Lucca e la sua Piana: un sistema urbano in trasformazione



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Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all Economia Università di Pisa Lucca e la sua Piana: un sistema urbano in trasformazione Autori: Federico Benassi (Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all Economia - Università di Pisa) Samanta Particelli (Ufficio Statistica - Comune di Lucca) Silvia Venturi (Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all Economia - Università di Pisa)

La ricerca è frutto del lavoro comune degli autori che se ne assumono congiuntamente la responsabilità. Tuttavia l introduzione, la parte 1, la parte 3 (escluso il paragrafo 3.2) e le conclusioni sono dovute a Silvia Venturi; la parte 2, il paragrafo 3.2 della parte 3, i paragrafi 4.1 e 4.3 (escluso il sottoparagrafo 4.3.4) della parte 4 sono dovuti a Federico Benassi; il paragrafo 4.2 e il sottoparagrafo 4.3.4 della parte 4 sono dovuti a Samanta Particelli. L elaborazione dei dati è stata realizzata da Federico Benassi e Samanta Particelli. La ricerca è stata coordinata da Odo Barsotti (Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all Economia Università di Pisa) 2

Sommario Introduzione... 4 1. Città e sistema urbano.... 6 1.1 L evoluzione della città. Uno spunto descrittivo: il ciclo di vita urbano... 6 1.2. La città come centro funzionale: abitanti e consumatori... 8 1.3. Spazio di vita e spazio vissuto... 10 2. Aspetti demografici dell Area Lucchese... 12 2.1 La popolazione residente dal 1951 al 2001... 12 2.2 Movimenti naturali e migratori... 19 2.3 La struttura per età... 20 3. Struttura e dinamica delle attività economiche nell Area Lucchese... 26 3.1 Addetti e unità locali per settori e per Sel ai due censimenti... 26 3.2 La struttura economica della provincia e dei suoi Sel nell analisi Shift-share... 32 3.3 Il sistema territoriale lucchese... 36 4. Mobilità e interazioni spaziali nell Area Lucchese... 41 4.1 Introduzione... 41 4.2 La mobilità residenziale nel periodo 1998-2003... 43 4.2.1 Premessa... 43 4.2.2 Dal Centro, verso il Centro... 43 4.2.3 All interno del Centro... 46 4.2.4 Struttura per sesso e per età degli ingressi e delle uscite per cambiamento di residenza... 50 4.3 La mobilità pendolare per motivi di lavoro e studio... 53 4.3.1 Premessa... 53 4.3.2 La mobilità pendolare per lavoro e per studio tra le aree provinciali al 1991 53 4.3.3 La mobilità per lavoro e per studio con riferimento all Area Lucchese al 1991... 57 4.3.4 La mobilità pendolare per motivi di lavoro e studio al 2001... 68 Conclusioni... 75 Indice delle Figure... 79 Indice delle Tabelle... 80 Indice dei Cartogrammi... 82 Bibliografia... 83 3

Introduzione È sempre più sentita l esigenza di analizzare la costante ed indubbia riorganizzazione del territorio che accompagna lo sviluppo della città. I tradizionali modelli interpretativi, e quindi le analisi conseguenti, non appaiono più pienamente soddisfacenti a cogliere la complessità di un fenomeno sempre più articolato. Anche concordando con Gottmann, per cui la città è invincibile (Gottmann, 1983), è indubbio che la sua posizione ed il suo ruolo sul territorio sono andati via via mutando nel tempo, anche in una realtà come quella italiana, caratterizzata da un esteso policentrismo (non per niente uno slogan che ha avuto molto successo cita appunto: l Italia delle mille città ) e, a maggior ragione, come quella toscana in cui lo spirito di campanile nei termini ovviamente di identità e di appartenenza alla città- è, come fa notare recentemente Elia, sempre molto marcato, tanto da fargli parlare della Toscana delle Toscane (Elia, 2002). Ciò che ha caratterizzato l evoluzione del concetto stesso di città è proprio il suo porsi in un sistema di relazioni, anche di tipo gerarchico, con il territorio circostante fino al consolidarsi di una sorta di vera e propria rete che configura e definisce un sistema: il sistema urbano. Da questa prospettiva, l oggetto dello studio è l Area Lucchese, cioè Lucca e l insieme dei comuni che gravitano intorno al capoluogo. Dal momento che definire il territorio oggetto di analisi, non è solo una premessa necessaria allo svolgimento dell indagine, ma essa stessa strumento conoscitivo capace di rappresentare o falsare i fenomeni in studio (Casini, 2002), abbiamo focalizzato l attenzione sul Sel Area Lucchese, così come definito dalla Regione Toscana, nell ambito del Programma Regionale di sviluppo 1998-2000. Tale riferimento territoriale ci è sembrato opportuno, ai fini dello studio in oggetto, dal momento che il Sistema economico locale (Sel, appunto) si basa su una logica secondo noi appropriata, che combina l elemento di natura geograficoamministrativa con un elemento di tipo relazionale. Le strutture territoriali, cioè, possono essere pensate come risultati di due tipi di relazioni spaziali: quelle orizzontali, cioè messe in atto da soggetti ubicati in luoghi diversi (per esempio:residenza-luogo di lavoro), e quelle verticali che connettono le caratteristiche e il comportamento attuale di certi soggetti (abitanti, imprese, istituzioni) con le caratteristiche dei luoghi. La regione Toscana è stata così suddivisa in 31 Sel centrati sul comune con il maggior carico demografico il capoluogo- e costituiti dai comuni, per così dire, periferici che gravitano intorno al centro, e l Area Lucchese, centrata sul comune di Lucca, è appunto uno di essi. In particolare, lo studio si dipana in più parti. Nella prima parte, che ha valenza introduttiva, vengono presentate alcune teorie dello sviluppo della città e del sistema urbano. Certamente, non si ha la pretesa di esaurire quanto in materia, dal momento che si tratta di una problematica ampia che ormai da anni ha visto interessati molti studiosi, di svariate discipline geografi, demografi, sociologi, economisti, ma più recentemente anche architetti, solo per citarne alcuni- e che ha dato luogo ad un imponente letteratura. Lo scopo, non era presentare una rassegna, bensì fornire alcuni elementi di riflessione, poi riproposti nel corso dell analisi, per interpretare e valutare, alla luce delle teorie comunque più diffuse ed interessanti, quanto emerso dalla mera lettura dei dati. Successivamente, si passa all esame delle caratteristiche demografiche e delle dinamiche naturali e migratorie sia interne all Area Lucchese, ma anche in confronto con gli altri Sel della provincia, evidenziando poi il solo comune capoluogo per cercare di capire come Lucca si collochi nel processo evolutivo di vita della città che va dall urbanizzazione al declino urbano, passando per la suburbanizzazione e la 4

disurbanizzazione. La fonte dei dati è quella censuaria e, nello specifico, i censimenti generali della popolazione, a partire dal 1951, in modo da offrire non solo la situazione al 2001, ma anche quello che negli ultimi 50 anni, per ciò che concerne la popolazione, ha determinato quella situazione. Se la base demografica è ovviamente il punto di partenza imprescindibile, certo non è sufficiente a spiegare l organizzazione territoriale ed i complessi rapporti che regolano le dinamiche spaziali; non è solamente questione di numeri, quindi di quanto, ma anche di come. Allora, uno dei versanti di indagine che aiuta ad indagare quel come è quello della struttura produttiva, analizzata in termini di addetti ed unità locali, attraverso i dati dei censimenti economici del 1991 e del 2001. In particolare, si mira ad evidenziare, oltre alla struttura produttiva dell Area Lucchese, eventuali specificità di questa nel panorama provinciale; oltre a cercare, anche attraverso i dati economici, indizi di processi evolutivi del ruolo di Lucca nell ambito della Piana, nell arco degli ultimi anni. In altri termini, lo stadio di sviluppo della città misurato solamente in termini di perdita o incremento di popolazione non è di per sé significativo, se non affiancato dalla capacità che essa ha, per esempio, di creare occasioni di lavoro. Il centro può perdere peso demografico, ma acquistare importanza rispetto alla corona sotto il profilo occupazionale o della fruizione dei servizi, e l analisi della struttura economica fornisce certamente interessanti indizi in tal senso. Per capire allora quanto siano strette le relazioni tra centro e corona, Lucca e la sua Piana, è indispensabile studiare anche gli spostamenti di popolazione sia definitivi, i trasferimenti di residenza, sia temporanei, i movimenti pendolari. Nella quarta parte, quindi, sulla scorta di dati anagrafici, si analizzano i movimenti residenziali all interno dell Area Lucchese, ma anche tra le aree della provincia nonché le dinamiche orientate all esterno dei confini lucchesi. Successivamente, focalizzando l attenzione sul solo centro si entra nel dettaglio del solo comune di Lucca e delle sue frazioni, per qualificare più specificamente alla frazione interessata le eccedenze positive o negative dei trasferimenti di residenza. Nel suo piccolo, anche la realtà della sola città è composita ed articolabile tra frazioni spesso molto diversificate in quanto a caratteristiche socio-economiche ed abitative, che invece si perdono una volta che consideriamo indistintamente il totale comunale (spesso, peraltro, livello minimo di disponibilità dei dati). Il fatto che un centro urbano, per esempio, perda residenti, può non valere con la stessa intensità per tutti i quartieri, anzi ce ne potrebbero essere alcuni capaci di attrarre popolazione anche da fuori dei confini comunali, per condizioni ambientali particolarmente favorevoli in quanto a servizi offerti, o piacevolezza del contesto architettonico o naturale (la cosiddetta amenity). Il che, ovviamente, nell ambito del sistema comporta un valore aggiunto sotto il profilo della gerarchizzazione dei ruoli. Infine, si passa ad analizzare la mobilità pendolare per motivi di lavoro o di studio, gli unici rilevati dal censimento. Purtroppo, non è ancora possibile disporre dei dati completi e ufficiali relativi all anno 2001, quindi lo studio dettagliato si è fermato al 1991. A favore comunque della validità di questa parte dell indagine, nonostante tale evidente limite, è da notare che si imposta un quadro di riferimento che potrà essere aggiornato rapidamente con i nuovi dati, appena saranno diffusi. Oltre alla metodologia, ripetiamo oggettivamente valida, quindi esportabile nello spazio e nel tempo, è possibile anche in qualche modo estrapolare delle valutazioni che vadano a corredo del modello interpretativo sulla riorganizzazione del sistema urbano lucchese, così come si è delineato dai precedenti stadi di indagine. Semmai, si può lamentare che attraverso le rilevazioni ufficiali non sia ancora possibile cogliere la dimensione, e la direzione, dei flussi motivati diversamente, (quindi svago, cultura, salute, e così via), ma non per questo meno importanti nella definizione del ruolo della città in un sistema gerarchico di funzioni. 5

1. Città e sistema urbano. In una realtà come quella odierna, l analisi territoriale per meglio capire l evoluzione demo-economica di un determinato contesto si configura sempre più come un valido strumento sia sotto il profilo meramente conoscitivo, sia quale possibile presupposto per un approccio di tipo programmatorio. Appare suggestivo, in merito, il punto di vista per cui l organizzazione economica, sociale e politica del territorio si esprime in un sistema di luoghi (Sforzi, 2000; pag. 127), sottintendendo il territorio come strumento interpretativo della società come dell economia. Nello specifico, lo studio effettuato sull Area Lucchese ha lo scopo di cogliere non solo l evoluzione quantitativa e, per quanto possibile, qualitativa dei vari aspetti demografici ed economici degli ultimi anni, ma anche di rileggere, alla luce di quegli aspetti, il sistema territoriale; i rapporti tra le varie realtà comunali dell Area e tra queste ed il comune capoluogo. In questo quadro di riferimento, il fenomeno urbano si propone come l oggetto privilegiato di attenzione, quindi la città diventa l elemento centrale dell analisi in quanto imprescindibile punto di partenza nello studio dei complessi rapporti che regolano la vita del sistema lucchese. 1.1 L evoluzione della città. Uno spunto descrittivo: il ciclo di vita urbano Prima di entrare nel merito della specifica lettura dei dati, illustrata nei capitoli successivi, un analisi territoriale articolata intorno alla città non può prescindere da un richiamo, se pure parziale e rapido, all impianto teorico che, negli anni, ha definito l evoluzione del concetto stesso. Molto si è scritto sulla città, sul suo ruolo, sul suo ciclo di vita ed altro ancora, ma, comunque la si definisca, o la si interpreti, è innegabile che una quota sempre più consistente di popolazione nei paesi sviluppati viva proprio nelle città: si calcola che dal 66,6% nel 1970, la quota di popolazione urbana nei paesi ricchi arriverà al 79,1% nel 2010. Non solo, ma anche nei paesi in via di sviluppo è sempre più evidente la tendenza della popolazione ad inurbarsi tanto che dalla quota di popolazione urbana del 24,7% nel 1970, si prevede di arrivare al 46,8% al 2010 (United Nations, 1998). Il mondo contemporaneo, quindi, è un mondo sempre più urbano (Bortolotti, 2002; pag. 7). Le città, però, al di là della pura dimensione in termini demografici o territoriali, sono da considerarsi contesto di vita sociale per moltissimi individui (Vicari Haddock, 2004; pag. 2). Addirittura, mentre in una prima fase degli studi urbani il problema definitorio -e quindi l approccio- era legato quasi esclusivamente alla dimensione demografica per cui vi era un limite di popolazione al di sopra del quale un agglomerato veniva considerato urbano e al di sotto rurale (20.000 abitanti; Golini, 1974), successivamente si sono introdotti ulteriori elementi distintivi, fino ad arrivare a considerare la città in quanto nodo di relazioni (Dematteis, 1997; pag. 18). Quindi, non più nemmeno la città come elemento singolo, quasi una monade da indagare nelle sue specificità, ma come punto di una rete che, a sua volta, si colloca in un più ampio sistema di connessioni (Dematteis, 1997). In questo quadro, allora, il centro urbano svolge una funzione propositiva nel contesto dei modelli locali di sviluppo, e la dimensione demografica passa in secondo luogo tanto che, a volte, vi è addirittura perdita di popolazione residente. 6

Il fulcro di qualsiasi approccio, a nostro avviso, rimane comunque la città in particolar modo per il contesto europeo nel quale ci collochiamo e, ancor più specificamente, per la realtà italiana prima e toscana poi. Qualunque sia, infatti, l approccio interpretativo che si voglia utilizzare, non si può non considerare che la validità delle categorie concettuali è subordinata ai tratti specifici del contesto cui ci riferiamo. Con ciò vogliamo sottolineare come alcuni modelli nati negli Stati Uniti non possano essere trasportati senza opportuni adattamenti nella realtà del nostro Paese, poiché l origine dello stesso oggetto di analisi, la città, è profondamente diversa e questa differenza crediamo sia fondamentale per l interpretazione. L Europa ha radici storiche e culturali ben diverse da altri ambiti geografici, in particolare, come fa notare la Ennen, nei Paesi della fascia mediterranea vi è stata una continuità dell occupazione del suolo ma anche del tipo di attività, comportamenti, modo di essere (Ennen, 1983). E, comunque, a livello europeo la maggior parte delle città moderne può considerarsi come un prosieguo dei centri medievali (Sbordone, 2001). Certo, la dimensione demografica è una componente essenziale, ma da sola non è sufficiente a definire il problema o, perlomeno, non considerando i suoi soli aspetti quantitativi. Quindi l innegabile evoluzione del fenomeno urbano, sotto qualunque assunto teorico lo si ricomprenda, non può essere pienamente colta se non intersecando vari aspetti. Il modello interpretativo del ciclo urbano di vita (Van den Berg, 1982) non appare, così, del tutto soddisfacente in quanto la teoria ciclica considera le dinamiche dello sviluppo urbano secondo una visione della città come sistema spaziale in sé indipendente e relativamente autonomo. Certamente, rispetto alla netta contrapposizione urbano-non urbano o, meglio ancora centrale-periferico, che, alla prima manifestazione di decremento demografico delle città dopo una precedente fase di grande richiamo della popolazione dalle aree limitrofe, faceva parlare di controurbanizzazione (Berry, 1976), la teoria ciclica propone un approccio molto più sfumato cogliendo più passaggi intermedi tra le varie fasi. Del resto, alla fine degli anni 80, Vitali notava come il cambiamento dei modelli di insediamento avvenuti nel nostro Paese tra il 1951 e il 1987 fosse da interpretarsi non tanto come fuga dalle città, quanto come fine della corsa verso le città per cui, piuttosto che di controurbanizzazione, fosse da parlare di suburbanizzazione intesa come un diffondersi dei valori urbani anche ai centri periferici (Vitali, 1990). Senza quindi voler attribuire alla teoria del ciclo di vita della città alcuna capacità esaustiva nell interpretare i fenomeni evolutivi che riguardano gli insediamenti urbani, non si può non convenire che comunque propone un modello descrittivo estremamente efficace, partendo dal presupposto che la città sia al centro (core) di un sistema periferico che le si articola intorno (ring) e che tutto sia determinato dai diversi assetti che la popolazione trova all interno del sistema. In un primo momento, quindi, si ha una fase iniziale di urbanizzazione, in cui la popolazione si concentra nel core, successivamente si passa ad una fase di suburbanizzazione che si verifica quando la pressione demografica sul ring si allenta e la popolazione comincia a privilegiare la residenza nel ring per cui la crescita, che ancora si verifica, dell intero sistema è a carico esclusivamente della periferia. Si crea allora una regione funzionale urbana estesa, quella che è stata chiamata anche la nuova città (Van der Borg, 1991). Quando, poi, anche il ring comincia a perdere popolazione, per cui tutto il sistema è in deficit demografico, allora si sta attuando la fase della disurbanizzazione, per poi approdare all ultimo stadio del ciclo quando, con un processo di riurbanizzazione, si ha un ritorno della popolazione all area centrale. Più recentemente Emanuel (Emanuel, 1997) ha proposto una articolazione maggiore tra le varie fasi del ciclo, letto peraltro come un processo transizionale, comprese tra i due estremi dell urbanizzazione estesa (la popolazione aumenta sia nel centro che nella corona) e della stagnazione demografica negativa (sia centro che corona sono in fase di declino demografico). All interno di questo intervallo si collocano situazioni diverse a seconda di quale elemento del sistema cresca, per cui si parla di: urbanizzazione assoluta quando il 7

sistema cresce solo grazie al suo centro e relativa quando la crescita del centro non riesce a compensare la contrazione demografica della corona, ma il sistema riesce comunque a mantenersi; suburbanizzazione assoluta quando, per contro, la crescita demografica è esclusivamente dovuta alla corona che, compensando ed eccedendo la perdita del centro, fa crescere il sistema e relativa quando la capacità di crescita della corona si riduce fino a non bilanciare più il decremento del centro, ma il sistema non è ancora in fase di declino. I passaggi tra uno stato e l altro avvengono, poi, secondo quattro traiettorie evolutive: periurbanizzazione quando il percorso procede dalla stagnazione demografica negativa all urbanizzazione estesa, attraverso i due momenti della suburbanizzazione, relativa e assoluta; urbanizzazione quando invece lo stesso percorso passa attraverso i due momenti dell urbanizzazione relativa prima e assoluta poi; disurbanizzazione quando il percorso è inverso, dall urbanizzazione estesa alla stagnazione demografica negativa, attraverso la suburbanizzazione assoluta e relativa; declino urbano, quando sempre quel percorso viene effettuato attraverso l urbanizzazione assoluta e relativa (Emanuel, 1997). Se, però, il valore descrittivo di queste impostazioni appare efficace, le traiettorie sinusoidali delle dinamiche demografiche centro-periferia, i quattro stadi del ciclo di vita urbano con le varie situazioni di concentrazione e deconcentrazione assoluta e relativa, sono tracciati e definiti, per ogni sistema urbano dalla città; è la città (il core) che cede e riacquista popolazione, in un contesto di asettica indipendenza. Invece, come accennato all inizio, tutto il sistema urbano è percorso da legami di stretta interdipendenza, all interno dei quali assumono rilevanza gli specifici aspetti relazionali, di tipo gerarchico-funzionale, tra i diversi contesti spaziali. Gli stessi stadi del ciclo di vita spesso si sovrappongono: suburbanizzazione o deurbanizzazione, per esempio, possono coesistere con la riurbanizzazione selettiva che si attua quando ceti sociali medio-alti si riorientano verso il centro urbano, rivitalizzandolo trasferendovi la residenza (dinamiche di gentrification). Non è tanto importante, allora, stabilire se le città siano nell uno o nell altro stadio, quanto piuttosto comprendere se il loro declino demografico non sottintenda una fase di ristrutturazione delle loro funzioni e dei loro spazi. Una fase in cui acquistano funzioni di rango superiore, diventano centri ricchi di attività direzionali, commerciali, culturali caratterizzati, negli spazi urbani, dalla concentrazione di personale qualificato e di servizi specializzati, con scarsa ma selezionata popolazione residente, con presenza di flussi di lavoratori e di consumatori urbani. 1.2. La città come centro funzionale: abitanti e consumatori Sembra allora legittimo sostenere che da una forma urbana tradizionale, identificabile in un ambito territoriale definito in cui risiede stabilmente una comunità e che coincide con una ripartizione amministrativa, si passa ad un ambito più ampio, delineato da un bacino di pendolarità dalle aree periferiche, fino ad una struttura a rete caratterizzata da vari livelli di interdipendenza (Martinelli, 2004). Quello che definisce il ruolo del centro è così la funzione, piuttosto che la sua vitalità sotto il profilo demografico e una delle prospettive da cui porsi per leggere i mutamenti urbani è quella proposta da Martinotti agli inizi degli anni 90: le popolazioni urbane (Martinotti, 1993). La città, cioè, si identifica, oltre che in base ai suoi abitanti, anche in base a coloro che quotidianamente vi insistono. E, se in una prima fase del suo sviluppo, si tratta solamente di lavoratori i pendolari o, per dirla con Martinelli, la popolazione presente diurna (Martinelli, 2004)-, in un secondo momento si aggiungono anche coloro che consumano servizi di alto livello, prevalentemente di natura culturale, cioè i consumatori metropolitani o city users. Addirittura, secondo Martinotti, sono proprio questi che risolvono il paradosso virtuale per cui le città si spopolano ma appaiono sempre più congestionate. A differenza dei pendolari per motivi di lavoro, che sono meno visibili sul 8

territorio, e meno problematici sotto il profilo dell impatto e dell organizzazione dei servizi infrastrutturali, in quanto legati al luogo ove svolgono la loro attività, i consumatori metropolitani sono ben presenti tanto che la città non starebbe affatto morendo a seguito di processi di deurbanizzazione, saremmo solamente noi osservatori ad osservare il fenomeno con lenti sfuocate (Martinotti, 1993; pagg. 148-9). Ma si sta affermando anche una quarta popolazione, in netta crescita, che usando l ambiente urbano contribuisce al suo dinamismo e ad incrementare la posizione gerarchica della città nell ambito del sistema. Si tratta dei metropolitan businessmen, individui molto selezionati, che utilizzano la città per incontri di affari, convegni, consulenze e così via, comunque tutte attività di profilo elevato e legate essenzialmente ad affari e scambi. La prevalenza di un utenza piuttosto che un altra segna il passaggio tra diversi tipi di città (di metropoli): di prima generazione, quando il centro attrae solamente i pendolari, di seconda generazione, quando diventa oggetto di interesse anche per i city users, di terza generazione, al momento che si afferma anche il flusso dei metropolitan businessmen. L accento si sposta, quindi, dal mero dato statistico sui residenti, al rapporto che gli individui hanno con il territorio. Ciò che acquista importanza è l utilizzazione che viene fatta della città, non solo per definirne il suo ruolo gerarchico, ma anche per i riflessi che ciò ha sulle sue strutture e infrastrutture: basti pensare all organizzazione del servizio dei trasporti a seconda che sia orientato verso i soli residenti che possono essere anche non numerosi e poco propensi allo spostamento- oppure ai lavoratori pendolari o agli studenti che quotidianamente insistono sul territorio, congestionando il sistema in alcune ore del giorno. O, ancora, all importanza che può avere in termini di bacino di utenza un polo sanitario in grado di far fronte ad esigenze molto diversificate. Non solo, ma anche in termini di impatto, ambientale ma non solo. Sia Martinotti (Martinotti, 1993) che Sbordone (Sbordone, 2001), per esempio, sottolineano come mentre il residente ha un rapporto costante con la città, per i servizi della quale paga le tasse, i pendolari o più in generale quelli che potremmo chiamare gli affluenti consumano spazio e risorse in una situazione fiscalmente asimmetrica (per esempio non pagano per i rifiuti solidi urbani che pure contribuiscono ad incrementare). Senza contare la particolare coorte definita dalla popolazione turistica, che non sempre fa un uso appropriato delle città così come i frequentatori di locali che possono creare disagio in termini di eccesso di traffico e rumore soprattutto nelle ore serali e notturne. I diversi modi di consumare lo spazio urbano, inoltre, possono concorrere a determinare conflitti non solo tra abitanti e consumatori, come sopra accennato, ma anche tra gli stessi consumatori. Sbordone cita in merito l esempio in cui un forte incremento di metropolitan business, che utilizzano e favoriscono la nascita di servizi in segmenti particolarmente qualificati e qualificanti, induce chi amministra il territorio a privilegiare questa fascia di utenza spingendo per il loro insediamento nel centro, costruendo alberghi, centri congressi e strutture di accoglienza. Ciò andrebbe così a penalizzare i city users, per esempio i frequentatori di locali notturni, ma anche i più tradizionali pendolari che comincerebbero a loro volta ad essere espulsi al seguito delle attività tradizionali, messe in fuga dal nuovo riassetto del territorio (Sbordone, 2001). Secondo l impostazione metodologica derivante dall approccio delle popolazioni urbane, si tratta allora di un complesso sistema di equilibri in cui l organizzazione dello spazio, ed il modo di vivere lo spazio cambiano di significato, determinando nel tempo l evoluzione del concetto stesso di città, il cui ruolo nell ambito del sistema dipende dalla sua capacità di attrarre e, potremmo dire gestire, le varie figure di utenti. 9

1.3. Spazio di vita e spazio vissuto Sempre sotto il profilo del rapporto con lo spazio, si colloca anche l approccio dello spazio di vita e dello spazio vissuto, che appare come uno dei più promettenti per definire un sistema territoriale. Esso, infatti, in qualche modo cerca di coniugare la dimensione oggettiva dell uso del territorio con gli aspetti soggettivi, intesi come percezione che l individuo ha dello spazio. Da una parte, cioè, si colloca l utilizzazione concreta dello spazio spazio di vita-, vale a dire l insieme dei solchi più o meno profondi che l individuo traccia con i suoi spostamenti sul territorio e che rappresenta la trama dei suoi rapporti sociali; dall altra si pone il suo senso di percezione dello spazio spazio vissuto-, cioè il senso di alienazione od appartenenza ad un ambiente. Potremmo dire, citando Micheli, che spazio di vita è una categoria logica.. che definisce i contorni del territorio in cui si esplica la rete delle attività ordinarie e delle relazioni sociali primarie dell individui, mentre spazio vissuto è una categoria dello spirito, una dimensione a cavallo tra il fisico e l immaginario (Micheli, 1994). Ovviamente, mentre lo spazio di vita è oggettivabile e quindi misurabile, ben più difficile è cogliere la dimensione dello spazio vissuto, in quanto fortemente definito dagli aspetti individuali, ma non per questo meno importante. La decisione di trasferire o meno la residenza o di utilizzare lo spazio in un modo piuttosto che in un altro non sono necessariamente indotte da agenti esterni. In altri termini, si può decidere di rimanere ad abitare nel comune, nella frazione, nel quartiere, dove si è sempre abitato, perché quella è la dimensione territoriale che sentiamo come casa, anche se mutamenti nella vita lavorativa diversa allocazione del proprio posto di lavoro, o diverso posto di lavoro tout courtpossono trasformarci in pendolari. Del resto, il trasferimento di residenza che ha portato molti abitanti della città a vivere nelle aree più periferiche fino alle varie forme di suburbanizzazione per dirla con i termini del ciclo di vita, se ha avuto una concausa importante nel mercato immobiliare là, almeno all inizio, più favorevole, si può pensare sia stato anche indotto da valutazioni individuali in termini di guadagno in amenity e, più in generale, qualità della vita che il centro urbano sempre più congestionato non garantiva più. Se questa impostazione appare suggestiva, non è però di facile attuazione, dal momento che, come già rilevato, la misurazione della componente individuale è estremamente problematica. Si può però cercare di intravedere in qualche modo indirettamente questa componente attraverso la lettura degli spostamenti nello spazio, legati alle loro motivazioni, quindi con metodi di analisi della mobilità spaziale. Attraverso l uso dello spazio il soggetto soddisfa i propri bisogni ed i propri obblighi, realizza i suoi tempi di lavoro e di studio ed i suoi tempi di vita per cui gli spostamenti quotidiani rappresentano uno dei processi di adeguamento spaziale tra domanda ed offerta di lavoro e servizi rappresentando, i cambiamenti di residenza, uno degli altri modi di adeguamento. D altra parte, i due tipi di spostamento sono spesso fortemente interconnessi. Se consideriamo in particolare il fenomeno della mobilità spaziale delle forze di lavoro, esso può essere interpretato sia come risposta allo spazio economico, cioè come processo di adeguamento a cui il lavoratore è soggetto nella sua funzione di fattore produttivo e di consumatore, sia come condizione di equilibrio dello spazio, cioè come processo condizionante l intero sistema delle localizzazioni. Grazie alla sua mobilità, ciascuna unità lavorativa può offrire la sua capacità di lavoro in tutti i punti dello spazio e tale offerta può concretizzarsi sia attraverso lo spostamento periodico tra luogo di residenza e luogo di lavoro, sia cambiando il luogo di residenza, sia entrambi. In sintesi, il processo di adeguamento spaziale dell individuo quale fattore produttivo può avvenire secondo tre modalità: attraverso la modificazione della relazione con lo spazio a seguito di un cambiamento di residenza e/o di lavoro, attraverso lo 10

spostamento periodico tra i due luoghi; attraverso una combinazione dei due. Questo determina, tra le varie aree in cui si articola lo spazio una serie di rapporti di scambio tra individui e, a seconda della modalità in cui si estrinseca la risposta migratoria, gli spostamenti definitivi e quelli periodici possono trovarsi in situazioni di concorrenzialità o di complementarietà, oppure in una combinazione delle due (Termote, 1969; Bottai, Barsotti, 2003). L esempio utilizzato, però, è fortemente riduttivo dal momento che le relazioni spaziali tra i luoghi in cui si articola un sistema, non avvengono certo solamente per lavoro; e la localizzazione della residenza non è più orientata esclusivamente verso l annullamento della distanza residenza-lavoro, ma è determinata anche da altre valutazioni. Non solo, ma tale distanza è sempre meno la motivazione esclusiva dei movimenti giornalieri e dell utilizzazione quotidiana dello spazio. Nell analisi della mobilità spaziale si tiene conto spesso solo dei movimenti alternanti quotidiani, come gli spostamenti per lavoro o per studio per i quali, peraltro, vi è grande disponibilità di dati. Talvolta, tuttavia, nel quadro delle analisi gravitazionali si considerano anche gli spostamenti per acquisti, ma movimenti legati al tempo libero, alle attività ricreative e culturali, ai rapporti sociali, alla salute e così via sono generalmente trascurati. È vero che la frequenza di questi tipi di spostamento non è giornaliera, la loro importanza è indubbiamente crescente nella misura in cui possono superare il volume di quelli dovuti a motivi di lavoro o di studio, quotidiani e quindi decisivi nel definire lo spazio di vita. La minore ricorrenza, allora, è in qualche modo compensata dalla massa considerevole di interazioni che esse inducono e dal fatto che sono elementi caratterizzanti la qualità della vita (Bottai, Barsotti, 1994). Se, quindi, non si riesce facilmente a cogliere in termini quantitativi la dimensione individuale che caratterizza lo spazio vissuto, lo studio della mobilità quotidiana disaggregata per motivazione dello spostamento, consente comunque di definire la complessa organizzazione dei rapporti che definiscono un territorio. La mobilità quotidiana, infatti, è indotta dalla gerarchizzazione dei sistemi urbani, in quanto specializzazione delle varie parti del territorio in funzioni specifiche -residenziali, produttive, di servizi- di diverso rango, ma fortemente integrate. La sovrapposizione degli spazi di vita e degli spazi vissuti dà corpo al sistema urbano e identifica le zone di indifferenza nelle quali due o più sistemi urbani si intersecano. Allora, in sintesi, il problema dell evoluzione della città, la contrapposizione tra urbano e non urbano, questioni come la dicotomia urbanizzazione-contrurbanizzazione appaiono superati, o almeno superabili quando, se pur utilizzando categorie definitorie come quelle più o meno numerose dei vari stadi del ciclo di vita della città, si inquadra il problema anche sotto il profilo dell uso e del consumo dello spazio. Ci si inserisce, allora, in una prospettiva reale di sistema e più ancora di rete in cui la città appare come un nodo di relazioni che da un ambito circoscritto dal perimetro comunale, come era nel passato, si è estesa allargando i suoi confini fino a dove arriva il suo sistema urbano giornaliero. Questo, definito dalla complessità dei movimenti pendolari, fa sì che tutto il territorio interessato sia da considerarsi urbano, se pure non con intensità e modalità costanti (Dematteis, 1997). L oggetto di analisi privilegiato diventa allora il sistema urbano locale (Emanuel, 1997), al centro del quale comunque si colloca la città originaria.. che rimane.. il cuore e la forza trainante di tutto l insieme poiché in essa si concentrano i poteri decisionali e le funzioni di rango più elevato ed è in rapporto ad essa che si organizzano flussi e relazioni verso l esterno (Sbordone, 2001; pag. 76). Ciò che la città ha diffusamente perso in termini di abitanti, ma anche di funzioni produttive, lo ha guadagnato nel quadro di un generale riassetto dei sistema in termini di funzioni gerarchiche. Ciò che.. infatti.. caratterizza la città moderna sono le sue funzioni gerarchiche, le sue caratteristiche di incubatore del potere prometeico della cultura moderna, non la quota di popolazione e di occupazione che esprime: è una questione di quid, di rango delle funzioni e di qualità della 11

cultura, piuttosto che di quantum, di stoccaggio di unità fisiche (Piccolomini, 1994; pag. 119). 2. Aspetti demografici dell Area Lucchese In questa parte del lavoro analizzeremo i dati, di natura censuaria, relativi alla popolazione del comune di Lucca e della sua provincia. L intento è quello di evidenziare le dinamiche demografiche differenziali che hanno caratterizzato nel tempo Lucca rispetto agli altri comuni della propria area e l Area Lucchese rispetto al resto del territorio provinciale. 2.1 La popolazione residente dal 1951 al 2001 Primi interessanti spunti possono essere colti attraverso la lettura dell andamento della popolazione residente ai censimenti (1951-2001) nella provincia e nel comune di Lucca. Dall analisi dei dati, si nota innanzitutto come la provincia di Lucca abbia sperimentato una fase di rapida crescita della popolazione residente ed una successiva fase di altrettanto rapida decrescita: l ammontare della popolazione è salito da poco meno di 377.000 unità nel 1951 ad oltre 385.000 unità nel 1981, con un incremento nel trentennio pari al 5,2%; dal 1981 la tendenza si è radicalmente invertita, ed in 20 anni la popolazione è scesa a poco più di 372 mila unità con una perdita del 3,5%, in linea con quanto avvenuto a livello regionale dove la popolazione, sempre a partire dal 1981, è diminuita di 83.245 unità con una perdita del 2,3% (Tabella 1). Tabella 1: Popolazione dei comuni dell Area Lucchese, della Provincia di Lucca e della Regione Toscana. Censimenti 1951-2001. 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Comuni Altopascio 7.254 7.462 8.688 9.580 9.976 11.152 Capannori 41.874 39.794 41.403 44.041 43.874 42.454 Lucca 88.302 88.428 90.995 91.246 87.100 81.862 Montecarlo 3.834 3.499 3.300 3.655 4.065 4.345 Pescaglio 5.897 4.759 3.859 3.824 3.762 3.718 Porcari 5.403 5.476 6.044 6.699 6.827 7.109 Villa Basilica 2.822 2.670 2.369 2.166 2.028 1.792 Area Lucchese 155.386 152.088 156.658 161.211 157.632 152.432 Provincia di Lucca 366.899 365.540 380.356 385.876 377.101 372.244 Toscana 3.158.811 3.286.160 3.473.097 3.581.051 3.529.946 3.497.806 Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Anche la popolazione residente nel comune di Lucca mostra una traiettoria evolutiva con l alternarsi di una fase di crescita a una fase di forte contrazione: essa passa da circa 88 mila unità nel 1951 a oltre 91 mila unità nel 1981, con un incremento pari al 3,3%. Dal 1981 la popolazione registra un rapido declino, arrivando nel 2001 a poco meno di 82 mila unità, con un decremento pari al 10,3%. E interessante sottolineare due aspetti: il primo è che, sia a livello provinciale che comunale, il 1981 rappresenta un vero e proprio punto di svolta nelle dinamiche evolutive della popolazione residente; il secondo è che la crescita della popolazione del comune di Lucca nella prima fase è stata relativamente meno accentuata rispetto a quella della 12

provincia nel suo insieme, e la diminuzione nella seconda fase è stata invece relativamente più marcata. Il risultato al termine dei 50 anni di osservazione è che la popolazione provinciale rimane leggermente al di sopra del livello toccato agli inizi del periodo, mentre la popolazione del comune di Lucca ne scende nettamente al di sotto (Figura 1 e Figura 2). Non solo, ma la forte tendenza all accelerazione della contrazione della base demografica del comune capoluogo, negli ultimi anni, è ancora più evidente se tradotta in termini di tasso geometrico (come lo stesso grafico sembra suggerire); esso, infatti, mostra come Lucca dal 1991 al 2001 abbia perso, annualmente, oltre 6 unità di popolazione ogni 1000 residenti, a fronte di 4,6 per mille nell intervallo intercensuario precedente. In altri termini, se permanesse la tendenza attuale, tra poco meno di 20 anni, il comune capoluogo potrebbe scendere ben al di sotto degli 81.000 residenti. D altra parte, la tendenza demografica del comune di Lucca sembra inserirsi perfettamente nel quadro già delineato da Martinotti nei primi anni 90, in cui si evidenziava come le città comprese le piccole città non metropolitane (50.000-100.000 abitanti) perdessero in tutta Italia popolazione, quando i comuni minori (fino a 50.000 abitanti) incrementavano notevolmente (Martinotti, 1993). Figura 1: Popolazione residente nella provincia di Lucca. Censimenti 1951-2001. 390.000 385.000 385.876 Frequenze assolute 380.000 375.000 370.000 365.000 366.899 365.540 380.356 377.101 372.244 360.000 355.000 Popolazione residente nella provincia di Lucca 350.000 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Figura 2: Popolazione residente nel comune di Lucca. Censimenti 1951-2001. 92.000 90.995 91.246 90.000 Frequenze assolute 88.000 86.000 84.000 82.000 88.302 88.428 87.100 81.862 80.000 Popolazione residente nel comune di Lucca 78.000 76.000 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat 13

Le differenze nei ritmi di variazione appaiono poi ancora più evidenti se la dinamica della popolazione del comune capoluogo si raffronta con quella della popolazione del resto della provincia (ossia della popolazione della provincia al netto di quella del comune capoluogo). Come si osserva dalla Figura 3, l andamento delle curve dei numeri indice (anno base 1951) mostra che i ritmi di crescita della popolazione dei due aggregati territoriali sono sostanzialmente simili fino a metà degli anni 60; poi i ritmi di variazione seguono percorsi diversi con crescenti divaricazioni. Infatti, mentre la popolazione del resto della provincia tende a stabilizzarsi sui livelli raggiunti al censimento del 1971, la popolazione del solo comune di Lucca sperimenta dai primi anni 80 ritmi di decremento crescenti. Al termine di mezzo secolo di dinamica demografica la popolazione del comune di Lucca è diminuita di oltre il 7% ed invece la popolazione del resto della provincia registra un incremento del 4%. L andamento demografico differenziale ha naturalmente ridotto l importanza relativa della popolazione del comune di Lucca sulla popolazione dell intera provincia. Figura 3: Popolazione residente nel comune di Lucca e nel resto della provincia lucchese. Censimenti 1951-2001. 110 105,8 105 103,9 103,0 103,3 104,1 104,2 Valori numeri indice 100 95 100 100,1 99,5 98,6 92,7 90 Resto provincia di Lucca Comune di Lucca 85 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Semmai è interessante osservare che il comune capoluogo perde peso nei confronti della popolazione della provincia già nel 1971, ovvero 10 anni prima rispetto all anno di svolta delle dinamiche evolutive del sistema territoriale lucchese (Figura 4). 14

Figura 4: Incidenza della popolazione del comune di Lucca rispetto alla popolazione della provincia lucchese. Censimenti 1951-2001. 24,5 24 24,1 24,2 23,9 Incidenza della popolazione residente nel comune di Lucca 23,5 23 23,6 23,1 % 22,5 22 22,0 21,5 21 20,5 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Riducendo il dettaglio territoriale, passiamo a studiare le dinamiche evolutive che hanno caratterizzato Lucca nei confronti dei restanti comuni che compongono la sua piana e, in questo esame, ci riferiamo a modelli di crescita urbana di più largo uso nella letteratura geo-demografica, che fondano l analisi sulla ricognizione degli stadi percorsi dai sistemi urbani in un ipotetico processo di transizione. Più specificatamente, utilizziamo la classificazione tipologica prospettata nello schema di Emanuel (Emanuel, 1997). Il modello presuppone l identificazione di un centro (core) e di una periferia (ring) del sistema urbano. Nel nostro caso il core è rappresentato dal comune di Lucca e il ring dai restanti comuni dell Area Lucchese trattati, almeno per il momento, come un insieme omogeneo. 1 Dalla Figura 5, si nota come le traiettorie evolutive del comune di Lucca e del resto dell area si diversifichino nettamente, con scarti che fino ad oltre la metà degli anni 70 avvantaggiano il core del sistema urbano. Da quel momento la divaricazione tra le traiettorie si capovolge sempre più decisamente, nel senso che i saggi di variazione sono nettamente favorevoli al ring del sistema urbano, con scarti maggiori rispetto a quelli che avvantaggiavano precedentemente il core del sistema. 1 I restanti comuni appartenenti al Sel Area Lucchese sono: Altopascio, Capannori, Montecarlo, Pescaglia, Porcari, Villa Basilica. 15

Figura 5: Andamento della popolazione residente nel comune di Lucca e nel resto dell Area Lucchese ai censimenti 1951-2001. 108 106 104 103,0 104,3 103,3 105,1 105,2 102 Valori dei numeri indice 100 98 96 94 92 100 100,1 94,9 97,9 98,6 92,7 90 88 Popolazione residente nel resto dell'area Lucchese Popolazione residente nel comune di Lucca 86 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Seguendo lo schema concettuale di Emanuel, si può azzardare una classificazione delle fasi che hanno caratterizzato le dinamiche insediative dell area. Come si osserva dalla Tabella 2, negli anni 50 il sistema urbano inizia a sperimentare una fase di urbanizzazione relativa, con la crescita di popolazione del core che non riesce a bilanciare ed eccedere la perdita nel ring mentre, nel decennio successivo, il sistema territoriale lucchese transita nettamente verso una situazione di urbanizzazione estesa in cui, appunto, crescono entrambe le componenti del sistema urbano. Questa fase si estende anche agli anni 70, durante i quali però comincia a manifestarsi una situazione di suburbanizzazione in cui la crescita complessiva è esclusivamente a carico della corona, situazione che prende decisamente corpo tra gli inizi degli anni 80 e gli inizi degli anni 90 e si consolida nel decennio che conclude il XX secolo quando si configura come vera e propria suburbanizzazione relativa con il tendenziale complessivo declino della popolazione del sistema, nonostante la tenuta della corona, dovuto alla sensibile contrazione del comune capoluogo. Tabella 2: Variazioni del Centro e della Corona dell Area Lucchese. Anni 1951-61 1961-71 1971-81 1981-1991 1991-2001 Centro 126 2.567 251-4.146-5.238 Corona -3.424 2.003 4.302 567 38 Variazioni -3.298 4.570 4.553-3.579-5.200 Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Abbiamo considerato fin qui come un insieme omogeneo i comuni dell aggregato territoriale definito come ring. In realtà, questi comuni hanno registrato dinamiche demografiche assai differenziate. La disomogeneità può essere apprezzata attraverso la 16

lettura delle curve riportate nei grafici sottostanti. In particolare, si nota come i comuni di Altopascio e Porcari, a partire dal 1961, presentino trend di crescita sostenuta, senza alcuna discontinuità, lungo tutto il successivo quarantennio di analisi. Montecarlo, dopo una prima fase di incertezza, dal 1971 segue una traiettoria evolutiva costante che lo porta, a fine periodo, ad un livello di crescita di sicuro interesse. Al contrario, i comuni di Villa Basilica e di Pescaglia hanno sperimentato trend negativi: la popolazione del primo decresce con continuità seguendo un percorso di tipo lineare, quella del secondo diminuisce rapidamente fino al 1971, per poi mantenersi sostanzialmente stabile (Figura 6 e Figura 7). Figura 6: Trend della popolazione residente nei comuni dell'area Lucchese in "crescita". Censimenti 1951-2001. 180 160 153,7 140 131,6 Valori numeri indice 120 100 80 60 100 113,3 101,4 40 Altopascio Capannori 20 Montecarlo Porcari 0 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Figura 7: Trend della popolazione residente nei comuni dell'area Lucchese in "decrescita". Censimenti 1951-2001. 120 100 100 Valori numeri indice 80 60 40 Pescaglia 63,5 63,0 Villa Basilica 20 0 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat 17

E' comunque opportuno sottolineare che alcuni comuni del Sel hanno un ampiezza demografica piuttosto modesta (Tabella 3). Tabella 3: Popolazione dei comuni dell'area Lucchese al censimento 2001. Comuni dell'area Lucchese Popolazione al censimento 2001 Lucca 81.862 Altopascio 11.152 Capannori 42.454 Montecarlo 4.345 Pescaglia 3.718 Porcari 7.109 Villa Basilica 1.792 Totale 152.432 Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Senza quindi enfatizzare eccessivamente, non è comunque privo di rilievo il fatto che a seguito dei differenziali di crescita demografica, nella seconda metà del XX secolo, è mutata l importanza relativa dei 7 comuni del sistema. Infatti (Tabella 4) se nel 1951 Porcari era il quarto comune in ordine decrescente di importanza, escluso il capoluogo, nel 2001 guadagna oltre un punto percentuale e sale al terzo posto; Pescaglia subisce il percorso inverso con una perdita di incidenza di ben 1,4 punti percentuali. Ma il guadagno maggiore è sicuramente quello di Altopascio che nel 2001 raccoglie il 7% dei residenti dell Area Lucchese rispetto a neppure il 5% di 50 anni prima. Tabella 4: Distribuzione percentuale della popolazione per comune di residenza nell Area Lucchese. Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Comuni dell'area Lucchese 1951 Lucca 56,8 Altopascio 4,7 Capannori 26,9 Montecarlo 2,5 Pescaglia 3,8 Porcari 3,5 Villa Basilica 1,8 Totale resto area 43,2 Totale area 100,0 2001 53,7 7,3 27,8 2,9 2,4 4,7 1,2 46,3 100,0 Il sistema Lucca e la sua Piana quindi sembra sperimentare pienamente, fino al compimento del processo, quanto già rilevato per il modello dell area del Centro (Italia) all inizio degli anni 80 (Barsotti, Bonaguidi 1981), seguendo un percorso di spillover (Barsotti, Bottai 1992) fino all attuale traiettoria verso la disurbanizzazione (Emanuel, 1997). In base a questa analisi più dettagliata il sistema territoriale lucchese appare allora più complesso: la periferia si arricchisce nel corso del tempo di elementi di centralità che acquistano un autonoma capacità di crescita demografica; una capacità di 18

crescita indotta da processi di crescita economica e produttiva e non solo da fenomeni di suburbanizzazione, di trasferimenti di residenze dal core del sistema. 2.2 Movimenti naturali e migratori Il senso della dinamica, il ruolo delle diverse tipologie territoriali, gli shifts temporali dipendono però in modo prevalente dal movimento migratorio. Il tasso di variazione per movimento naturale è meno differenziato tra le varie componenti territoriali del sistema di quanto lo sia il movimento migratorio. Quest ultimo, quindi, appare più espressivo della redistribuzione della popolazione all interno del bacino territoriale. Per questo motivo sono stati costruiti i bilanci demografici di 5 anni contigui centrati, di decennio in decennio, sugli anni dal 1961 al 2001. Il ricorso ad almeno un quinquennio è dovuto alla necessità di ridurre quanto più possibile gli effetti distorcenti dovuti ai piccoli numeri. Il commento, quindi, riguarderà i dati aggregati per quinquennio e distinti tra il comune di Lucca (il centro), e il resto dell area (la corona). Come si osserva dalla Tabella 5, tra la fine degli anni 50 e gli inizi dei 60 la corona del sistema territoriale lucchese è tributaria del centro: il comune di Lucca registra nel quinquennio un saldo migratorio netto di oltre 800 unità, gli altri comuni subiscono una perdita migratoria netta di 2.550 unità di popolazione. Dopo appena un decennio, alla fine degli anni del miracolo economico, il ring comincia a sostituire il centro come area più vitale sul piano dello sviluppo demografico: l afflusso migratorio netto si riversa ora in misura preponderante nei comuni del resto dell area (quelli stessi comuni che 10 anni prima segnavano una forte deflusso netto) mentre il comune capoluogo accenna ad un certo rallentamento. Gli inizi degli anni 80 segnalano importanti mutamenti nel regime demografico. La contrazione delle nascite, che ha cominciato a manifestarsi con crescente intensità dalla metà degli anni 70, determina saldi naturali negativi nell intero sistema territoriale lucchese. Ma, mentre l afflusso migratorio netto nel ring riesce ad eccedere le perdite naturali, nel core esso non è sufficiente. La diminuzione delle nascite provoca una vera e propria caduta della natalità nel corso del decennio successivo. Il deficit naturale, anche per effetto del progressivo invecchiamento della popolazione, si aggrava. Nei 5 anni tra la fine degli anni 80 e gli inizi degli anni 90, l apporto migratorio netto riesce a colmare solo poco più di 1/5 delle perdite naturali nel comune di Lucca (10 anni prima ne copriva i 2/3). Nel resto del territorio dell Area Lucchese l eccedenza del saldo migratorio su quello naturale si riduce rispetto a 10 anni prima di oltre il 50% (dall 84% al 45%). Tabella 5 : Quadro riassuntivo dei saldi naturali e migratori. Lucca e resto dell'area Lucchese. Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Periodi SN SM ST SN/P *1000 SM/P * 1000 ANNI '59-'63 ANNI '69-'73 ANNI '79-'83 ANNI '89-'93 ANNI '99-'03 Lucca 1371 810 2181 15,49 9,15 Resto Area Lucchese -117-2.429-2.546-1,8-37,6 Lucca 374 234 608 4,1 2,6 Resto Area Lucchese 466 2.510 2.976 7,1 38,2 Lucca -1.926 634-1.292 21,1 6,9 Resto Area Lucchese -1.082 1.991 909-15,5-28,5 Lucca -2.497 578-1.919-28,8 6,7 Resto Area Lucchese -1.390 2.015 625-19,7 28,6 Lucca -1.930 1.871-59 -23,1 22,4 Resto Area Lucchese -866 3.607 2.741-12,2 50,7 19

Il nuovo millennio sembra segnare l inizio di un recupero della vitalità demografica del comune capoluogo: nel quinquennio compreso tra gli ultimi anni del ventesimo secolo e i primi anni del ventunesimo, l afflusso migratorio netto risulta più che triplicato rispetto a dieci anni prima e colma pressoché totalmente il saldo naturale ancora negativo, ma più contenuto. Questo timido accenno di riurbanizzazione non attenua affatto il fenomeno della suburbanizzazione, che continua ad essere la principale modalità insediativa del sistema urbano lucchese. Il saldo migratorio netto del resto dell Area Lucchese (la corona) è, infatti, ulteriormente cresciuto ed appare meno scalfito dalle perdite naturali. Da notare (ancora Tabella 5), che tutti i comuni della Piana, ad eccezione di Villa Basilica, contribuiscono positivamente alla formazione di detto saldo ed in tutti l apporto migratorio compensa ed eccede il deficit naturale. La variazione per movimento migratorio esalta ancor più della variazione per movimento totale il ruolo guida nel processo di redistribuzione della popolazione dal centro verso la periferia dei comuni di Altopascio e Capannori, e più recentemente di Porcari e Montecarlo. La recente performance del comune capoluogo, in termini di crescita migratoria, è certamente dovuta, in larga misura, alla forte crescita della componente estera del saldo migratorio. Ma potrebbe sottintendere anche l avvio o il rafforzamento di un processo di gentrification, di ritorno nel centro storico dei segmenti emergenti dei ceti sociali medi ed alti per il ripristino di proprietà immobiliari ; una riurbanizzazione selettiva che farebbe riacquistare al centro storico la sua funzione residenziale, condividendola con quella di rappresentanza politica ed economica. Si tratta, comunque, di dinamiche molto complesse in cui si intrecciano fattori demografici ma anche economico-sociali in una successione non necessariamente lineare, anzi più frequentemente in concomitanza o in concatenazione. La stessa gentrification viene da alcuni già messa in discussione come categoria interpretativa delle nuova realtà urbana, almeno per ciò che concerne la sua dimensione sociale in quanto la nuova colonizzazione delle aree centrali urbane da parte dei ceti medio-alti non farebbe necessariamente diminuire, in queste aree, le sacche di povertà (Sbordone, 2001). Valutare, quindi, se questo processo sia davvero in atto ed eventualmente quali siano la sua dimensione e la sua valenza; se ed in che misura sia la conseguenza dei pregressi fenomeni di suburbanizzazione; quanto rappresenti una specifica fenomenologia dell attuale modello di differenziazione sociale ed economica e di ristrutturazione dello spazio urbano, tutto questo (ed altro) potrebbe essere il compito di una futura ricerca. 2.3 La struttura per età Il raffronto dell evoluzione demografica del centro e della periferia ci ha fornito un quadro sufficientemente dettagliato delle dinamiche insediative che hanno caratterizzato il sistema territoriale lucchese dagli anni cinquanta ai primi anni del duemila. La transizione da una tipologia d insediamento a un altra, segnata dai diversi ritmi di crescita demografica delle componenti del sistema, ha agito tuttavia non solo sulla dimensione e sulla distribuzione territoriale della popolazione, ma anche sulla sua struttura. Sono note le relazioni tra gli elementi del sistema demografico: i flussi (naturali e migratori) influenzano la numerosità, ma anche la struttura per età della popolazione; d altra parte i flussi dipendono, in senso assoluto, dall ammontare della popolazione e, in senso sia assoluto che relativo, dalla sua struttura per età. I flussi, però, oltre che da questi elementi strutturali, dipendono anche dai comportamenti (De Santis, 1997). 20