L IMPRESA PROF. MATTIA LETTIERI

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1 L IMPRESA PROF. MATTIA LETTIERI

2 Indice 1 L IMPRESA OBIETTIVI, DECISIONI E VINCOLI DELL IMPRESA I FATTORI PRODUTTIVI LA FUNZIONE DI PRODUZIONE LA LEGGE DEI RENDIMENTI MARGINALI DECRESCENTI RENDIMENTI DI SCALA LA SCELTA DELLA COMBINAZIONE DI FATTORI OTTIMALI di 20

3 1 La visione del sistema economico e le ipotesi di funzionamento dell agente imprese restano le stesse di quelle analizzate per il consumatore, però in questo caso si analizzerà il mercato dal lato dell offerta. Nel caso del consumatore l obiettivo da raggiungere era la massimizzazione del benessere individuale. Per le imprese le decisioni vengono prese dall imprenditore al fine di massimizzare il profitto. Le decisioni dell impresa, cosa produrre, quanto produrre e come produrre, sono valutate in relazione ai benefici ed ai costi che esse comportano, sono quindi il risultato di una scelta razionale. Valuteremo i comportamenti e le scelte economiche di una singola unità decisionale, l impresa rappresentativa, questi risultati verranno poi estesi all0insieme di tutte le imprese presenti all interno di un dato mercato. Verrà ipotizzato che sul mercato operino tante agenti/imprese, ciascuna delle quali è troppo piccola per influenzare il mercato con le proprie decisioni, l impresa può solo decidere la quantità di beni da produrre ed offrire sul mercato, dato il prezzo del bene. Le imprese, quindi, decidono liberamente la quantità offerta, ma non il prezzo a cui venderla. 3 di 20

4 2 Obiettivi, decisioni e vincoli dell impresa Gli individui soddisfano i loro bisogni utilizzando beni e servizi a loro disposizione. Per parlare di bene economico non è sufficiente che sia in grado di soddisfare un bisogno. È necessario, infatti, che il bene sia scarso e che per poterne disporre si debba pagare un prezzo. I beni e i servizi che utilizziamo, nella maggior parte dei casi, sono il risultato finale di un processo di trasformazione che qualche agente economico ha messo in atto., infatti, trasforma attraverso un processo produttivo uno o più beni e servizi, definiti fattori produttivi o input, in un nuovo bene o servizio, output, che venderà sul mercato con l obiettivo di massimizzare i profitti. Quando si parla di impresa o di imprenditori, si fa riferimento a quei soggetti economici che organizzano l attività produttiva assumendosi i rischi imprenditoriali che ne derivano. Organizzare la produzione vuol dire scegliere quale attività intraprendere e quali beni produrre, inoltre, quali dimensioni dovrà avere l impresa, quanto produrre e come produrre in relazione alle condizioni di mercato, ovvero, domanda dei consumatori, tecniche produttive a disposizione, ecc., presenti e future, quali costi sostenere per l acquisto di macchinari, impianti, materie prime e per l assunzione di lavoratori, cioè di tutti i fattori produttivi necessari per la produzione. Il rischio imprenditoriale è legato al fatto che i risultati delle scelte sono, molto spesso, incerti poiché dipendono non solo dalla capacità dell imprenditore ma anche da altri eventi che sono difficili o impossibili da prevedere, ad esempio le condizioni meteorologiche per l agricoltore. Dal punto di vista economico è un impresa sia la grande azienda sia la piccola impresa familiare che l attività di un artigiano. Gli economisti il processo di trasformazione o di produzione lo intendono in un senso più ampio, rispetto al linguaggio comune. Produrre significa trasformare qualcosa in qualcos altro, questa trasformazione, però, non va intesa solo in senso fisico, come ad esempio l azienda che trasforma legno, chiodi, ecc, in mobili. È un attività produttiva anche, ad esempio, quella dello spedizioniere che invia un pacco dall Italia in Australia, in questo caso è chiamata trasformazione nello spazio, lo è anche la conservazione del raccolto ad esempio, di cereali in un silos, trasformazione nel tempo, ma anche la vendita al dettaglio da parte di un fruttivendolo o la produzione di servizi come la visita di un medico. I fattori produttivi utilizzati per la produzione possono essere: risorse primarie, ovvero fattori che non sono il risultato di precedenti processi di trasformazione, materie prime e il lavoro; beni 4 di 20

5 capitali, cioè beni che sono stati a loro volta prodotti per essere utilizzati come mezzi di produzione, impianti, macchinari, stabilimenti. I fattori produttivi possono essere raggruppati in: Terra; Lavoro; Capitale. La terra comprende non solo i terreni in senso stretto, ovvero quelli utilizzati in agricoltura, per costruire case, strade, ma in generale tutte le risorse naturali disponibili, dall acqua alle risorse minerarie ed energetiche. Il lavoro raggruppa l insieme delle risorse umane e comprende il lavoro manuale, quello intellettuale, il talento dell imprenditoriale, cioè la capacità dell imprenditore di organizzare altro lavoro, capitale e risorse naturali per produrre. Nel capitale rientrano tutti i beni intermedi, impianti e le attrezzature impiegati nel processo produttivo. Alcuni di questi fattori durante il processo produttivo si esauriscono completamente, come ad esempio l energia utilizzata da una azienda per far funzionare i macchinari. Altri, come nel caso del capitale e del lavoro, ciò che viene impiegato non è il fattore di per sé, ma il suo servizio, ovvero l uso che ne viene fatto in una certa unità di tempo, e che può essere ripetuto nel tempo. In questo caso, si può prendere come esempio il trattore utilizzato per arare il campo, oppure la giornata lavorativa di un operaio di una azienda. 5 di 20

6 3 I fattori produttivi Il processo produttivo può essere visto come una scatola nera, nella quale entrano input ed escono output. All interno di questa scatola ci sono conoscenze, tecnologie che con il passare del tempo si sono create e che permettono di migliorare e semplificare i processi di trasformazione. Prendiamo come esempio la produzione di automobili, ovvero l output, gli input sono invece costituiti dai numerosi materiali che occorrono per produrre l auto, quindi, acciaio, ferro, vetro, tessuto, plastica, ecc.., dal lavoro degli ingegneri che si occupano della progettazione dell auto, degli operai addetti alle linee produttive, delle segretarie che si occupano degli aspetti contabili, dai macchinari e dalle attrezzature necessarie per la produzione, dallo stabilimento in cui si effettua il ciclo produttivo ecc.. Sia le imprese che producono beni tangibili e sia quelle che erogano servizi alla base del processo di trasformazione vi sono le conoscenze e la tecnologia. Queste si accumulano e aumentano progressivamente nel corso del tempo, permettendo, così, alle imprese di ottenere, da una stessa quantità di fattori produttivi, una quantità di output maggiore e migliore rispetto al passato. È proprio grazie al progresso delle conoscenze e all evoluzione delle tecnologie che si sviluppano i sistemi economici. L economia, però, non è interessata a studiare dal punto di vista tecnico cosa la scatola nera contiene, né potrebbe prendere in esame ogni singola tecnica utilizzata dalle imprese nella realtà, per cui si limita ad esaminare la relazione che esiste fra quantità di fattori produttivi che entrano e quantità di beni che escono dal processo produttivo. La teoria economica ipotizza che l obiettivo dell impresa sia la massimizzazione del profitto. Per ottenere questo risultato l imprenditore deve cercare di combinare nel miglior modo possibile i fattori di produzione, data la tecnologia disponibile, al fine di ottenere la quantità più elevata possibile di output riducendo al minimo i costi di produzione. L imprenditore per poter disporre dei fattori produttivi deve sostenere dei costi. Ovvero deve pagare le materie prime ed i beni intermedi che utilizza per la produzione, i salari ai lavoratori, l affitto dello stabilimento, e cos via. La quantità complessiva di output prodotta verrà poi venduta ai consumatori ad un prezzo che, per ora assumiamo che sia fissato dalle regole del mercato. L imprenditore realizza un ricavo 6 di 20

7 con il quale potrà acquistare altre materie prime, continuare a remunerare i lavoratori, dando così inizio ad un nuovo ciclo produttivo. La differenza tra l ammontare dei ricavi, che derivano dalla vendita dell output ed i costi totali sostenuti, costituisce il profitto economico, ovvero quello che rimane all imprenditore dopo aver pagato tutti i fattori produttivi utilizzati nella produzione. Le decisione dell imprenditore su cosa, come e quanto produrre, può, a seconda dei casi, richiedere tempi più o meno lunghi. Ad esempio, una azienda già esistente nel caso in cui vuole avviare una nuova produzione, quindi vuole lanciare una nuova automobile, ha bisogno del tempo necessario per progettarla, realizzarla, collaudarla e commercializzarla. Gli input si possono distinguere tra: Fattori produttivi fissi; Fattori produttivi variabili. I fattori produttivi fissi sono costituiti dagli stabilimenti, dagli impianti e dai macchinari che l imprenditore ha nella propria azienda. Tali fattori sono il frutto di decisioni prese in passato e non possono essere variati da un giorno all altro. Prendere decisioni di lungo periodo, per un impresa vuol dire decidere gli investimenti, gli impianti e il tipo di produzione ritenuti più opportuni in relazione alla situazione attuale e futura del mercato. I fattori produttivi variabili sono, invece, quei fattori produttivi che possono essere variati liberamente, sono: le materie prime, l energia e il lavoro. Sono, quindi, quegli input che l imprenditore può decidere di cambiare giorno per giorno in base alle proprie esigenze. Si possono distinguere due diversi orizzonti temporali: Il breve periodo; Il lungo periodo. Nel breve periodo le imprese possono variare la produzione modificando solo i fattori variabili ma non quelli fissi, devono, quindi, prendere decisioni di produzione tenendo conto della capacità dell impianto che hanno. Nel lungo periodo le imprese possono modificare tutti i loro fattori produttivi, l impresa può decidere, riguardo agli impianti, se costruirne di nuovi, o se ingrandire, ridurre o chiudere quelli già esistenti, per cui non esistono più fattori fissi. 7 di 20

8 4 La funzione di produzione La funzione di produzione mette in relazione la quantità di input impiegati nell attività produttiva e la massima quantità di un dato bene o servizio che da essi è possibile ottenere, in un dato periodo di tempo. Una funzione di produzione può essere rappresentata da una funzione matematica indicando con Q la quantità di prodotto totale che un impresa può ottenere con l impiego di una certa quantità di lavoro, L, e di capitale, K: Q = f(l,k) A seconda del processo produttivo oltre a K e L, si prenderanno in considerazione, se siamo nel lungo periodo i fattori variabili, oppure i fattori fissi, nel caso si è nel breve periodo. Si assume che il lavoro e il capitale siano i due soli fattori produttivi impiegati nella produzione. Nel breve periodo il lavoro costituisce il fattore variabile, mentre il capitale è il fattore fisso. Nel lungo periodo, invece, saranno entrambi variabili. 8 di 20

9 5 La legge dei rendimenti marginali decrescenti Analizziamo la relazione che esiste, nel breve periodo, tra la produzione, ad esempio, di grano e l impiego del fattore lavoro (L), fermi restando i fattori fissi che per semplicità raggruppiamo sotto la definizione generale di capitale (K). Il capitale potrebbe essere: la terra, le attrezzature agricole, dei magazzini, quindi, tutti quei fattori che non possono essere immediatamente modificati. La funzione di produzione in questo caso: Q grano = f (L,K) Poiché K è fisso e costante lo si può trascurare, studiando solo la relazione che esiste tra Q e L. La funzione di produzione o funzione del prodotto totale (PT) parte dall origine degli assi, figura n. 26. Questo vuol dire che la produzione di grano è nulla se non viene utilizzata alcuna unità di lavoro. Al crescere della quantità di lavoro utilizzata, cresce anche la produzione totale di grano, ma non allo steso ritmo. Infatti, inizialmente, aumentando l uso del fattore variabile, la produzione cresce più che proporzionalmente, nel nostro esempio, raddoppiando l impiego di lavoro, passando da una unità a due unità, la produzione triplica. Aumentando ancora l impiego di lavoro, anche la produzione di grano continua a crescere, ma ad un tasso via via decrescente fino a quando raggiunge un massimo, in corrispondenza di 6/7 unità di lavoro, oltre al quale inizia a diminuire. Oltre al prodotto totale (PT), ovvero alla massima produzione ottenuta con un dato impiego di input, vengono calcolate altre due misure di produttività: Prodotto medio = PMe = quantità totale di prodotto = PT quantità di lavoro utilizzato L Prodotto marginale = PMg = variazione del prodotto totale = ΔPT variazione unitaria del fattore lavoro ΔL Il prodotto medio (PMe) di un fattore variabile è il rapporto fra il prodotto totale e la quantità impiegata del fattore e ci permette di capire qual è, in media, la produttività di ciascuna delle unità di lavoro impiegate nella produzione. Il prodotto marginale (PMg) esprime come varia il prodotto totale in seguito alla variazione di ogni singola unità impiegata di fattore variabile, Δ indica le variazioni di quantità delle due grandezze. 9 di 20

10 PT Z A + B + C + D + PT Z 10 (a) L PMe PMg PMe Z (b) PMg Z L Figura n di 20

11 Passando dal prodotto totale al prodotto medio e marginale l informazione è sempre più specifica ed accurata. Nel nostro esempio, 5 unità di lavoro permettono di ottenere complessivamente 60 quintali di grano, in media 12 quintali di grano per ciascun lavoratore. Nel caso in cui l impiego di lavoro viene aumentato di una unità, da 5 a 6, il prodotto totale passa da 60 a 63 quintali, questo vuol dire che la produttività media scende a 10,5 quintali di grano per lavoratore e, che, la produttività marginale del 6 lavoratore è pari a 3 quintali di grano. La produttività marginale è utile all imprenditore, perché gli fornisce le informazioni che gli consentono di decidere fino a quale punto conviene incrementare l impiego di un solo fattore, quando gli altri fattori sono fissi. Nella figura n. 26 b), sono rappresentate le curve di prodotto medio e di prodotto marginale corrispondenti alla funzione di prodotto totale. Nel caso del nostro esempio, possiamo dedurre che: Tutte e tre le funzioni hanno un andamento prima crescente, ma quando raggiungono un punto massimi diminuiscono; La produttività media cresce e decresce più lentamente rispetto alla produttività marginale; Le funzioni di prodotto medio e marginale si incontrano quando il prodotto medio è al suo livello massimo; La produttività media assume sempre valori positivi, mentre la produttività marginale può assumere anche valori negativi; Fino a quando la funzione di prodotto totale cresce, la produttività marginale è positiva. Quando il prodotto totale è al suo valore massimo (punto C) la produttività marginale è uguale a zero. Quando la funzione di prodotto totale inizia a diminuire (punto D) la funzione di prodotto marginale diventa negativa. Nella realtà, tale osservazioni sulla produttività delle imprese sono spesso confermate. Gli economisti, per la regolarità e la frequenza con cui si manifesta l andamento delle funzioni di prodotto totale, hanno formulato la legge economica, legge dei rendimenti marginali decrescenti. Tale legge afferma che: aggiungendo successive quantità di un fattore produttivo mentre gli altri si mantengono costanti, il prodotto totale aumenta ma in misura via via minore. Questo vuol dire che la produttività marginale del fattore variabile, nel nostro esempio il lavoro, ad un certo punto diminuisce, ovvero è decrescente. 11 di 20

12 La ragione di questo andamento della produttività è legata alla presenza, nel breve periodo, di fattori fissi che vincolano la possibilità di espansione della produzione. Per quanto, quindi, possa aumentare il tasso di impiego del fattore variabile, la produzione di grano nel nostro esempio, su uno stesso appezzamento di terra, non può crescere infinitamente, al contrario, oltre un certo livello, l eccessivo impiego di lavoro potrebbe addirittura arrecare un danno alla produzione. Un discorso analogo si sarebbe verificato se avessimo considerato come fattore variabile i fertilizzanti, invece del lavoro. L imprenditore dovrà, quindi, porsi in un ottica di lungo periodo e programmare i suoi investimenti futuri. 12 di 20

13 6 Rendimenti di scala Consideriamo ora il precedente esempio della produzione del grano, ottenuta con l impiego di un fattore variabile e uno fisso, al caso in cui sia il lavoro che il capitale siano variabili. Quindi consideriamo il caso in cui entrambi i fattori produttivi sono variabili. In questo caso, per poter rappresentare graficamente la relazione fra tre variabili, si dovrebbe usare un grafico a tre dimensioni. Per ovviare questa difficoltà, gli economisti ricorrono a funzioni o curve che rappresentano le possibili combinazioni dei due fattori produttivi, K e L, per ogni dato livello produttivo. Queste curve si chiamano isoquanti, stessa quantità, rappresentate nella figura n. 27. Capitale K 12 A 9 7 A 1 B D E Q=150 4 B 1 Q=100 2 C Q= ,5 10 Lavoro L Figura n di 20

14 Lungo uno stesso isoquanto troviamo tante combinazioni possibili di fattori che permettono di produrre una stessa quantità di output. Nella figura n. 27, ad esempio, una produzione pari a 50 può essere ottenuta impiegando alternativamente 12 unità di capitale e 3 di lavoro (punto A), anche la combinazione produttiva B (K = 7; L = 5) oppure C (K = 2; L = 10). Si può quindi utilizzare la tecnica che prevede un maggior uso di capitale rispetto al lavoro, capital intensive, ovvero ad alta intensità di capitale; oppure labour intensive o ad alta intensità di lavoro. Entrambe permettono, comunque, di ottenere la stessa quantità di bene. La scelta fra le due tecniche dipende dal costo dei fattori, cioè dal costo del capitale e del lavoro. La analogia tra curve di indifferenza e isoquanti è evidente: Le curve di indifferenza esprimono le preferenze del consumatore, gli isoquanti rappresentano i processi produttivi dell impresa. La differenza è che le curve di indifferenza esprimono una relazione psicologica, mentre gli isoquanti rappresentano una relazione tecnica; Se ci allontaniamo dagli assi, ad ogni curva di indifferenza sono associati livelli crescenti di benessere e ad ogni isoquanto corrispondono livelli crescenti di output; Nella teoria del consumatore ad ogni curva di indifferenza corrisponde un indice che esprime solo un ordine delle preferenze, senza assegnare una grandezza specifica all utilità. Il numero che associamo a ciascun isoquanto esprime una quantità precisa di prodotto che può essere ottenuta con tecniche di produzione alternative; Gli isoquanti, così come le curve di indifferenza, non si intersecano mai, perché altrimenti l ipotesi di efficienza tecnica verrebbe contraddetta; Le curve di indifferenza e gli isoquanti sono rappresentati da una curva decrescente poiché la diminuzione nell impiego di un fattore deve essere compensata con l aumento dell altro, se si vuole mantenere lo stesso livello di output; Come per le curve di indifferenza, così per le curve degli isoquanti, possono assumere forma convessa ed è dovuta dall ipotesi che le due grandezze considerate possono essere continuamente sostituite l una all altra. Però man mano che si riduce una grandezza occorrono quantità sempre maggiori dell altra per restare sulla stessa curva. Il grado di sostituibilità di un fattore produttivo rispetto ad un altro può essere misurato attraverso il saggio marginale di sostituzione tecnica (SMST): 14 di 20

15 SMST K,L = ΔK/ΔL Il saggio marginale di sostituzione tecnica è pari al rapporto tra le variazioni di impiego dei due fattori che permettono di mantenere invariato il livello produttivo. Lungo uno stesso isoquanto il SMST è continuamente decrescente, e, poiché la curva è inclinata negativamente avrà sempre valore negativo, noi però trascureremo il segno considerando solo i valori assoluti del SMST. Questo è quello che succede lungo uno stesso isoquanto confrontando tra loro tutte le combinazioni possibili di fattori produttivi che permettono di realizzare una stessa quantità di prodotto. Aumentando l impiego di un fattore produttivo si riduce l altra ma la quantità di output non cambia. Ora consideriamo il caso in cui vogliamo sapere cosa succederebbe se aumentassimo entrambi i fattori. Per risolver questo problema occorre introdurre il concetto di rendimenti di scala. I rendimenti di scala indicano ciò che accade sul piano produttivo quando tutti i fattori variano nella stessa proporzione. Si possono verificare tre casi: Rendimenti di scala costanti; Rendimenti di scala crescenti; Rendimenti di scala decrescenti. Nei rendimenti di scala costanti l output varia nella stessa proporzione degli input. Quindi se l impresa raddoppia l impiego di fattori, anche la produzione raddoppia. Se tutti i fattori vengono ridotti di un terzo, anche l output si riduce di un terzo. La variazione delle dimensioni dell impresa non costituisce né un vantaggio né uno svantaggio, in questa situazione. Nei rendimenti di scala crescenti l output varia in misura più che proporzionale. La crescita della dimensione di impresa risulta, in questo caso, vantaggiosa, perché, nel caso in cui si raddoppiano tutti i fattori, la produzione aumenta più del doppio, si parla in questo caso di economie di scala. Ciò può dipendere dal fatto che alcune tecniche produttive possono essere utilizzate solo se la produzione è elevata. In un impresa di maggiori dimensioni il lavoro può essere diviso su di un numero maggiore di lavoratori, ciascuno dei quali può specializzarsi in una particolare mansione. I rendimenti di scala decrescenti si verificano quando l output varia in misura meno che proporzionale, in questo caso si hanno diseconomie di scala. Se, ad esempio, l imprenditore 15 di 20

16 aumenta l impiego dei fattori produttivi del 50% ma la sua produzione aumenta solo del 30%. Le cause dei rendimenti decrescenti possono essere legate al fatto che, quando un impresa aumenta le sue dimensioni aumentano anche le difficoltà di gestione e di organizzazione. Accade la stessa situazione nel caso in cui l output viene raddoppiato: siamo in presenza di rendimenti costanti se per ottenere un output doppio occorre il doppio anche dei fattori; rendimenti crescenti se l incremento dei fattori è inferiore rispetto a quello dell output; rendimenti decrescenti se per raddoppiare l output è necessario più che raddoppiare i fattori. I rendimenti di scala dicono cosa succede alla produzione dell impresa quando tutti i fattori variano nella stessa proporzione, e si riferisce ad un orizzonte di lungo periodo, dove è possibile variare tutti i fattori. La legge dei rendimenti marginali decrescenti è riferita ad una situazione in cui varia un solo fattore mentre gli altri rimangono costanti, ed è valida nel beve periodo quando almeno uno dei fattori è fisso. 16 di 20

17 7 La scelta della combinazione di fattori ottimali Un impresa per produrre una certa quantità di output ha a disposizione tutte le combinazioni di fattori identificate da un isoquanto. Ad isoquanti più lontani dall origine degli assi corrispondono livelli maggiori di produzione. L obiettivo per un impresa è di rendere massimo il profitto, tra tutte le alternative possibili, essa sceglierà quella che comporta il costo minore. I profitti economici di un impresa sono la differenza fra ciò che l impresa ricava dalla vendita dei beni che ha prodotto ed i costi che ha sostenuto per acquistare i fattori produttivi necessari per la produzione. Per rendere massima questa differenza, l impresa, deve produrre la quantità più elevata possibile di output al costo più basso possibile. La combinazione di fattori produttivi che permette di ottenere questo risultato è la combinazione ottimale o efficiente. Occorre prendere in esame i vincoli di natura finanziaria, ovvero, occorre considerare qual è il costo che deriva da ciascuna delle possibili combinazioni di fattori. Questo per poter individuare la tecnica di produzione efficiente. Considerando due soli fattori produttivi, L e K, il costo totale, CT, che l impresa deve sostenere dipende dalla quantità di lavoro e di capitale impiegata nel processo produttivo oltre che dal prezzo di questi fattori, indicati con P L e P K. Inoltre, supponiamo, che l impresa sia troppo piccola per influenzare con la sua domanda il prezzo dei fattori stessi. Il costo totale: CT = P L L + P K K Con una rappresentazione grafica, figura n. 28, ricaviamo una linea di isocosto lungo la quale sono indicate tutte le possibili combinazioni di fattori produttivi che per l impresa comportano lo stesso costo. 17 di 20

18 Capitale K 10 CT P k 4 CT = 10 P k Figura n. 28 CT P L Lavoro L Con un costo totale pari a 150, figura n. 28, l impresa acquista 10 unità di capitale oppure 15 unità di lavoro, oppure una qualunque combinazione di L e K che si trova sulla linea di isocosto. È possibile tracciare tante curve di isocosto a ciascuna delle quali sono associati diversi livelli di costo per l impresa. A parità di prezzo di fattori produttivi gli isocosti si collocheranno più lontano o più vicino all origine degli assi a seconda che il costo totale per l acquisto dei fattori sia rispettivamente maggiore o minore. Saranno sempre parallele fra loro se i prezzi non cambiano. Considerando congiuntamente isoquanti e isocosti si è in grado di individuare la combinazione di input più efficiente per un dato costo. La scelta ottimale è quelle individuata dal punto di tangenza fra le due funzioni. 18 di 20

19 K 8 6 F E Q=80 CZ Q=50 CZ Q=30 CZ L Figura n. 29 La combinazione ottima di input che permette all impresa di ottenere il massimo livello di output al costo minimo è indicata al punto E, figura n. 29. A parità di costo totale l impresa potrà scegliere la tecnica produttiva indicata con F, che però non è una scelta efficiente poiché consente di produrre una quantità di output minore rispetto alla tecnica indicata nel punto E. 19 di 20

20 Bisogna dire, però che un impresa per produrre una quantità di beni più elevata, dovrebbe essere disposta a sostenere un costo più elevato. Quindi la combinazione di fattori individuata nel punto di tangenza fra isocosto e isoquanto è la più efficiente ma anche la meno costosa tra le tante possibili per la produzione di una data quantità di output. 20 di 20

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