Comunicazione e relazioni interpersonali nelle commedie di Menandro

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1 Comunicazione e relazioni interpersonali nelle commedie di Menandro Un indagine sul Dyscolos e sulla Samia Inaugural-Dissertation zur Erlangung der Doktorwürde der Philologischen Fakultät der Albert-Ludwigs-Universität Freiburg i. Br. vorgelegt von Giada Sorrentino aus Atripalda (Italien) SS 2012

2 Erstgutachter: Zweitgutachter: Drittgutachter: Prof. Dr. Bernhard Zimmermann Prof. Dr. Stefan Pfänder Prof. Dr. Felix Heinzer Vorsitzender des Promotionsausschusses der Gemeinsamen Kommission der Philologischen, Philosophischen und Wirtschaftsund Verhaltenswissenschaftlichen Fakultät: Prof. Dr. Bernd Kortmann Datum der Fachprüfung im Promotionsfach Griechische Philologie: II

3 Sommario III 1. INTRODUZIONE Oggetto e scopi della ricerca La pragmatica Definizione e ambiti La pragmatica linguistica L influenza del contesto sulla parola: la deissi Fare cose con le parole: la teoria degli atti linguistici Implicatura e presupposizione Politeness e mitigazione Tra etnometodologia e linguistica: l analisi della conversazione Un approccio integrato all analisi della comunicazione e delle relazioni interpersonali Pragmatica e testo drammatico Pragmatica e filologia classica Comunicazione e relazioni interpersonali nella presente ricerca PRAGMATICA DEL DIALOGO Analisi della conversazione: il Dyscolos L apertura di conversazione L apertura nella conversazione reale Le aperture di conversazione nel Dyscolos Criteri di individuazione Elenco delle aperture Caratteristiche delle aperture di conversazione La chiusura di conversazione La chiusura nella conversazione reale Le chiusure di conversazione nel Dyscolos Criteri di individuazione Elenco delle chiusure Caratteristiche delle chiusure di conversazione Il sistema di avvicendamento dei turni nel Dyscolos 91 III

4 La successione dei turni nella conversazione reale Regole fondamentali del passaggio di parola Modalità di funzionamento del sistema L organizzazione delle preferenze Dalla forma al contenuto: l introduzione e il passaggio di argomento Il sistema di avvicendamento dei turni nel Dyscolos Criteri di applicazione Elenco dei dialoghi Caratteristiche del sistema di avvicendamento dei turni all interno dei dialoghi Passaggio di parola Struttura dei turni di conversazione Interruzioni, sovrapposizioni, riparazioni, ripetizioni Organizzazione delle preferenze Introduzione e cambiamento di argomento Caratteristiche dei dialoghi raccontati o immaginati Analisi della conversazione: la Samia L apertura di conversazione Elenco delle aperture Caratteristiche delle aperture di conversazione La chiusura di conversazione Elenco delle chiusure Caratteristiche delle chiusure di conversazione Il sistema di avvicendamento dei turni nella Samia Elenco dei dialoghi della Samia Caratteristiche del sistema di avvicendamento dei turni all interno dei dialoghi Passaggio di parola Struttura dei turni di conversazione Silenzi, sovrapposizioni, interruzioni, riparazioni, ripetizioni Organizzazione delle preferenze Il malinteso conversazionale Introduzione e cambiamento di argomento Caratteristiche dei dialoghi raccontati o immaginati 166 IV

5 2.3 FTA e politeness Politeness e interazione verbale Una teoria della politeness Problemi e sviluppi della teoria Osservazioni metodologiche sulla sua applicazione in questo studio Strategie di politeness Politeness positiva Politeness negativa Off recordness Agli estremi della politeness FTA e politeness nel Dyscolos Atti di richiesta, ordine, supplica Atti di consiglio e invito Atti di impegno e promessa Atti di offerta Atti di proposta Atti di rimprovero FTA e politeness nella Samia Atti di richiesta, ordine, supplica Atti di consiglio e invito Atti di impegno e promessa Atti di offerta Atti di proposta Atti di rimprovero COMPORTAMENTI INTERAZIONALI DEI PERSONAGGI Dyscolos Cnemone Sostrato Cherea Callippide Gorgia Samia Moschione 276 V

6 3.2.2 Demea Criside COMUNICAZIONE E RELAZIONI INTERPERSONALI Dyscolos Cnemone contro tutti I paradossi della δυσκολία di Cnemone. I: comunicare il rifiuto di comunicare I paradossi della δυσκολία di Cnemone. II: la gestione dei rapporti familiari Un cambiamento dopo l incidente? La scena della beffa nel V atto Samia Moschione e Demea Un rapporto quasi perfetto: padre e figlio nel monologo di Moschione Moschione e Demea tra realtà e faccia Parole e silenzi alla base dell equivoco La parola inefficace: il confronto tra padre e figlio fino allo scioglimento dell equivoco Un occasione persa La rabbia di Moschione all inizio del V atto Il mantello e la spada Il finale e i nodi irrisolti del rapporto padre-figlio Demea e Criside Il ruolo dell eponima Parole e silenzi di Demea e Criside Una vittoria silenziosa CONCLUSIONI 424 Tavola sinottica dei dialoghi del Dyscolos 429 Tavola sinottica dei dialoghi della Samia 430 Tabella 1 Elenco degli FTA 431 Tabella 2 Strategie di politeness 432 VI

7 Bibliografia 433 Zusammenfassung Hinweis: Eine leicht überarbeitete Version dieser Arbeit wird in absehbarer Zeit in Buchform erscheinen. VII

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9 I. INTRODUZIONE 1.1 Oggetto e scopi della ricerca In un epoca di crisi irreversibile della polis qual è quella in cui è attivo Menandro, la famiglia è divenuta nella percezione comune l essenziale contesto di riferimento dell azione dell uomo, che in essa trova massimamente la propria ragion d essere. E soprattutto questa la motivazione per cui le opere del commediografo ateniese come probabilmente gran parte della produzione comica a lui contemporanea sono caratterizzate sul livello della trama dalla centralità di rapporti familiari ed affettivi che nel corso dell azione drammatica vengono creati, mantenuti o ridiscussi nell impostazione e nei principi da cui sono informati 1. Così per citare alcuni esempi se in una delle vicende rappresentate si assiste alla delicata definizione della relazione tra un padre e suo figlio (Samia), un altra è dominata dall inquietante figura di un misantropo con il cui carattere si scontrano parenti e sconosciuti (Dyscolos), una terza vede una famiglia, scossa da un (presunto) lutto, dividersi tra le ragioni dell affetto e quelle del profitto e dell interesse personale (Aspis), mentre in altre rapporti di concubinato (Periciromene, Misumenos ma anche Samia) o di matrimonio (Epitrepontes) entrano in crisi e rischiano la rottura in seguito ad un equivoco. All interno della ricerca menandrea le relazioni interpersonali hanno di rado costituito un oggetto di studio indipendente. La considerazione riservata ai modi del loro funzionamento nelle commedie è stata infatti in passato notevolmente inferiore a quella ricevuta dal carattere dei singoli personaggi, crescendo soltanto negli ultimi anni soprattutto grazie a studi che, nell indagare i modi in cui le norme e le convenzioni della società ateniese dell epoca hanno condizionato lo svolgimento delle vicende comiche, hanno avuto modo di approfondire gli aspetti giuridici, sociali e talora financo politici dei rapporti umani intorno ai quali esse ruotano 2. Nonostante sia in questi sia in altri lavori sia stata riconosciuta l importanza che per lo sviluppo di tali rapporti riveste la comunicazione tra i loro membri, tanto che nell enfasi sull interazione umana 3 si è visto uno dei fondamentali criteri informatori dell arte di Menandro e che le difficoltà del comunicare sono state indicate come un importante motore dell azione drammatica nelle sue vicende 4, manca a tutt oggi uno studio sistematico dei meccanismi di funzionamento delle interazioni svolte all interno della 1 Sul nesso tra la vita cittadina dell epoca e le tematiche familiari e quotidiane affrontate nelle commedie cfr. Del Corno 1979, e Patterson 1998, Tra gli studi più estesi ricordo almeno Zagagi 1994, soprattutto e , Konstan 1995, e Lape Zagagi 1994, 66, la quale riferisce l espressione alla tendenza menandrea towards developing the personal relationships between his characters and promoting a solution to the plot complication through direct interaction between the dramatis personae (67). 4 Cfr. ad esempio Ireland 1994 (pubblicazione elettronica). 1

10 finzione drammatica che metta in luce come esse esprimano gli equilibri relazionali stabiliti tra i personaggi e contribuiscano, nelle diverse fasi di una vicenda, a mantenerli o modificarli. L aspetto interazionale delle relazioni tra i personaggi ha infatti tutt al più dato luogo, nella concreta analisi dei drammi, ad osservazioni sporadiche ed impressionistiche sui comportamenti comunicativi dispiegati dai loro membri in determinati momenti dell azione drammatica. Nel presente lavoro mi propongo appunto di contribuire a colmare l attuale vuoto, occupandomi di questo oggetto di indagine multidimensionale e dinamico nel Dyscolos e nella Samia, che delle commedie menandree pervenuteci sono quelle meglio conservate. Per affrontare questa tematica occorrerà innanzitutto appuntare lo sguardo sul primo dei due poli attorno ai quali essa si articola, quello dell interazione tra i personaggi, e dunque in particolare sul dialogo, che ne costituisce la forma principale. Il fondamentale ruolo rivestito dal dialogo nelle commedie menandree risulta facilmente comprensibile quando si rifletta sullo speciale rapporto esistente nel dramma tra linguaggio e azione, in base al quale il primo non si limita a riferirsi alla seconda, ad esempio raccontandola o commentandola, ma di solito la costituisce direttamente sulla scena identificandosi con essa: se è vero dunque che attraverso l agire parlante 5 dei personaggi la gran parte degli scambi verbali determina un progresso nell intreccio, appare chiaro che quando, come in Menandro, al centro dell azione sono le relazioni interpersonali, il dialogo diviene nella finzione drammatica lo strumento privilegiato attraverso il quale i partecipanti esprimono, negoziano o modificano le loro rispettive posizioni all interno di queste. Nella sua prima parte questa ricerca prenderà in esame la raffigurazione, nei dialoghi menandrei, dell azione comune compiuta generalmente dai partecipanti ad uno scambio verbale perché questo proceda e dei modi in cui ognuno esprime le proprie intenzioni comunicative al suo interno: riguarderà perciò gli atti in essi compiuti dai parlanti, i modi di apertura e di chiusura, le strategie che ciascuno utilizza per influenzarne lo sviluppo nel modo voluto (che può coincidere o no con quello cercato dall interlocutore), le reazioni di ognuno ai comportamenti del partner di interazione, l introduzione e la gestione dei temi in discussione, l insorgenza e il superamento di difficoltà comunicative. Se oggi, più che in passato, è possibile prendere in esame gli scambi verbali secondo questa prospettiva, ciò si deve senz altro ai significativi risultati che negli ultimi decenni sono stati raggiunti nello studio delle interazioni verbali da diverse discipline a cominciare dalla pragmatica, che, nata in ambito linguistico e filosofico nel secolo scorso, si occupa appunto di spiegare il funzionamento della lingua nei concreti processi comunicativi, giovandosi degli apporti provenienti da aree disciplinari diverse, dalla sociologia alla psicologia e all antropologia culturale 6. È per questa ragione che la mia ricerca attingerà ampiamente nell analisi dei dialoghi a categorie 5 Pfister 2000, Bertuccelli Papi 1993, 2. 2

11 elaborate in campo pragmatico come quelle di atto linguistico e di implicatura, a nozioni sociologiche e psicologiche ritenute ormai imprescindibili dai pragmatisti come quelle di faccia e posizione e a metodi e procedure di indagine delle interazioni verbali come quelli dell analisi conversazionale di matrice sociologica per comprendere come i partecipanti ai dialoghi agiscano reciprocamente attraverso il linguaggio nell occasione dello scambio verbale. I vantaggi dell applicazione di categorie e metodi sviluppati dalla pragmatica (e dalle discipline ad essa connesse) constatati nello studio degli scambi reali possono venire amplificati a proposito del dialogo drammatico, delle cui funzioni di azione la pragmatica risulta particolarmente atta a dare conto, purché si prendano in considerazione i complessi di problemi legati alle peculiarità possedute da quest ultimo rispetto alle interazioni reali. I risultati ottenuti attraverso l esame dei dialoghi costituiranno il punto di partenza per il lavoro dedicato al secondo polo dell indagine, quello delle relazioni interpersonali rappresentate nelle commedie. In questa seconda fase della ricerca, infatti, si seguirà l evolversi dei rapporti in cui sono coinvolti i personaggi principali nel corso di ogni vicenda, mettendo in evidenza come le regolarità e i cambiamenti mostrati dai loro comportamenti interazionali nella successione degli scambi verbali in cui sono coinvolti esprimano il funzionamento, i problemi, le eventuali trasformazioni e gli esiti delle relazioni che intrattengono. Tutto ciò sarà svolto ovviamente da una parte tenendo conto delle peculiarità e delle implicazioni sociali dei rapporti presi in esame (anche in questa sezione senza rinunciare al ricorso agli spunti provenienti dai moderni studi sulla comunicazione e sui rapporti interpersonali) e dall altra prestando attenzione alle caratteristiche specifiche dell intreccio e in genere ai condizionamenti imposti dalle norme del genere letterario. Da questa prospettiva si tenterà così di dare risposta a dibattute questioni interpretative relative ai rapporti posti al centro delle vicende considerate. A proposito del Dyscolos, si prenderà le mosse dai comportamenti assunti dal protagonista in interazione per esaminare come questi gli consentano di evitare di entrare in relazione con gli altri e come si ripercuotano sul rapporto con sua figlia, l unico che intende portare avanti, e sulla vita dei membri del suo oikos frantumato, e per comprendere in che cosa essi si modifichino dopo l incidente occorsogli e se raffigurino un mutamento non solo nella sua personalità ma anche nell avere a che fare con gli altri. Nel caso della Samia, l attenzione si rivolgerà in primo luogo alla relazione posta al centro dell intreccio, quella, apparentemente esemplare, tra il vecchio Demea e il figlio adottivo Moschione, che si incrina a causa di un equivoco: attraverso l analisi dei comportamenti comunicativi dispiegati vicendevolmente dai due, si cercherà di identificare con maggiore chiarezza i problemi da cui essa è afflitta e di affrontare la questione del suo epilogo; in seguito sarà trattato il rapporto tra lo stesso Demea e l etera Criside, che conosce nel corso dell azione una rottura ed una ricomposizione, 3

12 illustrando, anche in questo caso sulla base dei loro comportamenti interazionali, i termini dell una e dell altra. Da quanto affermato, si comprende come il mio sia uno studio-pilota, che utilizza un metodo composito e per molti aspetti nuovo per catturare un oggetto di indagine tanto accattivante quanto sfuggente: anche per questa ragione, ho ritenuto opportuno che precedessero l analisi delle commedie una presentazione degli ambiti e delle categorie fondamentali della pragmatica nonché dei contributi forniti da altre discipline allo studio delle interazioni verbali e dei rapporti umani, una riflessione sul rapporto tra la pragmatica e le caratteristiche del testo drammatico, una veloce rassegna delle applicazioni di metodi e nozioni della disciplina sinora svolte in filologia classica e in ultimo una più dettagliata descrizione della mia applicazione, che seguono il presente paragrafo andando a completare questa parte introduttiva. 4

13 1.2 La pragmatica Definizione e ambiti La prima definizione di pragmatica si deve al filosofo americano Charles Morris, che in uno scritto del 1938 la indica insieme a sintassi e semantica come una delle componenti della semiotica, precisando che mentre la sintassi è lo studio delle relazioni tra i segni e la semantica quello delle relazioni tra i segni e gli oggetti, la pragmatica si occupa dei rapporti tra i segni e i loro utenti 7. Se Morris estendeva l ambito della pragmatica ai sistemi di segni in generale e a gran parte dei fenomeni che intervengono nel loro funzionamento, nella successiva riflessione si è presto affermata la tendenza ad usare il termine in particolare a proposito del linguaggio 8. Applicando dunque a quest ultimo la definizione di Morris, si può facilmente comprendere l importanza, per la disciplina, della concreta situazione comunicativa nella quale i parlanti sono necessariamente immersi quando usano la lingua, o almeno di quelle tra le sue componenti che risultano rilevanti per quanto si dice. In ragione di ciò si afferma spesso anche che la pragmatica è lo studio della lingua in un contesto 9. Per contesto non si intende semplicemente la situazione oggettiva di proferimento di un enunciato, della quale fanno parte ad esempio l identità di parlante e interlocutore, il tempo e il luogo del proferimento, ecc.: esso comprende anche le dimensioni psicologica e sociale degli interlocutori, ossia la rete di credenze, intenzioni, attività, rapporti che li caratterizzano e ha perciò un carattere complesso e dinamico, in quanto suscettibile di continui cambiamenti 10. Da quanto detto emerge come la pragmatica sia necessariamente una disciplina al crocevia di diverse aree di ricerca, quali ad esempio la filosofia del linguaggio, la linguistica, la retorica, la semiotica, la sociologia, la psicologia. L ampiezza di nozioni come quelle, già richiamate nella sua definizione, di uso e contesto ha fatto sì che essa finisse col tempo per configurarsi come un vero e proprio conglomerato di ricerche volte a spiegare, in forme e modi anche tra loro molto distanti, il funzionamento della lingua nei processi comunicativi, ricerche che non sono soltanto linguistiche, ma si estendono a tutte le aree disciplinari poco prima ricordate. Soltanto da alcuni anni essa è impegnata nel tentativo di abbandonare questo status e trovare i propri fondamenti epistemologici, definire il proprio strumentario concettuale e porsi come sistema coerente di 7 Morris 1938, In Levinson 1993, e Bertuccelli Papi 1993, vengono presentate e discusse le più autorevoli concezioni di pragmatica. Sulla sua definizione cfr. anche Caffi 2002, e Bianchi 2003, Cfr. Bianchi 2003, 10, Kerbrat-Orecchioni 2000, Per la nozione di contesto e la differenziazione tra questo e la situazione comunicativa in generale cfr. van Dijk 1980,

14 conoscenza della lingua e dell uomo. In questo processo ancora in fieri si fronteggiano due opposte tendenze. Ad una visione piuttosto ristretta della disciplina, che l ha collocata al gradino più alto di una scala gerarchica ospitante tutte le branche della linguistica, dalla fonologia alla semantica, individuandone il dominio nell attribuzione del significato effettivo all interno del contesto d uso e dunque ritenendola complementare alle altre 11, se ne è infatti presto contrapposta una più generale, che intende la pragmatica come una prospettiva in grado di spiegare i fenomeni linguistici osservabili a vari livelli correlandoli ai tratti contestuali, dunque come la cornice entro la quale inserire tutte le altre discipline linguistiche 12. Se il primo modo di concepire la pragmatica la vede come studio di determinate tematiche legate alle influenze che il contesto e il linguaggio possono reciprocamente esercitare l uno sull altro, quali la deissi, gli atti linguistici, i significati impliciti dell enunciato, il secondo, pur riconoscendo la centralità di questi argomenti, ritiene che essi non esauriscano l ambito della disciplina, la quale non può trascurare nessuno dei campi in cui si articola lo studio del linguaggio ma deve esaminarli tutti dal punto di vista del processo comunicativo al fine di rendere conto di alcune loro fondamentali dimensioni altrimenti difficili da cogliere. Da quest ultima visione procedono, sempre più numerosi e seguiti, i tentativi di rendere la pragmatica una teoria generale del sistema comunicativo nel cui àmbito diverse dimensioni convergono e interagiscono 13, ossia non solo quelle linguistiche e retorico-stilistiche, ma anche quelle antropologiche, sociologiche e psicologiche. Criterio unificante di queste prospettive è una considerazione a tutto tondo del soggetto parlante, che nell uso del linguaggio mette in campo dimensioni plurime, da quella fisica a quella sociale, a quella cognitiva e a quella affettiva, che non possono essere ignorate se non si intende fare di esso un semplice simulacro formale 14. Se su un piano teorico si cerca perciò di stabilire i punti di raccordo tra le diverse discipline richiamate, ritenendo di non poter prescindere da nozioni elaborate in campo sociologico come quella di faccia 15 nella riflessione sulla costituzione del significato degli enunciati e riconoscendo l agire simultaneo di fattori sociali e psicologici nella produzione e nella strutturazione di un atto linguistico, nella pratica dell analisi delle interazioni verbali, nelle quali massimamente i soggetti costruiscono e negoziano le rispettive identità, si accolgono frequentemente i metodi e i risultati di 11 Questa concezione componenziale della pragmatica è vicina a quella che vede nella pragmatica il waste-paper basket (Bar-Hillel 1971) della semantica, destinandola a quell insieme di fenomeni che oltrepassano il dominio della semantica (cfr. Bertuccelli Papi 1993, 96-97). 12 Questa visione della disciplina è nota come prospettica (Bertuccelli Papi 1993, 98 e sgg.). 13 Caffi 2001, I. Favorevoli ad una visione ampia della pragmatica sono anche Bertuccelli Papi 1993, e Mey 2001, Cfr. Bertuccelli Papi, in particolare 302 e Caffi 2001, 1-11, e Di questa nozione parlerò diffusamente infra, 26 e

15 approcci nati in ambiti esterni alla linguistica, come ad esempio quelli dell analisi conversazionale di matrice etnometodologica 16. In ogni caso, appare utile illustrare i temi finora privilegiati dall indagine pragmatica, a proposito dei quali essa ha raggiunto molti dei suoi risultati più originali e interessanti, per mostrarne dettagliatamente la novità rispetto agli approcci tradizionali al linguaggio La pragmatica linguistica Quella che segue è una presentazione al tempo stesso teorica e storica: ritengo infatti necessario situare le molteplici aree di interesse della disciplina nei diversi contesti storico-culturali in cui si sono sviluppate, al fine di cogliere in profondità le ragioni delle prospettive da esse adottate sul linguaggio, spesso tra loro notevolmente differenti, e prendere in esame le possibilità e i tentativi di conciliazione. In ragione della duplice pretesa di completezza e sinteticità, quest introduzione andrà inevitabilmente incontro a semplificazioni, che, forse difficilmente accettabili nell ambito della riflessione teorica sulla disciplina, possono a mio parere ritenersi legittime nel presente tentativo, tutto sommato pionieristico anche se successivo ad altri di taglio e portata vari, di applicare alcuni dei suoi risultati allo studio del teatro e della letteratura antichi 17. Le note corredanti questa introduzione contengono comunque i principali riferimenti bibliografici relativi a questo o quel problema specifico. Nel seguito dello studio, inoltre, ogni momento dell applicazione sarà preceduto da una trattazione dettagliata dei concetti e dei temi della pragmalinguistica considerati, nella quale affronterò anche, pur senza perdere di vista le finalità di questa ricerca, alcuni tra i numerosi dibattiti apertisi tra gli studiosi relativamente alla loro interpretazione e al loro impiego, chiarendo e motivando le scelte da me di volta in volta operate in proposito L influenza del contesto sulla parola: la deissi Uno dei fenomeni linguistici che rappresentano in modo più evidente l intervento del contesto nella determinazione del contenuto degli enunciati del linguaggio naturale è la deissi 18. Per decodificare segni deittici come questo, io, qui, ora ecc. occorre necessariamente conoscere le coordinate contestuali in cui essi sono proferiti, date dal soggetto che parla e dalle sue intenzioni, 16 Alla discussione sulla possibilità di includere l analisi conversazionale nella pragmatica farò cenno infra, Di essi parlerò infra, La deissi costituisce uno degli ambiti più contesi tra semantica e pragmatica. Per una discussione dell argomento e una presentazione chiara e sintetica dei metodi di spiegazione del funzionamento delle espressioni deittiche cfr. Bianchi 2003,

16 dal luogo e dal tempo del proferimento 19. La deissi viene generalmente distinta in tre categorie fondamentali, che sono quelle della persona, del luogo e del tempo. Per deissi della persona si intende l insieme delle espressioni che codificano nella grammatica il riferimento al ruolo dei partecipanti in uno scambio comunicativo: ne fanno parte i pronomi personali, gli aggettivi e i pronomi possessivi e la morfologia verbale. Tra i pronomi, la prima persona codifica il ruolo del parlante, la seconda quella di uno o più interlocutori, la terza quella di persone o entità che non sono né parlanti né interlocutori. Quest ultima è comunque diversa dalle prime due, in quanto non corrisponde a nessun ruolo specifico riguardo alla partecipazione all evento comunicativo. Inoltre, il plurale non si applica alla prima persona allo stesso modo che alla terza: noi non indica infatti più di un parlante, mentre essi si riferisce a più di un entità di terza persona. In molte lingue inoltre esistono sistemi pronominali più ricchi che ad esempio in italiano o in inglese. Tra le altre, il greco antico sovrappone alle differenze di persona già illustrate quelle fondate sulla pluralità con il numero duale. In molte altre lingue, inoltre, sono attestati due pronomi plurali di prima persona, di cui uno è inclusivo e l altro esclusivo dell interlocutore. In altre ancora, i sistemi pronominali sono particolarmente ricchi poiché distinguono il sesso del parlante, lo stato sociale della persona cui ci si riferisce, il grado di intimità con quest ultima, ecc. Oltre ai pronomi e alla concordanza dei predicati, esistono altri modi per contrassegnare la persona dei partecipanti. Ad esempio i titoli e i termini di parentela spesso appartengono a due insiemi ben differenziati, l uno per l uso appellativo e l altro per l uso referenziale. Altre volte capita invece che soltanto una parte dei nomi di questo tipo usati referenzialmente possa essere usata anche per rivolgersi all interlocutore (si pensi all italiano cugino, generalmente non trovato come vocativo). I vocativi sono di per sé interessanti, in quanto sintagmi nominali che si riferiscono all interlocutore senza essere incorporati nella sintassi dell enunciato in cui compaiono. Essi vengono distinti in appelli e allocuzioni. I primi servono a chiamare una persona o a individuarla all interno di un gruppo, occorrendo in modo naturale all inizio di un enunciato e anzi spesso all inizio di un discorso e costituendo atti indipendenti. Quanto alle seconde, esse sono parentetiche e possono comparire in tutte le posizioni. Le allocuzioni possono essere sempre usate come appelli, mentre non tutte le forme di appello possono funzionare come allocuzioni 20. Il ruolo dei partecipanti può inoltre essere codificato in modo differente a seconda del tipo di interazione: ad esempio, quando un interazione non è faccia a faccia il modo il cui il parlante si autointroduce può cambiare anche riguardo ai verbi e alle persone usate. I due ruoli fondamentali 19 La mia presentazione attinge abbondantemente a quelle dei manuali di pragmatica citati (in particolare Bianchi 2003, e soprattutto Levinson 1993, ). 20 Per l opposizione tra appello e allocuzione cfr. Zwicky 1974,

17 dei partecipanti (parlante e ascoltatore) non sono inoltre sempre gli unici ad essere differenziati grammaticalmente, poiché diverse lingue modificano l uso dei dimostrativi e il punto di vista a seconda dei presenti all evento comunicativo anche quando essi non vi partecipano o non sono destinatari dell enunciato che si sta proferendo. La deissi spaziale codifica la collocazione spaziale rispetto alla posizione di chi parla, segnalando in genere almeno la distinzione tra prossimale e distale (ossia rispettivamente vicino e lontano dal parlante, come in greco ὅδε e οὗτος, indicanti ciò che è vicino a chi parla, dei quali il primo è riferito in particolare a ciò che è presente e può essere visto e indicato, posti in opposizione ad ἐκεῖνος, riferito a ciò che è lontano), ma potendo in diverse lingue contenere anche indicazioni più precise (codificando ad esempio anche la distanza dall interlocutore, come avviene in latino con hic, iste e ille, o in italiano con questo, codesto, quello ). Alcuni verbi presentano costituenti intrinseci di tipo deittico: si pensi ad esempio all opposizione presente in italiano tra venire e andare, distinti in base alla direzione del movimento rispetto ai partecipanti all evento comunicativo. Un uso interessante della deissi di luogo è quello empatico, che consiste ad esempio nel passaggio da quello a questo per manifestare vicinanza emotiva o in quello opposto per mostrare distacco. Questa deissi empatica 21 riveste, come si può immaginare, una certa importanza per l esame dei rapporti tra parlante e interlocutore (o interlocutori) nel corso di un interazione verbale, dato che fornisce spesso preziose indicazioni sul grado di distanza emotiva che li separa e ha evidenti ricadute interazionali. Essa mostra come oltre a rappresentare, come si è detto, un esempio di influenza del contesto sulla parola, l uso della deissi possa costituire anche uno dei modi in cui la parola trasforma il contesto 22. Le espressioni deittiche temporali codificano punti e intervalli di tempo relativamente al momento in cui è stato prodotto un enunciato. Essi comprendono avverbi e avverbiali di tempo ( ieri, oggi, ora, un mese fa ) e i tempi verbali. Come per gli altri tipi di deittici, l uso di quelli temporali richiede una competenza insieme linguistica e culturale, poiché le società hanno diversi sistemi di categorizzare, misurare e suddividere il tempo (ci sono lingue che hanno lo stesso termine per indicare il giorno del proferimento e il giorno prima, lingue che codificano con deittici non solo i giorni immediatamente vicini a quello del proferimento, ecc.). Anche riguardo alla deissi temporale possono esserci slittamenti del punto di vista: in latino e in greco ad esempio esistono i tempi epistolari, con i quali il parlante pone come centro deittico non il tempo in cui ha codificato gli enunciati di una lettera, ma quello di ricezione della stessa, assumendo dunque il punto di vista del destinatario. Va inoltre notato che la deissi temporale è in grado di condizionare altri elementi 21 Lyons 1977, La deissi empatica è per le ragioni indicate alla base di comuni strategie di politeness. Per questo ne parlerò più diffusamente nella presentazione dettagliata della mitigazione degli atti linguistici infra,

18 deittici di una lingua, come ad esempio i saluti: si pensi all italiano buongiorno e buonanotte, usati non soltanto in momenti diversi, ma anche in fasi diverse di un incontro (ossia all inizio il primo e alla fine il secondo). A queste categorie fondamentali si aggiungono generalmente quelle della deissi testuale e della deissi sociale. La deissi del discorso o testuale codifica il riferimento a segmenti del discorso in cui si situa l enunciato. Concerne pertanto l uso, all interno di un enunciato, di espressioni che si riferiscono ad una parte del discorso che contiene quell enunciato 23. Essa non possiede espressioni specifiche, ma utilizza generalmente espressioni tipiche della deissi temporale o di quella spaziale ( qui, ora, prima, sopra, ecc.). La deissi sociale, infine, codifica le differenze sociali relativamente ai ruoli dei partecipanti e soprattutto gli aspetti delle relazioni sociali che legano un parlante ai suoi interlocutori o alle persone cui si riferisce. Molte lingue registrano distinzioni di grado estremamente sottili tra le posizioni sociali che legano il parlante e l interlocutore. Queste si trovano spesso codificate nella morfologia ma si manifestano regolarmente anche nei vocativi e nella scelta dei pronomi: si pensi ad esempio alla distinzione tra pronomi familiari come quello di seconda persona singolare e pronomi di rispetto quali ad esempio in alcune lingue la seconda persona plurale (si pensi al francese vous ) e in altre la terza singolare o plurale (come rispettivamente l italiano Lei e il tedesco Sie ). In alcune lingue i ruoli sociali dei partecipanti ad un interazione possono essere codificati anche in altri aspetti del sistema linguistico (ad esempio nelle scelte lessicali, nella morfologia con particelle e affissi, nella prosodia, ecc.). Le forme del sistema verbale e pronominale codificanti i rapporti tra parlante e interlocutore note come onorifici sono numerosissime nelle lingue asiatiche, nelle quali nessuna frase potrebbe ricevere una descrizione linguistica completa senza il ricorso alla deissi sociale. Di particolare interesse è inoltre la deissi che riguarda il rapporto tra parlante e situazione. Quasi tutte le lingue presentano infatti un uso diverso a seconda del livello di formalità della situazione, ma in alcune questa distinzione è grammaticalizzata in modo stabile. Poiché la deissi sociale, oltre a identificare la persona del destinatario, ha la capacità di indicare la posizione occupata nel contesto sociale in cui parlante e destinatario sono immersi, essa ha bisogno di essere non soltanto percepita, ma anche accettata Per la problematica differenziazione tra deissi testuale e anafora cfr. Levinson 1993, (che in linea di principio indica così la distinzione: quando si riferisce ad un espressione linguistica (o parte di discorso), il pronome ha funzione deittico-testuale; quando si riferisce alla stessa entità di un espressione linguistica precedente, il pronome è anaforico (97)). 24 Sulle forme di address e la deissi sociale in generale cfr. anche Mey 2001, , che a proposito della deissi sociale in alcune lingue antiche osserva: The earlier languages of the Indo-European family did not have a distinctive possibility of showing respect through the use of lexical or morphological categories: thus Cicero expostulating with Catiline in the Roman senate, the dying Caesar speaking to his assassin Brutus, the ghost of father Anchises addressing 10

19 Come si è visto, i sistemi deittici delle lingue naturali non sono organizzati arbitrariamente intorno a tratti di uno qualsiasi dei numerosi mezzi e contesti d uso della lingua. Viene invece assunta come punto di riferimento l interazione faccia a faccia: per questa ragione la deissi costituisce l espressione più evidente del fatto che le lingue naturali sono principalmente caratterizzate per essere usate nello scambio verbale diretto. Un altra caratteristica generalmente (ma non sempre) vera della deissi è il suo carattere egocentrico, ossia organizzato intorno alla persona del parlante, alla sua collocazione spaziale, al momento in cui prende la parola, al punto del discorso in cui si trova nel corso della produzione del suo enunciato, al suo status sociale e al rapporto tra questo e quello degli interlocutori e delle entità cui si fa riferimento. Le espressioni deittiche possono avere un utilizzazione gestuale o simbolica. La prima fa sì che certi termini possano essere interpretati soltanto con riferimento ad un controllo sensoriale dell evento comunicativo (ad es. in greco ciò accade spesso col pronome-aggettivo ὅδε, indicante ciò che appare vicino o è comunque in vista rispetto alla persona del parlante), mentre la seconda richiede semplicemente, per essere interpretata, la conoscenza dei parametri fondamentali dell evento comunicativo (ciò che accade con gli altri pronomi dimostrativi). Le stesse espressioni sono tuttavia anche soggette ad usi non deittici (si pensi ad es. all uso del tu generico, ecc.) Fare cose con le parole: la teoria degli atti linguistici Alle origini della pragmatica è la riflessione sugli usi del linguaggio sviluppatasi nel corso del Novecento 25, la quale dà i suoi frutti in filosofia prima ancora che in linguistica, conducendo l oxoniense John L. Austin, esponente della filosofia del linguaggio ordinario 26, a soffermarsi sugli impieghi della lingua diversi dalla semplice rappresentazione di condizioni e stati del reale. Partendo dalla differenziazione aristotelica tra discorso apofantico e non apofantico, ossia tra enunciati assertivi, suscettibili di una valutazione in termini di verità o falsità, ed enunciati che, Aeneas (Vergil, Aen. VI :851), Horace rejoicing in his former lover Lyce s lost looks (Od. IV:xiii) and Yeshua Ha- Nostri (alias Jesus the Nazarene ) confounding Pilate (in Mikhail Bulgakov s The Master and Margarita) all use the uniform Latin mode of addressing a singular interlocutor, viz., tu you (sg.) : tu Catilina, tu Brute, tu Romane, tu Lyce, tu Pilate (272). 25 Conte 1983, individua le tre ragioni fondamentali della nascita e dello sviluppo della pragmatica linguistica nella riflessione filosofica sulle funzioni e sugli usi del linguaggio, nella reazione ad una carenza della grammatica generativa, che, concentrata sulla sintassi, non considera la molteplicità delle funzioni di linguaggio né la rilevanza della situazione di discorso, e nella nascita della linguistica testuale, che ha operato due estensioni del dominio della linguistica, quella al co-testo dell enunciato e quella al contesto pragmatico del testo. Una trattazione più ricca ma al contempo piuttosto agevole delle origini filosofiche della pragmatica è contenuta in Bianchi 2003, Sullo sviluppo del termine pragmatica si sofferma Levinson 1993, Per una presentazione sintetica della filosofia del linguaggio ordinario, che sviluppa rispetto alla tradizione precedente una prospettiva nuova relativamente al linguaggio naturale, apprezzandone la ricchezza e il potere espressivo, e dei suoi esponenti cfr. Bianchi 2003,

20 come la preghiera, non possono invece essere valutati secondo questi criteri 27, Austin traccia una distinzione tra enunciati constativi, descriventi stati del mondo (ad es. Il gatto è sotto il tavolo ), ed enunciati performativi, utilizzati per compiere atti regolati da norme, istituzioni o consuetudini sociali (ad es. Scommetto mezzo scellino che domani pioverà o Sì, pronunciato dagli sposi ad un dato momento della cerimonia nuziale) 28. In una prima fase della sua riflessione, il filosofo inglese riteneva possibile isolare i performativi in una classe ben definita da un punto di vista grammaticale e lessicale. Li vedeva infatti caratterizzati dalla presenza di determinati verbi alla prima persona dell indicativo presente attivo e come si è visto sosteneva che, anziché veri o falsi, potessero essere soltanto riusciti o non riusciti, ossia compiere effettivamente gli atti per cui vengono impiegati o fallire in seguito alla violazione di regole (o condizioni) di tre tipi, riunite nei seguenti gruppi: condizioni A= Deve esistere una procedura convenzionale accettata, consistente nel pronunciare certe parole da parte di determinate persone in certe circostanze, che ha come effetto convenzionale il compimento dell atto e deve essere applicata in modo adeguato, cioè dalle persone indicate e in circostanze appropriate. L atto può fallire perché la procedura convenzionale invocata nel compiere l atto non esiste (ad es. nelle società occidentali non ha alcun effetto giuridico dire alla propria moglie Divorzio da te, poiché l atto sociale o giuridico del divorzio non viene effettuato tramite atto linguistico, mentre in alcune società musulmane la procedura è invece proprio questa), oppure perché la procedura convenzionale non viene usata nelle circostanze previste (la frase che realizza il matrimonio, ad es., non ha senso se non pronunciata dinanzi alle autorità che possono celebrarlo); condizioni B= La procedura deve essere eseguita in modo corretto e completo. L atto può dunque fallire in seguito a difetti o lacune nella procedura (ad es. se, quando ho annunciato che scommetterò su un fatto, nessuno raccoglie la scommessa, con una frase come Ci sto ); condizioni Γ 29 = Qualora la procedura sia destinata all impiego da parte di persone aventi certi pensieri o sentimenti o all inaugurazione di un certo comportamento consequenziale da parte di qualcuno degli interessati, allora chi si richiama alla procedura deve effettivamente avere quei pensieri o quei sentimenti e i partecipanti devono avere l intenzione di seguire quel comportamento 27 Aristot., Int. 17a (ἔστι δὲ λόγος ἅπας µὲν σηµαντικός, οὐχ ὡς ὄργανον δέ, ἀλλ ὥσπερ εἴρηται κατὰ συνθήκην ἀποφαντικὸς δὲ οὐ πᾶς, ἀλλ ἐν ᾧ τὸ ἀληθεύειν ἢ ψεύδεσθαι ὑπάρχει οὐκ ἐν ἅπασι δὲ ὑπάρχει, οἷον ἡ εὐχὴ λόγος µέν, ἀλλ οὔτ ἀληθὴς οὔτε ψευδής. οἱ µὲν οὖν ἄλλοι ἀφείσθωσαν, ῥητορικῆς γὰρ ἢ ποιητικῆς οἰκειοτέρα ἡ σκέψις, ὁ δὲ ἀποφαντικὸς τῆς νῦν θεωρίας). 28 Austin 1987, La motivazione dell indicazione del terzo gruppo di ragioni di cattiva riuscita di un atto performativo (corrispondente in negativo al terzo gruppo di condizioni di felicità dello stesso) con una lettera dell alfabeto greco risiede nel fatto che Austin le ritiene di ordine diverso rispetto alle altre: se queste ultime (quelle dei gruppi A e B) determinano la non riuscita dell atto, quelle del gruppo Γ non annullano l atto, ma lo rendono semplicemente insincero. È per questo che Austin etichetta i primi due tipi di infelicità come colpi a vuoto e l ultimo come abuso (Austin 1987, 17-19). 12

21 e in seguito devono effettivamente adottarlo. La procedura convenzionale è viziata se viene usata senza che si abbiano i pensieri, i sentimenti e le intenzioni richiesti dalla procedura stessa o anche quando i partecipanti non si comportano in seguito in modo conforme all atto eseguito. Anche se in questi casi l atto è tecnicamente valido, si possono far valere considerazioni di insincerità per poterlo annullare. In seguito lo stesso Austin si accorse che anche le asserzioni, che aveva precedentemente classificato come constativi, erano soggette a condizioni di felicità, ad esempio rispetto a quanto implicano logicamente, a quanto danno per implicito o a quanto presuppongono: quando si producono asserzioni contraddittorie, insincere o presupponenti fatti non veri si dirà che esse sono infelici o nulle piuttosto che false. La distinzione precedentemente proposta tra constativi e performativi venne dunque annullata da Austin, il quale si dedicò invece all elaborazione di una teoria generale degli atti che è possibile compiere con un enunciato 30. Egli distinse tre tipi di atto che è possibile compiere simultaneamente proferendo un enunciato: l atto locutorio, l illocutorio e il perlocutorio. Atto locutorio= E il fatto di dire qualcosa, il proferimento di un espressione ben formata sintatticamente e dotata di un significato (ossia esprimente un riferimento e una predicazione). Atto illocutorio= Corrisponde all azione che viene effettivamente compiuta nel pronunciare l atto locutorio, determinata dalla sua forza, ossia dalla funzione comunicativa che assume in un determinato contesto. Lo stesso enunciato (ad es. Lascia perdere! ), pur mantenendo uguale significato, può avere il valore di comando, consiglio, richiesta, sfida ecc. L atto illocutorio è convenzionale, in quanto risulta esplicitabile attraverso formule come ad es. le frasi performative esplicite Io ti ordino/consiglio/supplico, ecc.. Atto perlocutorio= Riguarda gli effetti ottenuti dall atto illocutorio, le conseguenze psicologiche o comportamentali dello stesso, intenzionali o meno. Ad esempio se il consigliare è, come abbiamo detto, un atto illocutorio, il convincere è invece una perlocuzione. Le conseguenze perlocutorie dei nostri atti illocutori dipendono dalle specifiche circostanze in cui l atto viene compiuto e non sono sempre programmabili in quanto non convenzionali 31. Con un atto di avvertimento posso infatti ottenere l effetto di mettere in guardia una persona ma anche quello di allarmarla, di spaventarla o al contrario di divertirla. Per questo gli effetti perlocutori si distinguono 30 Austin 1987, 42, 52-62, Austin 1987, 77 ritiene che la convenzionalità dell atto illocutorio sia ciò che primariamente lo differenzia da quello perlocutorio: si può dire che il primo sia convenzionale, nel senso che lo si potrebbe per lo meno rendere esplicito attraverso la formula performativa, mentre ciò non si potrebbe fare con il secondo. Così possiamo dire «io sostengo che» o «io ti avverto che» ma non possiamo dire «io ti convinco che» o «io ti allarmo che». Inoltre, possiamo chiarire del tutto se qualcuno ha sostenuto una tesi o meno senza accennare alla questione se ha convinto qualcuno o no. 13

22 in obiettivi perlocutori, rappresentati dagli effetti programmati di un certo dire, e seguiti perlocutori, costituiti invece da quelli non previsti 32. Al fine di classificare le possibili forze illocutorie degli enunciati, Austin redige un elenco di verbi inglesi capaci di rendere esplicita la forza di un enunciato e di chiarire quale atto illocutorio si sta eseguendo nel proferire quell enunciato. Egli riunisce questi verbi nei seguenti cinque gruppi: 1) verdettivi, consistenti nell emissione di un giudizio, per esempio da una giuria (assolvere, valutare, diagnosticare, riconoscere colpevole, ecc.); 2) esercitivi, svolti nell esercizio di un potere, di un diritto, di un influenza (ad es. nominare, ordinare, abolire, consigliare, dichiarare qualcosa chiuso o aperto, concedere, supplicare, chiedere, decretare, proclamare, pregare, dare nome, scomunicare, avvertire, condannare); 3) commissivi, caratterizzati dal fatto di impegnare chi li pronuncia ad una certa condotta (come promettere, impegnarsi, incaricarsi di, giurare di, scommettere, schierarsi per), ecc.; 4) comportativi, i quali includono la nozione di reazione ai comportamenti degli altri (ad es. scusarsi, ringraziare, dolersi, felicitarsi, criticare, (dis)approvare, salutare, benedire, augurare, sfidare); 5) espositivi, attraverso i quali si illustrano opinioni, si chiariscono ragioni, si portano avanti argomentazioni (ad es. affermare, negare, classificare, obiettare, replicare, domandare, menzionare, ecc.). La classificazione di Austin risulta, come egli stesso ammette nel presentarla 33, imperfetta anche per la possibile sovrapposizione delle categorie individuate. Per questo negli anni successivi sarà sottoposta a critiche e sostituita da altre classificazioni. La novità più interessante della teoria di Austin, che ha resistito a molte critiche e costituisce ancora oggi la base per la riflessione sugli atti linguistici, è senza dubbio rappresentata dalla nozione di illocuzione (o atto illocutorio), in precedenza ignota nella riflessione sulla lingua o comunque da essa trascurata. Gli scritti di Austin divennero presto, anche dopo la sua scomparsa, la base di una riflessione sugli atti linguistici il cui sviluppo si deve soprattutto al filosofo americano John R. Searle. Sicuramente influenzato dagli orientamenti filosofici e linguistici vigenti negli Stati Uniti negli anni 60 34, Searle dà degli atti una caratterizzazione linguistica: dopo averli assunti come fondamento della comunicazione linguistica 35, ne individua le condizioni di realizzazione in forma di regole che ascrive alla competenza linguistica dei parlanti. Le regole che devono essere rispettate per potere utilizzare l indicatore di forza illocutoria in modo appropriato sono le seguenti: 1) una regola legata al contenuto proposizionale dell enunciato 32 Austin 1987, Austin 1987, 110 e Per il rapporto tra la visione di Searle e i paradigmi filosofici e linguistici forti in America negli anni 60 (in particolare il generativismo) cfr. Bertuccelli Papi 1993, e Caffi 2002, Searle 1976: ogni comunicazione linguistica comporta atti linguistici e gli atti linguistici sono le unità minime o di base della comunicazione linguistica (40). 14

23 in cui si trova l atto (ossia a ciò che viene detto in esso): ad esempio per eseguire una promessa occorre che l enunciato predichi un atto futuro del parlante, mentre per eseguire un ringraziamento l enunciato deve predicare un atto passato dell interlocutore; 2) una regola includente le condizioni preparatorie di un atto, cioè quelle che motivano o rendono possibile il compimento dell atto: ad esempio, sono condizioni preparatorie di una promessa il fatto che l ascoltatore preferisce che il parlante compia l atto e che il parlante ne sia informato ma anche il fatto che non è ovvio che il parlante avrebbe fatto ciò che promette anche senza prometterlo; sono condizioni preparatorie di una richiesta il fatto che l ascoltatore è in grado di compiere l azione richiesta e il parlante lo sa e il fatto che non è ovvio che l ascoltatore compia l azione richiesta spontaneamente, senza cioè l atto di richiesta; 3) una regola di sincerità, costituita dalla sincerità degli stati psicologici espressi nei diversi atti (ad esempio nelle richieste il desiderio che l ascoltatore compia l azione che gli viene richiesta, nelle promesse l intenzione del parlante di compiere l azione promessa, ecc.); 4) una regola essenziale, la quale fa sì che l enunciazione di promesse, richieste, ordini, ecc. conti come esecuzione di questi atti 36. In seguito Searle tenta una nuova classificazione degli atti illocutori in sostituzione di quella austiniana, da lui fortemente criticata. A tale scopo distingue quelle che a suo parere sono le dimensioni di variazione degli atti illocutori, individuandone almeno dodici, tra le quali ad esempio quella dello scopo illocutorio (che per la richiesta consiste nel tentativo di indurre il destinatario a fare qualcosa, per la promessa nell assunzione, da parte del parlante, di un impegno a fare qualcosa, ecc.) 37, quella della direzione del vettore di adattamento (in quanto alcune illocuzioni, come l asserzione, tendono ad adattare le parole al mondo, mentre altre, come la promessa e la richiesta, tendono all opposto ad adattare il mondo alle parole), quella degli stati psicologici espressi (ad es. credenza nella affermazione, intenzione nella promessa, volere o desiderio nella richiesta e nell ordine, ecc.), e ancora quelle dell intensità con cui si presenta lo scopo illocutorio, dell influsso che le differenze di status tra parlante e interlocutore possono esercitare sulla forza illocutoria, delle differenze relative al rapporto dell enunciato con gli interessi degli interlocutori, e così via. Sulla base di queste dimensioni (soprattutto delle prime tre, che ritiene le più importanti) egli distingue le seguenti cinque classi di illocuzione: 1) rappresentativi: sono gli atti linguistici con cui si esprimono le proprie credenze sul mondo (affermare, asserire, credere, ecc.). Usandoli il parlante cerca di adattare le sue parole al mondo e si impegna alla verità di quanto afferma; 36 Searle 1976, È importante chiarire che secondo Searle lo scopo illocutorio non si identifica con la forza illocutoria, ma ne è soltanto una componente. Ad esempio, come lo stesso autore precisa, la richiesta e il comando hanno lo stesso scopo illocutorio ma differiscono quanto alla forza (Searle 1978a, 170). 15

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