Adriana Molin Corso SSIS Sede di Venezia. Corso di Psicologia dell educazione. II modulo on line



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Adriana Molin Corso SSIS Sede di Venezia Corso di Psicologia dell educazione II modulo on line Apprendimento, intelligenza e differenze individuali. Aspetti quantitativi e qualitativi dell attività mentale. Nel considerare l apprendimento da un punto di vista individuale, ci siamo occupati di modelli di apprendimento e processi generali, comuni a tutti gli esseri umani, trascurando la variabilità legata alle caratteristiche individuali, alle peculiarità che ogni individuo porta con sé. Vi possono essere differenze legate alle variabili di fondo che permettono di diversificare gruppi di soggetti per età, sesso, cultura di appartenenza, ecc. e differenze che si possono trovare all interno di un gruppo omogeneo. Noi ci occuperemo di questo secondo gruppo di variabili, con particolare riguardo all apprendimento. Ogni giorno gli insegnanti osservano risultati diversi a fronte delle medesime proposte e s interrogano su queste differenze, evidenziate dal diverso rendimento scolastico dei propri allievi. Studenti, considerati con potenzialità analoghe, mostrano differenti ritmi e livelli di apprendimento, differenti motivazioni. Ma, allora, come si spiegano queste differenti prestazioni negli studenti? Analizzeremo i principali approcci che si sono occupati di analizzare tali differenze. L approccio psicometrico Nello studio delle differenze individuali per lungo tempo ha predominato l approccio psicometrico centrato, essenzialmente, sulla misura dell intelligenza. Questo approccio privilegia l analisi quantitativa delle prestazioni di soggetti in particolari compiti - test - che, in pratica, definiscono il costrutto dell intelligenza. Il concetto di intelligenza è, tutto sommato, abbastanza nuovo. Infatti, secondo il dizionario inglese Oxford, la parola intelligenza è entrata nella lingua inglese nella prima metà del ventesimo secolo ed ora è usata non solo dagli studiosi di psicologia, ma anche dalla gente comune. Tutti noi abbiamo un idea di intelligenza e siamo in grado di riconoscerla in contesti diversi, così come consideriamo certi compiti particolarmente adeguati per dimostrare intelligenza. Consideriamo intelligente sia il meccanico che è in grado di individuare velocemente il guasto della nostra macchina, sia il brillante professionista che ci risolve un intricato caso, come chi emette un giudizio che poi si rivela come il migliore o chi compie una previsione azzeccata. Di compiti, appunto, dai quali si poteva inferire un comportamento intelligente si sono interessati i primi studiosi dell intelligenza, che si sono occupati prevalentemente della sua valutazione, 1

anche perché mossi più da esigenze pratiche che scientifiche. Binet e Simon (1916) misero a punto una scala d intelligenza perché sollecitati da una richiesta del ministero dell istruzione francese che aveva necessità di distinguere tra soggetti con apprendimento normale e soggetti mentalmente ritardati. Essi misurarono l intelligenza come una funzione della capacità di apprendere. Il concetto chiave dell intelligenza, per questi autori, era il pensiero, ovvero il giudizio intelligente. Altri autori portarono all estremo questa modalità di interessarsi all intelligenza. Edwin Boring (1923), per esempio, è arrivato a definire l intelligenza come quella cosa che è misurata dai test. L enfasi sulla misura spiega l eccezionale sviluppo della costruzione dei test mentali. Tra i test d intelligenza più studiati ed usati, si trovano le scale Wechsler che forniscono tre punteggi: un punteggio verbale, uno di performance e uno totale. Il punteggio verbale rimanda ad abilità di natura linguistica (vocabolario, la capacità di trovare somiglianze tra concetti o di recuperare informazioni, ecc.), quello di performance è ascrivibile alle componenti non verbali dell intelletto, ed è basato su test che richiedono il completamento di figure, il riordinamento di storie figurate, la riproduzione di disegni geometrici utilizzando dei cubi, l assemblaggio di oggetti ed, anche, il mettere in corrispondenza simboli e cifre. Un analisi di questi diversi compiti ci rimanda ad abilità che richiedono un interfaccia tra verbale e visuale, tra verbale e spaziale, tra visivo e spaziale. Il punteggio cui ci si riferisce quando si parla di Quoziente Intellettivo (QI) è quello totale, ottenuto dalla somma dei due punteggi parziali. Le matrici progressive di Raven sono un altro test usato frequentemente per esaminare l intelligenza di natura non verbale, soprattutto in situazione nelle quali difficoltà linguistiche potrebbero impedire una comprensione delle capacità o potenzialità del soggetto. Questo test si basa sulla individuazione di principi percettivo-visivi che governano nel senso di conferire un ordine - determinate configurazioni visive. Caratteristica comune di questi strumenti è la valutazione dell intelligenza in termini quantitativi. Le differenze individuali si situano su un continuum lungo il quale si ordinano gli individui a seconda del punteggio ottenuto, dal più basso al più alto. Questo approccio è stato molto criticato, negli anni 70, soprattutto perché si stabiliva tra intelligenza e QI un equazione che non esiste nella realtà. Molto spesso i test mentali sono costruiti su un modello di intelligenza ridotto alle abilità scolastiche generali, modello sostenuto dalla accertata capacità di questi test di predire il successo o l insuccesso scolastico. Ma, proprio per questa funzione che discrimina chi riesce a scuola da chi non riesce, ci si rende conto che i test o meglio le abilità esaminate dal test non possono essere considerate rappresentative del comportamento intelligente, se non limitatamente ad un certo tipo di abilità che ha molto poco riscontro nella quotidianità. Neisser (1976) definisce tale intelligenza accademica, la quale si contrappone alle capacità di adattamento, comunicazione, perseveranza e così via che sono, invece, condizioni essenziali per lavorare e vivere con gli altri. La critica ai test di intelligenza è stata, in un certo senso, anche una ricerca su un concetto diverso di intelligenza. La tradizione psicometrica dello studio dell intelligenza, fondata sull uso dell analisi fattoriale, ha portato ad 2

ipotizzare i fattori soggiacenti alle abilità che erano richiamate dai diversi compiti che costituivano i test. Si è passati da una concezione dell intelligenza unitaria (fattore generale di Spearman, 1927, sottostante a tutti i compiti), ad una molteplice. Thurstone (1938, 1941) ad esempio, si opponeva a questa concezione poiché aveva identificato ben sette fattori dell'intelletto da lui definiti primari (fluidità verbale, abilità visive, ragionamento ), mentre Guilford (1967), che ha portato alle estreme conseguenze tale concezione dell intelligenza, è arrivato all identificazione di ben centoventi fattori indipendenti (tre dimensioni interpolate tra loro: contenuti, operazioni, prodotti). Rispetto al rapporto tra questi studi e l apprendimento, già si è accennato al fatto che sono messe in relazione le misure del QI con quelle dell apprendimento e fin dal 1921, molti psicologi sostenevano che l intelligenza è abilità di apprendimento (simposio pubblicato nel Journal of Educational Psycholgy). Più recentemente negli anni 70 del secolo appena trascorso, grazie anche al contributo del cognitivismo che ha spostato l interesse dalla misura dell intelligenza ai meccanismi che soggiacciono alle prestazione dei test mentali, inizia un periodo fecondo, afferma Boscolo (1997), per la costruzione di un nuovo concetto di intelligenza che declina fattori individuali e fattori contestuali-culturali. L Approccio cognitivista Mentre l approccio psicometrico assume che le differenze nelle prestazioni a un determinato test riflettano un determinato livello di abilità generale o specifica misurata dal test, l approccio cognitivista assume che le differenze riguardano aspetti specifici della esecuzione dei compiti e rilevano modalità e/o difficoltà nell elaborazione delle informazioni. Queste modalità possono rendere conto, appunto, delle differenze individuali. Sono ipotizzate differenze a livello di: 1. abilità cognitive (memoria, attenzione ) 2. strategie 3. stili cognitivi 4. metacognizione 5. motivazione. Ogni studente, quindi, si caratterizza, per ciascuno dei livelli su menzionati, per modalità di elaborazione dell informazione che possono essere più meno adatte all attività intellettuale richiesta dalla scuola. L insegnante si trova di fronte ad una varietà di situazioni che possono andare da quella ottimale alla più disastrosa, le quali - a volte - sono anche di difficile interpretazione. Si possono incontrare: 1. studenti di successo, cioè capaci di usare al meglio e/o comunque in modo efficace le loro potenzialità cognitive, metacogntive e motivazionali; 2. studenti con scarso successo, potenzialmente capaci di usare, per esempio, buone strategie o di riconoscerle, ma cui non corrisponde un effettivo e maggiore uso delle buone strategie (incongruenza strategica); 3

3. studenti con cospicui disturbi di apprendimento dovuti a: a. ritardo mentale, associato a difficoltà strategiche e scarsa conoscenza metacognitiva; b. disturbi di apprendimento specifici (dislessia, discalculia, disortografia, ecc.) che si manifestano come difficoltà ad automatizzare gli apprendimenti di base (togliendo, così, risorse cognitive a quelli più complessi) e che, conseguentemente, si riflettono espandendosi ad altri apprendimenti, se non opportunamente trattati e sostenuti; c. disturbo specifico di comprensione nella lettura che accompagna una difficoltà nella assimilazione dei contenuti elaborati; d. disturbi da deficit attentivo e/o iperattività accompagnati da difficoltà nel mantenimento dell attenzione per il tempo necessario all esecuzione del compito, nella pianificazione delle attività, nella organizzazione efficace dei propri processi; e. scarsa motivazione e impotenza appresa 1. Di qui la necessità di usare strumenti volti a conoscere gli studenti in maniera più approfondita, e, nello stesso tempo, utili alla predisposizione di attività che possano rendere gli studenti soggetti attivi del loro apprendimento, studenti consapevoli delle loro potenzialità e limiti, desiderosi di comprendere in profondità e motivati strategicamente. Nella storia dello studio delle differenze individuali, si soffermeremo sugli stili cognitivi. Stili cognitivi L importanza della ricerca in questo settore merita una riflessione particolare. Spesso viene usato il termine stile cognitivo come alternativa a stile di apprendimento. In realtà fanno riferimento a studi e ricerche differenti. La differenza, sostanziale, sta proprio nelle specificazioni: - stile cognitivo riguarda la propensione ad usare una certa classe di modalità specifiche di processazione dell informazione - stile di apprendimento si riferisce ad una predisposizione per adottare una strategia di apprendimento intesa come: un insieme di operazioni e procedure che lo studente può usare per acquisire, ritenere e recuperare differenti tipi di conoscenza e di prestazione. Messik (1994) nella definizione di stile cognitivo mette in evidenza sia la regolarità implicita nel concetto, sia l intreccio tra aspetti prettamente cognitivi e di personalità. Questo autore lo precisa nel seguente modo: 1 Impotenza appresa o learned helplessness è uno schema di comportamento caratterizzato, secondo Dweck e Leggett (1988), dai tentativi di evitare prove e dalla bassa persistenza di fronte al compito. All'origine si possono individuare un obiettivo motivazionale di evitare giudizi di competenza, la convinzione che l'intelligenza è un'entità fissa non mutabile e la bassa abilità percepita. Questo quadro di comportamento poco adatto all'ambiente scolastico tenderebbe a condurre a continui insuccessi o a risultati negativi creando così le basi alla sua perpetuazione. Dweck C.S., e Leggett E.L., 1988, A social-cognitive approach to motivation and personality, in "Psychological Review", 95, 2 4

modalità di funzionamento cognitivo (relative a percezione, memoria, pensiero, presa di decisione ) che riflettono regolarità nella processazione dell informazione, che si sviluppano intorno ad orientamenti soggiacenti della personalità. Il concetto di stile cognitivo richiama dimensioni individuali, tendenzialmente misurabili, ed esprime, anche attraverso il termine stile, caratteristiche che possono essere diffuse, costanti nel tempo, ma che sottolineano, soprattutto, la dimensione qualitativa nella elaborazione dell informazione. Possiamo immaginare lo stile come modalità cognitive bipolari. Ad esempio, di fronte ad un problema si può procedere o in modo sistematico (passo dopo passo, eliminando le variabili in gioco una alla volta) o in maniera intuitiva (formulando fin dall inizio un ipotesi interpretativa da verificare o confutare) e arrivare, sebbene per vie diverse, tranquillamente alla sua soluzione. E la qualità che fa la differenza e non la quantità. E proprio tale sottolineatura ci fa preferire, rispetto ad altri, il modo di concettualizzare stile cognitivo di Cornoldi (1993-2001). L autore parla, infatti, di una tendenza o propensione ad usare in modo costante e stabile nel tempo una determinata classe di strategie cognitive. Da tale definizione si può ricavare un idea di stile agile e flessibile. Da intendere, quindi, come propensione ad affrontare i compiti cognitivi in modo coerente con un certo stile, ma che non esclude la possibilità - per il soggetto - di compiere processi compatibili anche con lo stile opposto. Se è una tendenza ad usare una classe di strategie appaiono evidenti le analogie e le differenze tra stile e strategia. Lo stile si manifesta, appunto, nella preferenza accordata a certi tipi di strategie, ma, poiché non determinata, rappresenta l opzione preferita dal soggetto, così come nella nozione di strategia è implicita la possibilità di scelte. Esiste anche uno stretto rapporto tra stile e abilità, pur essendo differenti. Il termine abilità si riferisce ad uno schema consolidato di risposta automatizzata, riguarda il che cosa e quanto (es. abilità motoria) si apprende, mentre lo stile ( e la strategia) riguarda il come si apprende; l abilità può essere misurata in termini di accuratezza, precisione, mentre lo stile implica l individuazione della modalità dominante; le abilità sono unipolari (es. da una minima abilità verbale ad una massima), mentre gli stili sono bipolari (es. sistematico-intuitivo, verbale-visuale). In letteratura, appare anche un riferimento a condizioni permanenti dell individuo (intese a volte anche come tratto temperamentale) che permettono di comprendere meglio il concetto di stile inteso come preferenza. Tuttavia è da tenere presente che la predisposizione, in ogni caso, interagisce con l ambiente, come ha osservato Sternberg, e può essere modificata. Questi studi suggeriscono la plasticità degli stili cognitivi e invitano a scoprirne le ripercussioni a livello di apprendimento. Da un lato fanno riflettere sulla parzialità delle nostre proposte educative che possono essere sintonizzate su certi studenti piuttosto che su altri, dall altro ci stimolano non solo ad adeguare le nostre proposte d insegnamento alle potenzialità degli allievi, ma a richiedere agli studenti stessi flessibilità cognitiva e ricerca intenzionale e consapevole delle proprie caratteristiche sia per valorizzarle, sia 5

per comprendere che è possibile funzionare cognitivamente anche con modalità alternative. Molti sono gli autori gli che hanno individuato stili cognitivi diversi che colgono tendenze differenti negli atti di percepire, ragionare, risolvere un problema, memorizzare, affrontare un compito complesso. Cornoldi e collaboratori (1993-2001) identificano per la loro rilevanza rispetto all apprendimento cinque stili che coinvolgono idealmente momenti diversi dell elaborazione dell informazione: stile sistematico-intuitivo, globaleanalitico, impulsivo-riflessivo, verbale-visuale e pensiero convergente e divergente. Questi stili 2 hanno ispirato proposte educative volte e favorire un approccio più strategico verso l apprendimento e lo studio 3 negli studenti. Lo stile sistematico-intuitivo riguarda essenzialmente la maniera di formulare e classificare ipotesi, la cui origine risale a Bruner e ai suoi studi sulla formazione dei concetti. Lo stile globale-analitico concerne, nella, la preferenza per il dettaglio o l insieme. Questo stile ha connessioni con il precedente, ma se ne differenzia perché ovviamente riguarda processi psicologici diversi, lo stile intuitivo non è certamente analitico, ma nemmeno necessariamente globale (l ipotesi può partire da un singolo elemento), uno stile sistematico non è solo analitico, ma deve tenere conto della visione d insieme. Lo stile pensiero convergente è quello che tende a svilupparsi secondo mete logiche e consequenziali (pensiero lineare) ed è, forse, lo stile più potenziato nella scuola; il pensiero divergente è quello che invece sviluppa percorsi autonomi che possono produrre soluzioni originali e creative. Guilford 4 con la teoria multifattoriale dell intelligenza che ipotizzava modalità di produzione divergente, dove era posto l accento sulla varietà e quantità di ipotesi formulate rispetto ad uno stimolo, e Witkin et al. che hanno condotto studi sulla percezione ed elaborato la teoria della indipendenza dal campo e della campo-dipendenza, hanno ispirato uno stile che dal gruppo di Cornoldi, volendo sottolineare l aspetto di autonomia del pensiero, è stato definito operativamente Modo personale di affrontare lo studio, che evidenzia come apprendimento e studio siano sottilmente intrecciati. Lo stile riflessivo-impulsivo riguarda i processi decisionali. I casi dell avvio immediato dell azione e della mancata inibizione degli elementi irrilevanti o di quelli che per primi vengono alla mente (stile impulsivo) possono essere considerati condizioni che inducono ad un certo modo di decidere, pianificare, scegliere la maniera per affrontare un compito. Nella decisione, lo stile impulsivo-riflessivo potrà interagire con altri stili che influenzeranno la qualità della decisione. Kagan, con le sue ricerche sul tempo concettuale, è all origine della individuazione dello stile. A differenza degli altri stili, la polarità riflessiva sembra più adattiva della impulsiva, che portata all estremo potrebbe manifestare implicazioni psicopatologiche. 2 Una breve descrizione di alcuni stili si trova in Appendice 1. 3 Cfr. Cornoldi, C., De Beni, R. e gruppo MT (2001), Imparare a studiare2, Trento: Edizioni Erickson 4 v. nota 4 6

Gli studi sulla memoria e in particolare sulla codifica dell informazione (teoria della doppia codifica di Paivio), le ricerche di Cornoldi e Soresi che dimostrano una preferenza per l uso di una modalità sensoriale, supportano lo stile verbale-visuale o verbalizzatore-visualizzatore, trasversale ai vari compiti cognitivi, concernendo la percezione, la memoria e le preferenze di risposta. Infine, ricordiamo Sternberg che, oltre a identificare alcuni stili di funzionamento mentale, ha condotto una serie di ricerche estremamente interessanti per gli insegnanti e che giustificano il nostro interesse per l argomento. Dalla sua ricerca sugli stili emerge che: 1) Gli studenti il cui stile corrisponde a quello dell insegnante riescono meglio dei compagni indipendentemente dalle loro abilità. 2) Più gli studenti differiscono dagli insegnanti in termini di stile, maggiore è la probabilità che siano sottovalutati dai propri insegnanti. 3) Molti studenti tendono a concordare il proprio stile con quello degli insegnanti e poiché le classi non sono formate in base allo stile cognitivo, verrebbe confermata l ipotesi della plasticità dello stile. Interessanti possono essere anche gli studi di Pask (1976) e di Craik e Lockhart (1972). Pask con le sue ricerche sull apprendimento di materiale complesso ricava due stili, olistico e seriale,che portati all eccesso possono portare a forme patologiche. Lo stile olistico esprime una tendenza a una descrizione globale e, conseguentemente, ad un approccio globale al compito, a costruire uno schema generale, rivolgendo l attenzione a più elementi per volta. Lo stile seriale procede passo a passo e consiste nella tendenza a rilevare metodi, regole e dettagli, a volte fuori da un quadro organico. La combinazione dei due è lo stile versatile che caratterizza gli studenti in grado di usare ambedue gli stili con flessibilità e che produce il più alto livello di comprensione nei compiti scolastici. Craik e Lockhart, invece, evidenziano una dimensione che può rientrare nel concetto di stile e si riferisce al livello di elaborazione di informazione, che rinvia direttamente al loro modello di memoria. Essi ipotizzano che uno stimolo può essere elaborato a livelli di profondità diverse, tre precisamente. Una parola può essere codificata come una sequenza di lettere scritte in un certo carattere tipografico, può anche essere codificata nelle sue proprietà acustiche, può venire codificata a livello semantico, elaborando gli attributi di significato. La teoria assume che quanto più profondo è il livello di elaborazione, tanto meglio viene ricordato il materiale. Il livello di elaborazione dell informazione, interpretato come una dimensione che caratterizza il soggetto e, in quanto tale, stile, è stato verificato anche da altri studi che hanno messo a punto strumenti per l investigazione di approcci all apprendimento. Sulla valutazione degli stili cognitivi ricordiamo il questionario Scopri il tuo stile del programma 5, messo a punto da Cornoldi e collaboratori e che ha dato luogo a numerosi ricerche in ambito didattico. Da queste esperienze, che prevedevano l autovalutazione del proprio stile cognitivo 5 Ci si riferisce al programma Imparare a studiare 2, op. cit. 7

attraverso l uso del questionario e la costruzione del proprio profilo, è emerso quanto le proposte didattiche sulla conoscenza, valorizzazione e adeguamento degli stili cognitivi fossero coinvolgenti e motivanti per gli studenti. In sintesi, lo stile cognitivo riflette gli aspetti qualitativi dell elaborazione dell informazione: 1. esprime una preferenza per una determinata modalità (classe di strategie) nell affrontare un compito cognitivo che può essere estesa ad altre situazioni e compiti anche non strettamente scolastici; 2. tale preferenza si manifesta nel tempo (si era già manifestata nel passato) e appare abbastanza stabile; 3. tale tendenza può essere influenzata e modificata dall ambiente. Molti autori, tra cui Sternberg e Cornoldi, evidenziano l importanza di valorizzare lo stile di un individuo e sottolineano, contemporaneamente, l opportunità che, anche a scuola, un individuo possa trovarsi di fronte a richieste non congeniali poiché in questo modo verrà stimolato non solo ad acquisire una maggiore consapevolezza delle sue caratteristiche, ma anche ad utilizzare strategie che pur essendo alla sua portata, generalmente non usa. L organizzazione scolastica con la sua rigida articolazione dei tempi, il ritmo pressante delle attività che spesso non lascia agli studenti il tempo per riflettere e pensare, sono fattori che possono condurre ad omogeneizzazioni e ad inibire il desiderio e la voglia di caratterizzarsi in modo personale e, possibilmente, anche originale. Le differenze individuali nelle nuove concezioni dell intelligenza Con l affermarsi dell approccio contestualista che considera i processi cognitivi correlati a fattori culturali e tende, quindi, ad una concezione dell intelligenza non universalista, ma legata al contesto, e delle ipotesi modulariste, di matrice neuropsicologica, che sostengono un modello di funzionamento mentale a moduli indipendenti l uno dall altro (dominio specifici), si osserva lo sviluppo di nuove tendenze con interesse per le grandi costruzioni teoriche. Sternberg (1985) e la sua teoria triarchia e Gardner (1983, 1985) e la teoria delle intelligenze multiple ne sono due riferimenti. Gardner sostiene che gli uomini si sono evoluti in modo da riuscire a processare otto (o forse più) tipi di informazione legati al contesto ambientale. L intelligenza è la capacità di risolvere problemi o creare prodotti apprezzati in uno o più contesti culturali. Egli esemplifica ciascun tipo di intelligenza attraverso personaggi che hanno segnato con il loro contributo un campo specifico (es. Freud, Einstein..). Cercando di integrare diversi punti di vista sull intelligenza, individua otto tipi di formae mentis e forse un altra possibile. Esse sono: 1. linguistica che riguarda le abilità implicate nella comprensione e produzione linguistica e nella sensibilità verso tale funzione; 8

2. logico-matematica riferita al pensiero scientifico in particolare a quello matematico; si manifesta con la capacità di trattare pattern logici e numerici e di manipolare lunghe catene di ragionamento 3. spaziale che comprende la capacità di percepire accuratamente le relazioni visive e spaziali e di rappresentarle, elaborarle mentalmente; 4. musicale che implica abilità mediate dalle modalità uditive e sensibilità nell ascolto e produzione di suoni 5. corporeo-cinestesica riferita alla capacità di usare (pianificazione, controllo, esecuzione) il proprio corpo nello spazio e nella manipolazione di oggetti 6. intrapersonale che riguarda la comprensione della propria vita interiore; 7. interpersonale relativa alla capacità di comprendere gli altri e di dimostrarsi sensibili rispetto a desideri, intenzioni, emozioni, motivazioni e comportamenti; 8. naturalistica che si manifesta per un interesse spiccato verso l ambiente e nelle abilità di riconoscere e classificare specie di organismi, ecc. Queste distinzioni rendono conto di determinate abilità che hanno a che fare non solo con aspetti concettuali, ma anche pratici come possono essere la capacità di spostarsi da un luogo all altro, di leggere le cartine o di disporre le valigie nel portabagagli in modo che occupino meno spazio possibile e la capacità di interagire con gli altri. L ultima formae mentis che affascina Gardner e che definisce possibile, ma molto differente dalle altre, per la quale è necessario andare cauti, è quella esistenziale o spirituale. La concezione di Sternberg articola l intelligenza in tre sottoteorie: 1. componenziale, che riguarda il mondo interno dell individuo e specifica i meccanismi cognitivi soggiacenti alla prestazione intelligente. Essa distingue tre tipi di componenti di processazione dell informazione. Il primo tipo, definito metacomponente 6, riguarda i processi esecutivi di previsione, pianificazione, esecuzione e valutazione del compito; il secondo tipo riguarda le componenti di prestazione subordinate alle metacomponenti. Le componenti di prestazione sono numerose e relative al tipo di compito e all esperienza del soggetto. Il terzo tipo di componente si riferisce all acquisizione di conoscenza, ovvero a come s imparano le cose nuove. 2. contestuale, riferita all idea che l intelligenza opera in contesti reali, riguarda le modalità attraverso cui avviene l adattamento dell individuo all ambiente. Questa componente specifica le funzioni che assicurano all individuo l adattamento all ambiente, inteso come capacità di modificare se stesso, o l ambiente o di andare alla ricerca di ambienti nuovi. La natura e le modalità dei comportamenti di adattamento, di modificazione e di scelta di ambienti nuovi variano da cultura a cultura. 3. esperienziale, che sottolinea il ruolo dell apprendimento e specifica le situazioni e i compiti cui si applica il comportamento 6 Sternberg li immagina come i registi dell attività cognitiva. 9

intelligente: familiare contro nuovo. Si sottolinea che l intelligenza non può essere valutata solo sull efficienza dei componenti, ma anche sul livello di esperienza cui sono applicati. Sono due aspetti cruciali della elaborazione dell informazione: l automaticità che deriva dalla familiarità delle situazioni e l affrontare il nuovo. L intelligenza si valuta meglio quando l individuo affronta situazione relativamente nuove nelle quali possano agire sia la processazione consapevole, sia quella automatica. In breve, sulle differenze individuali l orientamento è passato da una analisi quantitativa ad una qualitativa e ad una concezione dell intelligenza che unisce gli aspetti cognitivi a quelli affettivo-motivazionali e al contesto. Le unità di analisi, quindi sono più ampie e non limitate ai singoli processi individuali. Secondo Boscolo (1997), questo orientamento si riflette nel rilievo che tende ad assumere il concetto di attitudine. Il termine attitudine ha etimologicamente il significato di adattamento, ma nel linguaggio psicologico era andato perduto in quanto era stata accentuata la dimensione predittiva al posto di quella adattiva. Attitudine era considerato come sinonimo di intelligenza e veniva intesa come capacità latente che permetteva lo sviluppo, a determinate condizioni, di un ulteriore qualità o capacità. Snow, Swanson (1992) sembrano preferire una definizione che considera l attitudine uno stato iniziale che riflette la storia dell apprendimento di ciascun allievo e che influenza, di conseguenza, ciò che lo studente apprende dall istruzione attuale. L unità di analisi delle differenze individuali è passata dall abilità singola ad un complesso di attitudini in cui i fattori cognitivi e quelli affettivomotivazionali interagiscono tra loro. La combinazione di pattern diversi motivazionali (alta o bassa ansia, stima, concetto di sé, percezione di autoefficacia) determina modi diversi di rispondere alle proposte educative. Come le differenze individuali implicano un approccio complesso, anche l istruzione o l insegnamento implica un composto in cui sequenze di compiti e contesto (classe) interagiscono, nel senso che a seconda del tipo di compito che si privilegia si accentuano o attenuano elementi di contesto. Centrale, quindi, è il concetto di interazione che prevede un effetto congiunto da più variabili indipendenti. In altre parole gli effetti sul rendimento scolastico di un processo d istruzione è dato dalle variabili relative all insegnamento, al contesto d istruzione e alle caratteristiche individuali. La classe, pertanto, risulta formata da persone in una situazione in cui giocano un ruolo rilevante le relazione tra docente e studenti, tra studenti e studenti, e tra disciplina insegnata dal docente e studente. 10

Bibliografia Albanese, O., Doudin, P.A., Martin, D. (2003). Metacognizione e educazione. Milano: Franco Angeli. Binet, A., Simon, T. (1916) e le sue ricerche pionieristiche, citato in Sternberg, R.J. (2000). Psicologia cognitiva, Padova: Piccin. Boring, E. (1923), citato in Sternberg, R.J. (2000). Psicologia cognitiva, Padova Piccin. Boscolo, P. (1997). Psicologia dell apprendimento scolastico. Torino: UTET università. Bruner, J.S., Goodnow, J.J. e Austin, G.A. (1956). A study of thinking, New York. Cornoldi, C. (1991). Strategie stili di apprendimento, in (a cura di) vinello, R., Cornoldi, C. Stili di insegnamento, stili di apprendimento e handicap. Bergamo: Juvenilia Cornoldi, C. (1986). Apprendimento e memoria nell uomo. Torino: UTET. Cornoldi, C. (1995). Metacognizione e apprendimento, Bologna: Il Mulino. Cornoldi, C., Soresi, S. (1977). Ricerca sui prerequisiti sull apprendimento scolastico, Università di Padova. Craik, F.I.M. e Lockhart, R.S. (1972). Levels of processing : A frame-work for memory research, Journal of Learning and Verbal Behavior, 11, 671-684. De Beni, R., Pazzaglia, F., Molin, A., Zamperlin, C. (2003). Psicologia cognitiva dell apprendimento, Trento: Edizioni Erickson. Gardner, H. (1983). Frames of mind. The Theory of multiple intelligences, New York: Basic Books, Inc.; trad. It. (1991) Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell intelligenza, IV ed., Milano: Feltrinelli. Gardner, H. (1999) Conferenza Esistono altre intelligenze?, Congresso internazionale CNIS, Brescia. Guilford, J.P. (1967) citato in Cornoldi, C. (1986). Apprendimento e memoria nell uomo. Torino: UTET. Kagan, N. (1965), Reflection-impulsivity and reading ability in primary grade children. Child Development, 36, 609-628 11

Messik, S. (1994). The matter of style: Manifestations of personality in cognition, learning and teaching, Educational Psychology, 29/3, 121-136. Neisser, U. (1976). General, academic and artificial intelligence, in Resnick. L.B. (a cura di) The nature of intelligence. Hillsdale: Erlbaum Paivio, A. (1971). Imagery and verbal processes, New York: Holt. Pask, G. (1976). Styles and strategies of learning, British Journal of Educational Psychology, 46, 128-148. Snow, R.E., Swanson, J. (1992). Instructional Psychology: Aptitude, adaptation, and assessment, Annual Review of Psychology, 43, 583-626. Spearman, C.H. (1927), citato in Boscolo, P. (1997). Psicologia dell apprendimento scolastico. Torino: UTET università. Sternberg, R. J. (1985). Beyond IQ. A triarchic theory oh human intelligence. Cambridge, Cambridge University Press; trad. It. Teorie dell intelligenza, Milano: Bompiani, 1987. Sternberg, R. J. (1998). Stili di pensiero, Trento: Ediozoni Erikson. Sternberg, R.J. (2000). Psicologia cognitiva, Padova: Piccin. Thurstone. L.L. (1938), citato in Cornoldi, C. (1986). Apprendimento e memoria nell uomo. Torino: UTET. Weschler, D. (1974). Manual of the Weschler Intelligence Scale for Children- Revised, New York: Psychological Corporation. Witkin, H.A. (1976). Cognitive style in academic performance and in teacherstudent relations. In Messick et al., Individuality in learning, San Francisco: C.A. Jossey Bass. 12

Appendice 1. Descrizioni di alcuni stili cognitivi Stile VERBALE-VISUALE o VERBALIZZATORE-VISUALIZZATORE Rimanda alla modalità di rappresentazione dell informazione durante l attività di pensiero ed è legato ai processi di memorizzazione (codifica/recupero) (Paivio) DESCRIZIONE VERBALE: il soggetto legge, ascolta, o considera le informazioni come PAROLE Preferisce leggere e poi guardare (nel testo scritto ad es. prima legge e poi guarda le illustrazioni) E attirato dalle parole acusticamente difficili VISUALE: il soggetto legge, ascolta o considera le informazioni che fluiscono alla sua esperienza come rapidi quadri mentali, immagini mentali E attratto da rappresentazioni grafiche, mappe nella quali le informazioni di natura visuospaziale hanno un interfaccia con le parole Stile CONVERGENTE-DIVERGENTE oppure MODO PERSONALE DI AFFRONTARE LO STUDIO Rimanda all attività di pensiero e ragionamento (teorie di Guilford dell intelligenza, creatività, Witkin) ed è legato a processi di produzione/espressione DESCRIZIONE CONVERGENTE: il soggetto segue una logica di tipo lineare, privilegia soluzioni CONDIVISE Preferisce usare routine consolidate e applicare principi generali consolidati DIVERGENTE: segue una logica di tipo NON lineare, ESPRIME preferenze multiple. Le sue risposte ad uno stesso stimolo 13

o quesito sono caratterizzate da: flessibilità (varietà) fluidità (numerosità) Qualità (originalità ovvero carattere inconsueto, ma adeguato) I soggetti divergenti sembrano: più abili nello scanning sia dell ambiente esterno che interno più abili nella ricerca di spunti più abili nelle strategie di esecuzione con un atteggiamento da sperimentatore cruciale rispetto all originalità ma sembrano anche più sensibili al contesto del compito e della situazione /desiderio di fare bella figura) Stile cognitivo GLOBALE-ANALITICO Rimanda alla modalità di elaborazione dell informazione durante l attività di pensiero ed è legato ai processi di percezione DESCRIZIONEGLOBALE: il soggetto tende ad osservare il TUTTO, può dimostrare difficoltà nel separare e a considerare in maniera indipendente le diverse parti (ha bisogno di una struttura, di uno sguardo generale per apprendere: trae beneficio se si presenta la struttura di un nuovo argomento) ANALITICO: il soggetto tende ad analizzare i DETTAGLI, le singole parti può incontrare difficoltà nel cogliere un punto di vista, nel fare un bilancio (non trae beneficio dalla presentazione della struttura del nuovo materiale da apprendere in quanto ha bisogno di dettagli cui ancorarsi per risalire alla struttura. Stile cognitivo SISTEMATICO-INTUITIVO Rimanda a processi complessi quali pensiero, ragionamento, categorizzazione (Bruner) ed legato alla soluzione di problemi DESCRIZIONE SISTEMATICO: il soggetto tende a risolvere un problema esaminando tutte le variabili che vi sono implicate e procede per esclusione. Usa la strategia dei PICCOLI PASSI (step by step) per avvicinarsi alla soluzione. E un processo lento, ma che 14

porta a soluzioni corrette. Entra in difficoltà (si perde e si confonde) quando le variabile sono troppe e richiedono una drastica riduzione per riuscire a manipolarle. INTUITIVO: il soggetto formula un ipotesi risolutiva o interpretativa, procede per verifiche. L immediata FORMULAZIONE DELL IPOTESI e poi la sua verifica riducono i tempi di risposta, tuttavia potrebbero ostacolare la revisione o formulazione di un altra ipotesi qualora la prima non fosse stata confermata. Si potrebbe instaurare una sorta di circuito di difficile rottura, di rigidità del pensiero legato al caso specifico. Stile cognitivo IMPULSIVO-RIFLESSIVO Rimanda a processi decisionali, al tempo concettuale (Kagan) ed è legato ai processi di inibizione delle risposte automatiche DESCRIZIONE IMPULSIVO: il soggetto risponde secondo l impressione dell attimo: SPARA LA RISPOSTA GIUSTA O SBAGLIATA CHE SIA. Sembra non apprendere dall esperienza: pur rendendosi conto che la strategia adottata (risposta a volo d uccello) non è la più adeguata a quel compito, persiste. Appare frettoloso, impreciso, fa parecchi errori e li reitera. RIFLESSIVO: il soggetto PENSA PRIMA DI RISPONDERE, si concede del tempo per pianificare la risposta, per decidere che cosa dire. Appare silenzioso, un po timido, poco pronto anche perché non butta le risposte, cerca in maniera consapevole, di rispondere in maniera corretta. 15