STUDIO DEL SEGNALE DI NEUTRINI SOLARI MISURATO DALL ESPERIMENTO BOREXINO

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN FISICA STUDIO DEL SEGNALE DI NEUTRINI SOLARI MISURATO DALL ESPERIMENTO BOREXINO RELATORE INTERNO Prof. Gianpaolo Bellini RELATORE ESTERNO Dott. Gioacchino Ranucci TESI DI LAUREA DI Marco Incarbone Matricola N Codice PACS: j Anno Accademico

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3 Indice 1 I neutrini solari I modelli teorici I flussi dei neutrini solari Le oscillazioni dei neutrini I risultati sperimentali Le tecniche radiochimiche I rivelatori Čerenkov L esperimento Borexino Il segnale di neutrino La struttura del rivelatore Il fondo radioattivo Le possibilità aggiuntive I primi risultati Le previsioni teoriche Lo spettro registrato Il fit dei dati sperimentali L analisi dei risultati

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5 Sommario Il Sole riveste un ruolo importante non solo nella vita di tutti i giorni, ma anche nell astrofisica e nella fisica delle particelle. Le reazioni nucleari che avvengono nel core solare sono infatti sondabili attraverso la rivelazione dei neutrini emessi. Quarant anni fa ebbe origine il problema dei neutrini solari, poiché non si riusciva a spiegare l evidente discrepanza tra i risultati sperimentali e i valori attesi per i flussi dei neutrini solari. Dopo gli esperimenti Homestake, GALLEX/GNO, SAGE, Kamiokande e Super- Kamiokande, finalmente l esperimento SNO ha fornito la soluzione al problema. Il Modello Solare Standard si è rivelato corretto: il deficit del flusso è dovuto ad una proprietà non prevista dal Modello Standard delle particelle elementari, cioè l oscillazione dei neutrini. Un neutrino elettronico prodotto nel Sole può convertirsi in sapore muonico e sfuggire ai rivelatori che non sono stati progettati tenendo conto di questo canale. Tuttavia resta ancora da verificare la correttezza delle predizioni dei flussi di neutrini a bassa energia, un esperimento complicato a causa dei numerosi fondi che possono mascherare il segnale cercato. In questo contesto Borexino si pone come esperimento d avanguardia: i neutrini di bassa energia, principalmente da 7 Be, sono rivelati in tempo reale dallo scattering elastico con gli elettroni dello scintillatore. La drastica riduzione del fondo è raggiunta per mezzo di un design innovativo ed un accurata scelta dei materiali, purificati di parecchi ordini di grandezza rispetto alla radioattività naturale. Nell estate del 2007, dopo un ventennio di attività preparatoria, è iniziata la presa dati. Con il mio lavoro ho potuto esaminare i primi risultati, ottenuti in circa due mesi di runtime effettivo: il segnale di neutrini da 7 Be è chiaramente distinguibile, a riprova del successo della strategia adottata dalla collaborazione di Borexino. In questo lavoro ho analizzato le previsioni teoriche sugli spettri energetici degli elettroni diffusi e dei fondi, confrontandole con quelle ottenute finora, ed ho partecipato all implementazione di algoritmi per la trattazione dei dati sperimentali. In particolare ho eseguito un fit dello spettro allo scopo di determinare i pesi con cui è possibile miscelare gli spettri attesi per ottenere lo spettro osservato, e mi sono occupato della rappresentazione grafica dei risultati prodotti. Dal fit ho ricavato per i neutrini da 7 Be un valore di 45 ± 4 stat ± 11 syst conteggi al giorno in 100 tonnellate di volume fiduciale di scintillatore, in buon accordo con il valore previsto di 49 ± 4 conteggi al giorno su 100 t nel caso di oscillazione dei neutrini. 5

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7 Capitolo 1 I neutrini solari Lo studio dei neutrini prodotti dalle reazioni che avvengono nel Sole è un ottimo esempio della stretta connessione che è emersa negli ultimi anni tra l astrofisica e la fisica delle particelle. Dal punto di vista astrofisico i neutrini sono uno strumento indispensabile per sondare le reazioni che avvengono nel core del Sole, poiché il loro libero cammino medio, dell ordine di cm, è confrontabile con il quadrato del raggio solare; al contrario, l informazione portata dai fotoni, che hanno libero cammino medio di circa 0.5 cm, è limitata alla superficie esterna del Sole. D altra parte la fisica delle particelle ha a disposizione un importante sorgente tramite la quale investigare le proprietà dei neutrini, in particolare di quegli aspetti, come l introduzione di autostati di massa e la non conservazione del numero leptonico, che vanno oltre il modello attuale. La fisica dei neutrini solari si avvale di modelli teorici motivati dalle effettive possibilità di confronto con i risultati sperimentali. Tuttavia vi è un divario tra la produzione teorica, che è piuttosto feconda, e lo scenario empirico, sul quale pesano notevoli difficoltà tecniche e talvolta anche economiche. Ciononostante furono proprio gli esperimenti ad originare il famoso problema dei neutrini solari, nonché a stabilire la correttezza delle conseguenti modifiche al quadro teorico. In questo capitolo presentiamo separatamente le conoscenze teoriche attuali sui neutrini solari e i risultati sperimentali degli ultimi decenni, senza seguirne l intreccio storico. 1.1 I modelli teorici I neutrini solari si inquadrano in due vasti modelli teorici: il modello solare standard (SSM), sviluppato in astrofisica, e il modello standard (SM) delle particelle elementari. Nelle sezioni seguenti ci soffermiamo su alcuni aspetti particolari dei due modelli. 7

8 I flussi dei neutrini solari I risultati sperimentali, tipicamente flussi di neutrini, devono essere confrontati con quelli calcolati a partire da un modello solare standard: in questa sezione ci riferiamo allo SSM di Bahcall-Serenelli [3]. Le ipotesi principali sulle quali si basa uno SSM [1] sono: l equilibrio idrostatico, senza il quale si avrebbe il collasso o l esplosione della stella a causa dello sbilanciamento fra la forza di gravità e la pressione totale (radiativa e del gas di particelle); il trasporto di energia tramite fotoni o moti convettivi, così che nel primo caso l opacità stellare assume una particolare importanza quale parametro da calcolare, mentre il secondo caso implica una sostanziale omogeneità chimica a livello macroscopico; la produzione di energia da reazioni nucleari, che prevalgono su altre sorgenti di energia comunque contemplate; l attribuzione di cambiamenti nell abbondanza isotopica unicamente alle reazioni nucleari nelle regioni convettivamente stabili, supponendo che la massa solare primordiale fosse chimicamente omogenea. Da un punto di vista formale uno SSM si ottiene da una sequenza di modelli, caratterizzati dalle equazioni di evoluzione stellare, iterati finché le soluzioni risultino consistenti con determinate condizioni al contorno (massa, luminosità, raggio, età attuale del Sole). Lo scopo principale di qualunque modello solare è la descrizione della dinamica e dell evoluzione del Sole. Come le altre stelle della sequenza principale, il Sole evolve lentamente per mezzo di reazioni di fusione nucleare. Affinché tali reazioni abbiano luogo è necessario che due particelle cariche interagiscano a cortissimo range (dell ordine del fermi) superando una barriera coulombiana la cui energia in MeV a tale distanza è proporzionale al prodotto delle cariche. Tuttavia l energia termica media delle particelle nel core solare, che ha una temperatura di circa 10 7 K, è inferiore di tre ordini di grandezza rispetto alla scala tipica delle barriere coulombiane. Di conseguenza l unica possibilità per l avvio delle reazioni risiede nell effetto tunnel quantistico, che alla temperatura interna del Sole e per i nuclei leggeri ha una probabilità di circa D altra parte il rate di una reazione termonucleare dipende fortemente dalla temperatura (in prima approssimazione [2] come T n, dove n 5 per i nuclei più leggeri e n 20 per quelli pesanti), la quale ha dunque una notevole importanza nelle previsioni ricavate dallo SSM. È noto che nel Sole avvengono reazioni nucleari esotermiche riconducibili alla catena protone-protone (pp) e al ciclo carbonio-azoto-ossigeno (CNO). In entrambi i casi il risultato netto è la fusione di quattro nuclei di 1 H in uno di 4 He, con un rilascio di energia di circa 26.7 MeV, secondo la reazione: 4p α + 2e + + 2ν e. La catena pp (fig. 1.1) prende il nome dalla reazione iniziale principale (con una percentuale di terminazione del 100% secondo lo SSM), in cui due protoni interagiscono debolmente producendo un deutone, un positrone e un neutrino con energia massima di MeV. Esiste un altra reazione iniziale a tre corpi, quindi molto meno probabile (0.4% delle terminazioni), denominata pep, che produce neutrini ad un energia fissa di 1.4 MeV.

9 9 Questa reazione è di particolare interesse, benché sia estremamente rara, poiché il rapporto dei neutrini pep su pp è indipendente dagli SSM; pertanto rivelando i neutrini pep si avrebbero informazioni anche sui neutrini pp, di energia più bassa. La successiva reazione d + p è una velocissima interazione elettromagnetica che produce un nucleo di 3 He. A questo punto si innestano quattro diramazioni, ciascuna delle quali termina con la produzione di 4 He. La reazione ppi è l unica a non produrre neutrini e per lo SSM costituisce l 86% delle terminazioni della catena. La reazione 3 He + 4 He (14%) è all origine delle due importanti reazioni che producono neutrini da 7 Be: la prima, ppii, di gran lunga più probabile, in cui il berillio cattura un elettrone libero nel plasma solare e si produce un neutrino di MeV (o di MeV nel 10% dei casi); la seconda, ppiii, si basa invece sulla cattura protonica: benché sia più rara (0.02%), produce neutrini estremamente energetici (fino a 14 MeV) e più facilmente rivelabili. Infine l ultima reazione (hep) produce i neutrini solari più energetici, ma è anche la più rara ( %). pp p + p d + e+ + ν e p + e + p d + ν e pep 100% 0.4% ppi ³He + ³He ⁴He + 2 p d + p ³He + γ 86% % 14% ³He + ⁴He ⁷Be + γ 14% 0.02% ³He + p ⁴He + e+ + ν e hep ⁷Be + e ⁷Li + ν e ⁷Li + p 2 ⁴He ppii ⁷Be + p ⁸B + γ ⁸B ⁸Be* + e+ + ν e ⁸Be* 2 ⁴He ppiii Figura 1.1: Reazioni che compongono la catena protone-protone. I tre nuclidi che danno il nome al ciclo CNO (fig. 1.2) sono in realtà dei catalizzatori, poiché al termine di un ciclo le rispettive abbondanze rimangono invariate. Di conseguenza il contributo del ciclo CNO al bilancio energetico solare è direttamente proporzionale alle abbondanze iniziali dei nuclidi in questione. Secondo lo SSM il ciclo CNO contribuisce per meno del 2% ed è fortemente dipendente dalla temperatura, al punto che nelle regioni del Sole al di sotto di 10 7 K il ciclo si arresta a livello della reazione che produce 14 N. La reazione più lenta è infatti la 14 N(p, γ) 15 O. Lo SSM [3] consente di effettuare diverse previsioni, tra le quali ad esempio la relazione massa-luminosità o la spiegazione in termini evolutivi del diagramma Hertzsprung- Russell; un utilizzo comune dello SSM è il calcolo dei flussi dei neutrini solari. Il flusso totale di neutrini può essere stimato supponendo che il Sole sia in uno stato di

10 10 ¹²C + p γ + ¹³N ¹⁵N + p α + ¹²C ¹⁵N + p γ + ¹⁶O ¹⁶O + p γ + ¹⁷F ¹³N e+ + ν e + ¹³C ¹⁵O e+ + ν e + ¹⁵N ¹⁷F e+ + ν e + ¹⁷O ¹³C + p γ + ¹⁴N ¹⁴N + p γ + ¹⁵O ¹⁷O + p α + ¹⁴N Figura 1.2: Reazioni che compongono il ciclo carbonio-azoto-ossigeno. equilibrio tra energia termica prodotta ed energia irradiata dalla superficie. Note la luminosità del Sole L = erg s 1 e la distanza media Terra-Sole d = km, il flusso di energia è F = L 4πd 2 = MeV cm 2 s 1 ; considerando che nella catena pp sono liberati circa 26 MeV e due neutrini, dividendo il flusso di energia per 13 MeV si ottiene il flusso approssimato di neutrini: φ ν = F 13 MeV = ν e cm 2 s 1. Un calcolo più preciso dei flussi, distinguendo i contributi dalle singole reazioni, fornisce i risultati riportati nella tabella 1.1. Un unità di misura alternativa per i flussi, utilizzata soprattutto nell ambito degli esperimenti radiochimici, è lo SNU, equivalente a interazioni per atomo al secondo. La forma dello spettro del flusso di neutrini solari calcolata dallo SSM è mostrata in figura 1.3. Le incertezze teoriche sono legate a quelle sulla composizione chimica del Sole e sulle sezioni d urto delle reazioni nucleari. Sorgente E ν (MeV) Flusso (cm 2 s 1 ) pp (1.00 ± 0.01) pep (1.00 ± 0.01) hep (1.00 ± 0.15) 7 Be 0.861; (1.00 ± 0.09) 8 B (1.00 ± 0.13) 13 N ( ) 15 O ( ) 17 F (1.00 ± 0.25) Tabella 1.1: Flussi attesi per le sorgenti di neutrini solari e relative incertezze [3, 4].

11 11 Figura 1.3: Spettro dei neutrini solari per la catena pp e il ciclo CNO Le oscillazioni dei neutrini Nonostante il grande successo dello SM della fisica delle particelle, che è tuttora consistente con molti risultati sperimentali, alcuni indizi, tra i quali la necessità di determinare sperimentalmente il valore di molti parametri, suggeriscono che lo SM sia un modello incompleto. Si può comprendere il problema dei neutrini solari ammettendo che si verifica un fenomeno non previsto dallo SM, dal momento che la validità dello SSM è confermata fra l altro dai risultati dell eliosismologia. Le prime ipotesi in tal senso risalgono alla metà degli anni Ottanta. Supponendo che i neutrini abbiano massa non nulla, è molto probabile che gli autostati di sapore ν l (l = e, µ, τ) siano una sovrapposizione degli autostati di massa ν j (j = 1, 2, 3), attraverso una matrice di mixing unitaria U, secondo la rappresentazione ν l = 3 U lj ν j. (1.1) j=1 La conseguenza di questo fatto è l oscillazione dei neutrini, cioè la possibilità, sotto opportune condizioni, di rivelare ad esempio un neutrino elettronico come neutrino muonico. Se per semplicità consideriamo solo questi due sapori di neutrini, possiamo parametrizzare l equazione (1.1) attraverso un angolo di mixing θ: ( νe ν µ ) ( ) ( ) cos θ sin θ ν1 =. (1.2) sin θ cos θ ν 2

12 12 Vogliamo calcolare la probabilità che un neutrino di sapore iniziale elettronico prodotto in un processo debole al tempo t = 0 in x = 0 interagisca come un neutrino di sapore muonico in un rivelatore posto in x = L, supponendo che questa distanza sia percorsa nel vuoto. Nel seguito lavoreremo in unità h = c = 1. L equazione di Schrödinger determina l evoluzione temporale degli autostati di massa, nella base dei quali l hamiltoniana è diagonale: ν j (t) = e ie jt ν j (0), dove E j = p 2 + m 2 j. (1.3) Dal momento che m 1 = m 2, l autostato di sapore ν e evolverà nel tempo in una sovrapposizione di stati di ν e e ν µ. Sostituendo la (1.3) nella prima equazione del sistema (1.2) vista in funzione del tempo, ponendo ν α ν α (0) e riscrivendo gli autostati di massa in termini di sovrapposizione di autostati di sapore dall inversione della (1.2), si ottiene ν e (t) = A ee (t)ν e + A eµ (t)ν µ, dove le ampiezze di oscillazione sono A ee (t) = e ie 1t cos 2 θ + e ie 2t sin 2 θ, A eµ (t) = (e ie 2t e ie 1t ) cos θ sin θ. La probabilità che si verifichi un oscillazione al tempo t è P(ν e ν µ ; t) = A eµ 2 = 1 2 sin2 2θ[1 cos(e 2 E 1 )t]. (1.4) Poiché le masse dei neutrini sono molto minori del loro momento, l energia può essere sviluppata in serie di potenze al primo ordine: E j = p 2 + m 2 j p + m2 j 2 p e i neutrini sono osservati dal rivelatore ad un tempo t L. Pertanto la probabilità (1.4) può essere riscritta nella forma P(ν e ν µ ; t) = 1 2 sin2 2θ ] [1 cos m2 2 p L = sin 2 2θ sin 2 πl, (1.5) λ 0 dove m 2 = m 2 2 m2 1, mentre λ 0 è la lunghezza di oscillazione nel vuoto: λ 0 = 4πE ν m 2. L angolo di mixing modula la probabilità (1.5), che ha ampiezza massima per θ = π/4. In generale la probabilità di sopravvivenza del neutrino nel suo sapore iniziale è quasi sempre minore di 1. Una immediata conseguenza dell oscillazione dei neutrini è la non conservazione del numero leptonico individuale (di sapore); una seconda conseguenza è la possibilità di studiare l ordine di grandezza della differenza delle masse, poiché la sensibilità su m 2 in un esperimento dipende dal rapporto L/E. Quando i neutrini si propagano attraverso la materia omogenea, l equazione di evoluzione temporale acquista un fattore di fase: ν j (t) = ν j e i(pnx E jt).

13 13 Questo fattore dà termini di interferenza nel calcolo delle probabilità, così che l oscillazione dei neutrini ha un comportamento diverso, descritto dal modello Mikheyev-Smirnov- Wolfenstein (MSW). Le interazioni deboli di neutrino sono responsabili dello scostamento dall unità dell indice di rifrazione, che nella materia ha la forma n l = 1 + 2πN e p 2 f l (0), dove N e è la densità di centri di diffusione e f l (0) è l ampiezza di probabilità di diffusione in avanti per il neutrino di sapore l; questo termine può essere considerato nella sola parte reale, trascurando gli effetti di assorbimento dei neutrini. L effetto MSW ha origine dalla doppia possibilità di interazione dei neutrini di sapore elettronico (correnti cariche o neutre) rispetto agli altri due sapori (solo correnti neutre). Di conseguenza, poiché gli autostati di sapore elettronico hanno un indice di rifrazione lievemente diverso dagli altri, l evoluzione temporale del sistema è alterata nella materia rispetto al caso nel vuoto. Il calcolo dei diagrammi di Feynman, per energie molto minori della massa del bosone W, fornisce il risultato f (0) = f e (0) f α (0) = 2 G Fp 2π, dove α è un sapore non elettronico e G F è la costante di Fermi. Il contributo all evoluzione temporale del fascio di neutrini è dunque ν e (x) = ν e (0)e ipnx = ν e (0)e 2G F N e x ; si può quindi definire una lunghezza di oscillazione nella materia λ 0m = 2π m 2GF N e ρ[g cm 3 ] A Z, dove N e è la densità di elettroni nella materia, ρ è la densità del materiale, mentre Z e A sono rispettivamente il numero atomico e il numero di massa degli atomi. Osserviamo che λ 0m è indipendente dall energia del neutrino. Considerando inoltre lo scattering in avanti nella materia, si ottiene l equazione di evoluzione temporale per gli autostati di massa ν 1 e ν 2 : i d dt ( ν1 ν 2 ) m 2 1 = 2p + 2G F N e cos 2 θ 2GF N e sin θ cos θ 2GF N e sin θ cos θ m 2 2 2p + G FN e sin 2 θ ( ν1 ν 2 ). (1.6) Con alcuni passaggi è possibile calcolare l angolo di mixing effettivo nella materia in termini dell angolo di mixing nel vuoto: ( tan 2θ m = tan 2θ 1 + λ ) 1 0 sec 2θ ; λ 0m

14 14 inoltre, diagonalizzando la matrice nell equazione (1.6) e prendendo la differenza degli autovalori, si ottiene la lunghezza di oscillazione effettiva nella materia: λ m = λ 0 sin 2θ m sin 2θ = λ 0 [ 1 + ( λ0 λ 0m ) ] 2 1/2 + 2λ 0 cos 2θ, λ 0m mentre la probabilità di sopravvivenza di un neutrino elettronico ad una distanza x = L dalla sorgente è P(E ν, L, θ, m 2 ) = 1 sin 2 2θ m sin 2 πl λ m, formalmente analoga alla (1.5) salvo la presenza di θ m e λ m, che dipendono dai parametri di oscillazione nel vuoto. Esistono tre possibilità per λ 0 e λ 0m : se λ 0 λ 0m, la materia non ha effetti sostanziali sulle oscillazioni; se λ 0 λ 0m, l ampiezza di oscillazione è soppressa di un fattore λ 0m / λ 0, e la lunghezza di oscillazione effettiva λ m λ 0m non dipende dai parametri di oscillazione nel vuoto; infine, se λ 0 λ 0m si ha un aumento dell effetto di oscillazione, che è risonante. In quest ultimo caso, se λ 0 /λ 0m = cos 2θ, si ha sin 2 2θ m = 1, cioè θ = π/4, e la lunghezza di oscillazione effettiva è λ m = λ 0 / sin 2 2θ. Le possibili soluzioni nello spazio dei parametri ( m 2, tan 2 θ) per la probabilità di sopravvivenza dei neutrini elettronici possono essere calcolate dai dati sperimentali di cui parleremo nella sezione successiva. Per le oscillazioni nella materia (effetto MSW) si hanno tre possibili soluzioni: LMA (Large Mixing Angle), SMA (Small Mixing Angle) e LOW (Low probability, Low mass). Per le oscillazioni nel vuoto esistono due possibili soluzioni: VAC e just-so. 1.2 I risultati sperimentali Le prime discussioni sulla fusione nucleare come base della produzione di energia nelle stelle non menzionavano la possibilità di verifiche sperimentali tramite l osservazione dei neutrini; una delle prime proposte in tal senso fu avanzata solo un decennio dopo da H. R. Crane (1948). Poiché i neutrini interagiscono molto debolmente (sezioni d urto di cm 2 ), la loro rivelazione richiede masse bersaglio dell ordine di 100 t ed una drastica riduzione del fondo dovuto alla radioattività naturale e ai raggi cosmici. Di conseguenza gli esperimenti devono essere progettati in modo da minimizzare le contaminazioni radioattive, anzitutto impiegando materiali con elevati requisiti di radiopurezza, e collocati in sale sotterranee dove si realizza la condizione di «silenzio cosmico» Le tecniche radiochimiche Una prima classe di esperimenti si basa sull interazione dei neutrini di sapore elettronico su neutroni di atomi bersaglio. Gli isotopi prodotti da tale processo semileptonico vengono

15 15 periodicamente estratti per conteggiarne i decadimenti. Di conseguenza non è possibile effettuare alcuna ricostruzione dei singoli eventi, né ricavare informazioni di tipo temporale o direzionale. Tuttavia si ha il vantaggio di poter operare ad energie di soglia relativamente basse, caratteristiche dei neutrini da pp e da 7 Be. L esperimento pioniere, che diede origine al problema dei neutrini solari, fu sviluppato da R. Davis (Premio Nobel 2002) a partire dagli anni Cinquanta, dietro suggerimento di B. Pontecorvo. Dopo alcune incertezze sulla collocazione, l esperimento fu realizzato nella miniera d oro di Homestake (Sud Dakota), ad una profondità di 4100 mwe. Il bersaglio del rivelatore è costituito da atomi di cloro, contenuti in una tanica da 615 t di C 2 Cl 4 (tetracloroetilene), un tensioattivo largamente disponibile. I neutrini solari inducono la reazione 37 Cl(ν e, e) 37 Ar, che ha una soglia di MeV ed è quindi sensibile ai neutrini da 8 B (77% del tasso di cattura) e da 7 Be (14%). A scadenze mediamente bimestrali, gli atomi di 37 Ar sono separati chimicamente ed estratti in un contatore proporzionale a basso fondo, dove si osserva per una decina di mesi il decadimento in 37 Cl (vita media di 35 giorni) per emissione di elettroni Auger a 2.82 kev. I primi risultati di Homestake furono notevolmente al di sotto dei valori attesi, al punto che alcuni esperimenti paralleli sulla misura del flusso dei neutrini da 8 B furono abbandonati. In più di vent anni ( ) di presa dati, dopo diverse migliorie sia dell esperimento sia delle previsioni, il risultato [6] dell esperimento di Homestake è (2.56 ± 0.23) SNU, mentre il flusso previsto dallo SSM [5] è (7.6 ± 1.3) SNU. Nello stesso periodo furono concepiti altri due esperimenti radiochimici, costruiti agli inizi degli anni Novanta. L impiego di tre o sei volte la quantità di gallio prodotta annualmente nel mondo all epoca (10 t) suggerisce l elevato costo degli apparati sperimentali. Poiché la reazione impiegata, 71 Ga(ν e, e) 71 Ge, ha una soglia di appena MeV, questi esperimenti sono sensibili anche ai neutrini pp, che contribuiscono in maniera preponderante al flusso totale. Il decadimento del 71 Ge (vita media di 16.4 giorni) è accompagnato dall emissione di un elettrone Auger e di raggi X caratteristici, sfruttando i quali si può effettuare un conteggio più accurato. Lo SSM [5] prevede un flusso di (128 ± 9) SNU. Il primo esperimento, GALLEX, fu collocato nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), ad una profondità media di circa 3500 mwe. In GALLEX sono impiegate 30 t di gallio in soluzione (GaCl 3 ), dalle quali ogni 30 giorni circa si separa il germanio-71. Dal 1991 al 1997 [7] il flusso misurato è (77.5 ± 6.2) SNU. L attendibilità dei risultati di GALLEX fu comprovata da alcuni run di calibrazione con due sorgenti molto intense di neutrini. Il risultato combinato [8] dei rapporti tra la potenza della sorgente misurata radiochimicamente e determinata direttamente è 0.93 ± 0.08; di conseguenza oltre il 40% del deficit di flusso misurato non è riconducibile ad artefatti sperimentali. Nel 1998, dopo una completa ricostruzione dei contatori proporzionali e dell elettronica, l esperimento continuò la presa dati sotto il nome di GNO. Dopo cinque anni [9] il flusso misurato è (62.9 ± 5.9) SNU. Il secondo esperimento, SAGE, fu ospitato dai laboratori sotterranei di Baksan (a nord del Caucaso) ad una profondità di 4700 mwe. L utilizzo di 60 t di gallio metallico, di mag-

16 16 giore densità rispetto ad una soluzione, conduceva ad un processo di estrazione più lento ma più efficiente. Dal 1990 al 2003 [10] il flusso medio misurato è (69.1 ± 5.7) SNU. Una grezza stima dei risultati mostra che Homestake ha rivelato circa un terzo del flusso atteso, mentre GALLEX/GNO e SAGE hanno osservato poco più della metà del valore previsto. I risultati di questi ultimi due esperimenti indussero a pensare che la causa dell anomalia riscontrata non poteva ricondursi ad errori nelle previsioni dello SSM [5] I rivelatori Čerenkov Un altra classe di esperimenti si basa sull effetto Čerenkov, che permette la ricostruzione in tempo reale degli eventi di neutrino, misurando l energia e la direzione dell elettrone diffuso. Lo svantaggio principale degli esperimenti Čerenkov è la necessità di fissare una soglia energetica relativamente alta (almeno sopra i 5 MeV, corrispondente ad una frazione dei neutrini da 8 B e hep) per rimuovere gli eventi di fondo da radioattività naturale, principalmente dovuto all acqua utilizzata come bersaglio. Nel 1984 prese avvio l esperimento Kamiokande, situato nella miniera di Kamioka (Giappone) ad una profondità di 2700 mwe. Kamiokande impiega un volume fiduciale di 2140 t di acqua ultrapura, nella quale la luce Čerenkov della diffusione elastica ν x + e ν x + e, dove x = e, µ, τ, viene rivelata da 948 tubi fotomoltiplicatori (PMT) con un fotocatodo di 20 in; a causa del fondo, la soglia di energia è fissata a 7.5 MeV. L osservazione dello scattering elastico coinvolge tutti i tre sapori dei neutrini, benché quelli non elettronici abbiano una sezione d urto ridotta da un fattore di circa 1 6, ma non è possibile distinguere i singoli contributi. Un primo risultato importante di Kamiokande fu la prova dell origine solare dei neutrini rivelati, dal momento che gli elettroni diffusi esibivano chiaramente un picco in corrispondenza della direzione dell asse Terra-Sole. Dal 1987 al 1995 [11] il flusso di neutrini da 8 B riportato da Kamiokande è (2.80 ± 0.36) 10 6 cm 2 s 1, contro il valore di (5.05 ± 0.9) 10 6 cm 2 s 1 previsto dallo SSM [5]. Incidentalmente, Kamiokande osservò per la prima volta anche i neutrini prodotti dall esplosione della supernova SN1987A: ciò valse il Premio Nobel 2002 al portavoce ufficiale dell esperimento, M. Koshiba. L ampliamento di Kamiokande, iniziato nel 1994, condusse a Super-Kamiokande, un rivelatore Čerenkov con un volume fiduciale di 22.5 kt d acqua e PMT. L abbassamento della soglia energetica a 5 MeV e la significativa riduzione delle incertezze permisero l osservazione in tempo reale degli effetti giorno-notte e delle variazioni stagionali del flusso di neutrini solari. Complessivamente il flusso osservato in 1496 giorni dal 1996 al 2001 [12] è (2.35 ± 0.06) 10 6 cm 2 s 1. La collaborazione di Super-Kamiokande pubblicò nel 1998 la prima evidenza di oscillazione nei neutrini atmosferici, e più recentemente [13] ha condotto un analisi globale dei dati raccolti dagli esperimenti sui neutrini solari, dalla quale risulta favorita la soluzione LMA per l effetto MSW.

17 17 L esperimento cruciale che diede una svolta decisiva al problema dei neutrini solari fu SNO, costruito nella miniera canadese di Creighton (Sudbury, Ontario), ad una profondità di 6010 mwe. Il rivelatore, che contiene 1000 t di D 2 O, è in grado di osservare i neutrini attraverso tre canali di interazione ad una soglia di 5.5 MeV: ν e + d p + p + e (CC) ν x + d p + n + ν x (NC) ν x + e ν x + e (ES) Le interazioni di corrente carica (CC) sono prodotte soltanto dai neutrini elettronici, mentre le reazioni di corrente neutra (NC) e di scattering elastico (ES) coinvolgono tutti i sapori (x = e, µ, τ). La chiave di volta dell esperimento è proprio l osservazione delle NC, che a differenza dello ES hanno sezione d urto indipendente dal sapore specifico. In una prima fase [14] SNO ha confrontato il proprio risultato sul flusso da ES con quello di Super- Kamiokande: la consistenza dei due risultati, insieme con la discrepanza (3.3σ) del flusso in CC dal flusso in ES, è l evidenza della presenza di neutrini non elettronici. Nella fase successiva SNO ha misurato anche il contributo da NC: l aggiunta di 2 t di NaCl all acqua pesante ha migliorato l efficienza di rivelazione di un fattore 3. I risultati dal 1999 al 2003 [15] sono (in unità di 10 6 cm 2 s 1 ) φ SNO CC = (stat) (syst) ES = (stat) ± 0.10(syst) φ SNO φ SNO NC 0.26 = 5.21 ± 0.27(stat) ± 0.38(syst), in buon accordo con la previsione (nelle medesime unità) dello SSM [5]: φ BP00 = 5.05 ± 0.09; in particolare, il rapporto tra il flusso da 8 B misurato con le reazioni CC e NC è φ SNO CC φ SNO NC = ± 0.026(stat) ± 0.024(syst), quindi SNO ha dimostrato che il flusso dei neutrini solari in arrivo sulla Terra ha un contributo da sapore non elettronico. Alla luce di questo risultato si sono notevolmente chiariti sia il problema dei neutrini solari sia i precedenti risultati sperimentali. Come ulteriore conferma delle oscillazioni LMA [16] citiamo l esperimento giapponese KamLAND, che tuttavia rivela i ν e prodotti dai reattori nucleari (benché in futuro l esperimento studierà anche i neutrini solari). L analisi combinata dei dati di tutti questi esperimenti ha portato ad una precisa definizione delle regioni permesse per i parametri di oscillazione.

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19 Capitolo 2 L esperimento Borexino Nel contesto sperimentale descritto nel capitolo precedente l esperimento Borexino si colloca come un progetto di avanguardia perché si propone di misurare in tempo reale per la prima volta i flussi di neutrini con energia inferiore al MeV, in particolare quelli della riga di 861 kev della reazione 7 Be(e, ν e ) 7 Li. Per realizzare un obiettivo così ambizioso è necessario raggiungere un livello di fondo estremamente basso, ottenibile soltanto con l ausilio degli accorgimenti tecnologici più recenti, messi costantemente alla prova durante la fase di progettazione. La storia di Borexino copre circa un ventennio, dalla nascita negli anni Ottanta, all inizio della presa dati nell estate Quasi tutti gli anni Novanta sono stati impiegati nella costruzione del prototipo Counting Test Facility (CTF) e nelle conseguenti fasi di testing. In seguito l esperimento ha dovuto fronteggiare una difficile situazione di stallo dovuta a problemi politici e sociali sul tema della sicurezza degli esperimenti. Sebbene ciò abbia causato ritardi nella realizzazione del progetto, il contributo di Borexino è comunque attuale, essendo un esperimento unico nel suo genere. In questo capitolo descriviamo le caratteristiche dell esperimento Borexino, che è presentato dettagliatamente nell articolo originale [18]. 2.1 Il segnale di neutrino La rivelazione dei neutrini solari in Borexino è basata sulla tecnica di spettroscopia attraverso uno scintillatore liquido organico. La reazione osservata è la diffusione elastica (ν x + e ν x + e ) dei neutrini sugli elettroni dello scintillatore. I neutrini elettronici possono interagire sia per corrente carica sia per corrente neutra, mentre i neutrini muonici e tauonici interagiscono unicamente per corrente neutra. Le sezioni d urto delle reazioni di scattering alle energie tipiche dei neutrini da 7 Be sono di cm 2 per i neutrini elettronici, e di cm 2 per i neutrini degli altri sapori. Il profilo degli elettroni diffusi dai neutrini monoenergetici del 7 Be è una forma rettan- 19

20 20 golare seguita da una spalla Compton con energia massima di 667 kev. La finestra energetica ottimale per la rivelazione del segnale di neutrini, detta neutrino window (NW), corrisponde all intervallo MeV (determinato principalmente da considerazioni sui fondi); il tasso di eventi previsto per un rivelatore di 100 t è di circa all anno. Poiché lo scintillatore emette fotoni in maniera isotropa, si perdono le informazioni sulla direzione di provenienza dei neutrini incidenti; tuttavia lo studio delle variazioni annuali di ±3.5% del flusso misurato, dovute all eccentricità dell orbita terrestre, permette di dedurre l origine solare dei neutrini. La più importante segnatura spettroscopica dei neutrini da 7 Be è dunque la forma caratteristica dello spettro dell elettrone diffuso; dopo un sufficiente accumulo di statistica sarà possibile sfruttare anche le informazioni sulla variazione annuale del flusso. 2.2 La struttura del rivelatore Il rivelatore dell esperimento Borexino è collocato nella sala C dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) ad Assergi (L Aquila). Il laboratorio è situato a 963 m sopra il livello del mare, sotto uno spessore massimo di roccia di 1400 m, pari in media a 3500 mwe. Il flusso residuo di muoni da raggi cosmici è quindi soppresso di circa sei ordini di grandezza, fino ad un valore di 25 m 2 d 1. La radioattività naturale delle rocce produce un flusso di raggi γ di 10 8 m 2 d 1. Il rivelatore ha una struttura a gusci concentrici costruiti con materiali di radiopurezza crescente, in modo da ridurre il fondo di raggi γ nella zona più interna. La struttura del rivelatore è schematizzata nella figura 2.1. External water tank Ropes Borexino Detector Stainless Steel Sphere Water Nylon Outer Vessel Nylon Inner Vessel Fiducial volume Internal PMTs Steel plates for extra shielding Buffer Scintillator Muon PMTs Figura 2.1: Schema del rivelatore Borexino.

21 21 Lo scintillatore scelto per il rivelatore è una miscela di pseudocumene (PC, 1,2,4-trimetilbenzene, C 6 H 3 (CH 3 ) 3 ) e di soluto PPO (2,5-difeniloxazolo, C 15 H 11 NO), che viene aggiunto in concentrazione di 1.5 g L 1 per spostare la lunghezza d onda di emissione fino a 380 nm, così che la luce emessa sia compatibile con la curva di sensibilità dei PMT. Le caratteristiche principali dello scintillatore sono elencate nella tabella 2.1. Caratteristiche generali Densità: 0.88 g cm 3 Massa totale: 290 t (diametro sfera: 8.5 m) Massa del volume fiduciale: 100 t (diametro sfera: 6 m) Caratteristiche ottiche Resa di luce: 10 4 fotoni MeV 380 nm Massimo di emissione: 365 nm Lunghezza di attenuazione: nm Tempo di decadimento (particelle β) senza assorbimento/riemissione: 3.5 ns con assorbimento/riemissione: 5 ns Discriminazione α/β per campioni 1 L: 98% β identificati 99.7% α identificati per campione 5 m 3 : 93% β identificati 89% α identificati Caratteristiche fisiche Quenching per le particelle α: Q(E) = E[MeV] Contaminazioni radioattive 238 U: (3.5 ± 1.3) g g Th: (4.4 ± 1.5) g g 1 14 C/ 12 C: (1.94 ± 0.09) Tabella 2.1: Caratteristiche principali dello scintillatore liquido. Lo scintillatore è contenuto nell inner vessel (IV), una sfera di nylon trasparente con diametro di 8.5 m e spessore di 125 µm; un sistema di tiranti a tensione monitorata sostiene l IV, in modo da controllarne la stabilità meccanica e la spinta di Archimede. Per eliminare il fondo radioattivo si utilizza un volume fiduciale (FV) di sole 100 t di scintillatore, selezionate con un taglio via software, mentre le rimanenti 190 t vengono usate come schermo attivo. Un secondo strato di nylon di 11 m di diametro costituisce l outer vessel (OV), che avvolge l IV allo scopo di ridurre la diffusione di radon. Una sfera di acciaio inossidabile (SSS) racchiude l IV, che è immerso in un liquido di schermo (buffer) di massa 1040 t. Per ridurre la spinta di Archimede sull IV, e per evitare la riflessione totale sulla superficie di separazione tra buffer e OV, il liquido di schermo è ancora lo PC, con l aggiunta di un quencher di luce (DMP, dimetilftalato) in una concentrazione

22 22 di 5 g L 1 per ridurre la luce di scintillazione dei raggi γ del fondo esterno. La SSS ha un diametro di 13.7 m ed uno spessore di 8 10 mm. Alla superficie interna della sfera sono fissati 2212 fotomoltiplicatori con un fotocatodo di 20 cm, progettati specificamente per l utilizzo in PC e in acqua. Su 1800 PMT è stato montato un concentratore ottico, per aumentare la copertura geometrica fino al 30%. La figura 2.2 è una fotografia scattata durante la fase di installazione dei PMT, fra i quali se ne possono notare alcuni senza concentratore. Figura 2.2: Installazione dei fotomoltiplicatori sulla SSS. Lo strato più esterno del rivelatore è costituito da un serbatoio cilindrico con un diametro di 18 m ed un altezza di 17 m, contenente acqua deionizzata per schermare i γ e i neutroni provenienti dall esterno. I rimanenti 400 PMT (senza concentratore ottico) all interno della SSS, insieme ad ulteriori 210 PMT montati sulla superficie esterna della sfera, costituiscono rispettivamente il sistema interno ed esterno di identificazione e rigetto dei muoni cosmici (muon veto). Mentre il sistema esterno di muon veto si basa sulla rivelazione della luce Čerenkov prodotta dai muoni nell acqua, il sistema interno è molto sensibile agli eventi di scintillazione nel liquido di buffer, dove i muoni depositano la maggior parte della loro energia. In questo modo il fondo di muoni è ridotto di un fattore Il rivelatore è corredato da sistemi ausiliari per la gestione dei liquidi utilizzati: un impianto di purificazione dell acqua, un sistema di stoccaggio, purificazione e movimentazione dello scintillatore, un impianto di distribuzione dell azoto. Inoltre il rivelatore è collegato ad un sistema elettronico di lettura del segnale e di acquisizione dati che misura l energia totale rilasciata nello scintillatore, contando il numero di fotoni emessi, e la loro distribuzione temporale. Accanto al rivelatore principale si trova il prototipo CTF, versione semplificata di Bore-

23 23 xino, utilizzato in quattro fasi di prove sulla spettroscopia di 238 U, 232 Th, 14 C, sulla risposta ottica di un grande volume di scintillatore liquido, sulla possibilità di impiegare un diverso tipo di scintillatore, e sulla contaminazione dello scintillatore fornito, nonché sull efficienza degli impianti di purificazione online. Uno dei risultati più importanti di CTF, oltre alla dimostrazione della possibilità di ottenere bassissimi livelli di fondo, è l introduzione dell outer vessel come barriera per il radon. 2.3 Il fondo radioattivo La necessità di ridurre drasticamente il tasso di fondo affinché si possa distinguere chiaramente il segnale di neutrino deriva dall utilizzo di una tecnologia avanzata per la rivelazione in tempo reale degli eventi a bassa energia. Le sorgenti che contribuiscono al fondo radioattivo possono essere interne oppure esterne allo scintillatore. Il fondo intrinseco dello scintillatore è dovuto agli isotopi radioattivi che esso contiene, ed in particolare a radionuclidi cosmogenici o primordiali e ai gas nobili. Il più importante fondo cosmogenico è quello del decadimento del 14 C, che emette sempre particelle β con un end-point di 156 kev. Questo segnale è talmente elevato da obbligare a fissare la soglia inferiore dell esperimento a 250 kev, benché il rapporto 14 C/ 12 C sia dell ordine di A causa della risoluzione energetica del rivelatore, alcuni eventi di 14 C possono cadere nella NW. Inoltre eventuali eventi di pile-up, cioè una coincidenza veloce (τ 100 ns) di due eventi di 14 C nel FV, potrebbero essere interpretati dal software come un evento singolo di energia più alta. In Borexino i livelli di contaminazione previsti per i radionuclidi primordiali sono dell ordine di g g 1 per 238 U e 232 Th, e di g g 1 per 40 K. A questi livelli, nell ipotesi di equilibrio secolare, le previsioni sugli eventi nel FV sono 26 d 1 di tipo β e γ, e 122 d 1 di tipo α. In particolare i γ emessi dal decadimento del 232 Th sono parzialmente assorbiti nella distanza OV-IV. Il fondo da gas nobili comprende i radionuclidi 222 Rn, 85 Kr, 39 Ar. Il radon-222 è il prodotto di decadimento del 226 Ra nella catena dell 238 U, e detiene la concentrazione più elevata, perché ha un elevata vita media e un grande coefficiente di diffusione sia in aria sia attraverso i materiali che costituiscono il rivelatore, ed è altamente solubile nello scintillatore. Tra i nuclidi figli è possibile identificare precisamente il 214 Pb, essendo caratterizzato dalla coincidenza 214 Bi- 214 Po. I nuclidi figli di vita lunga emettono γ nella NW, mentre nella stessa finestra il figlio di vita breve 210 Pb decade in 210 Bi, che emettendo una particella β decade in 210 Po, puro emettitore α con vita di 200 giorni. Per minimizzare questi fondi è stata svolta una selezione accurata dei materiali attraverso tecniche innovative per la misura del radon. Altri gas nobili più rari sono il 85 Kr e l 39 Ar, che sono comunque molto problematici essendo emettitori β nella NW con vite medie lunghe. In effetti le misure di CTF hanno

24 24 evidenziato il krypton-85 quale sorgente di fondo con end-point di 650 kev. Le sorgenti di fondo esterno sono i raggi γ dai materiali solidi dei componenti del rivelatore (fra i quali i PMT e i concentratori ottici) e dalle pareti di roccia della sala sperimentale. La struttura stratificata del rivelatore e l attenta selezione dei materiali permettono di assorbire gradualmente i γ nel loro percorso verso il FV. Benché sia più difficile purificare i materiali solidi rispetto ai liquidi, l apparato ha subito alcuni cicli di purificazione, l ultimo dei quali attraverso il riempimento con acqua ultrapura, come mostrato nella foto della figura 2.3, per dissolvere i monomeri residui del nylon e rimuovere le impurezze di ioni metallici dalla superficie dei vessel. Figura 2.3: Vessel riempiti per metà di acqua ultrapura (sotto) e per metà di PC (sopra). Infine, il sistema di muon veto rigetta gran parte del fondo residuo di muoni, ma esistono tre casi in cui possono verificarsi dei problemi. La perdita di energia per effetto Čerenkov nell attraversamento del liquido di schermo potrebbe risultare in una frazione di luce rivelata dai PMT simulando un evento di scintillazione, benché in questo caso i coni di luce Čerenkov siano caratterizzati dalla base rivolta verso il basso. Un effetto più pericoloso è l interazione dei muoni con lo scintillatore, dalla quale si producono isotopi radioattivi come il 7 Be, che decade emettendo un γ di 487 kev. Infine, i muoni possono produrre neutroni che, catturati dai protoni, emettono un raggio γ di 2.2 MeV: se ciò avvenisse nel buffer, una frazione di energia del γ potrebbe raggiungere il FV, simulando un evento di scintillazione nella NW. Un fondo particolarmente vistoso causato dai muoni è il 11 C cosmogenico [19], che proviene dal 12 C dello scintillatore. Il 11 C ha una vita media di circa 30 minuti, e il suo decadimento β + va a mascherare la regione dello spettro intorno a 1 MeV, rendendo di fatto più difficoltosa la rivelazione del segnale di neutrini dal ciclo CNO e da pep.

25 Le possibilità aggiuntive Oltre a misurare il flusso dei neutrini solari da 7 Be, Borexino è in grado di esplorare altri settori di ricerca, che citiamo brevemente in questi paragrafi conclusivi. La possibilità di effettuare misure sui neutrini del ciclo CNO è di notevole interesse nel settore dell astrofisica, poiché permetterebbe di acquisire ulteriori informazioni sullo stato fisico del Sole e sulle abbondanze degli elementi più pesanti. Le misure sul ciclo CNO sono complicate, oltre che dalla minore intensità dei flussi previsti (affetti da incertezze maggiori rispetto a quelli della catena pp), dal mascheramento dovuto al fondo cosmogenico da 11 C, prodotto principalmente nelle fasi di trasporto dello scintillatore. È comunque possibile studiare una piccola porzione dello spettro adiacente alla NW, benché il contributo del ciclo CNO termini a circa 1.2 MeV. Di interesse astrofisico è anche la rivelazione dei neutrini prodotti dall esplosione di una supernova, caratterizzati da un segnale distinguibile in tutti i rivelatori a scintillazione. L informazione portata dal fiotto di neutrini riguarda principalmente il collasso e i meccanismi di esplosione, ed è in anticipo di 3 giorni rispetto alla luce emessa. La condizione per le osservazioni in questo canale è che la supernova si trovi ad una distanza ragionevole entro il Gruppo Locale, altrimenti il flusso perde l intensità caratteristica a causa dello sparpagliamento dei neutrini. Un ulteriore possibilità è la misura del flusso di antineutrini dal sottosuolo, i cosiddetti geoneutrini, che fornirebbero informazioni sulla composizione degli strati più interni della Terra, situati al di sotto della litosfera. Una misura di questo tipo è già stata effettuata da KamLAND, ma la posizione favorevole di Borexino, lontano dai reattori nucleari, può fornire una misura di maggiore precisione. Infine, un alloggiamento sotto il rivelatore permette l inserimento di sorgenti per lo studio del momento magnetico del neutrino, migliorando in particolare il limite superiore attualmente misurato.

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27 Capitolo 3 I primi risultati L esperimento Borexino ha iniziato la presa dati da alcuni mesi [20]. Lo spettro registrato in un tempo di runtime di 60.3 giorni da un lato ha confermato molte previsioni, ma d altra parte ha evidenziato alcuni fatti imprevisti. In questo capitolo confrontiamo le previsioni teoriche con i primi risultati, ed analizziamo lo spettro al fine di estrarre informazioni quantitative su alcuni flussi di neutrini solari, in particolare quelli da 7 Be. 3.1 Le previsioni teoriche L esperimento Borexino è progettato per rivelare i neutrini di energia al di sotto di 1 MeV, pertanto lo spettro dei neutrini solari in figura 1.3 indica che in linea di principio sarà possibile osservare i neutrini da pp, pep, 7 Be e dal ciclo CNO. Sebbene il fondo da 14 C mascheri quasi completamente il contributo dei neutrini pp, abbiamo precedentemente osservato che un eventuale misura del flusso dei neutrini pep sopperirebbe a questa mancanza. Sorgente BPS high Z BPS low Z Differenza pp 5.97(1 ± 0.007) (1 ± 0.007) (0.07 ± 0.06) pep 1.41(1 ± 0.011) (1 ± 0.011) 10 8 (0.04 ± 0.02) 10 8 hep 7.90(1 ± 0.16) (1 ± 0.16) 10 3 (0.30 ± 1.70) Be 5.08(1 ± 0.05) (1 ± 0.05) 10 9 (0.53 ± 0.35) B 5.95( ) ( ) 106 (1.2 ± 0.8) N 2.93( ) ( ) 108 (1.0 ± 0.6) O 2.20( ) ( ) 108 (0.8 ± 0.4) F 5.82( ) ( ) 106 (2.6 ± 1.2) 10 6 Tabella 3.1: Flussi aggiornati di neutrini solari (in cm 2 s 1 ) e relative incertezze [17]. 27

28 28 I flussi dei neutrini solari utilizzati come punto di partenza provengono dallo SSM [3] e successive modifiche. In particolare, gli ultimi dati aggiornati [17] tengono conto delle recenti misure della metallicità del Sole, cioè dell abbondanza relativa di idrogeno ed elio rispetto agli elementi più pesanti. Questi dati sono riportati nella tabella 3.1; il modello attualmente preferito è quello ad alta metallicità. Tali flussi devono essere corretti tenendo conto delle oscillazioni dei neutrini nella materia solare per effetto MSW. La condizione di risonanza, dipendente dalla densità di materia e dall energia dei neutrini, è soddisfatta dai neutrini del ciclo CNO, mentre il flusso di neutrini da 7 Be rimane inalterato, e sarà dunque soggetto solo alle oscillazioni nel vuoto. In generale, i flussi corretti saranno inferiori a quelli di partenza a causa delle oscillazioni. L ultimo passo è un calcolo geometrico che a partire dai flussi corretti determina quante interazioni di scattering avvengono in 100 t di scintillatore. I flussi di neutrini sono quindi trasformati in sezioni d urto di diffusione elastica sugli elettroni dello scintillatore, il cui spettro va poi confrontato con le effettive osservazioni sperimentali. Il risultato dei calcoli della collaborazione di Borexino per il 7 Be è di (48.9 ± 4.0) conteggi/(1 d 100 t). La collaborazione di Borexino ha inoltre studiato i fondi principali dovuti a 214 Pb, 85 Kr e 11 C, determinando i relativi spettri sia attraverso calcoli diretti sui decadimenti β, sia attraverso simulazioni Monte Carlo. Il grafico in figura 3.1 mostra le previsioni teoriche degli spettri degli elettroni diffusi dallo scattering elastico con i neutrini solari, e le previsioni sperimentali dei fondi dovuti a 214 Pb, 85 Kr, 11 C. Questi spettri sono già convoluti con la risoluzione sperimentale del rivelatore. Spettri teorici 100 t) conteggi/(1 d Be pp+pep CNO 214 Pb 85 Kr 11 C energia (MeV) Figura 3.1: Spettri previsti per 7 Be, CNO, pp+pep, normalizzati a 1 conteggio/(1 d 100 t), e per i fondi 214 Pb, 85 Kr, 11 C, normalizzati a 1 conteggio.

29 Lo spettro registrato Un primo sguardo (fig. 3.2) allo spettro registrato in due mesi di presa dati, in seguito al taglio degli eventi esterni al FV e al fondo di muoni, evidenzia due importanti caratteristiche. Spettro registrato 87.4 t) 60.3 d conteggi/(5 hit hit Figura 3.2: Spettro registrato nei primi 60.3 giorni da Borexino. Il primo picco, del quale è visibile solo la coda, è dovuto al fondo da 14 C, che come previsto maschera completamente ogni segnale in tale regione. Tuttavia proprio la chiara distinguibilità di questo picco è indice dell alto livello di riduzione dei fondi raggiunto. La NW esibisce chiaramente un picco inatteso, che è stato ricondotto all emissione di particelle α dal decadimento del 210 Po. Si giunge a questa conclusione osservando la distribuzione temporale dei fotoni emessi: dal momento che le particelle α sono molto ionizzanti, nello scintillatore si verifica il fenomeno di quenching, che modifica la forma della luce emessa; al contrario degli elettroni, le particelle α hanno un contributo maggiore di impulsi nella coda del segnale. La presenza di 210 Po non in equilibrio con il 210 Pb è probabilmente dovuta ad una infiltrazione di radon. Poiché il 210 Po è una sostanza molto mobile, è difficile rimuoverlo attraverso i cicli di purificazione; tuttavia ha una vita media di circa 200 giorni, perciò nel giro di qualche anno sarà completamente decaduto in 206 Pb. L infiltrazione di radon per contatto con l aria ha inevitabilmente comportato anche un contributo elevato al fondo del 85 Kr, che ha un end-point a circa 650 kev e cade anch esso nella NW. Nonostante questi fondi inattesi, è possibile osservare con chiarezza lo spigolo del 7 Be, segno che effettivamente si sono raggiunti livelli di purezza tali da non comportare fondi

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