Concorrenza e spread bancario: analisi degli e etti reali



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Transcript:

Concorrenza e spread bancario: analisi degli e etti reali Abstract Nel presente lavoro si esaminano gli e etti che le variabili bancarie, in particolare il livello di concorrenza del mercato, hanno sull economia reale. In particolare, utilizzando lo spread tra i tassi attivi e passivi delle banche, come proxy per l e cienza allocativa del mercato dei capitali, si propongono due modelli che legano lo spread stesso alla crescita di medio e lungo periodo. Si trova che, se le banche attuassero le loro scelte con un orizzonte decisionale di medio periodo, implementerebbero una politica di spread bassi, poiché, pur riducendo il margine di pro tto, tale scelta creerebbe le condizioni per la crescita e la conseguente riduzione della rischiosità del sistema, migliorandone la stabilità complessiva. Nella trattazione si analizzano con particolare attenzione gli e etti delle politiche monetarie in regimi concorrenziali di erenti, evidenziando come in mercati scarsamente competitivi queste siano meno e caci dal punto di vista reale; inoltre si trova che il mercato bancario può essere governato da accordi collusivi taciti stabili tra gli agenti, con forti esternalità negative in termini di benessere. Alessandro Ferrari matricola: 1336403 Prof. Relatore: Francesco Giavazzi Cles 2010/2011 1

Indice 1. Introduzione pag. 3 2. Lo spread bancario pag. 6 2.1 Caratteristiche dello spread bancario pag. 6 2.2 E etti dello spread bancario sul monitoring pag. 14 3.E etti della concorrenza sul mercato bancario pag. 24 3.1 Concorrenza ed e cacia della politica monetaria pag. 24 3.2 Concorrenza e stabilità nel mercato bancario pag. 33 4. E etti reali dello spread bancario pag. 38 4.1 Teoria degli e etti reali dello spread pag. 38 4.2 Modello su spread ed e cienza allocativa pag. 42 4.2 Modello IS-LMB pag. 44 4.3 Modello dinamico per gli e etti reali dello spread pag. 48 5. Implicazioni di policy pag. 56 6. Bibliogra a pag. 61 2

1. Introduzione Nel 2008 la crisi nanziaria ha ridotto drasticamente la quantità di risorse nanziarie erogate ai privati a basso costo. La curva rischio-rendimento è salita a tal punto da escludere molte imprese dalla possibilità di ottenere linee di credito, con gravi conseguenze sulla produzione, in termini di riduzione degli investimenti. Tutto questo, anche a causa di un crollo generalizzato della ducia dei consumatori nei confronti dell economia nanziaria nel suo complesso, ha portato ad un credit crunch. Il credit crunch ha e etti reali poiché, rendendo più di cili e costosi gli investimenti, limita le prospettive di crescita nel medio e lungo periodo; inoltre vi è il rischio che imprese con una produttività elevata, ma operanti in settori con rendimenti contenuti, non possano accedere al credito, creando quindi un danno aggiuntivo alla crescita in termini di perdita di e cienza produttiva. La risposta della politica economica al credit crunch è stata rapida, in particolare la politica monetaria; ovunque infatti le banche centrali hanno iniettato nel mercato grandi quantità di liquidità, abbassando i tassi di sconto no quasi ad annullarli. L abbassamento dei tassi di interesse, unico e etto reale della politica monetaria espansiva, genera quindi un aumento degli investimenti, poiché questi risultano essere meno costosi. Tuttavia vi sono alcuni casi nei quali tale meccanismo può incrinarsi, smorzando, o addirittura annullando, tali e etti reali. Una possibile ragione che può avere tale e etto è la scelta delle banche di aspettare ad abbassare i tassi che fanno pagare alle imprese al ne di godere di un maggior margine di prodotto per un periodo di tempo più o meno breve. Ciò può accadere solo se il mercato delle banche è scarsamente concorrenziale, se infatti vi fossero in nte banche, la di erenza tra i tassi pagati e richiesti dalla banche, ovvero lo spread, sarebbe nulla. 3

Il presente lavoro si concentra quindi sullo studio delle dinamiche reali che sono dipendenti dallo spread e dai suoi spostamenti e, in particolare si vuole analizzare l e etto che questo ha sulla produttività delle imprese. Lo spread presenta infatti due funzioni principali in termini di e etti reali: Lo spread è un indicatore di concorrenza nel mercato dei capitali; tale livello di competitività determina l e cacia in termini reali della politica monetaria, pertanto si può utilizzare lo spread per predire quanto e cace le misure delle banche centrali possano essere. Lo spread infatti è uno stimatore dell e cienza allocativa del mercato del credito e, da questa caratteristica, si evince il suo legame con la produttività del sistema. Infatti se si considera che ad uno spread basso, frutto di un mercato bancario concorrenziale, corrisponde una elevata e cienza nell allocazione delle risorse, la selezione delle imprese a cui prestare è migliore, accrescendo così la produttività media del sistema. Il lavoro è quindi organizzato per studiare tale e etto, tuttavia prima di trattare gli e etti reali in termini di produttività, si produce una breve introduzione riguardo la variabile scelta, ovvero lo spread bancario, ed un modello riguardo il comportamento delle banche in mercati concorrenziali e la scelta dello spread stesso. Poiché lo spread è principalmente determinato dal grado di concorrenza del mercato bancario, si introduce il problema degli e etti della politica monetaria in diversi regimi di competizione e la stabilità che ne consegue. In ne si propongono due modelli, l uno statico e l altro dinamico, per valutare gli e etti reali che le variabili di matrice bancaria hanno, studiando gli e etti di concorrenza e spread sull economia reale. La rilevanza del tema del presente lavoro è determinata dalla attuale congiuntura economica internazionale, nella quale la politica monetaria è stata sfrut- 4

tata a pieno come strumento anti crisi ma è risultata insu ciente, obbligando le banche centrali ad adottare strumenti quali il quantitave easing. Per questa ragione un miglioramento delle informazioni in dotazione ai policy maker in grado di rendere più e cace la politica monetaria in termini reali potrebbe generare un miglioramento apprezzabile nella capacità di contrastare periodi recessivi dell economia. Nota metodologica: il presente lavoro non si pre gge come obiettivo quello di produrre un modello unico che spieghi quali siano gli e etti reali della concorrenza attraverso lo spread bancario, bensì si vuole proporre alcuni modelli, a volte anche di erenti tra loro in alcune ipotesi, pur marginali, al ne di fare chiarezza sul legame teorico esistente tra le variabili in analisi. Il legame unico devi vari modelli proposti è quindi il ne di spiegare l oggetto della tesi e l utilizzo dello spread bancario come indicatore di concorrenza del mercato del credito. 5

2. Lo spread bancario 2.1 Caratteristiche dello spread bancario Nell analisi proposta degli e etti dinamici della politica monetaria sulla crescita industriale in termini di produttività si è deciso di utilizzare come indicatore lo spread bancario. Tale indice è de nito come la di erenza algebrica tra i tassi (espressi in termini percentuali) attivi e passivi che le banche o rono sul mercato dei capitali. s = i A i P Questo indicatore presenta alcune caratteristiche fondamentali, prima delle quali, la sua forte dipendenza da due fattori: il tasso di sconto della banca centrale, che in uenza il tasso passivo, ed il livello di concorrenza nel mercato bancario, che ha e etti sul tasso attivo, di fatto determinando lo spread. Lo spread può essere studiato anche con la seguente formulazione: s = i A i P i A, tuttavia nel presente lavoro si preferisce lasciarlo come di erenza algebrica poiché l oggetto della ricerca è la concorrenza del mercato bancario e la tale formulazione meglio esempli ca il tasso di pro tto del sistema, illustrando con maggiore chiarezza l e etto della concentrazione di mercato. E proprio il grado di concorrenza del mercato bancario dei capitali ad avere estrema importanza per le conclusioni che si trarranno nel corso della trattazione. Infatti se si considera lo spread come markup che le imprese (banche) ottengono sul mercato allora il suo legame con il livello di concorrenza appare più chiaro. Inoltre lo spread può essere portato in valore (net interest margin) ed essere considerato una buona approssimazione del pro tto operativo lordo delle banche 6

stesse; ne consegue che lo spread può approssimare una sorta di tasso di pro tto che, al crescere della concorrenzialità del mercato, tende ad annullarsi (nel caso limite della concorrenza perfetta). Come si vedrà in seguito lo spread presenta alcune peculiarità nella sua dipendenza dal tasso di sconto; partendo infatti dall ipotesi di concorrenza perfetta nel mercato bancario si può concludere che lo spread dovrebbe essere sempre nullo, ovvero che, ad ogni variazione del tasso di sconto (tasso di interesse passivo) il tasso a cui le banche prestano si dovrebbe adeguare immediatamente mantenendo lo spread immutato. Rimuovendo l ipotesi di perfetta concorrenzialità si potrebbe quindi concludere che lo spread sia sempre uguale ad una costante K (derivante dal livello di concorrenza) e quindi, di nuovo, dovrebbe esserci perfetta identità tra le variazioni dei tassi attivi e passivi, sia negli importi che nei momenti temporali. Prendendo l Italia come esempio per testare queste a ermazioni si nota che l evidenza empirica mostra invece come lo spread uttui tra il 6,5% e il 4,5% che rappresenta un range con valori consistentemente diversi da zero. Una seconda osservazione rilevante è la sua variabilità, mentre infatti i tassi si muovono con lo stesso trend, lo spread sembra reagire con un ritardo temporale rispetto alle variazioni del tasso di sconto, un esempio di ciò è rappresentato dal secondo semestre del 2008, ovvero quando la BCE tagliò il tasso di sconto del 24% e lo spread salì del 2,5%, solo tra il primo ed il secondo semestre del 2009 lo spread tornò ai livelli precedenti rispetto all intervento di politica economica. Queste osservazioni sui dati empirici posso essere estrapolate dai gra ci sottostanti che rappresentano rispettivamente i tassi attivi e passivi e lo spread in Italia tra il 1996 ed il 2009. 7

tassi di interesse attivi e passivi in Italia spread tra i tassi attivi e passivi in Italia In generale è abbastanza condiviso nella letteratura che i tassi di interesse siano viscosi, ovvero non rispondano immediatamente alle variazioni di politica monetaria, generando così variazioni dello spread non nulle. Una spiegazione può essere che, al taglio dei tassi di sconto, le banche non adeguino immediatamente il loro tasso attivo (aumentando così lo spread) poiché 8

ciò aumenta il loro margine di pro tto; sono state date altre spiegazioni (Hannan and Berger,1991) che utilizzano come variabili esplicative l elasticità della domanda di depositi al tasso di interesse concesso, altri (Berger and Udell,1992) spiegano il lag utilizzando l ipotesi di smoothing dei tassi nel ciclo economico da parte delle banche. Questa seconda spiegazione risulta particolarmente innovativa e consistente con la teoria economica cosiddetta neoclassica. La spiegazione di Berger e Udell si basa sull assunto che le banche forniscano ai clienti una sorta di assicurazione, il cui premio fa parte dello spread, per smorzare gli e etti del business cycle sul costo del denaro. Secondo questa teoria le banche fornirebbero ai debitori degli ammortizzatori attraverso una politica di tassi di interesse anticiclica, ovvero applicando un tasso di interesse più basso di quello determinato da domanda e o erta nei periodi recessivi (abbassando così il margine di pro tto al ne di assicurare una maggiore stabilità) e aumentando il costo del denaro nei periodi di espansivi dell economia, ottenendo quindi degli "extra-pro tti". Tuttavia, a prescindere dalla spiegazione che si propone, la presenza di variazioni non nulle dello spread (spiegata dalla viscosità dei tassi) è condivisa dalla letteratura vigente e comprovata in diverse aree e per diversi periodi, a tal proposito si veda ( Elsas and Krahnen, 1998; Mester and Saunders, 1995; Mojon, 2001). La spiegazione più interessante per questo fenomeno è data da Demirguc- Kunt e Huizinga (1997), che trovano che lo spread uttui a causa della continua sostituzione del mercato del capitale e del debito nelle preferenze degli investitori, a seconda del rendimenti del periodo. Gli autori a ermano che, quando il rendimento del mercato dei capitali (equity) cresce e genera domanda, le banche rispondo alzando il tasso sui depositi (accorciando così lo spread) al ne 9

di ridurre la perdita in termini di quota inferiore di mercato, generando quindi variazioni dello spread totalmente indipendenti dalle operazioni di politica economica. Un ultima rilevante determinante dello spread è il contesto macroeconomico. Vi sono infatti due diverse modalità attraverso cui il contesto macroeconomico in uisce sulla determinazione dello spread: il livello di tassazione (implicita o esplicita) che presenta un legame positivo con l ampiezza dello spread (Fry, 1995; Barajas et al.,1996; Demirguc-Kunt e Huizinga, 1997) e le condizioni macroeconomiche generali (aspettative di crescita, in azione, occupazione, etc) che spiegano il livello di incertezza nella capacità di ripagare i debiti dei clienti che le banche nanziano e, poiché alla determinazione dello spread concorre anche il livello medio di rischio percepito, un paese che non presenta buone condizioni macroeconomiche avrà, a parità di altre condizioni, uno spread più alto. Riassumendo, ciò che la letteratura a erma è che lo spread è una variabile fondamentale per molte ragioni, tra le quali la buona capacità nello stimare il grado di concorrenza del mercato bancario e la sua sensibilità a diversi fattori economici, tra cui il contesto macroeconomico, il tipo di regolamentazione e la politica monetaria. Si può però fare inferenza su una ulteriore caratteristica dello spread tra i tassi attivi e passivi delle banche, ovvero: se questo indica il livello di concorrenza del mercato, poiché la teoria economica a erma che maggiore è la concorrenza, più alta è l e cienza dell allocazione delle risorse ottenuta, allora uno spread ridotto dev essere anche indice di elevata capacità di allocare i capitali in maniera e ciente. 10

Un esempio di breve analisi dello spread può essere fatta sull Italia, come si evince dalla tabella seguente, il mercato bancario italiano era, negli anni 90 tra i più concorrenziali d Europa, mentre il mercato statunitense era ancora più concorrenziale. Indici di concorrenza per il mercato Bancario in diversi paesi UE In generale, rispetto ai paesi europei l Italia presenta quindi un grado di concorrenza maggiore, tuttavia lo spread, per gli anni in analisi, uttua intorno ad un valore relativamente elevato, ovvero il 5,5%; ad esempio se si compara lo spread italiano con quello degli USA si nota che i livelli medi sono decisamente di erenti; si nota inoltre come il coe ciente di variazione sia più elevato nel mercato americano, poiché, come si vedrà in seguito, un livello elevato di concorrenza rende lo spread più sensibile a stimoli esogeni e meno soggetto alla stabilità derivante dal potere di mercato. 11

La dipendenza dello spread dalle condizioni macroeconomiche si può notare, nella tabella seguente, dalle osservazioni degli anni di recessione, ovvero 2001-2002 e 2009. Si vede che lo spread si riduce a causa di una riduzione della domanda di credito dettata dal peggioramento della situazione macroeconomica. Inoltre dalla tabella seguente si evince anche come lo spread risenta del ciclo economico, si può notare questo e etto negli anni 2001 e 2008, ovvero appena prima dell esplosione della bolla di internet e dei mutui subprime, mentre si vede come, appena iniziate le crisi nanziarie, lo spread inverte il trend. analisi dello spread tra i tassi in Italia e USA Lo spread risulta quindi principalmente generato in termini di magnitudo dal livello di concorrenza. Vi è però una secondo possibile determinante dalla scarsa 12

rilevanza pratica ma che si nomina per completezza, è infatti possibile che in casi estremi, quali un monopolio o una concorrenza eccessiva, il regolatore possa decidere di intervenire modi cando la normale dinamica di mercato attraverso misure che limitino, rispettivamente superiormente o inferiormente il range di variazione dello spread stesso. 13

2.2 E etti dello spread bancario sul monitoring Lo spread, come si è esposto in precedenza, viene considerato un buon indicatore di concorrenza del mercato bancario, ma anche dell e cienza nell allocazione delle risorse. E però di cile capire come le banche scelgano questo spread, se sia solo frutto di una dinamica di domanda e o erta oppure di una massimizzazione dei pro tti della banca, date le condizioni di incertezza del mercato. Si propone quindi un modello per dare l intuizione di come le banche determinino lo spread tra i tassi attivi e passivi, come frutto di una massimizzazione dei pro tti e assumendo che le banche facciano scelte razionalmente. Il modello studia il comportamento delle banche (come aggregato) in un mercato oligopolistico. I risultati sono che, data una domanda di credito iperbolica, la soluzione d ottimo per le banche è interna, ovvero uno spread maggiore del costo marginale la cui distanza dipende dai parametri della domanda stessa. In seguito si introduce una frizione che rappresenta la possibilità che i progetti nanziati falliscano; tale modi ca implica che le banche hanno più incentivo a tenere uno spread maggiore del costo marginale del minimo possibile, poiché questo permette loro di attuare l attività di monitoring con maggiore e cacia e ridurre così il numero di progetti che fanno di default. Ipotesi Dato un mercato oligopolistico con un numero elevato di banche. Tale mercato presenta le seguenti caratteristiche: - s, spread tra i tassi bancari: s = i A i P. la variabile di scelta della banca è i A, assumendo i P esogeno e sso, la banca decide direttamente lo spread s. 14

- n B è il numero di banche, correlato negativamente con lo spread, poiché, dato il numero di agenti sul mercato, una variazione dello spread implica che il numero di banche si è mosso nella direzione opposta. Pertanto possiamo scrivere che s = j 1 (n B ), assumendo che questa sia invertibile, possiamo trovare la funzione inversa n B = j(s) con j s < 0 - le banche massimizzano la loro funzione di utilità U B = e B, di questi istituti si assumono costi pari a c per ogni unità di capitale erogata e il costo del capitale pari a i P - R quantità di risorse nanziarie - n C numero di progetti nanziabili è la domanda di fondi tale che kn C = h(s) con h s < 0 questi clienti hanno una funzione di utlità U C = ln R sc, da cui deriva una funzione di domanda pari a R = s. i progetti sono tutti identici, pertanto la quantità di capitale k richiesta è sempre la stessa ed assunta pari a 1. Si è scelto tale forma funzionale per la funzione di utilità derivante dal credito al ne di evidenziare i rendimenti fortemente decrescenti delle risorse, mentre il costo del denaro è costante al margine e pari ad s Si assume inoltre che, essendo i progetti identici, essi abbiano la stessa probabilità di successo e non sia pertanto possibile selezionare tra progetti "migliori" e progetti "peggiori". - K T OT B è il capitale totale del mercato, assunto costante. ogni banca detiene una frazione identica del capitale totale tale che K B = KT OT B n B -in ne si assume che il numero di banche ed il capitale sia scarso rispetto al numero di clienti 15

Queste ipotesi sono consistenti con quanto si osserva, ovvero una condizione di oligopolio con scarsità delle risorse da prestare. Inoltre il numero di banche determina lo spread (ovvero il margine di pro tto, si analizzerà nel prossimo capitolo l e etto che la concorrenza ha sulla determinazione dello spread e sull e cacia della politica monetaria) e lo spread determina quanti progetti desiderano credito (a parità di tasso di interesse passivo). In ne, l ultima ipotesi, assume che le banche eroghino una quantità tanto ampia di credito (a numero tanto elevato di progetti) da poter ipotizzare che il loro rischio sia normalizzato ed identico a priori. 1. la pendenza negativa della domanda porta alla conclusione che la soluzione d ottimo per la banca sia interna. Infatti con i pro tti de niti come segue si ottiene che lo spread di e cienza è maggiore del costo variabile c. e B = n Cs = h(s)s = s (s c). ne risulta un s positivo e maggiore di c. 2. se si introduce una frizione che modi ca i pro tti attesi (quindi l utilità) attraverso la possibilità che i progetti possano fallire, la funzione di pro tto cambia nel seguente modo: e B = (1 pd )n C s = (1 p d )h(s)(s c) = (1 p d ) s (s c). si suppone che le banche possano modi ca la probabilità di default p d attraverso il monitoring. Tale attività dipende da quanto capitale ogni banca è in grado di "asseg- OT KT B nare" ad ogni progetto, ovvero M = f( n C n B ) = f( KT OT B 16 h(s)j(s) ) con f s < 0 poiché

all aumentare dello spread si riduce anche il numero di clienti, ma diminuisce il numero di banche. pertanto si ipotizza che j s > h s da cui f s < 0 ovvero, data una variazione dello spread s > 0, il numero dei clienti scende meno del numero di banche, pertanto il numero di clienti per banca aumenta e, di conseguenza, il capitale che ogni banca può "dedicare" ai progetti in termini di monitoring diminuisce. Volendo utilizzare una dimostrazione più pratica della consistenza di questa ipotesi si può analizzare brevemente il caso in cui date delle condizioni di mercato iniziali, con un n o B ; no C e so vi sia una riduzione unitaria del numero di banche per ragioni esogene. Questo genera s = j 1 (1) con s > 0 tale variazione implica che n C = s la condizione sopra riportata richiede solo che n C < n C n B, ovvero che no C n o B n 0 C n 0 B < questa ipotesi sulle derivate delle funzioni f e g è consistente con quanto si osserva nei mercati, infatti dato il mercato oligopolistico con un numero elevato di banche, è verosimile che, ad una variazione unitaria del numero di istituti lo spread abbia una piccola variazione in senso opposto e che ciò generi una grande variazione nel numero di progetti richiedenti credito, tuttavia, data la scarsità degli istituti rispetto alla quantità di clienti, è verosimile che i progetti richiedenti credito non scendano di un ammontare tale da mantenere il rapporto n C n B costante si suppone inoltre che il la probabilità di default p d sia estremamente elastica rispetto al monitoring, ovvero che il monitoring sia in e etti un sistema di 17

controllo e cace e determinante nel in uenzare la buona o cattiva riuscita del progetto. Matematicamente ciò implica che pd sia molto elevato; M da ciò possiamo scrivere che p d = g(m) con g M < 0. il nuovo problema della banca è quindi max U B = e B = [(1 g(m))h(s)]s = [(1 g(f( h(s)j(s) )))h(s)](s KT OT B c). questa equazione vale con le seguenti restrizioni: 1. f s < 0 ovvero, un aumento dello spread porta ad una diminuzione della capacità di monitoring a causa della diminuzione del capitale che ogni banca può mettere a disposizione di ogni progetto al ne di fare monitoraggio 2. g M = g KT OT B h(s)j(s) < 0 ovvero, un aumento della capacità di monitoring porta ad una riduzione della probabilità di default dei progetti. Ponendo p d = g(f( OT KT B h(s)j(s) )) = t(s), si ottiene che t s > 0, ovvero, dato un aumento dello spread, la capacità di monitoring si riduce e, pertanto, la probabilità di default aumenta. Inoltre, poiché si suppone che la probabilità di default p d sia estremamente elastica rispetto al monitoring, ovvero che t 0 (s) sia molto elevato e che lim M!0 t(s) = 1 e lim M!1 t(s) = 0. il nuovo problema della banca è: max U B = e B = [(1 t(s)) s ](s c): derivando la condizione d ottimo rispetto ad s si ottiene 18

e s = (t(s) + st0 (s)) + ct(s) = 0 da cui s = 1 t(s) t 0 (s) + c. t(s) [0; 1] e, poiché siamo in presenza del livello di spread che minimizza la probabilità di default 1 t(s) ' 1, pertanto, considerando anche che t 0 (s) è molto elevato, risulta che 1 t(s) t 0 (s) è una costante positiva molto vicina a 0. si ottiene quindi che s = 1 t(s) t 0 (s) + c = c + " < s. Estrapolando il signi cato economico si può concludere che l introduzione della frizione p d rende ottimale per la banca abbassare lo spread no a farlo avvicinare a c, per minimizzare il rischio di default e massimizzare i pro tti. Il risultato può quindi essere interpretato come segue: poiché il rischio di default è molto in uenzato dal monitoring, attività che può essere fatta adeguatamente solo nel caso in cui lo spread fosse ridotto, poiché solo in questa condizione si ha un adeguata capitalizzazione per cliente, ad uno spread contenuto corrisponde un monitoring elevato, a cui consegue un basso tasso di default dell attivo e quindi pro tti elevati. Per questa ragione, riassumendo, dal modello si evince che solo con spread bassi il rischio di default risulta essere basso e quindi il pro tto massimizzato. L ipotesi fondamentale del modello, che permette di giungere a tale risultato è che l e etto negativo diretto dello spread sui pro tti sia di magnitudo inferiore rispetto a quello positivo (che lo stesso spread ha sui pro tti attraverso il monitoring). Tale ipotesi appare consistente per le ragioni spiegate in precedenza. Il risultato ultimo di questo modello implica che, dato che le banche hanno facoltà di scegliere lo spread s, queste tendono a minimizzarlo al ne di massimizzare i loro pro tti; questa scelta non è esente da e etti indiretti sull economia 19

reale; infatti, data tale scelta ottima delle banche, questa tende anche a migliorare il livello medio dei progetti nanziati, portando quindi ad un miglioramento del settore produttivo che queste servono, attraverso la minimizzazione del rischio di default. La caratteristica fondante il modello appena illustrato è il suo legare lo spread tra i tassi bancari al monitoring, come detto, quest ultimo è ben stimato dalla quantità di capitale per cliente che ogni banca ha a disposizione e, le conclusioni a cui porta, sembrano consigliare un mercato bancario più frammentato con una dimensione media per intermediario molto bassa, quest ultima conclusione è in parte consistente con i risultati di Ho and Saunders (1981), che trovano un legame negativo tra la grandezza dello spread ed il livello di concorrenza dei mercati bancari. Ciò che si è osservato sui mercati negli ultimi anni è però la tendenza opposta, ovvero un progressivo ridursi degli istituti indipendenti e un aumento del numero di gruppi bancari di maggiore dimensione. Tale tendenza dipende soprattutto dalla capacità dei grandi gruppi bancari di in uenzare maggiormente l andamento di mercato, attraverso un accresciuto potere contrattuale. Inoltre un numero molto ridotto di competitors rende più sostenibile un eventuale accordo collusivo tacito tra gli agenti, portando così ad aumentare il margine di pro tto degli stessi. Tuttavia vi sono alcuni elementi da considerare: - una stima del capitale che ogni banca può assegnare ad ogni progetto può essere l inverso della leva nanziaria. Andando quindi a correlare le dimensioni delle banche (in termini di capitalizzazione) ed il loro livello di leva si nota che queste variabili sono in media positivamente correlate, ovvero le grandi banche hanno tendenzialmente una leva nanziaria molto più accentuata. 20

Questo di per sé, se si considera il capitale per cliente una buona proxy per la capacità di monitorare il buon andamento dei progetti, porta alle stesse conclusioni a cui giunge il modello sopra proposto. - un secondo punto molto importante è che durante la crisi degli ultimi tre anni molte grandi banche (anche a causa della leva eccessiva) si sono trovate in crisi di liquidità e solvibilità, invece le banche più piccole hanno, in media, retto meglio all agitazione nanziaria, soprattutto grazie ad un minor tasso di default degli attivi, che erano tendenzialmente più sicuri di quelli tenuti dai grandi gruppi. La minor rischiosità degli attivi di bilancio delle piccole banche è principalmente dovuta ad un minor numero di clienti, che permette un rapporto quasi univoco tra analista ed analizzato, grazie al quale si ottiene un migliore screening iniziale dei progetti ed una migliore capacità di monitoraggio durante l erogazione del credito. Un riferimento bibliogra co per il modello proposto è il modello Monti-Klein (1971, 1972). Tale contributo teorico analizza il comportamento di una banca in condizione di monopolio nella sua scelta riguardo i tassi di interesse proposti sul mercato. Tuttavia il presente modello di erisce dal contributo di Monti-Klein per l approccio utilizzato, il secondo infatti ottimizza i pro tti de niti dal punto di vista contabile utilizzando e opera sotto l ipotesi che la banca possa scegliere anche il tasso di interesse passivo, mentre nel modello qui proposto si assume che questo sia esogeno e pari al tasso di sconto della banca centrale. A supporto della tesi proposta, per cui le banche con dimensioni ridotte incorporano un rischio medio inferiore alle corrispondenti con attivi più grandi, nel report 2010 dell OECD riguardo la concorrenza nel mercato bancario si legge 21

che i dati cross-section evidenziano una correlazione positiva tra la grandezza delle banche (in termini di attivo) e la rischiosità media del loro portafoglio. Infatti, nonostante la capacità delle grandi banche di fare risk pooling grazie alla diversi cazione dei portafogli, vi è una tendenza a sovra-compensare la diminuzione del rischio dovuta alla grandezza dell istituzione assumendosi rischi aggiuntivi. (Hellwig, 1998) Inoltre le grandi banche hanno la tendenza ad avere una leva più marcata, dovuta alla protezione implicita del principio too big to fail (report 2010 OECD) Il modello esposto sopra presenta alcuni limiti strutturali, il primo dei quali è rappresentato dalla limitatezza delle direzioni ammissibili di variazione dello spread. Infatti il modello giunge alle conclusione illustrate solo ed esclusivamente se la variazione dello spread è frutto di una variazione del tasso attivo i A, proprio per questa ragione è fondamentale l ipotesi che il tasso i P sia costante. lo spread infatti entra nella curva di domanda invece del prezzo (ovvero i A ) solo se i P è dato, se così non fosse infatti dovremmo tornare ad inserire i A nella funzione di domanda, cambiando così i risultati ottenuti. Ciò implica che il modello è in grado di spiegare gli e etti di una variazione dello spread non causata da una variazione del tasso di sconto della Banca Centrale (operazioni di mercato aperto), tuttavia, poiché lo spread varia in media 5 volte più frequentemente del tasso di sconto, il modello proposto può essere un buono strumento per stimare gli e etti di questi fenomeni nanziari. Le conclusioni del modello, pur con i limiti esposti, sembrano quindi suggerire 22

che sarebbe ottimale per le banche tenere uno spread basso al ne di poter scegliere in maniera più accurata i progetti da nanziare. Ciò che si osserva nei mercati è però una tendenza di erente, ovvero uno spread sempre marcato ( variante in funzione delle di erenze territoriali), per questo motivo è quindi ragionevole supporre che una delle ipotesi del modello non sia realistica. L ipotesi che plausibilmente non è consistente con la realtà è quella di razionalità delle banche. Si può infatti supporre che gli agenti utilizzino un principio di razionalità economica nell attuare le loro scelte strategiche, ciò che sembra però poco realistico è che l orizzonte temporale rilevante ai ni della decisione sia su cientemente lungo da essere approssimabile con la razionalità economica perfetta. Le banche infatti determinano lo spread a seconda delle dinamiche di domanda e o erta del mercato dei capitali, cercando di massimizzare i pro tti, ciò che probabilmente non viene considerato in questa scelta sono i possibili e etti indiretti sull andamento degli investimenti futuri, attraverso la capacità di monitorare gli stessi. 23

3. E etti della concorrenza nel mercato bancario 3.1 Concorrenza ed e cacia della politica monetaria La monetary transmission è il processo attraverso il quale la politica monetaria in uisce sull economia reale, sotto l ipotesi fondamentale di viscosità dei prezzi. Tale processo deve a rontare molte imperfezioni nel sistema di pass-through dalle operazioni della banca centrale ai loro e etti reali, una delle determinanti fondamentali dell e cacia della politica monetaria è la struttura del sistema nanziario. In particolare nel caso europeo il sistema nanziario è ben approssimato dal mercato bancario, data l elevata quota di credito che questo eroga. In generale la letteratura economica è concorde nel sostenere l importanza del canale bancario nel determinare l e cacia reale della politica monetaria. Molti analisti inoltre hanno studiato gli e etti che le operazioni di politica monetaria hanno sulla capacità di o rire credito delle banche (Kashyap and Stein, 1995 and 2000). Le banche inoltre, come si è detto, rappresentano il più grosso supplier di credito nel mercato europeo e, per questo motivo, riescono ad in uenzare i prezzi (tassi di interesse pagato dai debitori); inoltre un altro argomento di estrema rilevanza è rappresentato dalla grande varietà nei sistemi nanziari e legali dei singoli stati membri all interno dell Unione Monetaria. Questo problema in particolare è stato analizzato da Cecchetti nel 1999, i risultati dello studio mostrano che, a prescindere dalla naturale convergenza dei sistemi dei diversi paesi, non ci sarà un completo allineamento nella struttura dei mercati dei capitali, a meno che non vi sia una completa uni cazione dei sistemi di central banking. 24

Questo argomento è ancora di estrema importanza, nonostante i 10 anni di Unione Monetaria, a dimostrazione di ciò è su ciente studiare le di erenze negli e etti che le stesse operazioni di politica monetaria hanno nei diversi paesi membri. Per studiare il problema si introduce quindi una breve analisi del comportamento delle banche nel mercato, sotto l ipotesi di razionalità degli agenti; in particolare si guarderanno gli e etti che la politica monetaria ha sullo spread tra i tassi attivi e passivi delle banche stesse. In precedenza si è proposto un modello di comportamento delle banche sotto l ipotesi di concorrenza oligopolistica. Ora invece si analizzerà il mercato sotto le ipotesi di concorrenza perfetta e monopolio, al ne di inferire, qualitativamente, quali dovrebbero essere gli e etti di diverse politiche monetarie sulle decisioni delle banche, in termini di spread. L ipotesi di perfetta competitività del mercato presenta alcune conseguenze teoriche, la prima e più importante delle quali è l assenza di pro tto per gli agenti, poiché il margine unitario delle banche è nullo. Tale margine, come si è detto, è ben approssimato dallo spread tra tassi attivi e passivi delle banche. Pertanto, considerando un mercato con un numero in nito di banche e clienti desiderosi di avere credito, ogni banca a ronta un costo marginale pari a c, e vi sarà uno spread s = c. Si analizzano quindi i due casi di operazioni di politica monetaria, ovvero un espansione ed una restrizione monetaria. - In un mercato perfettamente competitivo, nel caso di una politica monetaria espansiva, la teoria economica suggerisce che lo spread non si modi ca. L e etto diretto della politica monetaria dovrebbe essere una riduzione del costo del denaro per le banche, generando quindi, ceteris paribus, un aumento dello 25

spread; tuttavia la pressione competitiva del mercato porterebbe tutte le banche a far scendere il tasso attivo per guadagnare quote di mercato, riportando il sistema all equilibrio s = c. s = i A i P, i P = K = i A =) s = 0 con K < 0 Pertanto lo spread non cambia ma si veri ca un forte e etto sull economia reale, poiché il tasso di interesse pagato dai debitori è sceso dell esatto ammontare di cui si è ridotto il costo del denaro per le banche. - in un mercato perfettamente competitivo, nel caso di una politica monetaria restrittiva: lo spread delle banche dovrebbe ridursi dell esatto ammontare di cui cresce il tasso di sconto. Infatti l e etto diretto dell operazione di mercato aperto è rappresentato da una variazione positiva del costo del denaro per le banche, tuttavia, a causa della fortissima competizione nel mercato, il tasso di interesse attivo non aumenta. s = i A i P ; i P = K; i A = 0 =) s = K con K > 0 Ovvero il mercato a ronta una riduzione dello spread, tuttavia non sussiste e etto reale dal lato degli investimenti, poiché non vi è un cambiamento nel tasso di interesse pagato dai debitori. si propone qui un breve modello che dimostri gli asserti appena fatti: Chiamando la domanda di credito, de nita come = i A Il pro tto della banca i sarebbe pari a i = s = (i A i P ) i A n Massimizzandolo rispetto alla variabile di scelta della bancar, i A, si ottiene 26

max i ) FOC: i A = 2 + i P 2 Da ciò, in seguito ad una variazione di i P la banca dovrebbe reagire come segue: i A = i P 2 tuttavia, se i > 0 ) 9B j : i A;j = i A " ) j = s j = (i A i P )( (i A ")) in seguito, se j > 0 ) 9B k : i A;k = i A 2" ) k = s k = (i A i P )( (i A 2")) iterando quindi tale dinamica si ottiene, in un mercato concorrenziale: i = s = (i A i P ) i A n! k Analizzando con tale strumento gli e etti delle politiche monetarie, si ottiene: nel caso di una politica monetaria restrittiva, ovvero nel caso di i P > 0 ) s0 = s i P tuttavia, per la dinamica spiegata in precedenza, vi sarebbe una riduzione dei pro tti, infatti questi passerebbero da i = s = (i A i P ) i A n! k a i = s = (i A i0 P ) i A n! h con h < k 27

Infatti se così non fosse, ovvero se 9B i : i A;i = i A + i P allora i = si0 = (i A + i P i0 P )( (i A + i P )) In tal caso però 9B j : i A;j = i A + i P " tale che j = s j 0 = (i A;j + i P " i0 P )( (i A + i P ")) Tale dinamica sarebbe iterata no a tornare all equilibrio inziale con i0 A = i A e quindi s0 = s i P nel caso di una politica monetaria espansiva, ovvero nel caso di i P < 0 ) n s0 = s poiché per la dinamica spiegata in precedenza si passa da i = s = (i A i P ) i A n )! k a i = s = (i A i0 P ) i A n! h con h > k Infatti inizialmente si avrebbe che 0 = s0 = (i A i P + i P ) i A n ma 9B i : i A;i = i A " i cui pro tti sarebbero i = s i 0 = (i A i0 P + i P )( (i A ")) Tale dinamica sarebbe iterata no a far convergere i0 A = i A i P lasciando così invariato lo spread, tuttavia vi sarebbe un e etto positivo sui pro tti dovuto alla maggior domanda di credito in seguito alla riduzione del tasso di interesse attivo. Nel caso opposto, ovvero nella condizione di monopolio, gli e etti della politica monetaria sono completamente di erenti: - politica monetaria espansiva: l e etto diretto dell espansione è un calo dell interesse pagato dalle banche, tuttavia l operazione non ha e etti reali, 28

poiché, non essendoci più la pressione rappresentata dalla concorrenza nel mercato, queste non hanno interesse a spostare il tasso di interesse attivo. Ciò implica che non sussistono variazioni dal lato degli investimenti s = i A i P ; i P = K ; i A = 0 =) s = K con K < 0 Pertanto lo spread cresce, generando un aumento del tasso di pro tto delle banche, ma senza generare alcun e etto sull economia reale. - politica monetaria restrittiva: l e etto diretto della restrizione monetaria è un aumento del tasso di interesse pagato dalla banche, alla quale dovrebbe conseguire una riduzione dello spread, tuttavia, non subendo pressioni dal mercato, gli agenti possono alzare il tasso di interesse passivo, al ne di riportare lo spread (e quindi il tasso di pro tti) al livello precedente all operazione di mercato aperto. s = i A i P ; i P = K = i A =) s = 0 con K > 0 Pertanto non vi sono e etti sullo spread, ma si ha un peggioramento degli investimenti, dovuto al maggior costo del denaro per i debitori, ovvero l e etto reale è negativo. Avendo quindi studiato gli e etti delle operazioni mercato aperto nei due casi limite dal punto di vista della concorrenza del mercato bancario, si può presumere che lo scenario realistico si collochi tra questi due casi estremi, presentando un livello di competizione più vicino al monopolio che alla concorrenza perfetta. 29

Le condizioni normali del mercato bancario sono rappresentate da una situazione oligopolistica, pertanto, declinando i casi precedentemente analizzati, sotto le nuove ipotesi, si ottiene: - espansione monetaria: s = i A i P ; i P = K ; K < i A < 0 =) 0 < s < K con K < 0 -restrizione monetaria: s = i A i P ; i P = K ; 0 < i A < K =) K < s < 0 con K > 0 Testando i risultati teorici trovati, attraverso l analisi della relazione tra l indice di Her ndahl e gli e etti delle operazioni di mercato aperto sui tassi di interesse, si trova che esiste una correlazione negativa tra le variabili in analisi, nel caso di una politica monetaria espansiva, ovvero, più il mercato è concentrato, più lo spread aumenta; nel caso invece di una operazione di mercato aperto restrittiva si nota che non esiste correlazione statistica tra le variazioni dello spread e la concentrazione del mercato bancario. Questo risultato implica che, quando le banche possono aumentare il tasso di pro tto, in termini di distanza tra i tassi pagati e ricevuti, grazie alla direzione favorevole della politica monetaria, tendono ad agire come monopolisti o come se fossero in concorrenza perfetta, a seconda della convenienza che tali comportamenti generano. Infatti le banche agiscono al ne di minimizzare le riduzioni o massimizzare gli aumenti della distanza tra i tassi, per massimizzare i pro tti, considerando anche che l elasticità della domanda di credito rispetto ai tassi di interesse è contenuta, come mostrato da molte ricerche, tra cui Karlan and Zinman, 2005. 30

Per questa ragione è possibile supporre che le banche agiscano come se rispettassero un accordo collusivo tacito quando la politica monetaria agisce in modo tale da ridurre il loro margine di pro tto. Questo risultato è stato suggerito anche da Hannan and Berger, 1991. Più in generale però la letteratura è su cientemente concorde nell a ermare che in ambienti scarsamente concorrenziali i tassi di interesse sono più viscosi. Questa analisi tiene conto delle in uenze che la concorrenza nel mercato bancario ha sull e cacia della politica monetaria, vi è tuttavia un secondo aspetto rilevante, non ancora studiato, ovvero la velocità della reazione delle banche nell adeguarsi ai nuovi contesti macroeconomici ed in particolare nel aggiornare i loro tassi di interesse (quindi i loro spread) in seguito ad operazioni di mercato aperto. Questo argomento è stato analizzato da Gropp et al, 2007, in particolare i risultati trovati sono consistenti con il sopra menzionato semplice modello di reazione alle operazioni di mercato aperto, ovvero in un mercato non perfettamente concorrenziale gli agenti tendono a ridurre il pass-through per i depositi quando si ha una politica monetaria restrittiva. Il risultato teorico appena esposto è stato testato da Mojon, 2001, per sei diversi paesi dell Area Euro, trovando su ciente evidenza empirica a supporto della sua veridicità. In generale l ipotesi, non confermabile, dell esistenza di accordi collusivi taciti nel settore bancario può essere consistente poiché il mercato in analisi si presta al mantenimento di questi accordi. La teoria economia individua infatti alcuni fattori strutturali che facilitano la sostenibilità di tali accordi. Innanzitutto un numero ridotto di concorrenti, come si è visto il mercato del credito è molto concentrato, soprattutto in Europa; tale fattore rende più 31

agevole il controllo reciproco tra gli agenti e il coordinamento delle politiche da attuare. Il mercato bancario è anche caratterizzato da elevate barriere all entrata; ciò riduce il numero di concorrenti potenziali e rende quindi più sostenibile l accordo collusivo. (Levenstein e Suslow, 2006) Il settore in analisi presenta una interazione giornaliera tra i competitor, inoltre le norme in materia di trasparenza rendono facile il controllo reciproco. Ciò implica che una eventuale trigger strategy in caso di violazione del cartello è più veloce ed e cace, minimizzando così il payo da un eventuale deviazione dall accordo e rendendolo così più sostenibile. In ne il mercato del credito presenta una domanda estremamente volatile e con un trend di crescita, tale caratteristica rappresenta una fattore facilitante la sostenibilità degli accordi. In conclusione quindi il mercato presenta tutte le caratteristiche per rendere sostenibili eventuali accordi collusivi taciti tra gli agenti, la dimostrazione reale è molto di cile, tuttavia l analisi dei dati riguardanti la velocità e la magnitudo delle reazioni ai cambiamenti dei fattori esogeni, quali interventi di politica monetaria o cambiamenti nelle condizioni di domanda, sembrano su ragare l ipotesi che il sistema di pass-through sia meno e cace in presenza di un mercato maggiormente concentrato. 32

3.2 Concorrenza e stabilità nel mercato bancario L argomento della stabilità dei sistemi bancari è, in questo momento, di stringente attualità a causa della crisi nanziaria del 2008, che ha portato a fallimenti e salvataggi da parte dello stato. Nella letteratura economica si discute quindi come sia possibile migliorare il livello di stabilità e ridurre il rischio sistemico del mercato bancario, considerando l elevatissimo costo pubblico dei fallimenti di tali istituzioni, sia in termini di eventuali bailout che per ciò che concerne gli e etti sul pubblico, ciò accade in maniera particolare nel caso di assenza di garanzie sui depositi. Nella letteratura accademica vi è condivisione riguardo al principio per cui un maggiore quantità di concorrenza all interno del mercato bancario garantirebbe un e etto diretto positivo per i consumatori, in termini di costo del denaro. Una breve dimostrazione di questo asserto è data dal capitolo precedente. Tuttavia gli economisti sono spesso molto cauti nel suggerire una regolamentazione che limiti il potere di mercato, le barriere all entrata ed in generale tutti quei fattori che riducono la concorrenza nel mercato bancario, a causa della cosiddetta "ipotesi del charter value" (Marcus, 1984; Chan, Greenbaum and Thakor,1986; Keeley;1990), ovvero la teoria secondo la quale il valore di una banca è maggiore in un mercato molto concentrato, e, pertanto, i suoi azionisti saranno meno propensi ad assumersi dei rischi elevati, riducendo così il rischio medio del mercato bancario. Un altra possibile spiegazione è che le banche, in caso di elevata concorrenza, come si è menzionato in precedenza, vedono ridursi i loro margini di pro tto, tuttavia è possibile che gli agenti mantengano i loro ricavi invariati aumentando il livello medio di rischio dei loro portafogli e coprendo quindi il margine ridottosi attraverso un incremento dei risk primia. 33

Tale operazione ha come e etto diretto un aumento del rischio del mercato e rendendolo quindi meno stabile. Un ulteriore argomento a favore della concentrazione del mercato bancario consiste nell a ermazione che vuole le grandi istituzioni bancarie in grado di di erenziare meglio i loro portafogli, rendendo così gli attivi di bilancio meno rischiosi e riducendo dunque il rischio sistemico. Queste tesi sono ciò che frena gli economisti nell a ermare l assoluta positività della concorrenza nel mercato bancario. Gli economisti, tra cui Allen, che propendono per la tesi secondo la quale incentivi alla concorrenza bancaria rischiano principalmente di accrescere il livello di instabilità del sistema utilizzano come esempi i mercati bancari canadese ed americano per mostrare come un sistema molto concentrato (Canada) so ra di crisi del sistema con una frequenza molto più bassa rispetto ad un mercato molto frammentato e concorrenziale quale è quello statunitense. Chi invece ritiene che la concorrenza possa solo migliorare le condizioni del mercato bancario, tra cui Beck, a erma ciò sulla base di alcuni pilastri teorici, quali: - l e etto diretto della concorrenza consiste nel ridurre i margini di pro tto, attraverso l aumento del tasso di interesse pagato ai depositanti e la riduzione del costo del denaro per i debitori, ciò rende più pro ttevole il risparmio e meno costosi gli investimenti, generando le condizioni per una crescita macroeconomica di medio e lungo periodo; - la concentrazione del mercato bancario, come si è detto, genera tassi di interesse più elevati per i debitori, ciò, secondo Boyd e De Nicolò (2005), porta i 34

debitori stessi ad assumersi più rischi per far fronte al costo del denaro, aumentando così la rischiosità dei progetti e la fragilità degli attivi di bilancio delle banche, sottoponendoli dunque ad un maggiore rischio di default degli asset. - i margini di pro tto ridotti creano incentivi ad innovare maggiormente per mantenersi competitivi, ciò porta alla creazione di nuovi prodotti nanziari, quali le securitization, che, utilizzati in modo corretto, con una regolamentazione che ne disincentivi gli abusi, migliorano le condizioni del mercato bancario pur non gravando sui consumatori e sulle imprese; - la riduzione dei margini di pro tto rende le banche più sensibili ad eventuali default negli attivi (fonte di instabilità), tuttavia ciò aumenta gli incentivi a monitorare i progetti nanziati, rendendo gli investimenti più sicuri e riducendo la probabilità di default delle imprese. - il numero ridotto di banche all interno di sistemi molto concentrati porta la classe politica ad una maggiore attenzione nei riguardi di eventuali default, portando lo stato ad erogare maggiori sussidi e assicurazioni implicite del tipo "too big to fail" o "too important to fail". - in ne, la concentrazione nel mercato bancario, implica fenomeni di aggregazione tra gli istituti che portano a conglomerati che erogano tutti i tipi di servizio nanziario-bancario, ciò rende tali istituzioni molto di cili da monitorare per le authorities competenti. Concludendo, gli e etti diretti della concorrenza nel mercato bancario sono probabilmente negativi, infatti la riduzione dei margini di pro tto può incentivare l assunzione di maggiori rischi o un aumento della leva nanziaria, al ne di mantenere costante il return on equity. 35