Recensioni. ISSN ; E-ISSN Vol. 6 (2015), n. 2, pp

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RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA E PSICOLOGIA DOI: 10.4453/rifp.2014.0042 ISSN 2039-4667; E-ISSN 2239-2629 Vol. 6 (2015), n. 2, pp. 451-454 Recensioni Karsten R. Stueber L empatia Traduzione di Nicolò Fazioni, a cura di Valentina D Urso Bologna, Il Mulino 2010 Collana: Collezione di testi e studi Psicologia Pagine: xx-342; 33,00 _ Immaginiamo che gli esseri umani non siano dotati della capacità di riconoscere gli altri individui come esseri pensanti, né di comprenderne o interpretarne il comportamento. Con questi presupposti, la vita in società sarebbe ancora possibile? Molti pensatori, dai filosofi dell antichità fino agli autori contemporanei, tra cui Stueber, risponderebbero che no, sarebbe pressoché impossibile. Perché sia possibile interagire con gli altri, dobbiamo poter attribuire loro stati mentali come desideri, intenzioni, credenze, e, alla luce di questi, saperne comprendere il comportamento sociale. È opinione condivisa che ogni essere umano, in assenza di patologia, sia portatore di un repertorio di capacità, strategie, conoscenze implicate nella nostra abilità di comprendere le altre menti, noto come psicologia ingenua (folk psychology), grazie a cui siamo in grado di adempiere a questo complesso ma fondamentale compito. Dunque, sorge spontaneo chiedersi come facciano gli esseri umani, e forse anche alcuni animali, ad acquisire le competenze che rendono loro possibile la comprensione della mente e del comportamento altrui. Questa domanda è attualmente al centro di un indagine multidisciplinare che interessa vari settori, tra cui la neurobiologia, la psicologia dello sviluppo, la psicopatologia, la filosofia della mente, la psicologia animale. Grazie alla ricerca sperimentale, abbiamo oggi a disposizione una grande quantità di dati empirici che hanno contribuito in modo determinante ad ampliare la nostra conoscenza dei processi implicati nella comprensione della altre menti. Tuttavia, dal materiale accumulato fino a oggi non è emersa una risposta univoca alla domanda su quali siano i meccanismi sottostanti le nostre capacità di lettura della mente (mindreading). Piuttosto, sembra che emergano evidenze a favore di due possibili strategie conoscitive differenti. La prima prevede che la nostre capacità di comprensione delle altre menti si fondi sull utilizzo di una strategia egocentrica, povera di conoscenza, basata sull utilizzo del medesimo meccanismo grazie a cui abbiamo accesso ai nostri stati mentali. La seconda prevede l utilizzo di due meccanismi distinti per la comprensione degli stati mentali propri e altrui, e assume che l interpretazione del comportamento degli altri agenti avvenga a partire da una teoria implicita sul loro funzionamento. Queste due possibilità non si escludono a vicenda, anzi, è probabile che entrambe vengano utilizzate in maniera complementare, in base al contesto o allo specifico compito richiesto. Tuttavia, resta aperta la questione di quale tra questi due meccanismi sia epistemicamente centrale nella comprensione degli altri agenti. Dal dibattito in merito alla questione sono emerse, negli ultimi decenni, due posizioni fondamentali, che ribadiscono la centralità della prima piuttosto che della seconda strategia: la teoria della simulazione (secondo cui la comprensione altrui avviene attraverso una procedura empatica che non richiede molte conoscenze sull altro, ma presuppone piuttosto la capacità di mettersi nei suoi panni) e la teoria della teoria (secondo cui la comprensione altrui richiede un ampio bagaglio di conoscenza circa l altro e avviene attraverso l elaborazione di una teoria su di lui). Sotto queste due etichette ricadono in realtà costellazioni di punti di vista differenti; addirittura, alcuni studiosi hanno recentemente abbracciato posizioni ibride, ammettendo che ci si serva alternativamente di strategie ricche o povere di conoscenza a seconda del contesto. Tuttavia, restano importanti differenze nei presupposti teorici dei due paradigmi, che mantengono i due approcci distinti e il dibattito aperto. È in questo panorama che si colloca il lavoro di Karsten Stueber. Coniugando una stringente analisi filosofica con un attento esame delle più recenti scoperte in campo psicologico e neuroscientifico, in L empatia l Autore offre un contributo multidisciplinare e innovativo all odierno dibattito tra teorici della teoria e teorici della simulazione. L intento primario del libro è chiaro sin dalle prime pagine e anticipato dal titolo stesso: costruire una difesa sistematica dell empatia come strumento epistemicamente centrale

452 Recensioni per la comprensione delle altre menti. Cosa si intende quando si parla, in questo contesto, di empatia? Facendo riferimento al linguaggio quotidiano o ad alcuni ambiti della psicologia, con il termine empatia si intende un fenomeno principalmente emotivo, che si riferisce alla capacità di percepire, intuire e far propri gli stati emozionali altrui. Tuttavia, il significato filosofico originario del termine, a cui fa riferimento l Autore in questo testo, è quello di imitazione interiore o mentale per acquisire conoscenza delle altre menti. L empatia è dunque un immedesimazione non soltanto emotiva, ma anche cognitiva, che permette di comprendere un altra persona a partire dalla capacità di assumere la sua prospettiva sul mondo. L idea della centralità epistemica dell'empatia affonda le sue origini nella tradizione filosofica fine ottocentesca e novecentesca, in particolare negli ambiti dell estetica e dell'ermeneutica. Fu il filosofo e psicologo Theodor Lipps a intuire e teorizzare l esistenza di un meccanismo che creasse nel soggetto una risonanza interna degli stati mentali altrui a partire dall incontro percettivo con i gesti e le espressioni facciali di un altro soggetto. Questa tesi ha trovato oggi una solida base empirica grazie alle recenti indagini sul sistema dei neuroni specchio e agli studi sull amigdala e il circuito cerebrale delle emozioni. Entrambi questi sistemi sembrano infatti rispondere sia a stimoli che il soggetto esperisce in prima persona sia a stimoli percepiti in relazione a un altro agente, supportando l idea che nel processo di comprensione degli altri venga utilizzata una strategia fondata sulla possibilità di riattualizzare gli stati mentali altrui nel nostro vissuto in prima persona. Tuttavia, un meccanismo del genere non sembra sufficiente per garantirci la possibilità di comprendere il comportamento complesso degli agenti. Karsten Stueber definisce empatia di base il meccanismo appena descritto, distinguendolo dall empatia ricostruttiva, la strategia di imitazione interiore che, secondo l autore, ci consente a tutti gli effetti di avere accesso alle altre menti. Per sostenere la tesi della centralità epistemica dell empatia ricostruttiva, Stueber costruisce una difesa sistematica dell'empatia passando in rassegna i principali punti deboli dei presupposti teoretici della teoria della teoria, ma anche confrontandosi con le proposte teoriche di alcuni noti teorici della simulazione, come Gordon o Goldman, da cui però, pur condividendo alcuni punti salienti della loro riflessione, prenderà infine le distanze. Ciò su cui i teorici della simulazione concordano, al di là delle differenze, a volte anche significative, che caratterizzano le varie proposte teoriche degli autori (sulle quali il volume si sofferma, ma che in questa sede non possono essere discusse), è la centralità epistemica di un processo di tipo imitativo o empatico nella pratica di comprensione delle altre menti. Questo processo si compone, secondo molti autori, di tre fasi. La prima implica una conoscenza delle differenze e una possibilità di confronto tra il proprio sistema di credenze e i propri stati mentali di partenza e quelli dell'altro. La seconda, che rappresenta la fase simulativa in senso stretto, prevede che un soggetto, a partire da uno sforzo immaginativo, assuma dentro di sé il punto di vista dell'altro e, nell ambito della sua prospettiva sul mondo, ricerchi le ragioni dell agire altrui a partire da una prospettiva di prima persona. Durante la terza fase, ciò che viene conosciuto durante la fase di simulazione viene attribuito all'altro agente. A questo punto, il processo interpretativo è completo. Come già anticipato, quasi tutti gli autori sono concordi nel riconoscere l importanza di strategie sia ricche di teoria, sia povere di teoria. I teorici della simulazione sono infatti disposti ad ammettere che, nell ambito del processo simulativo appena descritto, durante le fasi del confronto e dell'attribuzione ci si avvalga anche di strategie teoretiche e inferenziali. È durante la fase della simulazione in senso stretto che emerge la centralità dell utilizzo di una procedura empatica nel processo di comprensione delle altre menti. I teorici della teoria, però, non concordano con quest affermazione e ribadiscono che il processo conoscitivo sia guidato prevalentemente da strategie teoretiche. Come fare allora a decidere se, in ultima istanza, la comprensione degli altri agenti sia guidato da una teoria implicita sul funzionamento degli agenti, come sostengono i teorici della teoria, o da un meccanismo che ci consente di metterci nei panni altrui, come sostengono i teorici della simulazione? Pur senza rinunciare a confrontarsi con i dati provenienti dalla ricerca empirica, l Autore pone l accento sul fatto che la partita definitiva tra teorici della teoria e teorici della simulazione vada

Recensioni 453 giocata sull analisi dei presupposti teorici dei due paradigmi. Stueber critica inizialmente l impostazione concettuale della teoria della teoria, soffermandosi in primo luogo sulla concezione astratta della psicologia ingenua. Questa prevede che la somiglianza psicologica tra soggetto e oggetto non abbia rilevanza nel processo di acquisizione di conoscenze circa l altro, poiché esso avviene interamente per via teoretica e inferenziale a partire dall osservazione del comportamento degli altri agenti. La capacità di lettura della mente non è legata all esperienza introspettiva, ma piuttosto si struttura come una teoria astratta che descrive e generalizza relazioni tra concetti. Questa impostazione, secondo l Autore, non rende conto in modo adeguato della strategia che utilizziamo per comprendere gli altri agenti. Il punto di vista che Stueber propone in alternativa, ovvero la concezione situata della psicologia ingenua, si fonda sull assunzione secondo cui, perché sia possibile l interpretazione del comportamento altrui, dobbiamo essere in grado di riconoscere gli altri come agenti responsabili e che agiscono in base a delle ragioni. Quest informazione non viene acquisita a partire da una teoria astratta, costruita a partire dall osservazione del comportamento altrui in una prospettiva di terza persona, ma, piuttosto, a partire dalla nostra esperienza introspettiva, di cui facciamo esperienza in prima persona. Grazie a essa, infatti possiamo accedere da una prospettiva epistemicamente privilegiata ai meccanismi che determinano l agire umano. Nell ambito della prospettiva in prima persona, un individuo esente da patologia deve potersi riconoscere come agente responsabile e razionale, ovvero essere consapevole dei propri stati mentali, saper individuare in essi le cause e le ragioni del proprio agire, sapere a quali stati mentali corrispondono determinati comportamenti ed essere conscio della relazione che intercorre tra di essi. Lo sfondo epistemico dell interpretazione degli altri agenti è l agire razionale, di cui noi siamo consapevoli a partire dalla nostra esperienza in prima persona. Agire razionalmente non significa pensare e agire coerentemente con le leggi della logica e della razionalità standard, quando piuttosto, come già Aristotele aveva evidenziato, agire secondo delle ragioni: questo consiste nel mettere in atto comportamenti in base alle proprie credenze o desideri, essere consapevoli della relazione che intercorre tra i propri stati mentali e le proprie azioni e saper ragionare criticamente e valutare un azione rispetto al contesto mentale che l ha generata. Stueber insiste su questo punto, poiché la sua difesa sistematica dell empatia poggia proprio sull assunzione secondo cui solo avendo riconosciuto agli altri agenti lo status di agenti razionali è possibile procedere a un interpretazione del loro comportamento. Questo concetto chiave nell argomentazione dell Autore si riallaccia alla nozione di interpretazione radicale proposta da Donald Davidson, secondo cui l interpretazione non può che procedere olisticamente. Secondo questo presupposto, comprendere un azione non è mai un fatto isolato: un comportamento acquisisce senso nel momento in cui è inserito in un sistema di credenze e desideri almeno parzialmente organizzato e coerente. Perché il comportamento altrui ci appaia dotato di senso, dobbiamo poterlo comprendere nell ambito del contesto mentale che lo ha generato. È chiaro, a questo punto, che, perché sia possibile interpretare il comportamento altrui, è necessario servirsi di un meccanismo di tipo empatico, che ci consenta di riattualizzare nell ambito del nostro vissuto in prima persona il punto di vista altrui e di ricercare al suo interno le ragioni dell azione a cui vogliamo attribuire un significato. Alla luce della riflessione proposta da Stueber, comprendere gli altri agenti significa, in ultima analisi, saper contestualizzare un certo comportamento nell ambito del sistema di credenze e desideri di chi lo ha messo in atto e poterlo ricondurre a stati mentali che costituiscono le ragioni di quell azione. Sulla base di questa argomentazione, Stueber propone la tesi secondo cui lo strumento epistemicamente centrale per la comprensione degli altri agenti è una forma di empatia ricostruttiva, che ci permette di riattualizzare all interno della nostra prospettiva in prima persona il punto di vista altrui, entro quale ci muoviamo per attribuire ragioni al comportamento complesso di un altro agente. La difesa sistematica dell empatia proposta da Stueber presenta alcuni punti forse discutibili, come la scelta di ricorrere ad argomenti a priori, slegati dai dati provenienti dalla ricerca empirica, per sancire definitivamente la vittoria dell empatia sulla teoria. Tuttavia, la sua riflessione offre diversi spunti innovativi e originali che potranno sicuramente arricchire l odierno dibattito tra

RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA E PSICOLOGIA DOI: 10.4453/rifp.2014.0043 teorici della teoria e teorici della simulazione, quali, per esempio, l idea che le emozioni o la capacità di rispondere in termini emozionali agli eventi del mondo siano a loro volta riconducibili all interno di un quadro razionale e siano una parte propria e inseparabile dei meccanismi di comprensione altrui (cfr. soprattutto p. 227 e segg.). Restano da discutere i limiti dell utilizzo di un meccanismo empatico nell interpretazione degli altri agenti; primo tra tutti in che modo l empatia ci consenta di comprendere il comportamento di individui provenienti da contesti culturali molto diversi dal nostro, per i quali, per esempio, una reazione emotiva appropriata a un contesto potrebbe risultare differente rispetto a ciò che sarebbe per noi. Il problema, come l Autore stesso ammette nell'ultimo capitolo del volume, è aperto. Forse, con buona pace di Stueber, sarà proprio la ricerca empirica la chiave per risolvere molti quesiti che ancora non trovano risposta. Tuttavia, se è vero che la ricerca empirica è sempre portata avanti nell ambito di un contesto teorico di riferimento, allora la riflessione di Stueber non può che offrire un contributo teorico fondamentale per tutti coloro che sono impegnati a studiare sperimentalmente i meccanismi cerebrali e funzionali delle nostra capacità di lettura della mente e sono convinti che questa possa risiedere, in ultima analisi, nella nostra capacità di metterci nei panni altrui. ISSN 2039-4667; E-ISSN 2239-2629 Vol. 6 (2015), n. 2, pp. 454-457 Martina Fanghella