MEMORIA E OBLIO, VENDETTA E PERDONO NELL ATENE DEL 403 A.C.

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1 MEMORIA E OBLIO, VENDETTA E PERDONO NELL ATENE DEL 403 A.C. Sommario: 1. La frattura nella comunità cittadina 2. Oblio, perdono, recupero della concordia: Trasibulo e l invito a non ricordare il male subito 3. Memoria, vendetta, giustizia: la diversa prospettiva di Lisia. 4. Conclusioni. 1. LA FRATTURA NELLA COMUNITÀ CITTADINA Tucidide dedica un celebre passo del III libro ( 82-83), nell ambito del racconto sulle vicende interne di Corcira, ad una riflessione generale sul tema della guerra civile (stasis), cogliendo due aspetti caratterizzanti del fenomeno. Prima di tutto, il collegamento con la guerra esterna: i capi del popolo, divisi in fazioni filoateniesi e filospartane, in tempo di pace non avevano pretesti per far appello alle potenze nemiche, mentre in tempo di guerra coloro che desideravano novità politiche usavano le alleanze esterne per colpire i nemici e procurarsi dei vantaggi. La guerra è potente fattore di stasis in quanto maestra violenta, che togliendo il benessere quotidiano scatena la rabbia delle masse: i rapporti all interno della polis ne risultano snaturati. Il secondo elemento caratterizzante è il rovesciamento dei valori che la stasis determina: E l usuale valore che le parole avevano in rapporto all oggetto fu mutato a seconda della sua stima (III, 82, 4). Lo storico pone qui l accento sul venir meno di valori comuni universalmente riconosciuti: ciò che cambia non è tanto il significato delle parole, quanto il giudizio di valore annesso alle azioni che le parole individuano. Il rovesciamento dei valori porta con sé un profondo imbarbarimento dei rapporti politici; l abbandono della prospettiva del comune interesse in favore di quella dell utile personale determina un disinteresse sia per la giustizia, sia per l utile della città, e l unico obiettivo diviene il potere: Nelle città i capi di fazione... a parole curavano gli interessi comuni, ma a fatti ne facevano un premio della loro lotta (III, 82, 8). La valutazione generale del fenomeno della stasis che Tucidide offre qui parte dall episodio corcirese, ma ha intende fornire una chiave interpretativa valida per il complesso delle vicende greche dell ultimo quarto del V secolo (cfr. III, 82, 1 e 3; 83, 1). Essa mostra infatti significative consonanze con il giudizio che lo storico dà sulla crisi dell Atene postpericlea: crisi determinata proprio dall affermarsi di ambizioni personali fra gli uomini politici ateniesi, interessati più al potere e ai vantaggi privati che al comune interesse (II, 65, 7; 11-12; VIII, 89, 3-4). E stato inoltre ipotizzato che Tucidide, nel trattare il fenomeno della stasis nel libro III, avesse presenti le vicende ateniesi del 411 (oligarchia dei Quattrocento) e del 404 (tirannide dei Trenta e successiva guerra civile): vicende entrambe collegate con una guerra esterna e, soprattutto, caratterizzate da profonde lacerazioni del tessuto civico e dal rovesciamento della tradizionale scala di valori. Per la crisi del 411, il racconto di Tucidide consente in effetti di cogliere significative affinità tra l interpretazione generale del fenomeno della stasis fornita dallo storico e le vicende del colpo di stato: penso soprattutto al ruolo condizionante della guerra, all azione delle società segrete (le cosiddette eterie), al clima di sfiducia e di incertezza creato dallo snaturamento dei rapporti all interno della comunità civica, al carattere distruttivo delle ambizioni personali. Per le vicende del 404 non abbiamo il racconto di Tucidide; ritroviamo però in uno dei maggiori testimoni della vicenda, Lisia, aspetti presenti nell opera dello storico, come il legame tra guerra e stasis, il ruolo delle ambizioni personali e del disinteresse per il bene comune nello snaturamento dei rapporti all interno della polis e nella perversione del clima politico, la disintegrazione etico-politica provocata dal rovesciamento dei valori comuni. Le due esperienze oligarchiche di fine V secolo determinarono una profonda frattura nel corpo civico ateniese: il rovesciamento dei valori e la dissoluzione dell esperienza comunitaria imponevano pertanto, all indomani della restaurazione della democrazia nel 403 (seguita ad una sanguinosa guerra civile), di trovare dei punti in comune da cui ripartire. Facendo appello a valori collegati con i due ambiti costitutivi dell esperienza della polis, quello politico e quello religioso, attraverso un acceso dibattito dominato dai concetti di oblio e di memoria, gli Ateniesi seppero superare le ferite lasciate da 1

2 una dittatura sanguinaria e inaugurarono, con insperato successo, una nuova e serena convivenza democratica OBLIO, PERDONO, RECUPERO DELLA CONCORDIA: TRASIBULO E L INVITO A NON RICORDARE IL MALE SUBITO Lo strumento principale per rendere possibile questa rinnovata convivenza fu, come è noto, l amnistia: essa fu promulgata nel 403, alla fine della guerra civile ateniese, per favorire una rapida ricomposizione della concordia civica tra il partito della città, i Tremila che avevano conservato il diritto di cittadinanza sotto la tirannide dei Trenta, e i democratici del partito del Pireo. Sulle sue clausole siamo informati da Senofonte (Elleniche II, 4, 38-39; 43), Andocide (I, 90-91), Aristotele (Costituzione degli Ateniesi, 39); Lisia e Isocrate offrono poi diverse testimonianze dell applicazione delle clausole d amnistia in ambito giurisdizionale negli anni successivi alla restaurazione democratica 2. Le fonti principali sintetizzano il senso profondo dell amnistia, indipendentemente dalle singole clausole, nell espressione mè mnesikakein 3, il cui significato letterale è non mi ricordo del male subito e quindi non mi vendico. L amnistia propugnava quindi la necessità, per i cittadini democratici che erano stati duramente provati dalla tirannide dei Trenta, di non ricordare il male subito e, di conseguenza, di perdonare ai nemici le colpe commesse, in nome di un superiore ideale di concordia civica, ritenuto di primario interesse per la città: permettere l esercizio della vendetta avrebbe infatti scatenato una spirale di violenze e di contese giudiziarie difficilmente arginabile. La storia giuridica greca non ignora precedenti nel campo della promulgazione di amnistie (si pensi alla celebre amnistia soloniana), né l espressione mè mnesikakein può essere ritenuta nuova nel 403: per quanto rara, essa è presente in fonti del V secolo 4. Ma l idea che l amnistia debba essere la conseguenza giudiziaria dell oblio del male subito e del perdono, nella prospettiva di una autentica riconciliazione fra le parti e di una effettiva ricomposizione delle fratture all interno della comunità civica, sembra conoscere una rinnovata valorizzazione, a partire dal 412/11, da parte di Trasibulo, l uomo politico democratico artefice della liberazione di Atene dalla tirannide dei Trenta e della restaurazione della democrazia. Una serie di recenti studi su Trasibulo e sull ispirazione della sua prassi politica, dalla controrivoluzione di Samo del 412/11 all amnistia del 403 e anche in seguito, ha messo in luce i caratteri originali di tale prassi, ponendo l accento, in particolare, sulla valorizzazione del perdono reciproco come strumento di ricomposizione sociale e politica della comunità civica ateniese, dopo le gravi fratture determinate dalla crisi costituzionale e dalla guerra civile. Tale originalità, che supera la tradizionale etica della vendetta per proporre un approccio nuovo al problema della ricomposizione dei contrasti politici anche più gravi, come furono quelli collegati con la vicenda della guerra civile ateniese, sembra sostanziarsi di ideali non solo politici, ma anche religiosi 5. Il modello politico coerentemente difeso e sostenuto da Trasibulo è quello di una democrazia dai contenuti periclei, che si presentava come governo caratteristico della tradizione ateniese, dunque 1 Per i temi trattati in questo paragrafo cfr. C. Bearzot, Esilii, deportazioni ed emigrazioni forzate in Atene sotto regimi non democratici, in Emigrazione e immigrazione nel mondo antico, CISA 20, Milano 1994, pp ; Ead., Stasis e polemos nel 404, in Il pensiero sulla guerra nel mondo antico, CISA 27, Milano 2001, pp ; M. Intrieri, Biaios didaskalos. Guerra e stasis a Corcira fra storia e storiografia, Soveria Mannelli 2002; C. Bearzot, Atene nel 411 e nel 404. Tecniche del colpo di stato, in Terror et pavor. Violenza, intimidazione, clandestinità nel mondo antico (Atti del Convegno, Cividale del Friuli settembre 2005), in corso di stampa. 2 In generale sulla questione cfr. l eccellente messa a punto di Th.C. Loening, The Reconciliation Agreement of 403/2 in Athens. Its Content and Application, Hermes Einzelschriften 53, Stuttgart Senofonte, Elleniche II, 4, 43; Andocide I, 90; Aristotele, Costituzione degli Ateniesi 39, 6. 4 Erodoto III, 49, 2; VIII, 29, 2; Tucidide IV, 74, 2; Aristofane, Nuvole, 999; Lisistrata, 590; Antifonte, Tetralogie, I, 1, 6; IG I 3, Cfr., anche per ulteriori indicazioni bibliografiche, E. Ciarfera, Lealtà democratica e pietà eleusina in Trasibulo di Stiria, in L immagine dell uomo politico: vita pubblica e morale nell antichità, CISA 17, Milano 1991, 51-63; M. Sordi, La fortuna dell amnistia del 403, in Amnistia, vendetta e perdono nel mondo antico, CISA 23, Milano 1997, pp ; C. Bearzot, Perdono e riconciliazione nella politica di Trasibulo, Zetesis 1999, pp. 2, 9-28; M. Moggi, Strategie e forme della riconciliazione: mè mnesikakein in Salvare le poleis, costruire la concordia, progettare la pace, (Atti del Convegno, Torino 5-7 aprile 2006), in corso di stampa. Per una recente sintesi sulla figura di Trasibulo si veda R.J. Buck, Thrasybulus and the Athenian Democracy, Historia Einzelschriften 120, Stuttgart

3 come l unica vera patrios politeia ( costituzione patria ) di Atene, e come governo di tutta la comunità e non della sola parte popolare (di contro all opposta visione della democrazia come governo delle masse ignoranti, diffusa dalla propaganda antidemocratica). Tale modello, tuttavia, non basta a spiegare le scelte di conciliazione effettuate da Trasibulo in frangenti particolarmente delicati, quali appunto quelli della controrivoluzione di Samo e della restaurazione democratica. Le ragioni profonde dell orientamento trasibuleo risultano più chiare se collegate con le conseguenze etiche della spiritualità tipica della religione eleusina, i cui caratteri innovativi rispetto alla religione olimpica (che vedeva la giustizia divina soprattutto in senso punitivo e, di conseguenza, propugnava il dovere sacrale prima ancora che politico della vendetta) privilegiavano invece, in ambito etico e politico, il perdono e il recupero della concordia e della solidarietà umana rispetto ad ogni fattore di divisione, in nome dell uguaglianza della natura umana e della comune necessità di redenzione e di salvezza. L ispirazione religiosa della politica di Trasibulo è stata messa in luce attraverso l analisi di alcuni momenti della sua carriera. Egli, indiscusso ispiratore del mè mnesikakein nel 403, aveva proposto questa medesima impostazione, e con la stessa terminologia, già nel 412/11, in relazione ai fatti di Samo, dove si trovava stanziata la flotta ateniese e dove, in connessione con il colpo di stato ateniese dei Quattrocento, era stata tentata una rivoluzione antidemocratica, prontamente stroncata dalla reazione dei democratici samii, guidati da strateghi e ufficiali ateniesi, tra cui Trasibulo (Tucidide VIII, 73 ss.). Nel rivolgersi ai suoi uomini dopo la repressione della rivoluzione antidemocratica di Samo, Trasibulo li invitava infatti a governarsi democraticamente e a mantenere la concordia (Tucidide VIII, 75, 2); esito dell impegno assunto con solenne giuramento, su invito di Trasibulo, dai soldati ateniesi, democratici e oligarchici, fu la pacificazione in Samo, realizzata secondo Tucidide attraverso l esercizio del perdono: i democratici di Samo senza serbar rancore (ou mnesikakountes) agli altri, da allora in poi si governarono democraticamente (Tucidide VIII, 73, 6). In questo episodio del 412/11 Trasibulo sembra proporre per la prima volta la sua idea di pacificazione come risultato del reciproco perdono delle colpe commesse e di concordia politica come riflesso della profonda solidarietà fra tutte le componenti di un corpo cittadino che si riconosceva nella sottomissione a leggi liberamente e concordemente accettate, ma anche in culti e tradizioni religiose comuni. Sulla base della stessa ispirazione politica, ma con più evidente sottolineatura religiosa, furono sostenuti gli appelli alla riconciliazione rivolti alle parti nel 403, da Cleocrito, l araldo eleusino voluto da Trasibulo accanto a sé sul campo di Munichia, all indomani della battaglia (Senofonte, Elleniche II, 4, 20-21), e dallo stesso Trasibulo dopo il rientro dei democratici in Atene (Senofonte, Elleniche II, 4, 40-42). Cleocrito, araldo dei Misteri eleusini, si era unito ai democratici dopo l occupazione di Eleusi da parte dei Trenta. Durante la tregua successiva alla battaglia di Munichia vi furono, fra i democratici vincitori e gli oligarchici, tentativi di trovare un accordo, grazie anche alla moderazione dei democratici, che rinunciarono ad inseguire gli sconfitti ed evitarono di spogliare i cadaveri (Senofonte, Elleniche II, 4, 19; Lisia XII, 53). Durante le trattative Cleocrito pronunciò un appello al partito della città, ovvero a quei Tremila con i quali i democratici, una volta abbattuti i tiranni, intendevano recuperare una piena concordia. Tema fondamentale del discorso di Cleocrito è il recupero dell unità nazionale, da realizzare sulla base della comunione di esperienza religiosa (sacrifici, feste), di esperienza civile e sociale (cori, scuole), di esperienza politica (servizio militare, servizio al salvezza e libertà comuni), che unisce i cittadini di Atene in una comunità ora attraversata da una profonda frattura. Cleocrito richiama agli avversari i diversi vincoli che li legano agli esuli stessi, utilizzando una terminologia che rimanda al concetto di polis come comunità politica e religiosa 6. Il suo discorso si chiude, significativamente, con l invocazione agli dei: l araldo chiede al partito della città un impegno in favore della riconciliazione nazionale in nome di una serie di fattori di aggregazione della comunità cittadina tra i quali l esperienza religiosa è messa significativamente in primo piano. Sullo sfondo del discorso di Cleocrito, che fu certamente ispirato da Trasibulo (tant è che Giustino V, 10, 1-3, lo attribuisce direttamente a lui), troviamo una concezione di democrazia caratterizzata da una reale collaborazione tra le diverse componenti del corpo civico, dall accettazione delle leggi comuni e dall adesione ad una comune esperienza religiosa, fortemente espressa a livello 6 Significativo il ricorrere dei verbi metechein, partecipare, e koinonein, aver parte comune, e dell aggettivo koinós, comune. 3

4 comunitario e quindi ricca di risvolti civili. Nell ambito di questa esperienza religiosa, un ruolo certamente importante hanno, accanto ad Atena, le divinità eleusine, Demetra e Core, al cui culto Cleocrito era legato. Ora, la pietà eleusina sottolineava fortemente l uguaglianza di natura tra gli uomini e la comune esigenza di salvezza: nella prospettiva radicalmente innovativa di Cleocrito, i fondamenti della concordia venivano ricercati, con ogni probabilità, proprio nei contenuti umanitari e solidaristici della religiosità eleusina, espressione di un culto, i Misteri, profondamente inserito nella tradizione democratica ateniese. Il discorso di Trasibulo, che si colloca nel corso di un assemblea svoltasi successivamente al rientro dei democratici in Atene, dunque nel momento delicatissimo della ripresa della convivenza tra le parti, conferma, nella sua impostazione più strettamente politica, i tratti principali del discorso di Cleocrito. Trasibulo si rivolge agli uomini della città invitandoli a conoscere se stessi, secondo l etica delfica, e contestando le pretese di superiorità degli oligarchici, basate sul presunto possesso di qualità come la giustizia, il coraggio, le superiori capacità intellettuali. Il discorso esprime la visione democratica di Trasibulo, in linea con la teoria democratica di V secolo e in contrapposizione con il pensiero antidemocratico contemporaneo. Alle contestazioni del diritto del demos a governare, in quanto privo delle necessarie qualità morali ed intellettuali (che trovano espressione, per esempio, nella posizione di Megabizo nel dibattito sulle costituzioni in Erodoto III, 81, o in quella dello Pseudo- Senofonte, Costituzione degli Ateniesi I, 1-2), Trasibulo risponde rivendicando la superiorità del popolo sul piano delle qualità morali, del coraggio e dell intelligenza. Con ciò, Trasibulo si esprime in linea con due celebri manifesti del pensiero democratico, l Epitafio di Pericle (Tucidide II, 37, 1; 40, 2) e, soprattutto, il discorso del siracusano Atenagora del 415 (Tucidide VI, 39, 1) 7. Ma Trasibulo dà un contributo in più rispetto alla teoria democratica con la quale pure si trova in linea. La conclusione del discorso contiene un appello alla riconciliazione, rivolto agli uomini del Pireo (cioè a coloro che più potevano essere tentati di vendicarsi), su basi non politiche ma religiose: viene chiesto loro di essere euorkoi kai hosioi, di tener fede ai patti e rispettare gli dei, cioè di osservare con rigore il giuramento di non ricordare il male subito. Tale giuramento, prestato probabilmente al momento della ratifica del trattato di pace concluso tra esuli e oligarchici (Senofonte, Elleniche II, 4, 38), fu ripetuto solennemente dopo il rientro degli esuli in Atene: Giurarono così di non serbare rancore per i torti subiti,?e ancor oggi le due parti si governano nella concordia e il popolo rispetta il giuramento fatto (Senofonte, Elleniche II, 4, 43). L appello di Trasibulo, che chiede ai democratici vincitori di essere rispettosi delle leggi umane e divine, di far mostra delle virtù che qualificano pienamente all esercizio del potere in democrazia e che dimostrano agli oligarchici l infondatezza delle loro critiche, e infine di rispettare gli archaioi nomoi, cioè la patrios politeia democratica, si rivela in continuità con quanto già proposto da Trasibulo nel 412/11, quando egli aveva chiesto ai suoi uomini, impegnati nella controrivoluzione di Samo, di mè mnesikakein (Tucidide VIII, 73, 6) e li aveva invitati al rispetto rigoroso dei patrioi nomoi?(tucidide VIII, 76, 6), e con le tematiche di natura religiosa, prima ancora che politica, emergenti dal discorso di Cleocrito. Il successo di questo appello, i cui contenuti rivelano una sensibilità peculiare, che considera la divinità garante dell ordine civile, è attestato da Senofonte (Elleniche II, 4, 43) e da Aristotele (Costituzione degli Ateniesi 40, 3), i quali ammettono che il popolo restò fedele al giuramento e che la concordia civica venne rapidamente ristabilita; esso si deve, da una parte, alla riproposizione convinta della teoria democratica e dei suoi contenuti qualificanti contro le contestazioni della parte avversa; dall altra al riferimento ad un etica innovativa, l etica del perdono e della solidarietà, di probabile ispirazione eleusina, che contrapponendosi efficacemente all etica tradizionale della vendetta rese possibile il rapido ristabilimento di una serena convivenza civile 8. 7 Trasibulo sembra riprendere, nella contestazione della presunta superiorità degli oligarchici, anche i contenuti del discorso tenuto davanti all assemblea di Samo da uno dei capi democratici (Tucidide VIII, 76), forse Trasibulo stesso, a giudicare dall insistenza sull idea di maggioranza e, soprattutto, dal richiamo ai patrioi nomoi). 8 Per i fondamenti religiosi della visione politica di Trasibulo cfr. anche C. Bearzot, Perdonare il traditore? La tematica amnistiale nel dibattito sul richiamo di Alcibiade, in Amnistia, perdono e vendetta nel mondo antico, CISA 23, Milano 1997, 29-52; Ead., Euripide, Trasibulo e il dibattito sul richiamo di Alcibiade, in Aspirazione al consenso e azione politica: il caso di Alcibiade (Atti del Seminario interdisciplinare di Storia greca e di Epigrafia greca, Chieti marzo 1997), Alessandria 1999, pp ; A. Ferrari, Trasibulo e la pietà eleusina. Stasis e idia kerdea nelle Rane di Aristofane, Aevum 74 (2000), 47-52; M. Lodigiani, Perdono e 4

5 3. MEMORIA, VENDETTA, GIUSTIZIA: LA DIVERSA PROSPETTIVA DI LISIA Di fronte alla promulgazione dell amnistia, destinata ad evitare l innescarsi di una spirale di persecuzioni giudiziarie e di reciproche vendette, e alla proposta di riconciliazione promossa da Trasibulo su basi politiche ed etico-religiose, non tutti i settori dell opinione pubblica ateniese reagirono con favore. Molti Ateniesi avevano subito gravissime perdite in termini di affetti umani e di interessi economici sotto la tirannide dei Trenta, che aveva visto un drammatico susseguirsi di confische, espulsioni, condanne a morte, eliminazioni sommarie nei confronti di cittadini e meteci di orientamento democratico. Quindi, se è vero che sostanzialmente l amnistia fu osservata, è vero anche che vi furono diversi tentativi di violazione (Aristotele, Costituzione degli Ateniesi 40, 2; Isocrate XVIII, 2) e di aggiramento. Particolarmente interessante in proposito appare l atteggiamento di Lisia nei confronti dell amnistia del 403: l oratore interviene frequentemente in modo critico sulle modalità di applicazione delle convenzioni, in particolare sulle clausole che regolavano il diritto di godere della protezione amnistiale 9. Lisia, che possiamo considerare portavoce dell ala radicale del partito democratico, sembra assumere in diverse occasioni posizioni apparentemente contraddittorie sulla questione ed è stato per questo accusato di invocare l amnistia per motivi di comodo e di chiederne poi spregiudicatamente la violazione, a seconda degli interessi della causa: con un atteggiamento che rivelerebbe più l opportunismo del logografo che la rigida coerenza dell ideologo. Io credo invece che Lisia sia sostanzialmente coerente nell accostare, al sicuro e convinto riconoscimento del valore dell amnistia, il rifiuto della sua applicazione indiscriminata. Al tema dell oblio dei mali subiti egli contrappone con convinzione il tema della memoria, che impone non tanto la vendetta, quanto la giustizia. Le convenzioni d amnistia vietavano di perseguire, per i reati contro lo stato commessi all epoca dei fatti relativi alla caduta della democrazia e all instaurazione della tirannide, nonché per quelli commessi nel corso del 404/3 10, qualunque cittadino, ad esclusione degli oligarchi stessi (i Trenta, i Dieci, i Dieci del Pireo, gli Undici) e dei colpevoli di omicidio o di tentato omicidio, purché autocheires (cioè colpevoli di aver agito direttamente, di propria mano). Per gli oligarchi era prevista la possibilità di rientrare negli accordi sottoponendosi ad un rendiconto; nulla di questo genere era invece ammesso per gli omicidi autocheires, a motivo della particolare gravità del reato. La seconda categoria risultava però, nei fatti, estremamente difficile da individuare e da colpire: la necessità di dimostrate rigorosamente l autocheiria escludeva infatti dal perseguimento tutti i mandanti e persino molti degli esecutori, e finiva per trasformare l amnistia stessa in una sorta di colpo di spugna anche di fronte alle responsabilità più gravi. Il che era peraltro gravido di rischi politici, giacché consentiva un pieno reinserimento nella vita riconciliazione nei misteri di Eleusi: il caso dell Ippolito euripideo (428 a.c.), RIL 133 (1999), pp ; C. Bearzot, Il dibattito sul richiamo di Alcibiade nel teatro ateniese: il Filottete e il Ciclope, in Studi Aricò, in corso di stampa. 9 Cfr. su questi temi C. Bearzot, Lisia e la tradizione su Teramene. Commento storico alle orazioni XII e XIII del corpus lysiacum, Biblioteca di Aevum Antiquum 10, Milano 1997; Ead., Lisia e l amnistia: lo sfondo politico dell orazione XXV, CISA 23, Milano 1997, pp ; Ead., Criteri alternativi di applicazione dell amnistia in Lisia, in Responsabilità, vendetta e perdono nel mondo antico, CISA 24, Milano 1998, pp A proposito dei termini cronologici dell applicazione dell amnistia se cioè essa riguardasse anche reati (e quali?) commessi prima del 404/3 appare convincente la ricostruzione di Loening, The Reconciliation Agreement, pp. 121 ss. In base a tale ricostruzione: Furono amnistiati i crimini contro lo stato commessi sotto l oligarchia e anche in precedenza, mentre non furono ritenuti amnistiabili quanti erano stati già condannati per analoghi crimini prima del 404/3 e non erano stati espressamente perdonati con le misure del 405/4 (decreto di Patroclide); analogamente, non si consentì alla sospensione delle pene già irrogate prima del 404/3. Furono esclusi dall amnistia i responsabili di omicidi diretti (autocheires), commessi sotto l oligarchia e anche in precedenza. Per quanto riguarda le contese civili, quelle relative ad illeciti commessi sotto l oligarchia non sembrano esser state espressamente vietate, ma probabilmente furono posti dei limiti (per esempio non sarebbero state ammesse contese civili sulle proprietà confiscate che non si adeguassero ai criteri previsti nelle convenzioni); tali illeciti erano infatti privi di caratterizzazione politica tale da violare la riconciliazione tra le parti; restavano invece pienamente ammissibili contese di natura civile per reati commessi prima del 404/3. In sostanza, l applicazione dell amnistia evidenzia una massima volontà di perdono in ambito politico, mentre investe in forma minima l ambito civile. 5

6 politica e civile della restaurata democrazia ateniese anche a persone gravemente compromesse con il regime e con i delitti da esso perpetrati. La posizione di Lisia sul tema dell amnistia e della sua applicazione si rivela, rispetto a quella di Trasibulo e soprattutto degli ex-terameniani come Archino 11, assai meno irenista e più incline ad individuare e a colpire esemplarmente i responsabili, anche politici, dei reati più gravi. Ma prima di cercare di definire i criteri alternativi proposti da Lisia, è bene chiarire che egli non è contrario all amnistia in sé. Lisia non si esprime mai contro l amnistia e semmai ritiene che le vere violazioni provengano da parte oligarchica (XVIII, 17-19; XXX, 9) e che siano prive di un autentico fondamento giuridico, provocate come sono da meschini interessi personali piuttosto che da vera sensibilità per il bene della comunità. Diverso è l atteggiamento dei democratici: essi riconoscono il valore dell amnistia e semmai ne contestano, in casi estremi, le modalità di applicazione, chiedendo che essa venga regolata da criteri diversi rispetto a quelli delle clausole canoniche. Una visione nettamente di parte: ma non per questo pregiudizialmente inattendibile, giacché, almeno per il suo risvolto positivo (la sostanziale fedeltà mostrata dai democratici rispetto allo spirito e alla lettera dell amnistia), il giudizio di Lisia converge con quelli di Senofonte e di Aristotele, fonti non certo sospette di simpatie democratiche. Se, insomma, Lisia coglie con acuta sensibilità i rischi connessi con l amnistia e con una sua applicazione troppo generosa, non propone però mai una contestazione di principio dell amnistia stessa, che viene anzi difesa come strumento di recupero della convivenza democratica. Significativa, in questo senso, è la testimonianza dell Epitafio (II, 61-66), in cui l oratore propone un caldo elogio dei democratici del Pireo, che seppero avvalersi dell amnistia come di uno strumento di concordia e di comune salvezza. Ciò basta, io credo, a dimostrare che Lisia non ha nulla contro l amnistia in sé, di cui offre in questo passo una valutazione estremamente positiva e sostanzialmente convergente con le linee di ispirazione del suo promotore Trasibulo: sono semmai le modalità della sua applicazione a non convincere Lisia, perché troppo generose e perché esposte a rischi di strumentalizzazione da parte antidemocratica. Era dunque compito dei democratici applicare le convenzioni d amnistia con sensibilità e attenzione ai singoli casi, assicurandone la fruizione solo a chi ne avesse davvero diritto, e cioè a quanti non si erano piegati a collaborare fattivamente con il regime, ed evitando generalizzazioni garantiste, che si risolvessero in una eccessiva generosità verso quei collaborazionisti che avevano condiviso responsabilità di governo e si erano resi complici di reati contro i concittadini, e che quindi condizionassero pesantemente la rinascente democrazia. Il corpus lisiano reca le tracce di un articolato tentativo di ridiscutere la questione dell amnistia, partendo da un accettazione generale delle convenzioni e del loro valore, ma discutendone i criteri di applicazione: il diritto di godere della protezione amnistiale andava regolato su basi diverse da quelle fissate nei patti, che tenessero conto del grado di collaborazione con il regime di quanti fra quelli della città chiedevano, dopo la restaurazione, una piena reintegrazione nella comunità politica e civile. Lisia individua così criteri alternativi a quelli trasibulei e consistenti, in sostanza, nell ampliamento dei margini di perseguibilità. Tale proposta, che colloca peraltro Lisia in linea con altre voci di parte democratica 12, consiste in concreto nel riconoscere il godimento dell amnistia non, come volevano le convenzioni, a qualunque cittadino che non fosse stato oligarca (salvo previo rendiconto) e che non si fosse macchiato di reati di sangue in qualità di autocheir, ma soltanto a coloro di cui si potesse dimostrare che non avevano avuto parte alcuna nel governo oligarchico, ricoprendovi una qualsiasi carica istituzionale, e che non avevano commesso reati gravi (non necessariamente i soli reati di omicidio o di tentato omicidio autocheir) verso i concittadini. Con ciò, Lisia si mostra in aperto disaccordo con la diversa impostazione data alle convenzioni da Trasibulo sotto la pressione degli ex-terameniani come Archino: un impostazione caratterizzata da un estrema generosità giacché pochissimi risultavano perseguibili in base alle rigide clausole stabilite 11 I seguaci di Teramene, protagonista dei colpi di stato oligarchici del 411 e del 404, dopo la morte del loro leader a seguito dello scontro con Crizia, si erano uniti ai fuorusciti democratici; ora essi, essendo compromessi con il regime, avevano tutto l interesse ad una applicazione rigorosa delle convenzioni. 12 Come rivelano [Lys.]VI, nello stesso contesto dell amnistia del 403, ma anche [Lys.] XX, che rimanda invece al più antico contesto postoligarchico del 410: cfr. C. Bearzot, La XX orazione pseudolisiana e la prima restaurazione della democrazia nel 410, in Studium atque urbanitas. Miscellanea Daris, Papyrologica Lupiensia 9 (2000), Galatina (LE) 2001, pp ; Ead., La sesta orazione pseudolisiana e il suo contributo al dibattito sull amnistia, in Poikilma. Studi Cataudella, I, La Spezia 2002, pp

7 dalle convenzioni e destinata a favorire la ricomposizione politica non solo con i Tremila, ma anche con gran parte dei fautori dell oligarchia e dei loro collaboratori. I criteri alternativi cui Lisia fa costante riferimento almeno come indicazione pragmatica, pur non potendone offrire una formulazione teorica che si contrapponesse espressamente al testo delle convenzioni, non vanno ritenuti espressione di radicalismo e sono meritevoli di apprezzamento da diversi punti di vista. Essi infatti identificano con chiarezza i reati non amnistiabili (mentre nelle convenzioni la necessità di dimostrare l autocheiria degli omicidi equivaleva alla rinuncia a perseguire i mandanti e, a distanza di tanto tempo, anche molti responsabili diretti); sono ispirati a sostanziale moderazione (si intendeva colpire solo le responsabilità davvero gravi, si trattasse di omicidi e tentati omicidi oppure di altri reati contro le persone, come arresti, spoliazioni, delazioni, forme di favoreggiamento o di persecuzione); sono, infine, non privi di valore politico (il loro obiettivo fondamentale risiedeva nella volontà di impedire lo sfruttamento pretestuoso di uno strumento in sé eticamente valido e politicamente opportuno, quale era l amnistia, da parte di ambigui personaggi alla ricerca di rilegittimazione politica). Di un simile sfruttamento, i primi anni della restaurazione sembrano offrire una testimonianza frequente: ad esso Lisia contrappone non certo il ricorso alla spirale delle vendette sommarie e indiscriminate, quanto la via, pienamente legalitaria, della legittima timoria (termine che indica la vendetta ottenuta secondo le leggi ) attraverso il perseguimento in sede giudiziaria di quanti risultassero non amnistiabili in base ai criteri da lui indicati. La via alternativa proposta da Lisia, umanamente comprensibile e politicamente non priva di valore, si differenzia da quella di Trasibulo per la sua impostazione fortemente legata alla dimensione politica e incapace di rinunciare alla tradizionale etica della vendetta. Per capire la posizione di Lisia, è interessante un confronto con le perorazioni finali delle orazioni XII (Contro Eratostene) e XIII (Contro Agorato): dominate dai concetti di memoria (in opposizione all oblio del mè mnesikakein) e di vendetta (giudiziaria, e dunque, non indiscriminata, ma comunque alternativa al perdono), esse ripropongono la tradizionale etica politica greca, che considera la vendetta legittima e anzi, in alcuni casi, addirittura necessaria. Nell orazione XII (Contro Eratostene, uno dei Trenta) la perorazione finale si apre con un appello ai due partiti, quello della città e quello del Pireo. Nel rivolgersi al partito della città, Lisia introduce immediatamente il tema della memoria: non la dimenticanza del male subito, ma la sua memoria (anamimneskein) e il conseguente rancore (orgizesthai) devono guidare il voto dei giudici in tribunale, a qualunque partito appartengano. I due partiti sono così idealmente affratellati nella vendetta e nel ripudio del presente passato politico, un ripudio che non passa attraverso l oblio, ma attraverso la memoria. Questo tema si sviluppa pienamente nell appello al partito del Pireo, tutto giocato sui temi della memoria, del mantenimento del rancore, della vendetta, in netta contrapposizione con l appello di Trasibulo ai suoi a non violare il giuramento di mè mnesikakein. I democratici vengono sollecitati da Lisia non a dimenticare il male subito, ma piuttosto a ricordare le vicende più dolorose del governo dei Trenta, e a conservare il rancore. Lisia insiste in particolare sulla memoria delle azioni empie dei Trenta (l uccisione di uomini strappati dagli altari o dalle braccia dei familiari, l impossibilità di dar loro degna sepoltura, la persuasione di essere al di sopra delle leggi divine), che li rendono indegni di fruire dell amnistia: l empietà dei Trenta dimostra che non l osservanza dei giuramenti d amnistia, ma la vendetta dei morti è il solo scrupolo religioso meritevole di essere osservato. E proprio le vittime dei Trenta sono evocate nel finale, come fossero presenti per chiedere con forza, ai sopravvissuti, la vendetta che si attendono. Anche nella perorazione conclusiva dell orazione XIII (Contro Agorato, un collaboratore dei Trenta) Lisia propone una contestazione dell amnistia, in perfetta consonanza con l orazione XII, e pone al centro della sua argomentazione il tema della vendetta e della sua legittimità tanto politica quanto etico-religiosa. A livello politico, la vendetta trova le proprie ragioni nella necessità di dare un chiaro segnale di presa di distanza dall esperienza oligarchica attraverso una condanna esemplare; a livello religioso, essa si giustifica attraverso il riferimento agli elementi di una religiosità diversa da quella che sosteneva l amnistia. Trasibulo aveva impegnato fortemente gli Ateniesi al rispetto dell amnistia con un giuramento; Lisia cerca di offrire alla sua diversa posizione una giustificazione religiosa attraverso il 7

8 riferimento all etica tradizionale, che privilegiava la vendetta sul perdono. Tornano, quindi, i temi della piena legittimità, e anzi del dovere, della vendetta, e della memoria delle sciagure pubbliche e private subite dalla città e dai singoli, che alla vendetta devono muovere; l argomentazione tradisce il timore che si affermi un pericoloso irenismo, inadeguato a distinguere fra i diversi gradi di responsabilità e orientato pertanto non a superare il passato, in funzione della rinnovata concordia civica, ma a cancellarne inopportunamente la memoria. Il dovere religioso di vendicare i morti viene presentato, come nella conclusione della XII, come l unico scrupolo religioso cui i democratici devono sentirsi legati, meritevole di essere privilegiato anche rispetto all obbligo costituito dal giuramento di osservare l amnistia. Lisia non nega la necessità della riconciliazione, ma ne considera presupposto ineludibile la condanna per via giudiziaria dei responsabili dei reati più gravi (non solo gli oligarchi e gli omicidi autocheires, ma anche i mandanti e tutti quanti hanno in qualche modo causato la morte di cittadini democratici con azioni anche indirette); mentre non gli appare accettabile la prospettiva di Trasibulo, che privilegia il perdono sulla giustizia e considera il recupero della concordia civica un obiettivo da realizzare a qualsiasi costo. Due posizioni che si propongono sia come l applicazione di una diversa prospettiva politica, sia come una diversa e alternativa proposta etico-religiosa. 4. CONCLUSIONI L atteggiamento del mondo politico ateniese di fronte all amnistia appare dunque tutt altro che unanime. Alla rivendicazione della necessità dell oblio per poter procedere, attraverso il perdono, alla riconciliazione nazionale, si contrappone quella della necessità della memoria, presupposto della vendetta (se pure per via rigorosamente giudiziaria) e della riaffermazione della giustizia, senza la quale non appare possibile una vera ricomposizione delle fratture civiche. Entrambe queste prospettive, di carattere politico, non possono essere scisse da questioni religiose. L oblio voluto da Trasibulo sembra trovare il suo fondamento etico nelle suggestioni religiose promananti dalla pietà eleusina; la memoria richiesta insistentemente da Lisia rimanda invece all etica tradizionale legata alla religione olimpica. Entrambe le posizioni hanno, in verità, buone ragioni dalla loro parte. Trasibulo, operando una trasposizione di valori religiosi nel contesto dell esperienza politica e sociale del cittadino che si rivelò ricca di potenzialità positive per il futuro della comunità civica ateniese, permise ad Atene di superare la crisi politica e morale che l aveva travolta sullo scorcio del V secolo: la forza le venne proprio dalla concordia faticosamente riconquistata, non senza resistenze e tensioni, attraverso la rigorosa osservanza del mè mnesikakein. Ma alla prospettiva di Lisia, forse meno innovativa e meno affascinante sul piano etico, va riconosciuto il merito di aver tenuto alta l attenzione sul rischio del colpo di spugna su vicende troppo gravi e dolorose per essere davvero dimenticate, e di aver insistito sulla necessità di evitare un impunità generalizzata per i responsabili e di non rinunciare ad affermare le esigenze della giustizia, almeno nei casi più gravi. Nel suo impegno come oratore giudiziario negli anni della restaurazione, Lisia mostra una costante e coerente riproposizione del valore di mneme, orghé e timoria, memoria, rancore e giustizia. L eco della sua richiesta di non eccedere nella disponibilità all oblio e di dare spazio alla memoria ritorna nell esordio dell orazione XXXIV, giuntaci frammentaria: qui l oratore per cui Lisia scrive, un uomo politico in vista di parte democratica che contesta la proposta di riduzione del corpo civico ai proprietari terrieri avanzata dal terameniano Formisio, mentre si rammarica del fatto che le passate sciagure non costituiscano ancora per la città una lezione sufficiente, si rivolge ai concittadini meravigliandosi di loro, in quanto essi sono gli uomini fra tutti più pronti a dimenticare. La proposta di Formisio, che a poca distanza dalla fine della guerra civile presentava una riforma costituzionale apertamente antidemocratica, è la miglior dimostrazione delle buone ragioni di Lisia, quando esorta a non limitarsi a dimenticare il male subito e a mantenere, invece, la memoria delle vicende passate. Tanto più che non necessariamente memoria e giustizia sono per lui incompatibili con le esigenze della riconciliazione nazionale. Cinzia Bearzot Università Cattolica del Sacro Cuore Milano 8

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