ATEROSCLEROSI L'aterosclerosi è la forma clinicamente più importante dell'arteriosclerosi, ovvero una perdita dell'elasticità ed un inspessimento
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- Orlando Brunelli
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1 ATEROSCLEROSI L'aterosclerosi è la forma clinicamente più importante dell'arteriosclerosi, ovvero una perdita dell'elasticità ed un inspessimento patologico dei vasi arteriosi, ed è principalmente determinata da un accumulo di lipidi nell'intima vascolare che promuove lo sviluppo della lesione chiamata ateroma. Colpisce soprattutto coronarie e grandi vasi e le complicanze ischemiche che ne derivano sono tra le principali cause di morte al mondo. È una forma di arteriosclerosi caratterizzata da infiammazione cronica dell'intima delle arterie di grande e medio calibro, lo strato più interno delle arterie, in diretto contatto con il sangue. L infiammazione è dovuta principalmente, ma non solo, all'accumulo e all ossidazione delle lipoproteine nella parete arteriosa e produce un insieme dinamico di lesioni multifocali, la più tipica delle quali è la placca aterosclerotica. L'arteriosclerosi è un indurimento tissutale, o sclerosi, della parete arteriosa che compare con l'avanzare dell'età, come conseguenza dell'accumulo di tessuto connettivo fibroso a scapito della componente elastica. Di arteriosclerosi esistono tre forme morfologicamente distinte: aterosclerosi; sclerosi calcifica della media, ovvero calcificazione della tonaca media delle arterie muscolari; arteriosclerosi ialina ispessimento salino della parete delle piccole arterie e delle arteriole. Aterosclerosi, quindi, è un termine che sottolinea la presenza dell'ateroma o placca aterosclerotica, che causa ispessimento dell'intima. E' una patologia vascolare cronica e progressiva nella quale l'ispessimento dell'intima è causato dalla presenza di materiale lipidico con proliferazione del connettivo che forma una cappa fibrosa (cicatriziale) al di sopra del nucleo lipidico. Clinicamente, può essere asintomatica oppure può manifestarsi intorno ai anni con fenomeni ischemici acuti o cronici diretti verso cuore, encefalo, intestino o arti inferiori. Il motivo per cui cuore e cervello sono due organi frequentemente colpiti da tale patologia risiede nel fatto che essi consumano molto ossigeno per cui anche piccole variazioni di flusso, specie se improvvise, possono rapidamente modificarne il metabolismo. Per di più, l'encefalo possiede un'architettura vascolare molto particolare: i vasi si dirigono perpendicolarmente dall'esterno verso l'interno dell'organo e da sotto verso sopra, ma non hanno un supporto che li sostengono nelle pieghe che creano, è presente solo sostanza bianca di natura prevalentemente lipidica (mielina). Cosicché ogni tipo di insulto pressorio o alterazione emodinamica, dovuta per esempio a resistenza periferica vascolare o pressoria cardiaca, può rapidamente condurre alla formazione di aneurismi o indurre alterazioni che costituiscono il fondamento per la formazione di placche aterosclerotiche. PATOGENESI L'aterosclerosi presenta una patogenesi infiammatoria ad eziologica complessa, sia genetica che ambientale. L'infiammazione cronica è dovuta ad un danno endoteliale non denudante. La disfunzione endoteliale, dovuta a stress ossidativo, ipertensione (alterazioni emodinamiche), infiammazione o ipercolesterolemia, è il primum movens della patologia, perché determina un aumento della permeabilità endoteliale ed una modifica dell'espressione genica, che determina un aumento delle proteine di adesione in superficie (V-CAM, etc.). Ciò comporta una maggiore infiltrazione delle LDL ed una facilitata adesione dei monociti circolanti all'endotelio.
2 Le LDL che hanno invaso l'intima vascolare sono sottoposte a stress ossidativo. Ciò comporta l'ossidazione della ApoB100 che diviene così disponibile al legame dei SR (Scavenger Receptor) dei macrofagi, avviando una fagocitosi massiva e incontrollata (lo SR non è sottoposto a regolazione a feedback come il LDLR) delle lipoproteine ossidate che diventano cellule schiumose (foam cells). Anche le cellule muscolari lisce possono diventare schiumose utilizzando il LRP (LDL Related Protein). Le lipoproteine ossidate sono tipicamente tossiche per l endotelio, i macrofagi e le cellule muscolari lisce, e oltretutto inducono la produzione di chemochine e GF che promuovono il richiamo di monociti dal circolo ematico, promuovendo l espansione dell ateroma in formazione. Le LDL ossidate, OX-LDL, possono legare il recettore CD36 delle cellule schiumose, ciò porta: all'eterotrimerizzazione con i recettori della famiglia TLR, promuovendo la trasduzione Myd88- dipendente e quindi l'attività nucleare di NF-Kb, che comporta la secrezione di citochine e chemochine al fine di amplificare la condizione infiammatoria. Tra le chemochine è di peculiare rilevanza MCP-1, fattore chemoattraente per i monociti (Monocyte Chemoattractant Protein-1), una molecola che induce i monociti a lasciare il letto vascolare ed entrare nel tessuto circostante, diventando macrofagi. Questa chemochina è coinvolta in numerose patologie che sono caratterizzate da infiltrato macrofagico ed è prodotta principalmente da monociti, macrofagi e cellule dendritiche; il PDGF è un potente induttore della sua sintesi. all'attivazione della NADPH OX (NOX) e conseguente stress ossidativo che può condurre all'apoptosi. Inoltre, i ROS liberati possono reagire con NO, diminuendo la concentrazione di quest'ultimo (fenomeno analogo a quanto accade nel fenomeno di Rayneud associato a sclerodermia) e conseguentemente abolire la vasodilatazione, con aumento delle resistenze periferiche ed introduzione di ipertensione, che promuove disfunzione endoteliale. L'accumulo di cristalli di colesterolo citosolici promuove l attivazione dell infiammasoma, con conseguente liberazione massiva di IL-16 e IL-18. L'effetto dannoso delle LDL si ottiene anche nell'endotelio, dove viene promosso l'espressione di un profilo genetico pro-aterogenico. Le lesioni ateromatose si localizzano prevalentemente a livello degli osti dove il flusso è turbolento. Il motivo è che lo shear stress ha un effetto benefico per l endotelio, inducendo: up-regolazione di geni come la SOD, la Glutaredossina, la Tioredossina ed enos; down-regolazione di MCP-1. Lo shear stress è alto in caso di flusso laminare, poiché il sangue scorre in una sola direzione, e basso in caso di flusso turbolento, poiché il sangue forma vortici che non inducono una forza tangenziale intensa sulla superficie luminale dell'endotelio. Lo shear stress è determinato esclusivamente dalle forze tangenziali all'epitelio, maggiori nel flusso laminare. Invece, le forze emodinamiche generali che possono danneggiare l endotelio, e quindi l'ateroma, non sono necessariamente tangenziali all'epitelio e sono, quindi, più elevate nel flusso turbolento. Questi fenomeni promuovono l'infiammazione ed il richiamo, in un primo momento di neutrofili, e successivamente di monociti e linfociti T, definendo una condizione infiammatoria cronica. A questi eventi, quindi si associa una massiva produzione chitochinica che: richiama nuovi monociti e linfociti, innescando un circuito a feedback positivo; induce la migrazione delle cellule muscolari lisce dalla tonaca media che, sotto l'effetto delle citochine macrofagiche e linfocitarie, proliferano drasticamente; i fibroblasti divengono attivati e alcuni possono differenziare in miofibroblasti, promuovendo una massiva deposizione di ECM (collagene).
3 La placca giovane è ricca di cellule ma ha scarsa componente fibrosa, dunque tende a rompersi più facilmente rispetto a una placca più vecchia che, a causa dei meccanismi fibrogenetici e dell'accumulo proteico, diventa sclerotica e tende ad assomigliare a una cicatrice. La malattia presenta componenti tipici dell infiammazione sia acuta che cronica. L insieme di queste due situazioni crea delle condizioni per cui, in alcuni pazienti la placca si rompe, in altri decorre in maniera asintomatica. Quando lo stato infiammatorio diventa cronico, si ha attivazione macrofagica, sintesi di collagene e formazione del cap-fibroso che chiude la placca. Tuttavia, se i macrofagi continuano ad essere attivati e a fagocitare lipidi, alcuni possono andar incontro a necrosi e riattivare l infiammazione acuta, che si accompagna a rilascio di proteasi che digeriscono il cap-fibroso e il collagene, provocando la rottura della placca. Quindi l'equilibrio tra la crescita della placca e l attivazione macrofagica conduce a diversi esiti. Ognuno di questi eventi può essere associato ad una fase della lesione il richiamo autoamplificante MCP1-mediato delle cellule infiammatorie, principalmente macrofagi, che fagocitano progressivamente le OX-LDL e diventano cellule schiumose (anche le cellule muscolari lisce possono diventare schiumose), porta alla formazione della stria lipidica, ovvero la lesione più precoce dell'aterosclerosi, costituita dall'accumulo di foam cells. Le strie lipidiche non sono lesioni rialzate e non necessariamente progrediscono in ateromi, infatti, non sono pericolose e si ritrovano praticamente in tutti gli adolescenti. Le strie lunghe 1-2 mm, ma possono raggiungere anche il centimetro, piatte e di colore giallastro che presentano bordi netti e spiccano sul colore biancastro dell'intima. il richiamo e la proliferazione delle cellule muscolari lisce e l attivazione dei fibroblasti e miofibroblasti, promuove l evoluzione della stria lipidica in placca aterosclerotica (ateroma fibroadiposa). Essa è tipicamente eccentrica per le peculiari condizioni emodinamiche pro-aterosclerotiche di quel vaso (flussi turbolenti a basso shear stress). Le placche aterosclerotiche presentano vari gradi evolutivi, associabili al diverso rapporto tra le varie componenti delle placche stesse: elementi cellulari, cioè macrofagi, linfociti T, cellule muscolari lisce, fibroblasti e miofibroblasti; ECM; Accumuli intra- ed extracellulari di lipidi. Tipicamente, questi tre elementi si organizzano per formare un core necrotico che contiene foam cells, detriti cellulari, accumuli lipidici ed un cappuccio fibroso, costituito da cellule muscolari lisce e abbondante collagene che delimita il core e lo stabilizza. Inoltre, nelle regioni periferiche delle placche avanzate si verificano fenomeni di angiogenesi che comportano la formazione di nuovi vasi piuttosto fragili. Questo predispone alla rottura di questi e quindi all'emorragia della placca, per cui si possono sviluppare ematomi e trombi, a volte talmente tanto ampi da occludere il vaso. Allo stesso modo, trombi estremamente pericolosi possono formarsi se la placca viene erosa o ulcerata superficialmente. In caso di sviluppo di trombi associati all'ateroma, se il paziente sopravvive all'ischemia che ne consegue, il trombo stesso può essere internalizzato nella placca (fenomeno di organizzazione). La placca fibrosa consiste in un ispessimento circoscritto e sporgente sul piano dell'intima, di colorito bianco perlaceo o lievemente giallognolo e di dimensione variabile dal mm al cm. La superficie è liscia e alquanto scabra e la consistenza è dura. Alla sezione l'aspetto può essere omogeneo oppure variegato per la presenza di un centro giallo, molle o poltaceo, unto, asportabile (pappa ateromasica), ricoperto da un rivestimento fibroso (cappa) duro e biancastro.
4 le placche fibrose possono andare incontro a ulteriori complicazioni quali ulcerazioni, emorragie, trombosi o calcificazioni, formando una lesione complicata. FATTORI CHE REGOLANO LA STABILITÀ DELLA PLACCA Le placche mature sono stabilizzate da una massiccia placca fibrosa, formatasi mediante deposizione di collagene nel cappuccio fibroso, mentre le placche immature sono meta-stabili, ovvero sono particolarmente suscettibili a distaccarsi ed embolizzare, causando ischemie e infarti a valle dell'arteriola occlusa. Oltre all' età della lesione, anche l'infiammazione della stessa può trasformare una placca stabile in una metastabile, perché altera l'equilibrio tra la deposizione di ECM e la degradazione della stessa, favorendo quest'ultima. Infatti, le citochine pro-infiammatorie promuovono la sintesi di MMP da parte dei macrofagi e delle cellule muscolari lisce, e inibiscono la sintesi di inibitori tissutali delle MMP (TIMP) da parte delle stesse cellule e dell'endotelio. Il danneggiamento acuto della placca è dovuto alle forze emodinamiche che agiscono su di essa, che aumentano in condizioni ipertensive e in condizioni di flusso turbolento, determinate dalla stenosi causata dalla crescita della placca. L'ipertensione si osserva quando si sviluppa un carico adrenergico improvviso, anche in caso di stress emotivo ( morti da crepacuore ). Nella progressione della malattia si possono individuare diversi outcomes: la placca può continuare a crescere determinando una stenosi critica che porta a ischemia tissutale; si può sviluppare un aneurisma determinato dalle ischemie che si verificano nella tonaca media, che determinano un indebolimento della componente muscolare. A ciò può seguire la rottura dell'aneurisma con conseguente emorragia e probabile prognosi infausta. Le sedi più colpite sono le biforcazione dei vasi, come la biforcazione carotidea, perché costituiscono siti di stress meccanico per l'endotelio. RUOLO DELLE LDL OSSIDATE Le prime LDL a formarsi sono le LDL-MM (minimamente ossidate) che presentano molecole biologicamente attive e che portano alla produzione di lipidi perossidati e prodotti aldeidici (malonil-aldeide, composto mutageno e 4-idrossinonenale, prodotto tossico). Man mano che le LDL diventano OX-LDL non vengono più riconosciute dagli LDL-R ma si legano ai recettori scavengers che, non essendo soggetti a regolazione mediante feedback-negativo, causano accumulo intracellulare di esteri di colesterolo, responsabili della trasformazione dei macrofagi in foam cells (cellule schiumose) caratteristiche del tessuto aterosclerotico. Le OX-LDL attivano nelle cellule endoteliali, muscolari lisce e nei macrofagi alcuni fattori trascrizionali che codificano per molecole di adesione, citochine e fattori di crescita che avviano la risposta infiammatoria. Le LDL ossidate possiedono numerose attività biologiche sulle cellule della parete arteriosa, compresa un'azione citotossica diretta e un'azione mitogena su cellule endoteliali, muscolari lisce, macrofagi e fibroblasti. Nell'endotelio: stimolano l'espressione di molecole adesive per leucociti; favoriscono la sintesi di fattori di crescita per monociti, macrofagi e per le cellule muscolari lisce; stimolano la sintesi di PAP1 (plasminogen activator inhibitor-1) e di fattore tissutale, promuovendo la coagulazione; stimolano la sintesi di endotelina; inibiscono la sintesi di NO; favoriscono l'attivazione delle piastrine e ne promuovono l'aggregazione; stimolano la sintesi di MCP-1 nelle cellule muscolari lisce. CIRCOLO DELLE LIPOPROTEINE Il lipidogramma è il risultato della corsa elettroforetica delle lipoproteine e permette di distinguere lipoproteine che migrano più facilmente, le HDL o a-lipoproteine, da quelle che non migrano per nulla, chilomicroni. Tra i due estremi si individuano le b-lipoproteine, o LDL, e le pre-b-lipoproteine, o VLDL.
5 l chilomicroni, le VLDL e le LDL sono potenzialmente proinfiammatorie, mentre le HDL sono potenzialmente anti-infiammatorie. La densità delle lipoproteine indica il rapporto tra la quantità di lipidi e quella di proteine che costituiscono la lipoproteina. Poiché i lipidi sono meno densi delle proteine, minore è la densità della lipoproteina maggiore è il rapporto lipidi/proteine. Ogni lipoproteina presenta un core fortemente idrofobico costituito da trigliceridi ed esteri del colesterolo rivestiti da un envelope di colesterolo non esterificato e un singolo monolayer fosfolipidico. Le apolipoproteine costituiscono una componente polare che circonda il core e ne garantisce una migliore solubilità nel plasma; hanno anche un ruolo attivo nel metabolismo delle lipoproteine, attivando complessi enzimatici e recettori di membrana. Tuttavia, le apolipoproteine sono necessariamente elementi integrali del monolayer, possono anche essere associate tra loro attraverso legami H, e quindi essere scambiate tra le varie lipoproteine nel circolo ematico. Generalmente, in un individuo normale nel sangue si hanno mg/dl di LDL e mg/dl di HDL (i valori variano da individuo a individuo). ApoB, nel contesto delle LDL, circonda solo una parte dei lipidi che possono interagire con altre componenti del sangue, per cui le LDL sono essenzialmente scoperte e piuttosto vulnerabili a processi di ossidazione, sia a livello della proteina ApoB che dei grassi ad essa associata. Se alcuni amminoacidi di ApoB vengono ossidati, cambia la struttura della proteina, che facilita l'ossidazione dei grassi, aumentando la loro aggregabilità e quella delle LDL. Anche il semplice contatto con la parete endoteliale può modificare le LDL. Quando si danneggia una cellula endoteliale, vengono liberati enzimi idrolitici che possono clivare dei residui dell'ldl, e anche in questo caso la lipoproteina tende ad aggregare. Le HDL sono costituite dalle apolipoproteine ApoA I e II. Maggiore è la quantità di ApoA rispetto ai lipidi, maggiore è l'esposizione di residui idrofili sulla HDL, per cui maggiore è la sua solubilità in circolo. Le HDL sono prodotte dal fegato, vanno in periferia per riportare il colesterolo al fegato; per legare il colesterolo utilizzano i trasportatori ABC (ABCA1, ABCG1). Un'altra caratteristica di queste lipoproteine è che portano con sé le paraxonasi, enzimi antiossidanti implicati nel ridurre le LDL ossidate, che hanno più di un attività catalitica: fosfoesterasi, esterasi e lattonasi. Paraxonasi 1 è espressa negli epatociti e successivamente viene liberata in associazione con le HDL. Il meccanismo attraverso il quale le paraxonasi sono coinvolte nella prevenzione dell'ossidazione delle LDL non è ben chiaro, ma è stata dimostrata una diminuzione dell'espressione del gene codificante per tale enzima all'aumentare dell'età, il che potrebbe correlare efficientemente l'aumento del rischio di sviluppo dell'aterosclerosi con l'invecchiamento. FATTORI DI RISCHIO L'aterosclerosi è caratterizzata da una infiammazione cronica delle arterie di grande e medio calibro, che si instaura a causa dei fattori di rischio cardiovascolari, strettamente correlati, ma non necessariamente da un rapporto causa-effetto, con la malattia aterosclerotica (frutto di numerosi e lunghi studi epidemiologici) e che si dividono in: modificabili, come diabete, lipoproteine, tabagismo, ipertensione, carenza di vitamina B6, carenza di iodio; non modificabili, come l età avanzata, sesso, storia familiare, anomalie genetiche; minori o non quantificabili, come menopausa, obesità, stile di vita sedentario, elevati livelli di trigliceridi, omocisteina, acido urico, ecc. Età Poiché le lesioni aterosclerotiche sono derivanti da fenomeni degenerativi ed infiammatori cronici, queste si sviluppano lentamente nel tempo e, chiaramente, tanto più un soggetto è esposto ai vari fattori di rischio, tanto maggiore è la probabilità di sviluppo delle lesioni. Inoltre, con l'avanzare dell'età diminuisce l'entità della sintesi delle paraxonasi.
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