LA COMPETENZA E I TERMINI

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IL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA (PARTE SECONDA) PROF. MASSIMO SANTINI

Indice 1 LA COMPETENZA E I TERMINI----------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 I POTERI DEL GIUDICE DELL OTTEMPERANZA ---------------------------------------------------------------- 4 3 IL COMMISSARIO AD ACTA --------------------------------------------------------------------------------------------- 5 4 OTTEMPERANZA E RISARCIMENTO --------------------------------------------------------------------------------- 6 2 di 6

1 La competenza e i termini La competenza a decidere sul ricorso in ottemperanza è in linea di massima del medesimo giudice che ha adottato la decisione di cui si chiede l esecuzione. Ciò in quanto risulta il più idoneo in tal senso, ossia a risolvere eventuali questioni connesse alla fase esecutiva. La competenza è dunque del TAR se il Consiglio di Stato conferma la sentenza di primo grado sia nel dispositivo, sia nella motivazione. Qualora sia invece confermato il dispositivo ma con diversa motivazione la competenza sull eventuale giudizio di ottemperanza sarà allora del Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato è invece ovviamente competente in caso di riforma, anche nel dispositivo, della sentenza del TAR. L azione si propone anche senza previa diffida, a differenza del sistema precedente in cui tale fase era ritenuta indispensabile. Nel sistema precedente la diffida era necessaria in quanto il ricorso non doveva essere necessariamente notificato all amministrazione, ma solo comunicato a questa da parte della segreteria. La comunicazione era stato peraltro ritenuto dalla Corte costituzionale (sentenze n. 411 del 2005 e n. 100 del 2006) mezzo idoneo e alternativo rispetto alla notificazione, in quanto diretto a consentire comunque alla PA la conoscenza del ricorso e dei suoi motivi. Anzi era considerato un mezzo più celere e meno costoso per la PA. Il legislatore del codice ha invece adesso ritenuto necessaria la notifica del ricorso, dunque la diffida non costituisce più momento indefettibile. Certamente ciò non vuol dire che sia precluso mettere in mora la PA. L azione si prescrive inoltre con il decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza. La regola è tratta dall art. 2953 cod. civ., secondo cui i diritti per i quali è stabilita una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi interviene sentenza passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni (c.d. actio iudicati). 3 di 6

2 I poteri del giudice dell ottemperanza I poteri del giudice dell ottemperanza sono i seguenti, ai sensi dell art. 114 del codice del processo amministrativo: a) ordina l ottemperanza prescrivendo le relative modalità, in caso anche determinando il contenuto del provvedimento da adottare oppure emanando lo stesso provvedimento in luogo della PA. In principio tale potere sostitutivo era previsto soltanto per i provvedimenti vincolati. Poi è stato esteso anche al potere discrezionale della PA; b) dichiara nulli gli atti nel frattempo adottati in violazione del giudicato; c) nomina se necessario un commissario ad acta. In questi casi di solito si assegna un termine per ottemperare scaduto il quale assume le funzioni l individuato commissario; d) dispone il pagamento di somme di denaro in relazione al ritardo con cui la PA dà esecuzione al giudicato. Si tratta di misure dissuasive nei confronti della PA nel dare esecuzione con ritardo alle decisioni del GA (c.d. astreintes); e) fornisce chiarimenti sulle modalità di ottemperanza su richiesta delle parti ed anche del commissario. Il giudice dell ottemperanza conosce inoltre di tutte le questioni relative all esatta ottemperanza (c.d. incidente di esecuzione) ivi compresi gli atti del commissario. Si pone la questione del rapporto tra azione di esecuzione, o di ottemperanza, e azione di cognizione spuria diretta ossia a far valere soltanto la nullità dell atto posto eventualmente in violazione del giudicato. Ritiene una parte della dottrina (Lopilato) che nulla vieta che la parte si limiti a chiedere in sede cognitoria la sola nullità del provvedimento adottato in violazione del giudicato senza contestualmente chiedere altresì la tutela attuativa della propria pretesa. Ciò sarebbe dunque funzione del diritto di scelta delle modalità di difesa della propria posizione giuridica. 4 di 6

3 Il commissario ad acta Si affronta la questione della natura del commissario ad acta. Il secondo comma dell art. 114 c.p.a. prevede infatti che il giudice dell ottemperanza conosce di tutte le questioni relative all esatta ottemperanza, ivi ricompresi gli atti posti in essere dal commissario ad acta. Per via di questa previsione tutti gli atti del commissario potranno essere contestati davanti al giudice dell ottemperanza, da ciascuna parte del processo, mediante formale reclamo. È nota la questione circa la corretta qualificazione di tale figura: organo ausiliario del giudice, organo straordinario della PA oppure organo misto. L orientamento prevalente era quello di organo ausiliario del giudice che svolge una attività di supporto materiale e tecnico all esercizio della funzione giurisdizionale. Questa è la impostazione adottata dal codice del processo amministrativo. Di qui la impugnazione degli atti da questi emanati attraverso lo strumento del reclamo. Vi è poi la questione se l amministrazione conservi o meno il potere di adottare l atto anche dopo la nomina del commissario ad acta. Secondo la tesi maggioritaria il potere di intervenire permarrebbe comunque in capo alla PA, almeno sino a quando il commissario non abbia adempiuto lui stesso. Ciò in base al principio di separazione dei poteri. Inoltre sarebbe indifferente al priva se adempia la PA oppure il commissario, dal momento che l attività di entrambi resta comunque soggetta al controllo del giudice. Il commissario dunque, prima di emanare atti o compiere comunque attività amministrativa, dovrebbe previamente accertarsi se la PA non abbia già provveduto in merito alla situazione controversa. Va da sé che se il commissario adempie in un certo modo e la PA non dovesse condividere tale impostazione, resta la possibilità di ricorrere allo strumento del reclamo, da parte della stessa PA, ai sensi dell art. 114, comma 6, c.p.a. Il reclamo suddetto si presenta entro 60 giorni soltanto dalle parti del processo. I terzi estranei possono solo proporre ricorso ordinario di cognizione. 5 di 6

4 Ottemperanza e risarcimento Ai sensi del comma 3 dell art. 112 può essere poi proposta azione di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato. Questa previsione corrisponde ad una posizione che era ormai condivisa dalla giurisprudenza sul danno da mancata esecuzione della sentenza. Il precedente comma 4 prevedeva anche la possibilità di coltivare, all interno del medesimo giudizio di ottemperanza, l azione risarcitoria connessa al giudizio di cognizione. A dire il vero la giurisprudenza che si era formata prima del codice era contraria a tale soluzione, sia perché sarebbe mancato nel giudizio di ottemperanza una piena fase cognitoria, sia perché sarebbe mancato in certi casi (si pensi all ottemperanza che si svolge direttamente dinanzi al Consiglio di Stato) il doppio grado di giudizio. La prima versione del codice, come detto, prevedeva invece la possibilità di agganciare il giudizio di ottemperanza alla azione di risarcimento. Tale previsione è stata tuttavia espunta con il decreto legislativo correttivo n. 195 del 2011. Resta la possibilità che in sede di ottemperanza si coltivi il risarcimento per equivalente in quanto quello in forma specifica affermato in sede cognitoria non è più possibile coltivare per impossibilità sopravvenuta. Ma si tratta a ben vedere di risarcimento del danno patito proprio in conseguenza del ritardo nel dare esecuzione alla sentenza, dunque da comportamenti inerti, elusivi o violativi del giudicato stesso. 6 di 6