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3 a Settimana del Diritto alla Famiglia Laboratorio online di confronto (marzo-magio 2013) Pista di riflessione n 5 Affido, durata ed esito incerto degli allontanamenti, recuperabilità genitoriale in preparazione al Convegno nazionale di studi CHIAMATI AD ACCOGLIERE. Tutela dei minori e prevenzione dell'abbandono a trent'anni dalla legge sul diritto alla famiglia Angri (SA), 17 maggio 2013 1. DISTINZIONE TRA AFFIDO E ADOZIONE Nel documento Dieci punti per rilanciare l affidamento familiare in Italia, pubblicato il 22 ottobre 2010 dal Tavolo Nazionale Affido, si legge: «9. CHIAREZZA E DURATA. Occorre tenere ben distinte le diverse finalità dell affidamento familiare e dell adozione dei minori, superando improprie commistioni e confusioni, regolamentando bene le adozioni in casi particolari, sviluppando con le istituzioni preposte (Regioni, enti locali, magistratura minorile, ) condivise modalità di intervento nei casi di affidamenti ad esito incerto,» 1. Questa breve e densa affermazione, sottoscritta dalle principali associazioni e reti di famiglie affidatarie d Italia, tenta di fare chiarezza in un panorama frastagliato ed in costante movimento in cui vari elementi sembrano assottigliare i confini tra adozione e affidamento familiare. Se ne citano, per brevità, solo alcuni: la Petizione al Parlamento Italiano Diritto ai sentimenti peri i bambini in affido presentata dall Associazione La Gabbianella e gli altri animali il 13 maggio 2010 2 ; la sentenza emessa il 27 aprile 2010 dalla Corte europea dei diritti dell uomo 3 ; le proposte di legge presentate negli ultimi anni presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati 4. Questi ed altri elementi si collocano in un orizzonte magmatico, nel quale la condivisa attenzione alla tutela della continuità degli affetti dei minori in affido 5 e il giusto sforzo di offrire risposte di accoglienza ai tanti e diversi casi di bambini e ragazzi a rischio di abbandono, finiscono talvolta con il fare da sponda a più o meno celati tentativi di aprire pericolosi varchi tra l istituto dell adozione e quello dell affidamento familiare. Non a caso ad inizio 2013 l Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con il convegno Terra di confine tra affido e adozione: questioni aperte ha deciso di affrontare il tema, in particolare con una ricognizione sulla adozione mite e sulla sperimentazione che il Tribunale per i Minorenni di Bari ne ha fatto dal 2003 al 2008 6. 1 Il testo completo del documento Dieci punti per rilanciare l affidamento familiare in Italia è disponibile alla pagina documenti del sito www.tavolonazionaleaffido.it. 2 Approfondimenti sul sito www.lagabbianella.org. 3 Affaire Moretti et Benedetti c. Italie (requête n 16318/07). La Corte europea dei diritti dell uomo ha ravvisato nel caso sottopostole - riguardante, la complessa vicenda di un minore affidato dichiarato adottabile e adottato da un altra famiglia, nonostante la disponibilità espressa dagli affidatari - la violazione dell articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali. Il testo della decisione è consultabile, tra gli altri, in http:// www.anptes.org/cedu. 4 Proposte di modifica della legge 184/83 e ss.mm.: AC 3459 VASSALLO-PES; AC 3854 SAVINO e altri; AC 4077 MOTTA e altri; AC 4279 LUPI-SCALERA). 5 Sul tema si suggerisce la lettura del documento del Tavolo Nazionale Affido La tutela della continuità degli affetti dei minori in affido, del 28 giugno 2012, disponibile alla pagina documenti del sito www.tavolonazionaleaffido.it. 6 Convegno promosso il 15 marzo 2013 dalla Provincia di Milano e dall Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli dell Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Nel documento del Tavolo Nazionale Affido sulla continuità degli affetti, si afferma che qualora un minore in affidamento divenga adottabile andrebbe favorita la permanenza nella famiglia in cui egli già si trova solo e soltanto se «siano rispettate le seguenti condizioni: a) che il rapporto creatosi tra il minore e gli affidatari sia significativo, stabile, duraturo; b) che gli affidatari siano disponibili ad adottarlo (occorre sostenere il delicato discernimento che gli affidatari sono chiamati a fare, rifuggendo ogni pressione che ne condizioni la scelta); c) che gli affidatari siano in possesso dei requisiti per l adozione». Riteniamo questi tre paletti necessari per custodire la distinzione tra affido e adozione? E sufficienti? Queste ipotesi sono estendibili anche al caso dell adozione del minore da parte della famiglia residente in comunità? La pregressa conoscenza della famiglia di origine dell affidato da parte degli affidatari costituisce ostacolo all adozione da parte degli stessi affidatari? 2. AFFIDAMENTI LUNGHI, AFFIDAMENTI SINE DIE In base agli ultimi dati pubblicati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 7 la durata degli affidamenti familiari supera i due anni nel 48% dei casi (e di questi, più della metà, dura oltre i 4 anni). Sulla questione il Tavolo Nazionale Affido è intervenuto più volte. Nel 2010 chiedendo che fossero definite le «condizioni per il contenimento della durata degli affidi e per un corretto e consapevole ricorso agli affidamenti di lungo periodo» 8. Nel 2012, ribadendo: «a) che l obiettivo prioritario dell affido è garantire il benessere del minore dandogli la possibilità di crescere in una famiglia; b) che l esito dell affido dovrebbe essere il rientro del bambino nella sua famiglia di origine; c) che, tuttavia, un affidamento non può essere giudicato riuscito o meno solo in base alla sua durata e all effettivo rientro del bambino nella sua famiglia di origine». Il Tavolo Nazionale Affido ha inoltre sottolineato che: «l attuale normativa non pregiudica la possibilità di affidi a lungo termine: sono molti i casi in cui i genitori al di là dei sostegni non sono in grado di provvedere da soli alla crescita del minore, pur non ricorrendo gli estremi per la dichiarazione di adottabilità. È tuttavia da stigmatizzare il fatto che in molti casi l affidamento si prolunga per ( ) la mancata messa a disposizione delle famiglie in difficoltà di aiuti non solo economici e assistenziali, ma anche di quelli che afferiscono alla casa, al lavoro, all affiancamento amicale. In tal senso il realizzarsi di affidamenti di lunga durata, anche se adeguati e necessari in taluni specifici casi, non può essere considerato la normalità e deve essere sempre sostenuto da specifici progetti monitorati con regolarità» 9. Il Tavolo si inserisce dunque nell ampio solco scientifico e dottrinale che rifiutando il concetto di temporaneità assoluta dell affido prende in considerazione le cd. situazioni di semi-abbandono permanente. Di questa prospettiva si parla da decenni. Risale al 1983 il significativo intervento di Paolo Vercellone, allora presidente del Tribunale per i Minorenni di Torino: «Dovunque, lo strumento dell affido familiare è stato ritenuto prezioso in queste situazioni in cui bambini e adolescenti possono crescere bene nella famiglia affidataria, mantenendo contatti significativi con i propri genitori naturali, sprovveduti sì, ma non inesistenti» 10. Di medesimo segno anche quanto nel 2002 affermava Francesca Ichino Pellizzi parlando di: «genitori incapaci di organizzarsi e di organizzare una famiglia, ma non a tal punto da giustificare il provvedimento estremo dell adozione» 11. Sintoniche anche le dichiarazioni del CNCA che ha inteso 7 Indagine Bambine e bambini allontanati dalla famiglia d origine. Affidamenti familiari e collocamenti in comunità (dati al 31.12.2010) presentata dal Ministero delle Lavoro e delle Politiche Sociali il 22 marzo 2012. 8 Punto 9 del documento Dieci punti per rilanciare l affidamento familiare in Italia. 9 Tavolo Nazionale Affido La tutela della continuità degli affetti dei minori in affido, del 28 giugno 2012, disponibile alla pagina documenti del sito www.tavolonazionaleaffido.it 10 Vercellone P., Disciplina dell adozione e dell affidamento familiare. Prime osservazioni, in «Giurisprudenza italiana», 1983, parte IV. 11 Francesca Ichino Pellizzi, Alcune riflessioni in merito alla legge 149/01 sull affidamento familiare, Quaderno 24 del Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi sull Infanzia e l Adolescenza, 2002. 2

l affido a lungo termine come una «forma di affido con identità specifica. Non un affido sbagliato, mal riuscito» 12. Il documento del Tavolo sembra invece escludere i cd. sine die, cioè quegli affidamenti senza scadenza, che gli articoli 330 e 333 del Codice Civile permettono, e che hanno invece trovato positiva accettazione (seppur entro certi limiti e condizioni) in un documento pubblicato dal CNSA Coordinamento Nazionale dei Servizi Affidi nel 2002 il quale li ha dichiarati utili (in particolar modo per gli adolescenti), realistici (a fronte di situazioni in cui la famiglia non sarà mai in grado di assumere in toto le responsabilità genitoriali) e inevitabili (a fronte dei vari casi di impossibilità a procedere con l adozione) 13. Di segno completamente opposto invece il Manifesto sull affido diffuso dall Ai.Bi. a fine 2012, nel quale si propone di «limitare per legge la durata degli affidi a massimo 2 anni, rinnovabili una sola volta e solo per gravi motivi (totale massimo 4 anni)» 14. a) Gli affidamenti familiari di lunga durata si fondano sulla convinzione che in taluni casi vi sono minori che non possono vivere con la famiglia biologica ma che non possono neanche perderla del tutto. La presenza prolungata e definitiva nella famiglia affidataria pone il tema della doppia appartenenza. Quali le ripercussioni sull identità filiale del minore? E quali sul suo percorso di crescita? Quali i supporti da offrire al minore, agli affidatari e alla famiglia di origine? b) Il tema degli affidamenti di lunga durata evidenzia inoltre la necessità di individuare i parametri per la definizione dello stato di semi-abbandono permanente. Analoga esigenza di oggettività è presente nel più ampio tema della prognosi di recuperabilità / irrecuperabilità delle competenze genitoriali (e quindi di transitorietà / non transitorietà delle situazioni di abbandono morale e materiale). Quali le considerazioni psico-sociali? E quali le questioni legislative e giurisprudenziali? c) Affidamenti di lunga durata e affidamenti sine die. Quali le effettive differenze? Quali i rischi e quali i vantaggi? 3. DIFENSORE D UFFICIO E DURATA DEGLI AFFIDAMENTI A RISCHIO GIURIDICO Un nodo importante, difficile da risolvere, che spesso causa gravi deprivazioni affettive dei bambini, è quello della durata abnorme che caratterizza molte procedure di dichiarazione di adottabilità. Pur riconoscendo il bisogno di attivare tutte le garanzie necessarie per le varie parti in gioco, ivi compresa la presenza dei difensori fin dalle prime battute ed in tutte le fasi dei procedimenti giudiziali, non è accettabile che questo costringa i minori a trascorrere gran parte della loro età evolutiva in collocamenti a rischio giuridico, con grande danno per la loro crescita. La lunghezza degli affidamenti a rischio giuridico pone in evidenza lo scollamento tra i tempi-procedura della giustizia e i tempi-vissuto dei bambini. Come colmare questa distanza? È possibile custodire il sistema delle garanzie contingentando i tempi entro i quali i vari passaggi procedurali devono essere espletati? 4. PROGNOSI DI RECUPERABILITÀ DELLE COMPETENZE GENITORIALI E AFFIDAMENTI AD ESITO INCERTO 12 CNCA Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza. Intervento di Liviana Marelli Affidamenti familiari a lungo termine: a quali condizioni al Convegno nazionale Adozione e affidamento familiare a lungo termine. riflessioni e proposte dalla parte dei minori, organizzato dall ANFAA, Torino, 2009. 13 CNSA Coordinamento Nazionale Servizi Affidi, Affido Sine Die, 2002. 14 Ai.Bi. Amici dei bambini, Manifesto per una nuova legge sull Accoglienza Familiare Temporanea, 2012. 3

Al centro del dibattito sulla durata e sugli esiti degli affidamenti familiari v è la questione relativa alla valutazione prognostica di recuperabilità delle competenze genitoriali. Ancora insufficientemente praticata, essa è l elemento discriminante tra un buono e un cattivo affido. Per usare una metafora, essa è la bussola che orienta l operatore nel decidere che tipo di affido progettare, a quale famiglia e per quanto tempo. Parafrasando le linee guida della Regione Veneto in materia di affidamento familiare, possiamo affermare che molta delle confusione che si ingenera nei percorsi di protezione e accoglienza dei minori è il frutto di «fallimenti prognostici di recuperabilità delle famiglie di origine» 15. Questo rimanda non solo alla necessità di un più vigoroso sforzo progettuale ma anche al bisogno di contemplare e potenziare la capacità dei servizi di effettuare adeguate valutazioni, tenendo presente che l attuale assetto formativo e organizzativo determina una diffusa difficoltà ad espletare compiutamente tale tipo di lavoro. In un documento diffuso da Progetto Famiglia nel maggio 2010 16 si sottolinea che, in presenza di un adeguato sistema di valutazione di recuperabilità genitoriale, sarebbe possibile fare chiarezza nel panorama degli affidamenti familiari, distinguendo tra: gli affidamenti chiaramente integrativi, cioè gli affidamenti canonici, quelli intrinsecamente connessi al sostegno alla famiglia di origine - che si auspica rappresentino sempre la maggioranza dei casi con finalità preminentemente educativa, miranti ad integrare, senza eliminare, il ruolo della famiglia d origine, per periodi più o meno lunghi. Questi percorsi, che nascono come affidi e tali rimangono, vanno proposti alle famiglie dei servizi sociali e delle associazioni, cioè a quelle che sulla base di un percorso formativo e di conoscenza sono ritenute idonee all affido; gli affidamenti a rischio giuridico - tendenzialmente sostitutivi, cioè quelli connessi all apertura della procedura di adottabilità. Si tratta di affidamenti che hanno innanzitutto una funzione di protezione del minore e che, salvo eccezioni, fungono da anticamera dell adozione. Sono dunque affidamenti finalizzati a fornire seppur gradualmente e prevedendo una possibile reversione - figure genitoriali alternative a quelle biologiche. Questi affidi, come già avviene in una prassi assai diffusa, vanno proposti alle famiglie dei tribunali per i minorenni, cioè a quelle che hanno i requisiti per l adozione e che hanno dichiarato una precisa volontà di adottare. gli affidamenti ad esito incerto, che ricorrono in quei casi si spera sempre eccezionali e poco numerosi - in cui si parte con un impegno significativo di supporto a funzioni genitoriali gravemente compromesse ma che non si è certi di poter recuperare. Possono evolvere tanto in un rientro in casa, quanto in un prolungamento dell affidamento, quanto nell apertura della procedura di adottabilità. Sono percorsi in divenire che nascono con l obiettivo di sostenere il ruolo della famiglia biologica ma che, laddove ciò non risulti fattibile, sono aperti anche ad evoluzioni adottive. Affidamenti integrativi, affidamenti sostitutivi (a rischio giuridico), affidamenti ad esito incerto. Si condivide questa tripartizione? 5. ADOZIONE MITE O AFFIDI APERTI? Il documento di Progetto Famiglia prosegue nella riflessione chiedendosi «a chi proporre gli affidamenti ad esito incerto?». Vengono proposti due criteri da utilizzare nella scelta: - la verifica dei requisiti: è opportuno che queste famiglie siano in possesso dei requisiti per l adozione. Diversamente si aprirebbe un pericoloso varco tra affido e adozione. - la verifica della motivazione: a differenza dell affidamento a rischio giuridico (e a differenza di quanto propone il modello dell adozione mite, che pesca le famiglie dalle liste di attesa per 15 Linee Guida 2008 peri servizi sociali e sociosanitari. L affido familiare in Veneto. Cura, orientamenti, responsabilità e buone pratiche per la gestione dei processi di affidamento familiare, Regione Veneto, Vicenza, 2008, pagg. 173-175. 16 Documento Affidi familiari ad esito incerto. I rischi di un varco indiscriminato tra affido ed adozione ed il bisogno di risposte e garanzie concrete per i minori coinvolti in affidamenti familiari ad esito incerto diffuso da Progetto Famiglia il 29.05.2010. 4

l adozione) in questo caso occorrerebbe verificare la presenza di una motivazione preminentemente affidataria. Dovrebbe cioè trattarsi di famiglie che non nascono come aspiranti adottive perché non è questa la prima e principale richiesta che viene loro rivolta. Riteniamo, a tale proposito, che non basterebbe la sola partecipazione ad un corso di formazione o il semplice essere iscritti nell elenco comunale delle famiglie affidatarie; questi sono aspetti importanti ma che da soli non costituirebbero sufficienti livelli di garanzia. Sarebbe invece necessario un percorso di approfondita conoscenza della famiglia da parte degli operatori pubblici, fatto di colloqui che di osservazione in opera. Assai utile sarebbe inoltre il ricorso ad alcuni indicatori oggettivi quali la presenza di figli propri, l aver vissuto positivamente una o più esperienze di affidamenti integrativi, la partecipazione prolungata a percorsi di gruppo e di condivisione con altri affidatari. Si tratta insomma di famiglie che inizialmente sono inserite negli elenchi degli affidatari tenuti dai servizi sociali e che solo successivamente finiscono anche in quelli per l adozione curati dai tribunali. Proseguendo su questa linea si potrebbe addirittura arrivare a distinguere due sezioni all interno delle banche dati degli affidatari, una tenuta dai servizi sociali, l altra co-gestita da servizi e tribunali: - la sezione degli affidatari ordinari, deputata agli affidi integrativi e di breve durata, aperta anche ai single ed alle famiglie idonee all affidamento ma non all adozione; - la sezione degli affidatari aperti (o affidatari forti [in contrapposizione al concetto di adottanti miti ] o come altro li si vuole chiamare), deputata agli affidi ad esito incerto, aperta alle sole famiglie idonee e disponibili all adozione e con motivazione all affido controllata e garantita. Il Tavolo Nazionale Affido nel citato documento sulla continuità degli affetti dichiara «altamente raccomandabile nei casi in cui l affidamento del minore si prospetti ad esito incerto, una particolare cautela nella scelta della famiglia affidataria (ad esempio orientandosi verso famiglie con figli e con pregresse esperienze di affido) in virtù del maggiore bisogno di esperienza e chiarezza di motivazioni che queste situazioni richiedono in vista del preminente interesse del minore». Condividiamo questa linea? È possibile/opportuno parlare in tali casi di affido aperto? Se sì quali sono le differenze e quali i punti di contatto con l adozione mite? Si tratta di buone pratiche o di derive da evitare? Le zone di confine tra affido e adozione pongono in risalto il discorso della sostenibilità tecnica degli interventi. Non è escluso che, a causa delle difficoltà in cui versa il sistema dei servizi sociali, un modello astrattamente valido possa produrre, in fase di attuazione, sconquassi peggiori di quelli a cui tenta di porre rimedio. Quali le condizioni minime per permettere una adeguata gestione di questi percorsi? È corretto ritenere che essi possano essere applicati solo nei cd. centri di eccellenza? La progettazione individualizzata degli interventi di tutela minorile dovrebbe sempre basarsi sulla valutazione delle capacità genitoriali, e di conseguenza sulla valutazione della recuperabilità della famiglia di origine. Recuperabilità che, ove assente, dovrebbe far orientare l intervento verso una famiglia sostitutiva (e quindi verso l adozione) piuttosto che verso un affido. L attuale tendenza vede i servizi socio-sanitari impegnarsi nella valutazione delle competenze genitoriali solo allorquando - dopo alcuni mesi dalla segnalazione - viene aperto un procedimento giudiziario sulla potestà genitoriale e, quindi, solo su autorizzazione del giudice minorile (affinché possano operare anche in assenza della volontà dei genitori). Tutto questo fa sì che, per quella parte di allontanamenti per i quali non si possono attendere i tempi lunghi dell avvio del procedimento giudiziario, l accoglienza venga avviata senza il conforto di una vera a propria valutazione e quindi senza un vero e proprio progetto, con grave rischio di errori e di cambi di scena in corso d opera. Sono possibili delle alternative? E possibile pensare, ad esempio, a specifici protocolli di intesa tra organi giudiziari e servizi sociosanitari, grazie ai quali il giudice possa autorizzarli in tempi più brevi? Ad esempio a canali di avvio rapido della valutazione delle competenze genitoriali per quegli affidi che già alla nascita vengono mostrano un esito incerto? 5