Guida Parte 2 : Biomeccanica

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1 Guida Parte 2 : Biomeccanica Proprietà dei muscoli Tralasciamo volutamente tutta la matematica vettoriale, peraltro facilmente reperibile, e tutte le considerazioni fisico-filosofiche sul movimento, se non qualche accenno per meglio comprendere qualche principio base. Il movimento, o moto, è la variazione di una data posizione nello spazio di un corpo, in relazione ad un altro corpo, o ad un insieme di essi, considerato fisso. Se il corpo o l insieme, si muovono, a loro volta, in relazione ad altri corpi, o ad altri insiemi, avremo distinto il movimento relativo da quello assoluto. Avendo presente che solo un animale riesce a gestire i propri movimenti a piacimento, non solo seguendo le leggi della fisica, anzi, talvolta, sfidandole e vincendole, possiamo evidenziare due tipi di movimento possibili: - traslatorio se la totalità delle parti di un corpo si spostano nella stessa direzione e con la stessa velocità, descrivendo un movimento: rettilineo, se segue una linea retta; curvilineo, se segue una parabola; - angolare o rotatorio se qualche parte del corpo in movimento fa da centro, o da fulcro, e le altre descrivono degli archi attorno alle precedenti, considerando lo stesso piano iniziale. Questi archi saranno tanto più lunghi, quanto maggiore sarà la loro distanza dal centro. Partendo dal presupposto che un corpo mantiene il suo stato (mobile o immobile) fintanto che non intervengono una o più forze a modificarlo, l opposizione che tale corpo attua nei confronti di questa/e forza/e viene definito inerzia ed è, ovviamente, direttamente proporzionale alla sua massa. Il moto si ha quando queste forze sono predominanti sull inerzia, producendo un lavoro. A questo punto riusciamo ad esprimere graficamente il concetto di forza, con un vettore (segmento di linea retta orientato) con le seguenti caratteristiche: il punto di applicazione della forza; la direzione, rappresentata dalla retta su cui si trova il vettore; il senso, evidenziato da uno dei due orientamenti possibili sulla retta, indicato con una freccia; l intensità, pari alla lunghezza del vettore. La forza, abbiamo detto, produce lavoro, ma bisogna tenere conto anche dei vari attriti che bisogna vincere per ottenere lo spostamento. La risultante viene definita forza efficiente, che misura il rendimento, dato dal rapporto tra lavoro utile ed energia consumata. Quest ultima, avrà tanto più rendimento se verranno ridotti al minimo gli attriti; il lavoro utile, invece, risulterà dalla moltiplicazione della forza efficiente per lo spostamento di una data massa. Se le forze agiscono nella medesima direzione avremo come risultato la semplice somma algebrica delle stesse; se le direzioni sono diverse, si rappresentano tramite il classico parallelogramma e la relativa risultante. Se tali forze agiscono parallelamente possiamo avere sensi uguali o contrari, in quest ultimo caso avremo una coppia di forze e la risultante darà movimento rotatorio. Nel caso, invece, che il moto risulti in qualche maniera impedito, la risultante si scarica sulla massa che lo impedisce e si crea uno stato di tensione. Abbiamo solo accennato nella parte relativa all anatomia, che lo stimolo di carattere binario 0/1 (ON/OFF oppure tutto/nulla), oltre una certa soglia, fa contrarre totalmente una fibra muscolare. Quindi se aumentiamo tale stimolo, avremo una contrazione uguale, mentre se questo stimolo risulterà minore della soglia, non avremo nessuna contrazione. Come si spiega, allora, l infinità di contrazioni muscolari che il nostro corpo può produrre?

2 Ogni tessuto muscolare è composto da gruppi distinti di tantissime fibre controllate da motoneuroni. Ognuno di loro attua il suo controllo sul suo gruppo di fibre. Questo insieme viene definito unità motoria. Possiamo fare un esempio calzante, anche se non propriamente scientifico, per meglio comprendere questo fenomeno: ipotizziamo di dover illuminare una grossa stanza tramite un solo interruttore, ovviamente, quando diamo corrente, le lampadine si accendono tutte. Se vogliamo risparmiare qualche watt, perché magari fuori c è il sole, ne svitiamo una buona parte, se, invece, ci serve un illuminazione discreta, ne accendiamo di più, con il buio saranno tutte accese. Una cosa simile accade nei muscoli, dove, se un dato numero di fibre si contraggono, la totalità del muscolo lavora discretamente, se se ne contraggono un numero maggiore il lavoro risulta più intenso, fino ad arrivare al massimo sforzo dove tutte le fibre sono interessate dalla contrazione. Questa similitudine ci aiuterà ulteriormente a comprendere il tono muscolare. Se dobbiamo continuamente accendere una stufa per scaldarci, conviene sempre lasciarla spegnere completamente, o, di volta in volta, sfruttare la brace, che magari è ancora accesa sul suo fondo? Durante lo stato di veglia, una relativamente piccola parte di fibre muscolari, rimangono accese, sia per sostenerci, anche se non ce ne rendiamo conto, sia per tenerci in stand-by, in maniera da essere più pronti ad una eventuale azione/funzione/movimento. Il completo rilassamento dei muscoli, avviene, invece, durante il sonno profondo. Una fibra muscolare può allungarsi di circa una volta e mezzo e può anche accorciarsi di una metà nella sua contrazione (formando il caratteristico ingrossamento centrale o ventre muscolare) determinando, circa, un rapporto di 1 a 3 tra stato di contrazione e massimo stiramento (per una rapporto più esatto bisognerebbe escludere dalla stima i vari tessuti connettivi nella fase contrattiva, che porterebbero la riduzione a circa un terzo). Merito di questa trama connettivale che sotto l azione simultanea di muscoli agonisti ed antagonisti, rende solidale gli elementi corporei nella contrazione isometrica, dove non avvengono sensibili accorciamenti, ma bensì un indurimento di dette fibre che aumentano la loro tensione in maniera proporzionale allo sforzo. Paragonando il lavoro effettuato dal nostro corpo muscolare, con quello di una qualsiasi macchina da noi creata, abbiamo un rendimento umano pari a circa il 50% contro il 10% circa relativo alle macchine. Vediamo qualche definizione in maniera leggermente più dettagliata. Abbiamo visto brevemente la contrazione isometrica, dove accade che le leve ossee non si spostano ed il muscolo non si accorcia contraendosi, poiché intervengono delle forze esterne (contrazione antagonisti, attriti, gravità, pesi). In questo caso vi è assenza di moto e crescita di tono muscolare proporzionale allo sforzo. La contrazione isotonica l abbiamo invece quando un muscolo diventa più corto sotto l applicazione di una forza (o un peso) costante, non variando il suo tono. Talvolta il peso potrebbe essere anche solo quello della parte corporea stessa ed in genere, questo tipo di contrazione porta a contrarre i muscoli agonisti e a decontrarre gli antagonisti. La contrazione concentrica è il risultato della contrazione isotonica, quando il muscolo, contraendosi, sposta una o più leve ossee, su cui è inserito. Una sua variabile è la contrazione eccentrica, quando dopo la fase concentrica, il muscolo si rilassa ed al termine del movimento viene agevolato dall intervento di muscoli antagonisti che ne ammorbidiscono il movimento. Il tetano muscolare è un unica e duratura contrazione dovuta agli stimoli dall inizio della stessa fino quasi alla fine della fase (dai 5 msec ad 1/10 di sec) e se la frequenza di tali stimoli raggiunge 1/20 sec si ha la loro fusione, detta contrazione tetanica. Il fenomeno della scala si ha quando una serie ravvicinata di stimoli eccitativi portano a contrazioni

3 muscolari successive, agevolate l una all altra, generando un aumento della tensione muscolare ed una progressiva diminuzione della soglia di eccitabilità. Ecco quindi un ripiano di lavoro, dove sia la tensione muscolare, sia la soglia, rimangono invariate, fino al sopraggiungere dell affaticamento, momento in cui poi si percorre a ritroso la scala salita prima (cioè diminuzione relativa della tensione muscolare e graduale aumento della soglia di eccitabilità). Questo fa capire come mai, in certe contrazioni continuate, con l affaticamento non riusciremo più a fornire l energia nervosa necessaria ad innalzare gli stimoli ed avremo amplificata la sensazione di stanchezza dovuta al fattore nervoso, prima di quello muscolare. Questa è una delle tante nicchie di lavoro di gente con pochi scrupoli, ma tante ambizioni, che di sportivo non hanno niente, ma neanche si possono non nominare per omertà, indifferenza od altro. Con il doping, si può agire sulle sinapsi (struttura altamente specializzata che consente la comunicazione tra le cellule del tessuto nervoso, i neuroni), in maniera da ritardare l affaticamento, forzare il proprio organismo, con grave pregiudizio della salute. Abbiamo accennato precedentemente due tipi di muscolo, vediamone tutte le tipologie: Muscoli agonisti sono quelli che concorrono in una certa azione, ad esempio il bicipite, il brachiale ed il brachio radiale sono agonisti nella flessione dell avambraccio. Muscoli antagonisti hanno un azione contraria rispetto ai precedenti, ad esempio il bicipite brachiale, flettendo, è antagonista del tricipite, che estende. Muscoli fissatori poiché fissano una o più leve ossee, in maniera da far diventare possibile un dato movimento, altrimentì impossibile, con la contrazione di uno o più muscoli. Nel caso, a titolo d esempio, del deltoide, sarà considerato fissatore, se volessimo flettere l avambraccio su di un piano orizzontale, con il braccio fissato in abduzione a 90. Muscoli neutralizzatori e guidatori neutralizzano e contraendosi fanno da guida per una data posizione o movimento. Ad esempio, il tricipite, estendendosi, neutralizza l azione flettente del gomito verso l omero (nel caso volessi flettere solo la mano e non tutto il braccio). Muscoli sinergici sono quelli dove la contrazione avviene contemporaneamente. Per esempio, se vogliamo flettere l anca flettendo allo stesso tempo il ginocchio, bisogna che i flessori dell anca (retto femorale e psoas-iliaco), abbiano la contrazione sinergica con i flessori del ginocchio, in modo da neutralizzare l azione del retto femorale che fa flettere l anca ma fa anche estendere il ginocchio. Muscoli monoarticolari sono la maggior parte del nostro corpo. L origine e l inserzione sono su due ossa distinte e fra loro articolate. Muscoli biarticolari come sopra, soltanto che le articolazioni interessate sono due e le ossa tre. Ad esempio, il retto femorale estende il ginocchio e flette l anca, il sartorio flette anca e ginocchio. Muscoli pluriarticolari sono quelli comprendenti più articolazioni che possono flettere o estendere. Ad esempio i prevertebrali che flettono e gli erettori del rachide che estendono. I tessuti muscolari, come ogni altra parte del nostro corpo, hanno la forma più idonea alla loro specifica funzione. Infatti: se risultano collocati sulle ossa lunghe, necessitano di ampie escursioni e potenza, le fibre saranno longitudinali ed avranno un forte ingrossamento in prossimità del loro centro, vengono chiamati fusati, come i bicipiti femorale e brachiale; se, invece, conservano ampie escursioni, ma sviluppano meno potenza, vengono definiti nastriformi, come il sartorio; se sono inseriti su ossa piatte ed il loro lavoro consiste in movimenti limitati e soprattutto di contenzione, vengono chiamati piatti, sono sviluppati con abbastanza ampie superfici e poco spessi, le loro terminazioni non sono cordoni fibrosi ma lamine fibrose, ad esempio il quadrato dei lombi; se, infine, sono dotati di poca escursione, pur sviluppando parecchia potenza, le fibre saranno trasversali rispetto all aponeurosi ( calza tendinea connettivale), vengono definiti pennati, e si dividono in semplici, se le fibre risultano disposte da un solo lato (il peroneo lungo); bipennati, se le fibre corrono lungo due lati (il retto femorale); multipennati, se le fibre risultano disposte in più di

4 due sensi (deltoide medio). Piani, assi e leve Per definire convenzionalmente le parti ed i relativi movimenti si definisce un sistema di assi e piani in relazione, appunto, al corpo umano. Lo stesso è detto in posizione anatomica quando ha una postura eretta con le gambe unite, i piedi paralleli, le braccia unite al corpo, le palme delle mani in avanti e la testa eretta in avanti. Se lo dividiamo in due sezioni (antimeri) dal basso in alto ottenendo due profili e due parti esatte di tronco, ognuna con un arto superiore ed uno inferiore, avremo un piano sagittale mediano o cardinale e tutti i piani paralleli a questo saranno anch essi sagittali. Perpendicolarmente a questo (orientativamente dal malleolo esterno all orecchio) facciamo passare un altro piano, detto frontale cardinale, che divide il nostro corpo in due parti: quella posteriore o dorsale e quella anteriore o ventrale o frontale. Tutti i piani ad esso paralleli saranno definiti frontali. Perpendicolarmente ai precedenti, a circa metà altezza del corpo, abbiamo il piano orizzontale cardinale o mediano, che lo divide in due parti: quella superiore o craniale e quella inferiore, caudale o podalica. Tutti i piani ad esso paralleli saranno definiti orizzontali. Il punto d incontro di questi tre piani individua all incirca il baricentro e si trova pressappoco all altezza dell ombelico. Inoltre si definiscono i tre assi cardinali: - asse sagittale formato dall intersezione del piano orizzontale con quello sagittale; - asse verticale o longitudinale creato dall intersezione dei piani sagittale e frontale; - asse trasverso generato dall intersezione del piano orizzontale con quello frontale. Tutte le rette che troviamo sul piano orizzontale e parallele all asse sagittale saranno anch esse

5 definite sagittali, così come per gli assi verticale e trasverso. Approssimando i vari movimenti, potremmo così individuare su che piano ed attorno a quale asse avvengono. Ricordiamo che i movimenti delle singole parti sono permessi dalle articolazioni che possono dividersi in tre categorie: sinartrosi, diartrosi ed anfiartrosi. Le prime collegano segmenti ossei privi di movimento, come ad esempio le ossa craniche; le seconde collegano ossa in movimento e ne esistono diverse tipologie (come abbiamo visto nella parte relativa all anatomia); mentre le ultime posseggono quel minimo di movimento permesso dal materiale elastico frapposto fra segmenti ossei, come ad esempio avviene tra sinfisi pubica, corpi vertebrali e relativi dischi elastici. Avendo ora presente la posizione anatomica del corpo ed il relativo sistema di assi e piani, identifichiamo un minimo di terminologia per dare quei riferimenti spesso non compresi. Viene definito mediano tutto quello che troviamo sul piano sagittale mediano; quindi mediale indica la vicinanza, mentre laterale indica la lontananza, da questo piano. Quello che troviamo davanti è definito ventrale mentre il retro diventa dorsale; quello che troviamo in alto è detto craniale, mentre podalico (o caudale) è l opposto, cioè quello che troviamo in basso; definiamo ancora esterno tutto quello che è periferico ed interno, l opposto; prossimale si riferisce ad una struttura più vicina ad una parte considerata centrale (o più alta ), distale il suo opposto, cioè più lontana. Ogni segmento osseo viene suddiviso in tre parti uguali (talvolta anche in due o quattro parti) con un ordine di successione intuitivo (centro verso periferia): dal terzo prossimale, al terzo mediale, al terzo distale e volendo, per una maggiore precisione, ulteriormente suddivisi. Analoga divisione può essere fatta con riferimento ai piani sagittali: ed avremo terzo mediale, terzo medio e terzo laterale; oppure rispetto ai piani trasversi: quindi terzo superiore, terzo medio e terzo inferiore. Viene chiamata flessione il movimento di avvicinamento (ventrale o anteriore) tra ossa o segmenti del corpo; l opposto è detto estensione. Entrambi sono movimenti di tipo rotatorio su di un asse trasversale, compiuti su un piano sagittale. Con il termine abduzione si intende un allontanamento di una parte del corpo dal piano sagittale mediano, mentre il suo opposto è chiamato adduzione, cioè avvicinamento ed entrambi sono movimenti rotatori eseguiti su un asse sagittale ed in un piano frontale. La rotazione consta di un movimento angolare intorno un asse verticale ed in un piano orizzontale. La pronazione indica una rotazione in direzione mediale, ad esempio se la mano, con il palmo in avanti (dalla posizione anatomica) ed il pollice esterno, viene ruotata verso il piano sagittale, fino a mostrare il dorso. La supinazione identifica una rotazione in senso laterale ed è l opposto della pronazione e nel caso della mano sarà supina quando presenterà la parte ventrale (palmo), e prona se presenterà il dorso; analogamente sarà prono un corpo disteso a terra sul ventre e schiena in alto e supino il contrario, con schiena a terra e ventre in alto. Entrambi indicano un tipo di movimento rotatorio intorno ad un asse verticale e su un piano trasversale. La circonduzione è il movimento più complesso, non avviene su di un piano solo, ma intorno a tanti assi ed il tratto che la compie disegna un conoide con base ellittica, tracciata, quest ultima, con la parte distale della parte in questione. Una qualsiasi forza esercitata su un corpo rigido che ha la possibilità di ruotare su un punto fisso, detto fulcro, genera una leva ed, a seconda della posizione del fulcro, abbiamo tre diversi tipi di leva: - 1 ordine se il fulcro rimane tra il punto dove viene esercitata la forza e quello della resistenza, dove con braccio di potenza definiremo la zona compresa tra il fulcro ed il punto d applicazione della forza, mentre il braccio di resistenza risulterà quella posta fra fulcro e resistenza. Ovviamente la leva sarà vantaggiosa se e quando il braccio di potenza supererà, come valore, quello relativo alla resistenza (a titolo d esempio, l uso di un palanchino o di un paio di forbici).

6 - 2 ordine se la resistenza è posta fra il fulcro ed il punto d applicazione della forza; sarà sempre vantaggiosa, visto che il braccio di resistenza sarà sempre minore di quello di potenza (come ad esempio nello schiaccianoci). - 3 ordine se il punto d applicazione della forza è posto fra fulcro e resistenza; sarà sempre

7 svantaggiosa visto che il braccio di resistenza sarà sempre maggiore di quello di potenza (ad esempio le molle per i tizzoni o per il ghiaccio). Quasi tutti i nostri muscoli esercitano sui segmenti ossei leve di 3 ordine, in svantaggio, rispetto allo sviluppo di potenza. Ne ricaviamo maggior ampiezza e velocità dei movimenti, senza tener conto della sensibilità per i movimenti più piccoli. Stazione eretta e movimenti principali Identifichiamo la stazione eretta con la posizione anatomica fondamentale. Avremo due componenti che si oppongono alla forza di gravità: quella passiva, offerta dalla giustapposizione degli elementi scheletrici, che con la loro durezza sono pressoché indeformabili; quella attiva, costituita dalla contrazione statica dei muscoli interessati. Partendo dal basso verso l alto, abbiamo i piedi, che costituiscono la nostra base d appoggio al suolo, di forma geometrica corrispondente al contorno degli stessi, definita poligono d appoggio. La stazione eretta viene detta normale se la linea di gravità passa per il baricentro e ricade dentro il poligono d appoggio. Il baricentro viene identificato a livello del terzo superiore del sacro, in una linea mediana immediatamente anteriore (anche se studi più recenti lo identificano tra la terza e la quarta vertebra lombare, sempre nella linea mediana immediatamente anteriore). Il peso del nostro corpo viene distribuito tra tallone ed avampiede e per la maggior parte graverà sul margine laterale del piede, grazie all azione della volta plantare. Se il peso sul piede sarà equamente distribuito la linea di gravità passerà davanti all articolazione tibio-tarsica e la gamba sarà leggermente inclinata verso l avanti/alto. La flessione dorsale del piede, sempre dovuta alla gravità, viene annullata dall azione dei flessori plantari. Salendo troviamo la linea di gravità molto vicina all asse trasversale dell articolazione del ginocchio, che non dovrà essere serrato in estensione, pena una pessima circolazione sanguigna.. Abbiamo poi il bacino, bilanciato su entrambe la articolazioni coxo-femorali. Se lo osservassimo di lato, potremmo notare che la sinfisi pubica si trova sulla stessa linea verticale rispetto alla spina

8 iliaca antero-superiore. Il bacino è appena inclinato in avanti e la linea di gravità passa anteriormente all articolazione dell anca (se fosse maggiormente inclinato la curva lombare della spina dorsale sarebbe più ampia trasformandosi in lordosi e relativa ipertrofizzazione dei glutei e protrusione del ventre). La parete addominale va sostenuta con la muscolatura che deve resistere alla pressione dei nostri visceri, mentre il torace dovrebbe assumere una posizione intermedia tra espirazione ed inspirazione. Gli erettori del rachide hanno il duplice scopo di mantenere sulla giusta linea la testa ed annullare sul tronco gli effetti gravitazionali dovuti al peso dei visceri ed alla sporgenza del torace. E che dire della scapola ruotata verso il basso dal peso dell arto superiore se non fosse fissata dal trapezio?! Si alternano tre linee sul piano sagittale che contrastano la forza di gravità: una dorsale dovuta ai flessori plantari, una frontale data dagli estensori del ginocchio ed un altra dorsale resa possibile dagli estensori della coscia e dagli erettori del rachide. I muscoli ischio-crurali (estensori dell anca) si coordinano con gli estensori del ginocchio, soprattutto con il retto femorale. Osservato frontalmente, il nostro corpo risulta un alternanza di impegno tra flessori laterali del busto ed abduttori delle anche, mentre di profilo la stessa alternanza la abbiamo sul piano sagittale tra flessori ed estensori. Non abbiamo mai una situazione rigida, ma una continua contrazione e decontrazione (anche se lo stare in piedi ci sembra un atto riflesso automatico). Oltretutto la stazione eretta normale si discosta un po dalla posizione anatomica presa in esame, visto che i piedi sono leggermente abdotti dall azione statica degli estensori dell anca, che sono anche extrarotatori e di riflesso abducono i piedi aumentandone i contorni ed il relativo poligono d appoggio; inoltre, anche le mani, non vengono tenute con le palme supinate (in avanti), ma in semipronosupinazione, cioè viste di profilo con il pollice in avanti, e neanche tese, ma quasi semiflesse, visto il (normalmente) tono più elevato dei flessori rispetto agli estensori. Facciamo ora una rassegna dei principali movimenti del nostro corpo in relazione ai muscoli che li determinano, in maniera schematica, seguendo un ipotetica mappa (che vedremo più avanti) ed avendo ben presente una premessa. Se mancasse l azione statica della muscolatura che contrasta la forza di gravità, le parti del corpo interessate tenderebbero a flettersi verso il suolo. Per questo motivo le flessioni spesso sono considerate passive, cioè il peso del corpo (o di una parte) grava su esse. Infatti, in questo tipo di flessioni non agiscono i flessori, ma gli antagonisti estensori frenano questo movimento e lo rendono morbido. Le flessioni vere e proprie risultano tali quando vogliamo effettivamente flettere (ulteriormente e forzatamente) causando compressioni di masse carnose e stiramenti di legamenti e tendini estensori. Partendo dal basso verso l alto analizziamo il piede. FLESSIONE DORSALE DEL PIEDE dovuta all azione dell estensore lungo delle dita, estensore lungo dell alluce, tibiale anteriore, peroneo anteriore, estensore breve delle dita. Il flessore lungo delle dita ed il peroneo anteriore fletterebbero e farebbero ruotare in fuori il piede, invece, neutralizzano la rotazione interna dovuta all estensore lungo dell alluce e al tibiale anteriore. Nella massima flessione plantare, il tibiale anteriore, anche se posto sul lato dorsale, agisce sul primo metatarsale e rinforza l azione dell arco maggiore della volta plantare. ESTENSIONE DEL PIEDE o FLESSIONE PLANTARE ha la muscolatura principale formata da: gastrocnemio (gemelli) e soleo che agiscono insieme sul tendine d Achille, peroneo lungo, flessore lungo delle dita, flessore lungo dell alluce. La muscolatura secondaria è formata da: peroneo breve, tibiale posteriore, flessori brevi delle dita ed eventualmente, visto che spesso risulta atrofico, il plantare gracile. I peronei neutralizzano la rotazione interna dovuta al tibiale posteriore.

9 Il gastrocnemio è biarticolare, infatti flette la pianta del piede come il ginocchio. Rende di più a ginocchio esteso, viste le sue fibre stirate prima della contrazione (difatti riusciamo a stare meglio sulla punta dei piedi a ginocchia estese che non con le stesse flesse). Insieme al soleo formano il tricipite surale che per sostenerci deprime il calcagno estendendo la volta plantare. Per neutralizzare ciò si azionano il quadrato plantare, il peroneo lungo ed il flessore breve delle dita, indirettamente anche i lombricali, gli interossei, i flessori brevi del quinto dito e dell alluce, nonché gli altri flessori. ROTAZIONE INTERNA (SUPINAZIONE o INVERSIONE) dove il margine mediale del piede viene sollevato. Abbiamo come muscolatura principale i tibiali anteriore e posteriore e l estensore lungo dell alluce. La muscolatura secondaria è formata da: flessori lungo e breve delle dita, quadrato plantare e flessore lungo dell alluce. L estensore lungo dell alluce ed il tibiale anteriore neutralizzano i flessori. ROTAZIONE ESTERNA (PRONAZIONE o EVERSIONE) dove il margine laterale del piede viene sollevato. La muscolatura principale è formata dai tre peronei, anteriore, lungo e breve, quella secondaria dagli estensori lungo e breve delle dita. L estensione del piede viene neutralizzata dal peroneo lungo che agisce come flessore plantare. Riguardo i movimenti di adduzione ed abduzione del piede, il primo consta in una rotazione interna incompleta associata alla rotazione interna dell anca, nel secondo, analogamente, avremo un incompleta rotazione esterna del piede legata alla rotazione esterna dell anca. Sostanzialmente i movimenti utili nelle dita dei piedi sono due: flessione ed estensione. Talvolta diversi muscoli sono quasi atrofici, altre volte il piede può diventare prensile ed omologabile agli stessi movimenti della mano (basti pensare ad alcuni pescatori con dita lunghe ed affusolate che fanno presa sul bordo della barca anche con mare grosso, ma sono casi molto rari e mai paragonabili alle similitudini con la mano). Comunque, nella stragrande maggioranza dei casi, la flessione delle dita dei piedi è dovuta ai flessori brevi e lunghi delle dita, ai flessori dell alluce e del quinto dito, agli abduttore ed adduttore dell alluce, al quadrato plantare, ai lombricali ed agli interossei. L estensione, invece, è dovuta agli estensori lungo e breve delle dita, dell alluce e del mignolo. Il movimento più utile nella deambulazione, data la maggiore validità dei muscoli che la supportano, è la flessione. Passiamo ora ai movimenti della gamba, dove una vera e propria rotazione non esiste, anche se a ginocchio flesso l articolazione risulta sbloccata, con quel minimo di gioco che permette minimi movimenti rotatori. FLESSIONE DELLA GAMBA dovuta all azione del bicipite femorale, semitendinoso e semimembranoso tutti biarticolari che flettono il ginocchio ed estendono la coscia (date le loro fibre stirate prima di contrarsi, lavorano maggiormente i flessori con anca flessa e gli estensori con ginocchio esteso) del sartorio e gracile anch essi biarticolari che flettono ginocchio ed anca del popliteo ed eventualmente del gracile plantare (spesso quest ultimo risulta atrofico). I flessori dell anca neutralizzano gli estensori, mentre il bicipite femorale annulla la rotazione interna della coscia dovuta all azione del semitendinoso e del semimembranoso. ESTENSIONE DELLA GAMBA dovuta all azione del quadricipite. Mentre il retto femorale estende il ginocchio, contemporaneamente flette la coscia, ma qui intervengono gli estensori della coscia, neutralizzando l azione flessoria. I vasti mediale e laterale neutralizzano le trazioni mediale e laterale. Il maggior peso del corpo grava sul bacino, sostenuto dagli arti inferiori. Osservando più approfonditamente notiamo come i due femori, tramite le rispettive teste, siano articolati profondamente nei loro acetaboli in una inclinazione mediale che, tutt uno col bacino, forma un ponte dinamico eccezionale. L articolazione coxo-femorale è un enartrosi (come la scapolo-

10 omerale che vedremo in seguito) molto meno libera nei movimenti, vista la sua caratteristica principale di sostegno al corpo umano. Infatti è contornata da una muscolatura grossa e potente. FLESSIONE DELL ANCA o DELLA COSCIA resa possibile principalmente dai muscoli: psoasiliaco, sartorio, tensore della fascia lata, pettineo e retto femorale. Muscoli secondari in questo tipo di movimento sono: adduttori breve e lungo (solo le fibre anteriori visto che si trovano anteriormente all asse su cui si svolge il movimento) e gracile, anch esso adduttorio, vista la vicinanza delle sue fibre con l asse del movimento. Flette poco, come anche il quadrato del femore che lo fa parzialmente. L adduzione effettuata dal pettineo, adduttori e gracile viene neutralizzata dal tensore della fascia lata, che abduce, mentre il bacino viene fissato dai flessori del tronco che ne impediscono il trascinamento verso la coscia. Gli erettori del rachide contratti, ancora, fissano il bacino in contrapposizione allo psoas che lo sposterebbe. Ciononostante nella flessione dell anca si ha comunque un tratto lombare del rachide accentuato rispetto alla naturale curva fisiologica. ESTENSIONE DELL ANCA o DELLA COSCIA Bisogna ricordare che gli erettori del rachide e gli estensori dell anca e della gamba sono muscoli antigravitari ed hanno un tono costantemente maggiore rispetto ad altri. I muscoli principali di questo movimento sono: il grande gluteo, il bicipite femorale, il semitendinoso ed il semimembranoso. Quelli secondari sono: i pelvitrocanterici (con estensione relativa, anzi alcuni flettono debolmente, ma uniscono solidamente il femore al bacino rendendo possibile l estensione dell anca soprattutto dalla stazione eretta), il grande adduttore (la sua maggiore vigoria si esprime ad anca flessa oltre i 90 ) e il grande gluteo (anch esso lavora bene con l anca flessa, viste le sue fibre normalmente allentate e così stirate, infatti è quello maggiormente sollecitato in salita e su scale). Fungono da fissatori gli erettori del rachide. ADDUZIONE DELL ANCA o DELLA COSCIA Ha come muscoli principali gli adduttori grande, lungo e breve ed il gracile. Come muscolatura secondaria tutti i pelvitrocanterici (escluso il piriforme che abduce), il pettineo e, se l anca risulta flessa oltre i 45, anche il grande gluteo con le sue fibre posteriori. La rotazione esterna viene annullata dalla giusta contrazione dei rotatori interni, mentre la flessione è neutralizzata dal grande gluteo, aiutato appena dal grande adduttore, specialmente quando l anca viene flessa oltre i 90. Fungono da fissatori gli erettori del rachide e gli adduttori dell anca contro laterali. ABDUZIONE DELL ANCA o DELLA COSCIA Abbiamo come muscolatura principale i glutei medio e piccolo ed il tensore della fascia lata, mentre è considerata secondaria quella formata da piriforme e grande gluteo vista l azione solo delle fibre supero-laterali. I glutei si neutralizzano reciprocamente nelle rotazioni interna ed esterna. Funzionano da fissatori gli abduttori controlaterali dell anca ed i relativi flessori laterali del tronco. ROTAZIONE INTERNA DELL ANCA o DELLA COSCIA E data dall azione del piccolo gluteo, dalle fibre anteriori del medio gluteo e da quelle antero-inferiori del grande adduttore, dal tensore della fascia lata e da un accenno dei semimuscoli. L azione di abduzione di tutti gli altri muscoli viene neutralizzata dal grande adduttore. ROTAZIONE ESTERNA DELL ANCA o DELLA COSCIA Avviene sotto l azione dei pelvitrocanterici quadrato del femore, piriforme, gemelli ed otturatori -, del grande gluteo, delle fibre posteriori del medio gluteo, del bicipite femorale, del pettineo e, ad anca estesa, contribuisce lievemente anche il sartorio. Generalmente delle due rotazioni prevale quella esterna. Essa ci agevola nella stazione eretta aumentando il poligono d appoggio con l extrarotazione di anche e piedi ed aumentando la nostra stabilità. Siamo arrivati così all arto superiore ed al cingolo scapolare, che è l insieme di scapola e clavicola unite dall articolazione acromion-clavicolare, collegate al tronco tramite l articolazione sterno-

11 clavicolare. Entrambe sono dotate di poca mobilità, ma assieme ne permettono, abbastanza, alla scapola. L omero ed il cingolo scapolare, formano la spalla ed i loro movimenti assieme sono legati a quelli di ciascuna parte. Occorre ora aggiungere, per maggiore chiarezza, alcuni termini per meglio comprendere i movimenti di spalla e braccio. Con depressione ed elevazione si intendono dei movimenti rettilinei traslatori lungo una linea verticale. Si ha quindi un movimento di scivolamento tra segmenti corporei: dall alto in basso per la depressione e dal basso in alto per l elevazione. Con spalla avanti e spalla indietro si definiscono dei movimenti traslatori curvilinei, perciò si ha un movimento di scivolamento arcuato tra segmenti corporei: dal piano dorsale al piano frontale per la spalla in avanti e dal piano frontale a quello dorsale per la spalla indietro. Con braccio avanti e braccio indietro si intendono dei movimenti di flessione che portano il braccio avanti in una posizione finale di braccio in alto e viceversa per quanto riguarda braccio indietro. Con braccio in fuori s intende il movimento di abduzione che culmina con il braccio fuori in alto, considerando che il braccio, dopo aver ruotato di 90, verso il piano sagittale, compie un movimento di adduzione, di quasi 180. DEPRESSIONE DELLA SPALLA Oltre all aiuto dato dalla forza di gravità, la muscolatura principale in questo movimento è formata da: grande e piccolo pettorale, fibre inferiori del trapezio, succlavio, dentato anteriore e gran dorsale. La muscolatura accessoria è composta da: sottospinoso, sottoscapolare e grande rotondo che hanno una funzione depressoria del cingolo scapolare, con il braccio fissato. Il movimento viene fissato da: scaleno, elevatori delle coste, piccolo dentato superiore posteriore e da una parte degli erettori del rachide, tutti fissatori della gabbia toracica, che con una spinta verso l alto compensano lo scendere della spalla. ELEVAZIONE DELLA SPALLA Agiscono i muscoli sulla scapola, che poi trascinano verso l alto anche il braccio: elevatore della scapola, sternocleidomastoideo, romboide e fibre superiori del trapezio. Il romboide eleva ed adduce la scapola, avvicinandone l angolo inferiore alla colonna vertebrale ruotandola in basso. Questo movimento viene annullato dalla contrazione del dentato anteriore che compie l abduzione della scapola e del trapezio che la ruota verso l alto. In questo caso la forza di gravità tende a deprimere la scapola, a farla ruotare verso l interno distanziandola dalle coste, rispetto al suo angolo inferiore; sempre la gravità, agendo sul resto del corpo, fa sviluppare agli addominali, al quadrato dei lombi, al piccolo dentato posteriore inferiore un azione opposta all elevazione, fissando la gabbia toracica. SPALLA AVANTI Avviene sotto l azione del piccolo pettorale, del dentato anteriore e del succlavio direttamente sul cingolo scapolare, mentre le fibre anteriori del deltoide e del grande pettorale agiscono indirettamente sull omero, che, se ruotato internamente tramite il gran dorsale, accentua il movimento. SPALLA INDIETRO Si svolge con l azione delle fibre medie del trapezio, del romboide, dell angolare della scapola e del gran dorsale, non tralasciando quei muscoli che rendono solido il legame braccio/scapola, quindi: sopraspinoso, sottospinoso, sottoscapolare, piccolo e grande rotondo. Con la rotazione esterna dell omero avremo un movimento accentuato, anche se il sottospinoso ed il piccolo rotondo (rotatori esterni) dovranno sovrastare l azione del gran dorsale che tende a ruotarlo internamente. BRACCIO AVANTI Agiscono il coraco-brachiale, le fibre anteriori del deltoide, quelle superiori del gran pettorale ed il capo lungo del bicipite (che ha la sua origine nella faccia sopraglenoidea della scapola). Fanno da fissatori il trapezio ed il gran dentato, rotatori alti che assorbono la spinta verso il basso della scapola in rotazione quando, col braccio in flessione, viene esercitata pressione dalla testa dell omero sul glenoide della scapola. Oltre i 90 la flessione è aiutata dalla rotazione

12 maggiore verso l alto e lateralmente della scapola, l abduzione è minore grazie all azione del trapezio che prevale su quella del dentato anteriore. BRACCIO INDIETRO Fungono da muscoli agenti il gran dorsale e le fibre posteriori del deltoide, mentre la rotazione interna dovuta al gran dorsale è neutralizzata dai rotatori esterni dell omero. La muscolatura del cingolo scapolare deve bilanciare le spinte del braccio sulla scapola: sia verso l avanti (allontanandone il margine vertebrale dal costato), sia verso il basso. BRACCIO IN FUORI Nei primi 90 agiscono il deltoide ed il sopraspinoso, mentre la scapola viene fissata dal dentato anteriore e dal trapezio, che evitano di farla ruotare in basso. Oltre i 90, tramite la rotazione esterna della scapola (con il glenoide posizionato sotto la testa dell omero) e dei flessori del braccio fibre anteriori del deltoide, superiori del gran pettorale, capo lungo del bicipite e coraco-brachiale continua il movimento, fino all ultimo tratto, reso possibile dall inclinazione del tronco. Se il movimento è di tutte e due le braccia, quest ultimo è reso possibile da una iperestensione del rachide. ROTAZIONE DEL BRACCIO IN FUORI Il movimento vero e proprio viene compiuto dal deltoide posteriore, piccolo rotondo, sotto e sopraspinoso, che sono rotatori esterni del braccio, mentre la scapola si adduce, agevolando tale movimento. ROTAZIONE DEL BRACCIO IN DENTRO Avviene per l azione dei gran pettorale, dorsale e rotondo, del deltoide anteriore e del sottoscapolare; la scapola viene leggermente abdotta e l estensione dei gran dorsale e rotondo è neutralizzata dalle fibre anteriori del deltoide e dal gran pettorale. CIRCONDUZIONE DEL BRACCIO Si svolge sotto l azione della muscolatura che lega il braccio al cingolo scapolare, nonché quella relativa al cingolo stesso. BRACCIO IN FUORI SUL PIANO ORIZZONTALE Questo movimento avviene su di un piano orizzontale ed attorno ad un asse verticale. Vede come muscoli agonisti il gran dorsale, le fibre posteriori del deltoide e gran rotondo. Il braccio viene fissato in abduzione ad angolo retto dal deltoide e dal sopraspinoso, che annullano l adduzione esercitata dai gran dorsale e rotondo. Questi ultimi hanno anche una spinta rotatoria interna, neutralizzata da sottospinoso, sopraspinoso e piccolo rotondo (rotatori esterni). La scapola è fissata dai romboidei, dal gran dentato e dal trapezio, escluse le sue fibre superiori. BRACCIO IN DENTRO SUL PIANO ORIZZONTALE Anche questo movimento avviene su di un piano orizzontale ed attorno ad un asse verticale e vede l azione del coraco-brachiale, delle fibre anteriori del deltoide, del gran pettorale ed il capo breve del bicipite. Il braccio è fissato abdotto ad angolo retto dal sopraspinoso e dal deltoide, invece la scapola risulta fissata dai romboidei, dal trapezio e dal dentato anteriore. FLESSIONE DELL AVAMBRACCIO La muscolatura principale è formata da brachiale, brachioradiale (lungo supinatore) e bicipite; quella secondaria è costituita dai flessori del carpo e delle dita e dal pronatore rotondo. L arto viene tenuto fermo dai flessori e dagli estensori del braccio, mentre il bicipite neutralizza l azione pronatoria del pronatore profondo; inoltre il lacerto fibroso d inserzione del bicipite sull ulna lo rende sia flessore che supinatore e mantiene il braccio in semipronosupinazione. ESTENSIONE DELL AVAMBRACCIO Agiscono anconeo e tricipite in concorrenza con la forza di gravità, abducendo e stabilizzando l ulna. PRONAZIONE DI AVAMBRACCIO E MANO E il movimento che ruota la mano portando il pollice all interno, quindi si tratta di rotazione mediale, e vede agire i pronatori rotondo e quadrato, il palmare lungo ed il brachio-radiale. Quest ultimo ha, per circa metà movimento, azione pronatoria, tendendo a portare l avambraccio in semipronosupinazione, mentre l azione flessoria dovuta anche all azione del pronatore rotondo, viene annullata dal tricipite. Questo movimento viene dimezzato se compiuto ad avambraccio flesso, mancando la rotazione interna, possibile solo

13 ad avambraccio esteso. SUPINAZIONE DI AVAMBRACCIO E MANO Viene quindi considerata rotazione laterale e si svolge sotto l azione degli estensori breve e lungo del pollice, brachio-radiale, bicipite e supinatore. Il brachio-radiale ha qui azione supinatoria, sempre per circa metà movimento, il tricipite contrasta l azione flessoria ed anche qui, il movimento risulterà maggiore ad avambraccio esteso, aggiungendosi la rotazione esterna del braccio. FLESSIONE DI POLSO E MANO La muscolatura principale è formata dai flessori superficiale e profondo delle dita, dal flessore lungo ulnare del carpo e dal flessore radiale del carpo (grande palmare). Quella secondaria impegna i palmari lungo e breve, l abduttore lungo del pollice, che in questo caso agisce come flessore, ed il flessore lungo del pollice (ed altri muscoletti che agiscono sulle dita). L adduzione ed abduzione di polso e mano vengono annullati vicendevolmente dai flessori ulnare e radiale del carpo, il tricipite fissa l avambraccio ed annulla la flessione che si avrebbe dai muscoli epitrocleari (pronatore rotondo, flessori del carpo e delle dita). Si noti come una maggiore flessione della mano (ovviamente non infinita) sia resa possibile da una data estensione del polso (vista l azione flessoria dorsale degli estensori del polso) ed induca lo stiramento dei flessori e la loro maggior escursione, quindi potenza maggiore. ESTENSIONE DI POLSO E MANO Fanno parte della muscolatura principale gli estensori lungo e breve radiale del carpo, l estensore comune delle dita, l estensore ulnare del carpo, mentre come secondario abbiamo l estensore lungo del pollice (ed altri muscoletti che agiscono sulle dita). L adduzione ed abduzione di polso e mano vengono annullati vicendevolmente dagli estensori ulnare e radiale del carpo, il tricipite fissa l avambraccio ed annulla la flessione che si avrebbe dai muscoli epicondilei. Quando intervengono i flessori delle dita, nella flessione, inducono uno stiramento degli estensori, aumentandone escursione e potenza verso il polso, che risulterà più solido a dita flesse, cioè a pugno chiuso. ADDUZIONE DI POLSO E MANO Agiscono il flessore e l estensore ulnari del carpo, che si annullano a vicenda, e l abduttore del mignolo. Hanno origine nell omero e le loro fibre decorrono anteriormente all asse del movimento (quindi interviene il tricipite fissando l avambraccio e neutralizzandone la flessione). ABDUZIONE DI POLSO E MANO Principalmente è dovuta al flessore radiale del carpo ed agli estensori lungo e breve radiali del carpo, secondariamente intervengono gli estensori e l abduttore lungo del pollice che si annullano vicendevolmente nell azione di flesso-estensione. Anche il flessore radiale del carpo e gli estensori si neutralizzano nella flesso-estensione, mentre i flessori del pollice annullano parte del lavoro dell abduttore lungo del pollice e degli estensori, per far si che la parte restante di energia abduca il polso. Al solito, il tricipite non rende possibile la flessione dell avambraccio. FLESSIONE DELLE DITA (escluso il pollice) Agiscono il flessore profondo delle dita (inserzione alla base delle terze falangi, le flette tutte), il flessore superficiale delle dita (flette le seconde falangi, quindi anche le prime), palmari, dorsali, interossei e lombricali (flettono le prime falangi, inserzionandosi tutti alla loro base). Il movimento viene fissato dagli estensori del polso che annullano anche la flessione dovuta ai flessori delle dita. L estensore comune delle dita: blocca in estensione le prime falangi, nel caso volessimo flettere solo le seconde e terze falangi; viceversa bloccherà le seconde e le terze in estensione, nel caso volessimo flettere solo le prime. ESTENSIONE DELLE DITA (escluso il pollice) Si svolge sotto l azione dell estensore comune delle dita e degli estensori del mignolo e dell indice. Secondariamente, sia gli interossei volari e plantari, che i lombricali, inserzionandosi sui tendini dell estensore comune all altezza della prima falange, contraendosi fanno flettere le prime falangi ed estendere le restanti. L estensione del polso dovuta all estensore comune viene annullata e fissata dai flessori del carpo. ADDUZIONE ED ABDUZIONE DELLE DITA (escluso il pollice) Questi movimenti vanno riferiti rispetto all asse longitudinale della mano, all incirca all altezza del dito medio, quindi risulteranno

14 addotte se le dita sono unite ed abdotte se avremo la mano aperta. Nel caso dell adduzione abbiamo l azione degli interossei palmari (tre muscoletti del cavo della mano, posti sul lato che guarda l asse mediano, quando si contraggono fanno accostare le dita), dell opponente del mignolo, del terzo e quarto lombricale che tendono ad avvicinare all asse mediale l anulare ed il mignolo. L azione nell abduzione, invece, viene svolta dall abduttore del mignolo, dagli interossei dorsali (quattro muscoletti degli spazi metacarpali di cui il primo abduce l indice, il secondo ed il terzo permettono piccoli spostamenti latero/mediali o bloccano il medio, il quarto abduce l anulare), il primo e secondo lombricali (il primo abduce l indice ed il secondo sposta lateralmente il medio). I MOVIMENTI DEL POLLICE Abbiamo la flessione: dove il flessore breve del pollice flette la prima falange, il flessore lungo del pollice flette la seconda falange e di riflesso anche la prima; l adduttore del pollice flette il primo metacarpale risultando posizionato sul lato volare, l abduttore breve del pollice flette e si oppone (più che abdurre) la prima falange, decorrendo dalla base della prima falange (lato radiale) al trapezio. Segue l estensione dovuta all estensore breve del pollice che estende la prima falange e all estensore lungo del pollice che estende la seconda falange. Il movimento abduttorio di questi estensori viene neutralizzato dagli adduttori del pollice. Continuiamo con l adduzione, dovuta all opponente e all adduttore del pollice. Invece l abduzione è effettuata dall abduttore lungo del pollice compresi i suoi estensori, in particolare quello breve. L opposizione è opera dei flessori lungo e breve del pollice, dell adduttore del pollice ed ovviamente dall opponente del pollice. La muscolatura dell avambraccio e della mano, appositamente contratta, si occupa di fissare i vari movimenti del pollice. Occupiamoci ora dei movimenti principali del capo e del tronco. FLESSIONE IN AVANTI DELLA TESTA (inteso assieme alla flessione del rachide cervicale, cioè poco più del raddrizzarsi della curva fisiologica della colonna, principalmente attorno alle articolazioni atlanto-occipitale ed epistrofo-atlantoidea) Principalmente vede interessati gli sternocleidomastoidei, secondariamente il retto anteriore ed i lunghi del capo e del collo (prevertebrali), sopra e sottoiodei e parzialmente gli scaleni (la sola parte attiva anteriore all asse di rotazione trasversale dove abbiamo la flessione). La forza di gravità e gli addominali, che agiscono contraendosi nell inserzione inferiore dei flessori, fissano il movimento. Bisogna ricordare che tale flessione dalla stazione eretta, avverrebbe per gravità, se non intervenissero gli erettori del rachide, così come, a maggior ragione, se il corpo si trovasse supino. Questo tipo di movimento trova come limiti alla sua ipotetica ampiezza in: vari tipi di legamenti (gialli, della nuca, spinosi, longitudinali e posteriori), masse carnose che si toccano e lo stimolo della muscolatura antagonista. INCLINAZIONE INDIETRO DELLA TESTA (inteso assieme all iperestensione del rachide cervicale) Sarebbe da indicare come flessione del capo indietro, anche se la flessione comporta un avvicinamento tra le parti in senso frontale, comunque il muscolo principale è il trapezio, se pur solo con i suoi fasci superiori, mentre i secondari sono gli erettori del rachide: sottocipitali, divisi in retti obliqui e posteriori, semispinali del capo e del collo, multifido del collo, spleni, lunghissimi del capo e del collo, e spinale del collo. Sono definiti muscoli accessori gli angolari della scapola, mentre la fissazione avviene, per la forza di gravità, per la parte inferiore degli erettori del rachide che tengono fissate le vertebre, evitando che si sollevino e per i depressori di clavicola e scapola, cioè il piccolo pettorale ed il gran dorsale. I limiti di questo movimento sono dati dal legamento anteriore longitudinale, dal contatto delle masse carnose, dalla muscolatura antagonista e dalle apofisi spinose.

15 INCLINAZIONE DESTRA/SINISTRA DELLA TESTA La muscolatura principale è formata dallo sternocleidomastoideo e dalle fibre superiori del trapezio, mentre quella secondaria vede interessati: scaleno, angolare della scapola, elevatori delle coste, lunghi del capo e del collo, retti anteriore e laterali della testa, erettori del rachide. Tutti destri o sinistri a seconda dell inclinazione della testa. La fissazione avviene come nell inclinazione indietro della testa, gravità, parte inferiore degli erettori del rachide, depressori di clavicola, scapola, e si aggiungono anche i depressori delle coste, sempre dello stesso lato. Neutralizzano il tutto lo sternocleidomastoideo, il traverso spinale ed il trapezio, ma del lato opposto, per annullare anche la rotazione della testa. ROTAZIONE DESTRA/SINISTRA DELLA TESTA Vede interessati come muscoli agonisti i fasci superiori del trapezio, i trasverso spinali del rachide cervicale e lo sternocleidomastoideo tutti del lato opposto; insieme ai sottoccipitali (in particolar modo il grande obliquo della testa) e lo splenio, tutti del medesimo lato. La fissazione avviene tramite quei muscoli che fissano scapola e clavicola rispetto al lavoro del trapezio e dello sternocleidomastoideo, che le sposterebbero, insieme alla muscolatura del rachide che permette la rotazione. Si annullano sternocleidomastoideo e trapezio, anche se agonisti nella rotazione, uno lo fletterebbe e l altro lo estenderebbe. La stessa cosa succede fra i trasverso spinali del lato opposto e quelli dello stesso lato (insieme agli scaleni), i primi farebbero ruotare la testa ma la farebbero inclinare dalla parte opposta se non intervenissero i secondi. Per questo motivo se ruotiamo con forza la testa abbiamo la sensazione che si indurisca tutto il collo. Per non dilungarci ulteriormente, si considera un unica unità funzionale (ed i vari movimenti) il sistema testa-collo, anche se la testa è dotata di grande mobilità, permettendo anche il movimento di circonduzione. ESTENSIONE DEL TRONCO Principalmente sono interessati il quadrato dei lombi e gli erettori del rachide, secondariamente, invece, i piccoli e grandi dentati, il trapezio, il gran dorsale e l angolare della scapola. La fissazione avviene tramite gli estensori dell anca (che potrebbero anche essere considerati agonisti), dalla muscolatura antigravitaria delle gambe e dal peso del tronco inferiore. Infine il punto di contatto delle vertebre limita il movimento. FLESSIONE DEL TRONCO Occorre ricordare l azione contraria alla gravità che esercitano gli estensori del rachide nella stazione eretta. Se invece consideriamo una flessione fatta con forza, o da posizione supina, la muscolatura principale è formata dai retti ed obliqui addominali e dal trasverso dell addome, mentre quella secondaria vede interessati il tensore della fascia lata, il sartorio, il retto femorale, l ileo-psoas ed i pettorali. L azione tono-statica della muscolatura delle gambe si occupa della fissazione del movimento, mentre la sua limitazione è data dal contatto delle ultime coste con l addome, dalla compressione dei dischi vertebrali, dalla tensione degli erettori del rachide e dai vari suoi legamenti (longitudinali, gialli, sopra ed interspinosi). INCLINAZIONE DEL TRONCO (flessione laterale destra/sinistra) Viene indicata così per consuetudine, anche se sarebbe più corretto definirla abduzione o adduzione, visto che è un movimento rotatorio effettuato attorno ad un asse sagittale in un piano frontale. Anche qui bisogna ricordare l aiuto della forza di gravità contrastata dalla muscolatura controlaterale. Si svolge sotto l azione degli estensori e dei flessori del tronco (di quel lato) che dopo essersi annullati vicendevolmente, fanno inclinare il tronco. Gli intertrasversi (dello stesso lato) agiscono per intero, mentre i trasverso spinali saranno annullati come rotatori dai loro omologhi controlaterali. La fissazione avviene tramite dagli adduttori dell anca del lato opposto e gli abduttori dell anca dello stesso lato; inoltre interviene la muscolatura antigravitaria degli arti inferiori. L incontro fra masse carnose e la tensione della muscolatura antagonista fanno da limite a questo movimento. ROTAZIONE DEL TRONCO (destra/sinistra) Avviene principalmente sotto l azione dell obliquo interno dello stesso lato, dei trasversospinali, del grande obliquo ed dell obliquo esterno, tutti del lato opposto. Secondariamente intervengono i pettorali, il dentato anteriore, il trapezio medio, il romboide ed il gran dentato, tutti del lato opposto. Estensori e flessori del tronco annullano la

16 flesso-estensione dovuta ai rotatori, mentre la fissazione avviene ad opera della muscolatura antigravitaria delle gambe e del blocco del tronco inferiore e delle anche dovuto alla forza di gravità. La conformazione propria del rachide fa da limite al movimento. Meccanica della respirazione L animale uomo riesce a sopravvivere discretamente, per un certo tempo senza cibo, per molto meno tempo senz acqua, e per un brevissimo lasso di tempo senza ossigeno. Cellule vitali più complesse necessitano di maggiore apporto di ossigeno, rispetto ad altre più semplici. Masse carnose possono resistere per diversi minuti senza ossigeno prima di degenerarsi, mentre possono bastare pochissimi secondi perché ciò avvenga, ad esempio, nei più complicati tessuti nervosi, spesso con andamento irreversibile e talvolta mortale. In condizione di riposo un adulto sano ed efficiente muove circa mezzo litro d aria per atto respiratorio, compiendone 15/20 al minuto; l aria complementare inspirata forzatamente dopo un altra inspirazione in condizioni normali è di circa 2/2,5 litri, mentre l aria supplementare espirata forzatamente dopo un altra espirazione in condizioni normali è di circa 1/1,5 litri. La capacità vitale dovuta alla somma di questi volumi risulta di circa 4/5 litri e varia da individuo ad individuo. L aria arriva nei polmoni tramite le vie respiratorie dove l ossigeno prende il posto dell anidride carbonica, scarto dell avvenuta combustione, in due fasi distinte. Nell inspirazione l aria contiene circa lo 0,03% di anidride carbonica ed il 21% di ossigeno, mentre nell espirazione l anidride carbonica sale al 5,6% e l ossigeno scende al 14%. In tutte e due le fasi resta pressoché invariato il restante 78-80% che è composto da azoto, un gas inerte. A questo punto il sangue ed il sistema cardiovascolare possono portare ossigeno in tutto l organismo e riceverne anidride carbonica da smaltire. Tutto ciò avviene con ritmo, dato dal cuore e dalla ventilazione polmonare. Tralasciando la descrizione nervosa che risulterebbe vasta e complessa, il nostro organismo avverte immediatamente una concentrazione minima di anidride carbonica ed accelera la respirazione, mentre la mancanza di ossigeno (ipossia, al di sotto del 14%) tende a decelerare il ritmo respiratorio. Anche l eccedenza di ossigeno (iperossia) crea degli squilibri respiratori e dei fenomeni tossici, oltre al senso di vertigine ed al blocco della respirazione per riportare i parametri alla normalità. Possiamo trattenere il fiato o respirare più o meno intensamente ma alla fine prevarranno sempre gli impulsi vegetativi su quelli volontari. Gli organi interessati nella respirazione sono: le vie respiratorie (naso, bocca, faringe, laringe, trachea e bronchi) che aspirano/espellono l aria e la condizionano, i polmoni dove avvengono gli scambi gassosi ed il diaframma che è il muscolo principale responsabile del movimento. Poi intervengono altri muscoli secondari, la conformazione del torace ed anche il resto dell organismo per consentire, in un insieme funzionale, il compito descritto ai suddetti organi. Normalmente l aria viene aspirata dal naso che effettua la prima depurazione ad opera dei peli delle narici (vibrisse), che funzionano da filtro, poi passa nei turbinati nasali, dove forma dei vortici per meglio entrare in contatto con la mucosa nasale. Questa mucosa altro non è che una membrana che avvolge le cavità nasali interne, raggiunta da una fittissima rete di vasi sanguigni, che la mantengono sempre calda ed umida tramite il muco, sostanza con proprietà battericide, leggermente vischiosa, che contrasta gli attacchi provenienti dall esterno dei germi patogeni. Il muco viene alimentato da otto cavità ossee, definite seni paranasali, tutte in comunicazione con quella nasale superiore.

17 Se le cavità nasali risultano ostruite, ad esempio da un raffreddore, il muco ristagna ed abbiamo mal di testa (sinusite). Successivamente l aria raggiunge faringe, laringe e trachea che continuano l opera di depurazione, umidificazione e riscaldamento. Nella trachea troviamo le ciglia vibratili, sensibilissime ad ogni intruso che, nel caso, generano una sensazione di prurito che ci fa tossire per espellerlo verso l esterno. Infine l aria arriva ai bronchi ed agli alveoli polmonari. I polmoni agiscono con una spinta negativa rispetto all aria, sono un insieme di piccolissime cellette elastiche (alveoli) che nell inspirazione tendono ad aprirsi sotto l azione esterna della muscolatura respiratoria, mentre nell espirazione abbiamo una pressione negativa dei polmoni, che non risultando più aiutati dalla muscolatura in questione, si sgonfiano spontaneamente facendo fuoriuscire l aria. Nel caso dovessimo avere un espirazione più intensa, intervengono appositi muscoli espiratori che, contraendosi, comprimono ulteriormente i polmoni. Delicati e complessi apparati nervosi rendono dipendenti biunivocamente i ritmi respiratorio e cardiocircolatorio rapportandoli al lavoro muscolare in atto. Se i muscoli lavorano maggiormente, maggiore sarà la combustione e maggiore sarà il bisogno di ossigeno, maggiore sarà lo scorrimento del sangue e quindi anche il ritmo cardiaco, così come il ritmo respiratorio. Nel sonno, l ossigenazione risulta minima, in relazione allo scarso metabolismo di cui necessitiamo per mantenere la vita vegetativa; basterà l azione del solo diaframma, la cui contrazione provoca l inspirazione, il ritmo respiratorio sarà molto lento e la fase espiratoria sarà particolarmente lunga, dovuta all afflosciamento degli alveoli ed alla forza di gravità delle masse che appoggiano sui polmoni. L inspirazione risulta la vera fase attiva ed attua delle espansioni volumetriche di polmoni e torace rispettivamente ai tre assi verticale, sagittale e trasversale.

18 In verticale, ad opera del diaframma (e dei muscoli secondari alla respirazione) si eleva la cassa toracica superiormente che innesca l espansione dei polmoni; automaticamente la depressione dei visceri, dovuta sempre all azione del diaframma crea altro spazio per l espansione della parte inferiore dei polmoni; per contrastare l innalzamento del torace intervengono gli addominali. L elevazione della gabbia toracica avviene tramite le articolazioni tra coste e vertebre (costovertebrali fra teste delle costole e faccette costali delle vertebre; costotrasversarie tra i tubercoli delle costole ed i processi trasversi delle vertebre) e dall azione di: romboidei, succlavi, dentati anteriori, piccoli e grandi pettorali, angolari delle scapole, sopracostali, piccoli dentati, sopra e sottoiodei, trapezi, ileocostale del collo, elevatori delle coste, intercostali, sternocleidomastoidei, e scaleni. I muscoli che agiscono sulle scapole si occuperanno di bloccarle e fissarle al torace, soprattutto nel caso di un inspirazione profonda. In senso sagittale e trasversale l aumento di volume è dovuto alla conformazione delle coste, al loro movimento dovuto alle predette articolazioni in relazione alle vertebre ed all elasticità della cartilagine che le unisce allo sterno. In entrambi i casi le costole risultano inclinate verso il basso e, sotto la spinta dei soliti muscoli (diaframma e gli altri muscoli inspiratori), si alzano e si raddrizzano.

19 L espirazione è la fase passiva, poiché basta la decontrattura dei muscoli che hanno espanso polmoni e torace che la sola forza di gravità faccia aumentare la pressione negativa dei polmoni ed il loro svuotamento. Diventa attiva quando voluta in un determinato modo o se forzata. Tutta l aria è impossibile da far fuoriuscire, vista l esistenza di una simil-zona-neutra (all incirca nel mediastino) detta spazio morto respiratorio, che funge da riserva nell apnea di circa 1 litro. Saranno complementari alla forza di gravità, in questa fase, i muscoli espiratori: addominali principalmente, ma anche trasversali, retti ed obliqui, triangolare dello sterno, piccoli dentati posteriori inferiori, quadrati ed ileocostali dei lombi ed indirettamente rotatori interni dell omero e gran dorsali. Non è facile suddividere l azione come inspiratori o espiratori degli intercostali interni ed esterni ma è più facile identificare la loro funzione: quella di contenzione. ABC Dei muscoli

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