PROTEOLISI DEI FATTORI DELLA COAGULAZIONE

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PROTEOLISI DEI FATTORI DELLA COAGULAZIONE Fattore di von Willebrand e porpora trombotica trombocitopenica SOMMARIO Sistema della coagulazione Il sistema della coagulazione rappresenta una cascata di reazioni molto complessa che vede coinvolte glicoproteine, lipoproteine e ioni calcio, classificati tutti sotto il termine generico di fattori della coagulazione. I fattori della coagulazione, fatta eccezione per il fattore tissutale, si ritrovano nel plasma tutti sottoforma di precursori inattivi, pronti ad essere attivati da stimoli lesivi nei confronti del sistema vasale. Durante un evento coagulativo si verifica la reciproca interazione fra queste proteine in un delicato intreccio di reazioni a catena, dove ciascuna molecola può venire attivata da un altra e fungere a sua volta da attivatore per quella successiva. Finissimi meccanismi di controllo regolano l intero processo. Grazie alle moderne tecniche biochimiche e di biologia molecolare, oggi si conosce in dettaglio la struttura e la sequenza aminoacidica sia dei precursori che delle forme attive di ciascun fattore della coagulazione. Di particolare interesse è il fattore di von Willebrand, che generalmente lo si ritrova strettamente associato al fattore VIII per proteggerlo dalla degradazione e veicolarlo nel plasma; questi due fattori, se mutati, possono dar luogo a gravissime patologie come ad esempio emofilia o sindrome di von Willebrand. Fattore di von Willebrand Il fattore di von Willebrand (vwf) è una glicoproteina formata per il 15% da una componente glucidica ed è peculiare nel suo genere per avere un elevato numero di cisteine tutte impegnate nella formazione di ponti disolfuro. Viene sintetizzato sia dalle cellule endoteliali che dai megacariociti e la sua funzione principale è quella di mediare l interazione sia tra piastrina e piastrina che tra piastrina e cellule endoteliali. Queste interazioni avvengono grazie al riconoscimento di un recettore glicoproteico di membrana appartenente alla famiglia delle integrine, la GPIb. Dall mrna viene tradotto un precursore di pre-pro-vwf, il quale contiene rispettivamente un breve peptide segnale, l antigene II del vwf e la forma monomerica del vwf. Questa molecola dimerizza nel reticolo endoplasmatico, va incontro a taglio proteolitico delle prime due porzioni 1

elencate, successivamente viene trasferito nell apparato del Golgi, nel quale subisce la glicosilazione utile per garantire la stabilità di questa molecola, ed infine viene raccolto in particolari granuli di deposito dove forma enormi multimeri. I multimeri vengono realizzati tramite la formazione di ponti disolfuro tra le porzioni N-terminali di dimeri adiacenti. Questi multimeri non si trovano liberi nel plasma, ma vengono depolimerizzati da una proteasi specifica non appena sono secreti dalle loro vescicole. ADAMTS13 Da tempo si era intuita l esistenza di un enzima specifico che avesse il compito di scindere gli enormi multimeri del vwf che si trovano nei granuli di deposito, ma soltanto recentementi si è stati in grado prima di purificare, poi di sequenziare questa proteasi. Il primo passo è stato quello della mappatura del gene che la codifica, localizzato sul cromosoma 9, quindi si è clonato il suo cdna e da questo si è giunti alla traduzione della proteina (potenzialmente funzionale). Dall analisi della sequenza aminoacidica si è potuta stabilire l apparteneza di questo enzima alla famiglia delle metalloproteasi ADAMTS (acronimo di a disintegrin-like and metalloprotease with thrombospondin type 1 ) e le fu dato nome ADAMTS13. ADAMTS13 conta 1427 aminoacidi ed ha una struttura molto eterogenea, infatti presenta un dominio di metalloproteasi reprolisina, uno di disintegrina, un repeat di trombospondina-1, un dominio ricco in cisteina, una sequenza spaziatrice, altri sette repeat aggiuntivi di trombospodina-1 e due domini CUB. Il suo compito principale è quello di operare un taglio proteolitico tra la 842- Tyr e la 843-Met del vwf non appena questo viene secreto nel plasma. In questo modo vengono ridotti di peso gli enormi multimeri del vwf, che altrimenti avrebbero un affinità troppo elevata per le piastrine e ne provocherebbero quindi l aggregazione anche quando non sarebbe fisiologicamente necessario, con danni gravissimi per l organismo. Porpora trombotica trombocitopenica Da recenti studi si è dimostrato che se insorgono mutazioni geniche che compromettono l attività della proteasi ADAMTS13, il vwf non viene processato correttamente; questo può dar luogo ad una rara patologia quale la porpora trombotica trombocitopenica (TTP). Gli eventi principali che la caratterizzano sono la formazione di piccoli trombi nei microvasi sanguigni, innescata dalle enormi forme multimeriche del vwf non processato che presentano elevata affinità per i recettori GPIb. I sintomi più evidenti di questa malattia sono l insorgere di anemia emolitica, trombocitopenia, disturbi neurologici, febbre e disordini a livello renale. La terapia dimostratasi finora più efficace è 2

l infusione di plasma fresco, questo trattamento permette infatti di ripristinare i livelli di proteasi attiva e quelli del vwf fisiologico. Della TTP non esiste soltanto la forma ereditaria (comunemente chiamata TTP famigliare), questo disturbo presenta infatti molteplici cause eziologiche, la forma più diffusa prevede infatti il coinvolgimento di un meccanismo autoimmune dove il paziente sviluppa anticorpi diretti contro la proteasi di taglio del vwf. La TTP può anche manifestarsi come complicazione secondaria stimolata da altri danni perturbativi, come infezioni batteriche o virali, gravidanza, trapianti o uso di droghe. Con la scoperta di ADAMTS13 si sono aperte le porte per la ricerca di una cura più mirata e magari, in futuro, per la terapia genica, perlomeno per quanto riguarda la forma famigliare della TTP. Comunque già oggi è stata sensibilmente ridotta l incidenza della mortalità a circa il 5-10% dei casi, contro il 90% che si verificava nell immediato dopoguerra. 3

1. I fattori della coagulazione Il sistema della coagulazione coinvolge proteine, lipoproteine e ioni calcio. La nomenclatura attualmente utilizzata per i fattori della coagulazione è stata semplificata indicando questi con numeri romani, insieme con eventuali sinonimi per ciascun fattore, come ad esempio il fibrinogeno rappresenta il fattore I, la protrombina è il fattore II, il fattore tissutale è il fattore III e gli ioni calcio sono il fattore IV. I numeri sono stati attribuiti secondo l ordine di scoperta dei singoli fattori e non hanno alcun rapporto con la sequenza delle reazioni della coagulazione. Non esiste un fattore VI; i numeri indicano i fattori nella loro forma presente nel plasma (salvo che per il fattore III), mentre le forme attive degli zimogeni sono contraddistinte da una lettera a in basso a lato del numero romano. Infine altre molecole essenziali per la coagulazione non sono contemplate nella numerazione romana, come ad esempio i lipidi. Molti dei fattori della coagulazione circolano in forma di precursori inattivi di enzimi proteolitici (serina-proteasi) o di cofattori enzimatici. Tutti i fattori della coagulazione, eccetto il fattore tissutale, circolano nel plasma in una forma inattiva (o precursore). Anche il fibrinogeno, che è trasformato in fibrina nella fase finale della coagulazione, non ha né un attività enzimatica, né funzione di cofattore. Le moderne tecniche biochimiche e di biologia molecolare hanno permesso una dettagliata caratterizzazione dei fattori della coagulazione nella loro forma nativa e attiva. Per gli studi di chimica sono stati utilizzati soprattutto campioni di sangue bovino ed umano. La definizione delle sequenze aminoacidiche parziali delle proteine purificate ha permesso la costruzione di sonde oligonucleotidiche che sono state utilizzate per l isolamento dei cloni di cdna codificanti per le rispettive proteine. La determinazione della sequenza del cdna ha reso possibile, a sua volta, la definizione della sequenza aminoacidica completa della proteina matura. Il fibrinogeno (fattore I), è una glicoproteina dal peso molecolare di circa 340 kd, costituita da tre coppie di catene peptidiche unite da ponti disolfuro per formare una molecola composta da due metà simmetriche, nelle quali si distinguono una catena Aα, una Bβ e una γ unite alle estremità. Pertanto, il centro della molecola, che forma un dominio ricco di legami disolfuro chiamato nodo disolfuro N-terminale, contiene i fibrinopeptidi nascenti. La trombina scinde con rapidità soltanto 4 dei circa 300 legami arginina-glicina trasformando il fibrinogeno in fibrina. Il fibrinogeno piastrinico rappresenta fino il 15% delle proteine totali dei trombociti; in parte deriva dal plasma e viene quindi adsorbito ed in parte è intrapiastrinico. Il fattore II o protrombina, assieme ai fattori VII, IX e X, rappresentano le 4 proteine della coagulazione che richiedono la vitamina K per la loro completa biosintesi. La vitamina K è 4

necessaria per la carbossilazione di alcuni residui di glutammato, i quali vengono convertiti in γ- carbossiglutammato. Inoltre è stata osservata una seconda modificazione di queste proteine vitamina K-dipendenti, la β-idrossilazione di un residuo di aspartato. La protrombina umana è formata da 579 aminoacidi ed è una catena polipeptidica singola che contiene dal 10 al 15% di carboidrati disposti in tre catene laterali. La protrombina viene convertita in trombina in seguito all idrolisi di alcuni legami peptidici operati dal fattore Xa e dalla trombina stessa e la velocità di questi tagli è regolata dal fattore V. Il fattore III, noto anche come fattore tissutale, contiene 236 residui aminoacidici, comprendenti tre siti potenziali di N-glicosilazione e si trova associato alla membrana di numerose cellule, in particolar modo quelle facenti parti del cervello, dei polmoni e della placenta. Esso funge da cofattore per il fattore VII o VIIa, con il quale forma un complesso catalitico in presenza di ioni calcio. Il fattore VII è una glicoproteina circolante nel plasma in forma di singola catena di 406 aminoacidi. L attivazione in presenza di fattore tissutale, fosfolipidi e calcio genera una molecola composta da due catene con spiccata attività serina-proteasica. L attività del fattore VII è spesso più alta nel siero che non nel plasma ed è incrementata dal contatto con il vetro o con altre superfici. Il fattore V, la cui caratterizzazione è stata resa difficile a causa dell instabilità nel plasma, è costituito da una singola catena polipeptidica che a maturazione avvenuta, contiene carboidrati per il 13%. Viene attivato dalla trombina o dal fattore Xa, generato direttamente dal complesso fattore tissutale- FVII/FVIIa. Il fattore XI è una glicoproteina formata da due subunità unite tra di loro da ponti disolfuro. L attivazione del fattore XI comporta la rottura di legami 369Arg-370Leu all interno di ciascuna subunità, con formazione di un tetramero comprendente due catene leggere e due pesanti. Le catene leggere contengono il sito attivo caratteristico delle proteasi seriniche. Il fattore XII, glicoproteina zimogeno di serina-proteasi, richiede per l attivazione superfici con cariche negative, quali ad esempio vetro, collagene, acidi grassi, terra ricca di diatomee e così via. Il fattore XIIa è a sua volta in grado di attivare la precallicreina in callicreina, tagliando un legame Arg-Ile. La callicreina, serina-proteasi costituita da una catena leggera e una pesante legate da ponti disolfuro, taglia a sua volta altre molecole di fattore XII per attivarle enzimaticamente. Il fattore XIII si trova in due forme: quella libera nel plasma, costituita da un tetramero con due catene a e due catene b (ricche di carboidrati) e la forma presente nelle piastrine, che ha un peso molecolare pari a circa la metà della forma libera e presenta solo due catene a. Il fattore XIII viene attivato da un taglio Ca 2+ -dipendente operato dalla trombina, che comporta il rilascio di un peptide di 37 aminoacidi. 5