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2 Il caso clinico riguarda un paziente di 59 anni, riferito in PS per ematemesi. All anamnesi erano presenti diversi fattori di rischio cardiovascolare, vale a dire obesità, fumo di sigaretta e ipertensione arteriosa. Il paziente era stato sottoposto 5 anni prima a sostituzione valvolare mitralica con valvola meccanica a doppio emidisco e 3 anni prima a procedura di rivascolarizzazione miocardica con posizionamento di stent non medicato (BMS) a seguito di un infarto miocardico acuto. Era inoltre presente fibrillazione atriale (FA) permanente. Per questi motivi il paziente seguiva terapia con warfarin con target INR elevato (2,5-3,5) e assumeva acido acetilsalicilico (ASA) a basso dosaggio, oltre a un ACE-inibitore e una statina. Da circa un mese era inoltre stato impostato trattamento con esomeprazolo per il riscontro endoscopico di esofagite erosiva.

3 L esame obiettivo all ingresso dimostrava feci bordeaux con segni di instabilità emodinamica (ipotensione, tachicardia, tachipnea e iniziale compromissione dello stato mentale) tali da poter stimare una perdita di circa 2 litri di sangue secondo la classificazione di Baskett riportata in tabella.

4 Il paziente è stato innanzitutto stabilizzato, mediante infusione rapida di cristalloidi ed emazie concentrate attraverso due accessi venosi periferici di grande calibro e un accesso centrale, ed è stato posizionato un catetere vescicale allo scopo di quantificare la diuresi. Il paziente è stato quindi ricoverato in Terapia Intensiva. Gli esami ematochimici dell ingresso mostravano anemizzazione normocitica severa, con Hb 6,7 g/dl, deterioramento della funzione renale, verosimilmente con una componente pre-renale legata all ipovolemia ma anche, potenzialmente, alla vasculopatia di base, e un valore dell INR sopraterapeutico di 6,9.

5 Dato che inibitori di pompa protonica (IPP) e warfarin competono a livello di alcuni enzimi del metabolismo epatico, è possibile ipotizzare che esista un interazione clinicamente rilevante fra queste due classi di farmaci. Effettivamente, tra le potenziali interazioni degli IPP, il cui profilo di sicurezza è di solito considerato come molto buono, quella con il warfarin è la più frequentemente associata a eventi avversi, come segnalato in una revisione di Labenz et al. pubblicata nel In realtà, gli eventi avversi rilevanti dal punto di vista clinico (aumento dell INR a valori sopraterapeutici ed episodi di sanguinamento) sono probabilmente non frequenti in assoluto, ma non possono essere certo trascurati per la potenziale gravità, nonché per i risvolti medicolegali che li caratterizzano.

6 In un recente studio di coorte olandese, in un periodo di osservazione di 18 anni ( ) sono stati seguiti 2755 soggetti in trattamento con warfarin, con l intento di valutare se il co-trattamento con IPP fosse associato a un maggior rischio di eccesso di anticoagulazione (INR >6). In 887 soggetti è stato registrato almeno un valore di INR >6. Il co-trattamento con esomeprazolo o lansoprazolo è risultato associato a un rischio incrementale del 100% e del 50% rispettivamente. Anche gli altri IPP erano associati a un aumento del rischio, seppure ai limiti della soglia di significatività statistica. Lo studio confermerebbe pertanto che in pazienti in trattamento con warfarin tutti gli IPP aumenterebbero il rischio di eccesso di anticoagulazione, ma questo rischio è particolarmente pronunciato per quanto riguarda lansoprazolo ed esomeprazolo.

7 Tornando al nostro caso clinico, abbiamo di fronte un paziente con FA cronica, portatore di una protesi valvolare meccanica mitralica e di uno stent coronarico BMS impiantato 3 anni prima, per cui assume terapia anticoagulante orale (TAO) e antiaggregante. Il paziente è stato accompagnato in PS per uno shock emorragico con verosimile origine dal tratto digestivo superiore. Dopo la stabilizzazione in Terapia Intensiva, sorgono alcune domande sulla gestione di questo paziente, che presenta un eccesso di anticoagulazione come dimostrato dal valore dell INR >6. È necessario correggere la coagulopatia? Se sì, come? Quale è la corretta tempistica di esecuzione della gastroscopia (EGDS)? Quando andranno reintrodotte la terapia antiaggregante e quella anticoagulante, posto che vadano sospese? 7

8 Per rispondere a queste domande vengono in soccorso le raccomandazioni delle linee guida internazionali. 8

9 È necessario correggere la coagulopatia? Le linee guida americane considerano la correzione della coagulopatia indotta da warfarin come una parte fondamentale del triage pre-endoscopico del paziente con emorragia digestiva, che tuttavia non deve ritardare l esecuzione dell endoscopia stessa. 9

10 Come correggere la coagulopatia? 10

11 In generale le linee guida inglesi considerano due tipologie di pazienti con emorragia in corso di terapia con warfarin. In caso di sanguinamento maggiore, definito tale per sede (intracranica, intraoculare, pericardica o condizionante lo sviluppo di una sindrome compartimentale) o per gravità clinica (stato di shock), dopo aver controllato i valori dell INR, è raccomandata la somministrazione di concentrato di complesso protrombinico al dosaggio di 30 U/kg di peso corporeo e vitamina K ev 5 mg, oltre all ovvia sospensione della TAO. Il valore dell INR deve essere ricontrollato dopo 20 minuti. In caso di sanguinamento rilevante ma senza compromissione emodinamica è raccomandata la somministrazione di vitamina K ev 5 mg e va presa in considerazione l infusione di concentrato di complesso protrombinico al dosaggio suddetto, sempre in seguito alla sospensione della terapia con warfarin. L INR deve essere controllato dopo 4 ore, prima in caso di deterioramento delle condizioni cliniche. Vale la pena segnalare che esistono alcune differenze fra le linee guida inglesi e quelle americane della ACCP: la stratificazione dipende più dalle caratteristiche cliniche dell evento emorragico che dal valore dell INR; è preferito l utilizzo del concentrato di complesso protrombinico rispetto al plasma fresco congelato, che viene considerato solo in caso di indisponibilità del primo; il dosaggio della vitamina K ev è differente (5 mg vs 10 mg). 11

12 Il caso del nostro paziente è certamente quello di un emorragia maggiore, per cui è raccomandata la somministrazione del concentrato di complesso protrombinico. Questo viene preparato a partire dal plasma di un pool di non meno di 1000 donatori e contiene i fattori secondo, nono e decimo della coagulazione (un solo prodotto in commercio contiene anche il fattore settimo, anche se non è noto se dal punto di vista clinico esistano differenze di efficacia fra le diverse formulazioni) a concentrazioni pari a 25 volte quelle del plasma, che gli conferiscono un intensa attività procoagulante. Questi preparati contengono anche inibitori fisiologici della coagulazione, come le proteine C ed S e tracce di antitrombina e di eparina. 12

13 L utilizzo di concentrato di complesso protrombinico presenta diversi vantaggi rispetto a quello di plasma fresco congelato. Innanzitutto la rapidità di preparazione, dato che non deve essere scongelato né deve essere testata la compatibilità AB0, e la rapidità di infusione, che deriva dai bassi volumi da somministrare (circa 2 ml/kg in bolo lento in 15 minuti contro i 15 ml/kg del plasma), che riduce anche il rischio di sovraccaricare il circolo (in realtà nel nostro caso, e in generale nei sanguinamenti digestivi, questo è un problema poco rilevante, visto che il paziente si presenta spesso in deplezione volemica). La correzione dell INR che si ottiene è più rapida e precisa e una singola somministrazione ev è generalmente sufficiente a correggere la coagulopatia, posto che venga somministrata anche vitamina K ev, viste le diverse cinetiche di azione dei due farmaci. Il concentrato di complesso protrombinico è sicuro anche dal punto di vista infettivologico, sebbene permanga il rischio potenziale di trasmissione dei prioni, e mostra un ottimo profilo di sicurezza. Infatti, non esiste il rischio di danno polmonare acuto da trasfusione (trasfusion-related acute lung injury, TRALI), sono segnalate solo rarissime reazioni allergiche e il rischio trombotico è molto basso, inferiore all 1%, influenzato anche dello stato trombofilico sottostante. 13

14 Che cosa fare quindi dal punto di vista pratico? Sospendere la TAO, valutare il valore dell INR e somministrare vitamina K 5 mg ev in 100 ml di soluzione fisiologica in 30 minuti. La vitamina K ev inizia ad agire dopo 4-6 ore dall infusione e serve a evitare un rimbalzo dell anticoagulazione dovuto alla breve emivita dei fattori della coagulazione contenuti nel concentrato di complesso protrombinico, che ha una durata di circa 6-8 ore. Si procede quindi a infondere il concentrato di complesso protrombinico in circa minuti, con un dosaggio per kg di peso corporeo che dipende dal valore dell INR: 25 U/kg se l INRè<2,35U/kgseècompresofra2e4e50U/kgseè>4.Adesempio,per un paziente di 70 kg con un INR pari a 7, si dovrebbero infondere 3500 unità di concentrato di complesso protrombinico, che corrispondono a 140 ml (7 flaconi). Infine, dopo 20 minuti dal termine dell infusione, si deve ricontrollare l INR. Se il target non è stato raggiunto è necessario ripetere la somministrazione di concentrato di complesso protrombinico. 14

15 Ricapitolando, ai fini dell esecuzione di un endoscopia in sicurezza e dal punto di vista pratico, una volta assodato che siamo di fronte a un sanguinamento maggiore bisogna somministrare vitamina K ev e concentrato di complesso protrombinico, o plasma fresco concentrato se questo non è disponibile. Attenzione: in caso di sanguinamento maggiore, un valore dell INR terapeutico o sopraterapeutico non influenza la decisione di somministrare o meno il concentrato di complesso protrombinico, ma solo il dosaggio del farmaco, la cui estrema rapidità di azione non solo ha una valenza terapeutica di per sé, ma consente il ricorso a EGDS in emergenza anche nei pazienti con eccesso di anticoagulazione. 15

16 Nel caso di un sanguinamento rilevante senza compromissione emodinamica, definito da valori di Hb <8 g/dl, da un calo del valore di Hb >2 g/dl o dalla necessità di somministrare almeno due unità di emazie concentrate, è raccomandata l infusione di vitamina K ev se il valore dell INR è in range terapeutico. Questo consente il ricorso a una EGDS precoce (entro 6-12 ore) che, anche in caso di necessità di manovre operative, non sarebbe gravata da un aumentato rischio emorragico. Se invece l INR è a livelli sopraterapeutici, si potrebbe considerare la somministrazione di concentrato di complesso protrombinico oltre alla vitamina K ev, allo scopo di permettere anche in questi casi un ricorso all EGDS precoce e di facilitare il trattamento endoscopico, qualora fosse necessario. 16

17 Nei casi di sanguinamento minore è indicata la somministrazione di vitamina K ev o per os se l INR è sopraterapeutico e il ricorso all endoscopia va dilazionato all avvenuta correzione dell INR stesso. 17

18 Passando alla terza domanda, qual è la corretta tempistica di esecuzione dell EGDS? Idealmente la EGDS andrebbe eseguita dopo la stabilizzazione emodinamica e dopo la correzione della coagulopatia, posto che quest ultima non ritardi il ricorso all EGDS. Si potrebbe pertanto dire che la modalità con cui si decide di correggere la coagulopatia, e quindi la rapidità con cui si ottiene l obiettivo desiderato, dipendono, oltre che dalle condizioni cliniche, anche dalla tempistica che l operatore giudica adeguata per l esecuzione della EGDS (in emergenza o precoce). Infatti la terapia endoscopica di lesioni sanguinanti è efficace e non associata a un aumentato rischio di ri-sanguinamento per valori dell INR fra 1,5 e 2,5. Il ricorso alla EGDS dovrebbe essere il più precoce possibile per i pazienti con punteggio di sanguinamento Glasgow Blatchford >12, poiché nei pazienti ad alto rischio la EGDS entro 6-12 ore è associata a una riduzione della mortalità. 18

19 Abbiamo citato il punteggio di sanguinamento Glasgow Blatchford. Si tratta di un punteggio pre-endoscopico che consente di stratificare i pazienti in classi di rischio in funzione dei parametri clinici e di laboratorio (sesso, valore di Hb, funzione renale, pressione sistolica e frequenza cardiaca), delle caratteristiche del sanguinamento (presenza di melena o di sincope) e delle comorbilità (patologia epatica o insufficienza cardiaca). Nel nostro caso clinico questo punteggio risultava pari a 16, collocando il paziente in una classe di rischio elevata.

20 Siamo alla quarta domanda: quando reintrodurre la terapia anticoagulante e antiaggregante? Sappiamo che il rischio tromboembolico associato a una breve sospensione temporanea della TAO è relativamente basso, anche in condizioni considerate ad alto rischio. 20

21 L incidenza di eventi tromboembolici in pazienti con protesi valvolari meccaniche è pari all 1-2% per anno in corso di TAO e al 4-8% per anno in sua assenza, con picchi fino al 10-20% per anno in pazienti non in TAO e che presentano fattori di rischio aggiuntivi clinici o dipendenti dal modello e dalla sede della valvola impiantata. Secondo le linee guida americane il rischio trombotico associato alla sospensione di warfarin per pochi giorni è relativamente basso. Anche nei casi a maggiore rischio (10-20% per anno), se la TAO fosse sospesa per 6 giorni il rischio embolico varierebbe tra lo 0,16% e lo 0,32%. 21

22 Il trattamento con antiaggreganti va sospeso fino al raggiungimento dell emostasi endoscopica e va ripreso precocemente soprattutto nei pazienti a elevato rischio tromboembolico. 22

23 Questo studio pubblicato nel 2010 ha valutato l outcome dei pazienti con sanguinamenti digestivi da ulcera in caso di continuazione o sospensione della terapia con ASA a basso dosaggio, con l aggiunta di IPP, dopo l esecuzione della terapia endoscopica. Sono stati considerati 156 pazienti in terapia con ASA a basso dosaggio in profilassi cardio- e cerebrovascolare che avevano presentato un emorragia da ulcera. Tutti avevano ricevuto la terapia endoscopica e con IPP ev per 72 ore con successivo passaggio a terapia per os. Settantotto pazienti sono quindi stati randomizzati a proseguire la terapia con ASA 80 mg e 78 al placebo, con rivalutazione a 8 settimane. L endpoint primario dello studio era il tasso di ri-sanguinamento da ulcera a 30 giorni (confermato dall endoscopia) e l endpoint secondario era la mortalità globale e specifica. 23

24 La recidiva emorragica a 30 giorni è stata del 10,3% nel gruppo che riceveva ASA e del 5,4% nel gruppo placebo, con una differenza non statisticamente significativa. Si è invece osservata una grande differenza in termini di mortalità globale (1,3% nel gruppo ASA vs 12,9% nel gruppo placebo), principalmente attribuibile a una ridotta mortalità cardio- e cerebrovascolare. Lo studio conclude che nei pazienti con sanguinamenti da ulcere e patologia cardiovascolare dovrebbe essere considerata la ripresa precoce della terapia con ASA a basso dosaggio e IPP. 24

25 Tornando al nostro paziente e alle domande iniziali: è necessario correggere la coagulopatia? La risposta è sì. Come correggere la coagulopatia? Preferenzialmente con infusione di concentrato di complesso protrombinico e vitamina K ev, o plasma fresco congelato in caso di indisponibilità del concentrato. Quando va eseguita la EGDS? Entro 6-12 ore. Quando reintrodurre la terapia anticoagulante e antiaggregante? Considerando il tempo 0 quello della EGDS, il paziente va trattato con IPP ev per 72 ore, con passaggio alla terapia per os che va proseguita per sempre. Sono raccomandate la ricerca dell Helicobacter e la sua eventuale eradicazione. Dopo 24 ore, un second look endoscopico, che routinariamente non dovrebbe essere eseguito, può essere giustificato in questi contesti in cui è importante la decisione del timing di ripresa della TAO. Comunque va considerata la ripresa di eparina a basso peso molecolare a dosaggio profilattico fino alla quinta giornata, quando va valutata la possibilità di passare a un dosaggio anticoagulante. In settima giornata vanno considerate la ripresa della terapia con ASA e successivamente la sostituzione di eparina a basso peso molecolare con warfarin. 25

26 In conclusione, la gestione delle complicanze emorragiche gastrointestinali in pazienti che assumono farmaci antitrombotici è complessa. Nei pazienti con sanguinamento digestivo in TAO, la decisione se e come ricoagulare il paziente ha un ruolo cruciale nel triage pre-endoscopico. Linee guida condivise suggeriscono come gestire la correzione della coagulopatia, in relazione alla gravità del sanguinamento e ai valori dell INR. Meno definito è invece il timing di reintroduzione dei trattamenti antitrombotici dopo il controllo del sanguinamento. Il rischio tromboembolico associato alla sospensione prolungata dei trattamenti dovrebbe suggerire una loro precoce reintroduzione, pur considerando un potenziale aumento del rischio di recidiva emorragica.

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