Psichiatria forense e Psicologia giuridica Dalla colpevolezza per il fatto alla pericolosità sociale del folle



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Raffaella Borio Psichiatria forense e Psicologia giuridica Dalla colpevolezza per il fatto alla pericolosità sociale del folle L'articolo 85 del nostro codice penale stabilisce che "nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui l'ha commesso, non era imputabile", e specifica che "è imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere". Il problema dell'imputabilità costituisce un tema centrale del diritto penale, che è stato per secoli controverso, perché strettamente legato sia con la questione del punire chi commette reato, sia con la natura e scopo della pena stessa. Oggi non tratterò direttamente la questione dell imputabilità ma cercherò di mettere a fuoco importanti cambiamenti di pensiero avvenuti nell ambito del diritto penale nell arco di circa 150 anni (tra la metà del 1700 e l inizio del 1900); cambiamenti che han posto le condizioni affinchè la psichiatria e la psicologia si costituissero come discipline forensi per come le conosciamo oggi; affinchè tutte queste discipline, psichiatria antropologia psicologia sociologia, fossero tirate dentro al dibattito giuridico e partecipassero all interrogativo fondamentale che riguardava lo statuto della pena ossia: La pena deve esser stabilita in base alla gravità del reato o in base alla pericolosità del reo? Il risultato della partecipazione a tale dibattito sarà la regolamentazione della punibilità per gli autori di reato affetti da patologia mentale. Fu il secolo XVIII, sotto l impulso di quelle generali tendenze riformatrici che sfociarono poi in rivoluzionarie, a portare quel mutamento legislativo che culminò nella creazione di un codice penale. Nel Medioevo, per es, le pene erano crudeli ed eseguite in pubblico, poiché si doveva, col terrore, impedire il ripetersi dei reati. L accusato non aveva diritti di fronte al monarca, il giudizio non aveva garanzie di procedura. Il processo non era pubblico bensì privato. Per i così detti folli c era l isolamento o l allontanamento, entrambe le pratiche volte a garantire il controllo sociale e ad esorcizzare il male. Occorre giungere alla seconda metà del 700 (Illuminismo italiano e rivoluzione francese)per vedere accolti i principi umanitari, egualitari e garantisti di cui ancora oggi facciamo esperienza. La vera rivoluzione normativa che diede un regolare assetto alla legislazione penale ed ebbe anche precisi riflessi sulle allora scienze umanistico- psichiatriche, fu operata dal codice penale napoleonico approvato con decreto imperiale il 12 novembre 1810. Questo codice ha costituito il principale punto di riferimento per tutta la codificazione europea del XIX secolo, in specie quella italiana. L art 64 recitava: Non esiste né crimine, né delitto, allorchè l imputato trovavasi in stato di demenza al momento dell azione, ovvero vi fu costretto da una forza alla quale non potè resistere. Per demenza allora si intendeva una alterazione della mente di qualsivoglia natura: per il legislatore essa comprendeva ogni disturbo mentale, anche momentaneo, che presente al momento dell azione, togliesse a colui che ne era affetto la responsabilità dell atto. Dopo la caduta di Napoleone e il nuovo assetto politico territoriale stabilito dal congresso di Vienna (1814-1815) tornarono in vigore le norme dell Ancien Régime e nel nuovo regolamento di procedura penale, 1

diviso per vari regni, spesso non si faceva cenno esplicito al trattamento dell autore di reato affetto da patologia mentale. Tutto questo accadde in un clima governato dal pensiero della scuola classica di diritto penale. Il trentennio invece che va dal 1859 al1889 vide fiorire la scuola positiva di diritto penale e la correlata psichiatria positivista. Nonostante il lungo dibattito tra le due scuole di pensiero, accentuato dalla divulgazione delle teorie del medico Lombroso (di cui dirò qualcosa più oltre), il 30 giugno 1889 vide la luce il nuovo codice penale italiano, codice Zanardelli, in piena aderenza con i principi della scuola classica. Il codice Zanardelli respinse in blocco i fondamenti della teoria lombrosiana e della scuola positiva, come il manicomio criminale e la pericolosità sociale per vizio totale di mente. Questi saranno poi accolti, seppur stemperati e mediati dalla terza scuola di diritto penale da cui generò il codice penale italiano attualmente in vigore, approvato il 19 ottobre 1930, codice Rocco. La Scuola Classica del diritto penale La teoria più antica, che per lungo tempo ha dominato e che ancora oggi ha numerosi sostenitori, è quella della Scuola classica. La Scuola classica nasce, in pieno illuminismo, come reazione alla situazione politica, sociale e giuridica in cui si trovava l'italia, e nella battaglia contro il sistema penale allora vigente, caratterizzato dall'uso della tortura e dalla ferocia delle pene,trova le proprie ragioni di esistenza. Dal 1100 al 1700 prevalse il convincimento che il folle fosse un peccatore o un soggetto posseduto dal demonio. Il compimento di delitti da parte di costoro era punito con il supplizio e la morte. Nei casi più fortunati venivano cacciati nelle foreste dove morivano di stenti o sbranati dalle belve. Il pensiero della scuola classica, che fa propria una concezione metafisica del diritto, (1) pone a fondamento del diritto penale i seguenti principi: a. il delinquente è un uomo uguale a tutti gli altri; b. la condizione e la misura della pena sono date dall'esistenza e dal grado del libero arbitrio; c. la pena ha funzione etico- retributiva del male commesso, perciò deve essere assolutamente proporzionata al reato, afflittiva, personale, determinata e inderogabile. Per quanto attiene più specificatamente la questione che ci interessa, la scuola classica fonda l'imputabilità sul libero arbitrio, cioè sulla facoltà di autodeterminarsi secondo una libera e totale scelta della propria volontà. Secondo tale indirizzo la pena, in quanto castigo per il male commesso, ha senso se l'uomo ha volontariamente e consapevolmente scelto la violazione della norma, pur avendo, invece, la possibilità di sceglierne l'osservanza. E "il reato è violazione cosciente e volontaria", ma perché la volontà sia colpevole l'autore del reato, posto davanti all'alternativa tra il bene e il male, deve avere "la concreta capacità di intendere il valore etico- sociale delle proprie azioni e di determinarsi liberamente alle medesime, sottraendosi all'influsso dei fattori interni ed esterni"(2). Da questo deriva che gli individui affetti da anomalie psichiche o comunque immaturi, non essendo liberi - perché privi di questa libertà di scelta fra il bene e il male - non possono essere biasimati per il male commesso e quindi non possono essere puniti; e inoltre, si aggiunge che in caso di una libertà non del tutto assente, ma limitata, la pena dovrà essere diminuita. 2

Psichiatria forense Fino al secolo XVII la medicina si tenne lontana dalla psichiatria e, per ragioni di opportunismo, di voluta ignoranza e di paura, legittimò più o meno esplicitamente la decodificazione della malattia mentale in termini di possessione diabolica, malattia del demonio, stregoneria, peccato. Il XVII e il XVIII secolo videro in tutta Europa applicata la pratica massiva, incondizionata e selvaggia del grande internamento. La risposta sociale alla follia è costituita dall internamento in un asilo (asylum) apposito, affidato alla professione medica. La psichiatria e il sapere dello psichiatra nascono così: dalla costruzione e dalla pratica dell asilo (di cui si ha notizia fin dal 1500). L internamento in asilo è un atto imposto e lo psichiatra, nel suo ruolo di potere, diventa in qualche modo l organizzatore di questa contenzione, colui che la spiega, la legittima, la consente e la giustifica con le teorizzazioni sul socialmente pericoloso. La rivoluzione psichiatrica operata da Pinel (1745-1826) spostò il discorso in favore dell allora nascente scienza medico- psichiatrica moderna e pose le premesse per occupare nel Foro quella terra di nessuno che i giuristi (come Bodin) e, nel dibattito teorico, i filosofi (il cui maggior rappresentante fu Kant) occuparono fino ad allora. Potere ecclesiastico, giuridico e filosofico avevano infatti avuto il primato nel trattare di argomenti e di temi psichiatrici, specie forensi. Fu con E.J.Georget, brillante allievo di Esquirol che, nel 1800, iniziò la presenza dello psichiatra nel Foro. La psichiatria italiana del 1700 risulta impregnata di naturalismo, nel senso di posizione che riconduce tutta la realtà alla natura e alle sue leggi, con rigorosa esclusione del soprannaturale e dello spirituale; Ad essa opposta è la concezione della malattia mentale nella scuola francese: Pinel, Esquirol, Georget, Marc, Leuret ed altri, intesero la follia come malattia dell anima, dovuta a passioni malate, curabili con la terapia morale in istituzioni apposite. In particolare Pinel, che lavorò per lungo tempo in un carcere e liberò per primo i malati di mente dalle catene, propose una prima classificazione sistematica delle malattie mentali tra cui spiccava per accuratezza di descrizione la mania che poteva manifestarsi anche nella forma senza delirio (anche detta follia parziale) e a tal proposito scrive: in questa mania senza delirio non si constata alcuna sensibile alterazione delle funzioni dell intelletto, della percezione, del giudizio, dell immaginazione, della memoria, ma una perversione delle funzioni affettive, un impulso cieco a degli atti violenti o addirittura di furore sanguinario. Nella seconda metà dell ottocento l egemonia della cultura francese in campo psichiatrico andò declinando e salì il prestigio di quella tedesca infatti di lì a poco venne adottata, anche in Italia, la classificazione psichiatrica ufficiale dello psichiatra tedesco Krapelin, classificazione che fu il fondamento della moderna nosografia. Gli psichiatri italiani del 900 ereditarono dai loro predecessori il convincimento secondo il quale capisaldi di ogni diagnosi di follia erano la presenza del delirio e la perdita della ragione. È opportuno precisare che i medici che si occupavano di questioni psichiatriche, figli delle cultura che imperava nel loro tempo, non potevano fare altro che ragionare in termini medici, quindi biologici. Essi, nel perseguire l incontestabile progetto di lenire la sofferenza umana, anche quando questa si manifestava attraverso il crimine, non poterono pertanto utilizzare altro che un codice di lettura patologizzante i comportamenti criminali, unico in grado- allora- di sottrarre al carcere ed a pene gravose fino a quella di morte autori di reati gravi, secondo loro bisognosi di cure e di assistenza, piuttosto che di inquisizione e di condanna. La loro formazione li portava a ritenere che la strategia più convincente per l epoca fosse quella di 3

ricondurre la criminalità alla malattia mentale e questa ipotesi era per loro facilmente dimostrabile attraverso manifestazioni somatiche e psichiche che credevano a fondamento della malattia mentale. Soprattutto si insisteva sull ereditarietà sulle asimmetrie craniche e facciali, sulle anomalie di prima formazione del cervello e in altri organi, per dimostrare la necessaria influenza negativa sull evoluzione psichica dell individuo. Il malato di mente era malato a vita perché geneticamente predisposto. In questo contesto, rapidamente tratteggiato, e precisamente nella seconda metà dell 800, nacquero in Italia le scienze criminali. Il mondo della cultura iniziava ad impregnarsi del determinismo comtiano e la maggior parte degli studiosi del tempo ne furono influenzati. L opera di Cesare Lombroso considerato, insieme al giurista Enrico Ferri e al magistrato Raffaelle Garofalo, fondatore della criminologia, si colloca nel filone dell allora sorta scuola positiva di diritto penale ( di cui diremo oltre), nata in opposizione alla scuola classica. Lombroso volle spostare lo studio del delitto dal fatto all individuo che lo commetteva, elaborando una dottrina bioantropologica deresponsabilizzante, deterministica e riduttiva. Essa nacque da una osservazione casuale circa l esistenza, là dove avrebbe dovuto esservi una cresta ossea, di una anomalia e morfologica congenita nel cranio di un delinquente. Il cranio di quest uomo costituisce di fatto l atto di nascita dell antropologia criminale. Da Lombroso in poi imperò per diversi anni lo studio della bio- criminogenesi o criminologia biologica, intesa come analisi dei fattori biologici, e quindi interni, che sottendono una predisposizione individuale alla delinquenza, alterando il substrato morfologico- funzionale dell organismo. A questa si affiancarono nel tempo in Europa e nei Paesi anglosassoni la criminologia psicologica e quella sociologica. Scuola positiva del diritto penale Come dicevamo a metà dell 800 Il pensiero comtiano dilaga e proprio in questo clima si sviluppa una seconda scuola di diritto penale, la Scuola Positiva. Tre sono i fattori ritenuti determinanti per la nascita di tale indirizzo: Il primo fattore va ricollegato all'affermarsi del metodo di indagine induttivo- sperimentale; Il secondo è da ricercare nella necessità di "reagire contro l'affievolirsi della difesa sociale" per "ristabilire un equilibrio fra garanzie individuali e garanzie sociali nel campo della giustizia penale". (3) Come abbiamo detto, la Scuola classica si è imposta per rivendicare e proteggere i diritti individuali contro gli abusi e i soprusi dell'autorità nell'amministrazione della giustizia penale. E sotto l'influsso di tale teoria, la difesa sociale era stata inevitabilmente trascurata, cosicché, commenta il Frosali, "per i soggetti moralmente non imputabili, abbandonati dalla giustizia penale anche se commettevano fatti di reato, non esistevano, al di fuori di essa, provvidenze sufficienti alla difesa della società". (4) Il terzo fattore che ha contribuito a dare origine al nuovo indirizzo è stata la inefficacia dell'allora vigente sistema penale per la diminuzione del crimine. Per la Scuola positiva il principio cardine in base al quale si devono spiegare tutti i fenomeni, fisici e psichici, individuali e sociali, è il principio di causalità. E sulla base di tale presupposto, per i positivisti, il delitto è il prodotto non solo di una scelta libera e responsabile del soggetto, ma di un triplice ordine di cause: antropologiche, fisiche e sociali. (5) Mentre la Scuola classica considera il reato come ente giuridico astratto staccato dall'agente, per la concezione positivista il reato è un fenomeno naturale e sociale, un fatto umano individuale, indice rivelatore di una personalità socialmente pericolosa. Ecco che l'attenzione del diritto penale si sposta dal fatto criminoso in astratto alla personalità del delinquente in concreto, dalla 4

colpevolezza per il fatto alla pericolosità sociale dell'autore "intesa come probabilità che il soggetto, per certe cause, sia spinto a commettere fatti criminosi". (6) Ed ecco che il principio di responsabilità individuale è sostituito dal principio di responsabilità sociale. Sulla base di tali presupposti non ha più senso castigare con la pena il reo, "perché fatalmente spinto da forze che agiscono dentro e fuori di lui" (7) e scopo dei provvedimenti repressivi deve essere la difesa sociale, per cui coloro che delinquono devono essere sottoposti a misure di sicurezza, volte a prevenire ulteriori manifestazioni criminose mediante il loro allontanamento dalla società e, ove possibile, il loro reinserimento nella vita sociale. Tali misure pertanto non devono essere proporzionate alla gravità del fatto, ma alla pericolosità del reo e, nella loro applicazione, devono variare di forma per adattarsi alle diverse tipologie psichiche del delinquente, devono essere indeterminate nella durata e derogabili col cessare della pericolosità. Occorrerà attendere la terza scuola o scuola eclettica per vedersi stemperare questi due estremismi di senso opposto ed inconciliabili (quello classico e quello positivista)attraverso l introduzione del sistema dualistico responsabilità pericolosità. Si tratta del sistema del doppio binario ancora vigente, per cui alla responsabilità dell autore corrisponde l erogazione della pena retributiva, alla pericolosità sociale l applicazione delle misure di sicurezza. Psicologia giuridica Le radici di ciò che noi oggi chiamiamo Psicologia Giuridica sono da rintracciare in quel tempo, sopradescritto, in cui nel diritto italiano alla cosiddetta Scuola classica di diritto penale subentrò il pensiero scientifico della cosiddetta seconda Scuola, o Scuola positiva. Intorno alla metà dell 800 si verificò nella cultura giuridica una vera e propria rivoluzione: secondo la Scuola classica l uomo era ritenuto essere sempre responsabile delle proprie azioni, qualsiasi atto era espressione della sua volontà, e perciò era all atto che il diritto guardava; il reato era considerato sempre come qualcosa di voluto, e la pena aveva carattere e funzione punitiva; con la Scuola positiva venne introdotto, invece, il concetto di responsabilità sociale. Attraverso questa parola, sociale, che è stata come un piccolo seme capace di sviluppare un grandissima pianta, per la prima volta hanno fanno il loro ingresso nel diritto le cosiddette scienze umane e cioè la psicologia, la sociologia, l antropologia culturale con il loro intrinseco contenuto di determinismo: queste iniziarono a sostenere che non è vero che l uomo è sempre totalmente responsabile delle proprie azioni, non è vero che egli governa totalmente se stesso per mezzo di una volontà sempre libera e autonoma; al contrario, dicevano, la sua azione può essere indirizzata, influenzata o addirittura condizionata dalla costituzione biologica, dall ambiente, dalla cultura cui partecipa, dalla storia personale; in una parola, da quella cosa complessa che le scienze umane chiamano personalità. Introdotto questo concetto, l attenzione del diritto si estese fino a comprendere, oltre l atto in sé, anche la persona che lo compie. Finalità della psichiatria forense e della psicologia giuridica 5

La psichiatria forense, per come oggi la intendiamo, si identifica nell accertamento tecnico di natura psichiatrica volto a formulare un giudizio fondamentale diagnostico- valutativo e prognostico. Esso ha come destinatari minori, adulti che siano stati autori di reato, vittime, testimoni, imputati, condannati e internati. Tale giudizio consiste nello stabilire le condizioni di mente della persona in riferimento ad una determinata fattispecie di reato ( commesso o subito) e ad un preciso momento del suo iter giudiziario, in ogni stato e grado del procedimento. Questo accertamento viene ( o meglio dovrebbe essere)affidato allo psichiatra forense ( che è uno psichiatra clinico, che ha seguito corsi di formazione e/o di perfezionamento e/o specializzazione in psichiatria forense) sotto forma di: 1. Consulenza tecnica per il pubblico ministero 2. Perizia disposta dal g.i.p., giudice per le indagini preliminari, su richiesta delle parti 3. Consulenza di parte commissionata dal giudice per l udienza preliminare( g.u.p.) o dal giudice del dibattimento, su richiesta delle parti o d ufficio 4. Consulenza di parte commissionata dai difensori dell autore di reato o della vittima ( rispettivamente difensori dell imputato o della parte civile) 5. Sotto forma di consulenza tecnica d ufficio, dal magistrato che opera in materia civile o canonica 6. Infine, sotto forma di consulenza tecnica di parte, dal difensore che opera in materia civile o canonica. Nell ambito della psichiatria forense ampiamente intesa sono inoltre da collocare: Una psichiatria giudiziaria e penitenziaria che si occupa degli aspetti diagnostici e terapeutici inerenti l autore di reato affetto da disturbi mentali Una psichiatria medico- legale che si occupa dei problemi relativi alle conoscenze e all applicazione delle norme deontologiche e alla responsabilità degli operatori della salute mentale, dei periti e dei consulenti tecnici. In tutti gli ambiti sopra descritti trova una sua collocazione la psicologia giuridica. La psicologia giuridica descrive il profilo psicologico risultante dagli aspetti intellettivi, caratterologici ed attitudinali della psiche del cittadino, in rapporto alla posizione giuridica (in rapporto al ruolo rivestito nella famiglia, nella scuola, nel mondo del lavoro e delle professioni e nella società). La psicologia giuridica è chiamata principalmente a descrivere la storia personale (profilo psicologico) delle persone coinvolte in procedimenti giudiziari, al fine di indicarne i dati comportamentali e sottoporli al vaglio dell autorità giudiziaria incaricata del processo civile o penale. Comprende lo studio dei fattori della personalità: intelligenza, carattere, attitudini, bisogni, tendenze, motivazioni, stimoli, socializzazione, fragilità psichica, deficit intellettivo, stress psicosomatico, affaticamento mentale, morbilità psichica, pericolosità sociale. Ormai la psicologia giuridica si articola anche in aree specialistiche, qui sommariamente descritte, per obiettivi: psicologia forense, se riguarda la osservazione e la descrizione psicologica dei soggetti coinvolti, durante l espletamento del dibattimento; 6

psicologia giudiziaria, se riguarda la osservazione e la descrizione psicologica dei soggetti coinvolti, ai fini della valutazione del profilo e dell eventuale danno psicologico ; psicologia criminale, se riguarda la osservazione e la descrizione del comportamento psicologico abituale dei soggetti delinquenti, autori di reati, anche ai fini della valutazione dell eventuale pericolosità sociale; psicologia rieducativa, se riguarda la osservazione e la descrizione del valore psicologico della pena assegnata alle persone oggetto di rieducazione; psicologia legislativa, se riguarda la descrizione, lo studio e la elaborazione di norme riguardanti la prevenzione ed il contrasto della delinquenza o il contenuto della pena e le conseguenze psicologiche del periodo di carcerazione. Rientrano in tali aree di studio anche gli aspetti psicologici di: separazione, divorzio, adozione nazionale e internazionale, affido etero- familiare dei minori, maltrattamento dei minori, abuso sessuale, comportamento deviato, violenza di gruppo, turbamento mentale e psicofisico della vittima, pedofilia, sette, minori a rischio di devianza, carriere criminali, bullismo, branco, dipendenze e sfruttamento, valutazione / misurazione del danno psichico, funzionamento dei servizi sociali, delle case- famiglia e dei centri di accoglienza e recupero. Risultano fondamentali anche gli approfondimenti degli aspetti psicologici della responsabilità penale dei minori e degli adulti, dei comportamenti dei testimoni e degli effetti dello stato di reclusione. Infine si sottolinea che la psicologia giuridica fornisce gli strumenti conoscitivi / operativi per la realizzazione del colloquio protetto, della consulenza tecnica e della perizia psicologica, in ambito civile e penale. Riferimenti Bibliografici Lacan, J., Introduzione teorica alle funzioni della psicoanalisi in criminologia, in Scritti,vol.1, Einaudi, Torino 1974 Fornari U., Trattato di Psichiatria Forense, UTET, Torino 2008 Foucault, M., Storia della follia nell età classica, Ed.Rizzoli, Milano 2005 7