Protocollo Clinico dell Osteoporosi. Definizione. Epidemiologia



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REGIONE LAZIO AZIENDA UNITA SANITARIA LOCALE FROSINONE Via A. Fabi, s.n.c. 03100 FROSINONE Tel. 0775 8821 Protocollo Clinico dell Osteoporosi Definizione E una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata dalla riduzione della massa ossea e da alterazioni qualitative strutturali della macro e microarchitettura dell osso e delle sue proprietà materiali, che si accompagnano ad incremento del rischio di frattura. Come vedremo meglio in seguito, si distinguono due forme di osteoporosi: quella primitiva, che compare dopo la menopausa (postmenopausale) e/o nell età avanzata ( senile ) e quella secondaria, determinata da un ampio numero di malattie croniche e dall uso continuativo o prolungato di farmaci. (1) Epidemiologia L osteoporosi è una malattia di rilevanza sociale e rappresenta un serio problema di salute pubblica in tutti quei Paesi, tra cui l Italia, in cui si assiste ad un progressivo e crescente invecchiamento della popolazione. L avanzare dell età costituisce una essenziale condizione di perdita della massa ossea sia nei maschi che nelle femmine, ove le manifestazioni sono più precoci. In particolare, una donna trascorre oggi il 40% della propria esistenza in postmenopausa e questo stato di protratta carenza estrogenica induce cospicue perdite di massa ossea I risultati dello studio ESOPO (figura 1), condotto nel 2001, su 16.000 soggetti, da 83 centri specialistici distribuiti in tutto il territorio nazionale, dimostrano che circa il 23% delle donne over 40 ed il 14% degli uomini over 60 è affetto da osteoporosi. Inoltre circa il 42% delle donne ed il 34% degli uomini in queste fasce di età presenta osteopenia e quindi un maggiore rischio di incorrere nella osteoporosi e nelle sue complicanze. Struttura Semplice di Staff di Direzione Generale Protocolli Assistenziali e Linee Guida Via A.Fabi, s.n.c. 03100 Frosinone Tel. 0775 882309

Lo sviluppo di questi dati porta a stimare che attualmente nel nostro Paese circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini siano portatori di osteoporosi, mentre oltre 6,5 milioni di femmine e 2 milioni di maschi siano affetti da osteopenia. (2) Figura 1. Prevalenza di osteopenia ed osteoporosi nella popolazione femminile Poiché, come i dati epidemiologici dimostrano, le femmine sono colpite dalla osteoporosi circa 4 volte di più dei maschi, anche i rischi e le complicanze fratturative sono diverse. Una ogni 2 donne e uno ogni 8 uomini over 50 avrà nei restanti anni di vita una frattura da fragilità del femore prossimale (F 17,5% ) (M 6% ), della colonna vertebrale ( F15,6% ) (M 5%) e avambraccio distale (F 16% ) (M 2,5% ), ed i tassi di incidenza di frattura del femore crescono in modo esponenziale dal 65 anno di età, raddoppiandosi pressappoco ogni 5 anni e superando il valore di oltre 400/10.000 nelle donne over 85. ( 3 ) Le conseguenze delle fratture di femore, sia sotto l aspetto della morbilità che sotto quello dell impatto socio-economico, sono molto pesanti con una mortalità del 15-25% ed una disabilità motoria che colpisce più della metà dei pazienti nel corso dell anno successivo all intervento. ( 4 ) Tra gli anziani le fratture osteoporotiche costituiscono una delle maggiori cause di morte, con una incidenza pressoché sovrapponibile a quella degli ictus, del carcinoma mammario e quattro volte superiore a quella del carcinoma dell endometrio. Il 50% delle donne con frattura del femore, invece, presenta un marcata riduzione del livello di autosufficienza che, nel 29% dei casi, richiede istituzionalizzazione a lungo termine.inoltre si calcola che nel nostro Paese si verifichino, ogni anno, circa 80.000 fratture del femore, con un onere

economico di oltre 800.000.OOO di euro per la sola assistenza ospedaliera. (tabella 1) ( 5, 6 ) Tab.1 Incidenza e costi delle fratture di femore in Italia anno 2002 Sebbene le valutazioni sotto il profilo epidemiologico ed economico siano di netto appannaggio per le frattura del femore, in questi ultimi anni stanno emergendo anche le fratture vertebrali, che in due casi su tre, pari al 13%, non sono diagnosticate ( figure 2 e 3 ). In una donna che ha superato i 50 anni il rischio di avere nel corso della vita una frattura vertebrale è del 35%. Il 25% di tali soggetti possono incorrere in una nuova frattura nell anno successivo ed il costo delle fratture ricorrenti è quattro volte superiore rispetto al costo medio della prima fattura.( 7 ) Figura 2 Incidenza fratture nelle donne Figura 3 Incidenza fratture nei maschi

Appare pertanto evidente che, solo in tempi recenti, l osteoporosi è stata collocata nella giusta dimensione assurgendo a malattia di rilevanza sociale e sanitaria, di cui si è iniziata la valutazione in termini di impatto socioeconomico, sia per gli aspetti legati alle fratture in fase acuta, sia per le complicanze, per la riabilitazione e per l eventuale disabilità.( 8 ) Inoltre, visto che la terapia delle fratture varia da centro a centro, sia per un diverso approccio clinico che per l utilizzo o l accesso alla rete dei servizi postospedalaieri, si rende necessaria l attivazione di un Registro Prospettico delle fratture di femore, già presente in altri Paesi, allo scopo di rendere omogeneo il profilo di cura di questi pazienti. ( 9 ) Anche in Provincia di Frosinone, l'impatto sociale della malattia Osteoporosi e' rappresentato dal grande numero di fratture di femore, rilevato nell anno 2006, attraverso le schede di dimissione ospedaliera registrate dal sistema SIS della nostra Azienda Sanitaria. Come indicatori della spesa sostenuta dal nostro SSN, limitatamente alle fratture femorali, possono essere rappresentativi tutti i DRG ( Diagnosis Related Groups ) di interesse ortopedico, relativi agli interventi ed alla degenza ospedaliera per questa tipologia di diagnosi principale: DRG 209, DRG 210, DRG 211, DRG 235 E DRG 236. Il totale di tutti questi DRG, nel solo anno 2006, e' stato di 951 su una popolazione di circa 485.000 cittadini. Le fratture vertebrali, essendo nella maggioranza dei casi asintomatiche o paucisintomatiche, spesso sono misconosciute e non vengono ricoverate in ambiente ospedaliero. Pertanto, una indicazione dell'incidenza, potrebbe scaturire dall'analisi dei dati rilevabili dall'attivita' ambulatoriale dell'ambulatorio di Metabolismo Osseo ed Osteoporosi del Polo C. Nel corso del secondo semestre dell'anno 2007 sono state eseguite 539 visite ortopediche per osteoporosi. E' stata applicata la nota AIFA 79 nella prescrizione della terapia, finalizzata alla riduzione del rischio di fratture da osteoporosi a n 115 pazienti, cui l esame radiografico del rachide evidenziava fratture atraumatiche di almeno un corpo vertebrale. Sono stati, tra l altro, messi in trattamento farmacologico, a proprio carico, n 308 pazienti che non rientravano nella nota 79, ma presentavano una bassa BMD e fattori di rischio fratturativo.

Classificazione Così come accennato nella definizione distinguiamo osteoporosi primitiva e secondaria. L osteoporosi primitiva e le fratture osteoporotiche riconoscono una multifattorialità patogenetica. Alcuni fattori accentuano il rischio di fratture essendo responsabili della riduzione di massa ossea, come il sesso femminile, ridotto apporto dietetico di calcio, attività fisica ridotta o scarsa e menopausa precoce. Altri fattori accrescono il rischio o rendono più severe le conseguenze di cadute come disabilità, abuso di benzodiazepine, fattori ambientali e abuso di sostanze alcoliche. Altri ancora hanno una azione sinergica sia sulla massa ossea che sui rischi di cadute accidentali come età, fumo, basso peso corporeo e carenza di vitamina D. I fattori di rischio di fratture osteoporotiche sono evidenziati nella tabella 2. Tab.2. Fattori di rischio di fratture osteoporotiche Età Sesso femminile Menopausa prematura Amenorrea primaria e secondaria Ipogonadismo maschile primitivo e secondario Etnia europea o asiatica Storia di fratture atraumatiche Bassa densità minerale ossea Trattamento cortisonico Elevato turnover osseo Familiarità per frattura di femore Scarsa acuità visiva Basso peso corporeo Malattie neuromuscolari Fumo di sigaretta Eccessivo consumo di alcolici Immobilizzazione protratta Basso apporto di calcio Carenza di vitamina D Le forme secondarie di osteoporosi strettamente correlate a malattie croniche, ad abuso di sostanze come alcolici o droga o ad uso prolungato di farmaci, sono presentate nella tabella 3. In particolare, la terapia protratta con glucocorticoidi viene indicata come una delle principali cause di perdita della massa ossea, prevalentemente della componente trabecolare, con conseguente aumento del rischio di fratture, dopo appena pochi mesi di trattamento.

Tab. 3. Condizioni associate ad osteoporosi Ipogonadismo Ipercortisolismo Iperparatiroidismo Ipertiroidismo Iponatriemia Diabete mellito tipo 1 Acromegalia Deficit GH Malattie mielolinfoproliferative Mieloma multiplo Mastocitosi sistemica Talassemia Malattie croniche epatiche Celiachia Malattie infiammatorie croniche intestinali Gastrectomia Intolleranza al lattosio Malassorbimento intestinale Insufficienza pancreatica Artrite reumatoide LES Spondilite anchilosante Artrite psoriasica Sclerodermia Ipercalciuria idiopatica Acidosi tubulare renale Insufficienza renale cronica Broncopneumopatia cronica ostruttiva Anoressia nervosa Emocromatosi Fibrosi cistica Malattie metaboliche Trapianto d organo Alcoolismo Fumo Tossicodipendenza Farmaci (cortisonici, diuretici, ciclosporina,ormoni tiroidei ecc) Immobilizzazione prolungata Grave disabilità

Clinica La perdita di sostanza ossea postmenopausale è assolutamente asintomatica e proprio per questo sottostimata. ( 10 ) La sintomatologia dell osteoporosi è quindi silente e le uniche manifestazioni cliniche che evidenziano la presenza di osteoporosi sono le fratture vertebrali, femorali e del polso, generalmente conseguenza di traumi di lieve entità. Le fratture vertebrali da osteoporosi sono le più frequenti nelle donne in menopausa e, generalmente, si verificano alla giunzione dorso-lombare e meno frequentemente nel tratto medio-dorsale. In linea di massima si tratta di fratture non sintomatiche, diagnosticate incidentalmente, con l esecuzione di indagini radiologiche effettuate per altri motivi. Uno studio recente evidenzia che circa il 50% delle deformazioni vertebrali, presenti sui radiogrammi, non sono refertate dai radiologi e in un alto numero di casi, anche se refertate sulla radiografia, non sono oggetto di alcuna terapia. (11) Queste fratture sono gravate da accresciute morbilità e mortalità ; circa il 20% di queste recidivano nell anno successivo (12) ed il rischio di fratture in altre sedi, come femore e polso, è aumentato. (13,14) Le deformazioni vertebrali si associano poi a riduzione della statura, dolori acuti e recidivanti o cronici alla colonna vertebrale, deformazione della gabbia toracica, disabilità e riduzione della qualità della vita.(15,16,17) Infine le fratture vertebrali si accompagnano al elevata mortalità legata non solo alle complicanze polmonari da modificazioni della gabbia toracica, ma anche a cause diverse (18) e rappresentano un indice di cattivo stato di salute ( figura 4). Figura 4. Effetti delle fratture vertebrali osteoporotiche

Diagnosi L inquadramento clinico di pazienti affetti o con sospetto di osteoporosi deve necessariamente basarsi su una valutazione clinica completa, sulla identificazione dei fattori di rischio e sulla valutazione della densità ossea ( osteopenia/osteoporosi ). La valutazione anamnestica delle fratture da fragilità del femore e del polso è molto più semplice di quanto non lo siano quelle vertebrali, che spesso non sono clinicamente evidenti ma che hanno una notevole rilevanza diagnostica, prognostica e terapeutica. E indispensabile eseguire un attento esame obiettivo finalizzato ad escludere altre cause di osteopenia o ad individuare malattie croniche o fattori di rischio, capaci di causare o contribuire alla riduzione della massa ossea. Un recente studio ha infatti dimostrato che in circa il 30% delle donne affette da osteoporosi, la malattia veniva innescata da altre patologie non sospettate, di cui esse erano portatrici, come per esempio la Malattia Celiaca, sempre più facilmente identificabile dalla comparsa in commercio di tests colorimetrici e di metodiche EIA. (19) In condizioni sospette di frattura vertebrale, per presenza di sintomatologia tipica, per ridotta altezza >3cm, per ipercifosi, per deformità della gabbia toracica, per età avanzata o per marcata riduzione dei valori densitometrici dell osso, si impone una radiografia della colonna dorso-lombare in proiezione laterale con esame morfometrico. La definizione di frattura vertebrale, fornita dal CUF nelle pubblicazioni sulla G.U. n. 281 del 01/12/1998 e sulla G.U. n. 7 del 10/01/2001, con la famosa nota 79, richiede, sia nelle donne che negli uomini, la misura dei corpi vertebrali ( Morfometria Vertebrale ), almeno nei casi di deformazioni lievi che sono, comunque, piuttosto frequenti nell osteoporosi. Come precisato nella suddetta nota, la frattura di un corpo vertebrale deve essere documentata da un esame radiologico e, quindi, il Medico Radiologo deve verificare la presenza della frattura vertebrale con il proprio referto, ricorrendo, in presenza di lievi deformazioni dei corpi vertebrali, alla loro misurazione. L accertamento delle fratture di grado lieve, infatti, è particolarmente importante in quanto, pur essendo asintomatiche, esse rappresentano comunque un fattore di rischio elevato, per la successiva insorgenza di fratture sintomatiche di grado più elevato. Per tale ragione, si ricorre alla Morfometria Vertebrale, metodica che, misurando le altezze dei corpi vertebrali, permette di definire in maniera oggettiva e riproducibile le fratture vertebrali. Tale metodica, diffusa nel Nord Europa e negli USA da ormai dieci anni, in Italia viene attualmente usata solo in alcuni Centri Specializzati per lo studio dell osteoporosi. Si sottolinea, tuttavia, che la morfometria vertebrale è già stata inserita tra le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell ambito del SSN e relative tariffe, pubblicate nel supplemento della G.U. n. 216 del 14/09/1996 alle voci 87.23 ed 87.24, relative alle radiografie delle colonna dorsale e lombosacrale.

La morfometria vertebrale si esegue misurando le tre altezze, anteriore (Ha), centrale (Hm) e posteriore (Hp) del corpo vertebrale, sui radiogrammi del rachide dorsale e lombare, eseguiti in proiezione laterale. Per ottenere una misura precisa dei corpi vertebrali, è indispensabile che la proiezione sia perfettamente laterale: nei radiogrammi laterali devono apparire una sola limitante superiore ed una sola limitante inferiore, per cui il paziente deve essere attentamente posizionato, ricorrendo, nei casi necessari come nella scoliosi, all uso di supporti correttivi. Dapprima si misura l altezza posteriore della vertebra in esame: tale altezza non deve essere inferiore a mm. 4 (15%), rispetto alla media dell altezza posteriore delle vertebre adiacenti superiore ed inferiore, ricordando che le altezze posteriori dei corpi vertebrali aumentano in senso cranio caudale fino ad L3. Una volta stabilita la normalità dell altezza posteriore della vertebra in esame, si procede alla misura delle altezze centrale ed anteriore, che vanno confrontate con l altezza posteriore stessa. I tipi di fratture vertebrali osteoporotiche vengono così definiti: - frattura a cuneo: riduzione di almeno 4 mm. o del 15% dell altezza anteriore rispetto l altezza posteriore (Ha/Hp<85%) - frattura mono-biconcava: riduzione di almeno 4mm. o del 15% dell altezza centrale rispetto l altezza posteriore (Hm/Hp<85%) - frattura da compressione (collasso): tutte le tre altezze vertebrali sono ridotte di 4 mm. o del 15% rispetto alla media delle corrispondenti altezze delle vertebre adiacenti superiori ed inferiori. La morfometria può essere effettuata manualmente misurando, con un righello, direttamente sulle radiografie, le altezze della vertebra sospetta di frattura. Esistono, comunque, in commercio dei software dedicati per eseguire la morfometria computerizzata di 14 corpi vertebrali, da D4 sino ad L5, sulle immagini radiologiche digitalizzate mediante scanner o tramite visualizzazione diretta con CR o DR. In conclusione, al Medico Radiologo possono giungere queste richieste dai Medici convenzionati con il SSN: - Rx colonna dorsale e lombosacrale per osteoporosi - Rx colonna dorsale e lombosacrale per sospetta frattura vertebrale - Rx colonna dorsale e lombosacrale con morfometria vertebrale - Morfometria vertebrale In tutti questi casi, nel referto dell esame radiologico della colonna vertebrale dorsale e lombosacrale in proiezione laterale, il Medico Radiologo dovrebbe anche riferire sulle altezze vertebrali: ad esempio altezze vertebrali normali, oppure frattura a cuneo di D8 per riduzione dell altezza anteriore oltre 4 mm., rispetto l altezza posteriore. Ciò comporterà, ovviamente, la misura, manuale o computerizzata, delle altezze soltanto di quel corpo vertebrale che, ad occhio, appare lievemente deformato, ma che potrebbe risultare fratturato, secondo i criteri enunciati dalla CUF nella nota n. 79. ( 20,21,22,23 )

La diagnosi di frattura vertebrale, quindi, si basa su una diminuzione > 4 mm o del 15% dell altezza anteriore o centrale del corpo vertebrale, rispetto alla sua altezza posteriore. Il parametro rilevabile del 15%, è da riferire a soggetti con corpi vertebrali la cui altezza del muro posteriore è inferiore ai 2.5 cm. In caso di crollo anche del margine posteriore, il riferimento delle altezze va fatto con quello delle vertebre sovra e sottostanti integre, come indicato dall'analisi semiquantitativa proposta dal Genant. ( Figura 5) Figura 5. Analisi semiquantitativa secondo Genant. Il laboratorio è di scarsa utilità nell'osteoporosi primitiva, poiché tutti i parametri relativi al metabolismo fosfo-calcico sono nella norma, mentre è indispensabile nella diagnosi delle forme secondarie. La sua utilità risiede, quindi, nella diagnostica differenziale. In tutti i pazienti, al di là del quadro clinico, vanno richiesti esami semplici di laboratorio, definiti di 1 Livello ( tabella 4) poco costosi che, nella maggior parte dei casi, sono in grado di escludere le forme più comuni di osteoporosi secondaria, in quanto non esiste alcuna anomalia biochimica tipica dell osteoporosi primitiva. Tab. 4. Esami di Laboratorio di primo livello VES Emocromo completo Protidemia frazionata Calcemia Fosforemia Fosfatasi alcalina (ALP) ed eventualmente l isoenzima (IsoAlp) Transaminasi Creatininemia Calciuria delle 24 ore Calciuria a digiuno (Ca/creatinina sulle urine della seconda minzione)

Emocromo, VES e profilo proteico servono ad escludere malattie ematologiche di tipo neoplastico. Calcemia e fosforemia servono ad escludere iperparatiroidismo, ipoparatiroidismo, ipercalcemie paraneoplastiche, osteomalacia. In presenza di alterazioni del quadro proteico la calcemia va corretta per l'albuminemia: Ca corretto (mg/dl) = Ca misurato (mg/dl) + 0,8 x [(4 - Albumina (gr/dl)] Le ALP sono utili nella diagnosi differenziale fra osteoporosi e osteomalacia, essendo più elevate in quest'ultima. La calciuria delle 24 ore è strettamente correlata all'assorbimento intestinale di calcio. L'assorbimento netto intestinale di calcio è uguale a Calcio alimentare assorbito - calcio secreto con le secrezioni intestinali Una riduzione della calciuria, deve fare sospettare un ridotto assorbimento intestinale di calcio e, prima ancora della modifica di un qualsiasi altro parametro biochimico, deve suggerire di ricercarne le cause. Un aumento della calciuria può essere dovuto o ad eccessivo introito di calcio e/o di vitamina D o ad elevata perdita renale. Per differenziare le due forme, è utile determinare la calciuria a digiuno (elevata nelle forme renali) e rideterminare la calciuria delle 24 ore, dopo una settimana di dieta priva di latte e latticini. Con una dieta ipocalcica, la supplementazione media alimentare di calcio viene ad essere di circa 400-500 mg al giorno. Se la calciuria si riduce al di sotto di 150 mg/die, è probabile che all'origine vi sia stato un eccessivo introito/assorbimento di calcio ; se la calciuria non si riduce o si riduce di poco è probabile si tratti, invece, di una forma renale, che dovrà essere corretta con l'assunzione di diuretici tiazidici. Se la storia clinica, l esame obiettivo ed eventuali alterazioni degli esami biochimici di primo livello, suggeriscono altre cause di riduzione della massa ossea, è consigliabile l esecuzione di esami più costosi e mirati, in rapporto al sospetto clinico, definiti di 2 livello (Tabella 5). Tab. 5. Esami di laboratorio di secondo livello TSH Paratormone sierico 25-OH-vitamina D sierica Cortisoluria Testosterone libero nei maschi Elettroforesi proteine urinarie Anticorpi anti gliadina Esami specifici per patologie associate Marker specifici di turnover osseo La misurazione del 25OHD, fornisce indicazioni sullo stato della vitamina D dell'individuo e sulla possibilità di ritrattarlo nel caso essa sia carente.

L'aumento del PTH può identificare un iperparatiroidismo primario, se associato ad ipercalcemia e ipofosforemia, o secondario, se associato a calcemia normale o tendenzialmente bassa. Un breve periodo di trattamento con calcitriolo, è in grado di normalizzare i livelli di PTH nel caso di iperparatiroidismo secondario. L'ipercalcemia, associata a bassi livelli di PTH, deve far sospettare la presenza di una neoplasia. Il dosaggio del TSH, nelle persone anziane, serve ad escludere un ipertiroidismo che spesso, in età avanzata, può manifestarsi con segni clinici molto sfumati e atipici (fibrillazione atriale, depressione, ecc.). I markers specifici del turnover osseo. Negli ultimi 20 anni si sono sviluppati numerosi metodi di dosaggio di prodotti del metabolismo del collagene o di sostanze secrete dalle cellule ossee, nel tentativo di valutare e monitorare modificazioni del metabolismo osseo, non facilmente individuabili con altre tecniche. Nonostante le numerose ricerche al riguardo, non è ancora stato possibile individuare un sicuro marker, in grado di apprezzare lievi modificazioni del turnover scheletrico, perché nella maggior parte dei casi, se non in tutti, i markers non riflettono esclusivamente il metabolismo osseo, ma anche quello di altri tessuti. Inoltre, nell'ambito di uno stesso processo di rimodellamento osseo, alcuni markers risultano più indicativi per le modificazioni che avvengono in una fase piuttosto che in un'altra. Anche se i processi di rimodellamento osseo sono strettamente accoppiati, e quindi, teoricamente, l'aumento di un marker di riassorbimento riflette anche un aumento dell'osteoformazione, i markers vengono clinicamente distinti in markers del riassorbimento e markers della neoformazione ossea. Markers del riassorbimento osseo. Ad eccezione della fosfatasi acida tartrato-resistente, enzima presente negli osteoclasti, gli altri markers del riassorbimento osseo sono rappresentati da prodotti di degradazione del collagene: Idrossiprolina Glucosidi dell idrossilina Crosslinks dell'idrossipiridinolina ( piridinolino e desossipiridinolino ) Telopeptidicarbossi-terminali del collagene Telopeptidiamino-terminali del collagene Sialoproteina ossea Fosfatasi acida tartrato-resistente (TRAP) Markers della neoformazione ossea Fosfatasi alcalina totale e suo isoenzima osseo Osteocalcina Propeptidi del procollagene di tipo I

Variabilità preanalitica dei markers di rimodellamento L'interpretazione dei dati fornitici dal dosaggio dei markers, deve tener conto di vari fattori che influenzano la riproducibilità dei risultati;essi possono essere suddivisi in due grandi categorie: fattori non controllabili fattori controllabili Fattori non controllabili Età. I markers di rimodellamento osseo sono più elevati nei bambini che negli adulti. Essi sono molto elevati nei primi anni di vita (fino a 5-10 volte) e incominciano a diminuire nell'epoca post-puberale. Il nadir viene raggiunto attorno ai 40 anni. In seguito, nell'uomo, non si modificano in maniera significativa o tendono lievemente ad aumentare. Nella donna aumentano bruscamente alla menopausa e rimangono elevati per il resto della vita. La riduzione della funzione renale che si verifica in tarda età giustifica l'aumento, nelle popolazioni molto anziane, dei markers che vengono metabolizzati dal rene. Sesso. I markers tendono ad essere più elevati nei giovani uomini che nelle giovani donne. Nella popolazione anziana, invece, sono più elevati nelle donne che negli uomini. Razza. I soggetti di razza nera presentano livelli di markers più bassi dei loro coetanei di razza bianca, in entrambi i sessi. Nelle donne, tuttavia, tale differenza può apparire evidente solo dopo la menopausa Fratture. Dopo una frattura, i markers aumentano del 20-50% e rimangono elevati fino a 6-12 mesi dopo la frattura. Un aumento ingiustificato dei markers, in un soggetto con bassa massa ossea, può essere indicativo di una frattura vertebrale asintomatica. Gravidanza e lattazione. Le richieste di calcio da parte del feto sono più evidenti nel terzo trimestre di gravidanza e, in genere, vengono soddisfatte da un aumento dell'assorbimento intestinale di calcio piuttosto che da un aumento dei processi di riassorbimento osseo. Tuttavia, già dal quarto mese, si assiste ad un lieve aumento dei markers di riassorbimento osseo, seguito, poche settimane dopo, da un aumento dei markers di osteoformazione. Al termine della gravidanza l'ntx può risultare aumentato di 3 volte rispetto ai valori basali, il PINP può mostrare valori del 60% maggiori di quelli osservati nelle donne non gravide. Al contrario degli altri markers, l'osteocalcina diminuisce e talora può risultare indosabile durante la gravidanza, suggerendo una clearance placentare della molecola. Dopo il parto i markers persistono elevati fino alla fine della lattazione, raggiungendo valori doppi di quelli osservati nelle donne che non allattano. Farmaci.I farmaci inibitori del riassorbimento osseo determinano una rapida caduta dei markers, fino al 70% in meno del valore iniziale. Tale caduta si verifica nel giro di poche settimane e può essere considerata un indice di

efficacia della cura. Questo, anzi, sembra rappresentare l'unico utilizzo pratico dei markers nello studio dell'osteoporosi. I cortisonici riducono l'osteocalcina, ma non modificano sostanzialmente le fosfatasi alcaline. I marker del riassorbimento osseo possono invece risultare modestamente elevati. I farmaci anticonvulsivanti e gli analoghi del GnRH, aumentano i markers di turnover osseo, mentre i diuretici tiazidici li riducono. Contraccezione orale.la terapia contraccettiva orale determina una modesta riduzione dei markers di turnover osseo, solo nelle donne di oltre 35 anni. Immobilità. L'immobilità o la mancanza di gravità determinano un rapido e marcato incremento dei markers di riassorbimento osseo. I crosslinks del piridinolino aumentano dopo solo due giorni di riposo a letto, e raggiungono il massimo aumento (circa il 40% in più rispetto ai valori basali) dopo una settimana. Essi restano poi costanti fino a che dura lo stato di immobilità. Fattori Controllabili Ritmo circadiano.i markers di rimodellamento osseo sono più alti di notte che di giorno, raggiungendo uno zenith attorno alle ore 2.00 e un nadir attorno alle 13-23. Le variazioni circadiane sono maggiori per i markers di riassorbimento che per quelli di osteoformazione e tra lo zenith ed il nadir possono osservarsi differenze di oltre il 50%. La fosfatasi alcalina ossea sembra differenziarsi da questo ritmo circadiano, mostrando un picco massimo tra le 11.00 e le 14.00 e, forse, un altro modesto picco attorno alle 23.00. L'assunzione di calcio, specie se serale, o di bisfosfonati sopprime il ritmo circadiano dei markers di riassorbimento osseo. La presenza di ritmi circadiani così importanti rende essenziale programmare la raccolta delle urine o il prelievo di sangue in tempi ben definiti. Ciclo mestruale. Le variazioni dei markers nel corso del ciclo mestruale sono molto modeste e da taluni negate. Sembra che i markers di neoformazione ossea siano più sensibili dei markers di riassorbimento alle modificazioni ormonali del ciclo mestruale, essendo più elevati (15-20%) nella fase luteinica. Variazioni stagionali. L'osteocalcina è più elevata durante l'invermo che durante la primavera. Al contrario, le fosfatasi alcaline sono più alte in primavera e più basse in inverno. I markers di riassorbimento sembrano essere più elevati durante la stagione invernale, ma le variazioni sono modeste, dell'ordine del 10-15%. Attività fisica. L'attività fisica persistente e continuativa riduce i markers di osteoformazione (specie PICP) del 15-20% rispetto ai livelli osservati in soggetti sedentari della stessa età. Lo sforzo fisico acuto, al contrario, aumenta sia i markers di formazione che i markers di riassorbimento in misura variabile del 15-40%. Tale aumento persiste fino a 3 giorni dopo la cessazione dell'esercizio fisico. Dieta. Solo l'idrossiprolina è influenzata dal contenuto di collagene nella dieta; i più moderni markers di riassorbimento e di formazione ossea non lo sono.

Markers di rimodellamento osseo e perdita ossea Un improvviso aumento del turnover scheletrico, come quello che si verifica dopo ovariectomia bilaterale, è seguito da un rapido aumento dei markers di riassorbimento e, dopo alcuni mesi, dall'aumento dei markers di osteoformazione. Dato che i processi di rimodellamento osseo seguono una stessa sequenza (attivazione - riassorbimento - formazione), l'inizio contemporaneo dell'attività delle BMU è accompagnato da una vistosa perdita ossea, dovuta al riassorbimento osseo che si verifica in numerosi siti scheletrici. Tanto maggiore è il numero delle BMU attivate, tanto maggiore è la perdita ossea. Poiché il numero di BMU attivate nell'unità di tempo esprime il turnover osseo, i markers di rimodellamento osseo, specie quelli di riassorbimento, sono correlati indirettamente all'entità della perdita ossea. Questa correlazione è valida solo per casistiche numerose e non può essere applicata ai singoli individui. Così non è possibile prevedere l'entità della perdita ossea in un singolo paziente di cui si conoscono i livelli dei vari markers. Markers di rimodellamento osseo e rischio di frattura Le fratture costituiscono, in pratica, l'unica complicanza dell'osteoporosi. Molti fattori concorrono a determinare il rischio di frattura, ma i più importanti sono quelli correlati alla densità ossea ed alla microarchitettura scheletrica. Per ogni deviazione standard di diminuzione della densità ossea, raddoppia il rischio di frattura. Le donne con bassa densità ossea e turnover scheletrico elevato hanno un rischio di frattura maggiore di quelle con pari densità ossea, ma turnover lento. Poiché i markers sono correlati al turnover osseo, un aumento dei loro livelli sierici o urinari consente di identificare con maggior precisione le donne maggiormente a rischio di frattura. Quest'affermazione è stata dimostrata in numerosi studi prospettici per i markers di riassorbimento osseo, mentre vi sono ancora molti dubbi sull'utilità dei markers di osteformazione. Monitoraggio della terapia dell Osteoporosi I farmaci inibitori del riassorbimento osseo sono largamente impiegati nella terapia dell'osteoporosi. Alcuni di essi si sono dimostrati realmente efficaci nel prevenire le fratture e nell'aumentare la densità ossea. Questi effetti, tuttavia, sono evidenziabili solo dopo anni di cura e non sono uguali per tutti gli individui trattati. Il monitoraggio dei markers di riassorbimento osseo, invece, rappresenta un valido elemento per saggiare la risposta individuale alla terapia antiosteoporotica, in quanto una loro diminuzione testimonia l'efficacia dei farmaci nel ridurre l'attività osteoclastica. I bisfosfonati, specie l'alendronato, il pamidronato ed il risedronato, sono quelli più attivi e sono in grado di ridurre del 60-80% i livelli dei più

sensibili markers di riassorbimento (ad esempio NTX e CTX), entro poche settimane dall'inizio della cura. Per alcuni mesi il livello di questi markers resta basso, ma, successivamente, tende ad aumentare, anche se non raggiunge mai i livelli precedenti alla terapia. Il raloxifene e la calcitonina determinano riduzioni più modeste, ma significative, dei markers di riassorbimento, dell'ordine del 20-40%. Sono stati sviluppati dei modelli matematici che, in base alla diminuzione dei markers di riassorbimento osseo, osservata dopo 3-6 mesi di cura, possono calcolare il recupero di massa ossea dopo due anni. Certamente, questi modelli possono avere un senso se applicati ad intere popolazione, e non al singolo paziente. Le variazioni dei markers di neoformazione ossea sono sempre molto più modeste e tardive ed iniziano ad essere evidenti solo dopo alcuni mesi di terapia. Nei pazienti con osteoporosi, il riscontro di un aumento notevole dei markers di rimodellamento osseo deve far sospettare la presenza di altre malattie metaboliche (osteomalacia, neoplasie, ecc.). Markers utilizzati nella pratica clinica Vanno considerati vari fattori, quali il costo del dosaggio, la variabilità intrinseca od estrinseca, la reale utilità nel valutare il metabolismo osseo. Nella malattia di Paget, il solo dosaggio della fosfatasi alcalina totale è sufficiente a monitorare l'andamento della malattia e a stabilire l'efficacia di una cura. In linea di massima, per lo studio del metabolismo osseo, valgono le seguenti indicazioni: -dosare un solo marker di riassorbimento e uno di formazione -tipo di marker riassorbimento U-DPD neoformazione ALP ossea, Osteocalcina -raccolta dei campioni siero dalle 7.00 alle 9.00 dopo una notte di digiuno urineprima o secondaima prima prima o seconda minzione del mattino, dopo una urine di digiuno (rapportanotte di notte digiuno (rapportare valore alla creatinina) -intervallo fra le misure riassorbimento prima della terapia poi a 3 e a 6 mesi formazione prima della terapia poi a 6 mesi Quando la riduzione può considerarsi significativa per predire un aumento della massa ossea > +3%? Crosslinks da - 20% a - 30% ALP e OC da - 20 a - 40% Attualmente questi marcatori non servono per la diagnosi di osteoporosi, né per stimare il bilancio osseo tra neoformazione e riassorbimento.come indici complessivi di turnover osseo potrebbero invece rivelarsi utili nel monitoraggio della terapia e, secondo alcuni studi, nella valutazione del rischio di frattura. E stato infatti osservato che il grado di

turnover osseo è correlato alla velocità di perdita di massa ossea ed è un predittore indipendente del rischio di frattura. Tuttavia, poiché si tratta di osservazioni ricavabili solo da ampie casistiche e considerati il costo e l attuale grande variabilità biologica ed analitica di tali markers, il ruolo di questi ultimi nella gestione clinica del singolo paziente è ancora in discussione. Nella pratica clinica, come indice di laboratorio di turnover osseo, è spesso sufficiente il dosaggio della fosfatasemia alcalina totale nei pazienti senza concomitanti patologie epatiche o intestinali. L utilità dei markers laboratoristici nel monitoraggio della terapia dell osteoporosi nel singolo paziente è ancora in discussione, a causa della loro elevata variabilità biologica, analitica e dei costi. (24-40) DIAGNOSTICA STRUMENTALE La Diagnostica strumentale si basa sulla densitometria ossea che permette di misurare in modo accurato e preciso la massa ossea, consentendo la diagnosi strumentale, la valutazione del rischio di frattura, il monitoraggio della malattia ed il successo terapeutico. Le metodiche attualmente in uso sono principalmente tre : la DEXA, l'indagine ultrasonografica QUS e la tomografia computerizzata quantitativa QCT. La DEXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry ) e' la metodica più diffusa per la valutazione della densita' ossea. E' un esame rapido che comporta una minima esposizione alle radiazioni ionizzanti ed è riconosciuto come gold standard, per la determinazione della massa ossea. Consente di valutare sia la BMC che la BMD a livello dei primi 4 metameri vertebrali lombari, sul collo femore ed, in alcuni casi, al radio distale. L'accuratezza dell'esame, a livello vertebrale, potrebbe essere condizionata da alcuni parametri, che devono essere corretti dall'esecutore. Per tale motivo nei pazienti con età superiore ai 65 anni e' preferibile l'esecuzione dell'esame al collo femore. La valutazione total body non trova riscontro clinico di predittivita' del rischio di frattura. Esistono evidenze di I livello che la DEXA fornisce la migliore stima per il rischio di frattura nelle donne in postmenopausa. Il rischio relativo di frattura aumenta di 1,5-3 volte per ogni deviazione standard di riduzione del valore della densità minerale ossea (unità di T score). Le valutazioni densitometriche a radio, calcagno, colonna e femore prossimale sono in grado di predire il rischio di ogni tipo di frattura, anche se ogni sede densitometrica predice meglio il rischio di frattura per la sede misurata. La valutazione densitometrica total body non ha ancora sufficienti documentazioni in termini di predittività del rischio di frattura.

Alcuni indici ultrasonografici dell osso sono risultati predittivi del rischio di frattura in donne in menopausa in maniera non inferiore alla DEXA. Pertanto, nell impossibilità di una documentazione DEXA, un basso valore ultrasonografico, in presenza di altri fattori di rischio clinico per frattura, è ritenuto adeguato per definire la soglia di intervento terapeutico. Il valore esprime l aumento del rischio relativo (con intervallo di confidenza al 95%) per ogni calo del valore di una deviazione standard (T score) La valutazione delle variazioni della massa ossea nel tempo possono essere utili sia per monitorare l efficacia di alcune terapie, sia per individuare soggetti che stanno perdendo osso ad una velocità eccessiva. L'esame ultrasonografico quantitativo (QUS), soprattutto quello calcaneare, fornisce oltre a indici indiretti riconducibili alla massa ossea, parametri della integrità ossea, che sicuramente, in un futuro prossimo, troveranno riscontri in clinica. L indagine ultrasonografica quantitativa, fornisce due parametri (velocità ed attenuazione), che sono indici indiretti di massa e integrità strutturale ossea. Questi indici, talora combinati in uno cumulativo, sono predittivi del rischio di frattura in donne in menopausa, in maniera non inferiore alla DEXA. I dati relativi alla popolazione maschile, sono simili a quelli ottenuti nella popolazione femminile, ma non sono ancora conclusivi. L impiego combinato degli ultrasuoni e della densitometria può migliorare la predizione del rischio di frattura. Dal momento che l ultrasonografia non misura direttamente la densità o il contenuto minerale osseo, non può essere usata per la diagnosi dell osteoporosi secondo i criteri OMS. Un ulteriore limite di questa indagine è la ampia eterogeneità di strumenti che danno valori non correlabili tra loro. L indagine ultrasonografica, anche considerando i costi relativamente più bassi rispetto alla DEXA, può essere raccomandata per uno screening di primo livello. La tomografia computerizzata quantitativa (QCT), invece, consente la misurazione della densita' vera a livello di substrutture ossee, ma espone i pazienti alle radiazioni ionizzanti, che sono circa 300 volte superiori a quelle della DEXA. L'indagine strumentale densitometrica e' refertata esprimendo la distanza, misurata in deviazioni standard (distanza con il valore medio), rispetto ai controlli normali del giovane adulto con picco di massa osseo ottimale T- score, oppure con la distanza dai valori medi rilevati in soggetti di stesso sesso ed età Z-score. Questo tipo di refertazione consente la diagnosi strumentale come stabilito dalla Organizzazione Mondiale della Sanita' come segue: Normalità, T-score fino a -1,0 deviazioni standard Osteopenia, T-score da 1,0 a -2,5 deviazioni standard Osteoporosi, valori superiori a 2,5 deviazione standard. La tomografia computerizzata quantitativa o QCT ( Quantitative Computerized Tomography ), consente di misurare oltre che BMC e BMD anche

la densità vera (g/cm3 di tessuto) a livello di substrutture ossee, come ad esempio la componente trabecolare o corticale e l area sezionale. La tecnica DEXA è stata, sinora, preferita alla QCT vertebrale per precisione, tempi di scansione più brevi, calibrazione più stabile, minore dose di radiazioni e per costi inferiori. Esiste anche una strumentazione QCT dedicata allo studio di segmenti ossei periferici (p-qct), ma la diffusione e le esperienze cliniche con questa metodica sono ancora limitate. (41-53) Criteri di Appropriatezza Prescrittiva Le difficoltà economiche attraversate dal nostro Paese impongono necessariamente di tenere sempre sotto controllo il governo clinico della gestione sanitaria. Lo sviluppo delle conoscenze in Medicina, i progressi della ricerca scientifica e la crescita della tecnologia applicata alla diagnosi e terapia, consentono alla classe medica, una vasta gamma di strumenti utili nella soluzione di tanti problemi. Muoversi in questa molteplicità di soluzioni, in assenza di chiare e valide raccomandazioni, comporta un elevato livello di variabilità che può produrre interventi inefficaci, con un inutile dispendio di risorse ed inutili rischi per i pazienti. La diffusione delle informazioni scientifiche, a volte non proprio corrette, da parte dei media e la crescita dell attenzione, da parte del cittadino sui temi della salute, possono ingenerare false aspettative e la percezione di aver subito interventi inefficaci. Pertanto si impone alle Aziende Sanitarie e agli Operatori della salute l esigenza di riferimenti basati sull appropriatezza, sulla efficacia e sulla equità, garantendo così al cittadino, di fronte ai suoi bisogni di salute, lo stesso trattamento a qualsiasi latitudine si trovi. Proprio in relazione all appropriatezza, sono stati definiti da 18 Regioni Italiane, tra cui il Lazio, e stabiliti nel 2005 dal Ministero della Salute ( 52 ), i criteri di accesso alla Densitometria. Tale esame, infatti, prescrivibile ma senza le caratteristiche di urgenza, ha come principale finalità la valutazione del rischio di frattura ed è indicato solo quando è rilevante nella gestione clinica del paziente. Attualmente non vi sono evidenze scientifiche né stime costo-beneficio tali da giustificare la Densitometria come screening di massa, ma l indicazione al suo impiego è solo su base individuale e quando ricorrano specifiche condizioni di rischio clinico come: fratture da traumi minimi e nella conferma del dubbio diagnostico di osteoporosi. E certamente inappropriato, in assenza di fattori di rischio osteoporotico, nel caso in cui il paziente lamenti sintomatologia dolorosa e segni e sintomi attribuibili ad artrosi, rachialgie o lombosciatalgie.

Pertanto i criteri di accesso alla Densitometria Ossea sono: Pregresse fratture da fragilità Riscontro radiologico di osteoporosi Donne in menopausa con anamnesi familiare di frattura osteoporotica in età <75 anni Donne in menopausa in età <45 anni Donne in menopausa con indice di massa corporea inferiore a 19/Kg/m2 Donne in post-menopausa con presenza di uno dei seguenti fattori di rischio: inadeguato apporto di Vitamina D, fumo > 20 sigarette/die e abuso di alcool > 60 gr/die Donne in menopausa precoce o chirurgica Donne ed uomini in trattamento prolungato con farmaci, come: corticosteroidi, levotiroxina, antiepilettici, anticoagulanti (eparina), immunosoppressori, antiretrovirali, sali di litio, agonisti del GnRH, chemioterapia e radioterapia in età pediatrica Donne ed uomini in presenza di condizioni patologiche a rischio di osteoporosi, come: amenorrea primaria non trattata, amenorrea primaria da oltre un anno, ipogonadismi, iperparatiroidismi, S. di Cushing, acromegalia, deficit di GH, iperprolattinemia, diabete mellito di tipo 1, rachitismo/osteomalacia, sindromi da denutrizione, anoressia nervosa e sindromi collegate,celiachia, sindomi da malassorbimento, malattie infiammatorie croniche intestinali severe(mici), epatopatie croniche colestatiche, fibrosi cistica, insufficienza renale cronica, sindrome nefrosica, tubulopatie croniche, ipercalcemia idiomatica, emopatie con rilevante coinvolgimento osseo(mielosa, linfoma, leucemia, thalassemia, drepanocitosi, mastocitosi), reumatismi infiammatori cronici (artrite reumatoide, e patologie reumatiche correlate) e connettiviti sistemiche, patologie genetiche con alterazioni metaboliche e displastiche dell apparato scheletrico, trapianto d organo, allattamento o immobilizzazioni >3 mesi, paralisi cerebrale, distrofia muscolare ed atrofia muscolare e spinale L iter diagnostico della Osteoporosi nella AUSL Frosinone, è strettamente collegato alle risorse strutturali, professionali e soprattutto tecnologiche, che sono costituite da: una apparecchiatura Densitometrica DEXA allocata al Polo C - Sora una apparecchiatura ad ultrasuoni calcaneare al Polo A - Ferentino un Ambulatorio per lo studio la diagnosi e la terapia, del Metabolismo Osseo ed Osteoporosi, allocato al Polo C - Sora Gli accessi alle prestazioni, erogabili dalla AUSL Frosinone, sono gestiti dal RECUP Regionale e quindi fruibili facilmente da tutti gli utenti. Il primo approccio al paziente prevede la valutazione dei fattori di rischio, familiari e personali, che, comparati ai valori densitometrici, consentono di esprimere un rischio fratturativo individuale. Nei pazienti, sottoposti per la prima volta a valutazione per Osteoporosi, in presenza di valori densitometrici bassi e fattori di rischio rilevanti, vengono richiesti esami bioumorali di 1 livello ( Tabella 4) allo

scopo di consentire la diagnosi differenziale delle forme secondarie dalla più frequente osteoporosi post-menopausale, e vengono prescritte le radiografie del rachide dorsale e lombosacrale con esame morfometrico, anche per monitorizzare, nella maniera più congrua il soggetto. Per ulteriori approfondimenti, quando con gli esami di primo livello non sono sufficienti a dirimere i quesiti diagnostici, si passa agli esami di secondo livello. ( Tabella 5) Spesso può essere utile il ricorso ai marcatori specifici bioumorali, per la valutazione del metabolismo osseo. Attualmente i marcatori utilizzati sono la Desossipiridinolina, come marker di riassorbimento osseo, e l'isoenzima osseo della Fosfatasi alcalina, come marker di osteoformazione. E prevedibile, in un prossimo futuro, l'introduzione routinaria di altri marcatori che hanno dimostrato una valenza scientifica appropriata ( CTX, NTX) Di regola viene eseguito un controllo clinico a 6 mesi, soprattutto per valutare l'aderenza al trattamento farmacologico e non farmacologico e per evidenziare la presenza di eventuali effetti collaterali. I controlli strumentali densitometrici di regola vengono eseguiti a seconda della valutazione clinica, ma mai prima dei 12 mesi per i pazienti osteoporotici gravi, 18 mesi nei pazienti osteopenici e 24/36 mesi nei pazienti con fattori di rischio ma con massa ossea nella norma. Per i pazienti oncologici, in particolare quelli in trattamento con inibitori delle aromatasi, sono previste corsie preferenziali per consentire, in tempi certi, i controlli oncologici e gli aggiustamenti terapeutici. Trattamento farmacologico Per quanto riguarda la terapia è necessario rispettare l appropriatezza prescrittiva ed il rapporto costo-beneficio, che sono affrontati nella Nota 79, riproposta integralmente, allo scopo di lasciare a chi legge l onere di risolvere le differenze interpretative tra prescrittori ed autorità sanitarie. (54) Nota 79 AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). La prescrizione a carico del SSN è limitata alle seguenti condizioni a rischio: soggetti di età superiore a 50 anni in cui sia previsto un trattamento > 3 mesi con dosi > 5 mg/die di prednisone o dosi equivalenti di altri cortisteroidi. Ac. Alendronico, ac risedronico, ac alendronico+vitamina D3. Soggetti con pregresse fratture osteoporotiche vertebrali o di femore Soggetti di età superiore a 50 anni con valori di T-score della BMD femorale o ultrasonografica del calcagno < - 4 ( o > - 5 per ultrasuoni delle falangi) Soggetti di età superiore a 50 anni con valori di T- score della BMD femorale o ultrasonografica del calcagno < - 3 ( o < - 4 per ultrasuoni delle falangi) e con almeno uno dei seguenti fattori di rischio aggiuntivi:

Storia familiare di fratture vertebrali Artrite reumatoide e altre connettiviti Pregressa frattura osteoporotica al polso Menopausa prima 45 anni di età Terapia cortisonica cronica Ac,alendronico, ac. Aendronico+vitamina D3, ac risedronico, ac. Ibandronico, raloxifene, anelato di stronzio. Soggetti che incorrono in una nuova frattura vertebrale moderata-severa o in una frattura di femore in corso di trattamento con uno degli altri farmaci della nota 79 (alendronato, risedronato, raloxifene, ibandronato, ralenato di stronzio) da almeno un anno per una pregressa frattura vertebrale moderata-severa. Soggetti, anche se in precedenza mai trattati con gli altri farmaci della nota 79 (alendronato, risedronato, raloxifene, ibandronato, ranelato di stronzio ), che si presentano con 3 o più fratture vertebrali severe (diminuzione di una delle altezze dei corpi vertebrali > 50% rispetto alle equivalenti altezze di corpi vertebrali adiacenti integri) o con 2 fratture vertebrali severe ed una frattura femorale prossimale. La nota si applica su diagnosi e piano terapeutico, della durata di 6 mesi prolungabili di ulteriori periodi di 6 mesi per non più di altre due volte ( per un totale complessivo di 18 mesi), di Centri Specializzati, Universitari o delle Aziende Sanitarie, individuate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano. Teriparatide, ormone paratiroideo. Prima di avviare la terapia con i farmaci sopraindicati, in tutte le indicazioni è raccomandato un adeguato apporto di calcio e vitamina D, ricorrendo, ove dieta ed esposizione solare siano inadeguate, a supplementi con sali di calcio e vitamina D3 (e non ai suoi metabolici idrossilati). La prevenzione delle fratture osteoporotiche deve anche prevedere un adeguato esercizio fisico,la sospensione del fumo e la eliminazione di condizioni ambientali favorenti i traumi. Non deve essere dimenticato, infine, che tutti principi attivi non sono privi di effetti collaterali per cui va attentamente valutato il rapporto vantaggi e rischi terapeutici. Inoltre la loro associazione è potenzialmente pericolosa e va pertanto evitata. Per l applicazione della Nota 79 la valutazione della massa ossea con tecnica DEXA o ad ultrasuoni deve essere fatta presso strutture pubbliche o convenzionate con il SSN. La prescrizione va fatta nel rispetto delle indicazioni e delle avvertenze della scheda tecnica dei singoli farmaci Legge 94/03 art.3). Background Il trattamento dell osteoporosi deve essere finalizzato alla riduzione del rischio di frattura. I provvedimenti non farmacologici ( adeguato apporto di calcio e vitamina D, attività fisica) o la eliminazione di fattori di rischio modificabili ( fumo, rischi ambientali di cadute), non hanno controindicazioni e possono essere raccomandati a chiunque. L uso di farmaci è sempre associato a potenziali rischi per cui il loro utilizzo deve essere riservato ai pazienti a rischio più elevato di frattura, che sono poi gli unici per i quali esiste una adeguata documentazione di efficacia.