La posizione di Sapir. La posizione di Sapir potrebbe essere riassunta nel seguente slogan: «France, réveille-toi!»
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- Irene Ricci
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1 La posizione di Sapir La posizione di Sapir potrebbe essere riassunta nel seguente slogan: «France, réveille-toi!» Se cerchiamo, invece, di essere più specifici, Sapir sostiene che: - Per come è stata costruita, la moneta unica ha indotto degli squilibri tra i Paesi che l hanno adottata, squilibri che aspettavano solo un occasione per manifestarsi; - La crisi dell euro è il risultato di tre diverse crisi che si sommano tra loro: la crisi dovuta allo strangolamento di alcune economie europee a causa della crescita dei loro debiti, sia pubblici che privati (che l euro trasforma da crisi di liquidità a crisi di solvibilità); una crisi strutturale, dovuta alla bassa crescita, a sua volta propiziata dalla moneta unica; la crisi delle istituzioni che governano la moneta unica; - Infine, la crisi sta accelerando sempre più il suo ritmo e ciò è dovuto anche all inerzia iniziale delle istituzioni e dei politici europei (dissonanza cognitiva). È anche interessante notare che, per Sapir, non è vero che i dirigenti americani sarebbero felici per la scomparsa dell euro. Ciò perché, secondo lui, la speculazione si dirigerebbe, in tal caso, immediatamente contro il dollaro. Egli afferma che per gli americani un euro esistente ma indebolito politicamente è la miglior soluzione. 1
2 VIAGGIO ALLE ORIGINI DELL EURO Secondo Sapir, l idea dell euro prende forza con la fine dello SME, causata dalla speculazione: «Questo fallimento fu visto come il prodotto di una speculazione che non si poteva evitare e come la dimostrazione dell inutilità delle "mezze misure". Il modo migliore per eliminare la speculazione non era forse quello di avere una sola moneta? Solo l adizione di una moneta unica poteva contribuire a produrre un sistema stabile [ ]. Oggi sappiamo che non è vero. La speculazione si è infatti trasferita dai tassi di cambio ai tassi d interesse sul debito sovrano di ciascun paese.» Se non che, rispetto allo SME, le seguenti circostanze vengono sottaciute: - Lo SME venne preceduto dal rapporto Jenkins del 1977, ove l allora presidente britannico della Commissione europea (Roy Jenkins) propose la creazione di una moneta unica per i nove paesi che allora componevano la Comunità economica europea, accompagnandola però con l idea di un sostanzioso bilancio comunitario. L idea del bilancio comunitario fu bocciata dalla totalità dei paesi a cui era rivolta e mai più riesumata; - Lo SME venne costruito lasciando campo libero alla speculazione (optando cioè per la progressiva liberalizzazione dei movimenti di capitale), quella stessa speculazione che l avrebbe poi distrutto; - Ciò nonostante, dice Sapir, lo SME fu in grado di funzionare per quasi nove anni ( ) 2
3 L ACCORDO ORIGINARIO 3 Secondo Sapir, lo SME non soddisfaceva affatto la Germania, poiché lasciava agli altri paesi troppe possibilità di riequilibrare la propria posizione attraverso successive svalutazioni. D altro canto essa era anche assolutamente determinata ad evitare la soluzione proposta da Jenkins. Perché? Sapir ci dice che la Germania da tempo sta affrontando un forte calo demografico, sta affrontando un progressivo invecchiamento della popolazione e presto non sarà in grado di rinnovare le generazioni. In queste condizioni, è vitale, per il pagamento delle future pensioni, accumulare e capitalizzare sempre più la ricchezza. Dunque è assolutamente necessario evitare ogni prelievo esterno sulla ricchezza nazionale (ecco spiegata la fiera opposizione, ieri come oggi, a qualsiasi meccanismo di «bilancio federale» a livello europeo). Inoltre è necessario investire nel modo più efficace possibile i redditi presenti onde trarne una rendita per il futuro (da qui una finanziarizzazione spinta dell economia tedesca). È sulla base di tali premesse che la Germania raggiunge nel 1990 l unificazione. Ma, ben conoscendo la sensibilità francese per la geopolitica, Kohl propone a Mitterand un trattato, il futuro trattato di Maastricht, che sancisca sia la riunificazione, nella forma di un estensione della repubblica federale tedesca, sia il principio dell unione monetaria.
4 L ACCORDO ORIGINARIO Tutto ciò avveniva però nell ambito di una costruzione istituzionale che garantiva enormemente gli interessi tedeschi. Infatti, qualsiasi tipo di mutualizzazione del debito, era ed è esclusa tanto è vero che la BCE non può acquistare titoli di Stato sul mercato primario né ha tra i suoi compiti statutari il perseguimento della piena occupazione o della crescita, ma solo la stabilità dei prezzi. La Germania otteneva dunque il diritto di accesso senza restrizioni tariffarie (principio del Mercato unico) o monetarie (impossibilità di svalutare con l adozione dell euro) ai mercati dei principali paesi vicini (Francia, Italia, Spagna), ma forniva anche un contributo all Unione: infatti la moneta unica avrebbe consentito ai paesi dell eurozona di approfittare dei bassi tassi d interesse di cui essa godeva. «In altre parole, se la Germania otteneva un libero accesso ai mercati dei suoi vicini, in cambio offriva la possibilità di indebitarsi a buon mercato per acquistare i prodotti tedeschi! Secondo Sapir anche le fondamenta teoriche su cui poggia la costruzione della moneta unica sono fragili. 4
5 IL RITORNO DELLA REALTÀ Comunque sia, si assiste alla progressiva divaricazione delle economie dell eurozona. E ciò è dovuto a tre cause: 1) La politica di alti tassi d interesse praticata dalla BCE (prima della crisi, of course); 2) La tendenza alla sopravvalutazione dell euro rispetto al dollaro dopo un iniziale momento di debolezza; 3) La mancanza di meccanismi di trasferimento attraverso un bilancio comune (che di fatto non esiste) In definitiva, secondo Sapir, l errore consiste nell aver applicato la moneta unica ad economie con strutture (e dunque con congiunture) fortemente eterogenee senza dotarsi di mezzi per poterle armonizzare in tempi rapidi. Gli economisti della BCE hanno a lungo sostenuto che il miglior tasso d inflazione è il più basso possibile. Tutto ciò è basato sul presupposto che gli agenti non soffrano di «illusione monetaria». Eppure, negli anni Novanta, George Akerlof, dimostrava che tale fenomeno esiste ed è persistente. Tutto ciò aveva condotto ad ammettere che una certa quantità d inflazione è necessaria allo sviluppo economico e che tale quantità dipende dalla struttura 5 dell economia considerata.
6 IL RITORNO DELLA REALTÀ / Il persistere di tassi d inflazione differenti Inoltre, risulta che un inflazione troppo bassa è dannosa. Per due motivi: 1) Essa è spesso accompagnata da un tasso d interesse reale troppo alto (si pensi alle politiche monetarie restrittive della prima fase del monetarismo); 2) Se a livello aggregato l inflazione è molto bassa (diciamo < 2%) ciò significa che a livello disaggregato alcuni prezzi probabilmente stanno già calando (c è già deflazione). Ma, poiché le spese delle imprese sono fisse nel B.P., tutto ciò si traduce in una caduta dei margini di profitto e nell impossibilità da parte delle imprese di realizzare gli investimenti di cui hanno bisogno. Dunque un tasso d inflazione troppo basso rispetto alle necessità della propria struttura economica non consente uno sviluppo adeguato dell apparato produttivo. E questo si traduce in nuove rigidità le quali si traducono a loro volta in un tasso d inflazione più elevato per gli anni a venire. Concludendo: se l inflazione di ciascun sistema economico dipende, almeno in parte da fattori strutturali, come si può imporre un tasso d inflazione unico a economie le cui strutture sono (e restano) differenti? Non si può, evidentemente! 6
7 Il persistere di tassi d inflazione differenti tra i paesi dell eurozona 7
8 8 È STATO L EURO UN FATTORE DI CRESCITA? Secondo Sapir (e anche secondo i dati, ndr) l euro è stato un consistente ostacolo alla crescita. I motivi li abbiamo sostanzialmente già visti. Dai dati emerge chiaramente che i paesi dell eurozona hanno avuto una performance peggiore degli altri paesi dell OCSE, persino dei paesi europei rimasti fuori dalla moneta unica! Ma non è tutto. Nel periodo , escludendo il Lussemburgo (che è una pura piattaforma finanziaria), tre dei quattro paesi che hanno sperimentato una crescita più elevata della media, l hanno costruita su basi così malsane che oggi fanno parte dei «malati» dell eurozona: la Grecia, l Irlanda e la Spagna. Altri tre paesi invece presentano invece una regolarità abbastanza eccezionale riguardo alle buone prestazioni: l Olanda, la Finlandia e l Austria. Mettiamo subito da parte l Olanda. Essa è infatti sì un paese produttore, ma è anche un hub importantissimo per il gas naturale importato da altri paesi. E ciò comporta una rendita consistente. La Finlandia invece, si è specializzata in alcune produzioni, ma pare che i tempi d oro siano finiti. Secondo Sapir essa ha potuto beneficiare della buona congiuntura russa. L Austria, infine, è un paese che si è specializzato in produzioni «di nicchia» particolari.
9 L illusione e la menzogna dell euro quale fattore di crescita / I 9
10 10 L illusione e la menzogna dell euro quale fattore di crescita / II
11 IL GIUOCO GIUOCATO DALLA GIUERMANIA La Germania, secondo Sapir, ha potuto presentarsi come «virtuosa» solo perché gli altri paesi non hanno praticato la stessa sua politica. Cos ha fatto? Ha praticato politiche di compressione della domanda interna attraverso, p.es., lo spostamento del carico fiscale dalla tassazione diretta a quella indiretta. Ma anche attraverso un processo inequivocabile di «deflazione salariale». In parole povere, la Germania ha coerentemente e pervicacemente praticato una politica di beggar-thy-neighbour. Tutto ciò spiega perché, per Sapir, la Germania non possa assolutamente essere presa come modello da imitare dagli altri paesi europei (cosa che ripete in lungo e in largo per tutto il libro). Siamo infatti di fronte a un classico caso di fallacia della composizione! 11
12 12 Il gioco della Germania
13 Il tragico vicolo cieco dell austerità e della deflazione 13 Sapir correttamente ricorda un precedente storico delle attuali politiche deflattive e austeritarie, applicate proprio in Germania, dal cancelliere Brüning (appoggiato anche dalla SPD) a partire dal Cosa fece Brüning? Condusse una politica brutale di spending review che fece diminuire il reddito delle presone occupate nell industria, dal 1929 al 1932, del 14%. Ma, nello stesso tempo, il numero di disoccupati passò dal 13%, del 1929, al 43%, del Inoltre, la politica del cancelliere si accompagnò, fin dal 1930, ad una forte diminuzione dei sussidi di disoccupazione, al taglio del 10% dello stipendio dei funzionari e all aumento delle tasse e dei contributi sociali. Com è andata a finire lo sappiamo. Sapir ci dice che negli anni Cinquanta e Sessanta la Bundesbank si è molto dedicata alla riscrittura della storia monetaria tedesca, per presentare l inflazione come la vera causa dell ascesa al potere di Hitler. Ciò non toglie che oggi rischiamo di ripetere degli errori fatali.
14 La costruzione dell Europa attraverso le crisi, ovvero: il mantra del «più Europa» Sapir insiste, lungo tutto il libro, sul fatto che la crisi europea è, in una certa misura, «voluta». Questo perché, egli ci dice, le élites europee cercano di portare avanti il progetto degli «Stati uniti d Europa» anche con la scusa della crisi. Perciò, come al fallimento dello SME si reagì con la fuga in avanti dell euro, oggi qualcuno vorrebbe una ulteriore fuga in avanti. Ma, secondo Sapir, tutto ciò non è possibile perché i popoli (e in primis quello tedesco) non vogliono accettare i trasferimenti di bilancio necessari per far funzionare uno stato federale (ipotesi del «federalismo furtivo») Credo invece sia il caso di chiedersi se l ipotesi del «più Europa» non vada rifiutata per motivi diversi, ossia perché, come affermato da altri Autori (Bagnai, Brancaccio & Passarella) essa implicherebbe, di fatto, una «germanizzazione» degli altri paesi dell eurozona. 14
15 I VINCOLI STRUTTURALI IMPOSTI DALL EURO Vi sono innanzitutto i vincoli al commercio «fuori zona» sopravvalutazione dell euro rispetto al dollaro e dunque rispetto alle valute ad esso indicizzate. Ma vi sono anche dei vincoli al commercio «intra-zona» impossibilità per i paesi di svalutare e dunque di adeguare i prezzi alla propria produttività. E se non si svaluta la moneta, bisogna «svalutare» il lavoro (l abbiamo appena visto: austerità e deflazione salariale) Qui Sapir dà dei dati interessanti: il surplus commerciale della Germania rispetto alla zona euro rappresenta il 60,5% per cento delle sue eccedenze totali. Nel complesso, essa realizza il 75% per cento dei propri surplus sui paesi dell Unione europea. Il surplus della Germania, in realtà, dal ha cominciato a ridursi rispetto ai paesi fuori dall Unione europea, ma è stato compensato da un sovrappiù di competitività nell eurozona. Nei fatti, l eurozona appare come lo strumento che consente alla Germania di conservare la sua politica neo-mercantilista nonostante la sopravvalutazione dell euro, compensando le quote di mercato che essa perde nel resto del mondo con ciò che guadagna sui suoi partner della zona euro (che non possono svalutare). 15
16 Esposizione dei vari paesi al commercio intra- e extra- zona 16
17 La posizione della Germania rispetto ai partner europei 17
18 Verso la fine del libro, Sapir si mette a fare i conti riguardo all esposizione francese e tedesca rispetto ai paesi in crisi; riguardo a quanto costerebbe aiutare tali paesi nell ambito dell eurozona e se questa deflagrasse; riguardo a quanto costerebbe, in termini di austerità e «sacrifici» far sopravvivere la moneta unica. I risultati sono chiari: Le conseguenze della crisi e le strategie possibili - meglio lasciare che l euro muoia subito piuttosto che auto-infliggersi anni e anni di austerità; - inoltre, i dati dicono che l Unione non è attrezzata, in termini di bilancio e di funzionamento istituzionale (la BCE per statuto non può intervenire sul mercato primario) per poter superare la crisi; - infine, Sapir ci dice che i tempi della crisi ormai non coincidono più con quelli della politica europea, con le sue decisioni farraginose e i suoi discorsi rassicuranti quindi, probabilmente le cose si decideranno nonostante l intervento (o il non intervento) dei politici. 18
19 L APPELLO AI B.R.I.C.S. Sapir riporta il fatto che i paesi europei abbiano deciso di fare appello ai cosiddetti «emergenti». Questi ultimi hanno un duplice interesse a che l euro sopravviva nella sua forma attuale. Innanzitutto, perché presenta il vantaggio di essere una moneta di riserva che consente alle loro banche di diversificare la struttura delle loro riserve di valuta. In secondo luogo, la sopravvivenza di un euro largamente sopravvalutato rispetto a monete il cui tasso di cambio è ancorato al dollaro consente loro facili esportazioni verso l eurozona. In realtà paesi come il Brasile e la Cina hanno interessa ad aiutare marginalmente alcuni governi della zona euro perché così possono farne dei sostenitori delle loro cause nei negoziati in corso con l Unione europea. Dunque, questi paesi perseguono solo i loro interessi - come è normale che sia, ci dice Sapir. Ma, aggiunge subito, lasciarli intervenire nei problemi interni dell eurozona significa rinunciare per sempre, p.es., alla possibilità di creare delle barriere tariffarie. In ogni caso, ci ricorda Sapir, il prezzo politico da pagare per tale aiuto sarebbe esorbitante. 19
20 L IPOTESI DELLA MONETA COMUNE E DELL AZIONE UNILATERALE Sapir propone anche l eventualità di passare dalla moneta «unica» ad una moneta che «comune». Di che cosa si tratta? Sostanzialmente è una soluzione ricalcata sulla falsariga della clearing house proposta da Keynes a Bretton Woods (e ripresa in ambito francofono da Suzanne de Brunhoff). Ciò implicherebbe il ritorno delle monete nazionali (e della piena sovranità monetaria) per quanto riguarda il mercato interno e il mantenimento di una moneta «altra» rispetto alla moneta nazionale per quanto riguarda il mercato comune. Si instaurerebbe così un «doppio livello», con due diverse monete coinvolte. Un altra cosa su cui Sapir insiste molto è la critica a quello che egli chiama «il feticismo della cooperazione», ossia il fatto che tutti, in Europa, rincorrano spasmodicamente soluzioni concertate. Ma, dice Sapir, spesso la cooperazione non è possibile e ci si deve accontentare di qualcosa di più limitato: il coordinamento. Il quale si basa sul presupposto che un paese reagisca all azione di un altro e che, di azione in reazione, possa emergere uno scopo comune. È proprio sulla base di tale ragionamento che Sapir pone con forza alla Francia la necessità di tornare a far valere i suoi legittimi interessi rispetto agli altri partner europei. E dunque: «France, réveille-toi!» 20
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