Analisi dei mercati finanziari



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Transcript:

K CAPITAL Analisi dei mercati finanziari Il mondo non finirà nel 212

Alcune lezioni che abbiamo (ri)imparato quest anno The real secret of investing is that there is no secret to investing. Every important aspect of value investing has been made available many times over, beginning in 1934 with the first edition of Security Analysis. That so many people fail to follow this timeless and almost foolproof approach enables those who adopt it to remain successful. The foibles of human nature that result in the mass pursuit of instant wealth and effortless gain seem certain to be with us forever. So long as people succumb to this aspect of their natures, value investing will remain, as it has been for 75 years, a sound and low-risk approach to successful long-term investing. (Seth Klarman, prefazione alla sesta edizione di Security Analysis ) Se c è un insegnamento che dobbiamo trarre (ancora una volta) dall andamento dei mercati finanziari nel 211 è che le caratteristiche migliori per un investimento di successo sono la pazienza e la disciplina. L incertezza nei mercati è infatti la regola, non l eccezione: le realtà economiche sono troppo complesse per essere modellate in maniera precisa ed i mercati finanziari, soprattutto nel breve periodo, sono governati dalle scienze comportamentali, non dalla matematica o dalla fisica. Cose che non sono mai successe sono destinate ad accadere: in un investimento il rischio non è dato dalla volatilità di un mercato o di uno strumento, bensì dalla possibilità che il capitale possa essere perso in maniera definitiva. La principale favola dei moderni sistemi di risk management (e spesso quello che guida le decisioni di gestori, promotori finanziari e consulenti vari, assieme alle previsioni di breve periodo) è invece la convinzione che un analisi completa e dettagliata del portafoglio possa essere condotta basandosi esclusivamente sulle serie storiche dei prezzi di mercato, senza alcun riferimento all attività sottostante. Modelli come il VaR sono matematicamente eleganti ma fondamentalmente difettosi: sono utili per analizzare e cercare di prevedere i rischi solo se tutto va come deve andare (in particolare, se il futuro non è troppo diverso dal passato). L andamento dei mercati sfugge tuttavia a questa regola, perché questi sono meno razionali di quello che i sistemi di risk management assumono. Occorre sempre ricordare che un investimento non è un biglietto della lotteria: investire in azioni significa diventare proprietari di una parte di un attività produttiva, mentre un obbligazione è una quota parte del debito di un azienda o di uno stato. Nel lungo periodo il rendimento del portafoglio è dato da cosa acquistate ma soprattutto da quanto lo pagate.

I mercati finanziari nel 211 If you can avoid the losers, the winners will take care of themselves (Howard Marks, Oaktree Capital) Per un anno che ha dovuto sopportare il terremoto in Giappone, il downgrade del rating degli Stati Uniti e lo scoppio della crisi dei debiti sovrani in Europa (oltre a crescita economica ancora anemica e problemi politici in varie parti del mondo), i rendimenti di molte classi d investimento sono stati sorprendemente stabili. Anche se vi è stata la tipica variabilità tra settori e paesi, in valuta locale a livello globale i mercati obbligazionari sono saliti del 6%, mentre le azioni hanno perso solo 7% (in euro le performance sono di 9% e -4%, rispettivamente). Andamento dei mercati azionari ed obbligazionari nel 211 e ribilanciato a 1 all inizio della recente crisi (marzo 27) 65 225 13 12 Azioni globali Obbligazioni globali 6 22 11 55 215 1 9 5 21 8 45 4 Azioni globali (sx) Obbligazioni globali (dx) gen mar mag lug set nov 25 2 7 6 5 27 28 29 21 211 Fonte: MSCI, Bank of America Merrill Lynch. Gli indici di riferimento sono BofA ML Global Fixed Income Markets Index e MSCI All Countries World Index, misurati in valuta locale. L andamento dei mercati mostra però un sviluppo nettamente divergente tra la prima e la seconda metà dell anno appena passato. All inizio, le aspettative di una sostenuta crescita degli utili (16% atteso per il 211 dopo il 35% del 21) e le iniezioni di liquidità da parte della Fed avevano puntellato i mercati azionari; ma in seguito, le preoccupazioni sui debiti sovrani e la realizzazione che la crescita economica nei paesi occidentali sarebbe stata inferiore a quanto previsto li hanno spinti al ribasso.

La progressione tipica di un normale ciclo economico con un mercato rialzista che continua finché non viene strozzato da tassi d interesse in aumento e crescita in rallentamento non sembra verosimile per i prossimi anni. Piuttosto, sono possibili scenari estremi. Quello maggiormente negativo con la disgregazione dell euro che causa una recessione globale, esacerbata da problemi strutturali in Cina non è quello più probabile, ma sicuramente non è un esito impossibile. Ma poiché le valutazioni di molti mercati sono basse ed il sentimento degli investitori è già profondamente negativo, un rimbalzo inaspettato non può essere escluso a priori. Un altra delle caratteristiche del 211 è stata la riprova, se mai ce ne fosse stato bisogno, che la crescita del PIL non è l unica variabile che determina il rendimento del mercato azionario di un paese: come mostra la tabella seguente, i paesi con crescita superiore (di nuovo quelli emergenti) non hanno necessariamente offerto le performance migliori. Crescita PIL 211A Performance mercato azionario 211 US 1,7% 2% Giappone (,7%) (19%) Eurozona 1,5% (15%) Germania 2,8% (15%) Francia 1,4% (14%) Italia,3% (21%) Spagna,5% (9%) UK 1,1% (2%) Cina 9, (18%) India 8, (25%) Brasile 3,5% (12%) Russia 4,5% (16%) Fonte: Deutsche Bank, Bloomberg, MSCI. In valuta locale, include il re-investimento dei dividendi. Uno dei fattori che influenzeranno in maniera preponderante l andamento dei mercati nei prossimi anni continueranno ad essere le decisioni di carattere politico, e non soltanto per quello che riguarda il futuro dell Eurozona. Le tensioni sociali nei paesi sviluppati, la crisi dell Eurozona e la continua richiesta di protezionismo commerciale e finanziario per ribilanciare domanda ed offerta globali rimarranno le variabili chiave per determinare la direzione dei mercati. Con gli interventi governativi (voluti o meno) in vari aspetti dell attività economica, l opinione pubblica ed il ruolo dei politici diventerà sempre più preponderante nella sfera degli investimenti.

1 investiti il 1 gennaio 211 sono diventati a fine anno: 113,1 114,3 1 97,5 11,1 12, 12,2 14,2 14,4 15,9 17,1 92,5 94,3 79, 79,5 8,4 84,6 Azioni euro small Metalli industriali Azioni Italia Azioni EM Azioni europee Govt. Italia HY euro Commodities Corp euro BOT Corp euro non-fin Azioni US Obbl. EM Govt. euro (Aaa) Petrolio Oro Fonte: MSCI, Bank of America Merrill Lynch, S&P, Bloomberg. Tutti i rendimenti sono stati convertiti in euro usando i cambi di inizio e fine anno. I migliori investimenti per il 211 sono stati l oro (di nuovo come nel 21, + 14,3%) e petrolio (+13,1%), oltre ai titoli del tesoro sicuri, ovvero paesi con rating AAA e mercati emergenti. Altre classi che hanno fatto bene includono le obbligazioni di quelle nazioni che hanno preso l austerità fiscale sul serio già da un paio d anni, in particolare UK ed Irlanda. I peggiori investimenti sono stati invece le azioni (non solo i mercati europei ma anche il Giappone e quelli emergenti), i metalli industriali (molto sensibili al ciclo economico ed alle attese di crescita globale) ed ovviamente le obbligazioni dei paesi periferici europei. Da notare che alcune delle classi più conservative (in questo caso i Treasuries americani ed i bund tedeschi) hanno registrato la miglior performance nella seconda parte dell anno, quando i problemi del debito europeo sono diventati più acuti. Ma altri beni rifugio tradizionali, come l oro ed il franco svizzero, hanno invece mostrato enorme volatilità e basse performance proprio in questo contesto 1 : dopo aver aperto l anno a $1.41/oncia, l oro ha raggiunto un picco di circa $1.89 a settembre, salvo poi chiudere l anno a $1.575, per una diminuzione di 17% dal massimo. 1 La correzione del franco svizzero è stata tuttavia dovuta al massiccio intervento della banca centrale che non vuole una valuta troppo forte.

Nel corso del 211 i mercati azionari europei sono stati guidati quasi esclusivamente dalla percezione del rischio sovrano, come ben mostrato nel primo grafico a sinistra (l indice dei CDS sovrani è su scala inversa). In termini settoriali, come era facile aspettarsi i titoli peggiori sono stati quelli finanziari (sia in Italia che nell intera Eurozona), seguiti dagli industriali e dalle utilities. L unico settore che ha registrato un rendimento soddisfacente è stato quello farmaceutico, ma sono stati positivi anche il settore energetico e quello dei beni di consumo, più resistenti ai periodi negativi. 1. 9 MSCI Euro (sx) Indice SovX Europa (dx, inverso) 1 1 (1) 8 2 (2) 7 3 (3) Eurozona 6 4 (4) Italia gen mar mag lug set nov HC EN CS TLC CD IT MAT UTI IND FIN Fonte: Bank of America Merrill Lynch, MSCI. Include società di qualsiasi capitalizzazione ed il re-investimento dei dividendi. Legenda: EN = energia; MAT = materiali di base; IND = industriali; CD = beni di consumo discrezionali; CS = beni di consumo di base; HC = farmaceutici e prodotti per la salute; FIN = finanziari; IT = information technology; TLC = telecomunicazioni; UTI = Utilities.

Un rivisitazione delle previsioni per il 211 There are two types of forecasters: those who don t know, and those who don t know they don t know (John Kenneth Galbraith) All inizio dello scorso anno, praticamente tutte le banche d affari erano ottimiste sull andamento dei mercati azionari: c era chi preferiva gli US, chi l Europa; quasi tutte erano concordi nel puntare sui mercati emergenti. A livello globale i rendimenti attesi erano compresi tra 12% ed 2 per la maggior parte dei mercati 2. Come visto in precedenza, i risultati attuali sono stati ben diversi. I principali fattori portati a favore delle azioni 12 mesi fa erano: I mercati azionari erano considerati a buon mercato, trattando a multipli inferiori alle loro valutazioni storiche: ad esempio, i multipli P/E erano circa 11x 13x rispetto ad una media storica di circa 15x; Gli utili aziendali erano ancora depressi, in quanto non tutti i settori erano usciti dalla crisi in maniera uniforme: le previsioni erano di ulteriori aumenti negli anni seguenti; Il ROE aveva recuperato dal minimo di 8% nel 29 fino al 14%, ed era quindi in linea con la media degli ultimi 2 anni; Le aziende avevano sistemato i loro bilanci e ridotto il debito eccessivo, e molte avevano ampia liquidità disponibile per espandersi attraverso acquisizioni e fusioni. In realtà molti degli argomenti erano circolari. Il principale è quello secondo cui le azioni sono convenienti perché le obbligazioni non lo sono : qualsiasi multiplo può essere giustificato da previsioni di crescita futura che sono sufficientemente elevate (od eccessivamente basse). Ad esempio, determinare il P/E equo utilizzando il rendimento delle obbligazioni corporate avrebbe portato a gennaio 211 ad un valore di 17x; utilizzando il modello della Fed (basato sui titoli del tesoro a 1 anni e molto in voga negli anni 199) portava addirittura a 36x. Il secondo punto debole di queste previsioni è che nel denominatore del P/E le banche d affari utilizzano le loro previsioni sugli utili aggregati nei successivi 12 mesi: queste sono sempre, invariabilmente, positive, quindi il P/E potenziale è più basso di quello che è in realtà. Dubitate sempre delle previsioni fatte sull andamento a breve dei mercati azionari od obbligazionari: questo non perché gli analisti delle banche siano incapaci (è anzi vero il contrario), piuttosto perché sono caratteristiche psicologiche, e quindi sistematiche, che dominano le loro conclusioni. In particolare sono soggetti ai problemi di ancoraggio/conservatorismo (la tendenza a formarsi un punto di riferimento sulla base del quale effettuare le proprie scelte) e di herding (o istinto gregario: la tendenza a seguire la massa e ad adattare il proprio pensiero all opinione prevalente). Gli eventi estremi (sia in positivo che in negativo) sono invece sempre più probabili di quello che pensa la maggioranza: una scelta presa da un comitato non è migliore della media delle scelte individuali se tutti hanno le stesse preferenze e pregiudizi. 2 Mentre questi rendimenti sono ovviamente possibili in ogni singolo anno, è difficile pensare che siano sostenibili nel lungo periodo in un mondo in cui la crescita nominale è del 3%-4%.

L Europa è il nuovo Giappone? There is an old saying that stock markets are ruled by optimists and bond markets are populated with pessimists. The winners are ultimately the realists. (David Rosenberg) Tra il 198 ed il 199 il PIL nominale giapponese aumentò cumulativamente di 82,5%; per i successivi venti anni la crescita fu solo di 8,3%. Nel 199 il Giappone aveva un rapporto tra debito e PIL di circa 7; oggi questo valore supera 22. I prezzi delle attività sono prima saliti e poi crollati, lasciando in eredità una montagna di debito che è stato scaricato sul settore pubblico, mentre misure di austerità, trend demografici negativi e la produttività sono diventate una pesante zavorra sulla crescita. L Europa è quindi destinata a ripercorrere la strada del Giappone? La risposta veloce è no: l attuale situazione europea, pur simile sotto vari aspetti, non è la stessa del paese del sol levante due decadi fa. In particolare, l Europa non è entrata nella propria crisi partendo da valutazioni stratosferiche per il mercato immobiliare, gli investimenti ed il debito aziendale: al loro picco i mercati azionari europei hanno toccato appena un quarto dei valori massimi di quello giapponese. Cadere dal secondo piano di un palazzo è sicuramente pericoloso, ma molto meno che cadere dal decimo piano. Per l Europa si è trattato di un boom nella redditività delle aziende più che una crescita del PIL, e le similitudini tra le due economie riguardano soprattutto l esplosione del credito necessaria ad alimentare le spese, avvenuta al di fuori del normale sistema finanziario. Ci sono infatti più differenze che punti di contatto. In senso negativo, l Europa sta soffrendo di un problema dei debiti sovrani molto più acuto di quello sperimentato dal Giappone, anche se in entrambi i casi c è stato un deterioramento della posizione fiscale. L Eurozona sarà costretta ad una maggiore austerità forzata, mentre il Giappone aveva maggior spazio di manovra, soprattutto per quello che riguardava la politica monetaria della propria banca centrale (anche se questa fu tardiva). Molti dei paesi europei hanno invece una montagna di debito che è come se fosse denominato in una valuta non domestica, dato che non hanno alcun potere sul tasso di cambio. Minimo 29 = massimo 1999 In positivo, in Europa non vi è stata un esplosione del debito immobiliare o per investimenti aziendali come quella vissuta in Giappone. Qui i prezzi delle proprietà commerciali aumentarono infatti del 3 nei 5 anni precedenti il picco del 1989; nei paesi europei sono invece cresciuti solo del 6 prima del 27. Le spese per investimenti delle aziende toccarono il massimo del 33% del PIL in Giappone prima di ridursi stabilmente attorno al 21%; in Europa l apice è stato del 22% ed è già diminuito al 19%, più o meno i livelli raggiunti dopo lo scoppio della bolla Internet nel 21. Infine, come mostra il grafico a destra, uno dei risultati più impressionanti della recessione del 28-29 è il modo in cui le aziende europee hanno mantenuto la loro redditività: i margini operativi (ex banche) si sono contratti nel 29, ma ad un livello che rappresentava il picco degli anni 199. 15% 1 5% 198 1985 199 1995 2 25 21 Fonte: UBS.

Dove investire: Giappone vs. Eurozona Quali investimenti hanno ottenuto i migliori risultati dopo lo scoppio della bolla giapponese? Il chiaro vincitore sono stati i titoli governativi, come mostrato nel primo grafico qui sotto: tra il 1989 ed il 211 il loro rendimento totale è stato di 18. Le azioni, al contrario, dopo oltre venti anni sono ancora a -65%. Può la stessa situazione ripetersi in Europa? Se si guarda ai rendimenti obbligazionari, le condizioni sono molto diverse: allo scoppio della bolla i titoli giapponesi erano molto più a buon mercato, con rendimenti oltre il doppio di quelli in Europa nel 27 e ben 4 volte quello che rende oggi il bund (secondo grafico). È difficile immaginare che i rendimenti dei paesi core possano scendere ancora dalle valutazioni attuali. Andamento dei mercati giapponesi dopo la bolla Tassi d interesse in Giappone e nella Eurozona 1 8 3 24 1 8% Titoli giapponesi 7-1 anni Titoli Euro Aaa 7-1 anni Euro: oggi 2,5% 6 18 6% 4 12 4% 2 Indice azioni (sx) Indice titoli stato (7-1 anni, dx) 1989 1992 1995 1998 21 24 27 21 6 2% Jpn: oltre 8% 1989 1992 1995 1998 21 24 27 21 Fonte: Bank of America Merrill Lynch, MSCI. I tassi d interesse delle Eurozona sono quelli dei paesi core. Alla fine degli anni 198 la maggior parte dei paesi sviluppati erano appena entrati in un mercato obbligazionario rialzista, poiché l inflazione era in una fase di strutturale calo. Anche questa è una prospettiva che difficilmente verrà ripetuta in Europa nei prossimi anni: oggi i titoli europei con rating AAA offrono un rendimento che è del 35% inferiore rispetto alla loro media degli ultimi 15 anni, mentre i rendimenti reali sono prossimi allo zero o addirittura negativi (Francia,6%, Germania -,5% ed UK -1% su scadenze di 5 anni). I fondi pensione dovranno prima o poi interrompere il massiccio ri-bilanciamento verso le obbligazioni, iniziato a partire dal 28, perché hanno bisogno di ottenere rendimenti reali nell ordine del 3%-4% e le obbligazioni europee non offrono nemmeno lontanamente questi valori. È difficile immaginare per i prossimi anni un rally continuato e sostenuto per i titoli di stato europei come quello avvenuto in Giappone.

Per quello che riguarda le azioni, il grafico a destra mostra il premio implicito nelle valutazioni (rispetto ai valori storici) al momento del picco. Il mercato giapponese trattava ad un premio del 73% rispetto al dividend yield, del 13% rispetto al P/E e del 64% sul P/BV in aggregato, una sopravvalutazione di circa 8 3. Per l Europa, al contrario, la sopravvalutazione media era solo del 22%. Quindi un ben diverso punto di partenza. Quali settori hanno fatto meglio in Giappone dopo la bolla? Quando il premio al rischio per le azioni aumentò drasticamente, i settori che fecero meglio furono ovviamente quelli più difensivi (come beni di consumo e farmaceutici), oltre alle azioni di società con bilanci sani e che pagavano dividendi stabili. I finanziari, complici sia l alto livello di indebitamento del sistema che la ridotta crescita, furono i peggiori. 12 1 8 6 4 2 12% 13% Europa (maggio 27) Giappone (dicembre 1989) 35% 64% 19% 73% Performance azioni giapponesi (1989-211) Performance azioni europee (27-211) Beni di consumo 132,8% 56,9% Farmaceutici 93,7% 44,9% Industriali 67,1% 3, Tecnologia 57,7% 7,9% Telecom 23,5% 19,7% Materiali di base (15,6%) 34, Energia (16,8%) 27,4% Utilities (28,3%) (17,3%) Finanziari (63,2%) (39,8%) Fonte: UBS. Fonte: UBS. P/E P/BV Dividend yield 3 Questo significa che gli investitori ottenevano un dividend yield inferiore del 73% rispetto alla media storica, e che pagavano un P/E e P/BV superiori del 13% e del 64%, rispettivamente, rispetto al passato.

Asset allocation: Life in the slow lane Alice: Would you tell me, please, which way I ought to go from here? That depends a good deal on where you want to get to, said the Cat. (Alice s Adventures in Wonderland) Una delle prime decisioni prese da qualsiasi investitore riguarda l asset allocation, ovvero la ripartizione del portafoglio a differenti macro-classi (mercato monetario, obbligazioni, azioni, commodities, immobiliare, ). Nessuna di queste classi dovrebbe essere vista come superiore alle altre in senso assoluto: l asset allocation è infatti una funzione degli obiettivi personali, della necessità di una rendita, dell avversione al rischio, Tuttavia, gli obiettivi di rendimenti reali devono essere realistici: questi sono infatti una funzione delle opportunità offerte dai mercati, non dei propri bisogni o desideri. L elemento più importante da tenere in considerazione per molti investitori è il fatto che nel corso dell ultima generazione i rendimenti di molte classi sono diminuiti drasticamente, come mostrato nei due grafici sottostanti. Rendimento (yield) obbligazioni Rendimento annuo composto azioni globali (su 1 anni) 15% 12% Titoli di stato G7 (5-1 anni) BOT 2 15% 9% 1 6% 5% 3% 1986 1988 199 1992 1994 1996 1998 2 22 24 26 28 21 (5%) 1985 1987 1989 1991 1993 1995 1997 1999 21 23 25 27 29 211 Fonte: Bank of America Merrill Lynch, MSCI. Tutti i valori sono in valuta locale, ed include il re-investimento dei dividendi.

A partire dal secondo dopoguerra, la generazione che era uscita dalla Grande Depressione aveva una decisa preferenza per gli investimenti obbligazionari, come mostrato nel grafico a lato. [EY (=earnings yield, l inverso del rapporto P/E) è il rendimento delle azioni e BY (=bond yield) è il rendimento delle obbligazioni. Quando EY>BY gli investitori hanno una preferenza per le obbligazioni: un alto EY significa che P/E è basso. L opposto vale quando EY < BY: in questo caso i mercati azionari sono euforici, P/E è alto ed EY è inferiore a BY]. Questa preferenza diminuì progressivamente negli anni 196, che furono infatti un periodo di boom per i mercati azionari, ma poi tornò da metà degli anni 197, caratterizzati da elevata inflazione e mercati azionari moribondi. Il trend si capovolse di nuovo all inizio degli anni 198, quando cominciò il più lungo mercato rialzista della storia. Questa ritrovata cultura azionaria durò ininterrotta fino al 27, soltanto scalfita dallo scoppio della bolla Internet. Oggi, dopo la crisi del 28, i mercati sono tornati in una situazione di chiara preferenza per le obbligazioni. Differenza tra earning yield (misurato su 1 anni) e bond yield (rendimento dei titoli del tesoro a 1 anni) Mentre i rendimenti diminuivano, la correlazione tra classi d investimento - ed all interno delle classi stesse aumentava 4 : Correlazione tra: e: 199-1999 2-211 Variazione Azioni paesi sviluppati Azioni mercati emergenti,62,87 25% Azioni paesi sviluppati (loc) Azioni mercati emergenti (loc),58,83 25% Azioni paesi sviluppati Commodities (,9),29 38% Azioni globali Obbligazioni G7,34,9 (25%) Azioni globali (loc) Obbligazioni G7 (loc),27 (,33) (6) Azioni globali Obbligazioni corporate IG,34,32 (2%) Azioni globali Obbligazioni corporate HY,42,69 27% Fonte: MSCI, Bank of America Merrill Lynch. Valori misurati in USD tranne dove specificato (loc = valuta locale) su base mensile. 1 5% (5%) EY < BY: preferenza per azioni EY > BY: preferenza per obbligazioni 195 1955 196 1965 197 1975 198 1985 199 1995 2 25 21 Fonte: Prof. Shiller (Yale University). 4 Con l unica eccezione di quella tra azioni globali e titoli di stato dei paesi sviluppati. Questa è stata soprattutto una conseguenza degli eventi degli ultimi tre anni e gran parte della riduzione nella correlazione è dovuta ai movimenti delle varie valute più che ai prezzi delle obbligazioni. Quando si decide sulle allocazioni bisognerebbe fare delle ipotesi sulle correlazioni attese future piuttosto che utilizzare semplicemente quelle storiche.

La realtà che dobbiamo accettare è che siamo in un mondo di bassi rendimenti, causati dalla ridotta crescita a livello globale. In termini teorici si hanno infatti le seguenti relazioni: PIL nominale = crescita effettiva + inflazione effettiva Rendimento titoli tesoro = crescita attesa + inflazione attesa Le conseguenze per l asset allocation sono contrastanti: i trend demografici di allungamento della vita media comportano l esigenza di accumulare di più durante il periodo lavorativo per sostenere i propri bisogni per più anni (e quindi minori consumi, maggiori risparmi ed investimenti ad alto rendimento); la necessità di flussi di capitale costanti e periodici nel periodo della pensione porta invece ad una preferenza per strumenti a reddito fisso, il cui rendimento potrebbe però non essere sufficiente. Inflazione I timori di molti investitori continuano ad essere ancorati attorno ad un tema principale: la lotta tra le spinte deflazionistiche e quelle inflazionistiche. Da un lato, infatti, c è la possibilità (in particolare in Europa) di uno scenario giapponese light, caratterizzato da bassa crescita, continue perdite da parte delle banche e domanda dei consumatori molto debole. L alternativa è un ritorno agli anni 197, quando un errata politica monetaria espansiva portò ad elevata inflazione e fallimenti aziendali. Nel corso degli ultimi 2 anni l inflazione non ha avuto un impatto significativo sulle scelte d investimento. Data la crescente importanza del mandato istituzionale delle banche centrali di contenere l inflazione, le aspettative si sono progressivamente livellate sugli obiettivi delle banche centrali stesse. Questa situazione di inflazione bassa e stabile ha contribuito in maniera significativa allo sviluppo economico delle ultime due decadi, che potrebbero essere definite di grande moderazione in quanto caratterizzate da una situazione macroeconomica molto ordinata nei paesi sviluppati. Ma la crisi del 28, e le sue conseguenze che continuano a propagarsi nei mercati, hanno costretto gli investitori a porsi delle domande sulla stabilità nei prossimi anni sia dell inflazione che della crescita globale. Gli alti livelli di debito e la fragilità dei mercati stanno rendendo molto complicato per le banche centrali focalizzarsi unicamente sugli obiettivi di inflazione, con il mantenimento della stabilità finanziaria e dell occupazione che prendono pian piano precedenza nella loro agenda. Soltanto 18 mesi fa la maggior parte degli economisti erano preoccupati dallo spettro della deflazione; ma negli ultimi mesi l inflazione è salita molto più velocemente di quanto si aspettavano ed è oggi a livelli ben superiori rispetto ai target. Ad esempio, le ultime letture per la Eurozona indicano un livello di 3% rispetto all obiettivo di 2% della BCE; in UK l indice dei prezzi al consumo è addirittura aumentato del 5,5% su base annuale.

Le banche centrali sono tuttavia bloccate in una trappola di tassi prossimi allo zero, necessari per tenere a galla le economie. Tutte le maggiori banche centrali hanno mantenuto tassi bassi ed effettuato operazioni di quantitive easing; la BCE, unica eccezione, ha provato a rialzare i tassi per due volte nel corso del 211, salvo poi vedersi costretta a fare retromarcia quando i problemi dell Italia sono esplosi in maniera lampante. L effetto più visibile è la pressione verso l alto nei prezzi delle attività reali che, soprattutto attraverso il percorso delle materie prime, è stata il principale fattore nell accelerazione dei prezzi dei beni. L esperienza post-28 mostra come le banche centrali continueranno ad intervenire in maniera aggressiva in supporto della crescita economica e dei mercati tollerando quindi il rischio di un aumento dell inflazione in particolare in US e UK, dove le autorità hanno fatto chiaramente capire di essere pronte a fornire aiuti aggiuntivi qualora ce ne fosse bisogno. Per molte banche centrali (con l eccezione della BCE, modellata sull esperienza della Bundesbank), il rischio di inflazione superiore ai propri obiettivi è visto come un prezzo accettabile da pagare per mantenere la stabilità economica e finanziaria. In questo scenario, i mercati dell inflazione possono offrire opportunità interessanti. I tassi breakeven l inflazione implicita nei prezzi dei titoli nominali ed inflation-linked sono stati recentemente impattati da diversi fattori: la fuga verso i titoli nominali, più liquidi; le preoccupazioni sul rischio di recessione e crescita negativa; e gli interventi ufficiali di acquisto da parte delle banche centrali di gilts inglesi e BTP italiani (nominali). In molti mercati le valutazioni anticipano tassi d inflazione al di sotto degli obiettivi per i prossimi anni: per i titoli francesi e tedeschi l inflazione breakeven su titoli a 5 anni è oggi di 1,3%. Di conseguenza, gli investitori possono spostarsi dai titoli nominali a quelli inflation-linked ed ottenere un profitto se l inflazione effettiva sarà invece in linea con gli obiettivi delle banche centrali.

Azioni: separare il rischio di ciclicità dal rischio finanziario An astute investor whose abilities we highly respect has observed that stock prices are much more volatile than the businesses whose ownership they represent. Thus, well established profitable businesses tend to be stable, consistent, even surprisingly predictable, and are capable of withstanding periods of adversity without lasting damage. In contrast, stock prices are uncertain, variable, capricious, unpredictable and highly responsive to short-term transient influences. It is ironic that so many investors devote so much effort to the exceptionally demanding challenge of predicting these volatile short-term price movements. We prefer to direct our energies toward accumulating the basic knowledge necessary to identify and value the essentially stable, profitable, superior business enterprises in which we have an investment interest. (George Michaelis, Source Capital: Lettera agli investitori 1979) Cercare semplicemente valore nei mercati azionari può al momento non essere sufficiente. Nello scenario peggiore il rischio per gli investitori non è infatti legato agli utili (cioè una componente ciclica nell equazione della valutazione), bensì alla liquidità, ovvero la possibilità che una società non abbia più accesso ai mercati dei capitali (rischio finanziario). Gli investimenti migliori per i prossimi anni saranno pertanto quelli che già prezzano una recessione (contrazione degli utili) ma sono finanziariamente solidi da poter sopravvivere la parte discendente del ciclo economico. Come in tutti i periodi di recessione, il multiplo P/BV è un indicatore più attendibile del P/E perché è una misura più stabile del valore. Una delle massime di Wall Street ammonisce infatti che gli investitori guardano il conto economico durante i boom economici e lo stato patrimoniale durante le recessioni. Sotto questo aspetto il mercato giapponese è molto vicino al minimo storico. L Europa (escludendo il Regno Unito) è soltanto 16% sopra i minimi di marzo 29, anche se è ben lontana da raggiungere i valori del 1982, quando il P/BV scese fino a,74x. Gli US ed i mercati emergenti, i più veloci a riprendersi dalla crisi del 28, sono addirittura sopra i minimi del 29 del 28% e 41%, rispettivamente. P/BV P/BV P/BV Differenza (211) (min 28-29) (min dal 1974) Differenza Giappone,92x,9x (3%),9x (3%) Europa (ex UK) 1,28x 1,7x (16%),74x (42%) Europa 1,37x 1,11x (19%),77x (44%) US 2,3x 1,46x (28%),98x (52%) Asia (ex Giappone) 1,58x 1,12x (29%) 1,12x (29%) Mercati emergenti 1,58x,93x (41%),93x (41%) Fonte: HSBC, MSCI.

Gli storici dei mercati fanno notare come tutte le maggiori bolle azionarie (come quelle negli US nel 1929 e 1965 e quella in Giappone nel 1989), dopo la loro implosione tornarono velocemente sotto i trend di lungo periodo e vi rimasero per alcuni anni. Ma le politiche di stimolo applicate in particolare dalla Fed sotto Alan Greenspan ed il suo successore Ben Bernanke hanno portato come risultato 2 anni di mercati sopravvalutati e margini di profitto atipicamente elevati. La prima bolla a scoppiare (quella Internet) non riportò affatto i valori sotto il loro trend storico, e la seconda (nel 28 la prima vera bolla globalizzata ) ha impiegato solo tre mesi per recuperare fino ai prezzi di lungo periodo. Questo comportamento è unico nella storia: in media ci sono voluti infatti circa 14 anni dopo lo scoppio di una bolla per tornare ai valori di trend 5. Molti investitori, abituati agli ultimi mercati ribassisti - severi ma sempre brevi - hanno oggi aspettative di una rapida ripresa che potrebbe non realizzarsi. Per la cronaca, il grafico a destra mostra quale sarebbe l andamento dell indice S&P 5 se seguisse la traiettoria media dei mercati dopo lo scoppio di bolle simili: non molto incoraggiante Preferite azioni che pagano buoni dividendi Data l incertezza sugli utili, da un punto di vista delle valutazioni l elemento che maggiormente può supportare i mercati azionari è il dividend yield: in Europa questo è infatti del 4,8% rispetto ad una media degli ultimi 3 anni del 3%. Con i tassi monetari ancorati vicino allo zero ed i rendimenti delle obbligazioni ai minimi storici ed inferiori all inflazione, gli investitori alla ricerca di una rendita saranno costretti a rivolgersi ai dividendi azionari: a maggior ragione considerando che gli stati patrimoniali aziendali sono molto meno sotto stress del 28 e che i dividendi sono sufficiente coperti dai flussi di cassa. In periodi di crescita nulla o negativa i dividendi sono sempre più stabili degli utili: nelle 5 recessioni dagli anni 197 ad oggi, in Europa gli utili hanno registrato in media un calo del 4, mentre i dividendi solo di 11%. Se possibile, le aziende preferiscono mantenere i dividendi 5 Jeremy Grantham: The shortest letter ever (GMO, dicembre 211). Fonte: GMO. 5% 4% 3% 2% 1% Dividend yield Obb. corporate AA Oggi Media storica Bund Euribor 3 mesi Fonte: Bloomberg, UBS, Bank of America Merrill Lynch.

anche quando la situazione macroeconomica peggiora: in caso contrario temono di mandare al mercato un segnale troppo negativo sulle proprie condizioni reali (anche se in casi estremi sono ovviamente forzate a tagliarli o cancellarli, come successo alle banche nel 28 e 29). Il pay-out (ovvero quanto le aziende pagano in dividendi rispetto agli utili) è oggi in aggregato attorno al 45%, anch esso inferiore alla media storica: in ogni recessione dal 197 ad oggi il pay-out è cresciuto fino a 6-75%, quindi il valore odierno concede spazio di manovra. Infine, nel passato i dividendi hanno rappresentato circa il 95% del rendimento complessivo in situazioni di mercato laterale. Banche europee: ancora non dei buoni investimenti Il necessario de-leveraging nel settore bancario a seguito della crisi del 28-29 è appena cominciato 6. I due principali fattori che determineranno l andamento dei titoli bancari saranno il costo di finanziamento delle loro attività e l esposizione ai titoli dei paesi periferici (GIIPS). La solvibilità e la liquidità delle banche europee rimarrà infatti uno dei temi centrali anche nel 212, ed ovviamente aumenterà la necessità di una loro ri-capitalizzazione in caso di default di uno stato sovrano (ma anche a causa di una nuova recessione, che quasi tutti danno ormai per scontata). Per quanto riguarda il primo punto (costo del funding) il grafico sottostante mostra l andamento dell indice itraxx Financials, un paniere di CDS su titoli finanziari europei, sia per strumenti senior che subordinati. Come si evince dal grafico, gli spread sono andati allargandosi in maniera significativa nel corso del 211, raggiungendo e poi superando i picchi toccati dopo il fallimento di Lehman Brothers. 6bp Senior Subordinati 4bp 2bp bp lug 8 gen 9 lug 9 gen 1 lug 1 gen 11 lug 11 Fonte: Bank of America Merrill Lynch. 6 Per maggiori informazioni vedere anche il report Banche europee - valutazioni e prospettive, presente nella sezione Links & Reports del sito.

Questo rende molto più costoso, ed alle volte impossibile, per le banche rifinanziare i titoli in scadenza, aumentando il rischio di una riduzione improvvisa e significativa della liquidità: come presentato nelle due tabelle seguenti, nei prossimi due anni vi è una enorme massa di obbligazioni bancarie in scadenza nella Eurozona (le tabelle riportano solo alcuni paesi ed alcune delle principali banche). 212 213 Totale Germania 137,2 126,2 263,4 Spagna 142,8 9,9 233,7 UK 117,3 64,8 182,1 Italia 84,5 71,1 155,6 Francia 78,7 68,5 147,2 Olanda 47,9 35, 82,9 Fonte: Deutsche Bank. Dati in miliardi di euro. 212 213 Senior Covered Garantiti* Totale Senior Covered Garantiti* Totale Totale Santander 17,5 12,6 1,2 31,2 14,6 12,6-27,2 58,3 Lloyds 7,1 9, 2,5 36,5 8,4 9, - 17,4 53,9 RBS 6,8 3,2 21, 31, 11,6 3,3-14,9 45,9 Intesa Sanpaolo 12,5 6,6-19,1 17,4 6,6-24, 43, Unicredit 22, 4,4-26,3 1,1 4,4-14,4 4,7 Rabobank 2,2 - - 2,2 17,6 - - 17,6 37,9 BBVA 6,4 12,3,4 19, 5,4 12,3-17,7 36,7 HSBC 15,6 2,3-17,9 15,8 2,3-18,1 36, Credit Agricole 17,1 2,8-19,9 8,3 2,8-11,1 31, Barclays 7,3-8,3 15,6 6,3 - - 6,3 21,9 BNP 8,8 2,8-11,6 7,6 2,7-1,3 21,9 ING 4,3 1, 4,4 9,7 9, 1,,5 1,5 2,2 Monte dei Paschi 8,4 2,8-11,2 5,1 2,8-7,9 19,1 Fonte: Deutsche Bank. Dati in miliardi di euro. * Titoli garantiti dallo Stato.

Per quello che riguarda l esposizione ai paesi periferici, le due tabelle seguenti mostrano l esposizione alle nazioni GIIPS del settore bancario di diversi paesi, sia a livello totale che direttamente ai titoli di stato. Mentre le banche americane hanno un esposizione limitata, Francia, Germania ed in parte UK hanno significativi investimenti nei paesi periferici, inclusa la Grecia. Esposizione Altri Totale Francia Germania UK complessiva Europa Europa US Grecia 55,7 21,4 12,6 31,1 12,8 8,4 Irlanda 32, 11,5 14,9 96,7 38,1 53,6 Italia 416,4 161,8 73,7 185,6 837,5 46,9 Portogallo 25,7 35,9 25,4 19,7 196,7 5,3 Spagna 15,9 177,5 1,9 213,9 643,2 66,8 Totale 68,7 57, 353,5 637, 2.178,2 18,9 Esposizione a Altri Totale Francia Germania UK titoli di stato Europa Europa US Grecia 1,7 12,4 3,3 1,2 36,6 2,3 Irlanda 2,9 3,5 3,7 3,4 13,5 1,9 Italia 16,8 47,6 17,4 65,5 273,3 12,9 Portogallo 6,2 9, 1,9 12,9 29,9 1,1 Spagna 3,5 29,5 7,6 18,9 86,5 7,6 Totale 157, 11,9 33,9 111, 43,8 25,9 Fonte: Bank for International Settlements (BIS), Deutsche Bank. Dati in miliardi di euro. Se ai problemi nei paesi GIIPS aggiungiamo le nuove regolamentazioni sui ratios patrimoniali (non ancora del tutto chiarite) e la poca chiarezza sulle riserve e sulla valutazione dei prestiti incagliati, non sorprende che il ROE medio implicito nei prezzi delle banche sia oggi inferiore a 7%, ovvero ben inferiore al dei mezzi propri (= distruzione di valore). Esiste la concreta possibilità che gli azionisti siano chiamati ad ulteriori, massicci aumenti di capitale, se non vere e proprie ri-capitalizzazioni a carico degli stati: nonostante i prezzi di saldo, le banche non sono ancora un buon investimento.

Contrarian investing We don t buy and sell stocks based upon what other people think the stock market is going to do (I never have an opinion), but rather upon what we think the company is going to do. (Warren Buffett) La domanda che molti si pongono all inizio di questo nuovo anno è: il 212 sarà come il 211? Un sentimento di generale rassegnazione domina l outlook per il prossimo anno: sono pochi gli investitori che si aspettano una rapida e costruttiva soluzione ai problemi dei debiti sovrani europei. E nonostante alcuni segnali incoraggianti, molti si aspettano un rallentamento della crescita globale, una recessione in Europa e politiche monetarie poco efficaci nei paesi emergenti. Il consensus tra gli analisti è che la fiducia e la liquidità nei mercati non miglioreranno: gli elevati premi richiesti per il rischio sovrano e per la fase discendente del ciclo economico dovrebbero portare i mercati azionari a muoversi in maniera laterale, con ancora alta volatilità e correlazioni elevate. Poiché non si avranno significative ri-allocazioni verso le azioni, le conclusioni sono di ridurre il rischio di portafoglio con ri-bilanciamenti tattici quando i vari mercati sembrano periodicamente troppo comprati o troppo venduti, ma in generale di mantenere una preferenza per investimenti sicuri. Diversamente dalla percezione comune, non vi è niente di nobile né di sconsiderato negli investimenti di tipo contrarian. Il loro scopo non è di comportarsi in maniera opposta al resto del mercato per il solo piacere di farlo; essere contrari non è nemmeno una strategia per diventare ricchi in pochi giorni. Seguire la massa è un approccio molto più appropriato per un investitore poco esperto rispetto a controbattere in maniera cieca l opinione prevalente. La chiave per gli investimenti contrarian è di cercare di capire perché il consensus di mercato potrebbe essere errato, ma anche cercare un catalizzatore che innescherà un rovesciamento dell opinione e renderà l investimento di successo. Contrarian investing è, a tutti gli effetti, un estensione dell approccio value, ovvero quello che ricerca investimenti che sono sottovalutati a causa di uno scollamento tra i fondamentali e le aspettative del mercato. Anche se intuitivamente questo sembra essere esattamente quello che tutti fanno, l idea che sia invece una filosofia contraria alla massa è perfettamente logica: un azione non può essere troppo venduta se tutti la stanno comprando, e viceversa. La stessa natura del value investing è pertanto radicata in una ideologia di tipo contrarian. Se questa strategia è logica, intuitiva e redditizia, come mai non è adottata da tutti i gestori? La risposta è che, per ragioni psicologiche, la maggioranza degli investitori trova molto difficile essere positivi quando tutti gli altri sono pessimisti; allo stesso modo, molti hanno paura di essere gli unici a cantare fuori dal coro. Molti investitori preferiscono la semplicità, previsioni rosee e la prospettiva di una navigazione tranquilla: scelgono quello che ha fatto bene recentemente rispetto a quello che è rimasto indietro, indipendentemente dal prezzo da pagare. Poiché i gestori non sono penalizzati se aderiscono a prassi convenzionali, da un punto di vista professionale questa è la strategia meno rischiosa, anche se garantisce quasi matematicamente contro una performance superiore. Riconoscere e superare questi ostacoli mentali è essenziale al contrarian investing.