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Basilicata ultura Orti saraceni a Tricarico Un progetto di rivalutazione ostituiti da superfici terrazzate a ridosso delle mura dell abitato, erano dei veri e propri orti nei quali si coltivavano in modo intensivo piante officinali di uso domestico, quotidiano e stagionale. A distanza di quasi mille anni le tracce di queste coltivazioni nelle aree interne della Basilicata sembrano essere rimaste nell uso fortemente radicato di piante la cui comparsa nel territorio lucano è riconducibile al periodo arabo normanno Testo e immagini di Simonetta Fascetti Introduzione Salvia officinalis, salvia In questo periodo di rinnovato interesse culturale intorno al periodo arabonormanno della Basilicata il progetto di riqualificazione e valorizzazione degli Orti Saraceni di Tricarico offre una straordinaria occasione di riscoperta, a distanza di mille anni, di una parte della storia e dell origine di tradizioni lucane ormai sull orlo dell oblio. Attraverso la ricostruzione storica e documentata dell antico uso dei terrazzamenti dei quartieri arabi di Tricarico, il progetto, suscitando curiosità ed interesse, può divenire funzionale a molteplici fruizioni (turistica, didattica, imprenditoriale...) ed attirando visitatori, attivare nuove iniziative culturali e di sviluppo economico. Tuttavia, dopo la fase di restauro architettonico, infrastrutturale ed urbanistico è auspicabile far rivivere gli spazi verdi degli Orti Saraceni utilizzandoli nel modo più possibile simile a quello che ne fecero le comunità arabe al tempo del loro insediamento ed anche i loro successori fino ad alcuni decenni fa. ostituiti da superfici terrazzate a ridosso delle mura dell abitato, erano dei veri e propri orti nei quali si coltivavano in modo intensivo piante officinali di uso domestico, quotidiano e stagionale. Infatti prima che guerrieri, gli Arabi nelle zone di origine erano allevatori ed ingegnosi agricoltori degli aridissimi pascoli e delle oasi della penisola arabica. ome agricoltori elaborarono ingegnose tecniche agronomiche che, attraverso il controllo dell irrigazione e delle concimazioni consentivano coltivazioni intensive 97

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Basilicata ultura e mantenimento della fertilità del suolo anche nei ristretti appezzamenti di terreno delle oasi. Tali tecniche ben si adattarono alle condizioni del clima mediterraneo dei territori del Magreb e dell Europa meridionale, dalla Spagna, alla Sicilia, all Italia peninsulare, dove le comunità Arabe furono stabilmente presenti tra il IX ed il XIII secolo. Gli orti non furono un invenzione degli Arabi ma, all Hortus inteso come giardino, luogo privilegiato di coltivazioni ornamentali, esotiche a volte anche sperimentali delle ville romane dell epoca imperiale e delle corti arabe della Sicilia e dell Andalusia, si aggiunse anche la diffusione a livello popolare della tipologia dell appezzamento di terreno di limitata estensione dove la padronanza dell acqua, le sistemazioni del suolo, la conoscenza della fenologia delle piante domestiche consentiva, differenziando nel tempo e nello spazio le produzioni, di coltivare molte specie con differenti esigenze agronomiche (Barbera, 2007). L affermarsi ed il diffondersi dell hortus come forma di agricoltura di sussistenza e di autoconsumo, ebbe un ruolo fondamentale per la sopravvivenza e per risollevare dalle terribili condizioni socioeconomiche e sanitarie le popolazioni delle aree interne dell Italia meridionale stremate dai secoli di abbandono e perduranti carestie che caratterizzarono le vicende storiche dell Alto medioevo (Skinner, 1997). Da allora il tradizionale uso dell orto domestico si è profondamente radicato ed è ancora largamente diffuso intorno alle piccole città ed alle abitazioni rurali delle aree interne soprattutto dell Italia meridionale. ontesto storico: la presenza degli arabi in Basilicata Sopra: orti terrazzati realizzati dagli arabi (secolo X) ed ancora in uso Nella pagina precedente: A destra: Leopoldia comosa, lampascione A sinistra: rataegus monogyna, biancospino Gli insediamenti più antichi e di cui rimangono centri abitati caratteristici e meglio conservati da un punto di vista urbanistico (Tursi, Tricarico, Abriola, Pietrapertosa) si ebbero tra la fine del VIII e durante il IX sec., in seguito alla conquista della Sicilia che spinse gli Arabi a risalire la penisola verso nord con azioni militari che miravano al controllo delle vie commerciali. Successivi arrivi di popolazioni arabe si verificarono nel periodo normanno, dal XI sec fino al 1300, anno in cui alla distruzione della colonia arabonormanna di Lucera ad opera del re angioino arlo II, seguì la deportazione e l esilio per le popolazioni arabosicule in roccaforti isolate e di difficile accesso nelle aree interne della Basilicata. Risale a questo periodo l arrivo degli Arabi nelle città di Acerenza, Potenza, ecc. (Del Duca, 2005). Anche se frammentarie, le tracce della presenza araba persistono nella architettura urbanistica di alcuni centri storici, nei dialetti locali e in alcuni vocaboli arcaici (es.: Rabatana zona arroccata dell abitato; cibbja vasca di raccolta dell acqua per irrigare l orto; za ferano : aromatizzante e colorante in origine giallo perché a base di zafferano, attualmente rosso e ottenuto dai peperoni, ecc.) che testimoniano del carattere stanziale delle comunità arabe e loro della progressiva integrazione con le popolazioni locali. Di grande interesse antropologico ed etnobotanico risulta pertanto il recupero delle conoscenze relative alle piante officinali di quel periodo ancora presenti nell uso comune e tradizionale. Dati e metodi Il Progetto degli Orti Saraceni di Tricarico è stato il motivo per iniziare una 99

129130 Basilicata Regione Notizie ricerca etnobotanica attraverso i luoghi degli insediamenti arabi della Basilicata con lo scopo di individuare tra le piante di uso attuale o del passato recente, quelle specie officinali utilizzate nel periodo della presenza araba (IX X secolo) ed arabonormanna (XI XII secolo) in Basilicata. Attraverso l indagine bibliografica sono state individuate tra le archeofite presenti sul territorio lucano (Fascetti, 2010), le piante utilizzate nel periodo storico indagato, sia di uso comune alle popolazioni autoctone ed agli arabi, sia introdotte da questi ultimi. Sono inoltre state acquisite informazioni relative alle piante ancora utilizzate o il cui uso non è stato dimenticato, direttamente da persone che le coltivano o le raccolgono nella flora spontanea. Le informazioni raccolte sono state confrontate con quelle presenti nei numerosi contributi di etnobotanica degli ultimi anni relativi alla flora officinale della Basilicata. Il lavoro, ben lontano dall essere completo, rappresenta un primo stadio di conoscenze alle quali attingere per arricchire con contenuti storici e didattici la realizzazione degli spazi verdi polifunzionali degli Orti Saraceni di Tricarico. Le piante individuate sono state divise in varie categorie tenendo conto di caratteristiche relative agli usi attuali e dell epoca, all origine, al periodo di introduzione in territorio lucano ed alla loro eventuale naturalizzazione (elesti Grapow et al., 2009; Fascetti, 2010). Per la determinazione e l origine geografica delle specie si è consultata la Flora d Italia (Pignatti, 1982). La nomenclatura segue la checklist della Flora d Italia (onti et al., 2005). Risultati Sopra: Arctium lappa, bardana In alto: Hypericum perforatum iperico, erba di S. Giovanni Nella pagina seguente: Thymus longicaulis Sono state finora raccolte informazioni relative a 63 piante in uso come (20), foraggio (3), medicinali (11), tinture (9), aromatiche (17), fibre tessili (3). Si tratta per la maggior parte di piante coltivate (90%), orticole e fruttiferi, destinate all alimentazione quotidiana o per aromatizzare e conservare i cibi, ancora oggi utilizzate con frequenza ed uso variabile e coltivate quasi esclusivamente per autoconsumo. Alle piante di nuova introduzione nel periodo della presenza araba (Tabella 1), si aggiungono alcune specie officinali dell antichità classica che, cadute in disuso durante l alto medioevo per l estrema marginalità socioeconomica delle aree interne dell Italia meridionale, ma in uso all epoca presso gli Arabi, tornano ad essere utilizzate intorno all anno mille. Tra queste, ci sono specie di origine tropicale, alcune delle quali già conosciute presso gli antichi romani, ma raramente coltivate, che entrano, con l utilizzo delle nuove tecniche di coltivazione orticola, a far parte stabilmente del patrimonio agroalimentare dell Italia meridionale (carciofi, meloni, angurie, limoni, ecc.). Oltre alla coltivazione di piante di origine autoctona o recuperate dall abbandono dei secoli precedenti, in questo periodo si diffondono specie nuove per l occidente, per esempio agrumi e riso, provenienti da varie regioni dell Asia centroorientale con cui gli Arabi avevano rapporti commerciali. Le specie della flora spontanea, autoctone o naturalizzate, sono risultate circa un terzo (19%), ma probabilmente all epoca alcune di largo uso quali l erba porcellana (Portulaca oleracea) o la cicoria selvatica (ichorium intybus), erano anche diffusamente coltivate (Tabella 2). 100

Basilicata ultura Tabella 1. Piante officinali introdotte dagli Arabi in Basilicata (IXXIII sec.) SPEIE NOME VOLGARE ORIGINE USO (*) (**) itrullus lanatus L. anguria Africa itrus aurantifolia (hristm) Swingle limetta SEAsiat aroma/medicinale itrus aurantium L. melangolo SEAsiat aroma/medicinale itrus grandis (L.) Osbeck pummelo ina aroma/medicinale Jasminum officinale L. gelsomino EAsiat aroma Medicago sativa L. erba medica SWAsiat alimen./forag./medic. Morus nigra L. gelso nero, SWAsiat /foraggio Nigella damascena L. cumino nero. SEuropWAsiat aroma S + Nigella sativa L. nigella SEuropWAsiat aroma Oryza sativa L. riso SEAsiat /medicinale Pistacia vera L. pistacchio WAsiat, NAfrica Portulaca oleracea L. porcacchia, porcellana, p rchiaqql SWAsiat Prunus armeniaca L. albicocco, prn kokk EAsiat Prunus persica L. pesco ina Rhus coriaria L. sommacco SEuropWAsiat tintura/aroma/medic. Sesamum indicum L. sesamo SWAsiat aroma Solanum melongena L. melanzana SWAsiat Spinacia oleracea L. spinacio SWAsiat Trigonella foenumgraecum L. fieno greco SWAsiat alimen./forag./medic. (*): piante all epoca coltivate: ; spontanee: S; importate da altri territori (). (**): uso e frequenza attuali: frequenti (), sporadiche (), rare (+), uso scomparso (). 101

129130 Basilicata Regione Notizie Le specie di nuova introduzione Sopra: Sonchus oleraceus L. juncë, cicerbia In alto a sinistra: ichorium intybus, cicoria In alto a destra: Amarantus retroflexus L. vrittë Sotto a destra: Sonchus oleraceus L. juncë, cicerbia Nella pagina seguente: Borago officinalis, boraggine In questa preliminare ricognizione sono state individuate una ventina di piante arrivate in Basilicata tra il IX ed il XII secolo. Si tratta per la maggior parte di piante ancora tradizionalmente utilizzate per diversi scopi (Tabella 1). Solo il pistacchio (Pistacia vera), ed il riso (Oryza sativa) pur utilizzati, non risulta che siano mai stati coltivati né sono entrati a far parte del patrimonio agroalimentare tradizionale. Ancora oggi nelle aree rurali o presso le persone anziane, il riso come nel medioevo, viene considerato un medicinale per i disturbi gastrointestinali e pertanto consumato raramente. L uso del sesamo (Sesamum indicum), probabilmente coltivato nell area bradanica durante il medioevo (Mercuri et al., 2010), risulta completamente scomparso. Tra quelle destinate all alimentazione quotidiana ed ancora comunemente coltivate ci sono alcune orticole quali spinaci (Spinacia oleracea) e melanzane (Solanum melongena), fruttiferi come l albicocco (Prunus armeniaca) ed il gelso nero (Morus nigra) introdotto per l allevamento del baco da seta. Altre, come l erba medica (Medicago sativa) ed il fieno greco (Trigonella foenumgraecum), importate come alimentari e medicinali, ancora diffusamente coltivate e spesso naturalizzate, sono attualmente utilizzate solo come foraggio. Introdotte per gli usi medicinali e aromatici furono anche gli agrumi (Ramon Laca, 2003). Tra questi sono ancora presenti in territorio lucano nelle aree a clima favorevole, il melangolo (itrus aurantium), l arancio amaro o selvatico abbastanza diffuso ed utilizzato come portainnesto e pianta ornamentale, ed il limone (itrus lemon) recuperato dall antichità classica proprio nel periodo arabonormanno (Lev, 2002). La limetta (itrus aurantifolia) ed il pummelo 102

Basilicata ultura Tabella 2. Piante officinali della flora spontanea utilizzate dagli Arabi in Basilicata (IXXIII sec.). SPEIE NOME VOLGARE ORIGINE USO (*) (**) Allium ampeloprasum L. aglio selvatico, porro MeditSWAsiat aroma/medicinale Beta vulgaris L. ssp. vulgaris bieta MeditSWAsiat Borago officinalis L. borraggine SEuropEMedit /medicinale apparis sativa L. cappero Medit aroma eratonia siliqua L. carrubo Stenomedit + ichorium intybus L. cicoria osmopol /medicinale Isatis tinctoria L. guado Paleotemp tintura Myrtus communis L. mirto Medit aroma/medic./tintura + Nigella damascena L. cumino nero SEuropWAsiat aroma + Papaver rhoeas L. papavero, rosolaccio Emedit /medicinale Portulaca oleracea L. porcacchia, porcellana, p rchiaqql SWAsiat Rubia peregrina L. robbia, roggia Stenomedit tintura (*): piante spontanee all epoca anche coltivate: ; utilizzate allo stato spontaneo (). (**): uso e frequenza attuali: frequenti (), sporadiche (), rare (+), uso scomparso (). 103

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Basilicata ultura (itrus grandis) sono invece da tempo caduti in disuso. Il tradizionale uso di aromatizzare pane, dolci e pietanze con semi profumati di finocchio, papavero e coriandolo si arricchì all epoca di nuove fragranze orientali quali sesamo, sommacco (Rhus coriaria) e cumino nero (Nigella damascena, N. sativa). L uso di quest ultima pianta risulta documentato a Pietrapertosa, nelle Dolomiti Lucane, fino agli anni 90 (aneva et al., 1997). Le specie recuperate dall antichità classica Si tratta di piante officinali conosciute ed utilizzate dai greci e dagli antichi romani, patrimonio culturale delle civiltà medio orientali e circummediterranee che, cadute in disuso durante i secoli oscuri seguiti alle invasioni barbariche, vennero riscoperte nell Italia meridionale nel periodo arabonormanno. Finora ne sono state individuate circa 15 in prevalenza originarie dell Asia Minore, tra cui piante di uso alimentare, medicinale, aromatiche, tinture e fibre tessili. Molte specie alimentari tornarono ad essere coltivate negli orti per uso familiare come le bietole (Beta vulgaris e Atrilex hortensis), il melone (ocumis melo), il carciofo (ynara scolymus), il cumino (arum carvi) o nelle vicinanze di corsi d acqua e mulini, come nel caso delle tessili (es.: canapa, lino e cotone) e delle tinture (es.: roggia, guado e cartamo). Alcune sfuggite a coltura, si sono spontaneizzate (es.: guado), mentre altre particolarmente preziose, rare e di difficile coltivazione per le condizioni ambientali del territorio lucano sono state abbandonate come il cartamo (arthamus tinctorium), il cotone (Gossypium sp.) e lo zafferano (rocus sativus), sostituito quest ultimo nel XVIXVII sec. dalla polvere di peperone alla quale ha ceduto il nome nel dialetto locale (za farano). Le piante ancora in uso Sopra: Alkanna tinctoria, orcanetto, arganetta Nella pagina precedente In alto da sinistra a destra: Fravëlë, fragole Sambucus nigra, maiü Al centro: orylus avellana, nocciola, nucidda In basso da sinistra a destra: Rubus idaeus, lampone Rubus ulmifolius, more, sirivarë Morus nigra L., gelso nero Delle specie individuate circa 2\3 sono ancora in uso con modalità e frequenza molto diverse. Le più numerose e largamente utilizzate sono piante alimentari di cui si utilizzano il frutto ed i semi eduli coltivate per autoconsumo (legumi vari, angurie, meloni, carciofi, spinaci) e commercializzate (fico, albicocco, pesco, melanzana). Antiche coltivazioni di gelso nero (Morus nigra) in filari e con esemplari isolati s incontrano ancora spesso nelle aree rurali dove la produzione della seta è stata dismessa da pochi decenni. Più sporadica è la presenza dell albero delle giuggiole (Zizyphus jujuba) utilizzate ancora nella farmacopea tradizionale in diverse aree della regione (Pieroni et al., 2004). Tra le aromatiche alcune sono ormai molto rarefatte come il coriandolo (oriandrum sativum) il cui uso persiste nelle comunità rurali dell alta Val d Agri. Tra le piante della flora spontanea sono rimaste in uso soprattutto le alimurgiche e le fitoterapiche (es.: bieta selvatica, porcellana, papavero, borraggine, cicoria selvatica) (aneva et al., 1997; Pieroni et al., 2004). La coltivazione delle piante tessili per autoconsumo, lino (Linum usitatissimus) e canapa (annabis sativa) insieme alle tinture vegetali come cartamo (arthamus tinctorium), roggia (Rubia tinctorum, R. peregrina), sommacco (Rhus coriaria) e guado (Isatis tinctoria) localmente molto diffusa fino alla prima metà del XX sec., è completamente scomparsa per motivi di convenienza economica, ma ne rimane ancora vivo il ricordo nelle persone anziane. A testimonianza della larga 105

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Basilicata ultura diffusione e dell uso fino a tempi relativamente recenti, sommacco e guado, ormai naturalizzate ed perfino invasive (elestigrapow et al., 2009; Fascetti, 2010), sono entrate a far parte della flora spontanea lucana (Gavioli, 1947; Pignatti, 1982; onti et al., 2005). onclusioni A distanza di quasi mille anni, le tracce della presenza araba nelle aree interne della Basilicata sembrano essere rimaste, non solo nella struttura urbanistica e nella toponomastica di antichi centri storici, ma anche e forse inaspettatamente nell uso fortemente radicato di piante la cui comparsa nel territorio lucano è riconducibile al periodo arabonormanno. Purtroppo anche in questo caso le conoscenze tradizionali sono in rapido declino ed il rischio di perdita di informazioni è particolarmente elevato per la flora officinale minore, rappresentata dalle piante spontanee. Il progetto degli Orti Saraceni di Tricarico trova nella possibilità di integrazione di conoscenze diverse in interventi multidisciplinari un concreto strumento di successo nella sua realizzazione. Inoltre, questa breve ricognizione sulle piante officinali utilizzate nel periodo della permanenza delle popolazioni arabe in Basilicata, potrebbe sostenere la valorizzazione di coltivazioni di nicchia e di filiere di trasformazione di prodotti locali, rendendo di estremo interesse l approfondimento delle conoscenze relative a questo lontano periodo della storia lucana e consentendo a questo particolare patrimonio di conoscenze di non scomparire definitivamente. BIBLIOGRAFIA Sopra e nella pagina precedente, a sinistra: Spartium junceum, sparto, ginestra Nella pagina precedente, a destra: Linim usitatissimum, lino Barbera G., 2007. Agricoltura e Paesaggio nella Sicilia arabo normanna. Sun and Wind Life Project. aneva G., Pontrandolfi M.A., Fascetti S., 1997. Le piante alimentari spontanee della Basilicata. onsiglio Regione Basilicata eds., Potenza: 303. elestigrapow L., Alessandrini A., Arrigoni P. V., Banfi E., Bernardo L., Bovio M., Brundu G., agiotti M. R., amarda I., arli E., onti F., Fascetti S., Galasso G., Gubellini L., La Valva V., Lucchese F., Marchiori S., Mazzola P., Peccenini S., Poldini L., Pretto F., Prosser F., Siniscalco., Villani M.., Viegi L., Wilhalm T. Blasi., (2009) The inventory of the nonnative flora of Italy. Plant Biosystems, vol. 143, 2: 386430. onti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi., 2005. An Annotated hecklist of the Italian Vascular Flora. Palombi Editori, Roma. Del Duca T., 2005. Origine, vita e distruzione della colonia saracena di Lucera. Meridiano 16. Fascetti S., 2010. Flora vascolare alloctona della Basilicata. in Flora vascolare e alloctona e invasiva delle regioni d Italia. elesti Grapow L., Pretto F., arli E., Blasi. (eds.). Ed. Università La Sapienza. Roma: 131136. Lev E., 2002. Reconstructed materia medica of the Medieval and Ottoman alsham. Journal of Ethnopharmacology 80 (2002) 167179. Mercuri A. M., Florenzano A., Massamba N siala I., Olmi L., Roubis D., Sogliani F., 2010. Pollen from archaeological layers and cultural landscape reconstruction: ase studies from the Bradano valley (Basilicata, southern Italy), Plant Biosystems, 144 (4), 888901. Pignatti S., 1982. Flora d Italia, 1, 2, 3. Ed. Edagricole, Bologna. Pieroni A., Quavec. L., Santoro R. F., 2004. Folk pharmaceutical knowledge in the territory of the Dolomiti Lucane, inland southern Italy. Journal of Ethnopharmacology, 95: 373384. RamonLaca L., 2003. The introduction of cultivated itrus to Europe via Northern Africa and the Iberian Peninsula. Economic Botany 57 (4): 502514. Skinner P., 1997. Health and medicine in early medieval in southern Italy. Koninklijke Brill Leiden, Nederland: p. 181. 107