NOTA A CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI SENTENZA 26 maggio 2015, n

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1 NOTA A CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI SENTENZA 26 maggio 2015, n A cura di PIETRO ALGIERI Il tramonto dell utilitas quale presupposto per l esperibilità dell azione di arricchimento avverso la P.A. Sommario:1. Premessa.- 2. La materia del contendere L ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite.- 3. Il decisum delle Sezioni Unite. 1. Premessa Con la sentenza in commento il Supremo Consesso di giustizia civile, nella sua massima composizione, afferma un principio di diritto innovativo e che pone una netta rottura rispetto agli orientamenti interpretativi che hanno caratterizzato il dibattito tra gli operatori del diritto negli anni passati. Nello specifico, il Collegio ha affrontato la tematica presupposti di esperibilità dell azione di arricchimento senza giusta causa ex. art c.c. e 2042 c.c. nei confronti della P.A, e la rilevanza dell utilitas quale requisito implicito per l esercizio dell anzidetta azione. La massima esternata dalle Sezioni Unite oggetto del presente studio si contraddistingue da un lato per una lettura prettamente formalistica delle disposizioni civilistiche sopra richiamate e, da all altro lato, dalle ricadute sul versante dell onus probandi in materia di arricchimento senza giusta causa Prima di addentrarci nella esposizione del principio di diritto statuito dai Giudici di Piazza Cavour giova descrivere, seppur senza pretese di esaustività, la materia del contendere. 2. La materia del contendere La questione sottoposta al sindacato delle Sezioni Unite traeva origine da una richiesta di accertamento dell ingiustificato arricchimento ex. art c.c. da parte di un cittadino privato nei 1 L art c.c. rubricato Azione generale di arricchimento recita testualmente: Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. Qualora l'arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l'ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda. 1

2 confronti di un ente pubblico, il quale, secondo le deduzioni dell attore, otteneva un utilitas ingiustificata dall esecuzione di alcune opere eseguite a favore dell ente convenuto. Ebbene sia il giudice di prime cure che quello di appello rigettavano la domanda attorea sulla base del difetto di prova del requisito speciale dell utilitas. Avverso tale decisione proponeva ricorso in Cassazione la parte attrice deducendo la falsa applicazione dell art e 2042 c.c., in quanto, la Corte d Appello si discostava da quell orientamento prospettato da alcune sezioni della stessa Cassazione secondo cui l accertamento del requisito dell utilitas può essere compiuto anche dal giudice, che ha il potere di accertare se e in quali misura l opera o la prestazione siano state effettivamente utilizzate dalla P.A. Assegnata la questione alla terza sezione della Corte di Cassazione, questa ha ritenuto opportuno devolvere la questione alle Sezioni Unite alla luce di un non risolto contrasto giurisprudenziale. 2.1.L ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite L ordinanza di rimessione, chiariva che il punctum pruriens della questione sottesa al sindacato delle Sezioni Unite non era la sussidiarietà dell azione ex. art c.c., ma il riconoscimento di un requisito ulteriore e speciale, rispetto a quelli ivi scolpiti negli artt e 2042 c.c., quello dell utilitas, allorché l azione giudiziale venga proposta nei confronti di una Pubblica Amministrazione. Ed è proprio sul requisito sopra citato che si è incentrato il contrasto giurisprudenziale che ha persuaso la terza sezione della Cassazione a devolvere la quaestio iuris alle Sezioni Unite al fine di addivenire ad un quadro normativo certo e ben definito. Al riconoscimento di tale presupposto per l esperibilità dell azione ex. art c.c. è strettamente correlato, inoltre, il ruolo assegnato all autorità giurisdizionale nell accertamento del presunto arricchimento dell ente pubblico. Delineato brevemente l ambito della questione, giova passare in rassegna le diverse correnti di pensiero sul punto. Sono due gli orientamenti che si contendono il campo: uno di natura soggettiva e l altro di impronta oggettiva. Secondo la tesi soggettivistica, l unico soggetto legittimato a riconoscere l utilità è il soggetto beneficiato, in quanto è il solo che può valutare la rispondenza della prestazione o della cosa al 2 L art c.c. rubricato Carattere sussidiario dell'azione statuisce che: L'azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito 2

3 pubblico interesse. Detta manifestazione di volontà è una valutazione discrezionale della PA ed è espressione del principio costituzionale di buona amministrazione ex art. 97 Cost., che impone il divieto di spese non deliberate nei modi di legge e senza la previsione di un apposita copertura finanziaria 3. Questa tesi si basa sul presupposto di fondo che l attività negoziale della P.A. è soggetta alle regole ad evidenza pubblica che ne determinano, altresì, specifiche condizioni e limitazioni, di talché non si può dar luogo a spese non deliberate dall ente pubblico e prive di copertura finanziaria. Da tale assunto la giurisprudenza, considerato che sovente le attività compiute a favore dell ente e che legittimano un azione ex. art c.c., sono il frutto di prestazioni concernente contratti nulli, ha ritenuto opportuno assegnare all azione di arricchimento un elemento di specialità consistente nell utilità effettivamente conseguita dall ente medesimo e riconosciuta mediante un provvedimento espresso ovvero tacito da parte degli organi rappresentativi della P.A, indipendentemente se essi siano di natura politica o amministrativa. In conclusione, secondo l orientamento sopra esposto sono due i requisiti imprescindibili per potere esercitare l azione di arricchimento nei confronti di una P.A.: 1) è opportuno provare il fatto materiale, ovvero l esecuzione della prestazione eseguita a favore dell ente prescindendo da qualsiasi sindacato circa la validità/ invalidità del contratto che lega privato ed ente pubblico: 2) in secondo luogo, è necessario è ineludibile provare l utilità conseguita dall ente mediante un riconoscimento, soggetto alla sua discrezionalità, espresso ovvero tacito da parte dell ente stesso circa la corrispondenza dell opera con l interesse pubblico di cui è titolare la P.A. Il ruolo assegnato al giudice risulta al quanto evidente. Difatti egli dovrà esclusivamente accertare la sussistenza dei requisiti sopra esposti senza compiere alcuna valutazione sulla effettiva utilità della P.A, esercitando quei poteri che la l. n. 2248/1865 ALL. E gli riconosce. Opina diversamente, invece, l orientamento minoritario di stampa oggettivistica secondo cui l apprezzamento circa la sussistenza di un vantaggio per l Ente deve essere effettuato su un piano oggettivo e non soggettivo. Da ciò discende che tale valutazione può essere svolta non solo dal soggetto pubblico ma anche dal Giudice, il quale, sebbene egli sia privo di quei poteri sostitutivi della P.A nella valutazione dell effettiva utilità dell opera eseguita a favore dell ente pubblico, spetta pur sempre al titolare del potere giudiziario l arduo compito di accertare se la PA ha 3 Cfr. Cass. 18 aprile 2013, n. 9486; Cass. 11 maggio 2007, n.10884; Cass. 20 agosto 2004, n.16348; Cass. 23 aprile 2002, n

4 riconosciuto come utile la prestazione del depauperato, ma deve verificare se da essa abbia tratto un effettivo vantaggio 4. Nonostante ambedue gli orientamenti sopra esposti non prescindono dal ruolo e dalla pregnanza dell utilitas, risulta evidente il diverso ruolo assegnato a quest ultima. Mentre la prima tesi interpretativa eleva il suddetto requisito a presupposto imprescindibile per l esercizio dell azione ex. art c.c., dalla cui assenza consegue una irrimediabile inammissibilità dell azione giudiziale; il secondo orientamento esegetico, invece, dal canto suo, attribuisce a tale requisito una valenza prettamente probatoria. In tal modo la giurisprudenza ha fatto venire meno quella valutazione soggettiva dell utilità di un opera assegnata agli organi dell ente pubblico, arricchendola di innegabili connotati oggettivi basati su un apprezzamentoaffidato all attività esegetica dell interprete- del fatto concreto: ovvero dell opera effettivamente conseguita a favore dell ente pubblico. 3. Il decisum delle Sezioni Unite Ebbene il Collegio di Piazza Cavour nel dirimere il contrasto giurisprudenziale sopra esposto, sposa una visione formalistica del dettato normativo degli artt c.c. e 2042 c.c. valorizzando il concetto di arricchimento e di diminuzione patrimoniale sottolineando come dalla lettera normativa degli articoli più volte citati lungi dal evincersi un richiamo, neppur implicito, al requisito dell utilità. In particolar modo le Sezioni Unite in commento statuiscono che: La regola di carattere generale secondo cui non sono ammessi arricchimenti ingiustificati nè spostamenti patrimoniali ingiustificabili trova applicazione paritaria nei confronti del soggetto privato come dell ente pubblico; e poiché il riconoscimento dell utilità non costituisce requisito dell azione di indebito arricchimento, il privato attore ex art cod. civ. nei confronti della P.A. deve provare e il giudice accertare il fatto oggettivo dell arricchimento, senza che l amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo essa, piuttosto, eccepire e dimostrare che l arricchimento non fu voluto o non fu consapevole Con la massima sopra esposta, il Collegio si pone sul medesimo solco di quell orientamento giurisprudenziale di matrice oggettivistica, secondo cui i presupposti per l esercizio dell azione ex. art c.c., anche qualora la parte convenuta abbia una veste pubblicistica sono: 1) l arricchimento; 2) e la diminuzione patrimoniale. L utilitas asseritamente conseguita dall ente pubblico lungi dall essere un requisito di esperibilità dell azione medesima ma rileva 4 Cass. 21 aprile 2011, n. 9141, Cass. 02 settembre 2005, n

5 esclusivamente sulla ripartizione dell onus probandi. Difatti mentre spetta al privato provare l arricchimento dell ente convenuto, quest ultimo, dal canto suo è onerato di provare alternativamente o il mancato riconoscimento o la non consapevolezza dell arricchimento. Viene meno quindi il requisito dell utilitas quale presupposto per l esercizio dell azione di arricchimento, in quanto, non espressamente previsto dal lessico letterale dell art c.c. Così come viene meno quella valutazione discrezionale della P.A. sul vantaggio presumibilmente conseguito da un opera realizzata dal privato, valutazione che secondo una cospicua parte della giurisprudenza era un requisito per l azione ex. art c.c. Invero assegnare all ente pubblico il compito di valutare secondo la propria ineccepibile discrezionalità da parte del Giudice Ordinario, l effettivo vantaggio conseguente ad un opera realizzata da un privato sarebbe, secondo il sommesso parere dello scrivente, inaccettabile nonché illogico in quanto, limiterebbe il ruolo del giudice a prendere atto delle determinazione della P.A. convenuta sull utilità conseguita e di riflesso inciderebbe sennonché annullare il diritto di difesa del privato- costituzionale garantito dagli artt. 24 e 113 Cost- il quale si troverebbe di fatto impossibilitato nel adire la P.A. ai sensi dell art c.c. in assenza di una determinazione dell ente stesso sull effettiva utilità conseguita. L istituto ex. art c.c. si presenta, alla luce della massima oggetto del presente lavoro, come un rimedio unitario, idoneo a ricomprendere tutte le ipotesi di arricchimento e conseguente depauperamento, caratterizzato dall assenza di una giusta causa che legittimi tale spostamento patrimoniale. 5

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