The scombroid syndrome (Histamine Fish Poisoning): a review La sindrome sgombroide (Histamine Fish Poisoning): una rassegna

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1 Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'umbria e delle Marche Webzine Sanità Pubblica Veterinaria: Numero 38 Novembre 2006 [ Pagina 1 di 16 torna alla copertina della rivista torna all'indice generale di SPV The scombroid syndrome (Histamine Fish Poisoning): a review La sindrome sgombroide (Histamine Fish Poisoning): una rassegna Alini D. A., Bassoni M. S., Biancardi M., Magnani V., Martinotti R. G. Summary: Scombroid syndrome (Histamine Fish Poisoning - HFP) is a complex of symptoms caused by biogenic amines, mainly the histamine, contained in foods. But the illness is not a simple poisoning from histamine. Notwithstanding it is linked to high levels of this substance in fishes of certain species contaminated by bacteria, the pathogenesis of HFP is still not clearly delineated. Some of the responsible bacteria are present in the ordinary microbial flora of the fish; many of them derives from contamination that may happen at whatever level in the food processing chain. The "key" for limiting the bacterial contamination (and of course the derived histamine), is a rapid refrigeration of the product immediately after the capture and the maintenance of the the cold. In this survey we tried to outline the HFP in order to the evaluation of the risk. In this paper the following subjects have been discussed: hazard identification, dose-answer assessment, exposition and characterization of the risk. INTRODUZIONE La sindrome sgombroide (HFP) è una patologia di origine alimentare causata dal consumo di prodotti ittici alterati o contaminati da batteri, in assenza di alterazioni organolettiche. Ad oggi nessun metodo di preparazione, compresi la congelazione, l'inscatolamento, l'affumicatura, portano alla distruzione della noxa tossica. L'istamina è una sostanza fisiologicamente presente nei mammiferi; essa è contenuta nei mastociti e nei granulociti basofili, ed i suoi effetti biologici sono visibili solo quando viene liberata ad alte dosi nel corso di reazioni allergiche o di altro tipo. L'effetto viene esercitato legandosi ai recettori cellulari di membrana negli apparati respiratorio, cardiocircolatorio, gastroenterico, e del sistema immunitario. Poiché la sindrome è dovuta alla tossicità dell'istamina, vi sono variazioni individuali di suscettibilità, ed i segni clinici sono più gravi in coloro i quali assumono farmaci che inibiscono gli enzimi detossificanti l'istamina nell'intestino. 1) IDENTIFICAZIONE DEL PERICOLO E' un processo che tende a determinare se una particolare sostanza è o non è causalmente legata a particolari effetti sulla salute umana. Esso comprende i seguenti argomenti: fonti del pericolo frequenza con la quale può presentarsi nell'alimento, ed in quali quantità alimento che con maggior frequenza lo veicola meccanismo di tossicità patogenesi, clinica, anatomia patologica, diagnosi della patologia metodi di rilevazione del pericolo 1.1 Il metabolismo dell'istidina e la produzione di istamina. L'istamina viene prodotta per decarbossilazione dell'istidina (His). E' indispensabile che l'aminoacido si trovi in forma libera (Arnold e Brown, 1978); questo spiega il perché si parla di sindrome sgombroide: queste specie ittiche infatti hanno un elevato contenuto in His-libera nel tessuto muscolare che nelle specie definite dagli autori anglosassoni "attive", cioè soggette a continui e lunghi spostamenti (migrazioni), può avere un effetto buffer, proteggendo i tessuti dall'improvviso aumento di acido lattico. Il livello di His nel muscolo del pesce vivo è regolato dagli enzimi L-istidina- ammoniolisasi o istidina deaminasi

2 Pagina 2 di 16 (HAL) ed urocanasi, i quali sono i modulatori /mediatori dei primi due passaggi del normale ciclo catabolico di His. A titolo di esempio si cita quanto rilevato da Ijomah et al. (1992, citato da Lehane e Olley, 2000), e cioè che i livelli di istidina variano da 1 g/kg nell'aringa (clupeide, specie a carne bianca) a 15 g/kg nel tonno (sgombride, specie a carne rossa). fig.1: prodotti del catabolismo delle sostanze azotate proteiche (da Haouet M.N.) Il metabolismo di His segue fondamentalmente due vie: la principale e più frequente per la maggior parte dei batteri ha come prodotto il glutamato che va a convertirsi reversibilmente in alfa-chetoglutarato, il quale è un intermedio nel ciclo dell'acido citrico (ciclo di Krebs) (Stryer, 1981). La prima tappa in questa via è la deaminazione (perdita di NH3) per azione dell'enzima HAL, che dà luogo alla formazione di acido urocanico (Baranowski, 1985). HAL è molto diffuso tra i batteri (Shibatani et al., 1974; Baranowski, 1985) e, a differenza di istidina decarbossilasi, è anche un componente del tessuto muscolare del pesce (Kawai e Sakaguchi, 1968; Mackie e Fernandez-Salguero, 1977). Alcuni batteri possiedono l'enzima urocanasi che catabolizza l'acido urocanico, ma sembra che non abbia pari attività rispetto a HAL: infatti l'acido urocanico è stato rinvenuto a concentrazioni molto superiori rispetto all'istamina : 47.4 p.p.m. contro 1.9 p.p.m., in sgombri dopo 18 giorni di stoccaggio a T di 0 C (Mackie e Fernandez-Salguero, 1977; Fernandez-Salguero e Mackie, 1979). La via meno frequente è la decarbossilazione (perdita di COO -). Per azione dell'enzima istidino-decarbossilasi (HD) (Stryer, 1981) si forma istamina, la quale può venire ulteriormente catabolizzata per azione dell'enzima diaminoossidasi o istaminasi (DAO), a imidazolacetaldeide e acido imidazolacetico; o per azione dell'enzima istamina metiltransferasi (HMT), a metilistamina (Rice et al., 1976).

3 Pagina 3 di 16 Il range di ph ottimale per l'attività di HD va da 2.5 a 6.5, ed il ph degli sgombroidi freschi va da 5.5 a 6.5; questo livello di lieve acidità favorisce la produzione di istamina da parte delle decarbossilasi batteriche. A queste condizioni di ph si ha anche una modica attività istaminasica, l'optimum per la quale si ha per valori compresi tra 7.5 e 8.0 (Arnold e Brown, 1978). Una elevata temperatura di conservazione del prodotto ittico (0 C < T < 10 C) provoca un veloce processo di deterioramento batterico - spoilage -. Si rammenta che la normativa vigente prevede la conservazione dei prodotti ittici freschi a temperatura "vicina a quella di fusione del ghiaccio". Nonostante a temperature più elevate corrisponda una maggiore carica batterica superficiale e profonda, non è possibile - anche sulla base di lavori sperimentali - mettere in relazione la carica batterica con la produzione di istamina: è più importante, ai fini della formazione di istamina, la composizione (qualità) della flora contaminante, piuttosto che il suo numero (quantità). Fig. 2: fattori favorenti la formazione di istamina (da Haouet M.N.) L'ACIDO UROCANICO L'acido urocanico è un composto imidazolico ed un metabolita dell'istidina nella catena di reazioni di deaminazione. E' una sostanza naturalmente prodotta dall'organismo umano, presente nel sudore con un'azione filtrante nei confronti dei raggi UVB e viene utilizzato come sostanza di protezione cutanea nei prodotti cosmetici abbronzanti, anche se, nonostante siano state effettuate prove per valutarne la sicurezza, il Cosmetic Ingredient Review Export Panel (1995) afferma che "non si può concludere che l'acido urocanico è sicuro nelle formulazioni cosmetiche". Il suo isomero cis ha effetto immunosoppressore: esso è stato recentemente riconosciuto come induttore dell'istamina in vivo nel topo, e come degranulatore dei mastociti in colture di cellule cutanee umane. 1.2 Possibili meccanismi di tossicità nell'uomo. La somministrazione per os di istamina pura non provocherebbe effetti sistemici, in quanto viene inattivata nell'intestino prima di entrare nel circolo portale, convertita dalla flora enterica (soprattutto E. coli) a N-acetilistamina inattiva - forma facilmente assorbita -, e la frazione restante di istamina libera viene distrutta nel fegato, prima di entrare nel circolo generale (Weiss et al., 1932; Douglas, 1970, citato da Arnold e Brown, 1978). L'istamina è di norma "fissata" dalle mucine intestinali: la presenza di certe diammine potrebbe alterare questo processo; anzi esiste la dimostrazione sperimentale che la somministrazione di putrescina aumenta la tossicità di quest'ultima, a patto che la putrescina venga somministrata prima dell'istamina (Parrot e Nicot, 1965). Le diammine possono aumentare l'azione tossica di istamina facilitando il suo passaggio in circolo attraverso la barriera intestinale (Ienistea, 1973).

4 Pagina 4 di 16 In un'altra sperimentazione (Clifford et al., 1989) solo alcuni tra i volontari ai quali vennero somministrati 50 g di sgombro fresco al quale erano stati aggiunti 300 mg di istamina (pari a circa 5 mg/kg p.v.) presentarono sintomi (lievi) di intossicazione. Il fatto interessante è che risultati clinici non significativamente diversi furono ottenuti somministrando 50 g di sgombro alterato mg di istamina. Di contro è acclarato che la somministrazione endovenosa di una dose di istamina pari a mg di istamina base, è il minimo per provocare alterazioni dei vasi facciali e del ritmo cardiaco. In sostanza la dose di istamina-base in grado di produrre alterazioni visibili in seguito a somministrazione i.v. risulta essere circa volte inferiore a quella che provoca, se somministrata per os, lievi ed impercettibili effetti (Weiss et al., 1932). Ciò premesso sono state avanzate delle ipotesi circa l'azione tossica dell'istamina assunta con l'alimento, nessuna delle quali ha ricevuto conferme importanti, ma sembrano comunque meritevoli di attenzione I Potenziatori. Il fatto che le dosi di istamina pura richieste per dare lievi reazioni sono "molte volte più alte delle dosi che producono gravi sintomi quando consumate con pesce alterato" (Taylor, 1983), porta a pensare che esistano - nei componenti del pasto - dei fattori che aumentano la tossicità dell'istamina. A supporto di questa ipotesi, diversi studi in vitro ed in vivo hanno indicato che l'assorbimento, il metabolismo, e/o l'efficacia di una ammina biogena potrebbero essere modificati in presenza di una seconda ammina. Putrescina e cadaverina sono rinvenibili in apprezzabili quantità nel pesce "tossico", ed a bassi livelli in quello non-tossico. Il significato dei potenziatori nell'uomo non è stato stabilito, ma lavori sperimentali in ratti e cavie mostrano che cadaverina ed altre ammine potrebbero potenziare la istamino-tossicità del pesce se presenti da sole (cadaverina) o in associazione (cadaverina + istamina) (Bjeldanes et al., 1978). E' anche possibile che possano agire in modo sinergico o additivo con altri, anche se ancora non identificati, potenziatori. L'assunzione di determinati farmaci - isoniazide, antimalarici,etc. - va ad inibire l'azione degli enzimi detossificanti l'istamina a livello intestinale La rottura di barriera (Parrot e Nicot, 1966, citato da Lehane & Olley, 1999, 2000). Prevede l'azione dei potenziatori che vanno ad interferire con l'azione protettiva delle mucine intestinali, le quali "legano" l'istamina, ed è stato suggerito che questo legame è essenziale per prevenire l'assorbimento enterico: il potenziamento avverrebbe per rottura del legame e aumento dell'assorbimento La degranulazione. Alcuni composti imidazolici portano al rilascio di istamina dai mastociti con meccanismo non-immunologico (e.g. fungicidi imidazolici); tra le sostanze che provocano la degranulazione vi sarebbe l'acido urocanico a cui si è precedentemente accennato. Questa teoria prende le mosse da sei casi di sindrome sgombroide avvenuti nel 1983 in Gran Bretagna (Bartolomiew et al., 1987) dovuti al consumo di salmone in scatola: in cinque di questi il pesce conteneva meno di 10 p.p.m. di istamina, nel sesto caso 170 p.p.m.. Un settimo caso (Giessner et al., 1996), riferito a tipica e grave sindrome sgombrotossica-like fu dovuto a consumo di salmone affumicato, che dimostrò bassi contenuti di istamina - più di 25 volte inferiori a quelli definiti potenzialmente tossici nel tonno dalla Food and Drug Administration, pari a 500 p.p.m. -, ma alta tossicità alla prova biologica su topo. Il paziente assunse una dose stimata di 0.6 µg/kg p.v. di istamina, molto meno della dose di 1 mg/kg p.v., stimata capace di produrre malattia. Alcune evidenze sperimentali sembrano rigettare questa teoria, la quale può indicare che nella patogenesi di HFP sono coinvolte un gran numero di variabili: la degranulazione può essere presente in non tutti i casi di patologia, ma può essere una caratteristica importante in altri casi. Ad ogni modo il ruolo del rilascio di istamina endogena nella HFP rimane incerto e non-provato. 1.3 Caratteri clinici. Benché la sindrome non sia una reazione allergica, ne presenta i sintomi. Questi insorgono da 10 minuti a qualche ora dopo il consumo dell' alimento "contaminato" (in media dopo 90 minuti) e sono ascrivibili agli effetti biologici dell'istamina. I più comuni sono cefalea, eritema diffuso, sensazione urente della mucosa orofaringea, iperemia congiuntivale, nausea, vomito, diarrea, dolori crampiformi addominali. Nelle forme più gravi (rare) possono essere presenti broncospasmo, ipotensione, palpitazioni, ischemia miocardica (probabilmente da vasospasmo coronarico). E' stato segnalato un caso di cecità transitoria. I sintomi sono autolimitanti e si risolvono nell'arco di qualche ora, ma possono perdurare sino a 48 ore se non trattati.

5 Pagina 5 di 16 Si riportano ora alcuni casi ritenuti interessanti e che presentano dei tratti caratteristici. A seguito di un caso avvenuto nel 1985 in Alabama, l'indagine epidemiologica appurò che un cuoco del ristorante in cui venne preparato e consumato il pasto "tossico", il quale aveva lavorato il pesce responsabile dell'episodio, ma non ne aveva mangiato, presentò rash cutaneo alle mani poco dopo avere terminato la lavorazione (MMWR, 1986). Fig. 3: sintomatologia dell'intossicazione da istamina (da Haouet M.N.) In un focolaio avvenuto a Brest (1996), coinvolgente 88 marinai - con 19 casi -, l'indagine epidemiologica unita alle analisi di laboratorio ha permesso di risalire al pesce spada affumicato quale causa. Indagini più approfondite effettuate da veterinari ufficiali sulla base dei dati di rintracciabilità del prodotto hanno evidenziato i seguenti dati: il pesce era conservato a temperatura negativa a bordo della nave; nello stabilimento di affumicatura vennero riscontrate condizioni igieniche non conformi, ed il veterinario venne a conoscenza di un black-out elettrico nel fine settimana del quale ci si rese conto solo il lunedì mattina, per cui la durata della mancanza di corrente non fu determinabile, ma questa fu sufficientemente importante poiché una parte del prodotto finito stoccato venne distrutta in quanto scongelata. Un'altra parte reputata non completamente scongelata, benché proveniente dalle medesime celle, venne posta in vendita, e questa partita che venne fornita alla Marina francese fu causa del focolaio; i tassi di istamina rilevati nel pesce spada affumicato prelevato a bordo della nave variarono tra 2030 p.p.m. e 4750 p.p.m., con una media di 3473 p.p.m. (Boutin et al., 1997). Nel 1998, in Pennsylvania si presentò un caso di HFP con una dinamica interessante; infatti la causa fu fatta risalire ad improprio trattamento del pesce nelle prime fasi della pesca, avvenuta con un metodo che impiega una lenza lunga 60 miglia e che porta una serie di ami (fino a 3000). Con questo sistema il pesce può rimanere agganciato anche 20 ore prima di essere recuperato. Nell'episodio in questione la temperatura delle acque di pesca era in media di 28.5 C, e la sola fase della filiera per la quale non era prevista una procedura HACCP era il tempo intercorrente tra l'aggancio del pesce e lo sbarco, mentre in tutti gli altri passaggi sino al consumo era stata rispettata la catena del freddo (MMWR,2000). Nel 1999 a Catania si ebbe un caso in cui di 12 persone le quali avevano assunto il medesimo piatto, tonno cotto in casa, 7 (pari al 58%) presentarono sintomi riferibili a sindrome sgombroide, e una tra queste presentò sintomi gravi. Un cluster di 2 casi lievi (remissione dopo 6 ore dall'assunzione del pasto senza terapia) dovuto a consumo di pizza al tonno. Il fatto interessante è che la scatola di tonno (di circa 3 Kg) una volta aperta, restava scoperta sul banco di lavoro per la durata del turno, circa 4 ore, poi riposta scoperta in frigorifero, quindi riestratta all'inizio del turno successivo: ciò sino ad esaurimento del prodotto (Cattaneo e Stella, 2003). Una esperienza analoga è riportata in un rapporto del Laboratorio Cantonale del Cantone Ticino, dal quale si apprende che in un campione di tonno in scatola prelevato in un esercizio pubblico a seguito di segnalazione di HFP in forma lieve, dovuta al consumo di un panino al tonno, si constatò che il titolare dell'esercizio conservava il prodotto in scatola aperta e a temperatura ambiente: il tenore di istamina riscontrato fu di 4355 p.p.m.. Un analogo caso avvenuto in Canada (Predy et al., 2003) presenta aspetti interessanti. Il paziente era un medico, di sesso femminile, noto emicranico, senza riscontri anamnestici di allergie alimentari, il quale 30' minuti dopo aver mangiato in un coffee shop dell'insalata con tonno (in scatola) e bevuto

6 succo d'arancia, presenta sintomatologia "tipica" ed emicrania più intensa del solito, e dopo altri 30' ipertensione ( / mm Hg) e tachicardia ( b.p.m.): su queste basi, nonostante essa abbia indicato il pasto come possibile origine del quadro clinico, vennero effettuate indagini per escludere la presenza di emorragie intracraniche e problemi neurologici, ed anche eventuali neoformazioni a livello surrenale. L'insalata conteneva 350 ppm di istamina; il tonno in scatola 10 ppm. L'episodio sembra essere l'esito di una impropria gestione del tonno in scatola - scatola da circa 2 Kg,, aperta da più giorni, soggetta a interruzione della catena del freddo durante la preparazione delle insalate, da 6 a 12 al giorno -, piuttosto che da impropria gestione del pesce prima dell'inscatolamento. In un caso recente (luglio 2006) esaminato dagli Autori, a fronte del consumo di un pasto identico, a base di verdura e tonno alla griglia, da parte di due persone, solo una di queste ha presentato sintomatologia. Si può in questo caso pensare al ruolo che ha la sensibilità individuale nei riguardi della possibilità di evidenziazione della patologia. Le analisi di laboratorio effettuate sul tonno presente nel ristorante, dal quale erano state ottenute le fette, hanno rivelato presenza di istamina in notevole concentrazione (2890 p.p.m.). Un altro caso analogo e più recente (ottobre 2006) ha riguardato una persona su quattro che avevano consumato del tonno fresco cucinato alla piastra; l'analisi di laboratorio effettuata sul resto del tonno (lo stesso esemplare) ha evidenziato un tenore di istamina pari a 12 p.p.m.. A questa casistica per così dire "benigna" se ne affianca una, fortunatamente più rara, che comporta dei quadri clinici complessi e di estrema gravità come quelli descritti di seguito. Due casi gravi, registrati nell'arco di cinque giorni (dal 24 al 28 luglio 1996) in un ospedale di Palermo. (Lanza et al., 1996). Il primo - donna di 23 anni che aveva assunto del tonno arrosto 3 ore prima di presentarsi al pronto soccorso - richiese il ricovero in reparto di terapia intensiva a causa di edema polmonare acuto. Il secondo - uomo di 75 anni, con anamnesi positiva per bronchite cronica ostruttiva e per cardiopatia ischemica, che aveva assunto tonno fresco cucinato - ha necessitato il ricovero in unità coronaria; la moglie dopo assunzione del medesimo pasto presentò sintomi lievi. Nel gennaio 2005 si è presentato agli Autori un caso di estrema gravità, riconducibile al consumo di tonno. Il caso è stato analizzato sotto l'aspetto clinico terapeutico in un lavoro (Bassoni, et al.,2006) al quale si rinvia per eventuali approfondimenti. In questa sede si evidenziano i dati più caratteristici rilevati. Il caso presentato è inusuale per la severità dei sintomi (si è reso necessario il ricovero in unità coronarica), ma anche per la elevata concentrazione di istamina riscontrata nel "residuo del pasto" analizzato ( 7000 p.p.m.). La HFP può indurre un quadro sintomatologico di estrema gravità, simile a quello della sindrome infartuale, in assenza di alterazioni anatomiche a livello miocardico e coronarico (dato confermato dalla negatività al test per l'evidenziazione dei marcatori di necrosi miocardia e dalla coronarografia). Anche il dato, rilevato all'atto della visita in pronto soccorso, mediante l'esame elettrocardiografico, di "modesto danno subendocardico inferiore", è risultato di natura funzionale e dovuto all'azione vasocostrittrice dell'istamina ed alla profonda ipotensione. Durante il processo diagnostico sono state escluse eziologie infettivo-infestive: le indagini coprologiche relative alla ricerca di protozoi, elminti, Salmonella, Campilobacter, Shigella, hanno dato esito negativo. 2) VALUTAZIONE DOSE - RISPOSTA. Con questa espressione si intende la determinazione della relazione tra l'intensità dell'esposizione e la probabilità che si presentino gli effetti sulla salute. Il processo consta dei seguenti argomenti: dati epidemiologici relativi alla patologia (prevalenza, incidenza, morbilità, mortalità, ) caratteristiche di composizione dell'alimento che influiscono sull'interazione ospite - pericolo fattori individuali che influiscono nell'esplicitazione della patologia. Pagina 6 di 16 I dati richiesti in quest'area sono più quantitativi che qualitativi, a complemento degli elementi descrittivi di HFP discussi nel paragrafo precedente. A causa dell'estrema variabilità dei caratteri epidemiologici e clinici della malattia, quanto esposto in questo paragrafo risulta difficile da applicare. 2.1 Dati epidemiologici. HFP è diffusa in tutto il mondo, ed è forse la più comune forma tossica causata dal consumo di pesce; nonostante ciò

7 Pagina 7 di 16 non esistono, ad oggi, dati attendibili riguardo alla sua incidenza, a causa del fatto che i sintomi possono essere confusi con quelli di una infezione salmonellare (Russel e Maretic, 1986) e di una allergia alimentare (Taylor, 1985), ed anche perché i sintomi sono (generalmente) di lieve entità. Per questi motivi risulta sottostimata non solo nei Paesi che non possiedono adeguati sistemi di rilevazione delle malattie ad origine alimentare, ma anche in quelli in cui questi strumenti sono efficienti; HFP è una malattia statisticamente non - quantificabile, anche nei Paesi in cui è stata registrata la presenza. Nei primi otto mesi del 2006, nel comune di Milano, le segnalazioni ufficiali all'autorità sanitaria competente assommano a 21 casi, per un totale di 45 persone interessate. Il primo caso venne registrato da Henderson nel 1828 (Lehane e Olley, 2000), e fu provocato dal consumo di "bonito", cioè tonnetto striato (Katsuwonus pelamis, ex Scomber pelamis, Linnaei, 1758). Dal 1970 la maggior parte dei casi è stata registrata in Giappone, Regno Unito, e U.S.A.; in quest'ultimo Paese risulta essere, secondo Lipp e Rose (1997), la principale malattia da consumo di prodotti ittici. Per quanto riguarda l'italia si ricorda il focolaio di Palermo, 1979, nel quale furono coinvolte 250 persone (Lehane e Olley, 2000). Per quanto riguarda la situazione in altre parti del mondo, si rimanda ai lavori di Lehane e Olley (1999, 2000), nei quali, tra le altre, viene riportata una ricerca europea effettuata esaminando 405 casi clinici. Di questi, 257 non vennero confermati da alti livelli di istamina; 156 tra questi 257 furono associati con sintomi atipici o con specie ittiche non comunemente correlate con questa sindrome (mitili, crostacei, trote, eglefino, razza, squaloidi). 2.2 Caratteristiche del pesce che interessano la risposta clinica. Le specie ittiche "non stanziali" o "migratorie" presentano fisiologicamente più alti tenori di His libera. Tra queste specie rivestono grande importanza quelle cosiddette "a carne rossa", cioè gli sgombridi (tonni, sgombri), ma anche in specie c.d. "a carne bianca" (e.g. salmone, aringhe e clupeidae in genere) sono stati riscontrati alti livelli. Occorre precisare che "carne rossa" e "carne bianca" sono espressioni che fanno riferimento ad una impressione visiva, nulla avendo a che fare con il tipo di fibra muscolare bianca o rossa, tanto più che risultano essere maggiormente ricche di istamina le fibre muscolari bianche rispetto a quelle rosse (Takagi et al., 1969, citato da Arnold e Brown, 1978; Pan, 1985). E' stata notata una variazione stagionale del contenuto in istidina libera, quantomeno nelle aringhe, nelle sardine e nel bonito, che indica un minimo nella stagione invernale ed un massimo in quella estiva (nell'aringa Hughes, citato da Lehane e Olley, 1999, indica variazioni da 260 a 1600 p.p.m.). Altri autori citati da Lehane e Olley (1999) riportano che i casi confermati di HFP da consumo di sgombro affumicato si hanno in tarda estate, quando sia il pesce che l'acqua hanno temperature più elevate, e lo sgombro ha i maggiori tenori di grasso. Perché venga prodotta istamina è necessaria la presenza di batteri che possiedono l'enzima HD, presenti fisiologicamente nell'apparato digerente. Un corretto trattamento del prodotto dopo la cattura, limita il rischio di contaminazione da parte di batteri deterioranti. Anche il pesce può contenere potenziatori, come ad esempio altre ammine biogene. Inoltre diversi pesci possono contenere differenti potenziatori, ed il loro livello può variare da un individuo all'altro. Nell'individuo il tipo ed il livello di questi potenziatori possono dipendere da più fattori, che comprendono i naturali costituenti del pesce (e.g. contenuto in His-libera); i batteri contaminanti e le loro capacità metaboliche; le condizioni ambientali con particolare riguardo alla temperatura. Per quanto riguarda la cadaverina (prodotto della decarbossilazione della lisina), questa sostanza è rinvenuta più frequentemente nel pesce alterato rispetto all'istamina; la putrescina (prodotto della decarbossilazione della ornitina) invece è rinvenibile a livelli molto più bassi rispetto alla cadaverina, probabilmente a causa dei limitati quantitativi di ornitina presenti nei tessuti dei pesci. Questa diammina è rinvenibile in piccole quantità, sotto forma di sale, nei formaggi fermentati (nei formaggi, soprattutto quelli fermentati e quelli stagionati, può essere presente un'altra diammina, la tiramina, prodotto della decarbossilazione della tirosina, la quale è ritenuta responsabile della cosiddetta cheese reaction). Altre diammine sono la spermidina (prodotto della decarbossilazione della metionina) e la tetrammina spermina, che deriva dalla spermidina (per azione dell'enzima spermina sintetasi). Poiché il ruolo di cadaverina e putrescina come potenziatori nella HFP non è pienamente stabilito, si potrebbe ritenere che se i rapporti di queste sostanze con l'istamina sono più elevati rispetto a quelli normalmente riscontrati nel pesce alterato, potrebbe subentrare l'inibizione dei meccanismi di detossificazione dell'istamina. Queste sostanze potrebbero anche agire in sinergia o in addizione con altri potenziatori a noi ancora sconosciuti. Di queste ammine biogene si tiene conto per la valutazione della qualità di un alimento proteico, mediante il calcolo dell'indice B.A.I. (Biogenic Amine Index), il quale risponde alla seguente formula elaborata da Karmas nel 1981:

8 Pagina 8 di 16 A valori di B.A.I.< 1 si è in presenza di un alimento proteico fresco, di prima qualità; per valori di 1 < B.A.I.< 3, l'alimento è in uno stato di iniziale alterazione, ma comunque qualitativamente accettabile; per valori di B.A.I.> 3, l'alimento è da considerare inaccettabile. La concentrazione di istamina nel pesce varia ampiamente da una parte all'altra. Nel pesce fresco è di norma presente ai più alti livelli nei tessuti adiacenti alle branchie, nella cavità celomatica, e nell'intestino, cioè nei principali reservoirs dei batteri istidino - decarbossilatori (HDB). Alcuni autori, effettuando analisi su connetti striati (Katsuwonus pelamis) alterati, hanno osservato le maggiori concentrazioni di istamina vicino alla cavità celomatica, nella parte anteriore, e concentrazioni progressivamente minori progredendo cranio - caudalmente, tanto da avere i livelli minimi nella zona della coda. Inoltre è stato osservato che il contenuto di istamina in sgombri non eviscerati è 10 volte più alto che in sgombri eviscerati, dopo stoccaggio a temperatura ambiente per 140 ore (Hardy e Smith, citati da Lehane e Olley, 1999). In occasione di un recentissimo caso di sospetta HFP (dicembre 2005), le analisi di laboratorio effettuate sul residuo del pasto (tonno sott'olio servito presso un bar di Milano, come ingrediente di una "insalatona"), hanno rilevato - ad una prima analisi cromatografica semiquantitativa - una bassa concentrazione di istamina, addirittura inferiore alla soglia di sensibilità dell'apparecchiatura utilizzata (< 30 p.p.m.), e pertanto inferiore di più di sei volte rispetto al massimo previsto dalla vigente normativa per quel tipo di prodotto; la parte non analizzata è stata inviata ad un altro laboratorio ed ha evidenziato una concentrazione di istamina completamente diversa (326.5 p.p.m.). E'ipotizzabile il fatto che, trattandosi di confezioni di 2 Kg di peso, in una latta vengano immessi pezzi appartenenti a capi diversi, o comunque che i prelevamenti hanno interessato parti diverse di un pesce. Inoltre non è improbabile l'influenza delle modalità di conservazione tra un'analisi e la successiva. Questo riscontro conferma quanto affermato da Catellani & coll. (2000) e da Giaccone & coll. (2000), e cioè che un lotto può essere costituito da pesci in diverso stato di conservazione, così come la stessa scatola può contenere parti di pesci diversi, anche per la diversa distribuzione di istamina a seconda della parte anatomica del pesce. I principali batteri responsabili della decarbossilazione dell'istidina libera appartengono alla famiglia delle Enterobacteriaceae (Morganella morganii, Klebsiella pneumoniae, Hafnia alvei, sono i più importanti). La produzione endogena - muscolare di decarbossilasi nel pesce è trascurabile rispetto a quella esogena - batterica. Anche quando un gruppo/ceppo di batteri istidino-decarbossilanti predomina, è improbabile che la produzione di istamina segua la curva di crescita tipica di questo gruppo/ceppo, quantomeno perché il metabolismo dell'istamina - via istaminasi - può contemporaneamente attivarsi: in ultima analisi i livelli di istamina in un pesce "tossico" dipendono dai livelli di istidina libera nel muscolo e dallo stato di equilibrio/squilibrio tra produzione/catabolismo dell'istamina da parte dei batteri contaminanti (rapporto tra le attività enzimatiche: istidina-decarbossilasi/istaminasi). La cottura o la lavorazione di pesce deteriorato può alterare le relazioni tra carica batterica e produzione di istamina, riducendo o rinnovando la popolazione microbica senza influenzare significativamente il contenuto di istamina. In altri termini è importante che prima della refrigerazione si raggiunga una elevata carica batterica, con presenza di specie HD+, perché a bassa temperatura l'attività di HD di batteri mesofili sia efficace (Olley e Baranowski, 1985). La dose soglia di tossicità non è conosciuta con precisione. Le variazioni dei livelli di istamina nel pesce alterato rendono questa valutazione difficile da ottenere. E' stato evidenziato che la distribuzione di istamina in tonni in deterioramento è estremamente irregolare ed è considerevolmente più elevata vicino alla cavità celomatica. La formazione di ammine biogene può avvenire anche in altre matrici alimentari, quali i formaggi, nei quali la responsabilità della formazione è da attribuire a batteri casualmente presenti nel latte e nel formaggio (Pseudomonadaceae, Enterobacteriaceae, Micrococcaceae) che pur non avendo una grande attività decarbossilasica sono presenti in numero molto elevato, ma è anche favorita da concentrazioni elevate di colture starter (Stratton et al., 1991). E' ampiamente documentata la presenza di ammine biogene anche nelle carni e nei prodotti a base di carne. 2.3 Fattori individuali nell'uomo La suscettibilità individuale. La gravità della risposta clinica dipende dal quantitativo di tossina/e ingerito e da variazioni della suscettibilità individuale. Una dose di mg di istamina-base, ma "mischiata" a succo di pompelmo o a 100 g di tonno "di

9 alta qualità", e così somministrata a dei volontari, ha causato una sintomatologia lieve - emicrania, arrossamento cutaneo - rispettivamente in 1/4 e 4/8 soggetti sottoposti alla sperimentazione (Motil e Scrimshaw, 1979). Basandoci sul limite massimo attualmente previsto nella U.E. riguardo al pesce, se un uomo di 60 Kg di peso ingerisce 300 g di pesce, la dose massima che non provoca danno potrebbe essere di mg di istamina / 100 g di pesce consumato / Kg di peso, cioè 0.5 mg di istamina / Kg di peso La dieta, o meglio ciò che viene assunto nel pasto in cui viene consumato il pesce. Il consumo di alcool, i condimenti acidi (aceto, limone), potrebbero alterare il ph intestinale ed inibire i meccanismi degli enzimi che metabolizzano l'istamina. Altre ammine oltre all'istamina (cadaverina, putrescina, tiramina) sono presenti in alimenti, soprattutto in quelli fermentati (es. crauti), e bevande (vino, birra); si segnala la presenza in due tipici "condimenti" orientali, utilizzati per il sushi, e cioè la salsa di soia ed il tamari (salsa a base di frumento e soia, fermentati in acqua) (Shalaby, 1996; Chin, 1989). Questi alimenti possono esacerbare HFP se consumati contemporaneamente a pesce alterato. E' stato suggerito che le alterazioni provocate al tratto intestinale dal consumo di piatti conditi con salse piccanti e preparati con pesce alterato, o la simultanea assunzione di alcolici (vino - birra) potrebbe provocare un aumento dell'assorbimento dell'istamina, tale per cui i meccanismi di detossificazione non sono in grado di equilibrare la sua entrata in circolo. Altri autori hanno proposto che l'istamina possa venire assorbita più rapidamente in presenza di alcool ed esercitare un più marcato effetto sul sistema circolatorio. Mentre la maggior parte degli studi ha valutato il contenuto di istamina di alimenti puri, nella pratica la preparazione di piatti coinvolge più ingredienti e talvolta prolungati tempi di preparazione che possono contribuire alla produzione di istamina: questa situazione è esemplificata dalla preparazione di piatti orientali. Da una ricerca (Chin, 1989) su cibi cinesi, sono emersi dei dati interessanti. Tra i prodotti ittici i gamberi hanno mostrato il tasso più elevato di istamina (15.5?g/g campione, pari a 3565? g/porzione, calcolando la porzione di 230 g). I maggiori livelli (8892?g/porzione) sono stati riscontrati in tofu marinato in tamari. Piccoli quantitativi di istamina si sono trovati in pasta, riso, zuppe; in quest'ultima tipologia di piatto sono stati riscontrati 1350?g/porzione in un piatto composto da riso con pollo e salsa, e 950?g/porzione in una zuppa con wonton e carne di maiale eventuali trattamenti farmacologici in corso. Esistono sostanze usate in terapia che possono interferire con i meccanismi di degradazione dell'istamina, ad esempio isoniazide, MAO inibitori, e farmaci antimalarici; mentre i? bloccanti possono esacerbare l'ipotensione stato di malattia ed età. L'istidinemia, carenza patologica dell'enzima HAL su base genetica, espone al rischio HFP. Altri fattori "predisponenti" possono essere stati di alterazione del metabolismo dell'istamina; fenomeni allergici in atto; variazioni dell'attività fisiologica degli enzimi istidino - ed istamino - metabolizzanti dovute all'età. La presenza di patologie croniche dell'apparato respiratorio o cardiovascolare può favorire un decorso più severo e la comparsa più precoce di danni d'organo. 3) VALUTAZIONE DELL' ESPOSIZIONE. Si intende la probabilità e la quantità di consumo dell'agente biologico, e comprende i seguenti argomenti: livello di presenza del pericolo nell'alimento a diversi stadi della sua produzione frequenza dell'esposizione durata e grado dell'esposizione esposizione di subpopolazioni Pagina 9 di Livello di presenza del pericolo nell'alimento a diversi stadi della sua produzione. Autori giapponesi ritengono che i batteri formanti istamina siano circa l'1% della normale flora superficiale nel pesce fresco, e suggeriscono che in seguito a prolungata conservazione a temperatura non idonea, i batteri invadono il muscolo e convertono l'istidina libera in istamina (Lehane e Olley, 2000). Questo tipo di contaminazione può avvenire a diversi livelli: di peschereccio (o nave officina), di impianto di lavorazione, di sistema distributivo (mancato rispetto della catena del freddo), di consumatore finale. La contaminazione negli esercizi di ristorazione sembra particolarmente importante nel caso del tonno crudo, soprattutto per quanto riguarda per la moda dei piatti di origine orientale quali sushi e sashimi Temperature elevate sui pescherecci.nadeguate procedure di refrigerazione/stoccaggio. Riguardo a questi due aspetti è interessante osservare che il tonno ha temperatura corporea più elevata di molti altri pesci: nel Pacifico occidentale, dove la superficie del mare ha temperature di C, i tonni spesso vengono issati

10 Pagina 10 di 16 a bordo con temperatura interna >= 32 C. Il deterioramento a queste temperature è circa 30 volte più veloce che a 0 C (Bartram, Citato da Lehane e Olley, 2000). A causa delle alte temperature, l'intervallo di tempo tra la morte del pesce e la sua refrigerazione è la fase più critica delle manipolazioni che avvengono a bordo; ciò perché nei pesci esposti ad alte temperature anche per breve tempo si stabilisce presto una notevole proliferazione batterica: durante la successiva refrigerazione, benché cessi la crescita batterica, continua una residua attività enzimatica, con il conseguente lento e costante aumento dei livelli di istamina, che diviene trascurabile solo per temperature di conservazione <= 0 C (Klausen e Huss, 1987; Stratton e Taylor, 1991) Inadeguate procedure di congelamento - scongelamento. E' importante attenersi alle buone pratiche di lavorazione (Good Manufacturing Practices, GMP) durante lo scongelamento, poiché l'assenza di certi batteri potenzialmente coinvolti nel deterioramento non è garantita, anche dopo lunghi periodi di conservazione a temperatura di congelazione, e i livelli di alcune ammine biogene possono aumentare. Alcune sperimentazioni hanno evidenziato che putrescina, cadaverina, ed istamina, a temperatura di - 18 C subiscono delle variazioni quantitative: ad esempio è stato osservato che l'istamina varia, diminuendo nei primi tre mesi, e quindi aumenta sino a valori del 103% rispetto al valore iniziale fino al nono mese (Ben-Gigirey et al., 1998) Temperature non adeguate nelle fasi di preparazione di prodotti essiccati e/o affumicati. Livelli tossici di istamina sono stati scoperti in sgombri e sardine essiccati e/o affumicati, così come nella farina di pesce prodotta con questi pesci. L'esposizione del pesce fresco ad alte temperature accelera queste reazioni. L'essicazione di sardine precedentemente immerse in salamoia (5-15 % di NaCl) per 2 ore, causa notevoli aumenti di istamina. L'eventuale utilizzo di condizionamento sottovuoto non sembra avere effetti limitanti. In Lehane e Olley (1999) si possono rinvenire altri dati in merito. In ogni caso si ribadisce il concetto che qualsiasi trattamento, anche ad alta temperatura, come l'affumicatura "hot smoking" e la cottura, denaturano gli enzimi ed azzerano le cariche batteriche, aumentando il grado di conservabilità, ma non distruggono l'istamina precedentemente formatasi Procedure di inscatolamento carenti dal punto di vista igienico. La formazione di istamina nel pesce prima delle operazioni di inscatolamento è in funzione di: temperatura durante l'immagazzinamento e le operazioni di preparazione; durata dell'esposizione a temperature critiche; livello di contaminazione da parte di HDB; livelli di istidina libera nel pesce. I controlli di processo attuati secondo le procedure HACCP, i controlli di sicurezza alimentare, l'applicazione di GMP, sono strumenti da sfruttare per minimizzare il rischio Prodotti fermentati di scarsa qualità. Pesci fermentati con alti livelli di istamina potrebbero verosimilmente rappresentare un pericolo. In Finlandia (ma anche in Islanda, e anche se in quantitativi molto limitati sul mercato italiano) è presente l'aringa marinata in zucchero e conservata in barili (roll mops). E' molto probabile che questo prodotto contenga livelli di istamina più elevati rispetto alle aringhe in scatola, pur non essendo mai stato coinvolto in episodi di malattia. I prodotti fermentati sono solitamente consumati in piccole quantità, in modo tale che maggiori concentrazioni di istamina potrebbero essere meglio tollerate Temperature inadeguate di mantenimento del tonno destinato al mercato del sushi - sashimi. Nell'ambito del commercio del tonno crudo, i principali pericoli per la sicurezza alimentare sono la decomposizione e la formazione di istamina, entrambi legati al non corretto utilizzo delle temperature. Tenuto conto che nell'ambito del mercato di pesce destinato alla produzione di sushi - sashimi è necessario un prodotto di alta qualità, è necessario che nell'ambito delle procedure HACCP siano inseriti i controlli organolettici e delle temperature a cuore del prodotto Utilizzo di additivi nelle operazioni di packaging. In un lavoro (Renon et al., 2004) svolto in seguito alla comparsa sui banchi del Mercato ittico di Milano di tranci di tonno (Thunnus albacares) sottovuoto congelati provenienti dall'asia che presentavano colore rosso vivo intenso, si è rilevata la presenza di monossido di carbonio, additivo non consentito dalla vigente normativa (se non in Norvegia e negli U.S.A., limitatamente alle carni rosse), che "altera" i rapporti di reversibilità esistenti in natura tra mioglobina ed atmosfera. Questa alterazione consta in un legame più forte tra mioglobina e CO rispetto al legame naturale con ossigeno e anidride carbonica; l'esito è una maggiore persistenza e brillantezza del colore -il basso livello di reversibilità del legame CO-mioglobina (carbonilmioglobina), rende il pigmento meno sensibile ai fenomeni di denaturazione e di autoossidazione-. A questo proposito lo Scientific Committee on Food della Commissione Europea il 13 dicembre 2001 ha espresso una

11 opinione nella quale si afferma che non sussistono problemi sanitari associati all'uso di CO allo % in una miscela gassosa di CO2 - N2, nel packaging in atmosfera protettiva delle carni a patto che la temperatura durante lo stoccaggio ed il trasporto non superi i +4 C. Comunque la Commissione precisa che, in presenza di non appropriate condizioni di stoccaggio, la presenza di CO può mascherare l'evidenza visiva di spoilage. Per concludere l'argomento si richiamano due dati: da un lato, nonostante l'estrema tossicità ad alte concentrazioni, CO a basse concentrazioni - in presenza di stressors cellulari - può avere effetti citoprotettivi (antiproliferativo, antiapoptotico, antinfiammatorio) limitando i danni provocati dall'aggressione da parte dello stressor. Inoltre CO entra in importanti meccanismi biochimici cellulari; dall'altro lato l'additivazione con CO, mascherando i segni che indicano lo spoilage, permette l'immissione al consumo di alimento potenzialmente "pericoloso", cioè alimento che presenta un pericolo per la salute dell'uomo. 3.2 Quantitativi di pesce consumati e gruppi di popolazione a rischio. Tutti i gruppi di popolazione sono suscettibili a HFP, ma indubbiamente esistono differenze regionali riguardo alle quantità ed ai tipi di pesce consumati ed alle modalità di conservazione, lavorazione, preparazione. La malattia è relativamente frequente nei paesi sviluppati (soprattutto U.S.A., Giappone, Regno Unito), ma si pensa che sia comune anche nei paesi in via di sviluppo, nei quali il pesce conservato con metodi tradizionali è una parte importante della dieta. Tali diete sono estremamente popolari e forniscono la maggior parte dell'apporto proteico a basso costo. La popolarità è dovuta agli aromi prodotti dai mutamenti chimici indotti dai processi di affumicatura ed essiccazione, ma raramente dalla salagione che non viene praticamente utilizzata. Nel corso della essiccazione al sole e all'aria, i batteri possono moltiplicarsi negli strati più profondi, i quali mantengono una elevata Aw, causando il deterioramento (spoilage) all'interno, a fronte di un aspetto esteriore soddisfacente. Questo problema si potrebbe presentare in maggiore misura nelle regioni tropicali, nelle quali le più alte temperature ambientali favoriscono lo sviluppo di batteri HD+. 4) CARATTERIZZAZIONE DEL RISCHIO. Pagina 11 di 16 Si intende la descrizione della natura e spesso dell'entità del rischio per l'uomo. In questo senso include l'integrazione dei due punti precedenti, e comprende la stima e l'entità della malattia rispetto a varie condizioni di esposizione, con tutte le incertezze che accompagnano il processo di valutazione. Questo processo dovrebbe esitare in una stima quantitativa o qualitativa dei potenziali effetti avversi sulla popolazione di un particolare pericolo biologico. 4.1 Natura ed intensità del rischio. Pur non avendo un grande impatto sulla salute umana (dovuto probabilmente a sottostima), HFP è importante dal punto di vista della sicurezza alimentare. E' possibile che dei prodotti (soprattutto importati) possano "evadere" il sistema di monitoraggio sulla sicurezza alimentare; i consumatori sono diventati più esigenti, e non si aspettano alimenti che portino loro malattia. Per quanto riguarda l'industria della pesca, l'implementazione di GMP e procedure HACCP, può contribuire a minimizzare le evenienze dovute a insufficienti attrezzature, errori umani, o negligenza. Questa implementazione di sistemi è dovuta sì al fatto che oggi GMP e HACCP sono prescritti per legge dal "pacchetto igiene" della U.E., ma trova anche un motivo commerciale: l'attenzione che i media e le associazioni dei consumatori prestano agli argomenti di sicurezza alimentare e tutela del consumatore, farebbe sì che un episodio di grande entità o di notevole gravità (si pensi al caso di Palermo del 1979 con 250 persone coinvolte, o al recente caso di Milano con un solo paziente, ma con quadro clinico estremamente grave), se divulgato in modo "errato"su larga scala, porterebbe ad un collasso del commercio su scala nazionale / sopranazionale. Ad esemplificare quanto affermato si citano le sequele derivate dalla diffusione di notizie sull'influenza aviaria. 4.2 Incertezze e problemi. Come appare chiaro dalla rassegna presentata la questione HFP è più che aperta, e non si hanno ancora certezze. E' di fondamentale importanza che la classe medica, compresa la veterinaria pubblica, venga a conoscenza di queste problematiche, perché solo in questo modo si può giungere ad una definizione della reale entità del fenomeno, il quale in questo momento sta, per quanto concerne i rilievi degli scriventi, assumendo proporzioni tutt'altro che trascurabili. Di fatto fino a quando non verranno chiariti l'identità, i livelli e l'efficacia degli eventuali potenziatori e/o degranulatori dei mastociti, risulta difficile stabilire limiti per l'istamina negli alimenti sulla base di potenziali pericoli per la salute. Ciononostante - e comunque prescindendo dall'esistenza di sospetti potenziatori o di altre tossine - la

12 Pagina 12 di 16 U.E., la F.D.A. e l'australian Food Standard Code (ANZFA, 1998) hanno stabilito dei limiti, che per quanto riguarda l'unione Europea, il combinato disposto del Regolamento (CE) n 853 del 29 aprile 2004 e del Regolamento (CE) n 2073 del 15 novembre 2005 indica - utilizzando un piano di campionamento adatto al metodo MPN (numero più probabile), che dia cioè un valore statistico di probabilità, e quindi non il valore realmente presente nel pesce, o sotto il quale non vi è tossicità e sopra il quale sì - i valori massimi non superabili: 100 p.p.m. (in realtà su 9 campioni per un lotto non deve superarsi questo limite come tenore medio, con la possibilità che non oltre due campioni presentino valori compresi tra 100 e 200 p.p.m., e nessun campione deve eccedere le 200 p.p.m.; se i pesci sono sottoposti a trattamento di maturazione enzimatica in salamoia, questi valori non possono superare il doppio di quanto indicato per i prodotti freschi). Il parametro istamina è considerato da queste norme criterio di sicurezza alimentare, ed in quanto tale deve essere applicato ai prodotti della pesca ottenuti da specie ittiche associate con un valore elevato di istidina ( in particolare a quelli appartenenti alle famiglie Scombridae, Clupeidae, Engraulidae, Coryfenidae, Pomatomidae, Scomberesocidae) - sia sottoforma di prodotto primario (fresco, congelato, surgelato) sia che siano prodotti che abbiano subito un trattamento di maturazione enzimatica in salamoia - nel momento in cui sono immessi sul mercato e per tutto il periodo di conservabilità (= shelf life). E' da notare che questo parametro non viene considerato tra i parametri di processo - cioè tra quei parametri da valutare al termine del processo di lavorazione, ma prima dell'immissione in commercio, che hanno il fine di verificare l'igienicità del lay out produttivo - e di conseguenza la non conformità non offre la possibilità di intervenire con misure correttive, ma occorre comunque fare riferimento a quanto prescritto dal Regolamento (CE) 178/2002 sulla sicurezza alimentare, e cioè attivare le procedure di ritiro/richiamo dell'alimento. Nel documento ANZFA i limiti sono di 100 p.p.m. in un campione composito di pesci diversi da crostacei e molluschi. E' attualmente allo studio la possibilità di elevarlo sino a 200 p.p.m.. La F.D.A., nelle sue linee guida sull'argomento (1998), indica 500 p.p.m. come livello di tossicità nel pesce, e 50 p.p.m. come livello di non-effetto, in quanto l'istamina non è uniformemente distribuita nel pesce alterato: quindi se vengono trovate 50 p.p.m. di istamina in una parte di pesce, sussiste la possibilità che in un'altra parte dello stesso pesce se ne riscontri un livello superiore a 500 p.p.m.. Questo tipo di valutazione presuppone la determinazione del valore 500 p.p.m. come dose infettante sensu lato, mentre si ritiene che i limiti stabiliti dalla U.E. siano da intendere come dose di sicurezza, riferiti solo a quelle specie che vengono ritenute a rischio. I valori determinati dall'autorità australiana sono addirittura da riferire ad un campione composito (di specie ittiche diverse) che non comprenda molluschi e crostacei. Come si può notare non vi è uniformità di valutazione nei tre limiti e ciò non può che confermare il clima di incertezza che regna in materia, accentuato dal fatto che nonostante siano stati determinati (con valore eminentemente statistico - probabilistico), dalle diverse Amministrazioni sanitarie, dei livelli di istamina ammissibili in determinate specie ittiche - fresche o lavorate -, non è impossibile, come abbiamo visto, l'estrinsecarsi di casi di HFP anche in presenza di minime concentrazioni di istamina nell'alimento. 4.3 Indicatori di gestione. Come si può evincere dalla lettura di questo excursus, la problematica è proteiforme. Ciononostante si possono delineare degli indicatori di gestione che riguardano tre livelli operativi. Dal punto di vista epidemiologico si ritiene che la problematica debba essere gestita in modo da superare lo stadio attuale di sottostima della patologia, e cioè affrontando i motivi che ne sono causa, i quali sono: il problema non è abbastanza conosciuto, e ciò può portare all'effettuazione di indagini anamnestico - epidemiologiche incomplete o fuorvianti; di norma la sintomatologia non è eclatante e si risolve in brevissimo tempo, per cui lo stesso paziente o provvede ad automedicazione o non fa nulla, come può essere esemplificato da un recentissimo caso (settembre 2006) del quale si è occupato uno degli Autori, riguardante un medico e suo figlio, caratterizzato dalla presenza di scariche diarroiche, e risolto con assunzione di antistaminici e cortisone; in tempi di (sopravvalutazione e) grande impatto mediatico di genuine (o presunte) allergie alimentari, anche il medico eventualmente consultato può propendere per questa eventualità; le caratteristiche organolettiche dell'alimento sono praticamente normali, per cui è praticamente impossibile sospettare la presenza tassi di istamina tossici, anche se talora è stato segnalato un sapore lievemente metallico o piccante del cibo contaminato. Una indagine anamnestica effettuata al primo livello di intervento, che prenda in seria considerazione l'origine alimentare della patologia, può aiutare ad avere sempre più dati a disposizione delle autorità competenti, al fine di valutare quanto è effettivamente presente. E' necessario avere dati sull'attuale incidenza dell'allergia da pesci e determinare quale percentuale di casi diagnosticati come allergia da pesce rappresentano errata diagnosi ed errata classificazione di HFP. Dal punto di vista clinico, non essendo possibile conoscere il quantitativo di "tossina sgombroide" ingerito, né

13 la suscettibilità individuale al momento della prima visita, riteniamo prudente che nel sospetto di HFP l'osservazione sia protratta per almeno 2 ore dopo il miglioramento dei sintomi. Durante questa osservazione, secondo Morrow e collaboratori (1991), per aiutare nella diagnosi, potrebbe essere utile, laddove possibile, effettuare dei campionamenti di urine per valutare i livelli di istamina e di N- metilistamina, i quali risulterebbero essere rispettivamente superiori da 9 a 20 volte e da 12 a 20 volte rispetto alla norma nelle 4 ore successive all'ingestione del pasto tossico, e nelle 24 ore successive rispettivamente da 4 a 15 volte e da 4 a 11 volte. E' comunque da notare il fatto che questi dati non sono conclusivi, e non possono essere ritenuti utili in assenza dei dati circa l'eliminazione urinaria di istamina in condizioni fisiologiche; in sostanza risulta difficile provarne la provenienza esogena. E' anche importante l'immediata segnalazione, anche del solo sospetto di malattia, agli organi sanitari competenti - Dipartimento di prevenzione, SIAN, e Dipartimento di prevenzione veterinario - per la pronta attivazione delle misure necessarie per minimizzare il rischio che il problema si possa ripresentare. Queste misure sono: effettuazione (se non allegata alla segnalazione) o completamento di indagine epidemiologica; blocco sanitario dell'alimento sospetto se ancora presente, o eventualmente del prodotto ottenuto - presumibilmente - nelle stesse condizioni di produzione. Nel caso di prodotti inscatolati risulta difficile che questo provvedimento sia efficace, in quanto - come già visto in precedenza - un lotto di produzione (quando non una scatola) è formato da più pesci e non è detto che tutti siano nelle medesime condizioni circa i tassi di istamina; effettuazione di campionamento sul cosiddetto "residuo del pasto", difficilmente presente, o sul singolo alimento sospetto, se è parte residua di quello servito per l'approntamento del pasto "tossico". Questa misura permette di ottenere la conferma diagnostica a posteriori, e l'adozione di misure restrittive nei confronti dell'alimento contaminato ( attivazione stato di allerta, richiamo/ritiro). Dal punto di vista del controllo degli alimenti, si può seriamente ipotizzare che la effettuazione di screening su larga scala, ed a tutti i livelli della catena di produzione e distribuzione, possa dare precise indicazioni sui metodi di buona prassi igienica da prescrivere durante le operazioni di pesca, lavorazione, conservazione, dei prodotti a rischio. L'identificazione di punti in cui si può avere la non corretta temperatura e/o la contaminazione batterica, potrebbe includere la raccolta di informazioni attualmente non disponibili, relativamente a metodi di pesca, di trasporto, di stoccaggio, di lavorazione, di vendita al dettaglio, delle specie ittiche a rischio. Non considerando l'origine dei batteri alteranti, l'istamina serve come indicatore di alterazione microbica (spoilage) nelle specie a rischio. L'acquisizione di un notevole numero di dati sui livelli di istamina in prodotti ittici (compresi quelli trasformati) in vendita al dettaglio, potrebbe portare ad una migliore comprensione della probabile incidenza di HFP e fornire un punto di riferimento per commisurare futuri standard di igiene alimentare. Una ipotesi interessante di lavoro può essere la valutazione di una possibile stagionalità relativa della patologia, cioè a dire: viste le peculiarità relative alla fisiologia del pesce; viste le condizioni di pesca (temperatura dell'acqua, modalità di cattura), stoccaggio, lavorazione, trasporto; considerato che oggi è sempre più presente sul mercato un prodotto originario di mari caldi (oceano Pacifico, oceano Indiano), o lavorato in Paesi tropicali o subtropicali (esistono stabilimenti di trasformazione in Africa - Costa d'avorio, Senegal, etc.), può essere opportuno effettuare una indagine dei casi registrati negli ultimi 3-5 anni, integrata con i dati disponibili in letteratura, per verificare se la sindrome sgombroide ha dei picchi stagionali, eventualmente in quali stagioni. Da questo lavoro si potrebbero trarre due indicazioni molto utili ai fini epidemiologico-ispettivi. 1) Si potrebbero avere delle indicazioni circa i periodi in cui attendersi frequenze di segnalazioni elevate. 2) In base alla precedente indicazione, si potrebbe intensificare l'attività ispettiva in questi periodi effettuando un minuzioso monitoraggio sui prodotti a rischio. BIBLIOGRAFIA Allen, D.G., Green, D.P., Bolton, G.E., Jaykus, L.-A., Cope, W.G., Detection and identification of istamineproducing bacteria associated with harvesting and processing Mahimahi and Yellowfin Tuna. J. Food Prot., 68 (8), A.N.Z.F.A., Australian Food Standard Code (issue 41, 18 nov.1998). Australia New Zealand Food Authority, Canberra Arnold, S.H., Brown, W.D., Histamine toxicity from fish products. Adv. Food Res., 34, Pagina 13 di 16 Baranowski, J.D., Low temperature production of urocanic acid by spoilage bacteria isolated from mahi-mahi

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