APPUNTI DI ISTITUZIONI DI FISICA MATEMATICA 1

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "APPUNTI DI ISTITUZIONI DI FISICA MATEMATICA 1"

Transcript

1 APPUNTI DI ISTITUZIONI DI FISICA ATEATICA 1 Alfredo arzocchi Dipartimento di atematica e Fisica N. Tartaglia, Università Cattolica del S. Cuore Indice 1. Insiemi normalizzati di perimetro finito e sottocorpi 1 2. Immersione e deformazione 3 3. Deformazioni e deformazioni omogenee 5 4. Teorema di decomposizione polare 9 5. Indifferenza materiale Rappresentazione euleriana e lagrangiana Velocità e accelerazione Formula di Eulero Teoremi del trasporto assa Potenza Calore e il primo principio della Termodinamica Entropia Fluidi perfetti Fluidostatica dei fluidi perfetti barotropici Teoremi sui fluidi perfetti Condizioni al contorno Applicazioni oti piani oti piani irrotazionali di fluidi perfetti incomprimibili Onde di superficie nei fluidi incomprimibili Fluidodinamica dei fluidi comprimibili Fluidi viscosi Elasticità Elasticità lineare Applicazioni Insiemi normalizzati di perimetro finito e sottocorpi Nei fondamenti della eccanica dei Continui è apparso centrale il concetto di legge in forma integrale. Con questo si intende una formulazione dei principi basilari della fisica basata su uguaglianze espresse fra integrali valutati su sottocorpi. Per questo conviene effettuare una scelta dell universo di sottocorpi che sia adatta alla teoria dell integrazione, o, per essere più flessibili, alla teoria della misura. Sia R n un insieme; indichiamo con = { x R n : lim r 0 + L n (B(x, r) \ ) L n (B(x, r)) } = 0.

2 2 Per esempio, se n = 2 e se = B(0, 1) [1, 2] \ [ 1, 0], dove gli intervalli si intendono sull asse x, si vede subito che = B(0, 1). I punti di si dicono essenzialmente interni a. Dall esempio riportato si vede che in generale e non sono confrontabili. Definizione 1.1. Se =, allora si dirà normalizzato. Sebbene in molti casi si abbia che = int, vi sono alcune differenze. Per esempio, se = B( 1, 1) B(1, 1), il punto (0, 0) non è interno (topologicamente) a, eppure appartiene a. La differenza fondamentale sta nella frontiera, che può essere molto grande se topologica, rispetto a quella che andiamo a definire. Definizione 1.2. Per ogni R n, chiamiamo frontiera normalizzata l insieme = R n \ ( (R n \ ) ). In questo modo, i punti della frontiera normalizzata sono tutti e soli quelli che non sono né essenzialmente interni a né essenzialmente interni al suo complementare. Facciamo notare che frontiera normalizzata è una locuzione pericolosa: non si tratta infatti del normalizzato della frontiera topologica. Il termine corretto è frontiera secondo la teoria geometrica della misura, però decisamente troppo lungo. Una buona proprietà degli insiemi normalizzati e delle frontiere normalizzate è che sono tutti boreliani. Questo permette di definire delle misure, e in particolare le misure di Lebesgue L n e Hausdorff H n 1. Definizione 1.3. Sia un insieme normalizzato. Diremo che è di perimetro finito, se H n 1 ( ) < +. Nella letteratura spesso si è discusso sulle proprietà che debbono avere degli insiemi per essere usati quali sottocorpi. Riportiamo a tal proposito queste proprietà, che si riferiscono a una coppia (P, ), dove P è un insieme e è una relazione in P con le proprietà indicate sotto. Assioma 1.4 (di ordinamento). La relazione deve essere una relazione d ordine, ossia (1) P P : P P ; (2) P, Q P : (P Q e Q P ) P = Q; (3) P, Q, R P : (P Q e Q R) P R. Assioma 1.5 (di esistenza della parte comune). Per ogni P, Q P esiste R P tale che R P e R Q e che S P : (S P e S Q) S R. R si chiama parte comune (in inglese meet) e sarà indicato con P Q. Assioma 1.6 (di esistenza della parte unione). Per ogni P, Q P esiste R P tale che P R e Q R e che S P : (P S e Q S) R S. La parte unione (chiamata in inglese join) di P e Q verrà indicata con P Q. Può darsi ora che esistano o meno in B un elemento minimo e un massimo per la relazione, ossia due elementi O e U tali che P B : O P U.

3 Se ciò non avviene, è sempre possibile modificare la definizione della relazione aggiungendo due nuovi elementi a B con le proprietà indicate. L assioma che segue richiede invece che esista il sottocorpo complementare a un dato sottocorpo. Assioma 1.7 (del complementare). Per ogni P P esiste un unico P e P tale che P P e = O, P P e = U. anca però un ultimo assioma, per quanto la struttura possa apparire completa, che è tipico della teoria dei sottocorpi. Assioma 1.8 (di separazione). Per ogni P, Q P si ha Q P e = O Q P. Siamo ora pronti a scegliere un universo di sottocorpi adatto ai nostri scopi. Definizione 1.9. Sia B un insieme normalizzato e di perimetro finito. Prendiamo come universo P di sottocorpi l insieme di tutti i sottoinsiemi di B normalizzati e di perimetro finito, come relazione l usuale relazione di inclusione, e per ogni P, Q P P Q = P Q, P Q = (P Q), P e = (B \ P ). Si può dimostrare che con questa scelta dell universo dei sottocorpi, tutti gli assiomi indicati alla sezione precedente sono soddisfatti. La proprietà comunque più importante riguarda l esistenza della normale. Si può infatti mostrare che per ogni P esiste un campo vettoriale unitario n definito H n 1 -quasi ovunque su e tale che, se v è un campo vettoriale su, valga il teorema della divergenza div v = v n dh n 1. Questo risultato è classico se v è di classe C 1, e in quel caso il primo integrale è un usuale integrale di volume, ma in realtà vale, in una maniera opportunamente estesa, anche fino al caso in cui div v sia una misura di Radon finita sui compatti. 2. Immersione e deformazione Proseguiamo ora nell enunciazione delle proprietà dei corpi continui. Sia E lo spazio euclideo n-dimensionale e sia I un intervallo della retta dei numeri reali. Supponiamo che sia assegnata una funzione invertibile π t : B E (t I) tale che ogni sottocorpo P abbia per immagine un sottoinsieme normalizzato e di perimetro finito di E. Questa funzione si chiama immersione del corpo all istante t. Per ogni sottocorpo P B, l immagine π t (P ) si chiama forma del sottocorpo. Quando poi, come nel nostro caso, i sottocorpi sono sottoinsiemi di un insieme B normalizzato e di perimetro finito, spesso si chiama configurazione del corpo l insieme π t (B). Con questa schematizzazione il corpo resta sempre lo stesso, mentre le sue varie configurazioni possono cambiare, anche se è possibile scegliere una di queste come riferimento per le altre, nel qual caso risulta naturale associare l istante zero a quest ultima. Supponiamo ora di avere due configurazioni del corpo in istanti differenti (per semplicità, e senza perdere di generalità supporremo d ora in poi che questi siano 0 e t), che indichiamo con B 0 = π 0 (B) e B t = π t (B). La configurazione B t si dirà configurazione deformata della 3

4 4 B 0. Risulta molto utile in eccanica dei Continui la funzione che associa ad ogni punto o sottocorpo nella configurazione di riferimento il corrispondente punto o sottocorpo nella configurazione deformata. In altre parole, ci interessa la deformazione χ t : B 0 B t data da χ t = π t π0 1. Quindi, per ogni sottocorpo P, avremo (2.1) χ t (P ) = π 1 0 (π t (P )). Se invece P è un punto p (nella configurazione di riferimento), avremo χ t (p) = π 1 0 (π t (p)). La funzione χ t esprime la deformazione del corpo, o più semplicemente la legge che associa ad ogni punto la sua posizione dopo la deformazione. Vi sono varie richieste da fare sulla deformazione o, contemporaneamente, sulle immersioni. Una prima è che il corpo, in seguito a una deformazione, non si compenetri. Assioma 2.1 (di non compenetrabilità). Per ogni t I, la funzione χ t deve essere biiettiva. Consideriamo ora un sottocorpo P nella configurazione di riferimento. La legge t χ t (P ) rappresenta chiaramente la legge oraria del sottocorpo P. Pertanto l assegnazione di una famiglia di immersioni dà un movimento del corpo. Poi, la legge t χ t (p) sarà la legge oraria del moto del punto p, e così via. È chiaro che, per poter parlare di velocità, accelerazione ed altre quantità cinematiche è necessario che l applicazione (t, p) χ t (p) sia derivabile un certo numero di volte. Non vogliamo a questo punto enunciare alcun assioma preciso, in quanto esso avrebbe carattere non fondante ma solo tecnico: supporremo di volta in volta questa funzione derivabile quanto basta per dare senso ai discorsi che seguiranno. Un requisito avente significato fisico è invece quello che la deformazione non vari localmente l orientazione dell elemento di volume; per esempio, non deve essere possibile che un elemento di un corpo si deformi passando da una terna destra a una terna sinistra. Questo viene espresso nel seguente Assioma 2.2 (di orientazione). Per ogni t I, si deve avere det grad χ t (p) > 0 per ogni punto materiale p nella configurazione di riferimento. Fin qui non abbiamo ancora introdotto nulla sulla rappresentazione dei punti materiali nello spazio ambiente euclideo E. A seconda della carta scelta, avremo che i punti saranno individuati da elementi di R n. Indicheremo poi con V lo spazio vettoriale delle traslazioni, ossia di differenze di vettori posizione dei punti di E. Detto allora X(p) il vettore posizione del generico punto p in B 0 e x t (p) quello del punto corrispondente nella deformazione χ t (p), poniamo u(p, t) = x t X V. u si dirà spostamento; chiaramente la conoscenza di una configurazione di riferimento e quella del campo u permettono di ricostruire la deformazione. In molti casi, poi, si suole identificare p con X e χ t (p) con x t, per cui il campo di spostamento risulta essere un campo vettoriale (t, X) u(t, X). Insistiamo anche sul fatto che abbiamo deliberatamente scelto di ambientare il nostro corpo in uno spazio euclideo; avremmo potuto, più in generale, richiedere che π t (B) fosse una varietà (per esempio, per studiare il moto di un fluido che

5 scorre su una superficie curva). In questo caso il campo di spostamento avrebbe perso di senso, o comunque, qualora la varietà fosse stata immersa, di senso fisico. 3. Deformazioni e deformazioni omogenee In questa sezione, poiché tutto verrà studiato per t fissato, ometteremo la dipendenza da questa variabile. Fissato un punto arbitrario O B 0, supponendo la funzione χ regolare, possiamo svilupparla in serie di Taylor (3.1) χ(x) = χ(o) + χ (X O) + o(x O) X O dove o(z) indica, al solito, un infinitesimo rispetto a Z. Poniamo anche F = χ X = grad X χ che è lo jacobiano di χ ed è detto gradiente di deformazione. gradiente di spostamento, dato, per la formula (3.1), da L equazione (3.1) grad u = u X = F I. χ(x) = χ(o) + F(O)(X O) + o( X O ) 5 Introduciamo anche il si può interpretare anche così: preso un punto X vicino a O, per trovare il suo trasformato, a meno di infinitesimi di ordine superiore al primo in X O, basta sommare a χ(o) il vettore trasformato di X O secondo F. Una classe di deformazioni di notevole interesse è quella delle cosiddette deformazioni omogenee, nelle quali il gradiente di deformazione F è costante, ossia non dipende da Y, e di fatto l operazione sopra indicata non è approssimata. Definizione 3.1. Una deformazione χ per la quale il gradiente di deformazione F non dipende dal punto di riduzione si dirà omogenea. Proposizione Una deformazione omogenea è caratterizzata dalla formula (3.2) χ(x) = χ(o) + F(X O) dove il punto di riduzione O è arbitrario. Dimostrazione. Sia χ una deformazione omogenea. Allora si ha chiaramente F X = 0 per cui, nello sviluppo di Taylor di χ sono nulli tutti i termini di grado superiore al primo. Dalla (3.1) si trova subito allora la (3.2). Sia poi Y un arbitrario punto di B 0. Dalla (3.2) si ricava, sostituendo Y a X, χ(y ) = χ(o) + F(Y O) per cui ricavando e sostituendo χ(o) si trova χ(x) = χ(y ) + F(X Y ) che è analoga alla (3.2) con punto di riduzione Y.

6 6 Come conseguenza di questo fatto, abbiamo ad esempio che in una deformazione omogenea rette vengono sempre trasformate in rette. Infatti se X = a + tb (t R) è l equazione di una retta, avremo x = χ(x) = χ(y ) + Fa + tfb FY = c + td dove c = χ(y ) F(Y ) + Fa e d = Fb, che è l equazione di una retta. Definizione 3.3. Una deformazione si dirà traslazione se per ogni X, Y B 0 si ha (3.3) χ(x) χ(y ) = X Y. Una deformazione χ si dirà invece isometrica se per ogni X, Y B 0 χ(x) χ(y ) = X Y. Chiaramente una traslazione è una deformazione omogenea con F = I, e viceversa. Dalla formula (3.2) si vede anche che per una traslazione si ha χ(x) = X + Z con Z = χ(y ) Y, ossia che una traslazione non fa altro che sommare ad ogni vettore un vettore costante. Ogni traslazione è poi isometrica, ma non viceversa. Un sottocorpo P di B 0 si dice unito se χ(p ) = P. Se invece P è un punto tale che χ(p) = p, si dirà punto unito o fisso. Chiaramente un insieme di punti uniti è unito, mentre non è vero il viceversa. Dalla definizione di punto unito si trae subito che Y è unito se e solo se u(y ) = 0. Dimostriamo ora la principale proprietà delle deformazioni omogenee. Theorem 3.1. Per ogni deformazione omogenea χ e per ogni punto Y deformazione omogenea Λ e due traslazioni τ 1, τ 2 tali che Λ(Y ) = Y χ = τ 1 Λ = Λ τ 2. esistono una In altre parole, fissato Y, ogni deformazione omogenea si può vedere come una composizione di una deformazione omogenea con Y unito e di una traslazione. Dimostrazione. Poniamo τ 1 (X) = X + χ(y ) Y τ 2 (X) = X + F 1 (χ(y ) Y ) Λ(X) = Y + F(X Y ). Dalle prime due delle precedenti espressioni si ha, per ogni X, Z B 0, τ 1 (X) τ 1 (Z) = X Z τ 2 (X) τ 2 (Z) = X Z per cui τ 1 e τ 2 sono traslazioni. Ovviamente, poi, Λ è una deformazione omogenea e Λ(Y ) = Y, ossia lascia unito Y. Vediamo che τ 1 Λ = χ. Abbiamo τ 1 (Λ(X)) = Λ(X) + χ(y ) Y = Y + F(X Y ) + χ(y ) Y = = χ(y ) + F(X Y ) = χ(x).

7 7 Vediamo ora che Λ τ 2 = χ. Abbiamo stavolta Λ(τ 2 (X)) = Λ(X + F 1 (χ(y ) Y )) = = Y + F(X + F 1 (χ(y ) Y ) Y ) = = Y + FX + χ(y ) Y FY = χ(y ) + F(X Y ) = χ(x). Vediamo ora alcuni esempi di deformazioni omogenee. Per il teorema precedente, possiamo sempre pensare di avere un punto fisso che supporremo essere l origine. Definizione Una deformazione omogenea si dice rotazione pura attorno a Y se Y è fisso e se F = R, con R ortogonale e a determinante positivo, mentre si dice deformazione pura attorno a Y, se Y è fisso e se F = U, con U simmetrica e a determinante positivo. Una rotazione pura è isometrica; infatti χ(x) χ(y ) = Y + R(X Y ) Y = R(X Y ) = X Y per le note proprietà di isometria delle rotazioni. La più semplice deformazione pura è la dilatazione. In tale deformazione si ha F = U = δi. Dovendosi avere det F > 0, si ricava subito che deve essere δ > 0. Se δ = 1, abbiamo la deformazione identica (a meno di una traslazione, come abbiamo visto sopra), se δ > 1 si ha la cosiddetta espansione uniforme, mentre se 0 < δ < 1 si ha una compressione uniforme. Dall espressione (2.1), prendendo Y = 0 unito, abbiamo allora χ(x) = δx che mostra come ogni vettore X venga trasformato in un vettore parallelo, di lunghezza aumentata se δ > 1 e ridotta se 0 < δ < 1. 0 è l unico punto unito di questa trasformazione. Tutte le rette per l origine sono unite (come rette). Un interessante osservazione, collegata all indipendenza dal punto di riduzione osservato sopra, è che in questa deformazione, sebbene paia a prima vista che l origine sia privilegiata, nessun punto in realtà è privilegiato (come accade in tutte le deformazioni omogenee). Questo spiega, ad esempio, come il modello di espansione uniforme dell universo sia in accordo con l arbitrarietà del punto di osservazione. Ricordiamo la definizione di prodotto diadico di due vettori. Definizione 3.5. Sia V uno spazio unitario ( 1 e siano u, v V. Indichiamo con u v Lin(V ) la trasformazione lineare tale che (u v)w = (v w)u w V. Ricordiamo anche che {e i } (i=1,...,n) è una base ortonormale di V, allora {e i e j } (i,j=1,...,n) è una base Lin(V ). Definizione 3.6. Siano a un versore e ν R. Diremo estensione nella direzione a la deformazione pura data da F = U = I + (ν 1)a a. ( 1 ) Ricordiamo che uno spazio vettoriale si dice unitario se è dotato di prodotto scalare.

8 8 In coordinate cartesiane, scelto per comodità a = e 1, troviamo per la matrice di U l espressione ν da cui, ricordando il fatto che det F > 0, si trova ν > 0. Ricaviamo il campo di spostamento u. Si ha, prendendo Y = 0 fisso, u(x) = χ(x) X = UX X = X + (ν 1)(a a)x X = (ν 1)(a X)a. In questo modo vediamo che tutti i punti del piano X a = 0 sono uniti (in quanto per essi si ha u = 0), e che lo spostamento di ogni punto non unito avviene sempre nella direzione a, con verso uguale se ν > 1 e opposto se 0 < ν < 1. Dunque sono uniti anche tutti i piani e tutte le rette parallele ad a. Poiché a = 1, abbiamo che, se prendiamo per riferimento a = e 1, u = a X = X 1. Dunque lo spostamento di un punto è tanto più alto quanto più il punto dista dal piano passante per l origine e perpendicolare ad a. Questo tipo di deformazione rende l idea di una estensione omogenea, per esempio di un filo elastico. Definizione 3.7. Siano a, b due versori mutuamente ortogonali e λ R. Diremo scorrimento simmetrico rispetto alla coppia di direzioni a la deformazione pura data da F = U = I + λ(a b + b a). In coordinate cartesiane, posto a = e 1, b = e 2, abbiamo che la matrice di U è 1 λ 0 λ per cui abbiamo det F = 1 λ 2 > 0 da cui si ricava che deve essere λ < 1. Il corrispondente campo di spostamento è u(x) =χ(x) X = X + λ(a b + b a)x X = = λ[(b X)a + (a X)b]. Per esempio, posto a = e 1, b = e 2, troviamo u(x) = σ(x 2 e 1 + X 1 e 2 ). Un esempio di deformazione non pura è invece lo scorrimento non simmetrico (detto anche shear), definito da F = I + 2σa b. In coordinate cartesiane F ammette matrice 1 2σ per cui stavolta non vi sono limiti a σ, avendosi sempre det F = 1 (deformazione isocora).

9 Il campo di spostamento è stavolta, espresso come prima in coordinate cartesiane, u(x) = (b X)a = 2σX 2 e 1. Ne segue, riferendoci per semplicità al piano, che l asse delle ascisse è unito punto per punto mentre sono unite tutte le rette parallele ad esso (in quanto rette). Ogni retta della forma X 2 = mx 1 viene trasformata invece nella retta x 2 = m/(1 + 2mσ)x 1. Infatti l equazione parametrica della prima retta è { X1 = t X 2 = 2mt per cui, dopo la trasformazione, usando la formula x = X + u, troviamo la retta { x1 = X 1 + σx 2 = t + 2σmt che corrisponde proprio alla retta x 2 = X 2 = mt x 2 = 4. Teorema di decomposizione polare m 1 + 2mσ x 1. Il fatto che il gradiente di deformazione F = grad χ t abbia determinante positivo porta con sé delle importanti conseguenze. Richiamiamo dapprima alcuni noti concetti e risultati di Algebra Lineare. Definizione 4.1. Sia T Lin(V ) una trasformazione lineare su uno spazio vettoriale V su un campo di scalari e siano λ i i suoi autovalori con la rispettiva molteplicità. La traccia di T è lo scalare dato da n tr T = λ i. Se V è unitario, l operazione di traccia verifica poi l identità, per ogni u, v V i=1 tr(u v) = u v. Definizione 4.2. Sia T Lin(V ) una trasformazione lineare su uno spazio unitario V. La trasformazione lineare aggiunta di T è definita da u T T v = Tu v. Se T = T T, allora T si dirà simmetrica o autoaggiunta. Se T = T T, allora T si dirà antisimmetrica. Useremo anche la notazione T T per (T T ) 1 = (T 1 ) T Rispetto a una base ortonormale, la matrice di T T è la trasposta della matrice di T, mentre la matrice di una trasformazione rispettivamente simmetrica o antisimmetrica è rispettivamente simmetrica o antisimmetrica. È immediatamente verificabile che l insieme di tutte le trasformazioni simmetriche su uno spazio V è un sottospazio vettoriale di Lin(V ), che indicheremo con Sym(V ), e così pure l insieme Skw(V ) delle trasformazioni antisimmetriche. Inoltre ogni T Lin(V ) si decompone in modo unico nella somma di una parte simmetrica T s = (T + T T )/2 e di una parte antisimmetrica T w = (T T T )/2, cosicché Lin(V ) = Sym(V ) Skw(V ). Infine, se T, U Lin(V ), ponendo T : U = tr(tu T ) 9

10 10 si ha che : è un prodotto scalare su Lin(V ), rispetto al quale, se {e i } (i=1,...,n) è una base ortonormale, si ha (e i e j ) : (e k e l ) = δ ij δ kl dove δ ij è il simbolo di Kronecker. Date T, U Lin(v), poniamo anche TU = T U. Se {e i } (i=1,...,n) è ortonormale, si verifica anche facilmente che (4.1) (e i e i )(e j e j ) = δ ij e i e i. Theorem 4.1 (spettrale). Se T Sym(V ), allora esiste una base ortonormale {b 1,..., b n } di V fatta interamente con autovettori di T. Inoltre, detti λ i (i = 1,..., n) gli autovalori di T, si ha n T = λ i b i b i. i=1 Viceversa, se vale una formula del tipo soprascritto con e i ortonormali, allora λ i sono gli autovalori di T ed e i i rispettivi autovettori. Indicheremo infine con Sym + (V ) il sottoinsieme di Sym(V ) delle trasformazioni simmetriche definite positive, ossia per le quali v Tv > 0 v V, v 0. Proposizione 4.3 (Esistenza della radice quadrata). Sia T Sym + (V ). Allora esiste una unica U Sym + (V ) tale che U 2 = T. Dimostrazione. Dal teorema spettrale sappiamo che, presa una base ortonormale di autovettori di T, si ha n T = λ i e i e i. Poniamo allora, visto che λ i > 0 per ogni i, n U = λi e i e i. Dalla (4.1) abbiamo subito n U 2 = λi λj (e i e i ) (e j e j ) = i,j=1 i=1 i=1 n λ i e i e i = T. Vediamo ora l unicità. Supponiamo che esistano U, V Sym + (V ) tali che U 2 = V 2 = T. Sia e un autovettore di T corrispondente all autovalore λ. Allora, siccome U 2 = T, abbiamo Poniamo allora col che i=1 (U + λ)(u λ)e = (U 2 λi)e = (T λi)e = 0. v = (U λi)e, Ue = v + λe.

11 Ora, ricordando che e è autovalore di T relativo a λ, Uv = (U 2 λu)e = Te λ(v + λe) = λe. Siccome λ < 0, si deve avere v = 0, altrimenti U avrebbe autovalori negativi. a allora dalla definizione di v segue Ue = λe, e quindi e è anche un autovettore di U relativo a λ. Ripetendo lo stesso ragionamento per V, si trova che U e V hanno la stessa base di autovettori, e dunque, per il teorema spettrale, coincidono. Indicheremo la radice quadrata di T col simbolo T. Siamo ora in grado di dimostrare il principale risultato di questa sezione. Theorem 4.2 (di decomposizione polare). Sia data una deformazione con gradiente F. Allora sono univocamente determinate due estensioni pure U, V e una rotazione R tali che F = RU, F = VR. Dimostrazione. ostriamo dapprima che F T F Sym +. Chiaramente è simmetrico, poi, per ogni v V, v F T Fv = Fv Fv 0. Poi questo prodotto è zero se e solo se Fv = 0, e questo accade se e solo se v = 0, perché F è invertibile. Possiamo ora porre U = F T F Per il teorema precedente, U è univocamente determinata da F e appartiene a Sym +. Si tratta di vedere che R = FU 1 è una rotazione. Evidentemente è univocamente determinata da F. Innanzitutto è definita positiva, perché F e U lo sono (e quindi anche U 1 ). ricordando che U è simmetrica, Poniamo ora Ricordando che R è una rotazione, abbiamo R T R = (U 1 ) T F T FU 1 = U 1 U 2 U 1 = I. V = RUR 1. V T = (RUR 1 ) T = (RUR T ) T = RU T R T = RUR 1 = V. Poi, per ogni vettore v, usando sempre il fatto che R è una rotazione, Vv v = RUR 1 v = R T UR 1 v = Uw w 0 con w = R 1 v. Dalla definitezza positiva di U si ha poi che se il suddetto prodotto scalare è zero, allora R 1 v = 0, ossia che v = 0. Quindi V Sym +, è univocamente determinata da F e dalla sua definizione segue VR = RU = F. 11 Poi,

12 12 Si può poi verificare che V = FF T. Per una deformazione omogenea, il teorema di decomposizione polare implica che χ(x) = χ(o) + RU(X O). Delle deformazioni omogenee viste sopra, solo lo scorrimento non simmetrico (shear) non è una deformazione pura. Un esercizio molto istruttivo è quello di determinarne la decomposizione (nel piano). Poniamo per fissare le idee a = e 1, b = e 2. Allora e F = I + 2σe 1 e 2, F T = I + 2σe 2 e 1 F T F = I +2σ(e 1 e 2 +e 2 e 1 )+4σ 2 (e 2 e 1 )(e 1 e 2 ) = I +2σ(e 1 e 2 +e 2 e 1 )+4σ 2 e 2 e 2 essendo, come si può verificare immediatamente, (b a)(a b) = b b per ogni versore a. Dunque F T ha matrice [ ] 1 2σ 2σ 1 + 4σ 2. Si tratta ora di trovare una matrice U data da [ ] a b U = b c tale che U 2 = Questo equivale al sistema [ ] [ ] a 2 + b 2 ab + bc 1 2σ ab + bc b 2 + c 2 = 2σ 1 + 4σ 2. a 2 + b 2 = 1 b(a + c) = 2σ b 2 + c 2 = 1 + 4σ 2 Sottraendo la prima dalla terza si trova subito (c + a)(c a) = 4σ 2 e moltiplicando ambo i membri per b e usando la seconda, segue subito c = a + 2σb. La prima delle tre equazioni suggerisce ora di porre e sostituendo tutto nella terza risulta che semplificata dà Risolvendo in tg ϑ, si trova subito a = cos ϑ, b = sen ϑ sen 2 ϑ + (cos ϑ + 2σ sen ϑ) 2 = 1 + 4σ 2 σ sen ϑ cos ϑ + σ 2 sen 2 ϑ = σ 2. tg ϑ = σ

13 13 e quindi a = 1, b = σ, 1 + σ σ 2 c = 1 + 2σ2 1 + σ 2. Ora, F è isocora, per cui ha determinante 1, e dunque anche U ha determinante 1. Pertanto [ ] U σ 2 σ =. 1 + σ 2 σ 1 A questo punto per trovare la rotazione R basta fare [ ] [ ] R = FU σ 1 + 2σ 2 σ = = 1 + σ σ σ 2 [ 1 σ σ 1 ] [ cos ϑ sen ϑ = sen ϑ cos ϑ ]. 5. Indifferenza materiale Quando una quantità fisica viene rappresentata per mezzo di coordinate, esse dipendono in generale dal riferimento scelto. Se si vuole poi definire una siffatta quantità per mezzo delle sue coordinate, bisogna fare attenzione a usare combinazioni invarianti. Infatti una quantità fisica non può dipendere dal sistema di riferimento scelto. Ricordiamo che un evento è una coppia del tipo (x, t), dove x è un vettore e t R. A proposito dei sistemi di riferimento, noi ci metteremo in ambito classico e pertanto supporremo valido il seguente Assioma 5.1 (di scelta dell osservatore). Un evento descritto da (x, t) in un riferimento R e lo stesso evento descritto da (x, t ) nel riferimento R sono legati dalle relazioni (5.1) dove Q è una rotazione e a R. x = q + Q(x x 0 ) t = t + a Supponiamo che un vettore v sia definito da v = x 1 x 2 nel riferimento R. Allora, nel riferimento R, avremo v = x 1 x 2 = Q(x 1 x 2 ) = Qv. Analogamente, se T è una trasformazione lineare dello spazio delle traslazioni di E, avremo che diventerà per cui v = Tu v = Qv = QTu = QTQ T u (5.2) T = QTQ T. Per questo motivo diamo la seguente definizione.

14 14 Definizione 5.2. Siano f, v, T dei campi rispettivamente scalari, vettoriali e tensoriali definiti su E in un riferimento R. Essi si diranno materialmente indifferenti se, detti f, v, T i loro valori nel riferimento R, si ha f (x, t ) = f(x, t) v (x, t ) = v(x, t) T (x, t ) = T(x, t) Esempi di tali campi sono, ad esempio, gli autovalori e gli autovettori di un campo tensoriale, la traccia e il determinante di un campo tensoriale, il prodotto scalare, vettoriale e tensoriale di due vettori materialmente indifferenti, la composizione e il prodotto scalare di campi tensoriali materialmente indifferenti. Un esempio di campo vettoriale non materialmente indifferente è la velocità Infatti per cui χ(x, t). χ (x, t ) = d dt (Q(t)χ(x, t)) = Q(t)χ(x, t) + Q χ(x, t) v = Qv + Q(t)χ(x, t) Qv. 6. Rappresentazione euleriana e lagrangiana Capita molto spesso di dover definire una quantità sul corpo B e di volerne valutare il valore in una sua configurazione. Questa sarà ovviamente differente al variare della configurazione scelta. Definizione 6.1. Sia X un insieme e sia f : B X una funzione. Chiameremo rappresentazione lagrangiana di f la funzione L f = f π0 1 : B 0 X, e rappresentazione euleriana di f la funzione E f = f πt 1 : B t X. In questo modo, dalla (2.1) troviamo anche che E f = L f χ 1 oppure anche, indicando, come si fa spesso, con f e F le rappresentazioni euleriana e lagrangiana di f, f(x, t) = F (χ 1 t (x)). Infatti dalla (2.1) segue π t = π0 1 χ 1 t e dunque E f = f πt 1 = f (π0 1 χ 1 t ) = (f π0 1 ) χ 1 t = L f χ 1 t. La principale differenza fra descrizione lagrangiana ed euleriana è la seguente. Nella descrizione lagrangiana tutti i campi sono definiti in funzione della configurazione di riferimento (che spesso in questi casi ha un significato particolare): per esempio, il campo di spostamento u(x, t 1 ) è un campo definito sulla configurazione B 0 e dà lo spostamento all istante t 1 della particella che occupa il posto X in quella configurazione, e in un istante successivo t 2, darà lo spostamento u(x, t 2 ) della stessa particella, ma all istante t 2.

15 Nella descrizione euleriana, i campi sono calcolati in una posizione x che sta in una configurazione deformata, ma questa non ha un particolare significato, perché non esiste una configurazione privilegiata: per esempio, il campo di velocità v(x, t 1 ) dà la velocità della particella che passa in x all istante t 1, mentre v(x, t 2 ) darà la velocità della particella che passa in x all istante t 2, che sarà in generale una particella diversa. La rappresentazione lagrangiana è tipica, ma non esclusiva, dell Elasticità, mentre quella euleriana è preferita in Fluidodinamica. 7. Velocità e accelerazione La quantità più importante che conviene esprimere in termini euleriani è la velocità v = ṗ dove p è un punto del corpo. Porremo V = L v e v = E v. Introduciamo anche il gradiente di velocità grad v (rispetto alle variabili x). Decomponiamo anche il gradiente di velocità in parte simmetrica e antisimmetrica: grad v = D + Ω = 1 2 (grad v + grad vt ) (grad v grad vt ). Il significato di D e Ω è il seguente. Nota all istante t la velocità v(o) di un punto o, la velocità di un punto x allo stesso istante t è ovviamente data da e dunque in prima approssimazione v(x, t) = v(o, t) + grad v(o, t)(x o) + o t (x o) v(x, t) v(o, t) + D(o, t)(x o) + Ω(o, t)(x o). Siccome Ω è antisimmetrica, esiste un vettore ω tale che Ωa = ω a e quindi appare evidente che per calcolare la velocità del punto x, una componente è data da una rotazione del vettore x o. Si può mostrare che ω = 1 rot v, dove rot v è il campo vettoriale che 2 div(v a) = rot v a per ogni campo costante a. Per i motivi detti sopra il vettore ω = 1 rot v viene detto vettore di vorticità. Si può 2 dimostrare inoltre che se D = 0 per ogni x e per ogni t, allora si deve avere v(x, t) = v(o) + ω (x o), cioè il moto è rigido. Il tensore D viene detto tensore velocità di deformazione e giocherà un ruolo fondamentale in seguito. Vogliamo ora introdurre l accelerazione p(t), dove p B. In rappresentazione lagrangiana, essa è data da χ t (X), ma ci interessa di più la sua espressione euleriana a(x, t) = d v(x, t). dt Qui è importante ricordare che x dipende dal tempo, per cui bisogna usare la derivata totale: a(x, t) = v t + (grad v)ẋ = v t + (grad v)v. 15

16 16 Ricordiamo ora la formula di Analisi Vettoriale grad(u v) = (grad u)v + (grad v)u + u rot v + v rot u e osserviamo che ponendo u = v troviamo 1 2 grad(v2 ) = (grad v)v + v rot v e quindi possiamo dare all accelerazione la forma (7.1) a = v t + grad 8. Formula di Eulero ( ) v 2 + rot v v. 2 In questa sezione dimostriamo una importante formula dovuta a Eulero. Data una trasformazione T Lin(R 3 ), sappiamo che il polinomio caratteristico di T ha espressione det(t λi) = λ 3 + i 1 (T)λ 2 i 2 (T)λ + i 3 (T) dove i 1, i 2, i 3 sono i cosiddetti invarianti principali di T i 1 (T) = tr T = λ 1 + λ 2 + λ 3 i 2 (T) = 1 [ (tr T) 2 tr(t 2 ) ] = λ 1 λ 2 + λ 1 λ 3 + λ 2 λ 3 2 i 3 (T) = det T = λ 1 λ 2 λ 3. dove i 1 è lineare in T, i 2 è quadratico in T e i 3 è cubico in T. Proposizione 8.1. Sia ϕ la funzione definita sull insieme delle trasformazioni invertibili di V da ϕ(t) = det T. Allora Dimostrazione. Dϕ(T)[H] = det T tr(ht 1 ). Se λ = 1, abbiamo la formula det(t + I) = 1 + tr T + o(t) per T 0. Sia allora H Lin(V ) e invertibile; abbiamo det(t + H) = det((i + HT 1 )T) = det T det(i + HT 1 ) = det T(1 + tr(ht 1 ) + o(h)) = = det T + det T tr(ht 1 ) + o(h). Poiché l applicazione H det T tr(ht 1 ) è lineare, abbiamo la tesi. Supponiamo ora che T sia una funzione derivabile di t; vale allora il Corollario 8.2. Vale la formula d ) (ṪT dt det T(t) = det T tr 1 dove Ṫ = dt/dt.

17 Dimostrazione. Basta ricordare il teorema di derivazione della funzione composta d f(g(t)) = Df(g(t))[ġ(t)] dt Poniamo J = det F e vogliamo calcolare J. Abbiamo Theorem 8.1. Sia F il gradiente di una deformazione derivabile nel tempo e sia J = det F. Allora dj = J div v. dt Dimostrazione. Innanzitutto J = d ) (ḞF dt det F = det F tr 1. Ora abbiamo (8.1) Ḟ = d dt grad X x(t) = grad X ẋ(t) = grad X v = grad x v grad X X = (grad v)f per cui J = d dt det F = det F tr ( (grad v)ff 1) = J tr grad v. Ricordando che tr grad v = div v, abbiamo la tesi. 9. Teoremi del trasporto Dato un campo tensoriale T di classe C 1, denotiamo con div T il campo vettoriale tale che, per ogni vettore costante a, si abbia div(t T a) = div T a. Iniziamo con un teorema di grandissima importanza per il seguito. Theorem 9.1 (del trasporto o di Reynolds). Sia ψ la rappresentazione euleriana di un campo (x, t) ψ(x, t), scalare o vettoriale, che supponiamo di classe C 1, sia P un sottocorpo di B e sia P t = π t (P ) la sua immagine all istante t. Allora valgono le relazioni ( ) d dψ (9.1) ψ dl n = dt P t P t dt + ψ div v dl n d (9.2) dt t dl n + se ψ è scalare (9.3) d dt ψ dl n ψ = P t P t ψ dl n = P t P t ψ t dl n + ψv n dh n 1 P t P t (ψ v)n dh n 1 se ψ è vettoriale. Dimostrazione. Sia B 0 = π 0 (B) una qualunque configurazione di B non dipendente dal tempo. Abbiamo ψ(x, t) dl n = P t L ψ J dl n. P 0 Osserviamo che il secondo integrale ha ora un dominio di integrazione che non dipende più dal tempo. Pertanto d ψ dl n = d L ψ J dl n = dt P t dt P 0 P 0 d dt (L ψj) dl n. 17

18 18 Ora si ha d dt (L ψj) = J dl ψ dj + L ψ dt dt e quindi, ricordando la formula di Eulero [ d ψ dl n = J dl ] ψ dj + L ψ dl n = J dt P t dt dt P 0 P 0 Osserviamo a questo punto che [ dlψ dt ] + L ψ div v dl n. d dt L ψ = d dt ψ(x, t) = ψ(x, t) = L ψ per cui in definitiva, ritornando alla configurazione attuale, d ψ dl n = J [ L dt ψ + L ψ div v ] ( ) dψ dl n = P t P 0 dt + ψ div v dl n che è la (9.1). Dalla relazione, valida per un generico campo differenziabile scalare ψ, (9.4) div(ψv) = ψ div v + grad ψ v si ricava poi dψ dt + ψ div v = ψ t + grad ψ v + ψ div v = ψ t + div(ψv) per cui la (9.2) nel caso scalare discende dal teorema della divergenza. Dalla relazione, valida per un generico campo differenziabile vettoriale ψ, si ricava poi dψ dt + ψ div v = ψ t div(ψ v) = ψ div v + (grad ψ)v P t + (grad ψ)v + ψ div v = ψ t + div(ψ v) per cui la (9.3) nel caso scalare discende dal teorema della divergenza nella forma div T dl n = Tn dh n 1. P La formula (9.2), così come la sua versione vettoriale, è particolarmente suggestiva: essa dice che la variazione della quantità ψ su P t è data da un contributo nel quale entra la variazione di ψ nel tempo su P t, più il flusso di ψ attraverso la frontiera di P t. Vediamo infine un teorema del trasporto che riguarda la circolazione di un campo vettoriale, ossia, come è noto, l integrale dove dx = (L n ) 3 e γ è una curva chiusa. γ P v dx Definition 9.2. Sia data una curva regolare γ in B. La sua immagine γ t = π t (γ) si dirà curva materiale all istante t.

19 Theorem 9.3 (del trasporto della circolazione). Sia dato un campo vettoriale v di classe C 1. Allora, per ogni curva materiale chiusa γ t, si ha d d v dx = v(x(t), t) dx. dt γ t dt Dimostrazione. per cui ddt v dx = γ t γ t Riparametrizzando opportunamente la curva, avremo 1 v dx = v(γ t (σ), t) γ t 0 σ γ t(σ) dσ 1 0 [ t (v(γ t(σ), t)) σ γ t(σ) + v(γ t (σ), t) t Osserviamo ora che, siccome la curva è materiale, t γ t(σ) = v(γ t (σ), t) e quindi 2 t σ γ t(σ) = 2 σ t γ t(σ) = σ v(γ t(σ), t). a allora, sempre per il fatto che la curva γ è materiale, avremo ] σ γ t(σ) dσ t v(γ t(σ), t) = a(γ t (σ), t) e pertanto troviamo d v dx = dt γ t 1 = a(γ t (σ), t) dx + v(γ t (σ), t) γ t 0 σ v(γ t(σ), t) dσ = a(γ t (σ), t) dx + 1 [ v 2 (γ t (1), t) v 2 (γ t (0), t) ]. γ t 2 Siccome la curva è chiusa, la dimostrazione è completa. 10. assa Vogliamo ora introdurre il primo concetto fondamentale definito su B. Una formulazione assiomatica di questo concetto richiede dapprima il seguente Assioma Esistono un sottoinsieme B m di B e una funzione : B m [0, + ] tali che P B m P e B m P, Q B m P Q B m 19 Da questo assioma è evidente che se P, Q B m, allora anche P Q B m. Inoltre si richiede

20 20 Assioma Se P, Q B m e P Q = O, allora (10.1) (P Q) = (P ) + (Q). Questa struttura non è ancora sufficiente per i nostri scopi, in quanto ci serve poter arrivare a una misura sui sottocorpi. Enunciamo allora l ultimo Assioma La funzione può essere estesa a una misura di Borel su tutti i boreliani dell insieme universo U. Questo per quanto riguarda l esistenza della massa di un sottocorpo. Osserviamo che con la nostra scelta degli insiemi normalizzati di perimetro finito, la (10.1) diviene ((P Q) ) = (P ) + (Q). L ultimo assioma ci permette di affermare che l applicazione P (P ) è una misura, che possiamo scrivere in maniera formale (P ) = dµ. Noi però ci limiteremo al caso in cui sia assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue, per cui esisterà una funzione positiva ρ : B [0, + [ tale che (P ) = ρ dl n. Vale la pena osservare che con questa scelta la (10.1) è verificata. Infatti si può mostrare che se è misurabile, allora L n ( ) = 0, e quindi (P Q) = ((P Q) ) = (P Q)+((P Q) (P Q)) = (P Q) = (P )+(Q) perché è una misura (le misure non sono -additive). Da un punto di vista dinamico la prima richiesta che facciamo è la seguente. Assioma 10.4 (Indifferenza materiale della massa). Per ogni sottocorpo aventi forme P e P in due diversi riferimenti si deve avere P P (P ) = (P ). La proprietà di conservazione della massa discende ora banalmente dal fatto che è definita su B. Possiamo esprimere questo fatto rispetto a dette determinate configurazioni del corpo. Queste proposizioni prendono in generale il nome di equazioni di continuità. In particolare, indicando ancora con la massa dei sottocorpi immersi, avremo per ogni t e per ogni sottocorpo P (P 0 ) = (P ) = (P t ). Indichiamo allora con ρ 0 la densità di massa in una configurazione di riferimento B 0 e con ρ la densità in una generica deformata; avremo ρ 0 dl n = ρ dl n. P 0 P t Theorem 10.1 (Forma locale lagrangiana dell equazione di continuità). Se le funzioni ρ 0, ρ e il determinante J sono funzioni continue, allora per ogni t e per ogni x P t si ha ρ(χ t (X), t)j(x, t) = ρ 0 (X, t).

21 Dimostrazione. segue Dall ultima equazione scritta e dal cambio di variabile negli integrali (ρ 0 (X, t) ρ(x, t)j(x, t)) dl n P 0 per ogni P. Ricordando che x = χ t (X) e prendendo P = B(X, r) si trova (ρ 0 (X, t) ρ(χ t (X), t)j(x, t)) dl n B(X,r) e passando al limite per r 0 + si giunge alla tesi. Spesso l equazione scritta sopra si abbrevia con ρj = ρ 0, nella quale però va ricordato che ρ è l espressione euleriana della densità. Theorem 10.2 (Forma locale euleriana dell equazione di continuità). Se ρ è continua e v è di classe C 1, allora per ogni x, t dρ + ρ div v = 0. dt Dimostrazione. Per ipotesi abbiamo che per ogni t e per ogni configurazione P t ρ dl n = (P ) = cost. P t Allora, dal teorema del trasporto abbiamo ( ) dρ dt + ρ div v dl n = 0 P t per ogni P t. Ponendo P t = B(x, r) e passando al limite si trova la tesi. Come corollario, applicando la (9.2) abbiamo il Corollario Se ρ è continua e v è di classe C 1, allora per ogni x, t d ρ dl n = ρv n dh n 1. dt P t P t Esso afferma che la rapidità di crescita della massa di P t è pari al flusso di massa attraverso la sua frontiera. Per concludere, dimostriamo il Theorem Se ψ è una quantità definita su B, allora per ogni parte P t d ψρ dl n dψ = dt P t P t dt ρ dl n. Dimostrazione. Pertanto Poniamo per semplicità ψ = E ψ e Ψ = L ψ. Osserviamo dapprima che ψρ dl n = ΨρJ dl n = Ψρ 0 dl n. P t P 0 P 0 d ψρ dl n = d Ψρ 0 dl n dψ = dt P t dt P 0 P 0 dt ρ 0 dl n dψ = P t dt ρ dl n. 21

22 22 Il significato di questo risultato è che ρ dl n è una misura su B, e quindi può essere considerato ininfluente nella derivazione rispetto al tempo. Anche se non è strettamente necessario per motivi fisici, supporremo sempre nel seguito che la densità ρ sia non solo strettamente positiva, ma ben staccata da zero, ossia, per ogni x, t, ρ(x, t) ρ > Potenza In questa sezione enunciamo i princìpi basilari della dinamica dei mezzi continui. Cominciamo con una definizione. Definizione Una funzione P (, v) = k j=1 T j grad (j) v dl n tale che T j siano funzioni di classe C j in x, si dirà potenza virtuale di grado k su un insieme normalizzato e di perimetro finito relativa al campo di velocità v. Nelle nostre applicazioni ci interesseranno potenze di gradiente nullo P (, v) = b v dl n e soprattutto quelle di primo gradiente P (, v) = (a v + B : grad v) dl n. Supponiamo che sia definita su B, o su un suo sottocorpo P, una distribuzione di forze per unità di volume (ossia una densità volumetrica di forze) f e sia v un campo di velocità su P. Allora l espressione P (, v) = f v dl n definisce una potenza virtuale (di ordine zero), che è chiaramente la potenza delle forze applicate. Il principio fondamentale che seguiremo è il seguente. Assioma 11.2 (Principio delle potenze virtuali). Per ogni istante t e per ogni sottocorpo, il moto di un corpo continuo è tale che la potenza virtuale totale di tutti gli sforzi applicati al sottocorpo, sia interni che esterni, è nulla qualunque sia il campo di velocità virtuale considerato. Nel caso banale di un punto materiale la potenza della forza impressa si scrive P e = F v mentre quella delle reazioni vincolari sarà chiaramente P r = Φ v. Infine, la potenza delle forze di inerzia sarà P a = ma v. Dal principio delle potenze virtuali troviamo allora (F + Φ ma) v = 0 per ogni campo di velocità virtuale v, e quindi ma = F + Φ.

23 Vediamo ora più in dettaglio il caso del corpo continuo. Quando su di un corpo continuo si esercitano delle sollecitazioni, esso si deforma e allo stesso tempo reagisce. Dunque è naturale supporre che al suo interno esistano delle sollecitazioni che spenderanno potenza su un generico campo di velocità test. Assioma La potenza P (i) degli sforzi interni è una potenza di primo gradiente. Insistiamo sul fatto che questo assioma è in realtà una modellizzazione; nessuno vieta di concepire mezzi continui di gradiente superiore. In teoria, su ogni campo di velocità test le sollecitazioni del corpo possono avere potenza non nulla. Per esempio, se un corpo è rigido, le forze che lo mettono in movimento spenderanno potenza sul campo di velocità (che sarà un atto di moto rigido, della forma v(x, t) = v(x 0 ) + ω (x x 0 )). Però, se un corpo è continuo, ci aspettiamo che dei movimenti rigidi globali non alterino la potenza degli sforzi interni (e anzi è appunto questo che caratterizza questi come sforzi interni). Definizione Un campo di velocità virtuale w tale che D[w] = 0 si dirà rigidificante (o, più semplicemente, rigido) Assioma 11.5 (delle potenze virtuali degli sforzi interni). Per ogni sottocorpo e per ogni campo di velocità virtuale rigidificante w, la potenza virtuale degli sforzi interni è zero. Questo assioma è equivalente alla richiesta che la potenza virtuale degli sforzi interni sia materialmente indifferente. Infatti supposto questo, e dato un campo di velocità rigido, si può considerare il riferimento solidale con questo campo (che è un riferimento ammissibile) e in questo riferimento il campo di velocità virtuale è zero, per cui la potenza P è nulla; essendo essa materialmente indifferente (e scalare), il suo valore deve essere lo stesso in ogni altro sistema di riferimento. Viceversa, ammesso l assioma delle potenze virtuali degli sforzi interni, avremo che in un osservatore in moto rigido rispetto a uno assegnato il campo di velocità virtuale sarà ancora rigido, e quindi la potenza sarà ugualmente zero. Dunque essa è materialmente indifferente. Vediamo ora le restrizioni che l assioma delle potenze virtuali degli sforzi interni impone alla corrispondente potenza. Theorem Esiste un campo tensoriale simmetrico T tale che la potenza degli sforzi interni relativa a un sottocorpo e a un campo di velocità v sia data da P (i) (, v) = T : D dl n. Dimostrazione. Sappiamo per ipotesi che P (i) (, v) = (f v + B : grad v) dl n. Supponiamo per assurdo che f 0 in un punto x. Poiché f è supposto continuo, esisterà un intorno U sul quale f 0 e sul quale le direzioni di f formano un angolo 23

24 24 limitato e inferiore a π/2. È possibile prendere allora un campo di velocità costante w non ortogonale a f su U. Poiché grad w = 0, abbiamo, per una opportuna sfera B(x, r) U, P (i) (B(x, r), w) 0 che è assurdo in quanto w è un particolare campo rigido e B(x, r) un opportuno sottocorpo. Dunque f = 0. Decomponiamo ora il gradiente di velocità grad v = D + Ω e dunque la potenza assume l espressione P (i) (, v) = ( T : D + Φ : Ω) dl n. (Il segno meno è scelto per convenzione). Supponiamo per assurdo che Φ(x) 0 in un punto x. Non è restrittivo supporre che Φ sia antisimmetrico, essendo Ω pure antisimmetrico. Ora ragioniamo in componenti. Sappiamo che esistono sei funzioni φ i, ω i (i = 1, 2, 3) tali che Φ = 0 φ 1 φ 2 φ 1 0 φ 3, Ω = 0 ω 1 ω 2 ω 1 0 ω 3 φ 2 φ 3 0 ω 2 ω 3 0 e si verifica subito che Φ : Ω = tr(φω T ) = 2(φ 1 ω 1 + φ 2 ω 2 + φ 3 ω 3 ) = 2φ ω dove φ e ω sono i vettori rappresentativi di Φ e Ω. Poiché Φ è continua e non nulla in x, esisterà un intorno U di x tale che φ 0 e tale che le sue direzioni formino un angolo limitato inferiore a π/2. Scegliendo ω costante e non ortogonale a φ in nessun punto e considerando il campo di velocità rigido w = 2ω (x x 0 ) abbiamo, per una opportuna sfera B(x, r) U, P (i) (B(x, r), w) 0 che è assurdo in quanto w è un particolare campo rigido e B(x, r) un opportuno sottocorpo. Dunque Ω = 0. Infine, il campo T può essere preso simmetrico, dato che D è simmetrico. Definizione Il campo tensoriale T si chiama tensore degli sforzi di Cauchy. Definizione Una potenza di primo gradiente tale che a = div B si dirà potenza di contatto. Proposizione Una potenza di contatto ha espressione (11.1) P (, v) = v Bn dh n 1 e si ha che se supp v, allora P (, v) = 0. Viceversa, se una potenza ha espressione data dalla (11.1), allora P è una potenza di primo gradiente con coefficienti che verificano la relazione a = div B.

25 Dimostrazione. Abbiamo P (, v) = (a v + B : grad v) dl n = Dall identità vettoriale (11.2) div(b T v) = div B v + B : grad v segue, usando il teorema della divergenza, P (, v) = div(b T v) dl n = (div B v + B : grad v) dl n. B T v n dh n 1 = v Bn dh n 1. Infine, se supp v, si ha v = 0 su e quindi P (, v) = 0. Viceversa, se P soddisfa la (11.1), allora applicando il teorema della divergenza, abbiamo P (, v) = (div B v + B : grad v) dl n e quindi ponendo a = div B, abbiamo la tesi. Supporremo ora che sul corpo agisca un sistema di sollecitazioni esterne associato a una potenza P (e), di primo gradiente. Dunque essa si scrive nella forma (11.3) P (e) (, v) = (f v + C : Ω + Ψ : D) dl n. Il significato dei vari termini presenti nella (11.3) è il seguente: il campo f rappresenta un campo di densità volumetrica di forze ordinarie (come ad esempio la forza di gravità); il campo C è un campo di densità volumetrica di coppie; infatti una coppia di momento m ha potenza m ω, dove ω è il vettore velocità angolare, che è analogo al termine ottenuto sopra. Infine il campo Ψ rappresenta una densità volumetrica di doppie forze simmetriche, che sono limiti per h 0 + di coppie di forze di braccio h e intensità 1/h, sulle quali non insistiamo. Per semplicità, supporremo nulle anche le coppie di volume. Ricordiamo che nel termine f possono comparire anche le forze d inerzia ρa. a non sono queste le uniche sollecitazioni che agiscono sul sottocorpo. Dobbiamo postulare che esista una potenza di contatto che renda ragione delle forze che agiscono sulla superficie di. Poniamo allora P (c) (, v) = t v dh n 1. La scelta di non fare comparire derivate di v nella potenza di contatto è motivata dal fatto che, applicando il teorema della divergenza, in presenza di derivate di v, si sarebbero ottenute derivate di ordine superiore al primo in v, non presenti in alcun altro termine di potenza. Dal principio delle potenze virtuali troviamo allora per ogni e v, ossia P (i) (, v) + P (e) (, v) + P (c) (, v) = 0 (T : D + f v) dl n + t v dh n 1 = 0 25

26 26 e usando l identità (11.2), troviamo (11.4) (div T + f) v dl n + (t Tn) v dh n 1 = 0. Possiamo ora dimostrare il risultato centrale della nostra sezione. Theorem 11.2 (Equazione di bilancio della quantità di moto). Condizione necessaria e sufficiente affinché valga il principio delle potenze virtuali è che (11.5) div T + f = 0 su Tn = t su. Dimostrazione. Supponiamo che sia valido il principio delle potenze virtuali. Allora vale l equazione (11.4) (div T + f) v dl n + (t Tn) v dh n 1 = 0. Prendiamo per v un campo di classe C tale che supp v = N. Allora la parte sul bordo è nulla e (div T + f) v dl n = 0 N per ogni N e per ogni v. Supponendo T C 1 e f C 1 abbiamo immediatamente div T + f = 0 su tutti i punti di N, e quindi di. Quindi la (11.4) si scrive in realtà (t Tn) v dh n 1 = 0. Prendiamo ora per v un campo di classe C tale che supp v = N = U. Allora (t Tn) v dh n 1 = 0 per ogni U e per ogni v. Da qui segue, analogamente a sopra, U Tn = t sui punti di. Viceversa, se sono verificate le (11.5), abbiamo che, per ogni e per ogni campo di velocità test v, P (i) (, v) + P (e) (, v) + P (c) (, v) = 0 cioè proprio il principio delle potenze virtuali. Naturalmente è possibile applicare il principio delle potenze virtuali anche a B stesso; in questo caso il vettore t ha il significato di campo di vettore assegnato sul bordo B. Da quanto detto emerge anche il cosiddetto Theorem 11.3 (di Cauchy sugli sforzi interni). Si ha, per ogni x e per ogni t, t(n) = Tn e quindi lo sforzo specifico superficiale è lineare nella normale.

27 In molti casi è comodo mettere in evidenza la densità di forza b per unità di massa, cosicché, introducendo anche la forza d inerzia f = ρ(b a) Le equazioni sopra dette si chiamano equazioni di bilancio della quantità di moto perché storicamente esse si possono dimostrare dalla conservazione della quantità di moto, che ora è un teorema. Theorem 11.4 (Conservazione della quantità di moto). Vale l equazione di bilancio d ρv dl n = ρb dl n + t dh n 1. dt Dimostrazione. Dal teorema (10.3) e dalle equazioni di bilancio della quantità di moto abbiamo d ρv dl n = ρa dl n = (ρb + div T) dl n = ρb dl n + Tn dh n 1 = dt = ρb dl n + t dh n 1. Anche il bilancio del momento della quantità di moto si deduce dalle considerazioni sin qui fatte. Theorem 11.5 (Conservazione del momento della quantità di moto). Vale l equazione di bilancio d ρv (x x 0 ) dl n = ρb (x x 0 ) dl n + t (x x 0 ) dh n 1. dt Dimostrazione. Dal teorema (10.3) e dalle equazioni di bilancio della quantità di moto abbiamo d ρv (x x 0 ) dl n = ρ d dt dt (v (x x 0)) dl n = = ρ (a (x x 0 ) + v v) dl n = ρa (x x 0 ) dl n = = ρb (x x 0 ) dl n + div T (x x 0 ) dl n. Serve ora la formula di Analisi vettoriale div T u = div(t u) Skw[T grad u] dove abbiamo definito (T u) Lin(V ) mediante (T u)w = Tw u e dove Skw T indica la parte antisimmetrica di T. Poiché però qui u = x x 0, abbiamo grad u = I e quindi, siccome T è simmetrico, Skw T = 0, cioè div T u = div(t u). 27

Le derivate parziali

Le derivate parziali Sia f(x, y) una funzione definita in un insieme aperto A R 2 e sia P 0 = x 0, y 0 un punto di A. Essendo A un aperto, esiste un intorno I(P 0, δ) A. Preso un punto P(x, y) I(P 0, δ), P P 0, possiamo definire

Dettagli

2. Fra tutti i rettangoli inscritti in una circonferenza, determinare quello di area massima.

2. Fra tutti i rettangoli inscritti in una circonferenza, determinare quello di area massima. 2. Fra tutti i rettangoli inscritti in una circonferenza, determinare quello di area massima. 3. Fra tutti i cilindri a base rotonda inscritti in una sfera, determinare quello di volume massimo. 4. Dimostrare

Dettagli

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2016/17

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2016/17 REGISTRO DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2016/17 Cognome e Nome: BISI FULVIO Qualifica: PROFESSORE ASSOCIATO MAT/07 DIPARTIMENTO DI MATEMATICA Insegnamento (6 CFU su un totale di 6+3

Dettagli

Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1. Federico Lastaria. Curve nello spazio Gennaio Lunghezza d arco

Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1. Federico Lastaria. Curve nello spazio Gennaio Lunghezza d arco Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1 Federico Lastaria Curve nello spazio Gennaio 013 Indice 1 Lunghezza d arco 1 1.1 Parametrizzazione alla lunghezza d arco..................... 1. Ogni

Dettagli

4 Autovettori e autovalori

4 Autovettori e autovalori 4 Autovettori e autovalori 41 Cambiamenti di base Sia V uno spazio vettoriale tale che dim V n Si è visto in sezione 12 che uno spazio vettoriale ammette basi distinte, ma tutte con la medesima cardinalità

Dettagli

1. Funzioni implicite

1. Funzioni implicite 1. Funzioni implicite 1.1 Il caso scalare Sia X R 2 e sia f : X R. Una funzione y : (a, b) R si dice definita implicitamente dall equazione f(x, y) = 0 in (a, b) quando: 1. (x, y(x)) X x (a, b); 2. f(x,

Dettagli

Esercizi di Complementi di Matematica (L-Z) a.a. 2015/2016

Esercizi di Complementi di Matematica (L-Z) a.a. 2015/2016 Esercizi di Complementi di Matematica (L-Z) a.a. 2015/2016 Prodotti scalari e forme bilineari simmetriche (1) Sia F : R 2 R 2 R un applicazione definita da F (x, y) = x 1 y 1 + 3x 1 y 2 5x 2 y 1 + 2x 2

Dettagli

(P x) (P y) = x P t (P y) = x (P t P )y = x y.

(P x) (P y) = x P t (P y) = x (P t P )y = x y. Matrici ortogonali Se P è una matrice reale n n, allora (P x) y x (P t y) per ogni x,y R n (colonne) Dim (P x) y (P x) t y (x t P t )y x t (P t y) x (P t y), CVD Ulteriori caratterizzazioni delle matrici

Dettagli

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2014/15

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2014/15 REGISTRO DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2014/15 Cognome e Nome BISI FULVIO Qualifica RICERCATORE CONFERMATO MAT/07 DIPARTIMENTO DI MATEMATICA Insegnamento di FENOMENI DI DIFFUSIONE

Dettagli

Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria: Elettronica. Corso di Geometria ed Algebra Docente F. Flamini

Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria: Elettronica. Corso di Geometria ed Algebra Docente F. Flamini Universita degli Studi di Roma Tor Vergata Facolta di Ingegneria: Elettronica Corso di Geometria ed Algebra Docente F. Flamini Capitolo IV - 3: Teorema Spettrale degli operatori autoaggiunti e Teorema

Dettagli

APPUNTI SULLA DIAGONALIZZAZIONE Corso Prof. F.Podestà, a.a

APPUNTI SULLA DIAGONALIZZAZIONE Corso Prof. F.Podestà, a.a APPUNTI SULLA DIAGONALIZZAZIONE Corso Prof FPodestà, aa 003-004 Sia V uno spazio vettoriale e sia f : V V una applicazione lineare una tale applicazione da uno spazio vettoriale in se stesso è chiamata

Dettagli

P z. OP x, OP y, OP z sono le proiezioni ortogonali di v sugli assi x, y, z, per cui: OP x = ( v i) i. k j. P x. OP z = ( v k) k

P z. OP x, OP y, OP z sono le proiezioni ortogonali di v sugli assi x, y, z, per cui: OP x = ( v i) i. k j. P x. OP z = ( v k) k Richiami di calcolo vettoriale Consideriamo il vettore libero v = OP. Siano P x, P y, P z le proiezioni ortogonali di P sui tre assi cartesiani. v è la diagonale del parallelepipedo costruito su OP x,

Dettagli

SPAZI EUCLIDEI, APPLICAZIONI SIMMETRICHE, FORME QUADRATICHE

SPAZI EUCLIDEI, APPLICAZIONI SIMMETRICHE, FORME QUADRATICHE SPAZI EUCLIDEI, APPLICAZIONI SIMMETRICHE, FORME QUADRATICHE. Esercizi Esercizio. In R calcolare il modulo dei vettori,, ),,, ) ed il loro angolo. Esercizio. Calcolare una base ortonormale del sottospazio

Dettagli

misura. Adesso, ad un arbitrario punto P dello spazio associamo una terna di numeri reali x

misura. Adesso, ad un arbitrario punto P dello spazio associamo una terna di numeri reali x 4. Geometria di R 3. Questo paragrafo è molto simile al paragrafo : tratta infatti delle proprietà geometriche elementari dello spazio R 3. Per assegnare delle coordinate nello spazio, fissiamo innanzitutto

Dettagli

misura. Adesso, ad un arbitrario punto P dello spazio associamo una terna di numeri reali x

misura. Adesso, ad un arbitrario punto P dello spazio associamo una terna di numeri reali x 4. Geometria di R 3. Questo paragrafo è molto simile al paragrafo : tratta infatti delle proprietà geometriche elementari dello spazio R 3. Per assegnare delle coordinate nello spazio, fissiamo innanzitutto

Dettagli

Funzioni di n variabili a valori vettoriali

Funzioni di n variabili a valori vettoriali Funzioni di n variabili a valori vettoriali Ultimo aggiornamento: 22 maggio 2018 1 Differenziale per funzioni da R n in R k Una funzione F : A R n R k può essere vista come una k-upla di funzioni scalari

Dettagli

0.1 Spazi Euclidei in generale

0.1 Spazi Euclidei in generale 0.1. SPAZI EUCLIDEI IN GENERALE 1 0.1 Spazi Euclidei in generale Sia V uno spazio vettoriale definito su R. Diremo, estendendo una definizione data in precedenza, che V è uno spazio vettoriale euclideo

Dettagli

Capitolo IV SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI

Capitolo IV SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI Capitolo IV SPAZI VETTORIALI EUCLIDEI È ben noto che in VO 3 si possono considerare strutture più ricche di quella di spazio vettoriale; si pensi in particolare all operazioni di prodotto scalare di vettori.

Dettagli

Spazi vettoriali euclidei.

Spazi vettoriali euclidei. Spazi vettoriali euclidei Prodotto scalare, lunghezza e ortogonalità in R n Consideriamo lo spazio vettoriale R n = { =,,, n R}, n con la somma fra vettori e il prodotto di un vettore per uno scalare definiti

Dettagli

Funzioni vettoriali di variabile scalare

Funzioni vettoriali di variabile scalare Capitolo 11 Funzioni vettoriali di variabile scalare 11.1 Curve in R n Abbiamo visto (capitolo 2) come la posizione di un punto in uno spazio R n sia individuata mediante le n coordinate di quel punto.

Dettagli

1 Introduzione all operatore di Laplace.

1 Introduzione all operatore di Laplace. CORSO DI ANALISI IN PIÙ VARIABILI II CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA L OPERATORE DI LAPLACE 1 Introduzione all operatore di Laplace. Diamo un esempio di un problema di fisica matematica la cui equazione

Dettagli

25 - Funzioni di più Variabili Introduzione

25 - Funzioni di più Variabili Introduzione Università degli Studi di Palermo Facoltà di Economia CdS Statistica per l Analisi dei Dati Appunti del corso di Matematica 25 - Funzioni di più Variabili Introduzione Anno Accademico 2013/2014 M. Tumminello

Dettagli

I teoremi della funzione inversa e della funzione implicita

I teoremi della funzione inversa e della funzione implicita I teoremi della funzione inversa e della funzione implicita Appunti per il corso di Analisi Matematica 4 G. Mauceri Indice 1 Il teorema della funzione inversa 1 Il teorema della funzione implicita 3 1

Dettagli

p(ϕ) = a 0 Id + a 1 ϕ + + a n ϕ n,

p(ϕ) = a 0 Id + a 1 ϕ + + a n ϕ n, 1. Autospazi e autospazi generalizzati Sia ϕ: V V un endomorfismo. Allora l assegnazione x ϕ induce un morfismo di anelli ρ: K[x] End K (V ). Più esplicitamente, al polinomio p dato da viene associato

Dettagli

NOTE DI ALGEBRA LINEARE v = a 1 v a n v n, w = b 1 v b n v n

NOTE DI ALGEBRA LINEARE v = a 1 v a n v n, w = b 1 v b n v n NOTE DI ALGEBRA LINEARE 2- MM 9 NOVEMBRE 2 Combinazioni lineari e generatori Sia K un campo e V uno spazio vettoriale su K Siano v,, v n vettori in V Definizione Un vettore v V si dice combinazione lineare

Dettagli

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI-ESERCITAZIONI- SEMINARI Anno accademico 2013/14

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI-ESERCITAZIONI- SEMINARI Anno accademico 2013/14 REGISTRO DELLE LEZIONI-ESERCITAZIONI- SEMINARI Anno accademico 2013/14 Cognome e Nome BISI FULVIO Qualifica RICERCATORE CONFERMATO MAT/07 DIPARTIMENTO DI MATEMATICA Insegnamento di FENOMENI DI DIFFUSIONE

Dettagli

Modellistica dei Manipolatori Industriali 01BTT Esame del 18/02/2002 Soluzione

Modellistica dei Manipolatori Industriali 01BTT Esame del 18/02/2002 Soluzione Modellistica dei Manipolatori Industriali BTT Esame del 8/2/22 Soluzione Sistemi di riferimento e cinematica di posizione In Figura a) il manipolatore è stato ridisegnato per mettere in evidenza variabili

Dettagli

Geometria BAER Canale A-K Esercizi 11

Geometria BAER Canale A-K Esercizi 11 Geometria BAER 6-7 Canale A-K Esercizi Esercizio. Scrivere la matrice delle seguenti trasformazioni ortogonali del piano (a Proiezione ortogonale sulla retta x + y = (b Rotazione di π/4 seguita da riflessione

Dettagli

Appunti sul corso di Complementi di Matematica mod. Analisi prof. B.Bacchelli - a.a. 2010/2011.

Appunti sul corso di Complementi di Matematica mod. Analisi prof. B.Bacchelli - a.a. 2010/2011. Appunti sul corso di Complementi di Matematica mod. Analisi prof. B.Baccelli - a.a. 2010/2011. 06 - Derivate, differenziabilità, piano tangente, derivate di ordine superiore. Riferimenti: R.Adams, Calcolo

Dettagli

Funzioni di più variabili a valori vettoriali n t m

Funzioni di più variabili a valori vettoriali n t m Funzioni di più variabili a valori vettoriali n t m Definizione f(x 1, x 2,...x n )=[f 1 (x 1, x 2,...x n ), f 2 (x 1, x 2,...x n ),...f m (x 1, x 2,...x n )] Funzione definita n d m Dove: n = dominio

Dettagli

ax 1 + bx 2 + c = 0, r : 2x 1 3x = 0.

ax 1 + bx 2 + c = 0, r : 2x 1 3x = 0. . Rette in R ; circonferenze. In questo paragrafo studiamo le rette e le circonferenze in R. Ci sono due modi per descrivere una retta in R : mediante una equazione cartesiana oppure mediante una equazione

Dettagli

Rette e piani nello spazio Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1. Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1

Rette e piani nello spazio Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1. Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1 ette e piani nello spazio Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1 Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1 Federico Lastaria federico.lastaria@polimi.it ette e piani nello spazio. 9 Gennaio

Dettagli

Geometria BAER Canale I Esercizi 12

Geometria BAER Canale I Esercizi 12 Geometria BAER Canale I Esercizi Esercizio. x = 0 x = Date le rette r : y = t e s : y = t, si verifichi che sono sghembe e si scrivano le equazioni z = t z = t parametriche di una retta r ortogonale ed

Dettagli

Geometria e Topologia I (U1-4) 2006-mag-10 61

Geometria e Topologia I (U1-4) 2006-mag-10 61 Geometria e Topologia I (U1-4) 2006-mag-10 61 (15.9) Teorema. Consideriamo il piano affine. Se A A 2 (K) è un punto e r una retta che non passa per A, allora esiste unica la retta per A che non interseca

Dettagli

RICHIAMI DI ELETTROMAGNETISMO

RICHIAMI DI ELETTROMAGNETISMO RICHIAMI DI ELETTROMAGNETISMO Equazioni di Maxwell I fenomeni elettrici e magnetici a livello del mondo macroscopico sono descritti da due campi vettoriali, in generale dipendenti dal tempo, E(x, t), H(x,

Dettagli

Massimi e minimi vincolati

Massimi e minimi vincolati Massimi e minimi vincolati Sia f una funzione differenziabile, definita su un aperto A di R N. Se K è un sottoinsieme chiuso e limitato di A, per il teorema di Weierstrass f assume massimo e minimo su

Dettagli

Prodotto scalare. Piani nello spazio Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1. Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1

Prodotto scalare. Piani nello spazio Federico Lastaria, Analisi e Geometria 1. Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1 Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1 Federico Lastaria federico.lastaria@polimi.it Prodotto scalare in R n. Piani nello spazio. 19 Dicembre 2016 Indice 1 Prodotto scalare nello spazio 2

Dettagli

1 Applicazioni lineari

1 Applicazioni lineari 1 Applicazioni lineari 1 Applicazioni lineari 1.1 Definizione Si considerino lo spazio tridimensionale euclideo E e lo spazio vettoriale V ad esso associato. Definizione. 1.1. Sia A una applicazione di

Dettagli

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2015/16

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2015/16 REGISTRO DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2015/16 Cognome e Nome: BISI FULVIO Qualifica: PROFESSORE ASSOCIATO MAT/07 DIPARTIMENTO DI MATEMATICA Insegnamento (6 CFU su un totale di 6+3

Dettagli

Esercizi di Geometria 1 - Foglio 1

Esercizi di Geometria 1 - Foglio 1 Esercizi di Geometria 1 - Foglio 1 Alessandro Rubin (alex.rubin@outlook.com) Si ringrazia Ricardo Tzantzoglou per il codice L A TEX condiviso 22 dicembre 2017 Esercizio 1. Sia V uno spazio vettoriale sul

Dettagli

Insiemi di numeri reali

Insiemi di numeri reali Capitolo 1 1.1 Elementi di teoria degli insiemi Se S è una totalità di oggetti x, si dice che S è uno spazio avente gli elementi x. Se si considerano alcuni elementi di S si dice che essi costituiscono

Dettagli

Alcune nozioni di calcolo differenziale

Alcune nozioni di calcolo differenziale Alcune nozioni di calcolo differenziale G. Mastroeni, M. Pappalardo 1 Limiti per funzioni di piu variabili Supporremo noti i principali concetti algebrici e topologici relativi alla struttura dello spazio

Dettagli

Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Anno Accademico 2017/2018 Meccanica Razionale - Prova teorica del 13/1/2018

Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Anno Accademico 2017/2018 Meccanica Razionale - Prova teorica del 13/1/2018 Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica Anno Accademico 2017/2018 Meccanica Razionale - Prova teorica del 13/1/2018 Nome... N. Matricola... Ancona, 13 gennaio 2018 1. Un sistema rigido piano è costituito

Dettagli

E, la successione di numeri {f n (x 0. n f n(x) (15.1)

E, la successione di numeri {f n (x 0. n f n(x) (15.1) Capitolo 15 15.1 Successioni e serie di funzioni Sia {f n } una successione di funzioni, tutte definite in un certo insieme E dello spazio R n ; si dice che essa è convergente nell insieme E se, comunque

Dettagli

Sviluppi e derivate delle funzioni elementari

Sviluppi e derivate delle funzioni elementari Sviluppi e derivate delle funzioni elementari In queste pagine dimostriamo gli sviluppi del prim ordine e le formule di derivazioni delle principali funzioni elementari. Utilizzeremo le uguaglianze lim

Dettagli

Isometrie e cambiamenti di riferimento

Isometrie e cambiamenti di riferimento Isometrie e cambiamenti di riferimento Isometrie Le isometrie sono trasformazioni del piano o dello spazio che conservano angoli e distanze. Esempi sono le rotazioni del piano, le riflessioni in una retta

Dettagli

La retta nel piano. Supponiamo che la retta r sia assegnata attraverso un suo punto P 0 (x 0, y 0 ) e un vettore v (l, m) che ne indichi la direzione.

La retta nel piano. Supponiamo che la retta r sia assegnata attraverso un suo punto P 0 (x 0, y 0 ) e un vettore v (l, m) che ne indichi la direzione. La retta nel piano Equazioni vettoriale e parametriche di una retta Supponiamo che la retta r sia assegnata attraverso un suo punto P 0 (x 0, y 0 ) e un vettore v (l, m) che ne indichi la direzione. Condizione

Dettagli

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria.

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria. Capitolo 2 Campi 2.1 Introduzione Studiamo ora i campi. Essi sono una generalizzazione dell insieme R dei numeri reali con le operazioni di addizione e di moltiplicazione. Nel secondo paragrafo ricordiamo

Dettagli

Teoria dei mezzi continui

Teoria dei mezzi continui Teoria dei mezzi continui Il modello di un sistema continuo è un modello fenomenologico adatto a descrivere sistemi fisici macroscopici nei casi in cui le dimensione dei fenomeni osservati siano sufficientemente

Dettagli

Compito di Meccanica Razionale

Compito di Meccanica Razionale Compito di Meccanica Razionale Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale 6 Giugno 08 (usare fogli diversi per esercizi diversi) Primo Esercizio i) Assumiamo che Q sia un punto di un corpo rigido piano

Dettagli

20. Prodotto di spazi di misura. I teoremi di Tonelli e di Fubini.

20. Prodotto di spazi di misura. I teoremi di Tonelli e di Fubini. 20. Prodotto di spazi di misura. I teoremi di Tonelli e di Fubini. 20.1. Prodotto di σ-algebre. Definizione 20.1.1. (σ-algebra prodotto. Dati n spazi misurabili (Ω 1, A 1,..., (Ω n, A n, si chiama σ-algebra

Dettagli

Punti di massimo o di minimo per funzioni di n variabili reali

Punti di massimo o di minimo per funzioni di n variabili reali Punti di massimo o di minimo per funzioni di n variabili reali Dati f : A R n R ed X 0 A, X 0 si dice : punto di minimo assoluto se X A, f ( x ) f ( X 0 ) punto di massimo assoluto se X A, f ( x ) f (

Dettagli

Matrici simili, invarianti e decomposizione di matrici 1 / 14

Matrici simili, invarianti e decomposizione di matrici 1 / 14 Matrici simili, invarianti e decomposizione di matrici 1 / 14 Applicazioni lineari 2 / 14 Se X = t [x 1,...,x n ] sono le coordinate di un generico vettore rispetto alla base canonica, possiamo assumere

Dettagli

0.1 Arco di curva regolare

0.1 Arco di curva regolare .1. ARCO DI CURVA REGOLARE 1.1 Arco di curva regolare Se RC(O, i, j, k ) è un riferimento cartesiano fissato per lo spazio euclideo E, e se v (t) = x(t) i + y(t) j + z(t) k è una funzione a valori vettoriali

Dettagli

Ricordiamo brevemente come possono essere rappresentate le rette nel piano: 1) mediante un'equazione cartesiana. = ( p 1

Ricordiamo brevemente come possono essere rappresentate le rette nel piano: 1) mediante un'equazione cartesiana. = ( p 1 Introduzione Nella computer grafica, gli oggetti geometrici sono definiti a partire da un certo numero di elementi di base chiamati primitive grafiche Possono essere punti, rette e segmenti, curve, superfici

Dettagli

Allora esistono δ > 0 e σ > 0 tali che. f(x, y) = 0; (2) la funzione ϕ : ]x 0 δ, x 0 + δ [ R, y = ϕ(x), è derivabile e.

Allora esistono δ > 0 e σ > 0 tali che. f(x, y) = 0; (2) la funzione ϕ : ]x 0 δ, x 0 + δ [ R, y = ϕ(x), è derivabile e. 16 42 Funzioni implicite Il seguente teorema fornisce una condizione sufficiente affinché, data un equazione della forma f(x, ) = 0, sia possibile determinare come funzione della x Teo 11 (Teorema della

Dettagli

Cognome Nome Matricola Codice ESEMPIO 1

Cognome Nome Matricola Codice ESEMPIO 1 Cognome Nome Matricola Codice ESEMPIO 1 [1]. (***) Definizione di derivata di una funzione in un punto. Sia A R N ; sia a A; sia f : A R M ; sia f differenziabile in a; allora la derivata di f in a è...

Dettagli

Similitudine (ortogonale) e congruenza (ortogonale) di matrici.

Similitudine (ortogonale) e congruenza (ortogonale) di matrici. Lezione del 4 giugno. Il riferimento principale di questa lezione e costituito da parti di: 2 Forme bilineari, quadratiche e matrici simmetriche associate, 3 Congruenza di matrici simmetriche, 5 Forme

Dettagli

Coordinate cartesiane e coordinate omogenee

Coordinate cartesiane e coordinate omogenee Coordinate cartesiane e coordinate omogenee Fissiamo nel piano un sistema di riferimento cartesiano ortogonale O, x, y, u. Ad ogni punto P del piano possiamo associare le coordinate cartesiane (x, y),

Dettagli

Analisi Matematica 2. Continuità, derivabilità e differenziabilità

Analisi Matematica 2. Continuità, derivabilità e differenziabilità Docente: E. G. Casini Università degli Studi dell Insubria DIPATIMENTO DI SCIENZA E ALTA TECNOLOGIA Corso di Studio in Matematica e Fisica Analisi Matematica ichiami di Teoria ed Esercizi con Svolgimento

Dettagli

Prodotto scalare e norma

Prodotto scalare e norma Capitolo 7 Prodotto scalare e norma Riprendiamo ora lo studio dei vettori da un punto di vista più geometrico. È noto, per esempio dalla Fisica, che spesso è comodo visualizzare un vettore del piano o

Dettagli

Daniela Lera A.A

Daniela Lera A.A Daniela Lera Università degli Studi di Cagliari Dipartimento di Matematica e Informatica A.A. 2016-2017 Richiami Algebra Lineare Spazio normato Uno spazio lineare X si dice normato se esiste una funzione

Dettagli

Prodotto scalare e ortogonalità

Prodotto scalare e ortogonalità Prodotto scalare e ortogonalità 12 Novembre 1 Il prodotto scalare 1.1 Definizione Possiamo estendere la definizione di prodotto scalare, già data per i vettori del piano, ai vettori dello spazio. Siano

Dettagli

Esonero di Analisi Matematica II (A)

Esonero di Analisi Matematica II (A) Esonero di Analisi Matematica II (A) Ingegneria Edile, 8 aprile 3. Studiare la convergenza del seguente integrale improprio: + x log 3 x (x ) 3 dx.. Studiare la convergenza puntuale ed uniforme della seguente

Dettagli

Trapani. Dispensa di Geometria, x 1 x 2.x n. (x 1 y 1 ) (x n y n ) 2.

Trapani. Dispensa di Geometria, x 1 x 2.x n. (x 1 y 1 ) (x n y n ) 2. 2006 Trapani Dispensa di Geometria, 1 Distanze Siano P e Q punti di R n con P di coordinate allora la distanza tra P e Q e P Q = x 1 x 2 x n (x 1 y 1 ) 2 + (x n y n ) 2 e Q di coordinate Siano Σ 1 e Σ

Dettagli

Esercizio 2. Consideriamo adesso lo spazio di funzioni V = {f : [0, 1] R}. Dire quali dei seguenti insiemi di funzioni sono sottospazi.

Esercizio 2. Consideriamo adesso lo spazio di funzioni V = {f : [0, 1] R}. Dire quali dei seguenti insiemi di funzioni sono sottospazi. 1 Esercizi 1.1 Spazi vettoriali Studiare gli insiemi definiti di seguito, e verificare quali sono spazi vettoriali e quali no. Per quelli che non lo sono, dire quali assiomi sono violati. x 1, x 2, x 3

Dettagli

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2017/18

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PAVIA REGISTRO. DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2017/18 REGISTRO DELLE LEZIONI ESERCITAZIONI SEMINARI Anno accademico 2017/18 Cognome e Nome: BISI FULVIO Qualifica: PROFESSORE ASSOCIATO MAT/07 DIPARTIMENTO DI MATEMATICA Insegnamento (6 CFU su un totale di 6+3

Dettagli

LeLing12: Ancora sui determinanti.

LeLing12: Ancora sui determinanti. LeLing2: Ancora sui determinanti. Ārgomenti svolti: Sviluppi di Laplace. Prodotto vettoriale e generalizzazioni. Rango e determinante: i minori. Il polinomio caratteristico. Ēsercizi consigliati: Geoling

Dettagli

Mauro Saita Gennaio Equazioni cartesiane di rette e equazioni parametriche di piani Esempi...

Mauro Saita   Gennaio Equazioni cartesiane di rette e equazioni parametriche di piani Esempi... ette e piani in ette e piani in. Esercizi e-mail: maurosaita@tiscalinet.it Gennaio 2016. Indice 1 Equazioni parametriche della retta 2 1.1 Esempi........................................ 2 2 Equazione cartesiana

Dettagli

Analisi Matematica II - INGEGNERIA Gestionale - B 20 luglio 2017 Cognome: Nome: Matricola:

Analisi Matematica II - INGEGNERIA Gestionale - B 20 luglio 2017 Cognome: Nome: Matricola: Analisi Matematica II - INGEGNERIA Gestionale - B luglio 7 Cognome: Nome: Matricola: IMPORTANTE: Giustificare tutte le affermazioni e riportare i calcoli essenziali Esercizio [8 punti] Data la matrice

Dettagli

1 Ampliamento del piano e coordinate omogenee

1 Ampliamento del piano e coordinate omogenee 1 Ampliamento del piano e coordinate omogenee Vogliamo dare una idea, senza molte pretese, dei concetti che stanno alla base di alcuni calcoli svolti nella classificazione delle coniche. Supponiamo di

Dettagli

10. Il gruppo Speciale Lineare SL(V )

10. Il gruppo Speciale Lineare SL(V ) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 10. Il gruppo Speciale Lineare SL(V ) Siano F un campo e V uno spazio vettoriale di dimensione n su F. Indichiamo con GL(V ) l insieme delle applicazioni lineari biiettive di V in sé.

Dettagli

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA MECCANICA A.A PROVA SCRITTA DI GEOMETRIA DEL Corsi dei Proff. M. BORDONI, A.

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA MECCANICA A.A PROVA SCRITTA DI GEOMETRIA DEL Corsi dei Proff. M. BORDONI, A. CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA MECCANICA A.A. - PROVA SCRITTA DI GEOMETRIA DEL -- Corsi dei Proff. M. BORDONI, A. FOSCHI Esercizio. E data l applicazione lineare L : R 4 R 3 definita dalla matrice A = 3

Dettagli

Analisi Matematica 2. Michele Campiti. Prove scritte di. Ingegneria Industriale a.a

Analisi Matematica 2. Michele Campiti. Prove scritte di. Ingegneria Industriale a.a Michele Campiti Prove scritte di Analisi Matematica 2 Ingegneria Industriale a.a. 20 202 Grafico della funzione f(x, y) := sin(2x 2 y) cos(x 2y 2 ) in [ π/2, π/2] 2 Raccolta delle tracce di Analisi Matematica

Dettagli

Geometria analitica del piano pag 12 Adolfo Scimone

Geometria analitica del piano pag 12 Adolfo Scimone Geometria analitica del piano pag 12 Adolfo Scimone Fasci di rette Siano r e r' due rette distinte di equazioni r: ax + by + c r': a' x + b' y + c' Consideriamo la retta combinazione lineare delle due

Dettagli

Teorema delle Funzioni Implicite

Teorema delle Funzioni Implicite Teorema delle Funzioni Implicite Sia F una funzione di due variabili definita in un opportuno dominio D di R 2. Consideriamo l equazione F (x, y) = 0, questa avrà come soluzioni coppie di valori (x, y)

Dettagli

Condizione di allineamento di tre punti

Condizione di allineamento di tre punti LA RETTA L equazione lineare in x e y L equazione: 0 con,,, e non contemporaneamente nulli, si dice equazione lineare nelle due variabili e. Ogni coppia ; tale che: 0 si dice soluzione dell equazione.

Dettagli

2. Funzioni reali di più variabili reali

2. Funzioni reali di più variabili reali Corso di Laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni - A.A.2001-2002 Traccia del corso di Analisi Matematica L-B 2. Funzioni reali di più variabili reali Riferimenti. Minnaja:Matematica Due, par.3.1-3.4

Dettagli

EH. Equazioni di Hamilton

EH. Equazioni di Hamilton EH. Equazioni di Hamilton Iniziamo questo capitolo con un osservazione di carattere preliminare. Consideriamo, per esempio, un sistema differenziale costituito da N equazioni ciascuna del secondo ordine,

Dettagli

Matematica. Corso integrato di. per le scienze naturali ed applicate. Materiale integrativo.

Matematica. Corso integrato di. per le scienze naturali ed applicate. Materiale integrativo. Corso integrato di Matematica per le scienze naturali ed applicate Materiale integrativo http://www.dimi.uniud.it/biomat/ Paolo Baiti 1 Lorenzo Freddi 1 1 Dipartimento di Matematica e Informatica, Università

Dettagli

22 Coniche proiettive

22 Coniche proiettive Geometria e Topologia I (U1-4) 2006-giu-06 95 22 Coniche proiettive (22.1) Definizione. Sia K[x 0, x 1,..., x n ] l anello dei polinomi nelle indeterminate (variabili) x 0, x 1,..., x n. Un polinomio di

Dettagli

Corso di laurea: Ingegneria aerospaziale e meccanica Programma di Fondamenti di Analisi Matematica II a.a. 2013/14 Docente: Fabio Paronetto

Corso di laurea: Ingegneria aerospaziale e meccanica Programma di Fondamenti di Analisi Matematica II a.a. 2013/14 Docente: Fabio Paronetto Corso di laurea: Ingegneria aerospaziale e meccanica Programma di Fondamenti di Analisi Matematica II a.a. 2013/14 Docente: Fabio Paronetto Gli argomenti denotati con un asterisco tra parentesi (e solo

Dettagli

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria.

Riassumiamo le proprietà dei numeri reali da noi utilizzate nel corso di Geometria. Capitolo 2 Campi 2.1 Introduzione Studiamo ora i campi. Essi sono una generalizzazione dell insieme R dei numeri reali con le operazioni di addizione e di moltiplicazione. Nel secondo paragrafo ricordiamo

Dettagli

x 1 Fig.1 Il punto P = P =

x 1 Fig.1 Il punto P = P = Geometria di R 2 In questo paragrafo discutiamo le proprietà geometriche elementari del piano Per avere a disposizione delle coordinate nel piano, fissiamo un punto, che chiamiamo l origine Scegliamo poi

Dettagli

Analisi Matematica 1 e Matematica 1 Geometria Analitica: Rette

Analisi Matematica 1 e Matematica 1 Geometria Analitica: Rette Analisi Matematica 1 e Matematica 1 Geometria Analitica: Rette Annalisa Amadori e Benedetta Pellacci amadori@uniparthenope.it pellacci@uniparthenope.it Università di Napoli Parthenope Contenuti Nel Piano

Dettagli

Appendice 3. Rotazioni

Appendice 3. Rotazioni Appendice 3. Rotazioni Indice 1 Tensori ortogonali 2 2 Rotazioni e simmetrie in uno spazio di dimensione 2 2 3 Tensori ortogonali in uno spazio di dimensione 3 4 4 Rotazioni in uno spazio di dimensione

Dettagli

Il Teorema Spettrale. 0.1 Applicazioni lineari simmetriche ed hermitiane

Il Teorema Spettrale. 0.1 Applicazioni lineari simmetriche ed hermitiane 0.1. APPLICAZIONI LINEARI SIMMETRICHE ED HERMITIANE 1 Il Teorema Spettrale In questa nota vogliamo esaminare la dimostrazione del Teorema Spettrale e studiare le sue conseguenze per quanto riguarda i prodotti

Dettagli

Vettori applicati. Capitolo Richiami teorici. Definizione 1.1 Un sistema di vettori applicati Σ è un insieme

Vettori applicati. Capitolo Richiami teorici. Definizione 1.1 Un sistema di vettori applicati Σ è un insieme Capitolo 1 Vettori applicati 1.1 Richiami teorici Definizione 1.1 Un sistema di vettori applicati Σ è un insieme {(P i,v i ), P i E, v i V, i = 1,...,N}, (1.1) dove P i è detto punto di applicazione del

Dettagli

1 Rette e piani in R 3

1 Rette e piani in R 3 POLITECNICO DI MILANO. FACOLTÀ DI INGEGNERIA INDUSTRIALE. Analisi e Geometria 1. Sez. D - G. Docenti: Federico G. Lastaria, Mauro Saita, Nadir Zanchetta,. 1 1 Rette e piani in R 3 Una retta parametrizzata

Dettagli

LEZIONE 12. Y = f(x) = f( x j,1 f(e j ) = x j,1 A j = AX = µ A (X),

LEZIONE 12. Y = f(x) = f( x j,1 f(e j ) = x j,1 A j = AX = µ A (X), LEZIONE 1 1.1. Matrice di un applicazione lineare. Verifichiamo ora che ogni applicazione lineare f: R n R m è della forma µ A per un unica A R m,n. Definizione 1.1.1. Per ogni j 1,..., n indichiamo con

Dettagli

ATTENZIONE: : giustificate le vostre argomentazioni! Geometria Canale 3. Lettere J-PE (Prof P. Piazza) Esame scritto del 12/02/2014. Compito A.

ATTENZIONE: : giustificate le vostre argomentazioni! Geometria Canale 3. Lettere J-PE (Prof P. Piazza) Esame scritto del 12/02/2014. Compito A. Geometria Canale. Lettere J-PE (Prof P. Piazza) Esame scritto del 12/02/2014. Compito A. Nome e Cognome: Numero di Matricola: Esercizio Punti totali Punteggio 1 7 2 6 6 4 6+1 5 6+2 Totale 1+ ATTENZIONE:

Dettagli

Superfici. V. Tibullo, rev.1, 04/04/2006.

Superfici. V. Tibullo, rev.1, 04/04/2006. uperfici. Tibullo, rev.1, 04/04/2006. 1 Integrali di superficie Consideriamo una superficie nello spazio tridimensionale R 3. Il concetto di superficie è noto dalla geometria elementare e non se ne darà

Dettagli

1 Coniche. s (x, y, t ) (1) 1 (x, y, t )F r 2

1 Coniche. s (x, y, t ) (1) 1 (x, y, t )F r 2 1 Coniche Studieremo le curve nel piano euclideo, cioè nel piano con un sistema di riferimento cartesiano ortogonale fissato, oppure nel completamento proiettivo di questo piano, ottenuto con l introduzione

Dettagli

AM2: Tracce delle lezioni- IX Settimana INSIEMI DI LIVELLO, MINIMI VINCOLATI PRINCIPIO DEI MOLTIPLICATORI DI LAGRANGE

AM2: Tracce delle lezioni- IX Settimana INSIEMI DI LIVELLO, MINIMI VINCOLATI PRINCIPIO DEI MOLTIPLICATORI DI LAGRANGE AM2: Tracce delle lezioni- IX Settimana INSIEMI DI LIVELLO, MINIMI VINCOLATI PRINCIPIO DEI MOLTIPLICATORI DI LAGRANGE Sia g C 1 R 2 ), c R. L insieme γ = γ c := {x, y) R 2 : gx, y) = c} si chiama insieme

Dettagli

Equazione di Laplace

Equazione di Laplace Equazione di Laplace. Introduzione Si da il nome di operatore di Laplace o laplaciano all operatore differenziale u = u xx + u yy + u zz in tre dimensioni, o agli analoghi in dimensioni diverse. L operatore

Dettagli

II Università degli Studi di Roma

II Università degli Studi di Roma Versione preliminare gennaio TOR VERGATA II Università degli Studi di Roma Dispense di Geometria. Capitolo 3. 7. Coniche in R. Nel Capitolo I abbiamo visto che gli insiemi di punti P lineare di primo grado

Dettagli

Analisi Matematica II Corso di Ingegneria Gestionale Compito del f(x, y) = tan(2x 2 + 3y 2 )

Analisi Matematica II Corso di Ingegneria Gestionale Compito del f(x, y) = tan(2x 2 + 3y 2 ) Analisi Matematica II Corso di Ingegneria Gestionale Compito del 7-9- - È obbligatorio consegnare tutti i fogli, anche la brutta e il testo - Le risposte senza giustificazione sono considerate nulle Esercizio

Dettagli

LEZIONE 23. ax 2 + bxy + cy 2 + dx + ey + f

LEZIONE 23. ax 2 + bxy + cy 2 + dx + ey + f LEZIONE 23 23.1. Riduzione delle coniche a forma canonica. Fissiamo nel piano un sistema di riferimento Oxy e consideriamo un polinomio di grado 2 in x, y a meno di costanti moltiplicative non nulle, diciamo

Dettagli

11 luglio Soluzione esame di geometria - Ing. gestionale - a.a COGNOME... NOME... N. MATRICOLA... ISTRUZIONI

11 luglio Soluzione esame di geometria - Ing. gestionale - a.a COGNOME... NOME... N. MATRICOLA... ISTRUZIONI COGNOME.......................... NOME.......................... N. MATRICOLA............. La prova dura ore. ISTRUZIONI Ti sono stati consegnati tre fogli, stampati fronte e retro. Come prima cosa scrivi

Dettagli