TELEFONO ROSA DI TORINO Via Assietta 13/a Torino Tel Fax http: e.mail: tel_rosa@show.
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- Gianpaolo Vecchi
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1 TELEFONO ROSA DI TORINO Via Assietta 13/a Torino Tel Fax http: e.mail: tel_rosa@show.it PRESENTAZIONE Nel corso della 3 giorni del volontariato del settembre 2001, l Associazione Volontarie del Telefono Rosa di Torino ha proposto ai visitatori del proprio stand un questionario a risposta multipla sul tema della VIOLENZA CONTRO LE DONNE. Scopo del questionario era quello di identificare alcune convinzioni di base su un problema ancora molto evidente ma anche di verificare il substrato culturale che si delinea nel contesto sociale che non riesce a contenere le dinamiche aggressive e violente tra i generi. Si tratta evidentemente di dati che non hanno validità statistica, che non sono stati condotti su campione, ma al tempo stesso di una realtà sicuramente, almeno in parte, più favorevole tenendo conto che i partecipanti alla manifestazione probabilmente avevano già un indice di sensibilità ai problemi superiore alla media della popolazione. Nonostante il contesto apparentemente più favorevole, i dati confermano una generale difficoltà ad uscire da stereotipi e pregiudizi che comunque condizionano lo stesso processo di affrancamento delle donne (ma anche degli uomini) da circostanze favorenti l aggressività relazionale, al posto di dinamiche di relazione maggiormente improntate al rispetto. IL QUESTIONARIO Viene riprodotto, nelle pagine seguenti, la struttura di base del questionario. Solo 4 domande, mirate, con scelte multiple, alle quali gli intervistati potevano dare più risposte (pertanto le varie percentuali possono superare il 100%). Sono stati compilati 640 questionari, per 231 uomini e 402 donne. Le elaborazioni sono state effettuate per sesso e per fascia di età (meno di 20 anni, da 21 a 35 anni, da 36 a 50 anni ed età superiori a 50 anni). Nelle pagine successive è disponibile l elaborazione numerica e percentuale dei dati desunti dai 640 questionari, che offrono, come si vedrà, diversi stimoli di riflessione costituendo, comunque, uno spaccato di convinzioni e di interpretazioni sul fenomeno che è stato valutato tutt altro che tranquillizzante.
2 L elaborazione è stata effettuata presso il Telefono Rosa di Torino con sistema DBIII con inserimento dei dati in tabelle formato Excel. DOMANDA 1 SECONDO TE, LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE... Sei possibili risposte, dalle quali emerge immediatamente un certa tendenza degli uomini a non considerare una specifica responsabilità maschile (il 21,2% degli uomini risponde che fa parte degli esseri umani, contro il 10,9% delle donne). L aspetto culturale è ancor meno identificato, se solo il 16% degli uomini afferma che è la cultura che è maschilista, (rispetto al 35,8% delle donne). Chiare differenze di genere, quindi, che si appianano nel considerare la violenza contro le donne come stimolata da TV e giornali (30,3% degli uomini, 34,6% delle donne) e che la stessa violenza è il prodotto della società di oggi (32,0% degli uomini e 29,6% delle donne). Opinioni che fanno percepire il problema come dipendente da cause non inerenti a precise soggettività e abitudini relazionali, ma che rappresenterebbero comportamenti derivati da un contesto non favorevole. E un principio di deresponsabilizzazione i cui esiti nel quotidiano possono anche essere molto gravi. Interessante anche l opinione secondo la quale esiste la stessa violenza di sempre : il 30,7% degli uomini lo dichiara, ma lo afferma anche il 23,9% delle donne. Una idea che sembra dimostrare una rassegnazione pericolosa ma soprattutto scorretta se non contestualizzata. Una minima attribuzione di responsabilità alle agenzie educative (11,3% degli uomini e il 19,4% delle donne): sicuramente le agenzie educative non possono essere considerate complici di una cultura violenta, ma certamente le preoccupazioni e gli avvenimenti legati alla devianza, al bullismo e ad altre forme più o meno evidenti di disagio mostrano una scuola perlopiù in difficoltà ad elaborare circostanze e dinamiche aggressive e violente. Interessanti alcune considerazioni riferite alle età dei partecipanti al sondaggio. Il 39,6% delle ragazze sotto i 20 anni attribuisce una responsabilità alle agenzie educative: pensando che la maggior parte di loro ha appena terminato o sta terminando l attività scolastica superiore, viene da pensare che vi sia una percezione di impotenza proprio negli ambiti che invece dovrebbero promuovere il rispetto. Alla stessa domanda, la risposta ha riguardato solo il 6,2% delle donne sopra i 50 anni. La cultura è maschilista per il 41,7% delle ragazze sotto i 20 anni ma solo per il 26,2% delle donne sopra i 50. E maschilista per il 15% dei maschi sotto i 20 anni e per il 12,5% di uomini superiori a 50. Evidente la profondità delle convinzioni sessuate dei maschi, indipendentemente dall età, e
3 invece la variabilità femminile, indice, per le donne di età maggiore, di più profondi vincoli culturali o, il che sarebbe peggio, di pacata rassegnazione. Non varia con l età degli uomini la percentuale di coloro che pensano esista la stessa violenza di sempre mentre la stessa risposta viene data da un numero crescente con l età delle donne interpellate (dal 17.7% sotto i 20 anni al 30.8% delle donne sopra i 50). Quindi, profonde radici culturali, difficoltà per il mondo femminile di percepire fino in fondo una condizione di legalità, di rispetto e di diritti ma soprattutto l angosciante conferma che sul versante maschile si muova poco o nulla. Giusta l attribuzione alle Tv e ai giornali, sicuramente responsabili di una eccessiva disinvoltura nel trattare e a volte scusare con un eccesso di garantismo le condotte violente, giusta la considerazione che la violenza sia il prodotto della società di oggi, ma poca attenzione al contesto culturale (e non sociale) nel quale nasce e si sviluppa la violenza e troppe azioni di deresponsabilizzazione legate all accettazione pacifica che la violenza contro le donne faccia parte degli esseri umani e che ci sia la stessa violenza di sempre. Importante invece la considerazione che, venendo da lontano, il comportamento aggressivo e violento debba occupare un posto di rilievo nei programmi delle maggiori agenzie educative. DOMANDA 2 CHI ABUSA DELLE DONNE POTREBBE FARE DEL MALE ANCHE AI BAMBINI? La domanda aveva chiari intenti provocatori: non si trattava infatti di verificare le conoscenze scientifiche di base sulla estensione dei comportamenti aggressivi e violenti, ma di utilizzare la domanda per articolare alcune convinzioni chiave da sottoporre ad una valutazione perlomeno generale. Primo aspetto: la risposta non è detto, sono due cose diverse riguarda il 17,2% dei soggetti sotto i 20 anni, il 29,8% di quelli tra 21 e 35 anni, il 26,8% degli intervistati di anni e il 18,8% delle persone superiori ai 50 anni. Una crescita nella fascia intermedia soprattutto nelle opinioni degli uomini, molto più contenuta nelle donne. Sì, chi abusa delle donne potrebbe fare del male anche ai bambini in quanto la violenza si dirige contro chiunque, quindi una risposta legata alla percezione di un potenziale di aggressività e di violenza insita nella condotta del soggetto abusante, indipendentemente dalla vittima, è invece una opinione prettamente femminile: il 37,5% delle ragazze sotto i 20 anni, il 40,3% di quelle tra 21 e 35 anni, il 42,7% della fascia anni e addirittura il 56,9% delle donne sopra i 50 anni ritengono che la violenza sia trasversale. La stessa crescita, anche se in percentuali minori, riguarda gli uomini.
4 La convinzione che l abusatore sia sostanzialmente un malato cresce con il crescere delle età degli intervistati; la massima differenza tra i sessi è determinata dalla fascia d età più alta, dove per gli uomini questa idea coinvolge il 43,8% dei soggetti, mentre le donne si attestano intorno al 26,2%. Va osservato che attribuire caratteristiche di malattia ai soggetti violenti può essere letta come l ennesimo tentativo di deresponsabilizzare i comportamenti che vengono analizzati: se un soggetto è malato, c è poco da fare. Purtroppo, anche se con percentuali non altissime ma significative, questa idea pervade ancora l opinione pubblica e pone sostanzialmente l accento su una violenza esterna al soggetto e determinata da condizioni patologiche, quindi estranea alle persone normali. Purtroppo, tranne alcuni casi, sappiamo che non è così e che, anzi, la facciata di normalità di abusatori e maltrattatori impedisce di mettere in guardia donne e bambini da circostanze molto pericolose per la loro salute fisica e psicologica. Une netta distinzione tra violenza contro le donne e contro i minori è stata invece riservata alla risposta penso proprio di no. Scarsi risultati: si va da un buon 20,4% dei giovani sotto i 20 anni a percentuali intorno al 10-12% delle età successive. Verrebbe da pensare che la maggioranza della gente intervistata ritenga invece che violenza contro le donne e quella contro i minori siano due categorie uguali, nelle quali l aggressione viene più o meno casualmente agita nei confronti degli uni e delle altre. Si tratta però di una deduzione contraria rispetto alla domanda posta, e quindi l ipotesi non è confermata da una chiara domanda in tal senso. Molto preoccupante il dato emergente dalla possibile risposta successiva. Le donne provocano, i bimbi no rappresenta uno stimolo che trae la sua origine da una delle più ancestrali convinzioni, non solo maschili. Il ruolo, cioè, di una donna potenzialmente provocatrice che, proprio in conseguenza del suo comportamento, stimola la violenza. Ebbene, il 21,7% dei maschi sotto i 20 anni ritiene che sia proprio così! Non troppo ancestrale e anacronistica l ipotesi, quindi, visto che stiamo parlando di giovani e giovanissimi cresciuti sicuramente in un ambiente di potenziale maggior rispetto tra i sessi. La percentuale scende poi al 14,5% degli uomini tra 21 e 35 anni (da notare che nessuna donna di questa fascia di età ha scelto questa risposta), va all 11,5% degli uomini tra i 36 e i 50 anni (le donne presentano un 3,9%) e si risale al 16,7% per gli uomini oltre i 50 anni (le donne della stessa età vanno al 9,2%). Dato preoccupante, dicevamo: in quanto rappresenta una convinzione altalenante tra le varie età, che coinvolge circa il 10% delle donne di età maggiore e una percentuale non indifferente di uomini. Ciò significa che nella popolazione generale potrebbe esserci una percentuale significativa di maschi pronti ad utilizzare l idea della provocazione femminile così come è stata utilizzata in tante circostanze di stupro, violenza o aggressione: difficile crederlo, ma questi sono i dati, emersi
5 per di più in un contesto di manifestazione del volontariato nella quale esisteva, presupponiamo, un filtro determinato comunque da una certa sensibilità ai problemi posti dalle organizzazioni di volontariato in piazza. DOMANDA 3 PENSI CHE MALTRATTATORI E VIOLENTATORI SIANO... Il 30,3% degli uomini ritiene che siano malati incurabili, contro il 14,2 delle donne in generale. Ancora una volta, l attribuzione di responsabilità al diverso, non al genere di appartenenza. Ancora una volta, fluttuazioni dovute alle età rilevate, ma anche la considerazione di malattia per le donne della fascia di età più alta (30,8%). La cultura violenta ottiene però scelte significative, soprattutto nelle donne, che la ritengono responsabile delle aggressioni in percentuali variabili ma tutte intorno o superiori al 50%. I maschi, invece, hanno il picco massimo intorno ai anni (45,9%): nelle altre età, la scelta è stata inferiore. Che si tratti di persone istintive e rabbiose è l opinione quasi simile di uomini e donne nelle diverse fasce di età, con percentuali intorno al 20% o meno. Una possibile risposta si rifaceva invece ad una delle ipotesi più accreditate, almeno fino a qualche anno fa: l abusatore è frequentemente una persona che è stata a sua volta vittima di violenza. Un rapido cenno per ribadire che, negli ultimi anni, la convinzione si è profondamente modificata. Ma nella nostra inchiesta, circa il 40% degli intervistati, uomini e donne, ritengono che le cose siano ancora come i mezzi di informazione e gli esperti avevano detto tempo fa (e come viene ancora ribadito da qualcuno). Da segnalare che sono di questa opinione più le donne che gli uomini, in tutte la fasce di età. Un dato negativo riguardo alla possibile esattezza scientifica della risposta scelta (infatti, non è necessario avere subìto violenza per esserne poi autori): ma una convinzione che, comunque sia, attribuisce in modo chiaro un nesso tra violenza vissuta (non necessariamente subìta) e violenza appresa, esattamente quello che ci si sforza di far comprendere. La realtà, infatti, vede i comportamenti violenti sovente determinati da uno stile appreso: può essere la famiglia di origine, un eccesso di TV violenta, l addestramento ai videogiochi o magari più semplicemente la violenza trasversale vissuta nel gruppo di appartenenza, al quale si aderisce secondo norme anche parzialmente condivise ma agite per non essere esclusi dal gruppo stesso. Che siano persone ignoranti e prepotenti lo ritiene il 31,8% dei più giovani, il 28,3% della fascia anni, il 20,7% della fascia anni e il 25,6% degli intervistati superiori ai 50 anni.
6 L ultima opzione riguardava l idea che violentatori e maltrattatori siano individui con basso livello culturale : lo pensano il 19,7% dei più giovani, solo l 11,1% dell età anni, il 9,1% della fascia anni e il 17,1% delle persone oltre i 50 anni. Anche qui, consideriamo l età più alta come quella nella quale permangono convinzioni irrazionali legate ad un comportamento violento da correlare con caratteristiche di basso livello culturale: sappiamo peraltro che la violenza è un fenomeno trasversale che non appartiene necessariamente alle classi meno agiate meno acculturate. DOMANDA 4 CHE EMOZIONI PENSI CHE PROVI UN UOMO CHE VIOLENTA O MALTRATTA? Si tratta di una domanda molto delicata, rivolta a individuare quali percezioni emotive potrebbe avere un abusatore. I più giovani (con meno di 20 anni) pensano che provi odio (56,7%) e piacere (54,8%), ma gli uomini scelgono il piacere nel 56,7% e le donne nel 54,2%, mentre l odio è ritenuta una emozione dell abusatore nel 41,7% dei maschi e per il 66,7% delle femmine. Ancora il piacere come emozione scelta dalla maggioranza degli uomini dai 21 ai 35 anni, mentre le donne rivolgono le loro scelte a odio e rabbia (rispettivamente, nel 49,3% e nel 47,8%). Il piacere va poi a mostrare una scelta univoca tra maschi e femmine nella fascia di età anni per poi differenziarsi nuovamente nelle età successive tra piacere e odio. Da notare che ben il 43,3% degli uomini sotto i 20 anni attribuisce al violentatore o al maltrattatore il dolore, contro il 19,8% delle ragazze. La percentuale crolla nella fascia di età successiva (16,2% degli uomini) per risalire poi al 26,2% degli uomini tra i 36 e i 50 anni e al 27,1% degli uomini sopra i 50 anni. CONCLUSIONE E già stato precisato come questa indagine sia esclusa dai consueti circuiti di validazione statistica. Ma è importante aver saggiato la consistenza di convinzioni e opinioni che rappresentano, come abbiamo visto, un consistente substrato culturale che, almeno in parte, ritiene la violenza un fatto contro il quale ci sia poco da fare, appartenendo alla cultura e a diversi tempi di vita. Se per le donne la giovane età rappresenta un fattore di autocoscienza e di consapevolezza ben diverso dalle età successive, nella quale permangono idee e convinzioni ancestrali e culturalmente (ed educativamente) determinate (in senso negativo per il genere femminile), dal punto di vista maschile la fascia più consona ad una esatta percezione del problema è quella dai 21 ai 35 anni. Ciò significa che gli uomini di età più avanzata, al pari delle donne, fanno molta fatica ad affrancarsi da
7 un contesto di determinazione violenta insita nel mondo e nelle cose, ma significa anche che le giovani generazioni sono invece ben lontane da un analogo processo di consapevolezza che sembra appartenere di più agli uomini che sono cresciuti dal punto di vista educativo da 3 anni a 17 anni fa. i potrebbe ipotizzare che gli anni 80 e 90 abbiano visto un processo che seguiva l autocoscienza e la determinazione del genere femminile iniziata intorno agli anni 70, ma che stia ora nascendo una nuova generazione che va ad affiancarsi a quelle più anziane in cui aggressività e violenza fanno parte della relazione uomo/donna. Ipotesi, non fatti, ma di una estrema pericolosità, tenendo presente che le aggressioni e le violenze fanno parte del mondo giovanile in diversi contesti e che i mezzi di informazione e le agenzie educative non sanno bene come gestire quella che potrebbe diventare una emergenza. Ci pare di poter sollecitare, a questo punto, un duplice livello di intervento: 1. da un lato, la strutturazione di una ricerca sul tema della violenza (le diverse forme e le forme anche simboliche di violenza o di autoviolenza tra pari, tra uomini e donne, da adulti verso i bambini, uomini contro uomini, ecc,) in modo statisticamente più significativo e certamente più approfondito. Serve un dipartimento universitario e un pool di ricercatori che occupi discipline trasversali per rilevare un fenomeno che è in parte manifesto ma che probabilmente riserverà nei prossimi anni potenziali di violenza ancora maggiore e di maggiore gravità. 2. dall altro lato, è essenziale che gli operatori sociale, gli studenti di materie umanistiche, gli educatori del futuro possano conoscere la psicodinamica delle condotte aggressive e violente nelle diverse età della vita, soprattutto di carattere sessuale o sessuato, per offrire nei luoghi dell informazione o, meglio, nei luoghi educativi o dell informazione pubblica, concetti chiari e chiare tendenze di comportamento. LA PRESIDENTE DEL TELEFONO ROSA (Lella Menzio)
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