L ANALISI DEI FIBROBLASTI DERMICI IN COLTURA NELLO STUDIO DELLE SINDROMI DI EHLERS-DANLOS

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1 L ANALISI DEI FIBROBLASTI DERMICI IN COLTURA NELLO STUDIO DELLE SINDROMI DI EHLERS-DANLOS Nicoletta Zoppi Sezione di Biologia e Genetica, Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università degli Studi di Brescia, Brescia I fibroblasti dermici sono cellule che si ottengono da una biopsia cutanea. La biopsia cutanea è un frammento di cute, che il dermatologo preleva in anestesia locale, in genere dall avambraccio, utilizzando un bisturi a lama circolare detto punch. Il bisturi riesce a tagliare sufficientemente in profondità per ottenere un frammento cutaneo, che è formato da tre componenti principali: - uno strato corneo, più esterno, composto da cellule di sfaldamento, che protegge la superficie corporea dagli agenti nocivi provenienti dall ambiente esterno; - l epidermide, formata da cellule dette cheratinociti, che si uniscono strettamente tra loro e con la porzione sottostante di tessuto; - il derma sottocutaneo, molto vascolarizzato e formato da una componente proteica e da una componente cellulare. Nel derma risiedono molti tipi di cellule, tra cui i fibroblasti, che sono le cellule deputate a produrre le proteine del derma. Queste proteine, rappresentate per lo più da collageni (COLL), si organizzano in una rete fibrillare detta matrice extracellulare (ECM) del tessuto connettivo dermico. La ECM conferisce al tessuto la struttura, l elasticità e la necessaria resistenza alle forze di trazione e di pressione. Dal derma, opportunamente frammentato in condizioni di sterilità, si ottengono frammenti di tessuto che, adagiati in un contenitore di plastica (piastra Petri), a contatto con terreno di coltura, danno origine ai fibroblasti dermici. Il terreno di coltura è una miscela di sali minerali, vitamine e fattori di crescita, che mimano le condizioni presenti nel derma in vivo e che consentono ai fibroblasti di crescere e moltiplicarsi. Dopo circa 2 settimane (tempo variabile, influenzato da fattori come l età del donatore), compaiono nella piastra i primi fibroblasti, che, crescendo e duplicandosi, formano un monostrato cellulare confluente, che occupa tutta la superficie della piastra: questa è una coltura primaria di fibroblasti in vitro, visibile con un microscopio, le cui lenti possono variamente ingrandire le cellule, permettendoci di apprezzarne la morfologia. I fibroblasti sono cellule allungate, fusiformi, che tendono a crescere le une vicino alle altre. Queste cellule proliferano e si dividono per dare origine alle colture cellulari secondarie. Queste possono essere conservate nei laboratori di ricerca in condizioni subvitali, a basse temperature (-196 C), per tempi molto lunghi. Con questi procedimenti si crea una banca di cellule, in cui i fibroblasti originati da una biopsia cutanea di un singolo individuo, vengono conservati e sono reperibili per diversi studi anche molto tempo dopo la loro messa in coltura. Queste banche di cellule hanno quindi un valore inestimabile per gli studi sul paziente e per la ricerca. Nel nostro laboratorio di ricerca negli ultimi anni sono state allestite biopsie cutanee prelevate da numerosi pazienti affetti dalle diverse forme di sindrome di Ehlers-Danlos (EDS). Il sistema cellulare dei fibroblasti dermici coltivati in vitro permette di: - Studiare le caratteristiche delle cellule di un paziente, o di pazienti con caratteristiche cliniche e molecolari simili, mettendole a confronto con le caratteristiche delle cellule derivate da un soggetto non affetto dalla patologia di interesse, che quindi è un individuo di controllo; - Analizzare le proteine che sono alterate nell organismo in vivo: il sistema cellulare in vitro è un buon paradigma per lo studio dell organismo in vivo, poiché alcune caratteristiche delle cellule del derma sottocutaneo sono mantenute dalle cellule in coltura; - Studiare gli effetti di una mutazione genica, responsabile della malattia, sui meccanismi biologici attivati nella cellula, ad esempio la sopravvivenza, la crescita e la migrazione cellulare. La sopravvivenza cellulare in vivo è fondamentale per mantenere vitali e quindi 1

2 funzionanti i tessuti e gli organi; la crescita è la capacità delle cellule di moltiplicarsi e ciò è necessario per sostituire con cellule giovani le cellule che nel nostro organismo invecchiano e muoiono periodicamente; la migrazione cellulare è un meccanismo molto attivo durante le fasi precoci dello sviluppo embrionale, quando è necessario formare tessuti e organi diversi, ma si riattiva nell organismo adulto, quando è necessario rigenerare i tessuti, come nel caso del riparo delle ferite. Questo sistema cellulare è anche molto utile per mettere a punto strategie in vitro, che consentano a cellule patologiche di riacquistare le caratteristiche (fenotipo) perse rispetto alle cellule di controllo. Poiché ciò che accade in vitro è simile a quanto avviene nell organismo in vivo, la messa a punto di strategie di recupero del fenotipo in vitro può indirizzare verso lo sviluppo di protocolli terapeutici in vivo. L analisi delle proteine consiste nel valutare se una proteina di interesse è prodotta dalle cellule in esame, se è strutturalmente corretta o alterata e in quali compartimenti della cellula si localizza. Questi studi possono essere eseguiti usando la tecnica dell immunofluorescenza indiretta. Sapendo quale proteina ci interessa, è necessario avere a disposizione un anticorpo primario, che riconosca e leghi la proteina; questo legame, che avviene solo se nella cellula la proteina è presente, diventa visibile solo quando una seconda molecola, o anticorpo secondario, si lega al primario. L anticorpo secondario, quando è colpito da un raggio luminoso (radiazione ultravioletta) emette una fluorescenza, cioè una luce propria colorata. Questa luce può essere raccolta dalle lenti oculari di un microscopio a fluorescenza, o da una telecamera a colori per essere inviata al video di un computer. Le cellule in entrambi i casi appaiono colorate e il colore sta ad indicare la presenza dell anticorpo secondario, che è legato alla proteina di interesse. Tutte le proteine prodotte dalle cellule possono essere studiate con questa tecnica, quando siano disponibili gli anticorpi primari che le ne permettono il riconoscimento. Con la tecnica dell immunofluorescenza indiretta è possibile studiare ad esempio le proteine della matrice extracellulare, che si organizzano nel derma sottocutaneo di un individuo sano, il collagene ti tipo I (COLLI), di tipo III (COLLIII) e di tipo V (COLLV), abbondantemente organizzati in questo tessuto. Nel derma sono presenti, in quantità minore, anche la fibronectina, le fibrilline e le tenascine. Queste proteine sono particolarmente abbondanti in seguito a lesioni e quando il tessuto attiva i processi di rigenerazione tissutale. Il derma dei pazienti EDS è normalmente alterato perché i fibroblasti in esso residenti non sono in grado di produrre, nelle varie forme della malattia, molecole funzionali dei diversi collageni. I fibroblasti dermici di un individuo di controllo sono in grado di produrre le proteine della ECM anche quando sono cresciuti in vitro: essi organizzano queste proteine in una ECM fibrillare, che ricopre la superficie cellulare e che è formata principalmente da fibronectina, COLLIII, COLLV e tenascine. I fibroblasti non rimangono sospesi nella ECM, ma si legano a queste proteine attraverso molecole dette integrine. Le integrine si dispongono sulla superficie cellulare e legando la ECM in modo specifico (integrina α2β 1 per i collageni, integrina α5β 1 per la fibronectina, integrina αvβ 3 per fibrillina, fibronectina e un più vasto spettro di proteine della ECM), regolano la sopravvivenza, la proliferazione e la migrazione cellulare in vitro (Figura 1). Usando l immunofluorescenza indiretta con anticorpi in grado di riconoscere la fibronectina, la fibrillina e le integrine α5β 1 e αvβ 3, abbiamo confrontato un pannello di fibroblasti cresciuti in vitro, derivanti da 20 pazienti EDS di tipo vascolare, da 10 pazienti di tipo classico e da 5 di tipo ipermobile, con un pannello di fibroblasti ottenuti da individui di controllo. Mentre le cellule di controllo sono interamente ricoperte da una ECM di fibronectina e di fibrillina, l 80% circa le cellule derivate dai pazienti EDS non organizza queste proteine nella ECM. L integrina α5β 1, organizzata su tutta la superficie dei fibroblasti di controllo, è assente sulle cellule EDS, che organizzano una integrina sostitutiva, αvβ 3, e non osservabile nei fibroblasti di controllo (Figura 1) [1]. La maggior parte dei fibroblasti EDS analizzati mostra quindi, indipendentemente dal fatto che le cellule derivino da pazienti affetti da EDS vascolare, classica o ipermobile quattro caratteristiche comuni: l assenza della ECM di fibronectina e di fibrillina, la disorganizzazione 2

3 dell integrina α5β 1 e l organizzazione dell integrina αvβ 3. Questi 4 marcatori sono osservati nelle cellule EDS e non in cellule derivate da individui affetti da altre connettivopatie ereditarie e sono quindi marcatori specifici per le cellule EDS. Fibroblasti di controllo Fibrillina Collagene III Collagene V Fibronectina α2β1 α5β1 αvβ3 Fibroblasti EDS α2β1 Fibronectina αvβ3 Figura 1. Fibroblasti EDS di tipo classico, ipermobile e vascolare, a differenza di quelli derivati da individui di controllo, non organizzano la ECM di fibronectina e di fibrillino e il loro recettore, l'integrina α5β 1 e organizzano l'integrina αvβ 3, che consente la sopravvivenza cellulare. I fibroblasti EDS coltivati in vitro mostrano inoltre caratteristiche specifiche a seconda del tipo di EDS considerata: le cellule EDS di tipo classico, a causa delle mutazioni nei geni che codificano per il COLLV, non organizzano la ECM di COLLV; questo determina la mancata organizzazione della ECM di COLLIII. A causa delle mutazioni nel gene che codifica per il COLLIII, le cellule EDS di tipo vascolare non organizzano la ECM di COLLIII, senza che questo influenzi l organizzazione del COLLV. Questi due tipi di fibroblasti EDS organizzano, come le cellule di controllo, la ECM di tenascina, che manca in modo specifico nelle cellule EDS di tipo ipermobile. Questo dato è interessante, anche se è ancora di difficile spiegazione, dal momento che il gene responsabile della forma ipermobile di EDS non è ancora stato caratterizzato. In vivo la tenascina ha un ruolo importante nella fase di deposizione dei COLL, la cui organizzazione nei fibroblasti di tipo ipermobile coltivati in vitro è difettiva. Questa disorganizzazione sembrerebbe essere in accordo con alcuni dati di letteratura che riportano in un gruppo ristretto di pazienti EDS, con caratteristiche simili a quelle dei pazienti con EDS classica e ipermobile, una diminuzione dei livelli serici di tenascinax. In conclusione l analisi dei fibroblasti dermici in coltura ha permesso di dimostrare che nelle cellule EDS la mutazione in un singolo gene può influenzare sia l organizzazione del collagene specificamente alterato, che di un pannello di proteine che si organizzano nella ECM dei tessuti connettivi. L analisi di queste proteine può indirizzare verso la ricerca del gene coinvolto nella 3

4 malattia e quindi verso la diagnosi molecolare della malattia nei casi in cui non sia stato ancora identificato il gene causale. Successivamente abbiamo effettuato uno studio sull effetto dell aggiunta al terreno di coltura delle cellule EDS del collagene che non erano in grado di produrre: molecole di COLLV umano purificato sono state addizionate al terreno delle cellule EDS di tipo classico e molecole di COLLIIII umano al terreno delle cellule EDS di tipo vascolare. In queste condizioni i fibroblasti EDS hanno riorganizzato rispettivamente la ECM di COLLV e di COLLIII. Inoltre hanno organizzato la ECM di fibronectina e l integrina α5β 1 e disorganizzato l integrina αvβ 3 [1]. Le cellule EDS, in presenza dei collageni esogeni per cui sono difettive, recuperano quindi le caratteristiche tipiche dei fibroblasti di controllo in vitro. L assenza dei collageni ha un effetto negativo sull organizzazione delle altre proteine della ECM, mentre la loro disponibilità induce il loro assemblaggio. Questo risultato è importante perché ci fornisce conoscenze utili per poter pensare ad una futura terapia in vivo, che sia efficace nel ristabilire le proprietà strutturali e funzionali della cute. In questi ultimi anni abbiamo studiato inoltre gli effetti indotti dalle mutazioni caratterizzate nei pazienti EDS su alcuni meccanismi biologici attivati dai fibroblasti dermici: alcuni di questi risultati riguardanti il meccanismo della migrazione cellulare, sono rilevanti, soprattutto per le possibili implicazioni che potrebbero avere a livello terapeutico in vivo nel riparo delle ferite. Questo processo nel nostro organismo è particolarmente complesso e richiede l intervento di numerosi tipi di cellule. La ferita è una lesione più o meno profonda, ma in generale nei pazienti EDS interessa sia l epitelio, costituito da cheratinociti) che il derma sottocutaneo, che contiene prevalentemente fibroblasti. In un individuo sano, a livello della ferita, le piastrine attivano il processo di coagulazione, formando una matrice provvisoria ricca di fibrina e fibronectina, che blocca il flusso ematico. I macrofagi tendono ad eliminare i frammenti cellulari dalla ferita ed eventuali batteri che qui possono annidarsi, ma producono anche molecole, che attraggono nel coagulo di fibrina le cellule del derma circostante. In particolare i fibroblasti dal derma migrano nella ferita, producendo abbondanti quantità di fibronectina e collageni. Queste proteine costituiscono una matrice, che prende il nome di tessuto di granulazione, che i fibroblasti utilizzano per muoversi e migrare nella regione della lesione. Un meccanismo simile si attiva anche per i cheratinociti dell epitelio che si ristratifica. Nelle fasi finali del processo di riparo, la ferita è ripopolata dai fibroblasti, che si sono moltiplicati, le fibre collagene maturano, la ferita si contrae e si forma una cicatrice. Per assicurare la cicatrizzazione della lesione è quindi necessario che i fibroblasti siano in grado di migrare e per fare ciò devono produrre fibronectina e collageni, che organizzano in una matrice su cui possono spostarsi. Per verificare se i fibroblasti EDS, che non sono in grado di produrre fibronectina e collageni e di organizzarli nella ECM, sono in grado di migrare, quando stimolati dalla ferita in vivo, è possibile utilizzare il test di migrazione cellulare in vitro, che misura la capacità migratoria delle cellule. In questo test un monostrato confluente di fibroblasti viene lesionato con una spatola, per togliere in una specifica zona le cellule e la loro ECM; lo spazio vuoto che si crea mimica la ferita in vivo. I fibroblasti, che si trovano ai due lati della ferita in vitro dovrebbero riempire la lesione, moltiplicandosi e producendo fibronectina e collageni su cui muoversi per migrare dal monostrato intatto verso lo spazio vuoto. Questo test è stato eseguito su fibroblasti di controllo e cellule EDS di tipo classico e di tipo vascolare, cresciute in assenza e in presenza dei collageni per cui sono difettive, rispettivamente COLLV e COLLIII. I fibroblasti di controllo, che al momento della ferita si trovano al confine tra il monostrato di cellule e lo spazio vuoto, dopo 72 ore in coltura, migrano e ripopolano lo spazio vuoto, sia in assenza che in presenza di collageni esogeni, indicando che essi vengono stimolati dalla lesione a migrare e sono in grado di produrre le proteine della ECM. I fibroblasti EDS in assenza dei collageni purificati, dopo 72 ore, non migrano dal fronte della lesione e non ripopolano lo spazio vuoto. Le cellule EDS riacquistano proprietà migratorie confrontabili con quelle di controllo quando sono trattate con COLLV (EDS di tipo classico) o 4

5 COLLIII (EDS di tipo vascolare) [2]. Questi risultati indicano che le cellule EDS di tipo classico e vascolare non sono in grado di migrare in vitro per la mancanza di collageni e che il trattamento con i collageni purificati per cui sono difettive fa recuperare la capacità migratoria. In conclusione l analisi dei fibroblasti dermici in coltura si è dimostrata utile nello studio delle EDS perché ha permesso di dimostrare che: - Una mutazione genica specifica può influenzare e alterare un certo numero di proteine, che si organizzano nella ECM dei tessuti connettivi in vivo. In particolare una mutazione nei geni del COLLIII o del COLLV si ripercuote sull organizzazione non solo dei collageni, ma anche di fibronectina, fibrillina e recettori integrinici. - L analisi di queste proteine, che sono alterate nei fibroblasti di pazienti affetti da EDS classica, vascolare e ipermobile, può indirizzare verso la diagnosi di EDS e la ricerca del gene coinvolto nella malattia. - La disorganizzazione di queste proteine della ECM non permette la migrazione cellulare durante il riparo delle ferite. - I COLLIII e V esogeni umani purificati sono in grado di indurre in vitro il recupero della matrice extracellulare e della migrazione cellulare, tipici dei fibroblasti di controllo. Il recupero di queste caratteristiche in vitro può indirizzare verso lo studio di possibili strategie terapeutiche efficaci in vivo. Bibliografia 1. Zoppi N, Gardella R, De Paepe A, Barlati S, Colombi M. Human fibroblasts carrying mutations in COL5A1 and COL3A1 genes do not organize the extracellular matrix, down-regulate α2β 1 integrin and recruit αvβ 3 instead of α5β 1 integrin. 2004, J Biol Chem 279: Viglio S, Zoppi N, Sangalli A, Gallanti A, Barlati S, Mottes M, Colombi M, Valli M. Rescue of migratory defects of Ehlers-Danlos fibroblasts in vitro by type V collagen but not insulin-like binding protein , J Invest Dermatol 128:

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