuta, due sono stati dunque i successivi fronti della ricerca clinica: 1) l introduzione di nuovi farmaci antiaggreganti piastrinici; 2) il prolungamento della terapia antiaggregante combinata oltre i 12 mesi. Per ciò che concerne il primo punto, i nuovi inibitori del recettore P2Y 12, prasugrel e ticagrelor, hanno dimostrato una maggiore efficacia rispetto al clopidogrel, nel ridurre l endpoint combinato di morte, infarto e ictus nel primo anno di trattamento dopo sindrome coronarica acuta, al prezzo di un aumento delle complicanze emorragiche maggiori (definizione TIMI). Per approfondimento sull argomento si rimanda alla lettura dei rispettivi riferimenti bibliografici 7,8. Va comunque specificato come solo il ticagrelor abbia dimostrato un favorevole profilo di efficacia/sicurezza, ove somministrato upstream (senza conoscenza dell anatomia coronarica), nei pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST, in termini di riduzione di eventi ischemici, anche se non sottoposti a rivascolarizzazione percutanea. Un altro punto degno di nota è stata la riduzione, in favore del ticagrelor, degli eventi ischemici ricorrenti (secondo e terzo evento) durante il primo anno di terapia, ancora una volta indipendente dal tipo di trattamento invasivo o conservativo 9. In sintesi, il background conoscitivo/interpretativo del trial PEGASUS-TIMI 54 non può prescindere dai seguenti punti: una strategia di prevenzione secondaria aggressiva e prolungata diretta a pazienti con sindrome coronarica acuta non può evidentemente riguardare solo i pazienti sottoposti a rivascolarizzazione coronarica; il ticagrelor è l antiaggregante di seconda generazione con migliore profilo di efficacia/sicurezza nella riduzione di eventi ischemici ricorrenti (anche successivi al primo) in pazienti con sindrome coronarica acuta trattati conservativamente per 12 mesi; il beneficio del prolungamento della DAPT (clopidogrel) è funzione del rischio ischemico di base del paziente: se il rischio è basso, bassa è la probabilità di catturare un beneficio clinico al di là di una significatività statistica che richiederebbe comunque decine di migliaia di pazienti. Un chiaro esem- pio è il fallimento della DAPT in prevenzione primaria genericamente intesa (rischio ischemico molto basso); molte condizioni associate ad un aumentato rischio ischemico (età avanzata, diabete, insufficienza renale, anemia) sono anche associate ad un aumentato rischio emorragico. Purtuttavia le cinetiche del rischio ischemico ed emorragico non sono necessariamente concordanti temporalmente e variano da paziente a paziente. In base a quanto osservato negli studi PROSPECT e CHARISMA, il rischio ischemico tende a decrescere nel tempo, raggiungendo un plateau dopo 1-2 anni; gli eventi ischemici e gli eventi emorragici rappresentano due gemelli siamesi mai completamente separabili. Per tale ragione non si può prescindere dal concetto di endpoint composito NACE (net adverse clinical events), al fine di valutare il beneficio clinico netto su paziente/coorte. 526

3 LO STUDIO PEGASUS-TIMI 54 tacchi gottosi, mentre nessuna differenza è emersa in termini di bradicardia. Benché un endpoint composito di beneficio clinico netto non sia riportato, è opportuno sottolineare che il trattamento con ticagrelor al dosaggio di 60 mg x 2 ha mostrato un profilo di rischio/beneficio migliore rispetto al regime di 90 mg x 2, compatibile con una ragionevole necessità di modulare l inibizione piastrinica nel tempo dopo un evento infartuale. Tale valutazione è supportata dai seguenti elementi: al dosaggio di 60 mg x 2, il ticagrelor ha mostrato rispetto al placebo una riduzione in termini di morte cardiovascolare e ictus, cosa che non avviene al dosaggio maggiore; il regime di 60 mg x 2 si associa ad una incidenza assoluta di eventi emorragici più contenuta rispetto al dosaggio di 90 mg x 2; trattando pazienti con ticagrelor 90 mg x 2, gli autori hanno stimato che sia possibile prevenire 40 eventi ischemici e causare 41 eventi emorragici, per un risultato netto sfavorevole di +1 evento; al dosaggio di 60 mg x 2 invece, si stimano 42 eventi ischemici prevenuti e 31 eventi emorragici provocati, per un risultato netto favorevole di -11 eventi. Evidenze disponibili dai trial randomizzati I trial attualmente a disposizione sul prolungamento della DAPT sono quattro Al di là dell eterogeneità nei criteri di inclusione e di esclusione, come nei modi e nel tipo di DAPT impiegata, se analizzati in maniera metanalitica mostrano come, a fronte di una riduzione degli eventi ischemici, vi è un chiaro aumento degli eventi emorragici (Figura 1). I trial in cui è visibile un vantaggio clinico netto in termini di riduzione del rischio ischemico rispetto a quello emorragico sono appunto il PEGASUS (ticagrelor) e il sottostudio DAPT (prasugrel/clopidogrel) in pazienti con pregresso infarto miocardico 14, il quale, come il CHARISMA, comprende pazienti a più alto rischio ischemico globale. Nello studio DAPT, i pazienti che prolungavano la DAPT lo facevano in continuità rispetto ai 12 mesi standard dopo stent Figura 1. Analisi aggregata degli studi randomizzati che hanno confrontato duplice terapia antiaggregante standard e prolungata, in termini di eventi cardiaci e cerebrovascolari avversi (A) ed eventi emorragici maggiori (B). I box rappresentano gli odds ratio (OR); le linee rappresentano gli intervalli di confidenza (CI) al 95%. ARCTIC, Double Randomization of a Monitoring Adjusted Antiplatelet Treatment Versus a Common Antiplatelet Treatment for DES Implantation, and Interruption Versus Continuation of Double Antiplatelet Therapy; DAPT, Dual Antiplatelet Therapy Study; IM, infarto miocardico; MACCE, eventi cardiaci e cerebrovascolari avversi maggiori; REAL-LATE, Correlation of Clopidogrel Therapy Discontinuation in Real World Patients Treated with Drug-Eluting Stent Implantation and Late Coronary Arterial Thrombotic Events; ZEST- LATE, Evaluation of the Long-Term Safety after Zotarolimus-Eluting Stent, Sirolimus-Eluting Stent, or Paclitaxel-Eluting Stent Implantation for Coronary Lesions and Late Coronary Arterial Thrombotic Events. 527

4 G TARANTINI ET AL coronarico, in assenza di sanguinamenti o interruzioni; al contrario nello studio PEGASUS solo il 15% apparteneva a tale coorte. I pazienti del sottostudio DAPT presentavano pertanto un maggior rischio ischemico (evento indice più vicino) e un minor rischio emorragico rispetto alla popolazione PEGASUS (poiché erano a priori scartati i pazienti che non tolleravano la DAPT). Nel PEGASUS, infatti, al dosaggio di 60 mg x 2, il ticagrelor ha mostrato un vantaggio maggiore nel sottogruppo di pazienti che iniziavano la DAPT entro 24 mesi dall infarto miocardico pregresso, rispetto a quelli con infarto più tardivo (p per interazione 0.09). Tale dato è coerente con le considerazioni fatte in precedenza, riguardo alla riduzione del rischio ischemico e dunque del vantaggio selettivo di una DAPT dopo i primi 2 anni dall evento infarto indice. Come conseguenza delle differenze nella selezione dei pazienti, nel sottostudio DAPT si è registrata una riduzione degli eventi ischemici cerebrovascolari del 44%, a fronte di una riduzione nel PEGASUS del 15% e 16% (per i dosaggi 60 e 90 mg, rispettivamente), mentre l aumento dei sanguinamenti maggiori è stato del 41% nel sottostudio DAPT e del 132% e 169%, rispettivamente, nella popolazione PEGASUS. Figura 2. Curve di Kaplan-Meier raffiguranti l incidenza di eventi avversi (morte, infarto, ictus o rivascolarizzazioni urgenti) oltre 12 mesi dopo sindrome coronarica acuta in relazione al numero di fattori di rischio (0, 1, 2, 3, 4) che sono stati considerati criteri di rischio aggiuntivi per l arruolamento nello studio PEGASUS-TIMI 54: 1) età >65 anni, 2) diabete mellito, 3) insufficienza renale cronica, 4) due pregressi infarti, e 5) malattia coronarica multivasale. I dati ancora non pubblicati provengono dal registro prospettico RECLOSE 2-ACS 15. Registri: informazioni irrinunciabili I dati provenienti dai trial randomizzati controllati includono notoriamente soggetti che non rappresentano completamente i pazienti che comunemente provengono alla nostra attenzione durante la pratica clinica quotidiana; ciò scaturisce dalla presenza di rigidi criteri di inclusione ed esclusione e dell inevitabile bias di selezione dei pazienti inclusi nei trial. Quindi risulta sempre utile verificare le informazioni che provengono dai grossi studi randomizzati nell ambito di registri del mondo reale. Un esempio utile da proporre nel contesto della trattazione del presente manoscritto proviene da una analisi posthoc ancora non pubblicata dello studio RECLOSE 2-ACS 15. Lo studio RECLOSE 2-ACS si basa su un registro prospettico di pazienti con sindrome coronarica acuta trattati invasivamente e seguiti al follow-up per una mediana di quasi 3 anni. Da sottolineare il fatto che per protocollo di studio era fortemente raccomandata una DAPT prolungata (aspirina + clopidogrel >12 mesi) e che il dosaggio del clopidogrel è stato aumentato nei pazienti che al test di funzionalità piastrinica basale mostravano valori di inibizione non ottimali. Nei 1789 pazienti arruolati, il rischio di eventi avversi (morte, infarto, ictus, o rivascolarizzazioni urgenti) verificatisi dopo 1 anno dall evento indice aumentava proporzionalmente all aumentare del numero di fattori di rischio (0, 1, 2, 3, 4) che sono stati considerati criteri di rischio aggiuntivi per l arruolamento nello studio PEGA- SUS: 1) età >65 anni, 2) diabete mellito, 3) insufficienza renale cronica, 4) due pregressi infarti, e 5) malattia coronarica multivasale (Figura 2). Chiaramente, i pazienti hanno un rischio residuo di eventi avversi oltre i 12 mesi dall infarto miocardico nonostante il trattamento invasivo nella fase acuta e la DAPT e le altre strategie di prevenzione secondaria per 1 anno. L incidenza di eventi avversi dopo i 12 mesi aumenta progressivamente con l associazione dei fattori di rischio, mentre dall analisi dello studio RECLOSE 2-ACS, l incidenza di eventi emorragici maggiori (TIMI) aumentava meno evidentemente e proporzionalmente con il numero dei fattori di rischio. In particolare, l incidenza di eventi emorragici maggiori è stata di 1.6%, 2.0%, 1.4% e 2.1% nei gruppi con 1, 2, 3 e 4 fattori di rischio, rispettivamente. Questo fenomeno deve essere valutato considerando che gli eventi emorragici dipendono spesso da comorbilità associate differenti da quelle riportate nell elenco dei fattori di rischio sopra considerati (e spesso identificabili ad un attenta raccolta anamnestica). Quindi, sebbene nello studio PEGASUS nessuno singolarmente dei fattori di rischio che ha rappresentato criterio di inclusione nello studio permetteva di selezionare un sottogruppo di pazienti che meglio beneficiava (e quindi con più favorevole rapporto rischio/beneficio) dalla terapia con ticagrelor dopo i 12 mesi dall evento infartuale, possiamo ipotizzare che la semplice associazione di fattori di rischio o l inclusione di questi all interno di score più complessi possa adeguatamente permettere di identificare i pazienti con un più favorevole beneficio clinico netto derivante dal prolungamento della DAPT. Conclusioni In conclusione, lo studio pubblicato da Bonaca et al. 10 ha il merito di proporre all attenzione il problema della prevenzione degli eventi ischemici a distanza dopo sindrome coronarica acuta nel contesto del trattamento con DAPT, dimostrando un beneficio clinico netto nei pazienti trattati con ticagrelor (60 mg x 2) per 3 anni. L efficacia di tali risultati non è generalizzabile ai pazienti con più alto rischio di sanguinamento o a basso rischio ischemico e, considerati insieme ai risultati del trial DAPT, ci ricordano il delicato confine tra rischi e benefici di un trattamento farmacologico, scoraggiando il concetto del one size fits all. In considerazione del precario equilibrio tra rischio ischemico ed emorragico associato alla DAPT, funzione delle comorbilità e delle peculiari caratteristiche di ogni paziente, la durata ottimale della DAPT andrà ragionevolmente personalizzata in modo da massimizzare il beneficio clinico netto per un da- 528

5 LO STUDIO PEGASUS-TIMI 54 to paziente. In tal senso, uno score che permetta di individuare i pazienti più ad alto rischio di eventi ischemici ed idealmente a rischio emorragico tale da permettere la continuazione della DAPT, potrebbe essere di grande ausilio nella pratica clinica. A tal proposito, la selezione di pazienti con fattori di rischio (e quindi incidenza attesa di eventi) tali da aumentare il beneficio teorico del prolungamento della DAPT potrebbe permettere negli studi che seguiranno di ottenere un maggiore effect size, al di là di una significatività statistica che richiede in genere una numerosità campionaria elevata. RINGRAZIAMENTI Gli autori ringraziano la Dr.ssa Paola Tellaroli, della Sezione di Statistica Biomedica, Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari di Padova, e la Dr.ssa Benedetta Bellandi, della Cardiologia Interventistica della AOU Careggi di Firenze, per aver realizzato le analisi statistiche. BIBLIOGRAFIA 1. Baigent C, Blackwell L, Collins R, et al.; Antithrombotic Trialists (ATT) Collaboration. Aspirin in the primary and secondary prevention of vascular disease: collaborative meta-analysis of individual participant data from randomised trials. Lancet 2009; 373: Yusuf S, Zhao F, Mehta SR, Chrolavicius S, Tognoni G, Fox KK; Clopidogrel in Unstable Angina to Prevent Recurrent Events Trial Investigators. Effects of clopidogrel in addition to aspirin in patients with acute coronary syndromes without ST-segment elevation. N Engl J Med 2001;345: Stone GW, Witzenbichler B, Guagliumi G, et al.; HORIZONS- AMI Trial Investigators. Bivalirudin during primary PCI in acute myocardial infarction. N Engl J Med 2008;358: Stone GW, Maehara A, Lansky AJ, et al.; PROSPECT Investigators. A prospective natural-history study of coronary atherosclerosis. N Engl J Med 2011;364: Bhatt DL, Fox KA, Hacke W, et al.; CHARISMA Investigators. Clopidogrel and aspirin versus aspirin alone for the prevention of atherothrombotic events. N Engl J Med 2006;354: Bhatt DL, Flather MD, Hacke W, et al.; CHARISMA Investigators. Patients with prior myocardial infarction, stroke, or symptomatic peripheral arterial disease in the CHARISMA trial. J Am Coll Cardiol 2007;49: Wiviott SD, Braunwald E, McCabe CH, et al.; TRITON-TIMI 38 Investigators. Prasugrel versus clopidogrel in patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med 2007;357: Wallentin L, Becker RC, Budaj A, et al.; PLATO Investigators. Ticagrelor versus clopidogrel in patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med 2009;361: Kohli P, Wallentin L, Reyes E, et al. Reduction in first and recurrent cardiovascular events with ticagrelor compared with clopidogrel in the PLATO Study. Circulation 2013;127: Bonaca MP, Bhatt DL, Cohen M, et al.; PEGASUS-TIMI 54 Steering Committee and Investigators. Long-term use of ticagrelor in patients with prior myocardial infarction. N Engl J Med 2015;372: Mauri L, Kereiakes DJ, Yeh RW, et al.; DAPT Study Investigators. Twelve or 30 months of dual antiplatelet therapy after drugeluting stents. N Engl J Med 2014;371: Park SJ, Park DW, Kim YH, et al. Duration of dual antiplatelet therapy after implantation of drug-eluting stents. N Engl J Med 2010;362: Collet JP, Silvain J, Barthélémy O, et al.; ARCTIC Investigators. Dual-antiplatelet treatment beyond 1 year after drug-eluting stent implantation (ARCTIC-Interruption): a randomised trial. Lancet 2014;384: Yeh RW, Kereiakes DJ, Steg PG, et al.; DAPT Study Investigators. Benefits and risks of extended duration dual antiplatelet therapy after PCI in patients with and without acute myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2015;65: Parodi G, Marcucci R, Valenti R, et al. High residual platelet reactivity after clopidogrel loading and long-term cardiovascular events among patients with acute coronary syndromes undergoing PCI. JAMA 2011;306: IL PUNTO DI VISTA DI GIUSEPPE MUSUMECI E MARCO BORGHESI La pubblicazione dei risultati dello studio CURE 1, nell ormai lontano 2001, non ha solo rivoluzionato il trattamento farmacologico del paziente con sindrome coronarica acuta, ma ha anche aperto un ampio dibattito, ancora attuale dopo 14 anni, che ha varcato i confini della cardiologia interventistica, sulla durata ottimale, e più recentemente anche sul timing di inizio (upstream vs downstream), della duplice terapia antiaggregante orale. Nell epoca che ha preceduto i trial PLATO 2 e TRITON- TIMI 38 3, e la conseguente introduzione di nuove molecole ad azione antiaggregante più rapida e potente del clopidogrel, tale durata è stata fissata a 12 mesi in base ai risultati dello stesso studio CURE che per primo ha dimostrato che il rapporto favorevole rischio/beneficio della duplice terapia antiaggregante per la prevenzione degli eventi ischemici si estendeva fino al primo anno dall evento indice. Diversi lavori negli anni successivi hanno provato a spostare questo limite di 12 mesi nell utilizzo del clopidogrel in associazione all aspirina (ASA). Nello studio CHARISMA 4, che ha arruolato più di pazienti ad alto rischio di eventi aterotrombotici oppure con anamnesi positiva per tali eventi, in generale il trattamento con ASA + clopidrogel per 28 mesi non è risultato significativamente più efficace del trattamento con sola ASA nel ridurre l incidenza di infarto miocardico (IM), ictus o morti cardiovascolari se non nei pazienti che avevano già avuto tali eventi, e quindi a maggior rischio ischemico, con un beneficio che si riduceva progressivamente nel tempo. Al contrario nei pazienti caratterizzati solo da un elevato profilo di rischio, tale trattamento è risultato dannoso in termini di eventi emorragici. Lo studio PRODIGY 5 ha cercato di valutare l impatto della duplice terapia antiaggregante per soli 6 mesi rispetto a 24 mesi in 2013 pazienti sottoposti ad impianto di stent medicati (zotarolimus, paclitaxel o everolimus) o non medicati. A 30 giorni dall impianto, i pazienti in ciascun gruppo di stent sono stati randomizzati a ricevere fino a 6 o 24 mesi di terapia con clopidogrel in aggiunta all ASA. L endpoint primario era un composito di morte per qualsiasi causa, IM o un evento cerebrovascolare. Il rischio cumulativo di outcome primario a 2 anni è stato del 10.1% nel braccio 24 mesi rispetto al 10.0% del braccio 6 mesi. In aggiunta c era un rischio sempre maggiore di emorragia nel braccio 24 mesi in base a tutte le definizioni di sanguinamento prespecificate. Il trial ISAR-SAFE 6, studio multicentrico, internazionale, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo ha cercato di verificare se 6 mesi di duplice terapia antiaggregante orale con clopidogrel fossero non inferiori a 12 mesi, in termini di risultati clinici. A causa della lentezza del reclutamento e del basso numero di eventi, il trial è stato interrotto precocemente dopo un arruolamento di un totale di 4005 pazienti, ma sulla 529

6 G TARANTINI ET AL base dei dati disponibili (seppur in assenza di sufficiente potere statistico), non sono state rilevate differenze significative negli outcome primari di mortalità, IM, trombosi intrastent, ictus o sanguinamento maggiore tra i bracci di trattamento. Nel trial OPTIMIZE 7, allo scopo di verificare la problematica della durata della duplice terapia antiaggregante nei dispositivi di nuova generazione, sono stati arruolati 3119 pazienti con cardiopatia ischemica stabile che hanno ricevuto uno stent a rilascio di zotarolimus e randomizzati a ricevere ASA + clopidogrel per 3 o 12 mesi. Il tasso a 1 anno di un endpoint composito costituito da mortalità totale, IM, ictus o episodi di sanguinamento maggiore è risultato simile tra i due gruppi. Dopo 1 anno, i soggetti sono stati nuovamente randomizzati in due gruppi: uno ha continuato la duplice terapia antiaggregante mentre l altro ha sospeso clopidogrel allo scopo di valutare gli eventuali benefici della duplice terapia antiaggregante prolungata. Nei 18 mesi di follow-up della seconda parte dello studio, la mortalità e il tasso di IM, ictus, trombosi dello stent e rivascolarizzazione urgente non sono stati differenti tra i pazienti che hanno cessato o proseguito la duplice terapia antiaggregante (4.3 vs 3.8%). In compenso i sanguinamenti minori o maggiori sono stati più frequenti nei pazienti che hanno proseguito la duplice terapia antiaggregante. Il trial SECURITY 8 è uno studio multicentrico, randomizzato, condotto in Italia, Spagna e Paesi Bassi dal 2009 al 2014 che ha randomizzato un totale di 1399 pazienti a basso rischio a 6 o 12 mesi di duplice terapia antiaggregante dopo rivascolarizzazione elettiva. A 12 mesi di follow-up non si sono rilevate differenze nell endpoint primario (composto di morte cardiaca, IM, ictus, trombosi di stent o sanguinamento) con tassi molto bassi di trombosi di stent anche nel braccio 6 mesi. Il sanguinamento è stato numericamente ma non significativamente più elevato tra i pazienti trattati con duplice terapia antiaggregante per il periodo di 12 mesi. Tutti questi studi purtroppo possono difficilmente considerarsi conclusivi perché gravati da numerosi limiti tra cui la mancanza di sufficiente potere statistico per evidenziare differenze di endpoint maggiori, disegni spesso in aperto, scarsa numerosità della popolazione arruolata, bias di selezione con arruolamento di pazienti stabili ed a basso rischio, interruzione prematura di numerosi studi, frequente crossover del trattamento, bassi tassi di eventi ischemici, endpoint primari eterogenei tra gli studi e percentuale relativamente alta di pazienti persi al follow-up. Peraltro la disponibilità di antiaggreganti orali di nuova generazione ha riacceso il dibattito sulla durata della duplice terapia antiaggregante, ponendo le basi per nuovi grandi trial randomizzati. Lo studio DAPT 9 ha arruolato pazienti (dei quali 9961 trattati con stent a rilascio di farmaco e 1687 con stent metallici), di cui il 30.7% con IM alla presentazione. Al completamento dei 12 mesi di duplice terapia antiaggregante i pazienti che avevano avuto eventi ischemici o emorragici durante il trattamento sono stati esclusi, mentre i rimanenti sono stati randomizzati a continuare la terapia con ASA + una tienopiridina o il suo placebo. A 30 mesi il trattamento in cieco è stato interrotto e i pazienti sono stati seguiti per altri 3 mesi. L endpoint primario era l effetto della terapia antiaggregante sugli eventi ischemici ed emorragici. L incidenza degli endpoint di efficacia è stata significativamente ridotta nel gruppo che ha continuato la duplice terapia antiaggregante oltre i 12 mesi. Dal punto di vista della sicurezza del prolungamento della duplice terapia antiaggregante fino a 30 mesi, i risultati si sono dimostrati relativamente rassicuranti, visto che l atteso incremento dei sanguinamenti si è verificato, ma la differenza è stata causata da un eccesso di sanguinamenti di grado moderato, mentre quelli severi sono risultati simili nei due gruppi. Un altro importante dato è stato quello dell aumento degli eventi ischemici nei 3 mesi successivi alla sospensione della duplice antiaggregazione, indipendentemente da quando la sospensione sia avvenuta. Infine, nell analisi dei sottogruppi, è emersa una differenza significativa negli endpoint tra i pazienti ricoverati per sindrome coronarica acuta rispetto ai pazienti elettivi, con i primi che trarrebbero maggior beneficio da un prolungamento della duplice terapia antiaggregante. Il nuovo impulso alla ricerca della durata ottimale della duplice terapia antiaggregante stimolato dai risultati dello studio DAPT ha portato anche alla revisione della letteratura e l uscita, in tempi recenti, di diversi lavori basati su metanalisi. Il principale è quello prodotto da Palmerini et al. 10, pubblicato su Lancet nel giugno 2015, che, dopo la revisione di 10 studi clinici randomizzati (compreso lo studio DAPT), ha concluso che sebbene un prolungamento della duplice terapia antiaggregante oltre i 12 mesi dopo impianto di stent medicato riduca in modo significativo gli IM e la trombosi di stent, non porta, in definitiva, ad una riduzione complessiva della mortalità cardiovascolare e soprattutto determina un aumento significativo della mortalità non cardiovascolare. Queste conclusioni hanno creato grande scalpore e rimarcato la necessità di un chiarimento e di un consenso sulla gestione della duplice terapia antiaggregante nella pratica clinica. Lo studio PEGASUS-TIMI 54 Lo studio clinico multicentrico PEGASUS-TIMI ha arruolato pazienti con pregresso IM a distanza di almeno 1 anno dall evento acuto (mediana 1.7 anni) con criterio di inclusione la presenza di almeno una caratteristica di rischio aggiuntivo tra: età >65 anni, diabete mellito, insufficienza renale cronica, malattia coronarica multivasale, secondo infarto miocardico. Primo punto di grande interesse è stata la randomizzazione, in rapporto 1:1:1, in cui, accanto all atteso braccio ticagrelor 90 bid e a quello di controllo in placebo, un terzo gruppo di pazienti ha ricevuto ticagrelor a dosaggio ridotto (60 mg bid). I pazienti arruolati erano tutti stabili e in terapia medica ottimale (99.9% in ASA e >80% in terapia con betabloccante, statine e un inibitore del sistema renina-angiotensina) e sono stati seguiti in follow-up per almeno 33 mesi. È importante sottolineare che i criteri di inclusione prevedevano un profilo di rischio ischemico medio-alto, mentre di contro sono stati esclusi i pazienti con predisposizione o storia di sanguinamento, o necessità di terapia anticoagulante. L endpoint primario di efficacia era un composito di morte cardiovascolare, IM e ictus, mentre l endpoint primario di sicurezza erano i sanguinamenti maggiori secondo i criteri TIMI. Da sottolineare come l endpoint IM riguardasse quello spontaneo e non quello periprocedurale, quindi con un significativo impatto prognostico. Entrambi i dosaggi di ticagrerol hanno dimostrato una riduzione significativa dell endpoint primario di efficacia (ticagrelor 90 mg: hazard ratio [HR] 0.85, intervallo di confidenza [IC] 95% ; p=0.008; ticagrelor 60 mg: HR 0.84, IC 95% ; p=0.004). Nell analisi esplorativa degli endpoint, entrambi i dosaggi hanno dimostrato una riduzione significativa in termini di IM. Inoltre si evidenziava un effetto favorevole coerente sui singoli componenti dell endpoint composito, con HR di 0.85 (IC 95% ), 0.83 (IC 95% ) e 0.78 (IC 95% 530

7 LO STUDIO PEGASUS-TIMI ) per morte cardiovascolare, IM e ictus per le dosi ticagrelor pool vs placebo. Al dosaggio di 60 mg, il ticagrelor ha mostrato inoltre una differenza significativa nell incidenza di ictus ischemico. Nessuna differenza è emersa tra ticagrelor (ad entrambi i dosaggi) e placebo in termini di morte da qualsiasi causa. Prendendo in considerazione gli endpoint di sicurezza, è emersa una differenza significativa a sfavore di entrambi i dosaggi di ticagrelor rispetto al placebo per i sanguinamenti TIMI minori e maggiori, sanguinamenti richiedenti trasfusioni e sanguinamenti determinanti l interruzione del trattamento. Nessuna differenza statisticamente significativa è invece emersa rispetto al placebo nei sanguinamenti intracranici e fatali. Da segnalare infine che ad entrambi i dosaggi di ticagrelor è stata significativamente più frequente l incidenza di dispnea, che ha condizionato una più frequente interruzione del trattamento, rispetto al gruppo placebo, specie nel gruppo ticagrelor 90 mg bid. Commento Secondo i risultati dello studio PEGASUS-TIMI 54 il trattamento con ticagrerol a lungo termine ha quindi ridotto il rischio di morte cardiovascolare, IM o ictus nei pazienti con pregresso IM. Con l aggiunta di questo farmaco antiaggregante, le curve iniziano a divergere presto, e continuano a separarsi nel tempo, sostenendo ulteriormente il concetto di doppia terapia antiaggregante a lungo termine con ASA e ticagrelor. Il vantaggio di ticagrelor è stato coerente sia per i componenti fatali e non fatali dell endpoint primario. È stato inoltre coerente per tutta la durata del trattamento e tra i maggiori sottogruppi clinici. Nonostante i casi di sanguinamenti maggiori TIMI siano stati circa 2.5 volte più frequenti in entrambi i bracci ticagrelor rispetto a placebo, e la necessità di trasfusioni da 3 (60 mg) a 3.7 (90 mg) volte più frequente, è importante sottolineare che non vi era alcuna differenza tra i cosiddetti episodi di sanguinamento irreversibili, ovvero le emorragie intracraniche o i sanguinamenti fatali (0.63% nel gruppo ticagrelor 90 mg, 0.71% nel gruppo ticagrelor 60 mg e 0.6% nel gruppo placebo). Se pertanto è indubbio, e in un certo senso atteso, il risultato dello studio in termini di efficacia statistica, con una riduzione netta del 15% degli eventi ischemici nel periodo di osservazione, ed è anche evidente l assenza di problemi legati ad eventi emorragici fatali o estremamente severi come quelli intracranici, rimane comunque aperta la questione dell aumentato rischio emorragico. Molto onestamente gli stessi autori hanno stimato che trattando pazienti con ticagrelor 90 mg bid sia possibile prevenire 40 eventi ischemici al costo di 41 eventi emorragici, per un risultato netto quindi sfavorevole, mentre al dosaggio di 60 mg bid gli eventi ischemici prevenuti sarebbero 42 a fronte di 31 emorragie maggiori. Nel confronto a distanza tra i due diversi dosaggi, ticagrerol 60 mg non si è quindi dimostrato inferiore al fratello maggiore 90 mg nella prevenzione degli eventi ischemici e ha mostrato una tendenza, benché non statisticamente significativa, verso un maggior profilo di sicurezza in termini sia di eventi emorragici che di dispnea, e quindi di necessità di interrompere il trattamento. Infatti il numero necessario di pazienti da trattare (NNT) nei 3 anni per prevenire un evento ischemico maggiore (morte cardiovascolare, IM o ictus) è 79, mentre il numero di pazienti da trattare necessario per provocare un sanguinamento maggiore (NNH) è di 106. Proprio nell utilizzo di ticagrerol 60 mg risiede, a nostro avviso, la principale intuizione e novità portata dallo studio PE- GASUS-TIMI 54, introducendo il concetto di modulazione nel tempo della duplice terapia antiaggregante per preservarne i vantaggi in termini di prevenzione secondaria dell evento ischemico riducendo al minimo l impatto degli eventi emorragici. Un possibile fattore confondente, da tenere conto nell interpretazione dei dati, è che, rispetto allo studio DAPT, in cui i pazienti sono stati randomizzati al completamento dei 12 mesi di duplice antiaggregazione, nello studio PEGASUS-TIMI 54 i ricercatori non hanno specificato la storia del paziente in termini di duplice terapia antiaggregante al momento della randomizzazione. In altre parole la popolazione PEGASUS non era omogenea in termini di timing della sospensione dei 12 mesi di duplice antiaggregazione e di tipo di antiaggregante utilizzato in associazione all ASA dopo l evento acuto. Appare giustificato chiedersi se i risultati ottenuti con ticagrelor nel PEGASUS possano essere estesi al clopidogrel, essendo ad oggi quest ultima la tienopiridina rimborsabile nel paziente stabile. Se infatti gli svantaggi di clopidogrel rispetto ai nuovi inibitori del recettore piastrinico P2Y 12 in termini di rapidità e potenza d azione sono dimostrati nei primi 12 mesi da un evento acuto, nell ottica di una duplice terapia antiaggregante a lungo termine potrebbero emergerne gli indubbi vantaggi, in termini di costo, riduzione degli eventi emorragici e effetti indesiderati; bisogna tuttavia ricordare, come già scritto in precedenza, che è stato già effettuato uno studio dedicato con clopidogrel (CHARISMA) ed i risultati globali sono stati negativi 4 con un dato favorevole solo nell analisi post-hoc del sottogruppo di pazienti ad alto rischio (pregresso IM, ictus o vasculopatia periferica sintomatica) che per quanto importante 12 non può rivestire lo stesso valore dei risultati di un grande trial randomizzato specifico come il PEGASUS. Ad oggi quindi il dato più significativo che dimostra un beneficio della duplice terapia antiaggregante orale prolungata è quello del PEGASUS e riguarda il ticagrelor. Ma la vera domanda è: cosa cambia alla luce dei dati dello studio PEGASUS nella gestione della duplice terapia antiaggregante orale nella nostra pratica quotidiana? Valgimigli et al. 13 hanno pubblicato i risultati di una survey inviata alla mailing list di EuroIntervention prima e dopo il congresso dell American Heart Association in cui sono stati presentati i risultati di tre diversi trial randomizzati sulla duplice terapia antiaggregante orale in era pre-pegasus. Degli oltre 1000 medici che hanno compilato il questionario prima del congresso, solo 2 su 10 credevano nell estensione della duplice terapia antiaggregante orale, mentre degli oltre 500 medici che hanno risposto dopo il congresso il 46.1% ha manifestato incertezza sulla durata ottimale in base alle nuove evidenze disponibili e il 40% ha rimarcato la necessità di nuove linee guida in tal senso. Una survey italiana condotta dal gruppo GISE TOLOVE tra i responsabili di laboratorio di emodinamica di 5 Regioni italiane (Toscana, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Puglia), condotta poco dopo la presentazione dei dati del trial PEGASUS, ha invece evidenziato che più del 50% degli intervistati pensa che, alla luce dei risultati di questo trial, sia ragionevole prolungare oltre i 12 mesi la durata della duplice terapia antiaggregante orale nel paziente con i criteri del trial. Recentemente Montalescot e Sabatine 14 hanno provato a mettere ordine nelle attuali incertezze della comunità scientifica, proponendo un algoritmo per la gestione della duplice terapia antiaggregante orale dopo sindrome coronarica acuta basato soprattutto sulla valutazione del rischio emorragico del pa- 531

8 G TARANTINI ET AL ziente, che condizionerebbe 3 mesi, 12 mesi di duplice terapia antiaggregante o terapia a lungo termine, e che costituisce un importante tentativo di formalizzare la nuova tendenza a modulare la duplice terapia antiaggregante orale in base a diversi fattori; in particolare i due autori raccomandano una duplice terapia antiaggregante prolungata quando la diagnosi di malattia coronarica ostruttiva è documentata, in caso di storia di IM spontaneo con malattia coronarica confermata angiograficamente in assenza di alto rischio di sanguinamento. Conclusioni In conclusione, alla domanda sull impatto dei risultati del trial PEGASUS nella nostra pratica clinica, la risposta più immediata è che nel paziente ad alto rischio ischemico e a basso rischio emorragico è giustificata una duplice terapia antiaggregante prolungata oltre i 12 mesi con ticagrerol 60 mg (potrebbe essere preso in considerazione anche il dosaggio di 90 mg in caso di rischio ischemico molto alto ed emorragico molto basso). In particolare, nel paziente con criteri PEGASUS già trattato con ticagrelor 90 bid per i primi 12 mesi dall evento acuto, senza manifestazioni emorragiche in suddetto periodo, è indicato proseguire la duplice terapia antiaggregante con ticagrelor 60 mg a lungo termine. Infine, la terapia prolungata con ticagrelor 60 mg in associazione ad ASA potrebbe considerarsi preziosa ed irrinunciabile nei pazienti che hanno sperimentato ripetuti episodi ischemici acuti e/o numerose rivascolarizzazioni coronariche nel tempo, specie se a rischio emorragico non alto. Più in generale, questi risultati confermano ancora una volta la necessità di una terapia di prevenzione secondaria degli eventi ischemici, non preconfezionata sulla base di rigidi protocolli, bensì, in un contesto caratterizzato dalla disponibilità di più molecole e dispositivi, individualizzata sulle caratteristiche del singolo paziente, sul tipo di evento e sui materiali utilizzati. BIBLIOGRAFIA 1. Yusuf S, Zhao F, Mehta SR, Chrolavicius S, Tognoni G, Fox KK; Clopidogrel in Unstable Angina to Prevent Recurrent Events Trial Investigators. Effects of clopidogrel in addition to aspirin in patients with acute coronary syndromes without ST-segment elevation. 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Circulation 2012;125: Schulz-Schüpke S, Byrne RA, Ten Berg JM, et al.; Intracoronary Stenting and Antithrombotic Regimen: Safety And EFficacy of 6 Months Dual Antiplatelet Therapy After Drug-Eluting Stenting (ISAR-SAFE) Trial Investigators. ISAR-SAFE: a randomized, doubleblind, placebo-controlled trial of 6 vs 12 months of clopidogrel therapy after drug-eluting stenting. Eur Heart J 20151;36: Feres F, Costa RA, Abizaid A, et al.; OPTIMIZE Trial Investigators. Three vs twelve months of dual antiplatelet therapy after zotarolimus-eluting stents: the OPTIMIZE randomized trial. JAMA 2013;310: Colombo A, Chieffo A, Frasheri A, et al. Second-generation drug-eluting stent implantation followed by 6- versus 12-month dual antiplatelet therapy: the SECURITY randomized clinical trial. J Am Coll Cardiol 2014;64: Mauri L, Kereiakes DJ, Yeh RW, et al.; DAPT Study Investigators. Twelve or 30 months of dual antiplatelet therapy after drugeluting stents. 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