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Transcript:

Ore 14.30 Varianti dell antigene D Ore 15.15 Comportamento sierologico delle emazie che presentano un espressione debole dell antigene D Ore 16.15 Esercitazione pratica in gruppi Ore 17.30 Test di valutazione Chiusura corso Corso di aggiornamento in Immunoematologia AO Sant Andrea Roma, 17 aprile 2013

Corso di aggiornamento in Immunoematologia AO Sant Andrea Roma, 17 aprile 2013

Il caso favorisce soltanto le menti preparate (Pasteur)

1939 Levine & Stetson descrivono il caso di una donna che, dopo aver partorito un bambino affetto da eritroblastosi, ha una reazione emolitica con una trasfusione di sangue del marito. Il suosieroagglutinaiglobulirossidel marito e quellidell 80% dei donatori ABO-compatibili.

1940 Landsteiner & Wiener iniettano eritrociti di Rhesus-monkey in conigli. Il siero dei conigli agglutina gli eritrociti del Rhesus-monkey e dell 85% di eritrociti umani. Chiamano questo anticorpo anti-rh. 1941 L anticorpo umano di Levine & Stetson mostra lo stesso pattern di reattivita dell anticorpo anti-rh del coniglio.

1963 Levine et al. dimostrano che l anti-rh umano e del coniglio non reagiscono con lo stesso antigene. Ciononostante, nell uso corrente, il termine Rh viene conservato per indicare l anticorpo umano. L anti-rh del coniglio viene chiamato anti-lw in onore di Landsteiner & Wiener.

1942 Levine conferma che l incompatibilita Rh tra madre e feto era la causa della malattia emolitica del neonato(men). Diversi studi dimostrano che, in base al tipo di popolazione, il 3 25% degli individui mancano dell antigene D del sistema Rh, e che gli individui RhD-negativi possono produrre anti-d.

Il fattore Rhesus è clinicamente il più importante sistema gruppoematico di natura proteica. La sua significativita clinica è seconda solo a quella del sistema ABO. Con i suoi 52 antigeni rappresenta il più grande dei 30 sistemi gruppo-ematici conosciuti.

Gli antigeni Rh sono pienamente espressi alla nascita e sono precocemente rilevabili sin dalla ottava settimana di gestazione. Sono presenti solo sui globuli rossi, mentre non sono rilevabili sulle piastrine, sui linfociti, sui monociti, sui neutrofili o in altri tessuti.

Dalla meta degli anni 40, quattro ulteriori antigeni -C, E, c, e vennero riconosciuti come facenti parte di quello che viene attualmente definito come il sistema Rh. I cinque piu importanti antigeni Rhesussono la causa della maggior parte delle alloimmunizzazioni post- trasfusionali. Successive scoperte hanno portato il numero degli antigeni correlati col sistema Rh a 52.

Il D possiede l immunogenicità più elevata rispetto agli altri antigeni eritrocitari; è stato stimato che dal 30 all 85% delle persone D negative che ricevono una trasfusione D positiva svilupperà l anti-d.

Le basi molecolari

1946 Fisher & Race Propongonoun sistemabasatosuun modelloditre loci strettamente associati: Cc, Dd Ee che determinano i corrispondenti antigeni antitetici.

1943 Wiener Propone un sistema basato sulla sua teoria di più alleli su un singolo locus. Wiener riteneva che il prodotto del gene RH fosse una singola entità da lui definita agglutinogeno. Un agglutinogeno era caratterizzato da numerose specificità individuali, dette fattori, evidenziati da specifici anticorpi. Ad esempio il gene R1 esprime almeno tre differenti fattori: Rh0, rh,h (D, C, E nella terminologia Fisher Race).

1986 Patricia Tippet Propone una modifica alla teoria di Fisher Race. Solo due loci strutturali Rh tra loro strettamente concatenati sul cromosoma 1 e che determinano la produzione degli antigeni Rh: D che codifica per l antigene D CE che codifica per gli antigenic, c, E, e.

1990 Viene identificato il primo gene Rhesus: RHCE; 2 anni piu tardi viene identificato il gene RHD.

Il gene RHD determina la presenza della proteina che attraversa ripetutamente la membrana eritrocitaria e conferisce la specificità antigenica D. Il gene RHCEconi suoi alleli RHCe, RHCE, RHcE ed Rhce, determina gli antigeni C, c, E ed e.

I due geni (RHD e RHCE) sono altamente omologhi (93.8%) e sono organizzati in dieci esoni. Il gene RHD deriverebbe dalla duplicazione di un originale gene RH durante l evoluzione.

Iprodotti dientrambiigenirhdedrhcesonoproteine di417 aminoacidi che attraversano per 12 volte la membrana eritrocitaria, formando solo brevi anse esterne di aminoacidi. Flegel. Transfusion and Apheresis Science 2011

All interno della membrana eritrocitaria, il polipeptide Rh forma un complesso con una glicoproteina Rh-associata(RhAG) (AABB: Technical Manual) Il complesso (proteine Rh/RhAG) e essenziale per l espressione anche di altre proteine di membrana che svolgono un ruolo strutturale nella membrana eritrocitaria, come viene evidenziato dallo studio delle emazie Rh null che sono prive dituttigli antigeni Rh e che presentano alterazioni morfologiche caratteristiche.

Le proteine RhD e RhCcEe differiscono per circa 36 aminoacidi. Gli antigeni C e c si differenziano uno dall altro solamente per quattro amminoacidi; di queste differenze, solo quella tra la serina e la prolina nella posizione 103 sembra essere l elemento critico. La presenza della prolina o dell alanina nella posizione 226 differenzia, invece, E da e.

L 82%-88% degli Europei e dei caucasici nord Americani sono D-positivi. Circa il 95% dei neri Africani sono D-positivi. Il D e un antigene ad alta frequenza nell est asiatico, raggiunge il 100% in alcune popolazioni.

1991 Viene dimostrato che nella popolazione bianca la maggior parte degli individui RhD-negativi manca completamente del gene RHD. (from Flegel. Transfusion and Apheresis Science 2011)

Mentre nei soggetti caucasici D-negativi il gene RHD e deleto, in altre popolazioni (soggetti di origine africana, giapponesi e cinesi) il fenotipo D negativo e associato ad un gene RHD inattivo, mutato oparziale.

Circa il 67% dei neri africani presenta un gene RHD inattivo o pseudogene(rhdψ) responsabile del fenotipo D-negativo. RHDψ presenta uno stop codon nell esone 6. Sono stati anche descritti geni RHD contenenti mutazioni non senso e delezioni di nucleotidi in alcuni giapponesi D-negativi e in donatori bianchi.

La determinazione in laboratorio

La tipizzazione degli antigeni Rh in laboratorio si esegue utilizzando reagenti o antisieri commerciali. Nella pratica clinica, sono facilmente reperibili cinque reattivi per la tipizzazione Rh: anti-d, anti-c, anti-e, anti-c, anti-e.

Le indagini relative alla routine pre-trasfusionale prevedono solo l esame dell antigene D. Gli altri reattivi vengono utilizzati prevalentemente nella risoluzione dei problemi anticorpali oppure nelle indagini familiari. L insieme degli antigeni rilevati sulle emazie di una persona costituisce il suo fenotipo Rh.

La maggioranza delle emazie D positive presentano, con un siero anti- D dopo centrifugazione, una netta agglutinazione macroscopica, che ne consente la rapida classificazione come D positive, in presenza di un risultato negativo del controllo.

Fino a poco tempo fa, nella maggioranza degli esami si utilizzavano reagenti anti-d policlonali di origine umana, in soluzioni iperproteiche, idonei per gli esami su vetrino, in provette o in micropiastre. In tempi piu recenti, sono diventati ampiamente disponibili reattivi monoclonali anti-d.

Alcuni reattivi anti-d destinati all uso su vetrino, provetta o in micropiastra contengono una elevata concentrazione proteica (20-24%) oltre ad altri additivi macromolecolari. Questi reattivi sono sempre preparati da pool di sieri umani e producono risultati rapidi e affidabili. Gli elevati livelli proteici e gli additivi macromolecolari possono determinare reazioni falsamente positive.

Se le emazie presentano una aggregazione nel test di controllo, i risultati del test con l anti-d non possono essere considerati attendibili.

Determinazione del tipo RhD in laboratorio -Vetrino -Provetta -Micropiastra -Microcolonna

Determinazione dei probabili fenotipi Rh risultanti dai test eseguiti con i cinque principali reagenti fra le tipizzazioni del sistema Rh (AABB: Technical Manual)

La maggior parte delle persone D negative sono omozigoti per l allele RHce, il gene che codifica per gli antigeni c ed e; ccddee Meno frequentemente possono presentare gli alleli RHCe o RHcE che codificano rispettivamente per C ed e oppure per c ed E. Ccddee ccddee

Il genotipo D delle persone D positive non può essere determinato direttamente con i mezzi sierologici; gli studi per stabilire la dose dell antigene D non sono efficaci per stabilire se un soggetto è omozigote o eterozigote per il gene RHD. DD?? Dd

Solo le indagini molecolari permettono la determinazione del vero genotipo D. La determinazione del genotipo con la metodologia della reazione della polimerasi a catena può essere eseguita utilizzando il DNA ottenuto dai leucociti o dagli amniociti oppure dal DNA fetale extracellulare presente nel plasma materno.

L origine etnica influenza le deduzioni relative al genotipo, perché la frequenza dei geni Rh si diversifica da un gruppo geografico all altro. Per esempio in un bianco che presenta un fenotipo Dce, il genotipo sarà probabilmente Dce/ce, ma in una persona di origine africana esso può essere, con la stessa probabilità, sia Dce/Dce che Dce/ce.

La maggioranza delle emazie D positive presentano, con un siero anti- D dopo centrifugazione, una netta agglutinazione macroscopica, che ne consente la rapida classificazione come D positive, in presenza di un risultato negativo del controllo. Le emazie che non vengono immediatamente agglutinate non possono essere classificate con la stessa semplicità.

Per alcuni campioni di globuli rossi, la dimostrazione della presenza del D richiede l incubazione con il reattivo diagnostico, e successiva aggiunta del siero antiglobuline umane (test dell antiglobulina indiretto o Test di Coombs indiretto). Queste emazie (un tempo classificate Du) sono considerate D positive anche se si rende necessaria questa fase addizionale dell esame. Il termine Du non viene più considerato appropriato; le emazie che presentano delle forme indebolite dell antigene D vengono classificate come D positive e possono essere descritte come D deboli.

Le varianti RhD

1946 Viene identificata una variante quantitativa(denominata D u ) che presenta una debole espressione dell antigene D. Questa variante, ora chiamata weak D, e di notevole importanza clinica e diagnostica.

1953 Viene evidenziata l esistenza anche di varianti qualitative dell antigene D. I pazienti con questa variante D parziale sono positivi per l antigene D, tuttavia appaiono essere in grado di formare anti-d.

Nella razza bianca lo 0,2-1% degli individui presenta una diminuita e/o alterata espressione della proteina RhD tale da determinare le varianti dell antigene RhD.

Weak D E una variante della proteina RhD che presenta sostituzioni aminoacidiche localizzate nei segmenti trans-membrana o intracellulari ed esprime una quantità ridotta di antigene D (meno di 5000 antigeni D per eritrocita).

Weak D L antigene D è, dal punto di vista qualitativo, largamente immodificato. Di conseguenza l antigene D normale non è solitamente immunogeno per i portatori di weak D. Eccezioni: Weak D di tipo 15 Weak D di tipo 4.2 (DAR) Weak D di tipo 7 Weak D di tipo 11

Eccezioni: Weak D Weak D di tipo 15 Weak D di tipo 4.2 (DAR) Weak D di tipo 7 Weak D di tipo 11 I weak D tipo 1, 2, 3, 4.0/4.1 sono i più comuni nella popolazione europea e caucasica e rappresentano il 95% deiweakd totali. Ad oggi, in questi tipi di weak D non è mai stata documentata una alloimmunizzazione anti-d.

Eccezioni: Weak D Weak D di tipo 15 Weak D di tipo 4.2 (DAR) Weak D di tipo 7 Weak D di tipo 11 Questa osservazione è di particolare importanza nella prevenzione e management dell alloimmunizzazione anti- D in gravidanza. Donne in gravidanza con weak D (da 1 a 4.1) possono essere trasfuse con eritrociti D-positivo e non vi è indicazione alla immunoprofilassi anti-d.

DEL E un antigene D dall espressione molto debole (200 molecole o meno per globulo rosso). Così chiamato perché originariamente identificabile solo mediante assorbimento dell anti-d e sua successiva eluizione dai globuli rossi. Anche noto come Asian type DEL a causa della sua prevalenza negli asiatici D-negativi. La sua importanza è legata soprattutto alla possibilità di determinare un alloimmunizzazione anti-d quando un donatore DEL-positivo è erroneamente etichettato come D-negativo.

Partial D La classificazione delle varianti D parziali si basa sulla premessa che alcune sostituzioni aminoacidiche nei loop extracellulari incidono sulla conformazione lineare degli epitopi D o, più spesso, sulla conformazione tri-dimensionale di quel loop. Molti D parziali vengono identificati utilizzando anticorpi monoclonali diretti verso specifici domain o loop sulla superficie dell eritrocita.

Partial D DII e DVII sono causati da una singola sostituzione aminoacidica extracellulare. DIII, DIV, DV e DVI sono causati, invece, da alleli ibridi RHD-CE-D. Queste categorie D parziali producono spesso l anticorpo anti-d in seguito ad esposizione ad un antigene D normale.

Partial D Per molti D parziali, l alloimmunizzazioneanti-d è un evento apparentemente raro, e per alcuni D parziali non vi è stata a tutt oggi nessuna osservazione di pazienti con alloanticorpi anti-d.

(from Flegel Transfusion and Apheresis Science 2011)

Fino a poco tempo fa, nella maggioranza degli esami si utilizzavano reagenti anti-d policlonali di origine umana. In tempi piu recenti, sono diventati ampiamente disponibili reattivi monoclonali anti-d.

I reattivi monoclonali solitamente producono reazioni piu forti di quelle ottenute con i reattivi policlonali di classe IgG, ma possono occasionalmente fallire l agglutinazione delle emazie dei soggetti appartenenti ad alcune categorie di D parziali. Aggiungendo delle piccole aliquote di anticorpi IgG ai monoclonali di classe IgM si produce una miscela di anticorpi che reagiranno con gli antigeni D deboli o con D parziali nel test all antiglobulina.

Negli anni 60 la categoria D VI è stata identificata come quella più a rischio di alloimmunizzazione in pazienti etichettati come D-positivi. Per tale motivo è stato stabilito successivamente di considerareid VI comed-negativineglieuropei.

Negli anni 80 sono stati messi a punto reagenti monoclonali anti-dcheconsentonoladistinzionetra D VI ed-positivi. Dal 1995 i reagenti monoclonali anti-d che non identificanoi D VI sono entrati nell uso routinario. Grazie a questa strategia i pazienti D VI e le donne in gravidanza sono tipizzati falsi negativi evitando così trasfusioni D- positivo e prevenendo l alloimmunizzazione anti-d.

Attualmente sono disponibili tecniche molecolari che possono determinare direttamente il genotipo Rh. La determinazione del genotipo viene effettuata con la metodologia della polymerase chain reaction(pcr) utilizzando il DNA ottenuto dai leucociti.

Standard di Medicina Trasfusionale Determinazione del gruppo ABO e tipo RhD: donatori la determinazione del tipo RhD viene effettuata utilizzando 2 diversi reagenti anti-d di comprovata sensibilità (se entrambi monoclonali, derivanti da cloni diversi); incasodirhdnegativo,vieneeseguita la ricerca deldweak(d u )

Standard di Medicina Trasfusionale Guida per l applicazione La determinazione del tipo RhD deve essere effettuata utilizzando 2 diversi reagenti anti-d di comprovata sensibilità (se entrambi monoclonali, derivanti da cloni diversi), di cui almeno uno dovrebbe rilevare il D VI parziale, al fine di evitare l erronea attribuzione del tipo RhDnegativoadonatoriportatoridellavarianteD VI parziale. La ricerca del D weak (D u ) deve essere effettuata con la metodica dell antiglobulinaindiretta, utilizzando un reattivo anti-d in grado di rilevare anche la variante parziale D VI

Standard di Medicina Trasfusionale Determinazione del gruppo ABO e tipo RhD: pazienti la determinazione del tipo RhD viene effettuata utilizzando 2 diversi reagenti anti-d di comprovata sensibilità (se entrambi monoclonali, derivanti da cloni diversi);

Standard di Medicina Trasfusionale Guida all applicazione La determinazione del tipo RhD deve essere effettuata utilizzando 2 diversi reagenti anti-d di comprovata sensibilità (se entrambi monoclonali, derivanti da cloni diversi), di cui almeno uno non dovrebberilevareil D VI parziale, alfinedievitarel attribuzionedeltipo RhD positivo a pazienti portatori della variante D VI parziale che, se trasfusi con globuli rossi RhD positivi possono sviluppare una immunizzazione anti-d.

Per le ricerche dei D parziali e del D weak, può risultare utile l adozione di specifici kit che utilizzano miscele di anticorpi monoclonali di classe IgG e IgM diretti contro i diversi epitopi dell antigene D, e che consentono di identificare la maggior parte dei Dparzialiconosciutiediconfermareil Dweak. L attribuzione di un fenotipo D parziale con metodiche sierologiche dovrebbe essere confermata in biologia molecolare.

Diversamente dagli antigeni A e B, le persone che non possiedono il D sui propri eritrociti non presentano, regolarmente, l anti-d. La formazione dell anticorpo anti-d origina dall esposizione, per motivi trasfusionali o gravidanze, ad emazie che presentano l antigene D.

Quando nel siero è presente un anticorpo, dal momento che non vi sono emazie che portano l antigene corrispondente, esso circola libero. Questi anticorpi vengono evidenziati esaminando il siero contro emazie test, aggiungendo il siero antiglobulineumane ed osservando l agglutinazione che segue. La ricerca di anticorpi con questo metodo viene detta: Test dell antiglobulina indiretto (Test di Coombs indiretto)

Gli anticorpi ed il loro significato clinico

Nel campo della medicina trasfusionale, D è l antigene più importante dopo gli antigeni A e B. L anti-d può determinare reazioni emolitiche trasfusionali severe e fatali e malattia emolitica del neonato.

E possibile ritrovare dopo 2-5 mesi un anticorpo con specificità anti-d nel 85%di soggetti D-negativi trasfusi con almeno 200ml di eritrociti D-positivi. Circa la metà del restante 15% non produrranno l anticorpo nemmeno dopo ulteriori stimolazioni. Questi soggetti sono definiti non responders (Mollison P.L.)

Tutti gli anticorpi del sistema Rh possono potenzialmente causare reazioni emolitiche e MEN. L antigene c è clinicamente il più importante antigene Rh dopo il D. L anti-c, -E, -e raramente si rendono responsabili di MEN, in tal caso in forma solitamente moderata.

La maggior parte degli anticorpi anti-rh originano dalla esposizione a eritrociti umani per trasfusioni o gravidanze. Occasionalmente, gli anticorpi anti-rh possono essere naturali(per esempio anti-e, anti-cw).

Gli anticorpi anti-rh permangono, di solito, per molti anni. La maggior parte degli anticorpi anti-d sono di classe IgG, solitamente IgG1 e IgG3. Se il loro livello sierico scende al di sotto di quello rilevabile, l eventuale successiva esposizione all antigene produce, tipicamente, una risposta immune secondaria.

Nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi 50 anni, l alloimmunizzazione anti-d si verifica ancora in 1:2000 gravidanze D-negative. Possibili cause sono: Mancanza di appropriata profilassi Inappropriata somministrazione della profilassi Pre-alloimmunizzazione Passaggio transplacentare precoce di cellule fetali Trasfusione di eritrociti DEL-positivi (Flegel 2011)

ZZZ