L approccio innatista (2/2)
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- Angela Grimaldi
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1 L approccio innatista (2/2)
2 Molte ricerche hanno dimostrato che i bambini di pochi mesi di vita conoscono molto di più sugli oggetti e sul loro comportamento di quanto originariamente ipotizzato da Piaget Ipotesi dell esistenza di qualche forma di predisposizione innata sottostante alle precoci capacità cognitive mostrate dai bambini 2
3 LA COGNIZIONE NELLA PRIMA INFANZIA: l innatismo moderno Come può essere spiegata e interpretata la presenza tanto precoce di queste capacità? INNATISMO RAPPRESENTAZIONALE (e.g., Carey & Spelke, 1994; Wynn, 1992) versus NEUROSCIENZE COGNITIVE dello SVILUPPO (e.g., Elman et al., 1996; de Schonen, 2002; Johnson, 1993; Karmiloff-Smith, 1994; Nelson, 2003) 3
4 LA COGNIZIONE NELLA PRIMA INFANZIA: l innatismo moderno Le precoci competenze mostrate dai bambini nei primi mesi di vita hanno indotto molti ricercatori ad abbracciare una visione della cognizione e del suo sviluppo come fortemente PREDETERMINATI, ossia vincolati da predisposizioni e sistemi di conoscenze fortemente dominio-specifiche. 4
5 LA COGNIZIONE NELLA PRIMA INFANZIA: l innatismo moderno Il bambino innatista Il bambino è in grado fin dalla nascita di elaborare informazioni relative a diversi domini di conoscenza. Le capacità infantili sono basate su principi innati specificati attraverso la selezione naturale per consentire allʼindividuo di interagire con successo con lʼambiente circostante. Fin dalla nascita, la cognizione è specializzata nellʼelaborazione di input dominio-specifici in grado di mediare funzioni cognitive complesse. 5
6 3 giorni 2 mesi 4 mesi 7 mesi p = 1.0 p = 1.0 p = 1.0 p = 0.33 p = giorni 2 mesi 5 mesi 8 mesi 6
7 Cosa differenzia la conoscenza degli oggetti posseduta dai bambini di poche settimane di vita da quella, sicuramente più ricca e sofisticata, posseduta dai bambini più grandi e dagli adulti? Per interpretare il comportamento degli oggetti nell ambiente che li circonda i bambini e gli adulti fanno riferimento allo stesso nucleo di conoscenze di base, o vi è una differenza di natura qualitativa nei principi che guidano la conoscenza della realtà alle diverse età? 7
8 LA COGNIZIONE NELLA PRIMA INFANZIA: l innatismo moderno Lʼontogenesi ricapitola la filogenesi. Lo sviluppo è il processo attraverso il quale le istruzioni contenute nel nostro patrimonio genetico, selezionate nel corso della filogenesi, vengono eseguite in assenza di perturbazioni esterne. Alcuni contenuti di conoscenza sono specificati per via innata; lo sviluppo consiste in un processo di puro arricchimento di questo iniziale nucleo di conoscenze. Lʼambiente e lʼesperienza fungono da innesco, attraverso il quale le conoscenze specificate per via innata si manifestano. Lʼambiente non può alterare in nessun modo il corso dello sviluppo 8
9 LE POSIZIONI INNATISTE PIU ESTREME: l innatismo rappresentazionale da dove proviene la conoscenza che l uomo possiede delle proprietà degli oggetti che popolano il suo ambiente? Innatismo rappresentazionale p.d.v. EMPIRISTA p.d.v. INNATISTA Molte delle conoscenze di cui il bambino dispone non gli derivano né dall esperienza, né dall azione sul mondo, ma sono parte del suo patrimonio biologico. Ciò che è innato sono le RAPPRESENTAZIONI, ossia la conoscenza, e NON i processi attraverso i quali l individuo costruisce la conoscenza. 9
10 l innatismo rappresentazionale di E. Spelke da dove proviene la conoscenza che l uomo possiede delle proprietà degli oggetti del mondo fisico e delle leggi della fisica che ne regolano il comportamento? Elizabeth Spelke p.d.v. EMPIRISTA la conoscenza sugli oggetti del mondo fisico deriva interamente dagli incontri con tali oggetti p.d.v. INNATISTA la conoscenza del mondo fisico è presente prima e indipendentemente dagli incontri con gli oggetti 10
11 l innatismo rappresentazionale di Spelke I bambini nascono con conoscenze (rappresentazioni) dominiospecifiche sugli oggetti del mondo fisico. Le rappresentazioni (conoscenze) presenti alla nascita consentono al bambino di interpretare l esperienza. La precocità delle competenze dimostrate dai bambini rende difficile ipotizzare che le competenze in questione vengano apprese in tempi tanto brevi Nei primi mesi di vita i bambini non hanno a disposizione la manipolazione come strumento per ottenere informazione circa le proprietà degli oggetti, ma possono basarsi quasi esclusivamente sull informazione visiva 11
12 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) Il modello di Spelke è basato su 2 PRINCIPI: Core knowledge thesis Active representation thesis Le conoscenze dominio-specifiche che i bambini possiedono alla nascita sulla fisica sono le stesse che costituiscono il nucleo del pensiero maturo dell adulto sul mondo fisico I bambini sono capaci non solo di rappresentarsi, ma anche di ragionare sulle proprietà del mondo fisico 12
13 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) 1. Core knowledge thesis I bambini vengono al mondo muniti di un insieme di principi dominio-specifici, che costituiscono il nucleo del pensiero maturo dell adulto sul mondo fisico. Lo sviluppo cognitivo NON implica cambiamenti e rivoluzioni concettuali radicali. La comprensione del mondo viene ARRICCHITA e AMPLIATA nel corso dello sviluppo, ma non riorganizzata. Lo sviluppo implica l arricchimento di un nucleo di conoscenze che rimane costante. 13
14 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) Principio dell avere confini: 2 punti giacciono su oggetti distinti solo se non c è alcun percorso che connette il primo al secondo Principio della coesione: 2 punti giacciono su uno stesso oggetto solo se c è un percorso che li collega fatto di punti Principio della rigidità: gli oggetti non cambiano forma mentre si muovono Principio della continuità: gli oggetti si muovono solo su percorsi continui, non saltano da un punto a un altro Principio della solidità: 2 oggetti non possono occupare lo stesso spazio, quindi un oggetto si muove solo su un percorso non ostruito da altri oggetti Principio dell assenza di azione a distanza: gli oggetti non agiscono uno sull altro a meno che non entrino in contatto tra loro Principio della gravità: gli oggetti cadono in assenza di supporto Principio di inerzia: gli oggetti non cambiano velocità o direzione in modo improvviso e spontaneo 14
15 La maggior parte dei principi che costituiscono Core Knowledge utilizzano indici spazio-temporali cinetici Principi di coesione e continuità Principio dell assenza di azione a distanza 15
16 LA TEORIA DI SPELKE (1990, 1992) 1) La conoscenza di alcuni dei principi che governano la percezione degli oggetti e del loro comportamento è specificata per via innata presente alla nascita INNATO = oppure, pur essendo specificato per via innata deve attendere la maturazione delle aree corticali per attivarsi deve attendere una specifica esperienza percettiva o motoria che funga da innesco per la loro attivazione 16
17 LA TEORIA DI SPELKE (1990, 1992) 2) Una parte della conoscenza di alcuni dei principi che governano la percezione degli oggetti e del loro comportamento viene appresa APPRESA = molto rapidamente durante la prima infanzia attraverso gli stessi meccanismi che vincolano l iniziale percezione degli oggetti 17
18 LA TEORIA DI SPELKE (1990, 1992) In questo senso lo sviluppo non implica cambiamenti e rivoluzioni concettuali radicali, ma un arricchimento e un ampliamento della conoscenza. Es.: a 4 mesi i bambini conoscono il principio di SOLIDITA. Attraverso un arricchimento delle conoscenze iniziali, a 6 mesi giungono a conoscere il principio di GRAVITA. 18
19 LE POSIZIONI INNATISTE PIU ESTREME: l innatismo rappresentazionale di Spelke I bambini di 4 mesi sono sensibili al principio di solidità degli oggetti Solo verso i 6 mesi mostrano sorpresa quando viene violato il principio di gravità [Spelke et.al., 1992] 19
20 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) Gli stessi principi dominio-specifici guidano il bambino: Nella percezione degli oggetti La segmentazione di scene visive complesse in oggetti separati è guidata da principi o vincoli innati, validi per tutte le modalità sensoriali (visiva, acustica, tattile), che operano in modo automatico ogni volta che il bambino percepisce una configurazione visiva, una configurazione di suoni o un oggetto tramite il tatto. Questi principi mettono in grado il bambino (e l adulto) di distinguere la presenza di un singolo oggetto o di più oggetti, quando sono adiacenti o si coprono parzialmente l uno con l altro. 20
21 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) Nel ragionamento su come gli oggetti si comportano La rappresentazione e il ragionamento sul comportamento degli oggetti inanimati del mondo fisico avviene in accordo con alcuni principi o vincoli relativi al movimento degli oggetti. Gli stessi principi consentono al bambino di segmentare il flusso degli eventi organizzando e dando un senso al comportamento degli oggetti in accordo con i principi della fisica. 21
22 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) 2. Le ORIGINI della conoscenza (Active representation thesis): I bambini sono capaci di rappresentarsi e di ragionare sugli aspetti e sulle proprietà del mondo fisico. Il bambino non è solo in grado di percepire gli oggetti in accordo con i principi della fisica, ma è anche in grado di utilizzare questi principi per compiere inferenze circa aspetti del mondo dei quali non ha esperienza percettiva diretta. 22
23 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) Per esempio i bambini mostrano di applicare i principi della fisica anche sugli oggetti che sono al di fuori del loro campo visivo Esperimenti di Baillargeon, 1987 (bambini di mesi) I bambini colgono la permanenza di un oggetto non più visibile e sanno ragionare sui possibili effetti che la presenza di tale oggetto può provocare sugli eventi visibili 23
24 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) La sequenza degli eventi mostrata ai bambini durante l esperimento di Baillargeon [1987] (bambini di mesi) 24
25 La sequenza degli eventi mostrata ai bambini durante l esperimento di Baillargeon [1987] (bambini di mesi) 25
26 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) Esperimenti di Baillargeon, 1987 (bambini dai 3 ai 7 mesi) Bambini di 3-4mesi incremento dell attenzione per evento impossibile nel quale l oggetto non impedisce allo schermo di ruotare. Bambini di 4 mesi sanno considerare la relazione tra l altezza dell oggetto e l angolo di rotazione che è concessa allo schermo. Bambini di 6-7 mesi sanno discriminare tra gli effetti esercitati sulla rotazione dello schermo da un oggetto rigido e da un oggetto soffice e comprimibile 26
27 IL MODELLO DI SPELKE (1990, 1992) Esperimenti di Baillargeon, 1987 (bambini di 3 ai 7 mesi) Rappresentazione di un oggetto non più visibile + Conoscenza del vincolo della solidità lo schermo non può ruotare occupando lo stessa posizione nello spazio che è già occupata dall oggetto non più visibile. I bambini colgono la permanenza di un oggetto non più visibile e sanno ragionare sui possibili effetti che tali oggetti possono avere. 27
28 LA TEORIA DI SPELKE (1990, 1992) Le implicazioni per lo sviluppo: I bambini piccoli conoscono molto di più sul mondo degli oggetti di quanto ritenesse Piaget, anche se non conoscono tutto. La mente del bambino non è assalita da stimoli caotici e indifferenziati, ma è attrezzata per incanalare, organizzare e interpretare l informazione sensoriale. Lo sviluppo procede in modo CONTINUO. Non implica rivoluzioni concettuali. Il pensiero maturo dellʼadulto sul mondo fisico è il risultato un lungo periodo di apprendimento relativo al modo in cui oggetti dotati di particolari proprietà si comportano in particolari circostanze, piuttosto che della scoperta di nuove regole che guidano il comportamento degli oggetti. 28
29 LA TEORIA DI SPELKE (1990, 1992) Le implicazioni per lo sviluppo: Il ruolo dell ambiente e dell esperienza si riduce a quello di INNESCO. Attraverso l esperienza i principi e le conoscenze specificate per via innata si arricchiscono sempre di più. Lo studio dei processi che guidano la comprensione del mondo alla nascita e nella prima infanzia può aiutare a indagare i processi che operano nella mente adulta. Offre la possibilità di isolare tali processi da tutte le nozioni che si sviluppano nel tempo e che arricchiscono i principi di base del funzionamento della cognizione nell adulto. 29
30 DALL APPROCCIO COGNITIVISTA DERIVANO INNATISMO RAPPRESENTAZIONALE TEORIA MODULARE DELLA MENTE assume la presenza alla nascita di una ricca struttura rappresentazionale, costituita da conoscenze dominio-specifiche innate [Spelke 1990] assume che l architettura della mente sia vincolata da un organizzazione altamente dominio-specifica innata, rigida e immutabile, non modificabile ad opera dell esperienza [Fodor 1983] SVILUPPO inteso come ESTRINSECAZIONE di PREDISPOSIZIONI e CONOSCENZE DOMINIO-SPECIFICHE INNATE 30
31 LA TEORIA MODULARE DI FODOR (1983) HIP FODOR ARCHITETTURA della MENTE DOMINIO-SPECIFICA ARCHITETTURA della MENTE di tipo MODULARE Forte legame tra tesi innatista e architettuta dominio-specifica della cognizione 31
32 LA TEORIA MODULARE DI FODOR (1983) La mente umana è composta da: trasduttori sensoriali facoltà verticali: sistemi di input o moduli facoltà orizzontali: processi centrali L informazione proveniente dall ambiente passa attraverso un sistema di trasduttori sensoriali, che trasformano i dati nei formati che ciascun sistema di input (modulo) specializzato può elaborare. Ogni modulo fornisce dati in uscita in un formato comune, indipendente dal dominio, che è adatto ad essere elaborato dai processi centrali. 32
33 LA TEORIA MODULARE DI FODOR (1983) PROCESSI CENTRALI MODULO LIMGUISTICO MODULO MATEMATICO MODULO PER I VOLTI TRASDUTTORI SENSORIALI INPUT SENSORIALI 33
34 Modulo LA TEORIA MODULARE DI FODOR (1983) è un calcolatore deputato all analisi degli input sensoriali, specializzato per una particolare categoria di input. Sono sistemi che fungono da interfaccia tra il sistema cognitivo e la realtà esterna. L analisi avviene in modo automatico, veloce e bottom-up, ossia è guidata dal basso a partire dalle condizioni di stimolazione e non dall alto a partire dai concetti e dagli scopi. Processi centrali sono processi deputati a funzioni superiori, come la soluzione di problemi. Il loro funzionamento è lento, è sotto controllo volontario, ed è influenzato da scopi cognitivi di carattere globale. 34
35 LA TEORIA MODULARE DI FODOR (1983) DOMINIO insieme di rappresentazioni che fanno da supporto a una specifica area della conoscenza + insieme di procedure che operano su queste rappresentazioni. Si ha un dominio ogni volta che si crea un sistema di rappresentazioni specializzato, con procedure particolari. Domini diversi possono utilizzare un insieme comune di procedure e di processi cognitivi. All interno di un dominio possono essere individuati diversi microdomini, ossia sottoinsiemi di un particolare dominio. (es. la gravità all interno della fisica; i pronomi all interno del linguaggio). 35
36 LA TEORIA MODULARE DI FODOR (1983) MODULO unità di elaborazione dell informazione che incapsula le rappresentazioni relative a una specifica area della conoscenza e le procedure e le computazioni che su tali rappresentazioni possono essere eseguite. Ogni modulo funziona in modo totalmente indipendente dagli altri. Un modulo è definito dalla compresenza di una serie di PROPRIETÀ, che i processi centrali non condividono 36
37 LA TEORIA MODULARE DI FODOR (1983) Proprietà dei MODULI HANNO DOMINI SPECIFICI. ESEGUONO OPERAZIONI OBBLIGATE. SONO INFORMAZIONALMENTE INCAPSULATI. PRODUCONO OUTPUT SUPERFICIALI. HANNO UN ARCHITETTURA NEURALE FISSA E HARDWIRED. ESEGUONO OPERAZIONI OBBLIGATE. NON SONO SUSCETTIBILI DI MODIFICA DA PARTE DELL AMBIENTE. 37
38 LA TEORIA MODULARE DI FODOR (1983) Le implicazioni per lo sviluppo: I moduli sono stupidi I moduli costituiscono la parte non flessibile e non intelligente della mente umana. Possibilità di disporre di processi di elaborazione rapidi ed efficienti anche nelle fasi iniziali dello sviluppo cognitivo. I moduli sono il prodotto della filogenesi. La specializzazione funzionale è il punto di partenza del processo di sviluppo, e non il punto di arrivo. Fino dalla nascita l architettura del sistema cognitivo è fortemente specificata, strutturata, e specializzata in termini funzionali. Rimandano ad un EPIGENESI DI TIPO UNIDIREZIONALE E DETEMINISTICO 38
39 LA TEORIA MODULARE DI FODOR (1983) Le implicazioni per lo sviluppo: Non è necessario pensare a un processo di sviluppo. Fodor parla di sviluppo solo per ammettere la possibilità che nuovi moduli, non presenti alla nascita, si formino con il tempo (es.: modulo per la lettura). 39
40 1) Sindromi genetiche: Prove del carattere DOMINIO-SPECIFICO del sistema cognitivo Malattie provocate da alterazioni genetiche che implicano specifiche dissociazioni nelle funzioni cognitive, sia all interno di uno specifico dominio, sia tra domini diversi: Autismo: a fronte di abilità cognitive generali normali, c è un deficit specifico nel ragionamento sugli stati mentali. Sindrome di Williams: a fronte di un deficit nelle abilità cognitive generali (pianificazione, soluzione di problemi) e nelle abilità visuo-spaziali (elaborazione locale), le abilità linguistiche, l elaborazione e il riconoscimento dei volti e le abilità sociali sono intatte e estremamente buone. Sindrome di Down: deficit generale e indifferenziato nel funzionamento cognitivo. 40
41 Prove del carattere DOMINIO-SPECIFICO del sistema cognitivo 2) Evidenze neuropsicologiche: Nella maggior parte dei casi, i disordini nelle funzioni cognitive superiori, conseguenti a danno cerebrale, non sono indifferenziati e di ambito generale, ma sono dominio-specifici, cioè influenzano solo specifiche aree della conoscenza. Prosopagnosia: difficoltà nel riconoscere i volti, dissociata dalla capacità di riconoscere altri oggetti 41
42 I LIMITI DELL APPROCCIO INNATISTA-MODULARE 1) Visione STATICA dello sviluppo gli assunti teorici di base sul quale si fonda l approccio (metafora del computer) lo hanno indotto ad adottare una visione dell architettura della mente come immutabile l adozione di un approccio funzionale e l assenza di attenzione per i substrati neurali che sono alla base dell architettura funzionale del sistema cognitivo lo hanno indotto a non considerare l idea che il cervello è un organo in continua trasformazione (ad opera della maturazione e dell esperienza). es. Fodor: - moduli cognitivi non moduli neurali - si riferisce a dei costrutti ipotetici per i quali ipotizza la presenza di una base neurale fissa 42
43 I LIMITI DELL APPROCCIO INNATISTA-MODULARE 2) VAGHEZZA teorica limitato grado di definizione e di esplicitazione del significato teorico dei termini utilizzati es. INNATO : non viene data una definizione esplicita (in generale è usato per riferirsi a quelle capacità o caratteristiche dell individuo che sono presenti alla nascita, sono immutabili, sono dominio-specifiche e sono il risultato di una estrinsecazione dell informazione contenuta nei geni) 3) Interpretazione dei dati sulle competenze infantili le interpretazioni in termini cognitivi fornite dai modelli innatisti, potrebbero in molti casi essere sostituite da interpretazioni più economiche, che chiamano in causa competenze di tipo percettivo e non cognitivorappresentazionale. es. interpretazione capacità numeriche, Wynn vs Simon 43
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