DIPARTIMENTO CARDIOCIRCOLATORIO IPERTENSIONE - ARITMIA
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1 CORTE DI GIUSTIZIA POPOLARE PER IL DIRITTO ALLA SALUTE III CONGRESSO NAZIONALE IL DIRITTO ALLA SALUTE: UN DIRITTO INALIENABILE CRITICITA A CONFRONTO COMMISSIONE TECNICA NAZIONALE DIPARTIMENTO CARDIOCIRCOLATORIO FederAnziani - Corte di Giustizia Popolare per il Diritto alla Salute Via Orazio, Roma - Tel Fax C.F: segreteria.presidenza@federanziani.it - segreteria@cortegiustiziapopolare.it -
2 Le patologie cardiovascolari causano 17 milioni di morti l anno, circa un terzo delle morti totali in tutto il mondo. Secondo quanto riportato dalla World Health Organization (WHO), circa l 80% delle morti dovute a malattie cardiovascolari si verifica nei Paesi a basso-medio reddito, il cui tasso di mortalità standardizzato è più alto di quello dei Paesi sviluppati. Nel 2008, secondo i dati pubblicati dalla WHO, la Francia è stata la nazione europea con il tasso standardizzato di mortalità per malattie cardiovascolari più basso fra i Paesi considerati (Figura 3). In Europa e in Italia, nel 2010, le principali cause di morte per gli over 65 sono state le patologie circolatorie, come le patologie ischemiche del cuore e le malattie cerebrovascolari. Secondo l Istat il tasso standardizzato provvisorio di mortalità per queste patologie nel 2010 è stato 20,9 per abitanti. In Italia è stato fra i più bassi d Europa essendo stato pari a 16, mentre in Bulgaria è stato il più alto (61,7). Il più basso è stato quello della Francia (11,5). Quello della Germania è stato proprio pari alla media europea (20,9). Nel 2011 la mortalità standardizzata per malattie ischemiche del cuore, secondo l OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), è stata, per abitanti, 85 in Italia, 48 in Francia, 115 in Germania ed in media in tutti i Paesi OCSE 122. I Paesi dell Europa centro-orientale riportano i tassi più alti (Figura 1). Per quanto riguarda le malattie cerebrovascolari, i tassi di mortalità variano molto da Paese a Paese. Nel 2011 l Ungheria e la Repubblica Slovacca hanno riportato una mortalità tre volte più alta della Svizzera e della Francia (Figura 2). In Italia, le malattie cardiocircolatorie costituiscono uno dei più importanti problemi di salute pubblica: esse sono tra le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità. Nel 2012 le malattie e i disturbi dell apparato cardiocircolatorio sono state la ragione del maggior numero di ricoveri in regime ordinario (il 14,6% del totale) e di conseguenza del maggior numero di giornate di degenza ( ). Al fine di comprendere la portata di queste patologie, questo dato è di fondamentale importanza per due motivi. In primo luogo perché il ricorso al regime di ricovero ordinario è preposto al trattamento di malattie di tipo grave, in secondo luogo in quanto il ricorso a questa tipologia di assistenza (appunto il ricovero in regime ordinario) origina buona parte della spesa sanitaria pubblica totale. A tal proposito, osservando dal Rapporto SDO (Schede di Dimissione Ospedaliera) 2012 la distribuzione percentuale della remunerazione teorica per MDC (Major Diagnostic Categories) delle attività per acuti 2/9
3 in regime ordinario, emerge che la quota più consistente è quella originata da questa categoria, pari a più del 19% del totale. Le malattie cardiovascolari, inoltre, sono fra le maggiori determinanti delle malattie legate all invecchiamento, producendo disabilità fisica e disturbi della capacità cognitiva con notevoli ripercussioni sulla qualità della vita e sui costi economici e sociali che la società deve affrontare. Nel 2013, in Italia, 3,7 persone su 100 hanno avuto una malattia di tipo cardiaco. Aggregando i dati per area geografica non si notano differenze marcate: Nord 3,8 Centro 3,5 Sud 3,8 Isole 3,3 persone su 100. Nel 2013 la Regione col tasso più alto è stata l Umbria con 4,6, anche se nel 2012 e 2011 è stato decisamente più contenuto, ovvero 3,5 e 3,8 rispettivamente. La Provincia Autonoma di Bolzano ha fatto registrare solo 2,8, quasi 1 punto in meno rispetto alla media nazionale, e con un decremento rispetto alle due annualità precedenti (rispettivamente 3,2 e 3,3 nel 2012 e nel 2011). Volendo analizzare invece la situazione italiana in base al sesso, 4,2 uomini e 3,2 donne su 100 hanno riscontrato malattie cardiache. La situazione è diversa se si analizza l incidenza sulle persone anziane. Fra i 65 ed i 74 anni 9 persone su 100 sono state colpite da malattie cardiache (6,7 per le donne ed 11,6 per gli uomini), mentre gli over 75 sono stati 16,5 (14,4 per le donne e 19,8 per gli uomini). Questi ultimi dati evidenziano come le malattie cardiache siano una delle criticità che interessano e soprattutto interesseranno la collettività nei prossimi anni. Infatti osservando la loro incidenza negli anziani (ancor più se over 75), si nota come rispetto alla media nazionale il dato degli uomini over 75 salga da 4,2 a 19,8, mentre quello delle donne da 3,2 a 14,4. Visto l aumento della speranza di vita e visto l aumento di incidenza di questo tipo di patologia legata all età, si prevede che in futuro ci saranno sempre più malattie cardiache da curare. Ciò spiega anche perché nel 2012, rispetto al 2005, l incremento delle visite specialistiche, oltre a riguardare soprattutto gli ultrasessantacinquenni (da 36,9 a 46,2 visite per 100 persone di 65 anni e oltre), sia stato riferito a visite cardiologiche (da 6,9 a 8,1), il cui incremento è stato secondo solo a quello delle ortopediche (da 4,5 a 7,0), con evidenti risvolti sulla spesa sanitaria. L Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che, senza l implementazione di opportune politiche volte ad affrontare questa criticità sanitaria mondiale, nel 2030 le morti per malattie cardiovascolari saranno 23 milioni l anno. 3/9
4 Figura 1: Tasso di mortalità standardizzato per malattie ischemiche del cuore nei Paesi OCSE - Anno 2011 Inoltre sul periodo le malattie cardiovascolari dovrebbero originare il 51% dei costi di tutte le malattie non trasmissibili che ormai sono la principale causa di morte, per un valore pari a 3,76 trilioni di dollari. Nonostante siano disponibili ingenti dati che provano la gravità di questo problema di salute pubblica, non si rileva un conseguente aumento della prevenzione e dell aderenza alla terapia. A tal fine è importante la gestione del percorso del paziente. Esso ha inizio, appunto, con la prevenzione che deve avvenire nella fase asintomatica e che può portare alla riduzione del ricorso alla terapia, diffondendo una maggiore educazione alla salute fin dai primi anni di vita dell individuo. Dopo la fase della diagnosi, invece, diventa cruciale il monitoraggio, il quale deve assicurare che il paziente segua la terapia assegnatagli. L aderenza alla terapia è, infatti, strumentale al contenimento della patologia, principale obiettivo delle politiche sanitarie. 4/9
5 Figura 2: Tasso di mortalità standardizzato per malattie cerebrovascolari nei Paesi OCSE - Anno /9
6 Figura 3: Tasso di mortalità standardizzato per malattie cardiovascolari - Anno 2008 Fonte: World Health Organization 6/9
7 IPERTENSIONE L ipertensione è un fattore di rischio chiave per le malattie cardiocircolatorie. A livello mondiale le complicazioni da ipertensione sono le determinanti di 9,4 milioni di morti l anno. Sono responsabili di almeno il 45% delle morti per patologie cardiache e del 51% delle morti per ictus. Dal 1980 al 2008 nel mondo si è passati da 600 milioni ad un miliardo di persone ipertese. Nei Paesi OCSE, nell ultimo decennio, il consumo medio di farmaci per la cura dell ipertensione è raddoppiato. Nel 2013 l ipertensione ha rappresentato la malattia cronica più diffusa in Italia colpendo il 16,7% della popolazione. L attenzione verso questa patologia è data dal fatto che negli ultimi venti anni ha registrato un notevole incremento. Mentre nel 1993 ne erano affette 10 persone su 100, nel 2013 sono diventate 16,7. La circoscrizione più colpita è il Sud con un valore che supera per più di un punto la media nazionale (17,8). A livello regionale, la popolazione dell Umbria è quella maggiormente colpita, con 20,8 persone su 100 che ne soffrono, mentre la Provincia autonoma di Bolzano ha il valore più basso pari a 12,1. Quest ultima ha sempre fatto registrare valori al di sotto della media nazionale ed anche nel 1993 il suo era il più basso. In tutto l arco di tempo considerato ( ) il sesso più colpito è stato per tutti gli anni quello femminile: 11,5 donne a fronte di 8,6 uomini su 100 nel 1993, mentre 17,6 donne rispetto ai 15,8 uomini su 100 nel Emerge, quindi, come la percentuale di uomini colpiti sia stata sempre al di sotto della media nazionale. L ipertensione si manifesta in maniera crescente all aumentare dell età. Secondo quanto rilevato dall Istat, nel 2013 il 13,6% della popolazione fra i anni è stato iperteso, mentre questo valore è diventato 44,9 e 54,8 rispettivamente per le fasce d età anni ed over 75. Focalizzando l attenzione su una classificazione per sesso si può notare che, nel 2013, rispetto alle donne, sono stati gli uomini ad essere più colpiti nelle fasce d età anni e anni (rispettivamente 14,8 uomini su 100 rispetto a 12,5 donne nel primo caso e 45,2 uomini rispetto a 44,7 donne nel secondo). Nella popolazione over 75, però, su 100 donne, 57,6 sono state ipertese mentre gli uomini sono stati 50,4. Rispetto alla media nazionale, che abbiamo visto essere 16,7, la prevalenza di questa patologia nella terza età, quindi, è di gran lunga superiore, colpendo più della metà della popolazione (54,8 individui su 100). 7/9
8 I dati suddetti evidenziano la portata di questa problematica che in termini di morti premature, disabilità, disagi personali e familiari, perdita di reddito e costi in cure rappresenta un onere sulle famiglie, la comunità e le finanze delle singole nazioni. In Italia nel 2012 si si sono avute dimissioni causate da ipertensione per un totale di giornate di degenza. Emerge, pertanto, quanto prevenire le complicazioni da ipertensione sia un elemento critico ai fini del contenimento dei costi dei vari sistemi sanitari e certamente di quello italiano, in quanto nel nostro Paese costituisce la malattia cronica più diffusa. ARITMIA Fra le patologie cardiovascolari rientra anche l aritmia. Nel 2012 in Italia l aritmia e le alterazioni della conduzione cardiaca con complicazioni sono stati la causa di ricoveri in regime ordinario, per un totale di giornate di degenza mentre si sono avuti ricoveri in regime ordinario per un totale di giornate di degenza originate per aritmia e alterazioni della conduzione cardiaca senza complicazioni. Questa patologia cardiovascolare, nel caso di assenza di complicazioni, è stata il 26 DRG per numerosità di dimissioni per acuti in regime ordinario ed il 23 DRG per acuti trattati invece in Day Hospital. La remunerazione teorica totale dei ricoveri, nella casistica con complicazioni, è stata per il regime ordinario e per il Day Hospital. La remunerazione teorica totale dei ricoveri, nella casistica senza complicazioni, è stata di per il regime ordinario e per il Day Hospital. Dall analisi dei risultati preliminari dell indagine condotta attraverso lo strumento dei Registri della salute da parte di Federanziani, è emerso che il 20% dei soggetti che ha risposto al quesito sull aritmia ne è affetto; ad essere più colpite sono le donne (circa il 60%). Nel 90% dei casi si tratta di individui over 60. Risulta difficile fornire un quadro delle terapie associate a questo disturbo in quanto circa l 80% dei soggetti con aritmia non le ha indicate. Nel 22% dei casi come patologia è stata indicata la fibrillazione atriale, mentre nel 33% la tachicardia. L Istituto Superiore di Sanità (ISS), nel 2012, ha evidenziato in un suo rapporto come la fibrillazione atriale sia la più comune aritmia che si incontra nella pratica clinica e come abbia un importante impatto sociale, risultando la causa di un terzo delle 8/9
9 ospedalizzazioni per alterazioni del ritmo cardiaco. L ISS fornisce anche un quadro europeo riportando che circa 4,5 milioni di persone nell Unione Europea sono affette da fibrillazione atriale persistente e che nei paesi occidentali la sua prevalenza è stimata tra lo 0,4 % e l 1% nell intera popolazione, aumentando con l età fino al 5% oltre i 65 anni e all 8% nelle persone con più di 80 anni. Questo tipo di aritmia porta a ridurre la qualità della vita in quanto riduce la tolleranza agli sforzi con sintomi quali palpitazioni, affaticamento e mancanza di fiato. La fibrillazione atriale, rispetto alle altre patologie rientranti nelle aritmie, richiede frequenti ricoveri con conseguente impatto sui costi del servizio sanitario nazionale. A tal proposito emerge come poca attenzione sia stata prestata all impatto economico non solo della fibrillazione atriale ma anche delle aritmie in generale. Secondo i dati reperiti dall ISS, gli unici studi sono esteri ed hanno portato a stimare un costo annuo del paziente con fibrillazione atriale pari a euro e circa 13,5 miliardi l anno in Europa. Pertanto sarebbe opportuno dedicare più attenzione a questo fenomeno che interessa la salute pubblica consapevoli che fattori quali l invecchiamento della popolazione, la crescente prevalenza delle malattie cardiache croniche, negli anni, stiano portando ad un ricorso sempre maggiore all ospedalizzazione. 9/9
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