ANALISI STRUTTURALE DI UN CARRELLO ELEVATORE

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1 ANALISI STRUTTURALE DI UN CARRELLO ELEVATORE C. Casavola *, U. Galietti *, M. Gismondi **, F. Pierattini * * Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Gestionale - Politecnico di Bari - Viale Japigia, Bari, casavola@poliba.it, galietti@poliba.it ** OM Pimespo Carrelli Elevatori Zona Industriale - Bari SOMMARIO Lo scopo del presente lavoro è l analisi strutturale del prototipo di un telaio di un carrello elevatore. A tal fine si sono eseguite misure di deformazione mediante estensimetri elettrici a resistenza per validare il modello FEM del telaio messo a punto dall azienda mediante il confronto tra le misure sperimentali ottenute e i risultati della simulazione numerica. Successivamente si è effettuata la verifica a fatica delle numerose giunzioni saldate attraverso l applicazione del metodo WELFARE della deformazione locale su una struttura saldata che, in condizioni di esercizio, è sollecitata da carichi random. ABSTRACT The aim of this work is the structural analysis of a forklift truck prototype casing. Strain gage measurements have been carried out in order to validate the FEM model of the casing implemented by the manufacturers, through the comparison between the experimental measurements and the results of FEM calculation. Then the fatigue strength of a large number of welded joints has been evaluated through the application of the local strain WELFARE method for the analysis even of the welds under random working loads. 1. INTRODUZIONE Il presente lavoro è stato svolto in collaborazione con l OM Pimespo Carrelli Elevatori. Il problema di partenza è la conoscenza dello stato tensionale di un componente meccanico complesso, in condizioni di esercizio, sia per l ottimizzazione del progetto, sia per la sua efficace validazione. La non conoscenza del reale utilizzo porta ad una progettazione basata sull esperienza, che può aiutare nel ridurre notevolmente l incertezza introdotta dai vari fattori (carichi agenti, geometria, materiale, processi tecnologici, condizioni ambientali), ma che spesso non riesce a risolvere a fondo tutte le problematiche inerenti la progettazione stessa. Di qui nasce l esigenza di eseguire verifiche sperimentali sul componente reale o su un prototipo per legittimare le numerose ipotesi fatte a monte del progetto. A tal proposito, il lavoro condotto è consistito nell analisi strutturale del prototipo di un telaio

2 di un carrello elevatore frontale elettrico a tre ruote (portata nominale 20q) allo scopo di valutarne lo stato tensionale a seguito di una serie di prove che ne hanno simulato il funzionamento reale. Gli obiettivi dello studio possono essere riassunti in: verifica del modello FEM realizzato per la progettazione del telaio; verifica a fatica delle giunzioni saldate mediante l utilizzo del metodo WELFARE applicato per la prima volta su una struttura sollecitata da carichi random e in condizioni di esercizio. Per il perseguimento dei precedenti obiettivi, sono state adottate le seguenti impostazioni e metodologie: applicazione nei punti significativi del telaio di estensimetri elettrici a resistenza [1,2] per la misura delle deformazioni reali cui la struttura è soggetta; effettuazione di prove statiche di montaggio dei componenti del carrello più onerosi dal punto di vista delle sollecitazioni (ponte anteriore, batteria, zavorra, sollevatore) per ricavare il carico totale statico agente sul telaio; effettuazione di prove dinamiche per determinare i carichi derivanti dall esercizio; elaborazione dei dati attraverso il metodo rainflow [3-4] per avere informazioni sui cicli di fatica cui è sottoposto il telaio durante le prove al fine di poter effettuare la previsione di vita a fatica; analisi dei dati. 2. SPERIMENTAZIONE Il lavoro è stato condotto sul prototipo di un telaio di un carrello elevatore frontale, elettrico a tre ruote con portata nominale di 20q (fig. 1). Fig. 1 Telaio del carrello elevatore Fig. 2 Zone critiche oggetto dell analisi sperimentale

3 La misura delle deformazioni è stata ottenuta attraverso l utilizzo di estensimetri elettrici a resistenza collocati nei punti ritenuti più significativi ai fini dell analisi. Tali punti sono stati scelti in base ai risultati forniti dal modello numerico che ha messo in luce alcune zone critiche, oggetto dell analisi sperimentale (fig. 2). Il sistema di acquisizione è costituito da due scanner da quaranta canali totali di cui trentotto utilizzati, un pc portatile, estensimetri elettrici a resistenza e relativi cablaggi. Le prove sono state scelte in modo da rappresentare al meglio il reale utilizzo del carrello e sono consistite in prove statiche di montaggio e prove dinamiche in pista. Nelle prove statiche sono state rilevate le deformazioni introdotte nel telaio dal montaggio dei vari componenti: si sono scelte le operazioni più gravose dal punto di vista delle deformazioni indotte, quali il montaggio del ponte anteriore, della batteria di accumulatori, della zavorra e del sollevatore e si è assunto che la deformazione totale statica del telaio fosse dovuta principalmente a tali componenti. E stata inoltre effettuata una prova di assetto nella quale si sono rilevate le deformazioni introdotte dovute all assetto in marcia del carrello e cioè con carico a 30 cm da terra con sollevatore tutto brandeggiato all indietro. Le prove dinamiche sono consistite in prova di sollevamento, prova di moto su percorso rettilineo con ostacoli e prova di moto su pista circolare. La prova di sollevamento è stata effettuata per simulare le deformazioni subite dal telaio durante l impilamento dei carichi. Il carico utilizzato è quello nominale e l altezza raggiunta è stata di 7m. Il sollevatore è stato brandeggiato all indietro per questioni di sicurezza. La prova di moto su percorso rettilineo consiste nel far ripetutamente superare al carrello due ostacoli, distanti fra loro 10 m, alla velocità di 7 km/h e con carico nominale, con lo scopo da un lato di valutare il comportamento del telaio soggetto a carichi accidentali, quali l ostacolo, dall altro di effettuare un confronto con la ben più onerosa prova in pista circolare. In tutto sono stati compiuti 30 cicli. Ogni ciclo rappresenta l andata e il ritorno del carrello al punto di partenza. La prova in pista circolare è una prova utilizzata dall azienda per verificare l affidabilità strutturale del carrello. Essa consiste nel far girare il carrello su una pista di forma circolare dove vengono montati degli ostacoli in direzione radiale: il passaggio del carrello sull ostacolo determina l insorgere di sollecitazioni. Il carrello viene vincolato ad una torretta girevole posta al centro della pista tramite una barra: questo è necessario per far mantenere al carrello, nel passaggio sugli ostacoli, la traiettoria circolare. La velocità, mantenuta all incirca costante, è di 7 km/h mentre il senso di marcia è in avanti a carico, indietro a vuoto, questo perché a vuoto la parte più sollecitata è quella posteriore. La durata totale della prova è di 150 ore che vengono alternate in cicli di 15 ore a carico e 15 ore a vuoto. Fig. 3 Time-history acquisita e relativa matrice rainflow Le informazioni ricavate dalle prove eseguite sono rappresentate da deformazioni a fine montaggio per quanto riguarda le prove statiche e dagli andamenti della deformazione in

4 funzione del tempo per quanto riguarda le prove dinamiche. Da queste ultime, essendo caratterizzate da un andamento casuale, o comunque irregolare, della deformazione, è stato necessario estrarre e ricostruire cicli, alternanze, ampiezze e valori medi, cioè si è reso necessario effettuare un conteggio, utilizzando il metodo Rainflow (fig. 3). 3. RISULTATI 3.1 Verifica del modello FEM Questa verifica consiste nel confrontare i risultati calcolati dall analisi FEM, secondo le ipotesi di lavoro utilizzate dall azienda, con i risultati ottenuti dalle misure estensimetriche, in termini di tensioni, ottenute in questo lavoro. L analisi FEM eseguita è di tipo statico, quindi il confronto ha lo scopo di verificare il modello staticamente e di valutarne il comportamento considerando anche gli effetti dinamici. Tab. 1 Confronto tra i valori calcolati dall analisi FEM e i valori misurati sperimentalmente nelle prove statiche e dinamiche eseguite. ID modello totale sollevament rettiline pista FEM statico o o circolare MPa MPa MPa MPa MPa rosetta rosetta rosetta ER ER ER ER ER ER ER ER ER ER ER ER ER ER ER ER ER ER Nella tabella 1 sono riportati tali valori. In rosso sono le misure che superano i valori calcolati dal modello FEM dell azienda. Per quanto riguarda le rosette, la tabella riporta i valori delle tensioni nella direzione massima principale. Ricordiamo, inoltre, che i valori relativi al calcolo FEM sono di tipo statico, cioè sono stati ottenuti considerando i carichi statici agenti sul telaio, ovvero carico nominale, ponte anteriore, batteria, zavorra, sollevatore che andranno per tale ragione confrontati solo con i valori sperimentali rilevati durante le prove statiche. Una considerazione va fatta sulla rosetta che non ha dato misura durante la prova in pista, probabilmente per la dissaldatura dei cavi; anche l estensimetro 30, ha fornito misure non significative poiché al momento dell acquisizione si era già innescata una cricca non a

5 causa del fenomeno della fatica che si voleva valutare, ma a causa del pompaggio sulla fiancata dovuto all azione della barra che manteneva il carrello in traiettoria circolare. Innanzi tutto confrontiamo i valori presenti nella colonna modello FEM con i valori presenti nella colonna totale statico. Si può notare come circa il cinquanta percento dei valori sia diverso nei due casi, in particolare quelli dovuti agli estensimetri posizionati nella parte anteriore e quelli in prossimità di intagli e raccordi. Gli scarti sono dovuti ad una non corretta modellazione del collegamento tra ponte anteriore e longheroni, e una diversa dimensione di intagli e raccordi dovute alle tolleranze di lavorazione. Per quanto riguarda i valori presenti nella colonna sollevamento, si possono ripetere le stesse considerazioni in quanto le misure discordanti riguardano gli stessi estensimetri. Quindi, per quanto riguarda il confronto tra i valori statici misurati e i valori calcolati, apportando opportune correzioni al modello, possiamo dire che il modello FEM risulta parzialmente verificato. Volendo continuare il confronto dei valori derivanti dall analisi FEM (statica) anche con i valori misurati sperimentalmente durante le prove di fatica (moto rettilineo e in pista circolare) possiamo notare come le misure sono quasi tutte diverse per quanto riguarda il rettilineo, e tutte diverse per quanto riguarda la pista circolare. Quindi l analisi statica, come era anche prevedibile, non riesce a tener conto di effetti derivanti da carichi di tipo dinamico. A difesa del calcolo FEM c è da dire che le sollecitazioni dovute al passaggio sugli ostacoli sono onerose e possono essere eccessive nel simulare l utilizzo reale del carrello. Però, mentre una simile considerazione vale per la prova in pista, altrettanto non si può dire per la prova in rettilineo che è consistita semplicemente in accelerazioni, passaggio su solo due ostacoli e frenate, condizioni che, comunque, sono frequenti nelle condizioni di normale esercizio. 3.2 Verifica del metodo WELFARE della deformazione locale Il telaio in analisi è una struttura assemblata mediante numerose saldature. I metodi tradizionalmente usati nella pratica industriale per la progettazione e la verifica delle giunzioni saldate forniscono spesso stime eccessivamente cautelative. Ne consegue che i risultati sperimentali si discostano non poco dalle previsioni di vita a fatica effettuate con la normativa ufficiale. Il metodo WELFARE della deformazione locale si basa sulla misurazione diretta, tramite tecnica estensimetrica, di un parametro scalare ritenuto rappresentativo del danneggiamento a fatica del materiale. Il parametro oggetto della misura è l ampiezza locale di deformazione ε a che viene valutato direttamente sul componente in esame tramite un numero esiguo di estensimetri incollati al piede del cordone di saldatura secondo le modalità previste dal metodo [5-11]. Il valore dell ampiezza locale di deformazione, misurato sul componente reale in corrispondenza del suo carico di esercizio, viene poi riportato su un grafico semilogaritmico e confrontato con i valori limite a di cicli. Dal confronto diretto del valore misurato con il valore della curva limite di riferimento si ottiene immediatamente una previsione sulla resistenza a fatica del componente saldato in esame. Si sottolinea che il principale punto di forza di questo metodo consiste proprio nella misura diretta del campo di deformazione in prossimità del cordone sul componente reale. Tale misura include gli effetti dovuti alla geometria globale del giunto, alle plasticizzazioni locali, alla geometria locale del cordone, alle modalità di applicazione del carico e ai disallineamenti e distorsioni del giunto. Il metodo WELFARE ha fino ad oggi fornito risultati realistici per quanto riguarda la previsione di vita a fatica di giunti saldati in acciaio strutturale, di varia geometria e sottoposti a diversi rapporti di sollecitazione R nel range ( 1, 0.5) in condizioni sperimentali [5-11]. Nel presente lavoro si è applicato il metodo in ambito industriale per la valutazione del comportamento a fatica del telaio del carrello elevatore soggetto a carichi random derivanti dall esercizio. Le previsioni ottenute con l applicazione del metodo WELFARE saranno confrontate con le stime secondo la procedura convenzionale utilizzata nella progettazione [12].

6 3.3 Valutazione della resistenza a fatica La valutazione è stata fatta prendendo in considerazione per il WELFARE i cicli aventi R compreso tra 1 e 0,5 e tralasciando tutti gli altri poiché le curve sperimentali in possesso riguardano questo intervallo. Il confronto tra le due metodologie di verifica a fatica è stato fatto valutando, in entrambi i casi, il danneggiamento con la formula di Miner: D = m i= 1 dove n i sono i cicli conteggiati, N i sono i cicli previsti rispettivamente dal WELFARE (in corrispondenza degli ε ai misurati) o dalla normativa (in corrispondenza dei σ i misurati), D è il danneggiamento. Per il calcolo dei σ i, ovvero degli ε ai, è stato utilizzato il rain-flow counting, che offre migliori garanzie nella riduzione di una storia temporale in una serie di cicli di fatica. 3.4 Calcolo dei cicli di fatica secondo il metodo WELFARE Per conoscere il valore del numero N i di cicli a rottura previsti secondo il WELFARE è stato necessario costruire le curve ε a -N relative ad ogni valore del rapporto di sollecitazione R compreso nel range 1, 0,5 riscontrato durante la prova in pista. Da questa curva, utilizzando i valori della deformazione locale misurati in pista è stato possibile leggere il valore N i. Tab. 2 Confronto tra i valori del danneggiamento calcolati secondo il metodo WELFARE e secondo la Normativa e relativo scarto percentuale ni N Danneggiamento D ER WELFARE Normativa Scarto% 13 1,26E-07 3,68E ,0 16 2,20E-08 1,06E-07-79,2 19 1,77E-08 3,79E-07-95,3 20 1,77E-09 7,67E-08-97,7 21 2,65E-08 1,23E-06-97,8 22 6,25E-07 2,56E-05-97,6 23 3,71E-06 1,67E-04-97,8 26 6,71E-08 8,38E-06-99,2 27 1,91E-05 1,24E-03-98,5 28 6,92E-06 2,54E-04-97,3 29 3,53E-04 1,05E-02-96,6 33 4,93E ,09E-05 6,89E-05-84,1 35 2,19E ,55E In tabella 2 sono riportati i valori del danneggiamento D, utilizzando la formula di Miner, e il relativo scarto percentuale, riferito ai dati acquisiti durante la prova in pista circolare. Le caselle vuote relative alla normativa sono dovute al fatto che i σ i misurati sono inferiori al σ F previsto dalla norma come limite al di sotto del quale non va eseguita la verifica a fatica. Dall esame dei danneggiamenti calcolati con il metodo WELFARE della deformazione locale e con la normativa CNR-UNI 10011, si può osservare che: i

7 lo scarto percentuale tra i due procedimenti di calcolo è notevole; il danneggiamento valutato tramite il metodo WELFARE è sistematicamente minore dello stesso calcolato tramite la normativa. Lo scarto percentuale valutato è elevato, ma ciò non può essere imputato ad un fallimento del metodo WELFARE. Cerchiamo di capire a cosa può essere attribuita tale differenza. Bisogna innanzi tutto osservare che la scelta della classe di giunto che, limitatamente ai casi previsti nella norma, meglio rappresenta il componente reale, non sempre è stata immediata: la normativa, infatti, prevede un numero esiguo di tipologie di giunti saldati tra cui forzatamente va scelto quello più simile al particolare in esame che, come spesso accade nelle applicazioni reali, presenta una geometria molto complessa. Infatti, se consideriamo il caso degli estensimetri disposti in una stessa zona (come nel caso degli estensimetri 20, 21, 22, 23 di fig.4), si trova un valore dello scarto percentuale molto simile ad indicare che, fissata una tipologia di giunto, lo scarto riscontrato è attribuibile solo alla non adeguatezza di tale tipologia a descrivere il particolare in esame. Fig. 4 Particolare del modello FEM (piastra assale posteriore e porta zavorra) Un ulteriore considerazione va fatta circa il rapporto di sollecitazione R: la norma prevede giunti sollecitati con R = 0, cioè carico variabile da 0 a un massimo, mentre il metodo WELFARE, se pure nel range ( 1; 0.5), considera la variabilità di R, variabilità che si riscontra nelle più usuali condizioni di esercizio. Per quanto riguarda il danneggiamento previsto dal metodo WELFARE, si puo osservare che esso è minore di quello previsto dalla normativa o, in altre parole, il numero di cicli a rottura previsto dal metodo WELFARE è maggiore di quello previsto dalla normativa. In effetti, proprio per l incertezza insita nella norma, i valori di tensione ammissibile consigliati sono molto restrittivi e per questo motivo essa risulta essere molto cautelativa. A conferma di ciò possiamo osservare la tab. 3 che riporta i risultati di prove sperimentali condotte su alcune tipologie di giunti saldati di vario spessore [5-13]. La sperimentazione cui si riferisce la tabella è consistita nel sollecitare con un σ costante un cospicuo numero di provini fino a rottura, avvenuta in corrispondenza del numero di cicli N R indicato nella tabella 3. In seguito si è calcolato il numero di cicli a rottura N WELFARE previsti dal metodo WELFARE (in corrispondenza dell ε a di lavoro), e il numero di cicli a rottura N NORMATIVA previsto dalla normativa (in corrispondenza del σ di lavoro); infine, sono stati calcolati i relativi scarti percentuali rispetto a N R. Analizzando i risultati si può notare che il numero di cicli a rottura previsto dal metodo WELFARE è sistematicamente maggiore di quello previsto dalla normativa e si avvicina maggiormente al numero di cicli in cui è avvenuta la reale rottura del componente saldato (gli scarti percentuali, infatti, risultano essere minori). Questa circostanza evidenzia la forte tendenza cautelativa che caratterizza la normativa. Dall analisi dei risultati ottenuti in questo lavoro si osserva che anche nel caso in esame, cioè

8 il comportamento in esercizio del telaio del carrello elevatore, il numero di cicli a rottura previsto dal metodo WELFARE risulta essere maggiore di quanto, invece, previsto dalla normativa ufficiale. Di conseguenza, è possibile affermare che così come in condizione di carico ad ampiezza costante (cfr. sperimentazione pregressa sui provini) il metodo WELFARE della deformazione locale, rispetto alla normativa, meglio rappresenta il comportamento a fatica di giunti saldati, così a livello di previsione di vita reale in esercizio esso sembra mantenere la caratteristica di prevedere una vita a fatica più lunga. In questo momento il telaio in esame ha superato tutti gli obiettivi aziendali di progetto come previsto dal WELFARE. I test di fatica non sono tuttavia ancora terminati: è necessario compiere ancora parecchie ore di prova in pista prima di raggiungere il numero di cicli previsti per la rottura, di conseguenza non è possibile ad oggi individuare quale previsione, quella secondo il WELFARE o quella secondo la Normativa, sia più vicina alla realtà. Tab. 3 Risultati di prove sperimentali eseguite su giunti saldati di varie tipologie e spessori Tipo Spessore ε a σ scarto % scarto % di N R N WELFARE N NORMA giunto [mm] [µε] [MPa] WELFARE normativa croce T testa CONCLUSIONI Nel presente lavoro si è eseguita la verifica dello stato tensionale del telaio di un carrello elevatore con lo scopo sia di valutare i risultati ottenuti mediante analisi FEM attraverso il confronto con le misure sperimentali di tensione, sia di verificare le numerose giunzioni saldate attraverso l applicazione del metodo WELFARE della deformazione locale. La prima parte dello studio è stata dedicata alla misura sperimentale, per mezzo di estensimetri elettrici a resistenza e in seguito a numerose prove, alcune di tipo statico e alcune di tipo dinamico, del reale stato deformativo e tensionale del telaio. Il confronto di tali misure con i risultati ottenuti dall analisi FEM ha permesso di valicare il modello a livello statico, mentre a livello dinamico esso non è sufficiente a rappresentare l effettivo stato tensionale del telaio. Tutte le parti saldate del telaio sono state verificate sia mediante la norma ufficiale sia mediante il metodo WELFARE e si è riscontrato che tutti i giunti sono in condizioni di sicurezza. Il metodo WELFARE, in particolare, fornisce delle previsioni più ampie: questo

9 grazie al fatto che può includere nella stima una serie di effetti realmente presenti sul componente in esame, influenti dal punto di vista della fatica, non considerati dalla normativa ufficiale e perciò non necessariamente conteggiati tramite un cautelativo sovradimensionamento. Le previsioni del metodo WELFARE richiedono, per una sua inequivocabile validazione, che il telaio in esame sia portato a rottura. Nel momento in cui si scrive, infatti, non si è raggiunta rottura in nessuna parte saldata del telaio. Il test di fatica sul prototipo esaminato verrà comunque proseguito. BIBLIOGRAFIA [1] A. Ajovalasit, Analisi Sperimentale delle Tensioni con Estensimetri Elettrici a Resistenza, 1992, Palermo [2] F. Luchsinger, Nota tecnica: la selezione dell estensimetro criteri, procedure, consigli, 1999, [3] ASTM Designation E , Standard Practice for Cycle Counting in Fatigue Analysis. [4] B. Atzori, Tovo, I metodi per il conteggio dei cicli di fatica: stato dell arte, problemi e possibilità di sviluppo, ATA, Aprile 1994, Vol. 47, n.4. [5] V. Dattoma, C. Pappalettere, Local Strain for Fatigue Strength of Welded Structures, J. Of Strain Analysis, Vol. 36 n 6, 2001 [6] R. Nobile, C. Pappalettere, Il Metodo della Deformazione Locale per la Stima della Resistenza a Fatica dei Giunti Saldati: Influenza dello Spessore e del Rapporto di Sollecitazione, XV Convegno Nazionale del Gruppo Italiano Frattura (IGF), Bari, 2000 [7] C. Pappalettere, R.Nobile, Fatigue Strength of Welded Joints by the Local Strain Method: Influence of Load Ratio R and Plate Thickness, Notch Effects in Fatigue and Fracture (G. Pluvinage and M. Gjonanj) NATO Sciences Series II Mathematics, Physics and Chemistry, Kluwer academic publishers, Dordrecht, The Netherlands, 2000 [8] V. Dattoma, F. W. Panella, C. Pappalettere, Fatica dei giunti saldati a T in acciaio con il metodo della deformazione locale, Proceedings of XXIX Convegno AIAS Lucca, 2000, [9] C. Casavola, R. Nobile, C. Pappalettere, Application of the WELFARE Local Strain Method for Fatigue Strength Evaluation of Thin Welded Joints, New Trends in Fatigue and Fracture, Metz 8-9 Aprile [10] C. Casavola, R. Nobile, C. Pappalettere, Stima della resistenza a fatica di giunti saldati sottili col metodo della deformazione locale, Proceedings of XXX Convegno AIAS, Alghero, [11] V. Dattoma, G. Demelio, C. Pappalettere, Resistenza a Fatica di Strutture Saldate in Termini di Deformazione Locale. Caso del Rapporto di Sollecitazione R = 0.5, Proceedings of XXII Convegno AIAS, Forlì, 1993 [12] CNR-UNI 10011/97, Costruzioni in acciaio: istruzioni per il calcolo, l esecuzione, il collaudo e la manutenzione.

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