1 Quine, Due dogmi dell empirismo in Filosofia del linguaggio, Milano, Cortina, p. 111.
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- Raimonda Giuliano
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1 Traduzione di parti selezionate del capitolo 4 di Alexander Miller Philosophy of language London, Routledge 1998 Traduzione di Elisa Paganini La traduzione che segue ha finalità didattiche. Chiunque riscontri errori, refusi, frasi poco comprensibili è invitato a fare le opportune segnalazioni alla traduttrice per . Le note contrassegnate con NdT sono della traduttrice. Capitolo 4 Quine sull analiticità [ ] In questo capitolo considereremo un atteggiamento negativo nei confronti del significato: lo scetticismo. Nelle sezioni discuteremo l attacco di Quine alla distinzione analitico/sintetico. [ ] 4.1 L attacco di Quine alla distinzione analitico/sintetico: introduzione La distinzione fra verità analitiche e verità sintetiche è stata ampiamente trattata nel capitolo 3. Si ricordi che Ayer ha definito un enunciato analitico vero come un enunciato che è vero solo in virtù dei sensi delle parti costitutive, e ha cercato di usare questa definizione dell analiticità per sviluppare un resoconto delle verità a priori. Gli enunciati veri a posteriori sono quelli la cui verità non dipende solamente da fatti sul senso, e nella prospettiva positivista tali enunciati sono fattualmente significanti, per il fatto di essere in via di principio suscettibili di verifica empirica. Allo stesso modo, la distinzione fra analitico e sintetico ha svolto un ruolo importante nella distinzione di Carnap fra strutture logiche e strutture fattuali: una struttura logica è una struttura linguistica tale che ogni domanda interna in essa formulabile è analitica; una struttura fattuale è una struttura tale che almeno alcune delle domande interne in essa formulabili sono sintetiche. In questa sezione introduciamo l attacco di Quine alla distinzione analitico/sintetico nel suo articolo del 1951 Due dogmi dell empirismo, uno degli articoli più autorevoli della filosofia del ventesimo secolo. L obiettivo polemico di Quine è stata la teoria logica del significato proposta dai positivisti e la distinzione di Carnap fra domande interne e domande esterne. Ma come vedremo, l attacco di Quine si estende ben al di là del positivismo logico e minaccia le nostre intuizioni sul significato. 4.2 L argomento dei Due dogmi (parte I) L articolo di Quine è diviso in due parti principali. Nelle prime quattro sezioni egli argomenta che nessun filosofo è mai riuscito a fornire una spiegazione accettabile della nozione di analiticità. Nelle ultime due sezioni egli si occupa esplicitamente della teoria del significato proposta dai positivisti logici, le teoria verificazionista. Sostiene che per quanto si possa dar conto della nozione di analiticità proposta dai positivisti logici, il concetto di analiticità non può essere applicato ad alcunché: non ci sono verità analitiche. Introdurremo le due sezioni finali dell articolo di Quine nella sezione 4.4. In questa sezione presentiamo la struttura dell argomento di Quine nelle prime quattro sezioni dei Due dogmi considerando il suo rifiuto di due distinti tentativi compiuti dai filosofi per spiegare la nozione di analiticità. Quine considera innanzitutto il tentativo di Kant di spiegare l analiticità nella Critica della ragion pura. Secondo Kant, un asserto analitico è un asserto che attribuisce al suo soggetto niente di più di ciò che è già contenuto concettualmente nel soggetto. 1 Ci sono due problemi principali con la caratterizzazione di Kant. Innanzitutto la nozione di contenuto concettuale non è nient altro che una metafora, e necessita di spiegazione proprio come la stessa nozione di analiticità. Che cosa significa esattamente dire che il concetto scapolo contiene il concetto maschio non sposato in età da matrimonio? In secondo luogo, la caratterizzazione kantiana si limita a asserti della forma 1 Quine, Due dogmi dell empirismo in Filosofia del linguaggio, Milano, Cortina, p. 111.
2 2 soggetto-predicato. La definizione kantiana non si applica ad asserti che non abbiano questa forma. Per esempio si consideri Maria beve con coloro con cui sbevazza o Giovanni mangia quello che ingoia. Intuitivamente questi asserti sono veri solo in virtù del significato: non dobbiamo osservare il comportamento di Maria o Giovanni per sapere che sono veri. Il tentativo di Kant di definire una verità analitica come una verità la cui negazione incorre in una contraddizione non ha sorte migliore. Quine scrive: Ma questa definizione spiega ancora poco; la nozione di autocontraddittorietà, infatti, nel senso molto ampio richiesto per questa definizione di analiticità, ha bisogno di essere chiarita come la stessa nozione di analiticità. Le due nozione sono le due facce di una stessa dubbia moneta. 2 Una piccola precisazione è qui opportuna. Si consideri una presunta verità analitica come Se Giovanni è uno scapolo, allora non è sposato. L idea di Kant è che l analiticità di questo asserto consiste nel fatto che la sua negazione è una autocontraddizione. Ma che cos è un auto-contraddizione? Un modo di caratterizzare un autocontraddizione è per via sintattica: un auto-contraddizione è semplicemente un qualunque asserto che ha la forma sintattica P P [che si legge P e non P ]. Chiamiamola la nozione sintatticamente ristretta di auto-contraddizione. Questa nozione può ben essere compresa, ma non ci aiuta a spiegare l analiticità, giacché Giovanni è uno scapolo sposato non ha la forma sintattica P P. Pertanto abbiamo bisogno di una nozione più ampia della nozione sintattica ristretta. Ma Quine sostiene che delineare una nozione ampia di auto-contraddizione che includa Giovanni è uno scapolo sposato non è un compito più facile di quello di spiegare la nozione stessa di analiticità. Entrambi i tentativi di Kant di spiegare l analiticità sono pertanto inadeguati. Quine passa quindi a considerare un resoconto più moderno di analiticità, un resoconto da attribuire nelle sue linee essenziali a Frege. Molto grossolanamente, le verità analitiche sono caratterizzate come quelle che possono essere dimostrate o provate usando solo le leggi logiche e le definizioni come premesse. Le leggi logiche [o verità logiche] sono quegli asserti che sono veri e restano veri per qualunque interpretazione delle parti che li costituiscono, ad esclusione del vocabolario logico. Il vocabolario logico consiste di parole come non, e, o, se..allora, nessuno, e così via. Nessun uomo non sposato è sposato conta pertanto come una legge logica [o verità logica], giacché è vera e rimane vera per tutte le reinterpretazioni del suo vocabolario non logico (per esempio, Nessun inglese non lavato è lavato, Nessuno scozzese non pio è pio, ecc.). Una volta che è stata introdotta questa nozione di legge logica [o verità logica], possiamo dire che una verità analitica è qualunque asserto che sia o (a) una legge logica o (b) sia derivabile da leggi logiche utilizzando solo definizioni come premesse. Pertanto Nessun uomo non sposato è sposato è analitica in base ad (a). Ma che cosa dire di Nessuno scapolo è sposato che non è una legge logica (infatti per esempio Nessun gallese è sposato è falso)? Questo asserto risulta essere analitico in base alla caratterizzazione freghiana perché è derivabile da una legge logica usando solo definizioni come premesse. La derivazione può essere presentata informalmente come segue: (1) Nessun uomo non sposato è sposato (legge logica) (2) Uno scapolo è un uomo non sposato (definizione di scapolo ) (3) Nessuno scapolo è sposato (da (1) e (2)) Il fatto che Nessuno scapolo è sposato è derivabile in questo modo mostra che è analitico in base a (b). Quine impiega un certo spazio per sostenere che questa caratterizzazione freghiana di analiticità non è soddisfacente così com è. Il problema principale è che gli asserti analitici di tipo (b) devono essere caratterizzati come quelli derivabili da leggi logiche per mezzo di definizioni corrette. Senza questa condizione riguardo alla correttezza, il resoconto di Frege sull analiticità ci permetterebbe per esempio di provare che, per esempio, Nessun filosofo è sposato è una verità analitica! Si consideri 2 Ibid., p. 111.
3 3 (1) Nessun uomo non sposato è sposato (legge logica) (2) Un filosofo è un uomo non sposato (definizione di filosofo ) (3) Nessun filosofo è sposato (da (1) e (2)) Il problema qui è chiaramente che la definizione di filosofo è scorretta. Ma che cosa significa dire che una definizione è corretta o scorretta? La strategia di Quine, a questo punto, è sostenere che la risposta a questa domanda presuppone una risposta alla nostra domanda originaria, tuttora priva di risposta, sull analiticità. Un modo di rispondere alla domanda sulla definizione è il seguente: una definizione è corretta se e solo se il termine definito e il termine definiente sono sinonimi. Ma ora dobbiamo fornire un resoconto di sinonimia. Che cosa significa dire che due espressioni sono sinonime? Quine considera l ipotesi che due espressioni F e G sono sinonime ogniqualvolta sono intersostituibili salva veritate. Dire che F e G sono intersostituibili salva veritate è semplicemente dire che ogniqualvolta abbiamo un enunciato che contiene F, possiamo sempre sostituire G a F senza cambiare il valore di verità dell intero enunciato (e viceversa, ogniqualvolta abbiamo un enunciato che contiene G, possiamo sempre sostituire F a G senza cambiare il valore di verità dell intero enunciato). E plausibile questo tentativo di spiegare la sinonimia? Se funziona, lo possiamo usare per spiegare la nozione di definizione corretta, e possiamo allora usare quella nozione per caratterizzare l analiticità in base all idea freghiana. Ma secondo Quine questo tentativo di spiegare la sinonimia è senza speranza. La plausibilità del resoconto di sinonimia in termini di intersostituibilità dipenderà dalla ricchezza del linguaggio in cui operiamo. Per incominciare, supponiamo che il nostro linguaggio sia estensionale: 3 un linguaggio i cui enunciati sono formalizzabili usando solo il vocabolario standard del calcolo predicativo del prim ordine con l identità. 4 E facile vedere che l intersostituibilità salva veritate non è una condizione sufficiente per la sinonimia. Creatura con reni e creatura con cuore sono co-estensionali, e pertanto intersostituibili salva veritate in un tale linguaggio, ma non sono sinonimi in base a qualunque criterio si adotti [ ]. Qui il problema è che è un semplice caso della natura che creatura con reni e creatura con cuore siano co-estensionali e pertanto intersostituibili salva veritate. Per escludere questo tipo di situazione dobbiamo avere gli strumenti linguistici per esprimere il pensiero che due predicati, ad esempio, sono più che semplicemente co-estensionali. In altre parole dovremmo utilizzare un linguaggio che include un avverbio modale come necessariamente, e che è pertanto più ricco del calcolo predicativo standard del prim ordine con l identità. Questo ci permetterebbe di dire che due espressioni sono sinonime se e solo se sono necessariamente intersostituibili salva veritate. E questo ci garantirebbe che creatura con reni e creatura con cuore non vanno considerati sinonimi in base al nostro resoconto della sinonimia: sebbene siano co-estensionali, non sono necessariamente co-estensionali, giacché possiamo piuttosto facilmente immaginare mondi possibili 5 in cui ci sono creature coi reni ma senza cuore. Pertanto, creatura con cuore e creatura con reni non sono necessariamente intersostituibili salva veritate e pertanto non vanno considerati come sinonimi in base al nostro resoconto di sinonimia. Ma ora dobbiamo affrontare il nuovo problema: rendere conto di necessariamente. Che cosa significa dire che è vero Necessariamente P? Quine dice che non può dire niente di diverso da P è analitico: Ma possiamo ammettere un linguaggio che contiene [ necessariamente ]? Ha davvero senso tale avverbio? Supporre che esso abbia significato vuol dire supporre che si sia già 3 NdT In un linguaggio estensionale due espressioni sono sostituibili salva veritate se e solo se hanno la stessa estensione (due termini singolari hanno la stessa estensione se e solo se si riferiscono allo stesso oggetto, due espressioni predicative hanno la stessa estensione se e solo se si applicano veridicamente allo stesso insieme di oggetti). 4 NdT Il linguaggio del prim ordine con identità è il linguaggio costituito dai seguenti simboli: costanti individuali, costanti predicative, connettivi, quantificatori, identità. 5 La nozione di mondo possibile risale a Leibniz. Kripke ha utilizzato questa nozione per rendere rigorosa la logica modale (la logica modale rende conto degli operatori necessariamente e possibilmente ).
4 4 riusciti a dare un senso soddisfacente ad analitico. Ma non è appunto ciò per cui stiamo lavorando con tanta fatica? 6 Siamo pertanto tornati al punto di partenza. Per spiegare l analiticità in base al programma freghiano dovremmo spiegare la nozione di definizione corretta, per spiegare la nozione di definizione corretta dovremmo spiegare la nozione di sinonimia, e per spiegare la nozione di sinonimia dovremmo spiegare il significato di necessariamente, che a sua volta richiede una spiegazione di analiticità! Il tentativo kantiano e quello freghiano di spiegare l analiticità pertanto falliscono perché presuppongono la nozione di analiticità o nozioni altrettanto poco chiare quanto quella di analiticità in qualche passaggio della loro presunta spiegazione. Nella parte rimanente delle prime quattro sezioni dei Due dogmi, Quine considera molti altri tentativi di spiegare l analiticità, e fa sempre essenzialmente la stessa obiezione. Conclude che giacché non è stata fornita alcuna caratterizzazione comprensibile della distinzione fra analitico e sintetico, abbiamo l evidenza che non c è semplicemente una distinzione coerente al riguardo. Quanta plausibilità ha questo attacco di Quine contro l analiticità presentato nelle prime quattro sezioni del suo articolo? Prima di rispondere a questa domanda, dobbiamo fare una pausa per fare tre commenti sulla natura dell attacco quiniano. Commento 1. Si noti che sebbene i cavalli di battaglia di Quine siano i tentativi kantiani e freghiani di spiegare l analiticità, il suo vero obiettivo è la caratterizzazione neopositivista dell analiticità intesa come verità solo in virtù del significato. Possiamo considerare le spiegazioni kantiane e freghiane come tentativi di spiegare che cosa vuol dire che un asserto è vero solo in virtù del significato. Dal momento che falliscono, non hanno fornito una spiegazione della caratterizzazione neopositivista dell analiticità. Commento 2. Possiamo forse fare qui una critica ad hominem a Quine. Si tenga presente l osservazione di Quine in base alla quale una verità logica in generale è un asserto che è e rimane vero, per ogni reinterpretazione delle sue componenti diverse dalle particelle logiche. 7 Ora Quine è ben contento di approvare una classe di verità logiche: la sua preoccupazione è quella di mettere in discussione se c è un qualche modo coerente in cui questa nozione può essere utilizzata per caratterizzare una classe di verità analitiche. Ma Quine non sembra rendersi conto che i suoi argomenti contro l analiticità si ritorcono contro la sua stessa caratterizzazione di verità logica. Si consideri x((fx Gx) Gx). Chiaramente questa conta come una verità logica. Ma Tutti i tassi agevolati sono tassi è [un modo di interpretare le costanti predicative di questa formula]. Ed è falsa se le due occorrenze di tasso hanno significati diversi (ad esempio se la prima occorrenza fa riferimento a un rapporto percentuale fra quantità e il secondo si riferisce a un animale). Quine pertanto deve includere nella sua definizione di verità logica una qualche stipulazione per stabilire che le espressioni sostituite sono sinonime. Ad esempio, nel caso preso in esame, la stipulazione richiede che le occorrenze di tasso che sostituiscono le occorrenze di F siano sinonime. Questo mostra che se l attacco di Quine alla nozione di sinonimia ha successo, la sua stessa definizione di verità logica è messa in difficoltà. Commento 3. L attacco di Quine alla nozione di analiticità è, fra le altre cose, un attacco all idea che gli enunciati abbiano significato. Questa idea è espressa molto chiaramente in un passaggio di In difesa di un dogma, una replica repentina a Due dogmi, di Paul Grice e Peter Strawson: Se parlare di sinonimia fra enunciati è privo di significato, allora sembra che parlare di enunciati che hanno un qualche significato debba essere anch esso privo di significato. Infatti se fosse sensato parlare di enunciati che hanno un significato, o che significano qualcosa, allora presumibilmente dovrebbe avere senso chiedere Che cosa significa? E se ha senso chiedere di un enunciato Che cosa significa? allora la sinonimia fra enunciati può essere grossolanamente definita come segue: Due enunciati sono sinonimi se e solo se qualunque 6 Quine, Due dogmi dell empirismo in Filosofia del linguaggio, Milano, Cortina, p Quine, Due dogmi dell empirismo in Filosofia del linguaggio, Milano, Cortina, p. 113.
5 5 risposta vera alla domanda Che cosa significa? posta riguardo ad uno di essi è una risposta vera alla stessa domanda posta riguardo all altro enunciato [ ] Se dobbiamo abbandonare la nozione di sinonimia fra enunciati perché priva di senso, dobbiamo abbandonare la nozione di significato di un enunciato (di un enunciato che ha significato) perché anch essa priva di senso. Ma allora forse possiamo abbandonare la stessa nozione di senso. 8 Questo mostra che l attacco di Quine è molto più radicale di quanto possa apparire all inizio. Una cosa è abbandonare una distinzione filosofica, una cosa completamente diversa è abbandonare la nozione intuitiva che c è una cosa che è il significato degli enunciati. Quine sta pertanto argomentando a sostegno di una versione radicale di scetticismo: non c è alcun fatto che permetta di stabilire che cosa significhi un qualunque enunciato o espressione linguistica. 4.3 Critiche a Due dogmi (parte I) La principale obiezione che Quine muove ai tentativi kantiano e freghiano di spiegare l analiticità è che sono circolari: in qualche parte della spiegazione devono presupporre la nozione stessa di analiticità, o qualche altra nozione collegata come ad esempio definizione corretta, sinonimia, o necessità che è altrettanto problematica. Questa obiezione sembra dipendere dall assunzione che un presunto concetto non sia pienamente intellegibile se non ammette una definizione esplicita non circolare. Una definizione esplicita di un concetto P, per esempio, è costituita da un insieme di condizioni necessarie e sufficienti per l esemplificazione di P: x è P se e solo se Fx. Una definizione esplicita non è circolare quando il concetto P (o qualunque concetto la cui definizione presuppone P) non compare nel lato destro, nella caratterizzazione di F. Che questa assunzione sottenda l argomento di Quine è chiaro se si osserva che quasi tutti i tentativi di sviluppare, ad esempio, la definizione freghiana di analiticità sono esclusi perché l analiticità o uno dei suoi affini compare o è presupposto nel lato destro della presunta definizione. Per esempio, supponendo che s sia un enunciato, la definizione s è analitico se e solo se s è derivabile da leggi logiche e definizioni è esclusa perché la spiegazione di definizione nel lato destro ha senso solo se si presuppone infine la nozione stessa di analiticità. Chiamiamo questa assunzione: assunzione socratica di Quine. 9 E giustificata? Ad una prima considerazione, sembra imporre una condizione troppo forte all intelligibilità di un concetto. Non ci sono forse molti concetti che noi comprendiamo perfettamente ma che non riescono a soddisfare questa condizione? Prendiamo i concetti di colore per esempio. Possiamo comprendere molto bene enunciati che contengono concetti di colore (o almeno occorrerebbe raggiungere un alto livello di implausibilità filosofica per negare che li comprendiamo), ma nessuno è mai riuscito a fornire un insieme non circolare di condizioni necessarie e sufficienti per l applicazione corretta, ad esempio, di rosso o blu o verde. [ ] Queste considerazioni rendono evidente che l assunzione socratica di Quine può costituire solo una pretesa circoscritta, una pretesa imposta ad alcune espressioni del linguaggio in considerazione ma non tutte. Se la natura della pretesa è circoscritta, allora Quine deve spiegare perché analitico è una delle espressioni che devono sottostare a questa pretesa. Che tipo di spiegazione può fornire Quine? Dovrebbe fondarsi su qualche caso che mostri la parola analitico particolarmente problematica, forse perché in pratica siamo sempre esitanti riguardo alla sua 8 Grice e Strawson, In Defence of a Dogma, p Così chiamata perché è il fondamento della strategia adottata da Socrate nei dialoghi di Platone. Per esempio, in La Repubblica Socrate chiede una definizione esplicita e non circolare di bene e giustizia.
6 6 applicazione. Quine si avvicina a una spiegazione del genere nel passaggio seguente: Io non so se l asserto Ogni cosa verde è estesa è analitico. Ora, la mia incomprensione in questo caso si deve davvero a una comprensione incompleta, al fatto che non riesco ad afferrare completamente i significati di verde e esteso? Io non credo. Il problema non sono tanto verde ed esteso, ma analitico. 10 Ammettiamolo, proviamo una certa esitazione di fronte a questo esempio. Ma a Quine non basta mostrare che di tanto in tanto esitiamo sull applicazione dei concetti per rispondere alla nostra provocazione, ma deve mostrare che tale esitazione è ampiamente diffusa. Grice e Strawson ( In Defence of a Dogma, pp ) hanno sostenuto in modo convincente che non è così, giacché (a) una certa padronanza dei concetti analitico e sintetico può facilmente essere impartita ai principianti e (b) anche coloro che hanno una formazione filosofica molto modesta tendono, senza sforzo, a concordare sul loro uso riguardo a casi nuovi (pensa alla tua reazione agli esempi che coinvolgono Maria e Giovanni nella sezione 4.2). E anche nei casi isolati in cui sembra esserci un po di esitazione, l esitazione non può essere sicuramente attribuibile alla presenza di analitico : Se, come dice Quine, la difficoltà è con analitico, allora la difficoltà dovrebbe scomparire quando la parola analitico è messa da parte. Pertanto, mettiamola da parte, e sostituiamola con la parola che Quine stesso ha contrapposto ad analitico assegnandogli una maggiore perspicuità la parola vero. L indecisione scompare improvvisamente? Noi pensiamo di no. L indecisione su analitico (così come, in questo caso, l indecisione su vero ) deriva ovviamente da un ulteriore indecisione: cioè quella che proviamo quando siamo messi di fronte a domande come un punto luminoso verde deve essere considerato esteso o no? Come succede frequentemente in questi casi, l esitazione deriva dal fatto che i confini di applicazione delle parole non sono determinati dall uso per tutte le possibili situazioni. Ma l esempio che Quine ha scelto è particolarmente inadatto per sostenere la sua tesi, perché è molto evidente che le nostre esitazioni non sono attribuibili in questo caso alle oscurità di analitico. 11 La nostra conclusione è pertanto che la pretesa socratica di Quine sulla legittimazione dei concetti sembra irragionevole e immotivata. Il fatto che analitico non soddisfi quella pretesa non stabilisce che sia incomprensibile, non più di quanto il fatto che non lo soddisfino verde, rosso, ecc. stabilisca l inintelligibilità dei concetti di colore. La linea argomentativa di Quine nelle prime quattro sezioni dei Due dogmi non riesce a mostrare che l analiticità e i concetti affini sono inintelligibili. 4.4 L argomento dei Due dogmi (parte II) Nelle ultime due sezioni dei Due dogmi, Quine ci invita a considerare se la teoria verificazionista del significato ci possa fornire una delucidazione soddisfacente dell analiticità. Ricordiamo che la teoria verificazionista del significato è stata la dottrina in base alla quale il significato di un asserto consiste nel metodo attraverso cui può essere confermato o rifiutato empiricamente. Questo sembra fornirci un criterio appropriato di sinonimia: due enunciati sono sinonimi se il loro metodo di verifica empirica è lo stesso. In base a questa definizione di sinonimia possiamo fornire una definizione di analiticità: gli asserti analitici sono quelli che sono sinonimi delle verità logiche (si vedano i paragrafi precedenti) o, in altre parole, gli asserti analitici sono quegli asserti che sarebbero verificati dall esperienza qualunque cosa possa accadere. Possiamo esprimere questo pensiero in un altro modo. La verità di un enunciato è una funzione di due cose: del suo significato da una parte e del modo in cui è il mondo dall altra. Per esempio, l erba è verde è vero, e questo in funzione del fatto che significa che l erba è verde e che l erba è di fatto verde. Se l enunciato avesse significato che Newcastle è in Scozia sarebbe stato 10 Quine, Due dogmi dell empirismo in Filosofia del linguaggio, Milano, Cortina, p Grice e Strawson, In defence of a dogma, p. 153.
7 7 falso. Possiamo pertanto considerare gli enunciati come dotati sia di una componente fattuale che di una componente linguistica. Gli enunciati analitici possono ora essere analizzati come quelli le cui componenti fattuali sono vacue e vuote. Quine prende di mira il resoconto appena fornito: nega che la teoria verificazionista del significato possa fornire una caratterizzazione plausibile dell analiticità. Non lo può fare perché si fonda su un assunzione sbagliata: l assunzione che gli asserti individuali, presi isolatamente, possano ammettere conferma o rifiuto. Questa assunzione si dimostra falsa in base alla dottrina quiniana dell olismo epistemologico, in base al quale gli asserti significanti si confrontano col tribunale dell esperienza non individualmente, ma in massa: le nostre asserzioni sul mondo esterno affrontano il tribunale dell esperienza sensibile non individualmente ma solo come un ente collettivo. 12 Quando si confrontano con un esperienza recalcitrante un esperienza che è in contrasto con la teoria che intratteniamo attualmente sul mondo dobbiamo rivedere quella teoria. Ma in linea di principio ogni parte della teoria può essere abbandonata, a condizione che vengano fatti cambiamenti opportuni nelle altre parti della teoria: quale parte della teoria debba di fatto essere abbandonata sarà stabilito da criteri puramente pragmatici, come la conservazione della semplicità e la riduzione al minimo di esperienze recalcitranti in futuro. A differenza dell olismo esposto da Ayer (si veda sezione 3.7) l olismo di Quine non è modesto, ma illimitato: anche gli asserti che verrebbero considerati analitici dai positivisti, come gli asserti della logica e della matematica, sono in linea di principio rivedibili razionalmente: La scienza nella sua totalità è come un campo di forza le cui condizioni al contorno coincidono con l esperienza. Un conflitto con l esperienza in periferia determina riaggiustamenti nella parte interna del campo. I valori di verità devono essere redistribuiti in modi diversi ad alcuni dei nostri asserti. La diversa valutazione di alcuni asserti implica la diversa valutazione di altri, per via dei loro reciproci rapporti logici e le leggi logiche sono a loro volta soltanto ulteriori asserti del sistema, ulteriori elementi del campo. Avendo valutato diversamente un asserto, siamo costretti a valutarne diversamente altri, che possono essere asserti logicamente connessi con il primo oppure possono essere essi stessi asserti di connessioni logiche. Ma il campo nella sua totalità è così indeterminato dalle sue condizioni al contorno, cioè l esperienza, che c è un ampia possibilità di scelta riguardo a quali asserti valutare in modo diverso alla luce di una singola esperienza contraria. 13 L immagine olistica implica che non ci sono asserti della teoria che sono in linea di principio immuni da revisione razionale. Ne segue che la nozione di analiticità, così come è caratterizzata dalla teoria verificazionista del significato, semplicemente non riesce ad avere alcuna applicazione. Nell immagine verificazionista, le verità analitiche sono quegli asserti che sono confermati qualunque cosa possa accadere (sono immuni dalla revisione razionale sulla base all esperienza) perché le loro componenti fattuali sono vuote; gli asserti sintetici sono quelli che sono contingentemente legati all esperienza giacché le loro componenti fattuali non sono vuote. L olismo di Quine sembra distruggere questa distinzione: E un fraintendimento parlare del contenuto empirico di un asserto individuale soprattutto se si tratta di un asserto assolutamente lontano dalla periferia esperienziale del campo. Inoltre, diventa assurdo cercare un confine tra asserti sintetici, che valgono in base all esperienza, e asserti analitici, che valgono qualunque cosa succeda. Qualunque asserto può essere considerato vero qualunque cosa succeda, se facciamo aggiustamenti sufficientemente drastici altrove nel sistema. Perfino un asserto molto vicino alla periferia può essere considerato vero di fronte a un esperienza contraria adducendo a giustificazione l allucinazione o correggendo certi asserti del tipo chiamato leggi logiche. Inversamente, e per gli stessi motivi, nessun 12 Quine, Due dogmi dell empirismo in Filosofia del linguaggio, Milano, Cortina, p Ibid., p. 132.
8 8 asserto è immune da revisione. È stata proposta perfino la revisione della legge logica del terzo escluso, come mezzo per semplificare la meccanica quantistica; e che differenza c è, in linea di principio, tra questo cambiamento e quello con cui Keplero ha sostituito Tolomeo, o Einstein Newton, o Darwin Aristotele? 14 In altre parole, la distinzione fra componenti linguistiche e fattuali di un enunciato individuale, distinzione dalla quale dipende il resoconto verificazionista della distinzione analitico/sintetico, è diventata irriconoscibile in base all olismo. Ancora una volta, la conclusione di Quine è che non ci è stata fornita una distinzione comprensibile fra analitico e sintetico. 14 Ibid., p. 132.
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