Rappresentazioni spontanee di risoluzioni di problemi in continuità tra scuola dell infanzia e scuola primaria
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1 Rappresentazioni spontanee di risoluzioni di problemi in continuità tra scuola dell infanzia e scuola primaria Claudio Poretti e Silvia Sbaragli º Istituto scolastico comunale di Lugano - Canton Ticino, Svizzera º DFA SUPSI di Locarno, Svizzera - NRD, Bologna Pubblicato in: Sbaragli, S. (2014). Rappresentazioni spontanee di risoluzioni di problemi in continuità tra scuola dell infanzia e scuola primaria. In: D Amore B., Sbaragli S. (2014). Parliamo tanto e spesso di didattica della matematica. Bologna: Pitagora Introduzione In questo lavoro si sono analizzate le rappresentazioni spontanee degli allievi di scuola dell infanzia e prima primaria relative alla risoluzione di problemi verbali concernenti le quattro operazioni. Il tema delle rappresentazioni spontanee è un classico argomento di studio per quanto concerne la didattica della matematica, trattato fin dagli anni 80, ma che non ha ancora avuto interessanti ricadute nella pratica didattica della scuola primaria. È ormai risaputo quanto sia importante partire dalle competenze acquisite dagli allievi nei percorsi scolastici precedenti o in ambienti extrascolastici e su questi costruire successivi apprendimenti, senza imporre formalismi eccessivi che vincolano la costruzione personale da parte degli allievi. Eppure, la tendenza ancora fin troppo diffusa è quella di iniziare la scuola primaria mostrando e pretendendo la scrittura formale dei concetti in gioco senza passare dalle rappresentazioni spontanee, pur essendo spesso tale tipo di scrittura formale di un concetto, di un operazione, di una relazione,..., poco accessibile o, comunque, parzialmente estranea agli allievi. Diventa allora più conveniente ed efficace operare su immagini e rappresentazioni intuitive legate alla propria esperienza e al proprio stile di risolutore di cui gli allievi di scuola dell infanzia sono depositari. 2. Alcune considerazioni teoriche La letteratura in didattica della matematica ha già ampliamente messo in evidenza l importanza di analizzare il significato intuitivo che gli allievi attribuiscono alla risoluzione dei problemi e ai concetti in esso implicati (operazioni, relazioni ecc.), dato che tale significato sembra che influisca in modo essenziale e inconscio sulla capacità di fissare nella memoria e di comprendere. Nel caso della risoluzione dei problemi nella scuola primaria, la
2 proposta di modi di comportarsi standard imposti fin dai primi anni e di eccessivi formalismi: fare un elenco dei dati prima di avviare una strategia di risoluzione; scrivere precocemente le operazioni in modo convenzionale; ricordarsi di usare tutti i dati numerici; leggere più volte la domanda;, crea senz altro ancora più difficoltà che non lasciare la soluzione ad atti di intuizione non condizionati da modelli precostituiti di comportamento. Da questo punto di vista D Amore (2014) sostiene: «(...) dobbiamo essere consapevoli che noi tutti (bambini, insegnanti e matematici!) abbiamo la tendenza naturale ad attribuire ad ogni concetto o enunciato un interpretazione intuitiva (Fischbein, 1985) e ciò può essere esteso, mi pare, all atto intuitivo di risoluzione di un problema. Se si tratta di una tendenza naturale, contrastarla in cambio di un atteggiamento formale, è didatticamente pericoloso». Di fronte alla descrizione di una situazione problematica, l allievo è chiamato a farsi una propria rappresentazione interna (spontanea, quasi involontaria), per poi rielaborarla (intervento del cognitivo) e, se gli è richiesto, a tradurla in una esterna. Nel fare questo importante passaggio occorre in prima istanza saper scegliere la rappresentazione più adatta a quella situazione problematica, ma occorre anche tener conto che quella esterna è una sorta di accordo fra quel che egli si rappresenta dentro e quel che è capace di raffigurare tecnicamente, nonché il tentativo di interpretare quel che si aspetta l insegnante o il ricercatore da lui in base ad alcune clausole implicite del contratto didattico. In questa traduzione non si dovrebbero imporre degli obblighi, ma rispettare lo stile personale di traduttore di ciascun bambino, soprattutto nei primi anni di scuola primaria, per passare da situazioni ingenue a rappresentazioni sempre più significative, soprattutto tenendo conto che i bambini di scuola dell infanzia hanno già numerose competenze da questo punto di vista. In effetti, la vita quotidiana pone problemi anche ai bambini di 3-6 anni, la cui ricerca di soluzione richiede l applicazioni di operazioni aritmetiche. Occorre capire come le strategie ingenue messe in atto dai bambini interagiscono con i sistemi formali che si insegnano, al fine di poterne ricostruire la preistoria, così come osservava Vygotskij (1980). L educazione alla traduzione può anche significare: educare il bambino, pian piano, a passare dalla rappresentazione che gli viene più spontanea a quella che sembra essere la più economicamente vantaggiosa, comunicativa, efficace (in termini di tempo, per esempio). Sinclair de Zwart (1983) afferma: «si pensa che i bambini non siano in grado di sommare, sottrarre, moltiplicare o dividere: questo è ciò che devono apprendere. E non si pensa che la notazione di queste operazioni possa creare particolari difficoltà; le difficoltà, se ci sono, sono al livello delle operazioni stesse». L aritmetica viene quindi insegnata come se la concettualizzazione delle operazioni coincida con la loro simbolizzazione scritta, con la loro rappresentazione formale, invece occorre considerare che la notazione delle
3 operazioni aritmetiche presenta difficoltà peculiari che a volte esulano dall aspetto più concettuale. Diverse ricerche anche datate hanno dimostrato che i bambini di età prescolare dispongono già di una qualche competenza nell eseguire in concreto operazioni aritmetiche richieste dalla soluzione di problemi orali (Pontecorvo, Pontecorvo, 1986; Aglì, Martini, 1995). Spesso su questo punto si sorvola, imponendo l uso delle operazioni aritmetiche subito e creando quindi un grande ostacolo cognitivo. Questa libertà di lasciare usare rappresentazioni spontanee al posto di quelle formali, è spesso contrastata dagli stessi insegnanti di scuola primaria che non vedono di buon occhio la mancanza di formalizzazione, quasi si trattasse solo di matematica svilita. È ovvio che i bambini devono acquisire lo specifico linguaggio matematico che sfrutta i segni =, +,,, : vista la sua potenza e sinteticità, anche perché è questo quello che ci si aspetta in termini di consenso sociale, cui i bambini aspirano. Ma questo linguaggio va conquistato con cautela, per i pericoli che Boero (1990) sottolinea: «perdita di contatto con la situazione problematica e con i significati delle operazioni rappresentate: quando il bambino si chiede se fare la o fare la : in molti casi non ha ben presente i significati di tali operazioni!». 3. La ricerca in oggetto Sono stati somministrati a diversi bambini di scuola dell infanzia e primaria del Canton Ticino quattro problemi verbali standard che coinvolgono per essere risolti le quattro classiche operazioni. I problemi sono stati scelti in modo da essere semplici come testi, per essere facilmente compresi dai bambini e tali da richiamare tipiche situazioni che vengono proposte alla scuola primaria, così come avvenuto in ricerche precedenti (Baldisserri et al., 1993; Sbaragli, 1998). I numeri coinvolti nei testi sono volutamente dominati dai bambini per non creare difficoltà. Tutti i problemi sono stati somministrati prima che venissero introdotte in classe le operazioni risolutive in modo formale e sono stati proposti a livello individuale, in forma orale, in un ambiente familiare, ma distante dall influenza dei compagni. Il testo è stato riformulato anche più volte in caso di necessità. Inizialmente si chiedeva al bambino se aveva capito la domanda, se sapeva rispondere e poi veniva invitato a rispondere alla domanda in forma scritta su un foglio A4. I problemi somministrati sono stati i seguenti: 1. Leonardo ha 6 palline e suo fratello Francesco gliene regala 2. Quante palline ha ora Leonardo? 2. Viola ha ricevuto in regalo 8 palloncini, 3 palloncini scoppiano. Quanti palloncini rimangono a Viola? 3. Anna ha 3 sacchetti di palline, in ogni sacchetto ci sono 4 palline. Quante palline ha Anna in tutto? 4. Sergio ha 8 figurine, ma ne vuole regalare metà a Leonardo. Quante figurine dovrà dare a Leonardo?
4 4. Sintesi risultati Le risposte verbali e le rappresentazioni fornite dai bambini di scuola dell infanzia e prima primaria mostrano le notevoli competenze a interpretare e risolvere problemi che coinvolgono le quattro operazioni, prima che vengano proposte in modo formale dal docente. Inoltre, emerge come di fronte a problemi diversi i bambini facciano uso di diverse modalità di notazioni. Di seguito si riportano le quattro rappresentazioni di Edoardo, allievo di I primaria, ai quattro problemi posti. Edoardo è uno dei pochi allievi che rappresenta aritmeticamente la soluzione del primo problema. Le prestazioni dei bambini raccolte esprimono modalità di rappresentazione molto diverse e molto personali che vanno dalla forma pittorica, alla forma iconica a quella aritmetica, mettendo in evidenza in rari casi solo lo stato iniziale del problema proposto, in altri solo lo stato finale o tutto il processo risolutivo (stato iniziale, processo, stato finale). Concordiamo con D Amore (2014) quando afferma che: «la rappresentazione è l anticamere della risoluzione», quindi da questa occorrerebbe partire per passare in modo naturale e graduale da un linguaggio spontaneo a uno convenzionale, limitando forzature formali. Una via didattica efficace e vincente potrebbe essere quella di fornire agli allievi capacità su una vasta varietà di linguaggi possibili che devono rimanere sempre a disposizione degli allievi, per permettere da parte loro una scelta consapevole, idonea e funzionale alle diverse richieste poste. Bibliografia Aglì, F., & Martini, A. (1995). Rappresentazione e notazione della quantità in età prescolare. Età evolutiva. 51, Baldisserri, F., D Amore, B., Fascinelli, E., Fiori, M., Gastaldelli, B., & Golinelli, P. (1993). I palloncini di Greta. Infanzia. 1, [Questo articolo è stato ristampato su: La matematica e la sua didattica. 4, 1993, ]. Boero, P. (1990). I problemi. In: AA.VV. (1990). Guida alle videocassette- Matematica. Genova: Irrsae Liguria. D Amore, B. (2014). Il problema di matematica nella pratica didattica. Collana Risorse didattiche digitali. Modena: Digital Index (disponibile anche in ebook). Pontecorvo, C., & Pontecorvo, M. (1985). Psicologia dell educazione. Conoscere a scuola. Bologna: Il Mulino. Sbaragli, S. (1998). Questa volta Greta dovrebbe moltiplicare! Che cosa farà? Atti del Convegno Incontri con la Matematica n.12. Castel San Pietro Terme (BO), novembre Bologna: Pitagora
5 Sinclair De Zwart, H. (1983). L acquisizione della scrittura alfabetica è della notazione matematica. In: Stella G., Nardocci F. (a cura di). Il bambino inventa la scrittura. Milano: Angeli Vygotskij, L.S. (1980). Il processo cognitivo. Torino: Boringhieri. Parole chiave: rappresentazioni spontanee; problemi; scuola dell infanzia; scuola primaria.
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