IL TECNICO LEGALE QUINDICINALE DI NORME, PRASSI E METODOLOGIE PER CTU, CTP, PERITO, MEDIATORE E ARBITRO.

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IL TECNICO LEGALE QUINDICINALE DI NORME, PRASSI E METODOLOGIE PER CTU, CTP, PERITO, MEDIATORE E ARBITRO 5 16 marzo 2012 www.immobili24.ilsole24ore.com

IL TECNICO LEGALE 5 Direttore Responsabile: Paolo Poggi Coordinatore editoriale: Piera Perin Redazione: Paola Furno Direttore scientifico: Paolo Frediani In questo numero Proprietario ed Editore: Il Sole 24 Ore S.p.A. via Monte Rosa 91 20149 Milano Presidente: Giancarlo Cerutti Amministratore Delegato: Donatella Treu Reg. Trib. Milano n.181 del 31.3.2011 Questo fascicolo è stato chiuso il 16.03.2012 Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell Editore Redazione: per informazioni in merito a contributi, articoli e argomenti trattati: tel. 02.3022.3644, 02.3022.3692 fax 02.3022.3992 Servizio Clienti Periodici: tel. 02-06.3022.5680, fax 02-06.3022.5400, e-mail: servizioclienti.periodici@ ilsole24ore.com Amministrazione Vendite: Via Tiburtina Valeria km 68,700 67061 Carsoli (AQ) fax 02-06.3022.5402 Abbonamento annuale (Italia): 75,63 (IVA compresa). Per conoscere eventuali offerte promozionali, contatti il Servizio Clienti (tel. 02 oppure 06 3022.5680; e-mail: servizioclienti.periodici@ilsole24ore.com). Gli abbonamenti possono essere sottoscritti telefonando direttamente e inviando l importo tramite assegno non trasferibile intestato a: Il Sole 24 ORE S.p.A., oppure inviando la fotocopia della ricevuta del pagamento sul c.c.p. n. 31481203. La ricevuta di pagamento può essere inviata anche via fax al numero Agenda Fiere, corsi e convegni... pag. 04 Notiziario Dalle professioni... pag. 05 Commenti Processo amministrativo di primo grado e impugnazioni di Stefano Bracci... pag. 08 Il processo penale (3) di Leonardo Degli Innocenti e Stefano Trovani... pag. 17 Gli standard urbanistici di Serena Pollastrini... pag. 26 Professione CTU L udienza di conferimento d incarico (2) di Paolo Frediani... pag. 32 Question time La riduzione e la semplificazione dei procedimenti civili risponde Nicola Luigi Giorgi... pag. 38 02 (oppure 06) 3022.5406 www.immobili24.ilsole24ore.com IL TECNICO LEGALE 5 2012 2

urbanistica Gli standard urbanistici di Serena Pollastrini 1. Che cosa sono gli standard urbanistici? Per standard urbanistici si intende la determinazione delle quantità minime di spazi pubblici o di uso pubblico, espresse in metri quadrati per abitante, che devono essere riservate nei piani, sia generali sia attuativi. In tutti i comuni, ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi. I limiti e i rapporti previsti sono definiti per Zone territoriali omogenee. 2. Quali sono le Zone territoriali omogenee? Ai fini della verifica del rispetto degli standard, il territorio comunale è diviso in sei Zone omogenee: Zona A, centro storico; Zona B, zona di completamento; Zona C, zona di espansione; Zona D, zona per insediamenti produttivi; Zona E, zona agricola; Zona F, zona per impianti e attrezzature collettive. 3. Quali sono gli standard edilizi? Vincoli relativi alle caratteristiche fisiche dell edilizia, inerenti: la dimensione minima e massima del lotto edificabile; il rapporto di copertura = tra la superficie copribile e quella del lotto; l indice di fabbricabilità (rapporto tra cubatura e superficie); l altezza degli edifici (geometrica o sostanziale); i distacchi (dai confini, dalle strade ecc.). Il problema dell indicazione operativa delle quantità previsionali è uno dei quesiti classici di ogni pianificazione, al quale si è cercato di dare risposta mediante l elaborazione di opportuni indicatori o indici, che fungessero da guida e nel contempo anche da strumento di controllo nella pianificazione del piano. L urbanistica, infatti, ha come primaria necessità quella di controllare le quantità delle trasformazioni dello spazio; in secondo luogo, che le previsioni quantitative del piano devono essere espresse in termini utilizzabili da tutti i soggetti che concorrono all attuazione del piano stesso e infine che (in Italia, a causa della metodologia attuativa dominante) questi termini non possono essere costituiti che da appositi indicatori o indici urbanistici. Si tratta, perciò, di individuare dei parametri che risultino idonei a fungere da indicatori per la pianificazione dello spazio, tenuto conto delle specifiche condizioni operative di tale pianificazione. IL TECNICO LEGALE 5 2012 26

Lo sforzo di individuazione si è finora rivolto al settore dei parametri spaziali: ciò non tanto in accordo con il raggiungimento, ineccepibile solo in apparenza, che, trattandosi di pianificazione dello spazio, è giusto che siano di natura spaziale gli indicatori, quanto in conseguenza del fatto che per lunghissimo tempo si è ritenuto che il principale, se non l unico, fattore di trasformazione del territorio fosse l attività costruttiva, le cui quantità si esprimono appunto in misure spaziali. Oggi questa convinzione è da tutti superata, ma non si è ancora giunti a proporre dei parametri di diversa natura (demografici, economici) in sostituzione dei vecchi parametri spaziali. Questi hanno senza dubbio il pregio di essere immediatamente recepibili e utilizzabili da parte di tutti gli operatori, ma difficilmente riescono a garantire un controllo efficace delle quantità del piano, soprattutto di quelle non spaziali. In corrispondenza delle tre diverse grandezze spaziali, i parametri assunti al rango di indici urbanistici sono di tre tipi: lineare; superficiale; volumetrico. L indice di altezza massima A un parametro di tipo lineare corrisponde l indice urbanistico denominato altezza massima (H max). Esso si calcola all unica dimensione lineare libera da vincoli obiettivi, cioè all unica a cui è possibile e utile esercitare un controllo; è nel senso dell altezza infatti che ciascun operatore potrebbe spaziare, mentre lunghezza e larghezza sono dimensioni obbligate, dipendenti dall estensione di ogni proprietà. Questo indice controlla solo una delle quantità urbane, la quantità dello sfruttamento in altezza dello spazio, ma non serve a tradurre in atto le altre quantità previste dal piano L indicazione di altezza massima viene data in forma di misura assoluta (per esempio, H max = 6,50 ml), con la quale si computa l altezza massima generalmente dal piano originario di campagna (o, dove esista, dal marciapiede) alla linea di gronda del fabbricato. Pertanto, l operatore che per ipotesi si trovi a dover agire in una zona classificata residenziale e con un indice di H max di 6,50 ml, sa che potrà realizzare fabbricati per abitazione alti fino a 6,50 ml, esclusa la copertura, cioè con due piani abitabili fuori terra (calcolando l altezza di un piano, solaio compreso, metri 3,20). Il rapporto di copertura Corrisponde invece a un parametro di superficie, l indice denominato rapporto di copertura (RC): stabilisce la quantità di suolo che può essere sfruttato per l edificazione e, per esclusione, la quantità di suolo che deve essere sottratta allo sfruttamento edificativo in vista di necessità future o semplicemente per assicurare un rapporto equilibrato di spazi coperti e spazi scoperti. Questo indice è un risultato della ricerca condotta dai razionalisti sull uso ottimale del terreno e per l acquisizione del massimo di superficie libera e possibilmente verde, a corredo dell edificato. IL TECNICO LEGALE 5 2012 27

Normalmente la forma adoperata è quella della percentuale: per es. RC = 30. Questo significa che della superficie di terreno disponibile quale che sia la sua dimensione, ogni operatore può coprire la quantità indicata in percentuale e deve lasciare sgombro il rimanente. Nel caso dell esempio fatto, un operatore che disponga di 2.000 mq di terreno fabbricativo potrà coprirne con edifici il 30% cioè 600 mq., e dovrà lasciare scoperto il rimanente 70%, cioè 1.400 mq. Il rapporto di copertura si applica alla superficie fabbricativa netta, cioè alla superficie effettivamente disponibile per l edificazione, escluse le aree destinate a strade, giardini pubblici, attrezzature in genere. Tale indice mostra la sua valenza quando è riferito a terreni ancora non urbanizzati, per i quali la procedura di attuazione è costituita dal piano di lottizzazione: in questo caso il calcolo della superficie da coprire non può essere fatto sull area totale da lottizzare (superficie fabbricativa lorda), ma su quel che rimane da essa detratte la cosiddetta P.A., cioè le aree per pubbliche attrezzature (strade, piazze, e tutte le attrezzature previste dagli standard del piano). Se dunque un operatore dispone di 40.000 mq. di terreno da urbanizzare e vuol sapere quanti mq. può coprire con fabbricati in base al RC = 20%, deve detrarre dalla superficie totale le aree P.A. che in prima approssimazione e salvo successive verifiche occuperanno il 35% del terreno, cioè 14.000 mq., e otterrà la superficie fabbricativa netta, pari a 26.000 mq: a questa applicherà il rapporto di copertura e saprà che possono essere occupati da costruzione 5.200 mq di terreno, mentre ne dovranno rimanere scoperti 20.800 mq. Il controllo di questi indici non si esercita però soltanto sulle qualità di sfruttamento superficiale del terreno; unito all indice di altezza massima, il rapporto di copertura è in grado di controllare anche le quantità volumetriche, cioè le quantità dello sfruttamento complessivo dello spazio. È chiaro, infatti, che applicando contemporaneamente i due indici a un terreno otteniamo la dimensione di un volume, che pertanto è il volume realizzabile su quel terreno. Ad es.: su un terreno di 1.000 mq sono applicati i seguenti indici: H max = 7 ml; RC = 35%; la superficie utilizzabile è dunque di 350 mq e l altezza raggiungibile di 7 ml: se sui 350 mq si elevano 7 m di costruzione, si ottengono 350 x 7 = 2.450 metri cubi di edificato, che sono il volume ammissibile su quel terreno in base ai due indici. L indice di fabbricabilità È questo un terzo indice, che corrisponde a un parametro spaziale di tipo volumetrico e assume il nome di indice di fabbricabilità (IF): stabilisce la quantità di volume fabbricabile in una data zona ossia, nell ottica della preminenza dell attività costruttiva, la quantità complessiva dello sfruttamento dello spazio; è perciò l indice più importante. È anche quello che traduce nella maniera più immediata gli obiettivi del pianificatore, nella misura in cui essi sono traducibili in termini fisici o di quantità spaziali; è altresì di più diretta lettura per tutti gli operatori coinvolti nell attuazione del piano, in quanto fornisce esplicitamente indicazioni sulla quantità che in genere preme più conoscere: la cubatura. Anche l indice di fabbricabilità, come il rapporto di copertura, viene espresso IL TECNICO LEGALE 5 2012 28

in forma di misura relativa e per le medesime ragioni. Il termine di riferimento è anche qui la superficie di terreno disponibile; a essa viene rapportata, in forma di quoziente, la cubatura realizzabile. L espressione dell indice di fabbricabilità dipende dunque dalla divisione del numero dei metri cubi edificabili per il numero di metri quadrati disponibili, ed è un numero puro che indica quanti metri cubi sono realizzabili per ogni metro quadro di terreno disponibile (per questo si usa accompagnare il numero dell indice con il simbolo mc/mq). Assegnare pertanto ad un terreno un IF = 3 mc/mq significa dire che su un terreno si possono realizzare tre metri cubi di costruzione ogni metro quadro di superficie, se la superficie è di 1.000 mq si potranno costruire 3.000 mc. L operatore dunque, può conoscere la cubatura attribuitagli di cui dispone. È diffuso l uso di sdoppiare l indice di fabbricabilità in due diversi indicatori. Il primo prende il nome di indice di fabbricabilità territoriale (IFT) e si definisce come la cubatura edificabile per ogni metro quadro di superficie fabbricativa lorda: viene utilizzato prevalentemente all interno di strumenti urbanistici generali, in quanto è riferibile a vaste aree di intervento considerate in modo globale. Il secondo prende il nome di indice di fabbricabilità fondiaria (IFF) e si definisce come la cubatura edificabile per ogni metro quadro di superficie fabbricativa netta: viene impiegato prevalentemente all interno di strumenti urbanistici attuativi. Quando gli aggettivi territoriale o fondiario non vengono specificati, l indice si deve intendere come l indice di fabbricabilità fondiaria e si applica alla superficie fabbricativa netta: nel caso di aree non ancora urbanizzate occorrerà pertanto procedere nel modo già indicato a proposito del rapporto di copertura, cioè scorporando le aree P.A. L efficacia dell indice di fabbricabilità come indicatore delle quantità di sfruttamento dello spazio è comprovata dal fatto che lo stesso viene utilizzato non solo nel caso della pianificazione, ma anche in sede di analisi urbana e territoriale. Diventa in questo caso un rilevatore della situazione urbanistica di un certo ambito spaziale e assume il nome di densità edilizia, mantenendo lo stesso significato di quantità di volume per unità di superficie. Anche la densità edilizia viene distinta in territoriale e fondiaria a seconda dell area sulla quale viene computata: è territoriale se il volume complessivo edificato viene rapportato all intera area presa in esame; è fondiaria se il rapporto si stabilisce tra il volume e l area che risulta dalla detrazione delle strade, piazze e spazi pubblici in genere. Specialmente questo rilevatore fornisce la misura dell addensamento delle quantità urbane in una parte di territorio e permette di confrontare aree con addensamenti diversi. Gli standard urbanistici Nel campo della pianificazione territoriale l espressione standard urbanistico è usata con il significato di riferimento normativo unificato per la misurazione, più frequentemente quantitativa ma anche qualitativa, di uno stato in atto ovvero previsto, al fine di garantire condizioni comunque qualitative minime all assetto insediativo o non del suolo. In questo senso gli standard urbanistici IL TECNICO LEGALE 5 2012 29

costituiscono parametri di relazione tra una condizione da perseguire necessariamente e il modo per perseguirla. Si intende con questo termine la quantità di spazio da destinare alle attrezzature necessarie alla vita associata, spazio inteso come superfici di terreno o volumi edificati ed espresso in mq/abitanti. In senso più generale si intende l insieme delle grandezze fisiche e dei fattori di qualità che caratterizzano un insediamento. Per garantire a tutta la popolazione una dotazione minima, sono stati stabiliti per legge ( legge Ponte e D.M. lavori pubblici 1444 del 2 aprile 1968) alcuni standard urbanistici. Le disposizioni più importanti contenute nel D.M. 1444/1968 Il territorio oggetto di pianificazione è suddiviso in 6 zone omogenee: Zona A: centri e zone di particolare pregio storico; Zona B: zone totalmente o parzialmente edificate; Zona C: zone di espansione residenziale; Zona D: zone destinate all industria; Zona E: zone agricole; Zona F: zone per attrezzature di interesse generale. Z. T. O. Dotazioni minime di suolo A) centri e zone di particolare pregio storico B) zone totalmente o parzialmente edificate (Ac 12,5%, It 1,5 mc./mq.) C) zone di espansione residenziale La metà di quelle previste per le zone C La metà di quelle previste per le zone C Comuni >10.000 abitanti: 18 mq./ab. così suddivisi: 4,5 per istruzione e assistenza all infanzia 2,00 per attrezzature di interesse collettivo 9,00 per verde, parchi, giardini, sport 2,50 per parcheggi pubblici (+1/10 di verde per parcheggi privati) Comuni <10.000 abitanti e zone residenziali con If 1mc./mq.: 12 mq. con 4,00 per istruzione In zone paesaggisticamente delicate la dotazione di verde aumenta a 15,00 mq./ab. D) zone destinate all industria Una superficie 10% va destinata ad attività collettive, verde e parcheggi E) zone agricole 6,00 mq./ab. per attività collettive e istruzione F) zone per attrezzature di interesse generale 1,50 mq./ab. per istruzione superiore 1,00 mq./ab. per attrezzature sanitarie 15,00 mq./ab. per parchi urbani e territoriali IL TECNICO LEGALE 5 2012 30

Limiti di altezza degli edifici (art. 8) Limiti di distanza tra i fabbricati (art. 9) Le altezze massime degli edifici per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: Zone A: non è consentito superare le altezze degli edifici preesistenti, computate senza tener conto di soprastrutture o di sopraelevazioni aggiunte alle antiche strutture; per le eventuali trasformazioni o nuove costruzioni che risultino ammissibili, l altezza massima di ogni edificio non può superare l altezza degli edifici circostanti di carattere storico- artistico. Zone B: l altezza massima dei nuovi edifici non può superare l altezza degli edifici preesistenti e circostanti, con l eccezione di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano-volumetriche, sempre che rispettino i limiti di densità fondiaria di cui all art. 7. Zone C: contigue o in diretto rapporto visuale con Zone del tipo A: le altezze massime dei nuovi edifici non possono superare altezze compatibili con quelle degli edifici delle Zone A predette. Edifici ricadenti in altre zone: le altezze massime sono stabilite dagli strumenti urbanistici in relazione alle norme sulle distanze tra i fabbricati di cui al successivo art. 9. Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: Zone A: per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale. Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Zone C: è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml 12. Le distanze minime tra fabbricati tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: ml 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml 7; ml 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml 7 e ml 15; ml 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml 15. Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano-volumetriche. Le leggi urbanistiche regionali hanno in qualche misura modificato le quantità minime di cui al D.M. 1444/1968, non altrimenti però che in aumento, poiché le quantità stesse, come determinate dal decreto, sono da considerarsi minime e inderogabili. Serena Pollastrini Libera professionista in Pesaro, esperta nel settore delle consulenze tecniche. Coordinatrice e progettista di corsi e seminari di studio a elevata specializzazione tecnica. IL TECNICO LEGALE 5 2012 31