Istituzioni e territorio: la Camera di Commercio di Treviso per lo sviluppo dell economia locale



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Transcript:

Istituzioni e territorio: la Camera di Commercio di Treviso per lo sviluppo dell economia locale (Anni 1995-2005) A cura: Centro Interdipartimentale su Cultura ed Economia della Globalizzazione Università Ca Foscari di Venezia

Alla stesura del seguente rapporto hanno partecipato: Responsabile Scientifico prof. Ferruccio Bresolin Gruppo di lavoro: dott. Quirino Biscaro dott. Alessandro Minello dott. Renato Chahinian Un particolare ringraziamento al dott. Renato Chahinian, già Segretario Generale della CCIAA di Treviso, sia per il prezioso apporto di informazioni che per il concreto supporto di valutazioni critiche. È consentito l utilizzo, anche parziale, del contenuto purché venga fatto riferimento alla fonte Immagine di copertina a cura di: Ufficio Relazioni con il Pubblico, Stampa e Comunicazione Stampa: Grafiche Vianello - Treviso 2

Prefazione del Presidente della Camera di Commercio di Treviso 5 CAPITOLO 1 Il contesto ed i riferimenti dell azione camerale 7 1.1. Premesse 9 1.2. Il contesto 12 1.3. Gli obiettivi dell azione camerale 16 1.4. Le trasformazioni in atto ed il ruolo dei servizi 18 1.5. L azione della cciaa e i riferimenti alla programmazione regionale e provinciale 21 1.6. L azione per fattori della produzione 24 CAPITOLO 2 Il processo decisionale degli interventi camerali e le sue motivazioni 31 2.1. Premesse 33 2.2. Metodo di lavoro 33 2.3. I vincoli cha hanno fatto da sfondo agli interventi camerali 35 Agricoltura 37 Industria 40 Servizi 43 Turismo 47 2.4. Formazione al lavoro e all imprenditorialità 50 2.5. Tecnologia e innovazione 57 2.6. Accesso al mercato 62 2.7. Gestione finanziaria dell impresa 65 CAPITOLO 3 L impatto quantitativo degli interventi camerali sul processo di sviluppo locale 69 3.1. Premesse 70 3.2. Il ruolo del capitale umano nella teoria della crescita 71 Il modello di Nelson e Phelps (1966) 72 Il modello di Romer (1986) 72 Il modello di Lucas (1988) 73 3

Il modello di Mankiw-Romer-Weil (1992) 74 Una sintesi 74 3.3. L impatto dell investimento in formazione effettuato dalla cciaa: un tentativo di stima 75 La specificazione quantitativa delle variabili 79 3.5. La stima 80 3.6. Il modello di stima per l impatto sulla produttività totale dei fattori 82 La stima 84 CAPITOLO 4 Una valutazione quali-quantitativa di sintesi dell intervento camerale 87 4.1. Premesse 88 4.2. L impatto generale dell intervento camerale 88 4.3. L impatto degli interventi formativi 91 4.4. L impatto della tecnologia e dell innovazione 93 4.5. L impatto dell accesso al mercato 98 4.6. L impatto degli interventi per la gestione finanziaria d impresa 102 4.7. Valutazioni conclusive per una stima dell impatto totale 107 CAPITOLO 5 Osservazioni conclusive 111 Bibliografia 114 Le altre pubblicazioni della collana Profili Economici 117 4

PREFAZIONE Viviamo in tempi in cui è sempre più opportuno che un ente autonomo di diritto pubblico, come la Camera di Commercio, si doti di strumenti di monitoraggio e valutazione finalizzati ad una più approfondita valutazione dell efficacia del proprio operato. Per la Camera di Commercio la valutazione d impatto concerne gli effetti economici della propria attività, con particolare riferimento agli interventi diretti per lo sviluppo territoriale e del sistema delle imprese. Questo lavoro, quindi, nato da una stretta collaborazione tra Camera di Commercio di Treviso ed Università Ca Foscari di Venezia, si propone di esplorare le metodologie più consone per una valutazione d impatto dell azione camerale. I principali interventi volti al raggiungimento degli obiettivi strategici della Camera sono analizzati sia sotto l aspetto qualitativo che quantitativo soprattutto in tema di formazione al lavoro ed all imprenditorialità, di innovazione, di accesso e permanenza nel mercato e di gestione finanziaria dell impresa. Sono questi i fattori che il consiglio della Camera di Commercio di Treviso ha individuato come gli assi portanti del programma pluriennale di interventi. L applicazione di tali metodologie di analisi ha una valenza sperimentale perchè pochi sono gli enti pubblici che intraprendono questa verifica e persino l Unione Europea utilizza sistemi diagnostici avanzati solo per i progetti economicamente e socialmente più rilevanti. Cerchiamo, come sempre, di essere pionieri, in coerenza con l approccio al miglioramento continuo e alla qualità totale che da tempo l Ente camerale 5

trevigiano sta perseguendo e che di recente ha ottenuto il riconoscimento europeo EFQM (Recognized for excellence) e del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l Innovazione. Una maggiore consapevolezza e trasparenza sui risultati del nostro operato permette una più mirata programmazione per il futuro a sostegno delle nuove esigenze della comunità economica ed a beneficio dell intera comunità civile. IL PRESIDENTE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI TREVISO Federico Tessari 6

CAPITOLO 1 IL CONTESTO ED I RIFERIMENTI DELL AZIONE CAMERALE 7

8

1.1. PREMESSE La Camera di Commercio di Treviso, come tutti gli enti del sistema camerale, persegue per legge il fine di promozione dello sviluppo del sistema delle imprese nell ambito dell economia locale. Ciò comporta per l ente l individuazione di una vision e di una mission orientate allo sviluppo del sistema produttivo e, più in generale, allo sviluppo economico locale. Quindi, sotto l aspetto strategico, lo sforzo maggiore è rivolto alla ricerca dei migliori interventi di promozione dell economia provinciale per massimizzarne lo sviluppo. In tale ottica, la CCIAA ha finanziato il presente studio, al fine di una valutazione della propria politica di sviluppo. Se, infatti, può essere relativamente semplice supporre che ogni iniziativa promozionale, sia commerciale che economica, in favore delle imprese possa accrescere in qualche modo e misura il loro sviluppo e conseguentemente quello macroeconomico più generale, ben più difficile e complessa risulta la valutazione di tale azione. Infatti, generalmente non si è in grado di affermare se l iniziativa progettata sia obiettivamente valida, se possa essere migliorata sotto l aspetto dell efficienza e dell efficacia per il sistema, o se sia più conveniente sostituirla con altre alternative. Poiché la gamma di scelta degli interventi è amplissima (e notevolmente diversificata ed articolata), discende il fatto che praticamente ogni ente con scopi promozionali seleziona le proprie iniziative nell ambito delle richieste che più frequentemente od assiduamente pervengono dal mondo produttivo, compatibilmente con i vincoli normativi e di bilancio e secondo la propria visione dello sviluppo. Con la programmazione e la realizzazione degli interventi prescelti, si cercano poi le motivazioni economiche e si tende ai risultati migliori. In assenza, però, di una valutazione di impatto, ogni risultato e giudizio viene espresso con criteri marcatamente soggettivi, per cui nell ente attuatore e nei suoi sostenitori prevale l autoreferenzialità, mentre per gli oppositori si fa strada comunque la critica, anche in presenza di sensibili effetti benefici. Tenendo conto di questi problemi, la Camera di Commercio di Treviso da tempo cerca di adottare sistemi di programmazione e di selezione degli interventi, soprattutto per quelli attuati direttamente (senza 9

l intervento di terzi), secondo i migliori criteri di coerenza e di scelta consapevole, facendo riferimento a vari studi sullo sviluppo economico locale maturati nel corso degli anni. Si è pure sentita progressivamente l esigenza di compiere valutazioni ex-ante ed ex-post sulla base del reale impatto sull economia da parte dell azione camerale. D altra parte, per il suo specifico campo di intervento, la politica camerale è una tipica politica dell offerta, i cui risultati vanno ad impattare direttamente sulla produttività e competitività del sistema produttivo, differentemente da quanto avverrebbe con le politiche della domanda (non di competenza camerale), che potrebbero sortire anche effetti indesiderati sull inflazione e sulla disoccupazione. Proprio per venire incontro all esigenza camerale ora accennata, l obiettivo di questa ricerca è di approfondire, nonostante le obiettive difficoltà di valutazione e di stima, gli effetti d impatto dei principali interventi camerali nel contesto economico locale ai fini dello sviluppo. Per far ciò, si sono scelte le iniziative, effettuate nel quinquennio 2001/2005 (che corrisponde orientativamente al periodo del precedente mandato degli Organi deliberativi dell ente), più significative per la crescita economica e si sono classificate in base ai fattori di sviluppo che le stesse possono aver attivato. Quindi si è passati ad esaminare sinteticamente lo scenario di fondo dell economia provinciale in cui si sono inseriti i predetti interventi. Conseguentemente, sono stati approfonditi gli aspetti cruciali dell analisi, ossia: la valutazione qualitativa degli interventi sui fattori di sviluppo; l impatto quantitativo degli stessi interventi sul processo di sviluppo locale. Data la notevole difficoltà teorico-pratica di quantificare l impatto, la valutazione è stata limitata all analisi degli effetti degli interventi di formazione al lavoro e all imprenditorialità. Ma, considerata la notevole componente formativa presente anche nella realizzazione delle altre tipologie di iniziativa, molti aspetti della valutazione effettuata possono essere estesi a tutte le tipologie. Rimane il fatto che questa ricerca contiene un forte contenuto innovativo volto a risolvere un diffuso, ma trascurato, problema di valutazione degli 10

interventi pubblici nell economia locale, problema comune a tutte le istituzioni locali del nostro Paese (e quindi a tutte le collettività territoriali), che percepiscono sempre più l esigenza di valutare, sia a preventivo che a consuntivo, il proprio operato ed il grado di raggiungimento del proprio fine di sviluppo. Anche la teoria economica, d altro canto, pone sempre più attenzione alle economie locali, i cui risultati di sviluppo dipendono molto dall efficacia dell azione pubblica sul territorio. Questo studio, pertanto, apre la strada ad ulteriori approfondimenti sulla materia e perciò si dà atto alla Camera di Commercio di aver percepito in anticipo una simile esigenza, che ancora rimane inespressa da parte del nostro sistema generale. Le aree ad imprenditorialità diffusa, come la provincia di Treviso, diventano una sorta di benchmark dello sviluppo soprattutto grazie a favorevoli condizioni ambientali di vario tipo e spessore, non ultime le reti di fiducia favorite dall operare delle istituzioni locali. È opinione di molti che l evoluzione che ha interessato la provincia non ne abbia intaccato l identità culturale, ovvero uno dei fattori che hanno sospinto lo sviluppo dell area e che hanno ammortizzato gli aspetti critici che ogni modello di sviluppo porta con sé. La crescita della ricchezza, che fa assumere al concetto stesso di sviluppo contenuti non esclusivamente economici, è stata ed è a sua volta favorita da un capitale sociale che, intervenendo ogni qualvolta si presentano i cosiddetti fallimenti del mercato, consente la continua circolarità tra cultura e scambi economici, e tra gli scambi economici stessi. Sono questi, in estrema sintesi, i caratteri che hanno prodotto lo sviluppo trevigiano caratterizzato da un accentuata natalità d impresa ed estremo grado di apertura verso l esterno. Il capitale sociale e le istituzioni sono fattori della produzione fondamentali per la Marca, ed in esso spicca il coinvolgimento della CCIAA, che da molti anni non punta su interventi di ottica puramente regolamentare, che possono ingoffire l economia locale, a favore invece di progetti di riqualificazione dei punti di forza locale, dei suoi fondamentali fattori della produzione: terra, capitale, lavoro e imprenditore. Si tratta di una filosofia di intervento indispensabile per i nuovi bisogni dell evoluzione 11

produttiva, nella consapevolezza che per aumentare l efficienza dei sistemi d impresa è necessario dare spazio alle politiche produttive che rispettino le specificità degli ambiti locali, rigettando gli interventi a pioggia che di per sé non possono soddisfare tutte le istanze del territorio. In questo la CCIAA si pone in posizione privilegiata, giacché una qualsivoglia politica di sostegno per la PMI deve venire elaborata da chi per natura e per Statuto tiene in debita considerazione le specificità territoriali. La CCIAA è anche per la natura della sua governance, uno dei soggetti maggiormente in grado di individuare le opportunità, i punti di forza e di debolezza, nonché le interrelazioni di un sistema produttivo il cui destino appare sempre più vincolato a quello del territorio in cui opera 1. È quindi diffusa la consapevolezza che i decisori pubblici locali avranno un ruolo sempre più importante per lo sviluppo economico del proprio territorio, anche per il crescente decentramento di funzioni che le spinte federaliste comportano. In questo contesto è evidentemente vincente il desiderio dell amministrazione camerale di attivare tutte le risorse disponibili, umane, finanziarie, ambientali ed istituzionali, al fine di rafforzare il sistema economico locale e favorirne un rilancio alla luce delle sfide poste dai nuovi scenari; è infatti cresciuto il ruolo che può svolgere nell indirizzare, sul piano quantitativo e qualitativo, lo sviluppo economico del territorio ed il benessere della comunità che ci vive e lavora. 1.2. Il contesto Il processo di globalizzazione va progressivamente accelerandosi anche nell attuale congiuntura sfavorevole ponendo in luce al tempo stesso problemi di competitività e di organizzazione dei processi produttivi, oltre che temi sociali legati alla distribuzione del reddito e del benessere. La congiuntura negativa di questi anni, unitamente a fattori internazionali di grande rilievo, pone seri problemi al Veneto ed alla provincia di Treviso per quanto riguarda la competitività e capacità di sostenere i ritmi di sviluppo che ne avevano fatto in passato un caso di 12

studio. L elevato prezzo del petrolio che porta con sé pericolosi focolai di inflazione importata, unitamente ad una caduta generalizzata della domanda di consumi e di investimenti nell economia occidentale, aggravato da una crisi finanziaria, ha causato una crisi depressiva dalla quale ci si potrà risollevare solo con forti iniezioni di fiducia e di efficienza. In questa sfavorevole congiuntura le pur buone performance della provincia vengono compromesse sia dalla rivalutazione dell euro, sia dalla minor domanda internazionale di beni di consumo di qualità e di beni di investimento connessi con la caduta della domanda globale. Infatti il doppio deficit americano della bilancia dei pagamenti e del bilancio federale, unitamente ad un basso livello dei tassi di interesse americani, ha portato ad una cospicua svalutazione del dollaro nei confronti dell euro ponendo così in difficoltà le nostre esportazioni. Per altro verso l emergere prepotente sui mercati internazionali di Paesi come la Cina e l India con tassi di crescita superiori al 9%, esercita una pressione enorme sui prezzi delle materie prime e dell energia, che sta rendendo difficile la ripresa nei Paesi occidentali, al di là della competizione che questi Paesi esercitano nelle produzioni a bassa tecnologia attraverso i loro ridotti costi del lavoro e in virtù della scarsa tutela accordata alla proprietà intellettuale e ai marchi e brevetti dei competitori occidentali. In questo quadro di congiuntura sfavorevole, la ripresa della economia europea sarà anche condizionata della presenza di competitor interni dovuti all allargamento dell Unione a dieci Paesi caratterizzati da relativamente bassi costi della manodopera, da elevati livelli di istruzione e dalla presenza di istituzioni favorevoli alla sviluppo di attività produttive labour intensive, riproponendo così una redistribuzione del processo di sviluppo anche all interno della compagine europea. Queste considerazioni ripropongono in modo forte alcune riflessioni che già si sono avviate nella nostra Regione circa la riqualificazione del modello di sviluppo con una attenzione particolare non solo ai temi della competitività ma anche a quelli della sostenibilità economica, sociale ed ambientale di un processo di crescita che sta manifestando elementi di discontinuità. Treviso continua la sua crescita con ritmi superiori a quelli Italiani ma sta evidenziando preoccupanti fattori di discontinuità rispetto a un modello 13

di crescita economico e di benessere che lo aveva portato alla ribalta dell attenzione nazionale ed internazionale. La crescita che aveva le caratteristiche di crescita endogena ed autocentrata sta evidenziando elementi di esogenità e di esaurimento della spinta autopropulsiva. La stessa interpretazione evoluzionistica, tra l altro troppo spesso smentita della storia economica e che vedeva nello sviluppo di quest area la capacità di rigenerarsi continuamente, non regge più, nel senso che il progressivo esaurirsi di alcune risorse chiave impone di operare un salto di qualità. I fattori che hanno consentito lo sviluppo erano essenzialmente, come del resto in tutti i processi di avanzamento sociale e produttivo, fattori di carattere culturale ed istituzionale. Un ambiente culturale in cui era presente la voglia di fare, di apprendere facendo, il senso di responsabilità e di imprenditorialità (anche di sè), unitamente ad un forte senso di identità e di appartenenza, hanno prodotto imprenditorialità diffusa, capacità di collaborazione ma anche di competizione in contesti economici che andavano globalizzandosi. Per altro verso i contesti istituzionali locali, si dimostravano interpreti di queste vocazioni sorreggendoli con politiche ed interventi atti a favorire lo sviluppo, nel mentre sul piano delle istituzioni informali le reti di fiducia diffuse sul territorio consentivano il contenimento dei crescenti costi di transazione. La versatilità e la flessibilità tipiche della nostra economia hanno costituito un punto di forza nel processo di integrazione europea e in quello di globalizzazione, punto di forza che può ricondursi senza dubbio a quei fattori di ambiente culturale sopra richiamati. Tutto ciò è potuto avvenire dapprima utilizzando le risorse che provenivano da settori con eccesso di offerta di manodopera, come l agricoltura, poi con una crescente domanda di lavoratori stranieri. La continua riallocazione di manodopera da settori a più bassa produttività verso quelli a maggior capacità competitiva, di per sé fatto fisiologico, è avvenuto a seguito di una specializzazione produttiva che ha visto esaltare le produzioni manifatturiere con forme organizzative decentrate che hanno creato il sistema diffuso di piccole iniziative. Ma anche la cultura del lavoro, del fare, la cultura di impresa, 14

raggiunge dei limiti, ovvero dei fattori di discontinuità quando le risorse umane, territoriali e infrastrutturali tendono ad esaurirsi, compromettendo così le capacità di promuovere lo sviluppo su basi qualitative nuove e soprattutto in termini di qualità della vita. Paradossalmente l esaltazione di alcuni valori (come appunto quello del produrre) tende a riproporre un modello di crescita oggi difficilmente sostenibile in termini sociali e ambientali deformando il concetto stesso di benessere della collettività. Benessere che, concepito prevalentemente in chiave reddituale e di lavoro, trascura altri elementi, quelli culturali ad esempio, che sono la premessa per l avvio di una riqualificazione dello sviluppo. Il raggiungimento della piena occupazione unita ad una struttura produttiva che richiede soprattutto lavoro a scarsa qualificazione, contribuisce infatti ad abbassare il livello di scolarizzazione e di formazione e quindi le premesse per una evoluzione del sistema. Il processo di produzione esige infatti la disponibilità di una gamma diversificata di fattori materiali ed immateriali. Accanto agli input tradizionali, capitale, lavoro e progresso tecnico, ci sono componenti umane come il learning by doing e la conoscenza, ovvero input di lavoro corredati da investimenti in istruzione ed addestramento. Non solo, ma rischia di impoverirsi anche quel complesso di circostanze residuali, spesso trascurate nella letteratura, che vanno sotto il nome di capitale sociale e che comprendono conoscenze diffuse, valori condivisi, capacità di coordinamento, fiducia e rispetto delle regole che solitamente animano un organizzazione a sistema e che sono in grado di formare istituzioni atte a governare la crescita e la competizione. Emerge sempre più accanto alla necessità di un rilancio della competitività anche l esigenza di una nuova forma di integrazione e coesione sociale non basata solo sulla capacità di reddito attuale, ma su una riqualificazione di quello che abbiamo definito capitale sociale, premessa indispensabile per un rilancio della crescita accompagnata da un miglioramento della qualità della vita e del benessere. 15

1.3. Gli obiettivi dell azione camerale Treviso, per conseguire i propri obiettivi di riprendere un percorso virtuoso di crescita economica e di benessere sostenibile, deve compiere un salto di qualità atto a superare le numerose strozzature e rimuovere i nodi strutturali che di fatto si rivelano pericolosi fattori di discontinuità. Questi nodi strutturali riguardano molti aspetti dell economia, del territorio e della società. La presenza di una forte interdipendenza tra ambiente esterno, inteso come insieme formato dal quadro giuridico, istituzionale, economico sociale e politico, e l innovazione, rende necessario esaminare i fattori che spingono al cambiamento e quelli che lo ostacolano. L interdipendenza dei mercati dei prodotti, dei servizi, dei capitali e dei fattori di produzione in genere, pone in concorrenza non solo le imprese ma anche le istituzioni politiche ed amministrative, i sistemi educativi e di relazione sociale, gli ordinamenti giuridici e i regolamenti che governano i mercati, i contratti e le attività di impresa. Di fatto questi fattori di contesto diventano un elemento essenziale del vantaggio competitivo di un paese e di una regione aperta come la provincia di Treviso. Il ritardo italiano e veneto nell affrontare alcune rigidità strutturali nel mercato del lavoro e nel sistema formativo, nel compiere la necessaria progettazione e realizzazione di nuove opere nel contesto infrastrutturale stradale, autostradale e ferroviario, così come in quello della difesa ambientale e nel settore delle utilities costituiscono altrettanti punti nodali nella competitività di sistema. Così come, a scala microeconomica, gli alti costi dell energia e le complessità burocratiche frenano la competitività delle imprese. La competizione sui mercati globalizzati non si esplica infatti solo nella capacità di esportare o di saper ridurre i costi delocalizzando, ma anche nel saper attrarre capitali ed investimenti dall estero, capacità di attrazione oggi gravemente compromessa dalla carenza di infrastrutture sul territorio e dagli altri fattori di rigidità. La forte accelerazione impressa dal progresso tecnologico in questi anni impone all economia una sorta di transizione verso nuovi paradigmi di sviluppo. Ciò che si vuole qui affermare è che la nostra provincia sembra aver 16

esaurito la propria spinta ad una crescita estensiva e che perciò deve affrontare una difficile transizione verso uno sviluppo intensivo nell uso delle risorse. In altri termini, è giunto il momento di ripensare al proprio modello di sviluppo, sia per affrontare su basi nuove la competitività internazionale, sia per non incorrere nei rischi che il proseguire lungo un sentiero di sviluppo estensivo potrebbe comportare. Certo, siamo consapevoli che il nostro sistema produttivo è all avanguardia in molti settori sia per qualità delle innovazioni introdotte sia per capacità lavorative ed imprenditoriali, tuttavia alcuni segnali ci fanno dubitare non tanto e non solo della persistenza delle capacità competitive, quanto soprattutto della sostenibilità sociale, ambientale e territoriale del proprio modello di sviluppo. L andamento della produttività del lavoro, con riferimento al totale dell economia del Veneto, appare crescente con ritmi più elevati rispetto all economia italiana anche se con una ciclicità più accentuata. E noto che a determinare queste variazioni concorrano in modo evidente fattori legati all offerta (progresso tecnico, innovazioni organizzative, tra le quali la delocalizzazione, miglioramento del learning by doing e della qualità dei prodotti) e dal lato della domanda (dimensione e diversificazione dei mercati, loro capacità di spesa e loro contendibilità). Questi dati, seppure positivi, non ci devono indurre ad un facile ottimismo circa la nostra posizione relativa in Europa, vale a dire la nostra capacità competitiva. Infatti non va dimenticato che a determinare l andamento della competitività totale concorrono anche fattori esogeni o esterni all impresa, quali le infrastrutture, la qualità e l efficienza della Pubblica amministrazione e della spesa pubblica ovvero quel complesso di esternalità che hanno grande influenza nella cosiddetta competitività del sistema. Certo che la competitività di un sistema (sistema-paese o sistema locale di imprese) si estrinseca nei prezzi, nella qualità dei suoi prodotti e nelle quote di mercato, ma come sappiamo il prezzo in un mercato concorrenziale contiene al suo interno margini di profitto che sono il frutto appunto della competitività e che servono ad alimentare nuovi investimenti, ricerca, innovazioni a loro volta portatori di capacità competitive, secondo un processo cumulativo di causazione circolare 2. 17

1.4. Le trasformazioni in atto ed il ruolo dei servizi La globalizzazione è un processo diverso dallo scambio in quanto non si limita a internazionalizzare le merci ed i servizi prodotti ma ad internazionalizzare lo stesso organismo produttivo, le imprese dovranno confrontarsi con mutamenti continui dei loro modelli di approccio ai mercati dei beni e dei fattori. Così la competizione globale, sia nei mercati segmentati intraindustriali che in quelli dei fattori e dei beni finali, agisce come una sorte di meccanismo di allocazione delle risorse che, mediante il sistema dei prezzi, della qualità e degli altri elementi contrattuali, assegna a ciascuna area regionale un proprio ruolo nella produzione di beni e servizi. L attuale fase di frammentazione internazionale della produzione, attuata attraverso strategie di (de)- rilocalizzazione produttiva, favorita dalla specializzazione verticale e da cicli produttivi sempre più modularizzati, richiede politiche e strategie del tutto differenti rispetto a quelle centrate su logiche commerciali di puro stampo mercantile. La frammentazione internazionale della produzione implica la trasformazione della mappa delle specializzazioni, non più basata sui beni finiti ma su fasi di produzione caratterizzate da differenti livelli di skill, di conoscenze e di intensità capitalistica. Ecco allora come l internazionalizzazione rappresenti non più una mera strategia di recupero di competitività per mezzo della riduzione dei costi di produzione, ma tenda a diventare un espressione del dominio cognitivo e progettuale sulla fase più propriamente produttiva-materiale. Queste trasformazioni coinvolgono importanti aspetti sia micro che macroeconomici. Così sul piano dei dati aggregati anche nella nostra provincia si osserva che ove i vantaggi comparati che davano origini ad un incremento delle esportazioni di beni del settore di specializzazione, oggi invece danno origine a processi che vedono prevalere nel medesimo settore la crescita dell import. Tale effetto costituisce la conseguenza, solo apparentemente paradossale, del citato processo di frammentazione e della riorganizzazione nei settori di vantaggio competitivo. Questa riorganizzazione si è manifestata soprattutto nel corso dell ultimo decennio in cui il processo di globalizzazione ha trasformato progressivamente la delocalizzazione produttiva da strumento di efficienza resource seeking (per la mera riduzione dei costi di produzione) 18

a fattore di efficacia market seeking attraverso progetti strategici di innovazione organizzativa e di mantenimento della competitività. Questo fatto comporta che nei settori di specializzazione crescano in misura rilevante anche le importazioni, per cui il flusso crescente di importazioni è correlato non solo e non tanto al soddisfacimento della domanda finale interna, quanto alla capacità di espansione produttiva di un sistema economico ad elevata frammentazione internazionale della produzione. Detto flusso rappresenta sul piano aziendale anche uno strumento per mantenere e/o accentuare il potere di governance sulla catena del valore a scala internazionale e allo stesso tempo, una strategia per alimentare continuamente il livello di competitività. A riprova di ciò, si osserva come nei settori di specializzazione, alla crescita delle importazioni corrisponda una crescita sulle esportazioni senza che ciò abbia provocato effetti di spiazzamento e di sostituzione. La correlazione tra la crescita delle importazioni e quella delle esportazioni nei settori di specializzazione è non solo molto elevata, ma è possibile notare come la quota dell export (in valore) sul totale mondiale dell Italia e della provincia di Treviso in detti settori sia aumentata nel corso del periodo considerato (1992-2007), fenomeno questo che vale per quasi tutti i paesi ad elevata specializzazione. Perciò l importazione costituisce all interno della supply chain, un input al quale l impresa aggrega profitto e salario, ovvero nuovo valore aggiunto. Ogni modulo del processo di produzione, così frammentato, genera nuovo valore, ma è facile intuire che è soprattutto nella fase to market che il valore aggiunto è più elevato e, chiaramente, l appropriazione di questo è l obiettivo dell impresa. Non è più il ciclo di vita del prodotto a determinare l assetto internazionale dei processi produttivi tra paesi avanzati, paesi emergenti e in via di sviluppo, ma quello che potremmo definire il ciclo di vita del dominio della conoscenza. Non solo ma la divisione internazionale del lavoro vede il commercio mondiale sempre più positivamente correlato con gli IDE e i movimenti di capitale (e, talvolta, con quelli dei lavoratori), mettendo in discussione i tradizionali teoremi della teoria del commercio internazionale circa la mobilità delle merci come sostituto della immobilità dei fattori della produzione. La distribuzione mondiale 19

della capacità competitiva, e quindi della ricchezza, dipende anche perciò dalla capacità di creare e accumulare conoscenze, sviluppare innovazioni e gestire i flussi finanziari. In sostanza, l attuale fase di sviluppo dei mercati internazionali e della competitività dimostra come ormai non esistano più settori maturi e settori avanzati, ma come i vantaggi competitivi si manifestino attraverso il posizionamento sul mercato anche di singole fasi di produzione. Naturalmente la ripresa manifatturiera della provincia di Treviso è dovuta a due fattori concomitanti: la ricerca della qualità e dell innovazione di prodotto ed il posizionamento su fasce di mercato più ricche. Ciò ha consentito all economia provinciale do appropriarsi di fasi produttive a più elevato valore aggiunto e quindi aumentare il valore delle proprie esportazioni. Di grande rilievo sono anche i cambiamenti richiesti alle istituzioni locali ed alla politica. In primo luogo si manifesta l esigenza di disporre di servizi qualificati e di infrastrutture atte a questa nuova fase di crescita competitiva affinché la competitività non sia solo di impresa, ma di sistema. In secondo luogo competere in un mercato dominato da creatività ed innovazione, ovvero da quella che viene definita economia della conoscenza, impone la presenza di strutture formative di capitale umano, di conoscenza e di competenza. In terzo luogo anche il territorio deve riqualificarsi per diventare più competitivo in termini di accoglienza e di attrazione. La riqualificazione del settore industriale libererà aree e volumi prima destinati a produzioni del secondario, ma questo processo andrà guidato e gestito per ridare al territorio un connotato di sostenibilità al proprio sviluppo. La sfida competitiva che caratterizza il processo di globalizzazione comporta quindi l esigenza di disporre di adeguati strumenti di finanziamento, per penetrare nei mercati internazionali, oltre che per l accesso alle nuove tecnologie. In particolare, l innovazione tecnologica richiede investimenti iniziali cospicui, a cui possono far fronte con minori difficoltà le imprese di grandi dimensioni che detengono capacità e competenze per avviare progetti di ricerca e per applicare e diffondere i risultati. Viceversa, le piccole imprese sono caratterizzate dal controllo familiare che, seppur utile per l avvio di nuovi progetti imprenditoriali 20