Dispensa ELEMENTI DI GEODESIA

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1 Università degli Studi di Palermo Facoltà di Ingegneria Dispensa ELEMENTI DI GEODESIA Vincenzo Franco Mauro Lo Brutto Marzo 004

2 1. Sistemi di riferimento La Geodesia è la disciplina che ha come obbiettivi lo studio della determinazione della forma e delle dimensioni della superficie fisica della Terra; inoltre, definisce i metodi e gli strumenti adatti ad eseguire misure sulla superficie della Terra, studia il movimento nel cosmo e il campo gravitazionale terrestre. La Topografia ha invece come scopo principale la determinazione, e la conseguente rappresentazione cartografica, della superficie fisica della Terra. E evidente che, mentre la Geodesia considera la Terra nella sua totalità, la Topografia limita il suo campo di applicazioni a porzioni limitate della superficie terrestre. La conoscenza dei principali aspetti della Geodesia rappresenta però uno aspetto imprescindibile per una corretta descrizione e comprensione di tutte le operazioni tipiche del rilevamento topografico. Inoltre, la comparsa dei sistemi di posizionamento satellitare (GPS) e il loro impiego sempre più intenso ha comportato un crescente interesse verso le problematiche, tipiche della Geodesia, della definizione di superficie di riferimento o della trasformazione di coordinate tra sistemi diversi. In genere si può infatti definire una Geodesia Teorica, il cui scopo è soprattutto legato alla studio della forma e dimensione della Terra, e una Geodesia Operativa che invece si occupa delle misure e dei calcoli necessari per la descrizione geometrica della Terra. Lo scopo principale di quest ultima è quindi quello della determinazione di coordinate. E evidente che devono essere definite delle superfici di riferimento opportune, e dei sistemi di coordinate legate alle superfici di riferimento stesso. L individuazione della superficie di riferimento è di fondamentale importanza per le scienze topografiche e cartografiche in quanto: a tale superficie devono essere riferite le misure relative ad un qualunque rilievo topografico (problema geodetico/topografico); su tale superficie dovrebbe essere rappresentata ad una scala prefissata la superficie fisica del terreno (problema cartografico). Una superficie di riferimento deve però avere due caratteristiche: essere fisicamente individuabile con facilità; essere matematicamente trattabile. Gli studi e le ricerche che sono stati condotti storicamente sulla determinazione della superficie fisica della Terra, e quindi sulla determinazione della superficie di riferimento da utilizzare per le operazioni di misura, hanno definito due differenti superfici: 1

3 la prima è una superficie, denominata geoide, che rappresenta la superficie equipotenziale del campo gravitazionale terrestre che meglio approssima il livello medio dei mari; la seconda è un ellissoide di rotazione, cioè un ellissoide biassiale, di forma e dimensioni assegnate. Tale dualismo deriva dal fatto che il geoide è, per definizione, una superficie che soddisfa la condizione di essere facilmente individuabile fisicamente (la direzione e il verso del campo gravitazionale possono infatti essere individuati con facilità), ma non è matematicamente trattabile, come vedremo meglio in seguito, con facilità. L ellissoide di rotazione è invece una superficie geometrica facilmente trattabile dal punto di vista matematico, ma che non possiede nessun significato fisico. L utilizzo di due differenti superfici di riferimento ha comportato principalmente la separazione della determinazione della componente altimetrica da quella planimetrica per il calcolo delle coordinate dei punti. In particolare, il geoide rappresenta la superficie di riferimento utilizzata per la determinazione delle quote, mentre l ellissoide è utilizzato per la definizione delle coordinate planimetriche. Nei paragrafi successivi saranno descritte le caratteristiche principali delle due superfici considerate.. Il campo gravitazionale terrestre La Terra è un corpo celeste che fa parte del sistema solare, la cui massa è limitata da una superficie chiusa denominata superficie fisica della Terra o litosfera. Ogni particella della Terra è pertanto animata da un moto e soggetta alla gravitazione universale. Sappiamo dalla dinamica che questa si manifesta secondo la forza F, e che anche il movimento, a causa della sua accelerazione, vi genera una forza f. Pertanto tutte le particelle terrestri (la cui massa supporremo puntiforme), ed in particolare quelle della superficie fisica della Terra, che maggiormente ci interessano, sono sollecitate da una forza risultante g = F + f detta forza di gravità, o semplicemente gravità. Tale forza varia da particella a particella ed è quindi una funzione del punto; è possibile quindi definire la gravità come un campo vettoriale (campo gravitazionale) g = g(p)

4 In particolare, per i nostri scopi considereremo solo particelle di massa unitaria (concentrate in un solo punto, come si è detto), cosicché il campo in un generico punto P coinciderà con la forza g nel punto stesso, avente quindi le dimensioni di una accelerazione..1 La forza centrifuga La Terra, come tutti i corpi celesti, è caratterizzata dalla presenza di numerosi movimenti, ciascuno originato da una causa ben precisa che provoca determinati effetti; tra questi, quelli che maggiormente interessano gli studi geodetici sono due: - il moto di rotazione intorno all asse polare; - il moto di rivoluzione intorno al Sole. Il primo viene compiuto in un intervallo di tempo definito giorno siderale (intervallo di tempo compreso fra due passaggi consecutivi di una stella fissa sul meridiano del luogo). Il giorno siderale è pari a circa 4 ore, per l esattezza a ,09 secondi; a causa del moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole in senso contrario a quello di rotazione, il giorno siderale è più corto del giorno solare medio di 355,91 secondi. La velocità angolare di rotazione è pressoché costante e ha il valore di: ω = π/86.164,09 = 7, sec -1 Il secondo moto si realizza in un anno siderale, pari a 365,5636 giorni solari medi, lungo un orbita ellittica denominata eclittica. Tale moto però, al pari degli altri movimenti non esplicitamente considerati (precessione degli equinozi, nutazione, migrazione del polo terrestre, ecc.) risulta di effetto trascurabile in quanto si compie con velocità angolare molto piccola; inoltre, l accelerazione risulta trascurabile rispetto al moto di rotazione. L intensità dell accelerazione centripeta causata dal moto di rotazione è variabile da punto a punto e può essere espressa dalla formula: a = ω r dove r rappresenta la distanza del generico punto P dall asse di rotazione. A causa di tale accelerazione ogni particella del globo terrestre di massa m viene ad essere sollecitata da una forza centrifuga (Fig 1), anch essa variabile da punto a punto, la cui intensità vale f = m a e la cui direzione è quella del raggio r. Se, per semplicità, ci si riferisce ad una particella di massa unitaria, l intensità della forza centrifuga può essere espressa come f = 1 a = ω r 3

5 cioè dallo stesso numero che esprime l intensità dell accelerazione. Figura 1. La forza di attrazione newtoniana Oltre alla forza centrifuga, tutti i punti della superficie terrestre sono soggetti ad un altra forza, di natura statica e di intensità notevolmente superiore alla prima, dovuta alla mutua attrazione newtoniana fra le particelle terrestri. Dalla fisica sappiamo infatti che la legge della gravitazione di Newton può essere espressa come: tra due particelle di massa elementare m 1 e m poste a distanza d si esercita una forza attrattiva che agisce lungo la congiungente le due particelle ed ha modulo m F = G 1 m d dove G è una costante universale che ha lo stesso valore per tutte le particelle 1. Nel caso della Terra la formula non è direttamente applicabile poiché non è possibile considerare la sua massa concentrata in un punto. Se decomponiamo tale massa in tanti elementi infinitesimi dm possiamo esprimere la forza di attrazione newtoniana (Fig. ) che ogni elemento dm esercita sulla massa unitaria posta in un punto P come data da dm df = G d La risultante F di tutte le forze elementari df rappresenta l attrazione newtoniana esercitata dalla massa della Terra sul punto P. 1 Il valore sperimentalmente accettato è G = 6, m 3 /kg s con un errore di 0,

6 Figura.3 La forza di gravità e il potenziale terrestre Possiamo quindi affermare che, trascurando come si è detto i moti i cui effetti si possono considerare inapprezzabili e trascurando le altre forze di attrazione dovute agli altri pianeti, sul un generico punto P della superficie terrestre, in cui si suppone concentrata la massa unitaria, agiscono le due forze F e f. La loro risultante g = F + f è la forza di gravità, la cui intensità, per una massa unitaria, coincide con quella dell accelerazione. Da quello che si è detto a proposito delle cause che generano la forza di gravità si deduce che per ogni punto della Terra, in particolare per ogni punto della sua superficie, la gravità assume un valore differente ; la gravità g costituisce quindi un campo di forze che ha la caratteristica di essere conservativo (di ammettere quindi un potenziale) e le cui linee di forza sono linee curve tangenti in ogni loro punto alla direzione del campo. La tangente in un punto P (cioè la direzione della gravità passante per quel punto) viene detta verticale del punto P. La sua direzione è, da un punto di vista strumentale, facilmente individuabile attraverso il filo a piombo, per cui risulta agevole pensare che esista una eventuale superficie di riferimento ad essa collegabile. Assumiamo adesso un sistema di coordinate cartesiane OXYZ avente origine in un ipotetico baricentro terrestre, asse Z coincidente con l asse di rotazione e gli assi X e Y perpendicolari fra di loro e all asse Z. Consideriamo rispetto a questo sistema di riferimento i punti P (x,y,z), baricentro della massa unitaria, e Q (a,b,c), baricentro della massa dm. Le equazioni cartesiane di df e f risulteranno: La forza centrifuga fa deviare la forza di gravità rispetto a quella che si avrebbe se la Terra fosse immobile; tale deviazione è nulla ai poli (f = 0) e all equatore (f = -F). La forza di attrazione aumenta con la latitudine (è minima all equatore e massima ai poli) e diminuisce con l aumentare della distanza dal centro della Terra. 5

7 df = G f = ω x + y essendo d = (x-a) +(y-b) +(z-b) r = (x +y ) 1/. Entrambe le due espressioni sono funzioni delle coordinate del generico punto P (x,y,z), sono cioè funzioni di punto. D altra parte, dall analisi matematica si sa che un vettore, funzione di punto, ammette per potenziale, se esiste, quella funzione scalare tale che le sue derivate parziali prime siano uguali alle componenti del vettore stesso; in questo caso si parla di campo di forza a potenziale (Fig. 3). Si può verificare che tanto df che f ammettono potenziale espresso rispettivamente, per df e f da: dv = G ( x a) + ( y b) + ( z c) [( x a) + ( y b) + ( z c) ] 1/ 1 v = ω La forza che interessa per determinare la forza di gravità è la F, risultante di tutte le forze elementari df che tutti gli infinitesimi elementi di massa dm, che compongono la massa della Terra, esercitano sulla massa unitaria in P. Trattandosi di una funzione scalare, il potenziale della forza di attrazione newtoniana estesa all intero corpo terrestre è dato da: in cui δ è la densità (ipotizzata costante per tutto il corpo terrestre), da db dc è l elemento di volume che racchiude la massa dm e l integrale triplo è esteso a tutto il volume della Terra. Come si può notare anche V è funzione delle sole coordinate di P e δ è funzione di a, b, c. Il potenziale della forza di gravità (W) è quindi dato dalla somma: W(x,y,z) = V(x,y,z) + v(x,y) che diventa Tale funzione potenziale è indipendente dal tempo, finita, continua; il vettore g viene detto gradiente di W 6 dm dm ( x + y ) δ da db dc V = G 1/ [ ( ) + ( ) + ( ) ] x a y b z c δ da db dc 1 W = G + ω [( x a) + ( y b) + ( z c) ] 1/ ( x + y )

8 g = grad W Sperimentalmente l intensità di g viene misurata con speciali strumenti detti gravimetri, mentre la sua direzione in ogni punto può essere rilevata per mezzo del filo a piombo o mediante le livelle che permettono di individuare con precisione direzioni orizzontali, normali cioè alla verticale. Figura 3 3. Le superfici di livello Se consideriamo adesso l insieme dei punti che soddisfano, con le loro coordinate, l equazione W(x,y,z) = cost si ottiene l equazione cartesiana di una superficie su cui il potenziale della gravità ha valore costante, pur non essendo la gravità uguale in tutti i punti della superficie stessa, dato che da punto a punto variano sia la direzione che l intensità di g. Tale superficie viene detta pertanto superficie equipotenziale rispetto all gravità, o più propriamente superficie di livello. Per tali superfici vale la proprietà che in ogni punto la direzione della normale coincide con la direzione della verticale del punto, cioè della gravità; tale direzione risulta inoltre tangente alla linea di forza passante per il punto stesso. Ricordando il significato dinamico del potenziale di una forza e tenendo presente che W(x,y,z) = cost lungo la superficie di livello (Fig 4), si ha: dw = g dp E inoltre possibile dedurre che le superfici di livello non possono essere parallele fra di loro, non possono cioè intercettare segmenti uguali sulle linee di forza. 7

9 Figura 4 Infatti passando, con degli spostamenti infinitesimi dn 1 e dn, lungo due linee di forza diverse, dalla superficie di livello W = c a a quella vicina W = c b, si compie il medesimo lavoro dw, che sappiamo essere indipendente dal cammino percorso. Esso vale dw = g 1 dn 1 = g dn Affinché questa uguaglianza sia verificata è necessario che dn 1 e dn siano diversi, dato che diversi sono g 1 e g. 4. Il Geoide Le superfici di livello non hanno punti in comune, sono chiuse, continue e fisicamente ben definite; anche se la loro espressione matematica è piuttosto complessa godono della proprietà, come già detto, che la normale, e quindi la verticale, in ogni suo punto è univocamente definita. La superficie di una massa fluida, soggetta soltanto alle forze di mutua attrazione newtoniana fra le sue particelle e alla forza centrifuga della sua rotazione, è necessariamente una superficie di livello, perché solo su questa la risultante delle forze esterne alla superficie stessa è nulla. In Geodesia, pertanto, per convenzione si è stabilito di considerare come superficie di riferimento quella superficie di livello coincidente con il livello medio dei mari. Tale superficie prende il nome di superficie matematica della Terra o geoide (Listing, 1878). Essa può essere considerata come la superficie di equilibrio idrostatico assunta dalla superficie degli oceani, supposti privi da tutte le loro accidentali o periodiche variazioni (dovute a maree, venti, correnti, ecc.) e prolungata sotto le terre emerse in modo da formare una superficie continua e chiusa, perpendicolare in ogni punto alla direzione della verticale (Fig. 5). 8

10 Figura 5 L equazione del geoide è rappresentata dall espressione W(x,y,z) = V(x,y,z) + v(x,y) in cui il secondo termine del secondo membro è noto con notevole precisione, mentre la conoscenza del primo termine dipende dal calcolo dell integrale triplo e conseguentemente dalla conoscenza della densità δ di ogni elemento di volume (Fig. 6). Dal momento che la distribuzione delle masse all interno della Terra non è nota con precisione (basti pensare che la densità media delle rocce della crosta terrestre è circa,7 gr/cm 3 mentre quella di tutto il globo è all incirca 5,5 gr/cm 3 ) l integrale al primo termine non è calcolabile rigorosamente, e quindi l equazione stessa non è determinabile esattamente e risulta pertanto praticamente inutilizzabile. Figura 6 Come si può quindi notare, il geoide non è una superficie matematicamente trattabile, ma possiede la caratteristica di essere fisicamente individuabile e pertanto è stata utilizzata in Topografia e in Cartografia come superficie di riferimento per l altimetria. Tradizionalmente si è cercato di semplificare la sua determinazione assumendo come riferimento altimetrico il livello medio del mare determinato in un punto prestabilito mediante osservazioni di molti anni (in modo da depurare gli effetti delle maree) eseguite con particolari strumenti chiamati mareografi. A partire da quel punto, assunto come riferimento fondamentale di quota zero, si provvede con metodi propri del rilevamento topografico (livellazione geometrica) ad attribuire una quota, definita ortometrica o geoidica, a tutti i 9

11 punti (denominati caposaldi) facenti parte di una rete che si estende su tutto il territorio nazionale. Attualmente la determinazione del geoide viene eseguita anche attraverso misure gravimetriche, con particolari strumenti denominati gravimetri, che consentono la misura del potenziale gravimetrico. 5. L ellissoide di riferimento Non potendo definire matematicamente la forma del geoide, si procede nella sua determinazione per approssimazione; fatta, cioè, una ipotesi sulla forma del geoide e calcolate le dimensioni di una superficie che abbia tale forma e che possa adattarsi a rappresentare la Terra, si controlla sperimentalmente, per mezzo di osservazioni sul geoide, se l ipotesi fatta risulti accettabile. Si può ricorrere a forme approssimate dell integrale contenuto nella relazione W(x,y,z) = V(x,y,z) + v(x,y) assumendo per la densità un valore medio per tutta la Terra. In questo modo si ottengono delle espressioni del potenziale gravitazionale che rappresentano delle superfici di rotazione intorno all asse polare e che prendono il nome di sferoidi. Ma ulteriori semplificazioni consentono di ipotizzare che la forma di equilibrio della superficie terrestre possa essere rappresentata dalla forma assunta da una massa fluida omogenea in rotazione attorno ad un asse con velocità angolare costante. Con buona approssimazione si può descrivere quindi la forma della Terra come quella di un ellissoide di rotazione schiacciato a poli. Assumendo questo come superficie di riferimento alla quale riferire la posizione dei punti rilevati per mezzo di misure sul terreno, è possibile quindi definire un ellissoide di riferimento caratterizzato dalla conoscenza del semiasse maggiore, o equatoriale, a e del semiasse minore b. L equazione cartesiana dell ellissoide sarà quindi (Fig. 7): X + Y a Nel prassi operativa corrente vengono utilizzati, per la definizione dell ellissoide di riferimento, i parametri relativi all eccentricità e e allo schiacciamento s: Ζ + b = 1 10

12 e ( a b ) a b = ; s = a a Figura 7 Verifiche sperimentali hanno portato alla conclusione che gli scostamenti massimi che presenta l ellissoide di riferimento rispetto al geoide non dovrebbero superare i 100 metri. Tali scostamenti sono quindi relativamente piccoli rispetto alle dimensioni della Terra e si verificano in punti abbastanza lontani fra di loro. Si parla quindi di ondulazioni che il geoide presenta rispetto alla superficie dell ellissoide di riferimento. Questo comporta che la verticale v in un generico punto P del geoide non coincide con la normale all ellissoide (Fig. 8), l angolo da esse formato viene detto deviazione della verticale ed è nell ordine del secondo sessagesimale. Figura 8 L ellissoide, come già detto, rappresenta quindi la superficie di riferimento per la determinazione delle coordinate planimetriche dei punti sulla superficie della Terra. 11

13 5.1 Principali ellissoidi di riferimento Fin dall Ottocento vennero proposti i parametri di diversi ellissoidi terrestri, ciascuno dei quali indicato con il nome dello scienziato che ne ha determinato i parametri. Relativamente all Italia bisogna ricordare l ellissoide di Bessel (1841), utilizzato per la realizzazione della prima cartografia italiana, caratterizzato dai seguenti parametri: - semiasse maggiore a = metri - schiacciamento s = 1/99, e l ellissoide di Hayford (1909), detto anche ellissoide Internazionale, utilizzato attualmente per la cartografia ufficiale italiana, caratterizzato dai seguenti parametri: - semiasse maggiore a = metri - schiacciamento s = 1/97 Inoltre l introduzione del sistema di posizionamento satellitare (GPS) ha reso necessario la comparsa di un nuovo ellissoide di riferimento, denominato WGS84 (Word Geodetic System 1984), valido per l intero corpo terrestre per tutte le determinazioni satellitari GPS. I parametri di questo nuovo ellissoide sono: - semiasse maggiore a = metri - schiacciamento s = 1/98, In realtà, mentre fino al 1960 la determinazione di questi parametri è stata effettuata attraverso la misura di archi di meridiani, oggi si ricorre a osservazioni satellitari che forniscono alcuni parametri meccanici da cui poi si ricavano a, e e s. In particolare per l ellissoide WGS84 possiamo definire i seguenti parametri: - costante di gravitazione universale per la massa della Terra GM = m 3 s - ; - momento d inerzia J = velocità angolare ω = rad sec Coordinate geografiche Per definire la posizione dei punti sulla superficie di riferimento occorre stabilire un opportuno sistema di coordinate. Il sistema universalmente adottato in Geodesia per l individuazione dei punti sull ellissoide di riferimento è quello delle coordinate geografiche. In particolare se supponiamo di tagliare l ellissoide secondo dei piani rispettivamente paralleli al piano equatoriale e perpendicolari al piano equatoriale e passanti per l asse di rotazione otterremo delle curve che prendono il nome di paralleli e meridiani. 1

14 Per definire quindi il sistema di coordinate geografiche è sufficiente fissare un asse di riferimento, che assumeremo coincidente con l asse di rotazione dell ellissoide, e un meridiano di riferimento passante per un punto stabilito dell ellissoide. Possiamo quindi definire la posizione di un generico punto P sull ellissoide in funzione di due grandezze denominate latitudine e longitudine. In particolare queste possono essere definite rispettivamente come (Fig. 9): la latitudine ellissoidica è l angolo ϕ che la normale n all ellissoide passante per P forma con il piano equatoriale; il suo valore varia da 0 a 90 Nord per l emisfero boreale e da 0 a 90 Sud per quello australe. È quindi possibile definire inoltre i paralleli come il luogo geometrico dei punti di latitudine ellissoidica costante; la longitudine ellissoidica è l angolo λ formato tra il meridiano di riferimento e il meridiano passante per il generico punto P; per convenzione si è assunto come meridiano di riferimento (λ = 0) quello passante per Greenwich. Ogni meridiano è quindi il luogo geometrico dei punti di longitudine ellissoidica costante. La longitudine varia da 0 a 180 Ovest e da 0 a 180 Est a secondo se viene misurata ad occidente o ad oriente di Greenwich. Figura 9 13

15 7. Coordinate geodetiche Nella pratica operativa e nei calcoli geodetici, per una regione limitata dell ellissoide, occorre spesso potersi riferire ad un sistema di coordinate (coordinate locali) che permette di riferire la posizione di un punto P dell ellissoide ad un altro qualsiasi O assunto come origine. Preliminarmente ricordiamo che si chiama geodetica sopra una superficie la linea, in generale una curva gobba, tale che in ogni suo punto la normale principale ad essa coincida con la normale alla superficie. Tale linea, fra le infinite congiungenti i due punti, rappresenta quella di minima lunghezza e per i due punti generalmente è unica. Sulla sfera, per esempio, le geodetiche sono archi di cerchio massimo; sul piano segmenti di retta. Considerando il meridiano passante per O (Fig. 10), le coordinate geodetiche polari di P sono: - l arco di geodetica OP; - l angolo α formato dalle tangenti, nel punto O, all arco di geodetica e al meridiano OQ. Poiché si definisce azimut astronomico di un punto P sull orizzonte di un punto O (o semplicemente di P su O) l angolo che il piano meridiano per O forma con il piano verticale per O e contenente P, si osserva che l angolo α precedentemente considerato coincide, praticamente, con l azimut di P su O. Considerando la geodetica per P normale (in Q) al meridiano per O, si definiscono coordinate geodetiche rettangolari di P gli archi di geodetica OQ e QP presi positivamente. Da notare che, avendo assunto come superficie di riferimento l ellissoide di rotazione, anche il meridiano rappresenta una geodetica quindi il triangolo OPQ è un triangolo geodetico. Figura 10 14

16 8. Calcoli sull ellissoide di riferimento Si vedrà nel seguito che le misure topografiche eseguite sul terreno sono sempre relative a punti distanti fra di loro al più qualche chilometro, normalmente qualche centinaia di metri. Anche nei rilievi geodetici generalmente non si superano distanze di alcune decine di chilometri (60 70 km) che si possono considerare sempre piccole in confronto alle dimensioni del geoide. In conseguenza, anche se l introduzione dell ellissoide di riferimento ha avuto lo scopo di permettere di calcolare su di esso le relazioni fra le posizioni di punti rilevati sulla superficie fisica terrestre, in effetti avremo a che fare con punti appartenenti ad un intorno relativamente piccolo di un punto scelto nella zona in cui si opera. E lecito pertanto, e si dimostrerà nel caso che più ci interessa, eseguire i calcoli suddetti con formule approssimate ricavate da sviluppi in serie di relazioni rigorose, raggiungendo così lo scopo di semplificare notevolmente i calcoli pur conseguendo la precisione voluta. Per studiare il comportamento dell ellissoide nell intorno di un punto occorre conoscere le curvature nel punto stesso. E noto che, in generale per qualsiasi superficie, tutti i piani contenenti la normale in un punto P intersecano la superficie secondo linee piane dette sezioni normali la cui curvatura, se la superficie è regolare, varia con continuità. Si dimostra che esistono sull ellissoide due Figura 11 sezioni normali (Fig. 11), dette sezioni normali principali, che ammettono un massimo e un minimo per la curvatura (curvature principali); ovviamente al valore massimo della curvatura 1/ρ corrisponde il valore minimo del raggio di curvatura ρ, al valore minimo della curvatura 1/N il valore massimo del raggio di curvatura. Si dimostra anche che i piani che determinano le curvature principali sono fra loro perpendicolari. Se, in particolare, ci si riferisce ad una superficie di rotazione come l ellissoide di riferimento avremo che: un sezione principale coincide sempre con la sezione meridiana che contiene, cioè, oltre alla normale nel punto anche l asse di rotazione (curvatura massima 1/ρ), l altra è 15

17 quella ad essa perpendicolare, contiene la tangente al parallelo per il punto (curvatura minima 1/N) (Fig. 1). In quest ultimo caso N viene chiamato gran normale in P. Se si indica con r α il raggio di curvatura in P della generica sezione normale formante l angolo α con il piano meridiano, la relazione che lega questi elementi con ρ e N è la seguente (Eulero): 1 cos α sen α = + r ρ N α In particolare esiste un valore del raggio di curvatura R, media geometrica fra ρ e N, detto raggio medio di curvatura della superficie in P, che rappresenta il raggio della sfera che oscula la superficie in P, cioè è applicabile (Gauss) all ellissoide in P. Con le notazioni già introdotte per i parametri dell ellissoide si trovano, con calcoli di geometria differenziale, le seguenti espressioni: avendo posto ρ = a(1 e 3 W ) N = a W W = 1 e sen ϕ e Figura 1 La sfera cui corrisponde il raggio R, che è funzione della sola latitudine, viene chiamata sfera locale in P e il suo raggio sarà pari a R = ρn 16

18 Naturalmente, affinché si possa procedere al calcolo di R occorre che a priori sia stabilito l ellissoide di riferimento sul quale si stanno eseguendo i calcoli. In particolare, tali valori, nel caso dell ellissoide Internazionale variano da un massimo ai poli (ϕ = 90 ) di R p = 6399,94 km ad un minimo all equatore (ϕ = 0 ) di R e = 6356,41 km. Stabiliti i parametri e conosciute quindi le curvature dell ellissoide, i calcoli geodetici su di esso risultano abbastanza agevoli, anche se non propriamente semplici. In questa sede ci limiteremo a dire che, a causa degli scostamenti tra ellissoide e geoide, gli inevitabili errori che ne conseguono nella misura degli angoli e delle distanze, per la determinazione della posizione planimetrica dei punti sull ellissoide, sono senz altro trascurabili perché inferiori ai più piccoli errori introdotti dalle osservazioni e dagli strumenti di misura se si opera in un intorno di alcune centinaia di chilometri al massimo (orientativamente 500 km). Quanto detto non vale affatto per l altimetria dei punti a causa dell effetto non trascurabile delle già citate ondulazioni geoidiche rispetto all ellissoide di riferimento. 9. Campo geodetico e campo topografico Stabilito che le misure di angoli e distanze possono considerarsi riferite all ellissoide ne deriva che qualsiasi calcolo per risolvere triangoli, quadrilateri, poligoni può essere effettuato utilizzando la trigonometria ellissoidica; tale trigonometria è però piuttosto complessa per cui conviene esaminare la possibilità di eseguire i calcoli in maniera più semplice in considerazione del fatto che i triangoli, o le figure che si devono risolvere, hanno lati che non eccedono km e che tali lati sono molto piccoli in relazione ai raggi di curvatura dell ellissoide che sono dell ordine dei 6300 km. Vedremo che se si lavora nell intorno di un raggio di km, utilizzando nei calcoli la trigonometria sferica, si ottengono risultati praticamente uguali a quelli che si otterrebbero utilizzando la trigonometria ellissoidica; se si lavora nell intorno di un raggio di 0-5 km si può addirittura utilizzare la trigonometria piana ottenendo risultati praticamente uguali. Va chiarito cosa si intende per "praticamente uguali". Quando sul terreno si eseguono misure di angoli e distanze, queste non possono mai considerarsi esatte; per cui le posizioni dei punti rilevati sono affette da un incertezza più o meno alta a seconda degli strumenti e dei metodi di rilievo utilizzati. Ne consegue che: possono reputarsi praticamente uguali i risultati di due calcoli effettuati con algoritmi diversi tutte le volte che le differenze sono decisamente inferiori alle incertezze derivanti dalle misure. 17

19 9.1 Campo geodetico o di Weingarten Si consideri (Fig. 13) la terna cartesiana ortogonale P o XYZ avente il piano XY tangente all ellissoide nel punto P o, di coordinate geografiche ϕ P e λ P, l asse Z diretto secondo la normale all ellissoide, l asse Y tangente al meridiano e diretto verso Nord e l asse X diretto verso Est (terna euleriana); sia g una geodetica uscente da P o secondo l azimut α ed s la lunghezza dell arco di geodetica compreso tra l origine ed un punto generico Q. Attraverso formule alquanto complesse si possono determinare le coordinate cartesiane X, Y e Z del punto Q. Si consideri ora nello stesso punto P o la sfera di raggio tangente all ellissoide. R = ρn Figura 13 Anche in questo caso, utilizzando le stesse formule, si possono determinare le coordinate X S, Y S e Z S del punto Q. Ciò fatto si possono calcolare le differenze tra le coordinate X ed Y e le coordinate X S ed Y S (quelle che rappresentano la posizione planimetrica del punto Q) al variare di ϕ, α ed s. Si trova che per s = 100 km tali differenze hanno un massimo di 7 mm, decisamente inferiore alle incertezze delle misure. Se ne conclude che, lavorando nell intorno di un raggio di 100 km, si può utilizzare la trigonometria sferica su una sfera del raggio soprascritto. Tale sfera viene detta sfera locale. Il campo così individuato viene detto campo geodetico o campo di Weingarten. 18

20 Per le quote il discorso è diverso. La differenza Z S - Z, per ϕ = 45, assume i valori assoluti massimi (per α = 0 ed α = 90 ) riportati nella seguente tabella al variare della distanza s: s (in km) Z s - Z 0,13 mm 1,3 cm 5,4 cm 0,33 m 1,3 m Per le quota, quindi, i limiti entro i quali si può assumere come superficie di riferimento la sfera sono molti più ristretti. Tenendo conto della precisione con cui si possono ottenere i dislivelli con una livellazione trigonometrica tale limite si può stabilire sui 0 km. 9. Campo topografico Se, sempre riferendosi al punto P o ed alla figura del paragrafo precedente, i valori di s non superano qualche decina di km si può fare una successiva approssimazione. Considerando il piano tangente all ellissoide in detto punto i calcoli possono essere eseguiti utilizzando la trigonometria piana. La zona, all interno della quale si può utilizzare la trigonometria piana, viene detta campo topografico. E bene avvertire però che non si può fissare un limite ben definito per individuare questo campo in quanto fortemente dipendente dalla precisione delle misure delle distanze, che varia notevolmente in funzione degli strumenti di misura utilizzati. Si consideri (Fig. 14) il piano tangente alla sfera locale in P o (è inessenziale per quanto diremo considerare la sfera locale invece dell ellissoide). La differenza s tra la distanza s = P o Q e la distanza s' = P o Q' (con Q' proiezione di Q sul piano tangente) vale s = s' s = Rtanω Rω = R(tanω ω ) Sviluppando tanω in serie e trascurando i termini del 5 ordine e superiori si ottiene Figura 14 ricordando che s = ωr. Il rapporto ω ω s s = R( ω + ω ) = R = 6 3 3R s s = s 3R 19

21 rappresenta l errore relativo che si commette nel sostituire s con s'. Ricavando s si ottiene s s = R 3 s Assegnando a s/s il valore della precisione della misura ed assegnando ad R il valore massimo 6378 km si ricava il massimo valore di s, cioè della distanza entro la quale si può lavorare sul piano tangente. Per esempio, con s =.10 s 6 si ottiene s = 15,6 km Il problema per le quote, anche in questo caso, si pone in modo diverso. Si noti in figura 14 che il sostituire Q con Q significa commettere un errore s Q = CQ' R = R + s R = R( 1 + R 1) avendo sostituito s con s in quanto ci si riferisce al campo topografico. Sviluppando in serie il radicale e trascurando il termine -s 4 /8R 4 e quelli di ordine superiore in quanto molto piccoli si ottiene s Q = R(1 + R s 1) = R Tale grandezza, sempre positiva, viene detta correzione di sfericità ed assume i seguenti valori: s (km) 0,1 0,5 1,0 5,0 10,0 Q (m) 0,0008 m 0,0 m 0,08 m,0 m 7,8 m Poiché si possono misurare differenze di quota tra punti distanti 100 m con la precisione del decimo di mm, con livellazione geometrica di alta precisione, si può constatare che non è mai lecito sostituire il piano tangente nelle misure delle quote. 9.3 Risoluzione di triangoli sferici. Teorema di Legendre Si consideri sulla sfera locale un triangolo i cui lati siano tre geodetiche, cioè tre archi di cerchio massimo, contenuti ovviamente nel campo geodetico. 0

22 Siano a, b e c le lunghezze di tale geodetiche (che, come detto, possiamo misurare sul terreno) ed α, β e γ gli angoli corrispondenti (Fig. 15). Tali angoli sono, come visto, corrispondenti agli angoli azimutali che noi misuriamo sulla superficie terrestre. La geometria sferica ci insegna che la somma dei tre angoli α, β e γ è superiore a π di una quantità, che denoteremo con 3ε, chiamata eccesso sferico α + β + γ = π + 3ε Figura 15 Tale quantità, dal teorema di Cavalieri, si calcola con la formula 3 ε = dove S indica l area del triangolo ed R è il raggio della sfera. Ciò detto, la risoluzione di tale triangolo si semplifica notevolmente utilizzando il teorema di Legendre (Fig. 16) che, in forma semplificata, si può così enunciare: un triangolo sferico può essere risolto come un triangolo piano avente i lati della stessa lunghezza del triangolo sferico e gli angoli uguali ai corrispondenti del triangolo sferico, diminuiti ciascuno di un terzo dell eccesso sferico. S R Figura Orientamento dell ellissoide e Datum Si definisce datum geodetico un sistema di riferimento che permette di esprimere in termini matematici la posizione di punti della superficie fisica della Terra o prossimi ad essa. E' possibile definire un datum in diversi modi; va però subito osservato che la definizione ha carattere convenzionale, e nella pratica è legata a una serie di punti materializzati sulla superficie terrestre, ai quali vengono attribuiti determinati valori delle coordinate (tale operazione costituisce la cosiddetta realizzazione del datum). 1

23 La definizione di datum geodetico è tridimensionale, ma viene utilizzata prevalentemente per la planimetria. L altimetria (determinazione delle quote ortometriche o geoidiche) richiede la definizione di un datum a parte Definizione del datum Nella geodesia classica, la definizione di datum è basata sul concetto di superficie di riferimento. Nella pratica, la definizione del datum consiste nell individuare un ellissoide orientato localmente. Si adotta convenzionalmente un determinato ellissoide (ad es. quello di Hayford), del quale sono noti i parametri di dimensione e forma (ad es. semiasse maggiore e schiacciamento). L'ellissoide viene orientato (Fig. 17) in un dato punto (detto punto di emanazione) imponendo che in quel punto si verifichino le seguenti condizioni geometriche: 1. la normale ellissoidica coincida con la verticale;. la direzione del meridiano ellissoidico coincida con quella del meridiano astronomico; 3. la quota ellissoidica coincida con quella ortometrica. Figura 17 La procedura di orientamento, in sintesi, è la seguente: - le coordinate geografiche (latitudine, longitudine) del punto di emanazione vengono determinate per via astronomica (effettuando misure su una serie di stelle con un teodolite astronomico), e si determina rispetto alle stelle anche la direzione del meridiano (meridiano celeste o astronomico). Le coordinate geografiche astronomiche sono poi attribuite al punto di emanazione come coordinate geografiche ellissoidiche, mentre la coincidenza del meridiano si ottiene imponendo l'azimut ellissoidico pari a quello astronomico per una determinata direzione.

24 Nel punto di emanazione risulta nulla la deviazione della verticale. In pratica, quindi, l'ellissoide orientato localmente risulta tangente al geoide nel punto di emanazione. Un ellissoide orientato approssima bene la superficie geoidica (ai fini della planimetria) in un intorno molto vasto del punto di emanazione, fino alle dimensioni di uno Stato o anche di una porzione di continente. La definizione di datum è anche legata a una serie di punti materializzati sul terreno. In pratica, a ogni datum geodetico è strettamente associata una rete geodetica, derivante da un dato gruppo di misure e da un determinato calcolo di compensazione. Il calcolo della rete fornisce le coordinate geografiche ellissoidiche dei suoi vertici nel datum adottato. Pertanto la rete geodetica, mediante le coordinate dei suoi vertici, definisce e materializza il datum fino a distanze notevoli dal punto di emanazione. In genere, ogni nazione è dotata di un proprio datum geodetico, la cui definizione resta valida per molto tempo. In Italia, a causa dell'evoluzione storica delle reti geodetiche e della cartografia, si utilizzano ancora oggi diverse definizioni di datum, tra cui le principali sono le seguenti: a) Sistema geodetico nazionale (detto anche "Roma 40" o "M.Mario 1940"); b) Sistema geodetico ED 50 (ED = European Datum); c) Sistemi geodetici catastali. Nella geodesia satellitare (basata principalmente sul sistema GPS) si utilizza un datum geodetico di tipo globale, valido cioè per tutto il mondo; si differenziano in questo da quelli della geodesia classica, che come si è visto hanno validità locale. La definizione di un datum globale è basata su una terna d'assi OXYZ geocentrica, avente cioè l'origine coincidente con il centro di massa della Terra; l asse Z coincide con l'asse polare (asse di rotazione della Terra); gli assi X ed Y giacciono sul piano equatoriale, con l'asse X diretto secondo il meridiano fondamentale (quello di Greenwich) e Y diretto in modo da completare una terna destrogira. Si tratta anche in questo caso di una definizione convenzionale, dato che la posizione del geocentro e la direzione dell'asse polare (quest'ultima variabile nel tempo) devono essere stabilite convenzionalmente. Attualmente, per il GPS, la definizione adottata è detta WGS 84 (WGS = World Geodetic System, Sistema Geodetico Mondiale). 3

25 10. Sistemi di coordinate in geodesia Una volta che sia stato definito il datum geodetico in cui si opera, la posizione di un punto può essere individuata, pur restando nello stesso datum, mediante diversi sistemi di coordinate, tra di loro praticamente equivalenti perché è possibile passare dall'uno all'altro con le opportune formule di trasformazione. Di seguito, si elencano i principali sistemi di coordinate utilizzati nella geodesia operativa, con le rispettive caratteristiche: 1) Coordinate geografiche ellissoidiche Le coordinate geografiche (latitudine e longitudine) sono state definite trattando la geometria dell ellissoide. La coppia di valori (ϕ, λ) definisce la posizione planimetrica di un punto, ovvero la posizione della proiezione del punto sull ellissoide. Nell'approccio classico, l'altimetria viene trattata a parte. Nella geodesia satellitare, data la natura tridimensionale delle osservazioni, alla coppia (ϕ, λ) viene associata la quota ellissoidica h. La terna (ϕ, λ, h) definisce la posizione tridimensionale di un punto. ) Coordinate cartesiane geocentriche Le coordinate geocentriche (X, Y, Z) sono le coordinate cartesiane di un punto rispetto alla terna d'assi geocentrica OXYZ. La terna di valori (X, Y, Z) definisce la posizione tridimensionale di un punto in modo del tutto equivalente alla terna (ϕ, λ, h) riferita all'ellissoide geocentrico, avente gli assi lungo le direzioni X, Y, Z (Fig. 18). 3) Coordinate cartesiane locali Le coordinate cartesiane locali (e, n, h) sono le coordinate di un punto rispetto alla cosiddetta "terna euleriana" P 0 neh avente origine in un punto P 0 della superficie ellissoidica, asse h diretto secondo la normale all'ellissoide in P 0, assi e ed n nel piano tangente, rispettivamente tangenti al meridiano e al parallelo per P 0. Ovviamente, tale riferimento può essere utilizzato solo in un limitato intorno dell'origine P 0. 4) Coordinate geodetiche locali La posizione planimetrica di un punto può essere espressa mediante le coordinate geodetiche polari (s, α) rispetto ad un punto P 0 dell'ellissoide assunto come origine (detto polo), definito dalle sue coordinate geografiche (ϕ 0, λ 0 ). La coordinata s (distanza polare) rappresenta la distanza del punto dal polo, misurata lungo un arco di geodetica, mentre α (detto azimut geodetico o semplicemente azimut) è l'angolo formato dalla geodetica con il meridiano per P 0, contato in senso orario a partire dal Nord (Fig. 10). In modo equivalente, la posizione planimetrica di un punto può essere espressa mediante le coordinate geodetiche ortogonali o rettangolari (X, Y) rispetto ad un punto P 0 noto, assunto come origine. La coordinata X rappresenta la lunghezza dell'arco di meridiano compreso tra 4

26 P 0 e P', piede della geodetica perpendicolare al meridiano condotta da P. La Y è la lunghezza dell'arco di geodetica P'-P. Questi due sistemi, tra loro equivalenti (la trasformazione diretta e inversa è particolarmente semplice), hanno validità locale, sono adatti cioè a definire posizioni nell'intorno dell'origine P 0. 5) Coordinate piane cartografiche La posizione planimetrica di un punto può essere espressa anche mediante le sue coordinate piane in una qualsiasi rappresentazione cartografica. Dato che la rappresentazione cartografica stabilisce una corrispondenza biunivoca tra ellissoide e piano della carta, le coordinate piane cartografiche sono in pratica del tutto equivalenti alle coordinate geografiche alle quali possono essere ricondotte. Figura 18 5

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