2 I MODELLI CONCETTUALI PER LA TRASFORMAZIONE AFFLUSSI-DEFLUSSI
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- Leonora Bevilacqua
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1 2 I MODELLI CONCETTUALI PER LA TRASFORMAZIONE AFFLUSSI-DEFLUSSI 2.1 Il bilancio idrico del bacino (Rif.: [1]) L insieme dei processi idrologici che, nel loro insieme, costituiscono la trasformazione afflussi-deflussi operata dal bacino idrografico è rappresentabile, in una forma generale ma sufficientemente completa, nello schema a blocchi della Figura 2.1. Nella figura i blocchi rappresentano forme di immagazzinamento dell acqua e le linee che li collegano rappresentano i singoli processi che trasferiscono l acqua da una forma di accumulo all altra. Complessivamente il contorno tratteggiato delimita la parte del ciclo idrologico che rappresenta la trasformazione afflussideflussi operata dal bacino idrografico. Figura 2.1 : Schema a blocchi per il bilancio idrico di bacino 7
2 Ovviamente la rappresentazione in Figura 2.1 è una semplificazione piuttosto spinta dei fenomeni che avvengono nella realtà. Essa si presta tuttavia a fornire il supporto per la predisposizione di una MAD implementabile su computer. Si sottolinea che questa rappresentazione può essere considerata come base per un modello a parametri concentrati che non diversifica il bacino in unità elementari differenziate da un punto di vista spaziale per individuare la risposta complessiva del bacino. Vedremo comunque di seguito come questa operazione di combinazione di unità spazialmente diversificate, per il passaggio ad una MAD distribuita sul bacino, risulti fattibile. Nella Figura 2.1 il blocco che rappresenta la superficie del bacino contiene i volumi d acqua immagazzinati, rispettivamente, sulla vegetazione e nelle depressioni superficiali. Il blocco che rappresenta il suolo contiene il volume immagazzinato come umidità del suolo. I blocchi che rappresentano rispettivamente la rete idrografica e gli acquiferi rappresentano l acqua immagazzinata appunto nella rete idrografica e nelle falde. La precipitazione P va in gran parte al blocco che rappresenta la superficie del bacino (inclusa la copertura vegetale) ed in piccola parte direttamente a quello che rappresenta la rete drenante del bacino. I tre blocchi che rappresentano la superficie del bacino, la rete drenante e la zona areata del suolo alimentano l evaporazione E attraverso la quale si ha ritorno dell acqua nell atmosfera. L evaporazione E comprende quindi la perdita evaporativa dell acqua trattenuta per intercezione dall apparato foliare, l evaporazione dal velo d acqua che copre il terreno durante la pioggia e dalle depressioni superficiali, l evaporazione dagli specchi d acqua e quella dal terreno umido aereato rappresentato dal blocco del suolo. Il blocco che rappresenta il suolo alimenta, oltre l evaporazione E, anche la traspirazione dalla copertura vegetale T che avviene dall apparato radicale, attraverso la quale si ha un altro ritorno di acqua nell atmosfera. Il blocco che rappresenta la superficie alimenta anche l infiltrazione nel suolo F e la componente Q s di deflusso superficiale. Il blocco che rappresenta il suolo alimenta anche lo scorrimento ipodermico Q i e la ricarica degli acquiferi (o percolazione profonda) R. 8
3 Il blocco che rappresenta gli acquiferi alimenta lo scorrimento profondo che si suddivide in due parti: lo scorrimento che corrisponde al deflusso di base Q b nella rete drenante (che andrà a sommarsi al deflusso superficiale Q s ed al deflusso ipodermico Q i ) e lo scorrimento verso gli strati profondi o verso l esterno Q u, che rappresenta comunque una perdita nell ambito del bilancio di bacino. Nel caso in cui non ci sia coincidenza tra spartiacque superficiale e spartiacque sotterraneo si può avere anche uno scorrimento profondo Q e dall esterno verso il blocco che rappresenta gli acquiferi. Dal blocco che rappresenta la rete drenante esce infine il deflusso totale Q=Q s +Q i +Q b (2.1) alla sezione di chiusura del bacino. Una caratteristica importante dello schema è che a ciascun blocco corrisponde un certo volume nello spazio fisico che, possibilmente, deve essere chiaramente delimitato in modo da definire correttamente le quantità d acqua entranti ed uscenti da ciascun blocco. Queste definizioni sono importanti poiché su esse deve valere l equazione di continuità idraulica (ossia il principio di conservazione della massa) applicata per ciascuno dei blocchi sopra definiti. Pertanto, in un assegnato intervallo di tempo, la differenza tra la quantità d acqua che entra nel volume di controllo e quella che ne esce deve uguagliare l incremento della quantità d acqua immagazzinata nel volume. I singoli processi che trasferiscono l acqua da un blocco all altro o da questi verso l esterno si descrivono attraverso equazioni che rappresentano in forma matematica i processi fisici. In definitiva le equazioni che descrivono i processi, insieme con le equazioni di continuità valide per i singoli blocchi, costituiscono la rappresentazione matematica della trasformazione afflussi-deflussi. Nel caso si affronti col MAD una modellazione spazialmente distribuita, a queste relazioni saranno da affiancare quelle che rappresentano le interazioni fra le unità spaziali adiacenti nella magliatura che può essere adottata per rappresentare il bacino. A titolo di sintesi, si può inoltre scrivere per la trasformazione afflussideflussi la relazione che rappresenta l equazione di continuità globale, applicata a tutto il volume di controllo (linea tratteggiata nella Figura 2.1). L equazione di continuità globale in questo contesto prende il nome di equazione del bilancio idrologico del bacino. 9
4 Applicando l equazione globale al volume di controllo che ha la base coincidente con lo strato impermeabile su cui poggiano gli acquiferi, il tetto in aria al di sopra della vegetazione ed un contorno cilindrico che passa per il contorno (spartiacque) del bacino, per l unità di tempo considerato possiamo scrivere la seguente relazione: P+Q e =E a +E t +E v +T+Q+Q u +ΔV s +ΔV u +ΔV a +ΔV r (2.2) dove: P è la precipitazione complessiva sul bacino; Q e è la quantità d acqua entrata nel bacino per scorrimento sotterraneo; E a è la quantità d acqua evaporata dagli specchi d acqua e dal velo d acqua che copre il terreno durante e poco dopo la precipitazione; E t è la quantità d acqua evaporata dallo strato areato del terreno; E v è la quantità d acqua evaporata dalla copertura vegetale durante e poco dopo la precipitazione; T è la quantità di acqua traspirata dalla vegetazione; Q è il deflusso superficiale alla sezione di chiusura del bacino; Q u è la quantità d acqua uscita dal bacino per scorrimento sotterraneo; ΔV s è l incremento del volume d acqua immagazzinato nello strato superficiale (somma di quello immagazzinato nella copertura vegetale e nelle depressioni superficiali); ΔV u è l incremento del volume d acqua immagazzinato come umidità nello strato del suolo areato; ΔV a è l incremento del volume d acqua immagazzinato negli acquiferi; ΔV r è l incremento del volume d acqua immagazzinato nella rete idrografica del bacino. Più sinteticamente si può porre l evapotraspirazione ET pari alla somma dell evaporazione è della traspirazione: ET= E a +E t +E v +T (2.3) Ugualmente, nell equazione di bilancio globale si può condensare nella variazione complessiva di volume la somma dei termini corrispondenti nei quattro blocchi: ΔV=+ΔV s +ΔV u +ΔV a +ΔV r (2.4) 10
5 Pertanto l equazione di continuità globale (bilancio idrologico di bacino) si può scrivere nella forma: P+Q e =ET+Q+Q u +ΔV (2.5) Spesso si pùo assumere che le due quantità Q e e Q u siano trascurabili o siano circa uguali tra loro. La forma più sintetica dell equazione di continuità globale risulta pertanto: P = ET + Q + ΔV (2.6) Scritta in questa forma l equazione del bilancio idrologico ci dice che la precipitazione è pari alla somma delle perdite per evaprotraspirazione ET, del deflusso Q alla sezione di chiusura e dell incremento ΔV del volume d acqua immagazzinato in varie forme all interno del volume di controllo assunto a rappresentare il bacino. L entità data dalla differenza tra precipitazione e deflusso D = P - Q (2.7) è indicato come deficit di scorrimento nell intervallo unitario ed ovviamente sta a rappresentare la somma delle perdite e delle variazioni negli invasi propri del bacino: D = ET + ΔV (2.8) Nei paragrafi che seguono esamineremo più in dettaglio i singoli processi che intervengono nel bilancio idrologico del bacino fornendo le relazioni che consentono la loro quantificazione numerica all interno dei modelli afflusso deflusso di tipo concettuale. 11
6 2.2 Valutazione delle precipitazioni sul bacino [Rif.: 3] Nella MAD sono normalmente utilizzate le precipitazioni storiche, e quindi la valutazione dell'afflusso nel bacino, o in porzioni di esso (griglie), sono effettuate sulla base delle misure puntuali ai pluviometri (o pluviografi) ricadenti o limitrofi al bacino in esame. Quando si effettua una modellazione di evento si può anche fare ricorso a piogge ipotetiche, anche chiamate piogge di progetto. A queste si attribuisce in genere il valore di altezza di pioggia complessiva (nel tempo di pioggia esaminato) stimandola dalle distribuzioni probabilistiche degli eventi estremi. La stima della distribuzione nel tempo della precipitazione viene in genere effettuata seguendo pluviogrammi standard. Quando si effettua una modellazione in continuo alle precipitazioni misurate potranno essere sostituite delle serie sintetiche di precipitazione (alternative alle serie storiche) che possono essere generate utilizzando tecniche che vedremo nella seconda parte del corso. In ogni caso, sia nella definizione del pluviogramma del singolo evento, sia nella definizione di serie continue di precipitazioni su periodi estesi, resta in genere il problema del passaggio dalla precipitazione puntuale alla precipitazione media sul bacino o su una sua porzione. Indicando con P M la precipitazione media sul bacino e con p i la precipitazione puntuale nell'i-esimo pluviometro, la precipitazione media potrà essere stimata usando la relazione generale: (2.8) dove, ovviamente, w i indicano i pesi assegnati alle singole stazioni pluviometriche. Frequentemente i pesi w i sono regolarizzati facendo in modo che risulti Σ i w i =1. In tal caso, ovviamente, l espressione precedente risulta: (2.9) I metodi più comuni per stimare i fattori di peso w i nella determinazione della precipitazione media P M sono i seguenti: metodo della media aritmetica: in questo caso il peso di ciascun pluviometro è uguale al rapporto 1/N, dove N indica il numero di pluviometri, interni o limitrofi al bacino, considerati per la stima di P M 12
7 metodo del poligono di Thiessen: in questo metodo si assume che l altezza di precipitazione in ciascun punto del bacino sia uguale a quella misurata nel pluviometro più vicino al punto in esame. Di conseguenza il peso attribuito al pluviometro i-esimo è pari alla porzione di area del bacino che risulta più prossima ad esso, diviso l area complessiva. Lo schema grafico per la individuazione dei pesi è dato in Figura 2.2. Figura 2.2 : Schema di applicazione del metodo del Thiessen metodo delle isoiete: Le curve di iso-precipitazione sono stimate dai valori misurati nei singoli pluviometri con tecniche numeriche di diverso tipo o graficamente secondo l esperienza dell operatore. Una volta tracciate le curve di livello si attribuisce all area compresa tra due curve il rispettivo valore medio. I valori di p i sono appunto i valori medi tra due isoiete limitrofe ed i pesi w i sono le superfici 13
8 comprese tra le isoiete. Lo schema grafico per la individuazione dei pesi è dato in Figura 2.3. Figura 2.3 : Schema di applicazione del metodo dei topoieti metodo dei triangoli: questo metodo è stato, tra l altro, utilizzato in [2] per la stima delle precipitazioni ragguagliate ai bacini. Il metodo si base sull ipotesi che il volume di pioggia possa essere rappresentato da porzioni di piano di forma triangolare con i vertici innalzati in corrispondenza delle stazioni pluviometriche con altezza pari appunto alla precipitazione misurata. Usando questo approccio si deve preliminarmente stimare la precipitazione P k nel baricentro di ciascun triangolo determinato dalla rete pluviometrica di riferimento. I pesi w k saranno dati dalle superfici dei singoli triangoli. Metodo dell inverso delle distanze: Il metodo si basa sull ipotesi che in ciascun punto del bacino la precipitazione possa essere stimata sulla base di tutte le precipitazioni misurate, attribuendo ad esse un peso pari all inverso della distanza tra il punto e la stazione 14
9 pluviometrica. Frequentemente si fa riferimento alla distanza al quadrato. Utilizzando questo metodo si ricorre in genere preliminarmente ad una ripartizione del bacino secondo una griglia con elementi quadrati di uguale lato. Indicato con k il generico elemento della griglia, essendo k= 1, K,il peso w ki del pluviometro i nella maglia k risulta: (2.10) dove d j indica la distanza tra l elemento della griglia ed il pluviometro j. Una volta individuati tutti i pesi w ki per la maglia k, per essa la stima della precipitazione media risulta: (2.11) mentre la precipitazione media su tutto il bacino sarà: (2.12) Si nota che nel metodo della media aritmetica, il metodo dell inverso delle distanze ed nel metodo del poligono di Thiessen la stima dei pesi risulta inalterata nel passare da un evento all altro o da un periodo all altro. Nel metodo delle isoiete a rigore si dovrebbero stimare nuovamente i pesi nel passare ad eventi o a periodi diversi. 2.3 La definizione della Pioggia netta Abbiamo già visto che la forma più sintetica dell equazione di bilancio idrico di bacino risulta : P=ET+Q+ΔV (2.6) In questa forma l equazione di continuità globale ci dice che la precipitazione è pari alla somma delle perdite per evapotraspirazione ET, del deflusso Q alla sezione di chiusura e dell incremento ΔV del volume d acqua immagazzinato in varie forme all interno del volume di controllo assunto a rappresentare il bacino. Ovviamente in questo contesto stiamo trascurando la quantità d'acqua intercettata dalla vegetazione (intercezione vegetale) che, peraltro, dipende non solo dalle caratteristiche della copertura vegetale del terreno ma anche dal tipo di precipitazione e dalla sua intensità. 15
10 Sulla valutazione delle perdite per evapotraspirazione tratteremo più avanti nel corso. Per quanto riguarda l'entità dell'altezza di precipitazione intercettata dalla vegetazione, questa si compone di due termini: il primo legato alla quantità d'acqua trattenuta dalla pianta, il secondo alla quantità evaporata dalla superficie fogliare durante la precipitazione. Per valutare la quantità di pioggia intercettata durante un evento di durata t p si può utilizzare l'espressione di tipo esponenziale negativo: (2.13) dove k, c, ed h f sono dei parametri normalmente tarati sulla base di esperienze empiriche. Valori di riferimento per i parametri possono essere: h f =5 mm ; c=100 ; k=1/(h f +cet p ) Se ci riferiamo ad una modellazione di evento, possiamo affermare che durante gli eventi meteorici particolarmente intensi, da cui derivano le piene, l evapotraspirazione e l intercettazione della vegetazione sono trascurabili rispetto agli altri termini dell equazione e pertanto la precipitazione netta, che da luogo al deflusso, potrà essere stimata come P net =Q= P - ΔV (2.14) Avendo indicato con ΔV le quantità usualmente denominate come perdite. Risulta evidente che l entità della pioggia netta è legata alle caratteristiche che il fenomeno di infiltrazione assume nel bacino in esame. 2.4 L'Infiltrazione Per infiltrazione si intende il volume d acqua che si infiltra attraverso una superficie unitaria di area del suolo nell unità di tempo. Tale grandezza varia in dipendenza di numerosi fattori tra i quali sono fondamentali le caratteristiche del terreno, le condizioni di umidità del suolo all inizio dell evento, le modalità con cui l evento di pioggia si sviluppa. Il suolo è normalmente un mezzo poroso. Tra i granuli che lo compongono esistono dei vuoti, tra loro comunicanti che formano una rete di condotti, in gran parte di dimensioni microscopiche. Si definisce porosità del suolo il rapporto tra il volume dei vuoti ed il volume totale della porzione di suolo esaminato. Nella rete di condotti determinata dai vuoti presenti nel suolo il moto dell'acqua può avvenire in due modi a seconda che il suolo sia saturo 16
11 o insaturo. Nel primo caso tutti gli interstizi tra i granuli sono pieni d'acqua, nel secondo, invece, sono occupati in parte da acqua ed in parte da aria. Il moto dell'acqua nel mezzo poroso avviene comunque sempre in regime laminare. Durante una precipitazione, dal punto di vista di contenuto di umidità del suolo, si possono individuare tre zone: una zona satura prossima al suolo, una zona di trasmissione non satura intermedia, una zona di inumidimento prossima alla falda. Il deflusso dell'acqua nel suolo avviene pertanto secondo diverse modalità: si parla di percolazione quando il moto avviene in condizioni di non saturazione ed il moto è prevalentemente verticale; si parla invece di filtrazione quando il moto avviene in condizioni di saturazione ed il moto è prevalentemente orizzontale. 17
12 Anche il suolo pertanto, in condizioni di saturazione può dar luogo ad un contributo al deflusso definito deflusso ipodermico Qe, secondo la definizione data precedentemente. L'entità del deflusso ipodermico può risultare significativo quando, a piccola profondità dalla superficie del suolo, siano presenti strati impermeabili e non sia consentita una infiltrazione verso un acquifero sottostante. Spesso, comunque, soprattutto a causa della difficoltà di individuare con approssimazione accettabile l'entità del deflusso ipodermico, le portate determinate da tale contributo vengono conglobate con quelle derivanti dal deflusso superficiale. In effetti, pur derivando dal movimento dell'acqua nel sottosuolo, il fenomeno risulta rilevante soprattutto in presenza di macro-porosità dovute all'apparato radicale della vegetazione e l'andamento nel tempo del deflusso ipodermico, se significativo, risulta più prossimo alla componente superficiale che a quella sotterranea di falda Equazioni per lo studio dei moti di filtrazione Per il moto di filtrazione nel mezzo saturo può essere assunta la ben nota legge di Darcy. Si consideri un apparato sperimentale come quello rappresentato in figura: 18
13 In condizioni di terreno saturo, omogeneo ed isotropo, e flusso stazionario (Q e =Q u ), si arriva alla seguente relazione sperimentale: (2.15) che individua la dipendenza della portata specifica (portata per unità di superficie) q dalla variazione di carico totale H, con H=h+z, e dalla costante di proporzionalità K, chiamata conduttività idraulica o permeabilità. Tale costante si può esprimere come: ovvero posto : definita pemeabilità specifica o intrinseca e dipendente solo dal mezzo filtrante), si ha: Valori di riferimento per K o k possono essere: 19
14 La legge di Darcy si può assumere valida anche nel caso di mezzo non saturo, ma in tale caso K non è costante e cresce al crescere del contenuto di umidità nel suolo. In queste condizioni si può assumere che la conduttività idraulica in condizioni non sature sia funzione del contenuto volumetrico di acqua nel mezzo poroso Θ, e quindi K=K(Θ). L'altezza piezometrica h nel caso di un mezzo saturo si misura con un piezometro; nel caso di un mezzo non saturo le condizioni di pressione sono essenzialmente legate al valore della tensione superficiale dell'acqua e si misurano con un tensiometro. La tensione superficiale è di segno opposto rispetto al carico idraulico e si potrà anch'essa considerare come funzione del contenuto d'acqua Θ. Si indica quindi con h=h(θ) il carico di suzione determinato dalla presenza d'acqua in condizione non sature. In questa situazione risulta: H=z- h(θ) (2.16) Mentre l'equazione del moto diventa: (2.17) Si può quindi introdurre la diffusività idraulica e l'equazione precedente diventa: D(Θ)=K(Θ) dh/dθ (2.18) L'equazione (2.18), nella quale il contenuto d'acqua Θ compare come variabile dipendente, non è tutta via conveniente per le applicazioni nei 20
15 suoli nei quali Θ abbia delle discontinuità non facilmente rappresentabili come Θ =Θ(h). Ugualmente il termine di conduttività si cercherà di esprimerlo come K=K(h). Con riferimento ad un parallelepipedo infinitesimo con base orizzontale ed a liquido incomprimibile, l'equazione di continuità assume la forma: (2.19) Combinando la (2.17) con la (2.19) e riferendoci ad una sezione unitaria si ottiene: (2.20) dove t è la variabile tempo e la simbologia K(Θ,z) e h(θ,z) indica la variazione di K e h con la quota z nel suolo. Questa equazione mostra due variabili dipendenti: Θ ed h. Sotto l'ipotesi che Θ sia una funzione univoca di h, possiamo scrivere: (2.21) e la (2.20) potrà essere riscritta nella seguente forma: (2.22) Il termine C(h)è chiamato capacità di umidità specifica. L'equazione (2.22) viene inoltre chiamata equazione di Richards. Nelle porzioni orizzontali di suolo che diventano sature per brevi periodi di tempo durante la precipitazione, il termine C(h) diventa zero e la conduttività idraulica in condizioni non sature K(h,z) diventa un valore costante ed uguale alla conduttività in condizioni sature K s. In tale situazione, la (2.22) si riduce alle condizioni di continuità: (2.23) La variazione nel tempo dell'infiltrazione nel terreno può essere studiato tramite l'equazione di Richards (2.22) vincolandola al rispetto delle 21
16 condizioni iniziali di umidità del suolo, variabili con la sua profondità, all'input di acqua nella superficie dato dalla precipitazione ed alle caratteristiche dello strato limite inferiore del suolo. Per un evento di pioggia con intensità inferiore alla conduttività idraulica in condizioni sature del profilo di suolo considerato tutta la precipitazione si infiltrerà senza provocare deflusso. Per precipitazioni con intensità superiori, tutta la pioggia si infiltrerà in genere nei primi stadi del fenomeno fino al tempo in cui la superficie diventa satura (Θ=Θ s, h>0, z=0). Dopo questo istante l'infiltrazione è minore della pioggia ed inizia il deflusso. Queste condizioni (ponding time) si possono esprimere come: (2.24) dove R indica l'intensità di pioggia e t p il tempo di ritardo nell'inizio del deflusso rispetto all'inizio della precipitazione. Le condizione di vincolo sullo strato inferiore del suolo si esprime normalmente attraverso un flusso unitario attribuito in corrispondenza dello strato alla profondità limite L : q(l,t)=k(θ,l) t>0 (2.25) La soluzione dell'equazione di Richards (2.22) è in genere ottenuta utilizzando metodi alle differenze finite o agli elementi finiti. Il loro utilizzo nell'ambito della MAD risulta tuttavia ancora limitato. Nel seguito vedremo procedure alternative di uso pratico per la stima dell'infiltrazione nei MAD 22
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