NONO RAPPORTO SULLA VIOLENZA DI GENERE IN TOSCANA. Un'analisi dei dati dei Centri Antiviolenza

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NONO RAPPORTO SULLA VIOLENZA DI GENERE IN TOSCANA Un'analisi dei dati dei Centri Antiviolenza 2017

IL NONO RAPPORTO SULLA VIOLENZA DI GENERE IN TOSCANA A partire dal 2009, l Osservatorio Sociale Regionale della Toscana svolge il fondamentale ruolo di monitoraggio e raccolta dei dati relativi al fenomeno della violenza di genere. La rilevazione annuale rappresenta, al contempo, un punto di arrivo e di partenza (in un ottica riflessiva e di analisi) del lavoro svolto delle operatrici e dagli operatori delle Istituzioni, dei Centri antiviolenza (CAV), e di tutti gli altri enti che quotidianamente operano sul fronte della prevenzione e del contrasto dei fenomeni di violenza legati a motivi di genere. In tal senso, il Rapporto dell Osservatorio raccoglie ed elabora annualmente le informazioni provenienti dai Centri antiviolenza e dai Centri per uomini autori di violenze (attraverso l applicativo web di Regione Toscana VGRT), dalla Rete Regionale Codice Rosa, dal Centro di Riferimento Regionale per la Violenza e gli Abusi Sessuali su Adulte e Minori dell AOU di Careggi, dal Centro Regionale di Documentazione per l Infanzia e l Adolescenza dell Istituto degli Innocenti, dall Archivio L Osservatorio regionale sulla violenza di genere realizza il monitoraggio sulla violenza attraverso la raccolta, l elaborazione e l analisi dei dati forniti dai Centri antiviolenza, dai servizi territoriali e dai soggetti aderenti alla rete territoriale; analizza i dati al fine di realizzare una sinergia tra i soggetti coinvolti per sviluppare la conoscenza delle problematiche relative alla violenza di genere e per armonizzare le varie metodologie di intervento adottate nel territorio. LR 59/2007, Art.10 Regionale per le Prestazioni Consultoriali. Da qualche anno, inoltre, il Rapporto raccoglie ed elabora i dati relativi ai femminicidi, fenomeno estremo ma non episodico e infrequente che rappresenta la cd. punta dell iceberg di una questione che resta, ancora, in larga parte sommersa. I dati presentati nel Rapporto rappresentano quindi quella parte emersa del fenomeno, resa evidente dalla scelta da parte delle donne vittime di violenza di rivolgersi ad uno dei nodi della rete dei servizi per intraprendere un percorso di fuoruscita dalla violenza che, è bene ricordarlo, si esplica nella maggior parte dei casi all interno delle relazioni domestiche e affettive. I femminicidi. Il Nono Rapporto apre la presentazione dei dati proprio a partire dall analisi della rassegna stampa relativa ai casi di femminicidio (non esiste ancora un sistema di rilevazione strutturato sulle uccisioni delle donne per motivi di genere), che fa emergere il numero di donne uccise in Toscana dal proprio partner o ex, negli anni tra il 2006 e il 2016: 101 (75 donne italiane, 26 donne straniere), in media 1 donna ogni 40 giorni; 13 donne uccise nel solo anno 2016. In 77 di questi casi (76,2%) l assassino è di nazionalità italiana. Un ulteriore aspetto che emerge dall analisi di questo fenomeno estremo è quello dei cd. Orfani Speciali, cioè i minori rimasti orfani di madre e, il più delle volte, privi anche della presenza del padre omicida: sono almeno 34 quelli relativi ai casi registrati tra il 2006 e il 2016. I Centri antiviolenza. I dati dei Centri antiviolenza rappresentano la fonte primaria grazie al quale l Osservatorio ha potuto strutturare e implementare il sistema di raccolta dati sulla violenza di genere (la rilevazione dei Centri svolta attraverso l applicativo regionale è iniziata il 1 luglio 2009, con piccole modifiche e aggiustamenti successivi 1 ). Dal 1 luglio 2009 al 30 giugno 2017 sono state 18.939 le donne che si sono rivolte per la prima volta a un Centro antiviolenza in Toscana, per chiedere aiuto soprattutto per una violenza reiterata nel tempo attraverso atti di persecuzione psicologica, fisica ed economica. Nell 83% dei casi la violenza è a opera del partner o dell ex. Nell ultimo periodo di riferimento luglio 2016 giugno 2017 le donne che si sono rivolte ai Centri sono state 3.000, il numero più elevato da quando è iniziata la rilevazione, con un incremento del 22,5% rispetto all annualità precedente. Tale incremento non va interpretato (o almeno non esclusivamente) come una maggiore pervasività della violenza di genere rilevata nell ultimo anno: parallelamente, è sicuramente cresciuta la consapevolezza delle donne rispetto al riconoscimento dei comportamenti violenti subiti, così come pure un incremento dell accesso ai CAV può essere attribuito ad una maggiore conoscenza della presenza di questo servizio e degli altri offerti dai soggetti delle reti territoriali. La maggior parte delle donne che si rivolge ai Centri antiviolenza è italiana (69,9%) e il rapporto tra italiane e straniere non varia sensibilmente nel corso degli anni. Ciò che emerge nell ultimo periodo è un aumento delle giovani ragazze, minori di 18 anni da 11 casi del 2015/2016 a 23 nel 2016/2017: si tratta quasi esclusivamente di ragazze italiane. 1 La scheda utilizzata è stata modificata dal 1 luglio 2010: questo rende impossibile la costruzione di un database univoco 2009-2017 1

Per la prima volta è stato rilevato il numero di donne complessivamente seguite dai Centri: si tratta delle donne che hanno effettuato il primo accesso nel periodo 1 luglio 2016 30 giugno 2017 sommate a quelle che hanno iniziato in percorso in anni precedenti. Il dato è molto importante, perché permette di dar conto del lavoro quotidiano dei Centri antiviolenza: se i nuovi accessi nel corso del 2016-17 sono stati 3.000, il numero di donne seguite dai Centri è 4.017. Ciò significa che circa una donna su 4 in carico ai CAV toscani ha iniziato il proprio percorso nelle annualità precedenti, restituendoci un informazione seppur approssimativa sulla durata dei percorsi delle donne all interno dei Centri. L incremento del numero di donne che si è rivolto ai Centri è stato inoltre funzione di un allargamento del target di riferimento dei CAV. I Centri antiviolenza infatti, pur conservando il loro ruolo centrale di punto di riferimento per le donne che vivono la violenza in ambito domestico, vedono la crescita di un utenza di tipo diverso: si tratta di donne con livello di istruzione medio alto, occupate e che subiscono violenza fuori dalle mura domestiche, dall ex o dal partner non convivente. Per quanto riguarda le straniere sono in aumento le donne che vivono in una situazione di estrema fragilità economica: donne sole, senza un lavoro fisso. Anche per le non autoctone aumentano i casi di violenza da parte di un maltrattante non convivente. I Centri parrebbero dunque aumentare la loro sfera di azione, diventando soggetto protagonista dei percorsi di uscita dalla violenza anche per chi quella violenza la subisce fuori dalle mura di casa e in giovane età. Questo aumento del numero di ragazze minorenni che si rivolgono ai Centri potrebbe essere letto anche come sviluppo di una maggiore consapevolezza, e quindi pretesa, di riconoscimento dei diritti di donne da parte delle giovani generazioni, che ha sicuramente trovato impulso e supporto nelle attività e in interventi di formazione e sensibilizzazione svolte dai Centri antiviolenza e dalla Associazioni delle donne sui territori, in particolare nelle scuole. Nel corso di questi anni di realizzazione del monitoraggio dei dati CAV (2009/2017), 16.686 ragazze/i hanno visto le proprie madri subire violenza all interno delle mura domestiche; di questi, 12.218 erano minorenni al momento dei fatti. Le Case Rifugio. Strettamente legate all attività dei CAV vi sono poi le Case rifugio, strutture dedicate ad indirizzo segreto nelle quali la donna, sola o con i propri figli, con il sostegno di operatrici formate sulle tematiche della violenza di genere, viene messa in sicurezza e inizia un percorso complesso di uscita dalla violenza. Nel corso degli anni è cresciuto sia il numero che la capacità ricettiva delle Case rifugio, che attualmente sono 20 (erano 18 nel 2016 e 10 nel 2013) per un totale di 158 posti letto, 78 dei quali riservati ai minori. Le donne ospitabili in contemporanea sono quindi 80, ovvero una ogni 21.185 donne residenti di 16 anni e più. Nel 2016 sono state, complessivamente, 121 le donne ospitate nelle Case rifugio in Toscana, con un incremento di 11 unità rispetto alla rilevazione condotta sull anno 2015; i minori ospitati sono stati invece 141. Le donne con figli rappresentano la maggior parte dell utenza (71,1%). La permanenza delle donne e dei loro figli nelle Case rifugio va, in media, da un minimo di 180 a un massimo di 365 giorni; indipendentemente da quanto previsto, in tutte le Case viene comunque concessa una proroga alla dimora temporanea fino a quando ve ne sia necessità. Nel 2016, in media, la permanenza delle donne nelle Case equivale a circa 4 mesi (118 giorni) e quella dei minori a circa 80 giorni. Le operatrici che nel 2016 hanno lavorato nelle Case, tutte di sesso femminile, sono in totale 294: 99 retribuite (di cui 32 educatrici e 24 psicologhe/psichiatre) e 195 volontarie (di cui 43 educatrici e 43 psicologhe/psichiatre). 2

Il Centro regionale di documentazione per l infanzia e l adolescenza dell Istituto degli Innocenti. Per avere contezza dell entità della violenza assistita, che rappresenta l altra faccia della violenza di genere, cioè del dramma vissuto da quelle bambine e da quei bambini che vedono o percepiscono le proprie madri subire violenza all interno della propria casa da parte del proprio padre, si è iniziato un confronto con i dati raccolti dal Centro regionale di documentazione per l infanzia e l adolescenza sui bambini e sugli adolescenti che sono esposti all esperienza di forme di maltrattamento, violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, su figure di riferimento o altre figure affettivamente significative. In linea con i dati fin qui esposti, nel triennio 2014-2016, si registra un aumento di bambine/i e di ragazze/i interessate/i da situazioni di violenza assistita: da 968 del 2014, ai 1.143 del 2015, fino ai 1.298 registrati nel 2016, con un parallelo incremento delle famiglie straniere coinvolte, ovvero 302 nel 2014, 404 nel 2015, 439 nel 2016. Contestualmente, l Istituto degli Innocenti ha rilevato un progressivo aumento del numero di bambine/i e ragazze/i vittime di maltrattamenti in famiglia, in particolare nell ultimo anno: 1.456 nel 2014, 1.478 nel 2015 e 1.921 nel 2016. La Rete regionale Codice Rosa. Il Codice Rosa è un codice virtuale affiancato ai codici di gravità per identificare un percorso di accesso al Pronto Soccorso riservato a tutte le vittime di violenza, in particolare donne, bambine/i e persone discriminate, secondo un approccio gender sensitive. Dal 1 gennaio 2013 al 30 giugno 2017, gli accessi con Codice Rosa di donne adulte nei Pronto Soccorso della Toscana sono stati 10.219, di cui 2.577 rilevati negli ultimi dodici mesi (+6,7% rispetto al periodo 1 luglio 2015-30 giugno 2016). Gli accessi di minorenni di sesso femminile a partire dal 1 gennaio 2013 sono stati 1.136, di cui 320 registrati negli ultimi dodici mesi (+23,6% rispetto all annualità precedente). Tra i minori (femmine e maschi), la percentuale più elevata di accessi si ha tra i 15 e i 17 anni (29,2%); seguono le fasce di età 12-14 anni (22,3%), 7-11 anni (22,1%), 3-6 anni (15,6%) e 0-2 anni (10,7%). Per quanto riguarda la cittadinanza, nell ultima annualità gli stranieri rappresentano il 32% degli utenti adulti e il 29,2% degli utenti minorenni. Il Centro di Riferimento regionale per la violenza e gli abusi sessuali su adulti e minori dell AOU Careggi ha invece registrato, dal 1 luglio 2016 al 30 giugno 2017, 44 accessi per sospetta violenza sessuale, di cui 12 da parte di minorenni; nello stesso periodo, per violenza domestica, si sono registrati 15 accessi di donne, 13 dei quali nella fascia di età tra 18 e 39 anni. I Consultori. Le prestazioni consultoriali relative a casi di abuso e maltrattamento o violenza distinguono quattro aree di intervento: abusi fisici, psicologici, sessuali e casi di negligenza genitoriale. Le donne che si sono rivolte ai consultori, nel corso del 2016, per abuso e maltrattamento sono 596, di cui 81 minorenni. Le prestazioni totali all interno dell area abuso e maltrattamento, relative al 2016, sono state 3.195: in media, quindi, ogni utente ha effettuato 5 accessi annui per casi di violenza. I maltrattamenti psicologici hanno costituito il 43,8% del totale degli accessi, i maltrattamenti fisici il 36,8%, la negligenza genitoriale (bambine/i trascurati) l 11,8% e i maltrattamenti sessuali il 7,5%. I Centri per uomini autori di violenze. Dal 1 luglio 2016 al 30 giugno 2017 i quattro Centri presenti in Toscana che operano per il recupero degli uomini che hanno agito violenze all interno dei contesti familiari/affettivi hanno effettuato 89 prese in carico; in 67 casi si tratta di uomini italiani. In circa un quarto dei casi la decisione di rivolgersi al Centro è avvenuta su iniziativa spontanea da parte dell uomo; in 11 casi è stata invece determinante la spinta da parte della partner o dell ex-partner (la cui incidenza risulta maggiore in presenza di figli all interno della coppia); in altri 7 casi sono stati altri familiari e/o amici a indirizzare l uomo verso il Centro. Tra gli invii effettuati da soggetti terzi (che complessivamente rappresentano 50 accessi su 89), afferenti l ambito pubblico o privato, si registrano 21 invii di natura coercitiva da parte del Tribunale/UEPE (Ufficio esecuzione penale esterna), 10 da parte dei Servizi Sociali, 8 da parte di professionisti privati (avvocati, psicologi, etc), 4 da parte delle Forze dell Ordine. Analizzando il tipo di relazione che intercorre tra l uomo maltrattante e la/le vittime di violenza, si può osservare come nella maggioranza dei casi si tratti di relazioni di coppia in convivenza (64 casi, sommando i casi in cui la vittima è la moglie, la partner convivente, l ex-moglie o l ex-partner convivente) e, nella quasi totalità dei casi, di relazioni afferenti l ambito familiare/affettivo. 3

LE RISORSE E LE RETI TERRITORIALI PER IL CONTRASTO ALLA VIOLENZA DI GENERE La Regione Toscana, insieme e con la collaborazione di ANCI, ha attivato un lungo percorso di ascolto sui territori, per comprendere le esigenze delle reti territoriali di contrasto alla violenza di genere, per analizzarne i meccanismi di funzionamento e le interrelazioni tra i diversi nodi, per verificare gli eventuali scostamenti tra il funzionamento delle reti formali e quelle effettive, anche ricorrendo ad analisi che valutassero oltre alla loro concreta operatività la percezione che i singoli attori hanno delle modalità secondo le quali si sta operando sui territori. Tale percorso di ricerca-azione ha visto l organizzazione di 13 incontri seminariali territoriali (10 su base provinciale e 3 di Area Vasta), che hanno rappresentato uno straordinario momento di dialogo e confronto con i soggetti che sui territori operano sui temi di frontiera del contrasto alla violenza di genere: dalla prevenzione e sensibilizzazione, all emergenza e presa in carico fino ai percorsi di autonomia. Gli oltre 200 soggetti che hanno animato gli incontri hanno partecipato in rappresentanza di Aziende USL (Codice Rosa, Consultori, Servizi sociali), Comuni, Conferenze dei Sindaci, Società della Salute, Province, Prefetture, Forze dell Ordine, Procure della Repubblica, Uffici Scolastici provinciali, Centri antiviolenza e Case rifugio, Centri per uomini autori di violenze e associazioni. Gli incontri hanno rappresentato altresì l occasione per presentare ai territori, in anteprima, le principali caratteristiche dell Avviso pubblico (DD 11803/2017) per la ripartizione delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità che, insieme a ulteriori risorse regionali finalizzate (per un totale di 866.789 ), andranno a finanziare interventi quali l istituzione di nuove Case rifugio e case di seconda accoglienza, nuovi sportelli di ascolto territoriali gestiti dai Centri antiviolenza, azioni di rete (pronto intervento/emergenza; formazione congiunta; sensibilizzazione della cittadinanza; programmi per autori di violenza; comunicazione e informazione sui servizi della rete; adozione/miglioramento linee di indirizzo condivise). Cosa è emerso dagli incontri territoriali. Gli incontri svolti con i/le referenti territoriali delle reti di contrasto alla violenza di genere, che operano a livello provinciale e di ambito zonale, hanno fatto emergere alcune forti caratterizzazioni locali della governance di rete anche in risposta alle criticità che hanno caratterizzato i nuovi assetti delle Province ma anche, in linea generale, diffuse difficoltà di coordinamento tra i diversi soggetti istituzionali e non che animano i servizi rivolti alle donne vittime di violenza. Linee di indirizzo e procedure formalizzate, dove presenti, hanno operato da collante delle reti territoriali riuscendo a rispondere alle difficoltà derivanti dalle modifiche occorse al quadro istituzionale. Pur con le specificità territoriali che sono emerse dagli incontri, allo stesso tempo tutte le reti provinciali e/o zonali hanno individuato un nucleo di temi comuni relativi agli obiettivi strategici che i diversi attori coinvolti nelle reti devono porsi nell obiettivo di orientare e migliorare il lavoro delle reti antiviolenza: la formazione, i percorsi di autonomia per le donne, le attività di prevenzione e sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza. I tre nuclei comuni della discussione sviluppata nei territori rappresentano, nelle parole degli stakeholder, prospettive diverse, ma necessariamente integrate, da cui aggredire il fenomeno della violenza legata a motivi di genere. La condivisione di approcci di intervento di rete, il lavoro da fare sull empowerment del percorso di autonomia della donna, le attività di prevenzione da svolgere nei confronti delle giovani generazioni, ma non solo, rappresentano le piste di lavoro da cui nessuno degli attori delle reti locali dichiara di voler prescindere nella programmazione delle attività. L analisi delle reti attive a livello provinciale/zonale è stata ulteriormente raffinata attraverso una ricerca effettuata attraverso la tecnica della social network analysis (analisi delle reti sociali), che ha consentito di leggere la realtà delle pratiche collaborative esistenti tra i diversi soggetti e Organizzazioni a livello territoriale che si muovono su 3 piani operativi: l emergenza, la presa in carico e il percorso di autonomia. Il lavoro di ricerca fa emergere l importante ruolo svolto dai Centri antiviolenza come collante e facilitatore delle relazioni all interno delle reti locali, che operano a geometrie variabili, a seconda cioè delle dimensioni sulle quali gli enti sono chiamati ad intervenire (emergenza, percorso di autonomia, ) e attraverso ruoli e responsabilità che vanno letti e interpretati tenendo conto delle relazioni finalizzate all interno delle reti e, soprattutto, della complessità degli interventi messi in campo. Una posizione centrale è occupata, rispetto alla fase di gestione delle emergenze, dal Codice Rosa, mentre nelle fasi di presa in carico e di costruzione del percorso di autonomia emerge la centralità delle funzioni legate ai servizi sociali. Pur in presenza di alcune realtà ben avviate sul sentiero dell integrazione di rete, la ricerca sottolinea l esigenza comune alle diverse reti territoriali di rendere maggiormente orientate e coese le relazioni in determinati contesti, con particolare riferimento al percorso di autonomia. 4

La ricostruzione degli assetti di governance degli ambiti locali affrontata in questo lavoro rappresenta solo una tappa iniziale da sviluppare, integrare, potenziare, evolvere con ulteriori tappe successive. Al momento essa si basa sulle analisi della percezione che i vari soggetti locali hanno rispetto alla rete locale di contrasto alla violenza di genere. Tuttavia, pur con tutti i suoi limiti, questa ricostruzione può iniziare a dare un idea delle complessità e delle conformazioni dei contesti locali in cui agiscono i servizi dedicati alle persone vittime di violenza. È questo il punto centrale dell intero lavoro di ricerca-azione. Il punto è che la rete non può essere governata, conformata e gestita da un solo punto di essa, anche se si tratta di un elemento fortemente centrale e fortemente interrelato. Nessun elemento della rete può essere veramente il dominus solitario della complessità costituita da enti statali, enti regionali, enti locali, organizzazioni periferiche dello stato, associazioni di promozione La rappresentazione di un modello di rete territoriale sociale, cooperative, associazioni di volontariato, organizzazioni sanitarie pubbliche, organizzazioni private, altre reti formali o informali inscritte nella rete locale complessiva, azioni di cittadinanza informale. Occorre accettare che una realtà di questo genere può essere orientata e modellata solo attraverso interventi altrettanto complessi, che riescano a coinvolgere e far aderire molti dei singoli elementi della rete orientandoli verso obiettivi e modalità contrattate e condivise. La chiave dello sviluppo delle reti locali e dunque dell efficacia stessa dei sistemi territoriali nel contrasto dei fenomeni di violenza rivolti alle donne risiede nell aumentare la capacità dei sistemi stessi di riflettere e agire nella complessità, senza rinunciare alla centralità della relazione nell approccio alla donna, che in questo processo diventa una sorta di stella polare verso la quale orientare i sistemi. Questa centralità non si declina soltanto in termini operativi, come protagonismo della donna rispetto al percorso che intende intraprendere, ma anche nella valorizzazione delle competenze e delle capacità delle donne vittime di violenza, non più solo vittime ma risorsa, testimone chiave da ascoltare anche per le dinamiche di miglioramento qualitativo ad ogni livello della rete. La riflessione relativa alla strutturazione della rete che è stata condotta ci parla dunque di una policy territoriale che, senza semplificazioni e senza cedere alla mono-dimensionalità, veda i diversi attori operare la propria mission dentro contesti regolati con modalità operative condivise. Per di più la rete può essere ancora il luogo in cui i diversi strati di operatività sulla violenza di genere (prevenzione, educazione, lavoro con i maltrattanti, accoglienza, sicurezza, ricerca, comunicazione, formazione, innovazione, cultura ) possano essere collegati e integrati, pur con modalità e nodi diversi e adatti agli obiettivi e alle tensioni propri dei diversi approcci. 5