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1 Rödl & Partner Newsletter Diritto, economia, attualità Settembre Sommario > GREEN ECONOMY E DIRITTO DELL ENERGIA L incerto futuro del fotovoltaico all ombra del Decreto Romani e del Quarto Conto Energia a cura di Roberto Pera > CONTRATTUALISTICA INTERNAZIONALE E DIRITTO ANTITRUST Accordi verticali e pratiche concordate alla luce del Regolamento n. 330/2010 della Commissione europea a cura di Carlo Impalà e Tiziana Fiorella > M&A E PRIVATE EQUITY Le Direttiva AIFM e l impatto sul private equity in Italia a cura di Marco Pane > CORPORATE GOVERNANCE E DIRITTO PENALE DELL ECONOMIA Osservatorio 231- Responsabilità amministrativa degli enti a cura di Miriam Giorgioni e Giuseppe Bonacci La responsabilità amministrativa delle holding D. Lgs. 231/01 e sicurezza sul lavoro: il caso Thyssen Krupp La responsabilità amministrativa degli enti travolge le imprese individuali I reati ambientali > TAX & FINANCE Le società start up operanti nel settore delle energie rinnovabili e la disciplina delle società di comodo a cura di Marco Pane e Giampiero Guarnerio Definite le nozioni di luogo di prestazione del servizio e di stabile organizzazione ai fini IVA, a cura di Gert Gasser > DIRITTO INDUSTRIALE L ICANN approva i domini.xxx, a cura di Camilla Manfredi e Francesco Zisa > EVENTI Istantanee Metropolitane, Roma 29/09/2011 Cari Lettori, l estate dei colpi di scena sulla manovra finanziaria e delle tensioni internazionali lascia sul campo una moltitudine di interrogativi, forse meno cruciali ma non meno significativi per l economia del nostro Paese e il contesto internazionale cui è intimamente legata. Molte le novità legislative e fiscali attorno a cui si giocherà il futuro di molte imprese italiane e straniere - attive in settori strategici. E il caso del fotovoltaico, il cui quadro regolatorio, recentemente rinnovato, pone non poche difficoltà a un comparto industriale che pareva lanciato verso un inarrestabile espansione. E il caso della normativa antitrust, recentemente rimodellata dalla Commissione Europea, le cui prescrizioni sono destinate a condizionare (auspicabilmente, con effetti virtuosi) le pratiche commerciali e distributive in molteplici settori dell industria. E il caso della nuova disciplina dei gestori europei di prodotti alternativi, di grande impatto per il private equity e i gestori di fondi di investimento italiani ed europei. Altrettanto rilevanti sono le novità in materia di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi dell oramai nota Legge 231 : il recente ampliamento dei reati presupposto (oggi inclusivi dei reati ambientali) ma anche le posizioni estensive espresse dalla giurisprudenza, che hanno destato non poche perplessità tra i commentatori, oltre che molta apprensione tra manager ed imprenditori. E nella stagione delle inchieste giudiziarie piccanti, l ICANN, l organismo che presiede alla regolamentazione dei nomi a dominio, ha dato il proprio via libera alla creazione di domini web con il nuovo suffisso.xxx, mirati a soddisfare le esigenze dell industria dell intrattenimento per adulti (ma anche a scongiurare l utilizzo di marchi famosi in contesti non autorizzati). Questo e molto altro nel numero di settembre di Diritto, Economia, Attualità. Avv. Paolo Peroni Rödl & Partner Milano

2 Green economy e diritto dell energia > L incerto futuro del fotovoltaico all ombra del Decreto Romani e del Quarto Conto Energia. L opinione di Roberto Pera, Rödl & Partner Roma Nel quadro delle riforme del fotovoltaico introdotte con il cd. Decreto Romani 1 e con il Quarto Conto Energia 2 e in seguito alla pubblicazione delle oramai molteplici liste degli impianti iscritti al Registro e in graduatoria per l ottenimento delle tariffe incentivanti, riteniamo sia arrivato il momento di esprimere tutte le nostre perplessità sull operato del Legislatore, nella speranza che le critiche mosse da noi (e già avanzate anche da Regioni, Comuni d Italia e numerosi rappresentanti del settore) vengano finalmente e seriamente prese in considerazione. Sin dall inizio, abbiamo manifestato i nostri dubbi circa la scelta del Decreto Romani di chiudere anticipatamente i rubinetti relativi agli incentivi di cui al D.M (il Terzo Conto Energia), con l assurda determinazione che solo gli impianti fotovoltaici che sarebbero stati connessi entro il 30 giugno 2011 avrebbero goduto delle tariffe incentivanti introdotte dal decreto ministeriale pochi mesi prima. Si ricorda che il Terzo Conto Energia era stato emanato nell (oramai lontanissimo) agosto del 2010 proprio per offrire certezze agli investimenti nazionali e stranieri sul quadro di incentivi dedicato al fotovoltaico. Già il Decreto Romani di marzo era la chiara testimonianza della totale mancanza di conoscenza del settore. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha trascurato il fatto che un investimento nelle rinnovabili richiede pianificazione e costruzione, a dir poco, di almeno dodici mesi. Risultato: il Decreto Romani ha lasciato per strada numerosi investitori ed imprenditori che avevano legittimamente fatto affidamento sugli incentivi introdotti dal Terzo Conto Energia solo sette mesi prima. Pare quasi paradossale che proprio il dicastero dello sviluppo economico non abbia voluto o, quanto meno, non abbia saputo tutelare uno dei pochi settori dell economia (forse l unico) che negli anni di crisi aveva conosciuto una crescita esponenziale, con creazione di migliaia di posti di lavoro! Al di là della riduzione delle tariffe, preoccupa l introduzione di regole che rendono difficile la pianificazione ed il finanziamento dei progetti fotovoltaici Si è sempre detto che gli investitori non hanno mai messo in dubbio la generosità degli incentivi italiani. Tutti avrebbero accettato una riduzione delle tariffe, proporzionata alla contrazione dei costi di realizzazione degli impianti. L opinione diffusa era che una limatura sarebbe stata assorbita dal mercato, ovviamente nei limiti in cui gli investimenti avessero mantenuto una accettabile redditività. 1 D.Lgs. del n D.M Ciò che invece il mercato (e le banche) non avrebbero accettato o assorbito sarebbe stata l incertezza relativa al conseguimento degli incentivi e l ambiguità circa il loro ammontare, elementi che avrebbero messo a dura prova la possibilità di pianificare e deliberare gli investimenti nel settore e calcolarne in anticipo la redditività. Questa lapalissiana necessità è stata palesata alle forze di Governo da associazioni di categoria, imprese, studi legali e di consulenza attraverso una moltitudine di canali: tavole rotonde, interpelli, articoli, lettere e colloqui. Tutto inutile, il Legislatore non ne ha tenuto conto. Il Quarto Conto Energia e il Registro dei Grandi Impianti L emanazione del Quarto Conto Energia è stato l esatto contrario di ciò di cui il mercato aveva bisogno: sicurezza nella pianificazione degli investimenti. Il Quarto Conto Energia prevede, infatti, che i Grandi Impianti (impianti a terra al di sopra di 200KW senza scambio sul posto e impianti su edifici al di sopra del Megawatt) vengano iscritti in un apposito Registro tenuto dal GSE durante determinate finestre, affinché, sulla base di una specifica graduatoria, possano usufruire delle previste tariffe incentivanti nei limiti di un tetto massimo di incentivi previsti per l ultimo semestre dell anno 2011 e i due semestri dell anno Non rientrano nell obbligo di iscrizione nel Registro tutti i Grandi Impianti connessi entro il e i cd. Piccoli Impianti. Il tetto massimo (cd. limite di costo dell incentivo ) annuo stabilito nel Quarto Conto Energia per il secondo semestre 2011 è di 300 milioni di Euro, di 150 milioni di Euro per il primo semestre 2012 e di 130 milioni di Euro per il secondo semestre Laddove durante la prima finestra temporale per la iscrizione 2011 fosse stato raggiunto il tetto massimo, si sarebbe aggiunto quello del secondo semestre 2012 fino ad esaurimento dello stesso. La finestra per la iscrizione nel Registro relativa al tetto del primo semestre 2011 si è aperta il 20 maggio 2011 e si è chiusa il 30 giugno Il GSE ha poi pubblicato una prima lista degli impianti iscritti entro il 15 luglio 2011 (come previsto nel Quarto Conto Energia), poi ritirata per errori nell applicazione della graduatoria. Il 16 settembre è stata pubblicata un altra lista. Ai sensi del Quarto Conto Energia, la lista era soggetta ad ulteriore revisione entro il 15 settembre 2011, rettificata in funzione a) degli impianti che si sarebbero connessi entro il e b) quelli che avrebbero modificato il loro status durante la prima finestra da impianti a progetto (quindi solo autorizzazione urbanistica) ad impianti finiti (quindi con dichiarazione fine lavori). Solo per questi impianti si sarebbe applicato il cd. scorrimento, ovvero la sostituzione degli impianti cancellati dal Registro con quelli che sarebbero rientrati in graduatoria. Per le finestre successive lo scorrimento non è previsto. Il Registro dei Grandi Impianti critiche ai criteri di graduatoria Sembra ad oggi superata l enorme incertezza introdotta con 2

3 Rödl & Partner Settembre 2011 il calcolo del limite del tetto massimo. Con la pubblicazione dell Elenco B relativi agli impianti connessi entro il , pare che gli impianti cd. Salva Alcoa di cui alla L. 129/2010 completati entro il ma connessi tra l data di entrata in vigore del Quarto Conto Energia - ed il data ultima per la connessione secondo la Salva Alcoa ), non rientrino nel calcolo del limite del tetto massimo degli incentivi. Con la pubblicazione del Quarto Conto Energia i primi di maggio 2011, ciò non era assolutamente chiaro sulla base del dettato normativo, circostanza che ha portato molti investitori a rinunciare ai progetti in corso. IL GSE avrebbe potuto anche chiarire prima la propria posizione (in realtà non lo ha ancora fatto ufficialmente, la nostra è solo una deduzione). Ma il profilo ancor più criticabile è la graduatoria secondo cui avviene l iscrizione nel Registro, determinata in base al seguente ordine di priorità:. a) impianti connessi b) impianti ultimati c) impianti in progetto (ovvero solo autorizzati o in corso di costruzione) e nell àmbito di suddette categorie d) precedenza della data del titolo autorizzativo e) minore potenza dell impianto f) precedenza della data di richiesta di iscrizione al Registro I suddetti criteri per formare la graduatoria rilevante creano un enorme disincentivo agli investimenti, disparità di trattamento, illogicità nell assegnazione delle iscrizioni, nonché discriminazione tra i vari titolari autorizzativi a seconda delle Regioni in cui dette autorizzazioni vengono rilasciate. Tale soluzione, da più parti osteggiata ed avvertita, ha comportato e comporta che, a parte gli impianti in corso di ultimazione prima della pubblicazione del Quarto Conto Energia, abbiano concorso, concorrano, e concorreranno in massima parte tra di loro solo singoli titoli autorizzativi, secondo le sopra indicate priorità (data del titolo e data di domanda di iscrizione). Nessuno inizierà mai a costruire un impianto correndo il rischio di non essere iscritto nel Registro a) per l indeterminatezza dei tempi di connessione, b) per i limiti di costo abbastanza bassi. La graduatoria si fonda sul principio del chi primo arriva, meglio alloggia, senza minimamente tenere in conto a) la bontà del progetto; b) l effettiva intenzione di realizzarlo; c) i tempi di emissione dei titoli autorizzativi, diversi di Regione in Regione; d) l effettiva presenza di impianti nelle singole Regioni (vi sono Regioni che ancora hanno pochi impianti istallati peraltro a dispetto dell intenzione del Decreto Romani di introdurre un limite all uso del territorio agricolo per scopi fotovoltaici). La pubblicazione della prima, della seconda e della lista definitiva di impianti iscritti al Registro per il limite di costo 2011 è la dimostrazione di quanto sopra. Infatti: 1) oltre il 60% degli impianti iscritti riguardano impianti autorizzati la maggior parte con DIA in Puglia. La Puglia è la Regione con la massima capacità di MW istallata in Italia. Alcune DIA sono del 2007, quindi già scadute. Altre DIA riguardano progetti che non verranno mai realizzati, perché i costi di connessione sono troppo onerosi; 2) meno del 40% della capacità relativa al tetto 2011 è stata allocata alle altre Regioni d Italia. Alcune Regioni hanno delle percentuali veramente marginali; 3) la Sicilia, una delle Regioni che potenzialmente avrebbe una capacità attrattiva di investimenti nel fotovoltaico, ha avuto delle lungaggini burocratiche spaventose di tal ché esistono ancora investitori che attendono l emissione dei titoli autorizzativi da oltre due anni; gli investitori che hanno investito tempo e denaro si vedono vanificare la possibilità di ottenere incentivi, ancorché i titoli siano in via di rilascio per progetti veramente validi; 4) il sistema del Registro, incentivando i titoli più vecchi, scarica sugli investitori le inefficienze dello Stato, delle Regioni e dei Comuni nel rilascio dei titoli autorizzativi, ove i titoli giovani, ma presentati molto tempo fa, non hanno alcuna possibilità di essere iscritti nel Registro, finché concorrono con le vecchie DIA pugliesi, della Basilicata e di altre Regioni; 5) dalla data di pubblicazione dell elenco, si intravede la tendenza del mercato fotovoltaico (ciò che è stato sempre detto e ribadito al Governo): nessuno costruirà più un impianto fotovoltaico senza che si sappia di quale incentivazione potrà godere. Ciò è necessario per la pianificazione degli investimenti, per gli acquisti dei materiali, per il reperimento dei finanziamenti. Quindi, già dalla prossima finestra è assai probabile che di impianti connessi e/o costruiti non ce ne saranno più, e che concorreranno tra di loro solo i titoli autorizzativi; 6) si creerà un mercato dei titoli autorizzativi iscritti nell elenco, indipendentemente dalla bontà dei progetti stessi. Ma soprattutto, il meccanismo non terrà conto proprio di questo inquietante dato di mercato, ovvero che molti dei progetti iscritti NON verranno mai realizzati. I tempi di sostituzione e di recupero di questi progetti nei limiti di costo successivi sono lunghi, e con molta probabilità non sarà possibile realizzare impianti analoghi nel 2012; 7) a tacere del fatto degli errori commessi nella redazione delle liste, ma soprattutto dell esclusione anche di titoli autorizzativi che ne avrebbero tutto il diritto ma che di fatto sono stati esclusi dall elenco finale senza che il GSE abbia fornito agli interessati la benché minima motivazione o richiesta di integrazione documenti. Altro comportamento illogico e ingiusto! Le nostre proposte In conclusione, se l Italia non vuole ulteriormente frenare la crescita del mercato fotovoltaico e cancellare ulteriori posti di lavoro, dovrebbe rivedere attentamente il meccanismo di incentivazione del Quarto Conto Energia, quanto meno tramite la rivisitazione dei criteri di priorità per le graduatorie, rendendole più obiettive e serie nella valutazione dei singoli progetti in relazione alla loro effettiva fattibilità. A nostro avviso, occorrerebbe: a) istituire due registri, uno per Grandi Impianti per soglie più piccole (p.es. fino a 200 KW), l altro per Grandi Impianti soggetti al registro oltre i 200 KW, per consentire una maggiore omogeneità nel concorso di impianti tra loro, di impianti oltre 200 KW; b) eliminare come criterio di priorità n. 1 la connessione e lasciare come criterio nr. 1 solo la conclamata fine dei lavori; 3

4 c) inserire come priorità n. 2 i titoli autorizzativi, qualunque ne sia la data di rilascio, corredati da Term Sheet accordato dalla Banca (quindi impegno vincolante della banca subordinato all iscrizione nel registro), ovvero, in caso di finanziamento con mezzi propri, con dichiarazione di banca italiana o straniera di disponibilità dei mezzi finanziari; d) inserire come priorità n. 3 i titoli autorizzativi corredati impegno vincolante di realizzare l impianto con fideiussione di un certo importo a garanzia della violazione di detto impegno, con perdita della stessa qualora l impianto non venisse realizzato entro un certo periodo successivo all iscrizione nel registro; e) inserire come priorità n.4 la minore capacità dell impianto; f) inserire come priorità n.5 la data di rilascio del titolo autorizzativo, dividendo tuttavia per annate, ed iniziando con quella più recente. Chiarimenti ancora attesi e modifiche suggerite Oltre a quanto sopra, Legislatore e GSE devono ancora chiarire alcuni punti oscuri come per esempio, il concetto di terreno abbandonato, visto che il riferimento alla certificazione di cui alla legge del 1978 non è sempre applicabile, come in Sicilia, poiché quasi nessuna Regione ne ha dato effettivamente attuazione. Inoltre, occorrerebbe chiarire se gli impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative e quelli a concentrazione siano soggetti all obbligo di iscrizione al registro prevista per i grandi impianti. Sarebbe opportuna la modifica delle norme consentendo lo scorrimento nei confronti di soggetti che hanno fatto false dichiarazioni o nel caso di titoli non idonei o scaduti ovvero di impossibilità concreta di connessione senza opere imponenti per le quali i gestori di rete o Terna abbiano previsto una tempistica lunga; il divieto di scorrimento comporta che gli iscritti collocati in posizione tale da non rientrare nei limiti di costo dovranno richiedere l iscrizione per il periodo successivo senza però avere certezza di essere inseriti utilmente. Relativamente all esclusione di titoli autorizzativi, occorrerebbe dare l opportunità, prima dell esclusione, ai titolari di integrare documentazione o informazioni mancanti. Solo con regole chiare, obiettive, trasparenti e durature nel lungo periodo si può dare nuovo smalto agli investimenti nel nostro Paese che certo non merita di vedere penalizzato un mercato economicamente e socialmente strategico come quello dell energia da fonti rinnovabili. Per ulteriori informazioni Contratti commerciali e diritto antitrust > Accordi verticali e pratiche concordate alla luce del Regolamento n. 330/2010 della Commissione europea a cura di Carlo Impalà e Tiziana Fiorella, Rödl & Partner Milano Negli ultimi anni, la complessità del contesto economico europeo, la saturazione dei mercati tradizionali, la molteplicità e forza contrattuale degli intermediari ivi presenti hanno notevolmente ampliato il rischio che vengano poste in essere restrizioni della concorrenza, non solo attraverso intese tra imprese direttamente concorrenti, ma anche mediante accordi tra imprese indipendenti operanti a livelli diversi della catena di produzione o di distribuzione di beni o servizi (c.d. accordi verticali) 3. La normativa comunitaria, ed in particolare l art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell Unione europea (TFUE), fornisce un quadro giuridico per la valutazione dei suddetti accordi, tenendo conto della distinzione tra effetti anticoncorrenziali e effetti favorevoli alla concorrenza. Non tutte le restrizioni della concorrenza, infatti, sono vietate. Da un lato, l art. 101 TFUE definisce incompatibili con il mercato comune tutti quegli accordi tra imprese (come anche tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate) che possono pregiudicare il commercio e il gioco della libera concorrenza all interno del mercato interno, in quanto il loro oggetto o effetto è quello di: i) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione; ii) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti; iii) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento; iv) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza; v) subordinare la conclusione di contratti all accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l oggetto dei contratti stessi. Tali restrizioni sono vietate e gli accordi che le contengono vengono considerati nulli, in quanto l obiettivo dell articolo 101 è di garantire che le imprese non utilizzino gli stessi per imporre restrizioni non strettamente indispensabili che limitino la concorrenza, a scapito del consumatore. Dall altro lato, è opportuno sottolineare che alcuni accordi verticali, nonostante restringano temporaneamente la con- Avv. Roberto Pera Tel.: roberto.pera@roedl.it 3 Esempi di accordi verticali sono quei rapporti commerciali, norma mente implementati attraverso varie tipologie contrattuali (es. contratti di fornitura, di distribuzione, di franchising, etc.), che intercorrono tra produttori e grossisti o dettaglianti, o tra fornitori di un determinato bene intermedio e le imprese che lo acquistano per incorporarlo nel prodotto finale che a sua volta sarà venduto sul mercato. 4

5 Rödl & Partner Settembre 2011 correnza, possono godere di un particolare sistema di eccezioni (detto anche regime di esenzioni ) 4 al generico divieto contenuto nell art. 101 TFUE, a patto che essi, rispettando determinati requisiti, contribuiscano a migliorare le condizioni di offerta sul mercato, a incrementare l efficienza del sistema distributivo nonché a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell utile che ne deriva. Per valutare tali effetti pro o anti concorrenziali delle restrizioni concordate tra le imprese (quali patti di non concorrenza, clausole di esclusiva, obblighi di acquisto di determinate quantità di prodotti etc.), l attuale normativa di riferimento è contenuta nel Regolamento UE n. 330/2010 relativo alle categorie di accordi verticali 5 (che ha sostituito il precedente Regolamento CE 2790/1999). Esso stabilisce le condizioni ed i presupposti in presenza dei quali alcune categorie di accordi verticali possono essere considerate compatibili con i requisiti richiesti dall art. 101 TFUE e, pertanto, automaticamente esentate dall applicazione della normativa antitrust e dai relativi divieti. E importante ricordare che i principi elaborati da tali regolamenti vengono ripresi dalle normative nazionali e costituiscono un punto di riferimento sia per le imprese che svolgono la propria attività commerciale a livello sovranazionale, che per quelle che operano solamente all interno di un singolo Stato membro. Regolamento 330/2010 della Commissione europea Nell implementare il paragrafo 3 del art. 101 TFUE, il Regolamento UE n. 330 del 2010 (insieme ai nuovi Orientamenti della Commissione europea sulle restrizioni verticali) 6 ha mantenuto una sostanziale continuità di contenuto e di scopo rispetto alla precedente normativa in materia di accordi verticali, pur introducendo diversi elementi di novità. Il principio comune ad entrambi i regolamenti (il n. 2790/1999 e il n. 330/2010) è che le società dotate di un limitato potere di mercato vengono lasciate sostanzialmente libere di decidere le modalità di distribuzione dei loro prodotti, a condizione che gli accordi che le riguardano non contengano clausole considerate gravemente restrittive della concorrenza (c.d. restrizioni fondamentali della concorrenza o hard-core restriction ). Tali ultime restrizioni sono, ad esempio, la fissazione diretta o indiretta dei prezzi di rivendita o talune forme di restrizioni territoriali o relative alla clientela, le restrizioni delle forniture incrociate tra distributori all interno di un sistema di distribuzione selettiva, etc.. La presenza di tali clausole all interno di un accordo fa presumere, infatti, che lo stesso violi per se le norme antitrust, facendo venir meno il beneficio dell esenzione automatica dal divieto di cui all art. 101 TFUE, a prescindere da qualsiasi valutazione in merito alla posizione di mercato delle parti. Negli altri casi, problemi sotto il profilo concorrenziale possono sorgere solo qualora la concorrenza ad uno o più livelli della catena commerciale sia insufficiente. Questo, normalmente, avviene quando esiste un certo potere di mercato a livello del fornitore, dell acquirente o di entrambi. Di conseguenza, il regolamento 330/2010 di esenzione per categoria introduce una presunzione di legalità per gli accordi verticali, dipendendente principalmente sebbene non esclusivamente dalla quota di mercato detenuta dalle parti dell accordo. Ciò premesso, le novità più rilevanti introdotte dal nuovo regolamento hanno riguardato i seguenti profili. a) Le quote di mercato previste per l applicazione delle esenzioni automatiche. Con il nuovo regolamento, affinché un accordo verticale possa beneficiare dell esenzione automatica prevista dalla normativa antitrust, sarà necessario che le quote di mercato di entrambe le parti dell accordo, sia quella del fornitore che quella dell acquirente, non eccedano la soglia del 30% (la quota di mercato del fornitore viene calcolata sulla base dei dati relativi al valore delle vendite sul mercato, mentre quella dell acquirente in base ai dati relativi al valore degli acquisti sul mercato). In risposta alla recente evoluzione del mercato della distribuzione organizzata di beni e servizi e all espansione degli intermediari acquirenti in possesso di una significativa forza di mercato con una tendenza verso una struttura più concentrata dei mercati della distribuzione, cambia, pertanto, l impostazione rispetto alla precedente normativa contenuta nel regolamento 2790/1999, che limitava la valutazione alla sola quota di mercato del fornitore. b) La Distribuzione selettiva. Gli accordi di distribuzione selettiva si differenziano da quelli di distribuzione esclusiva in quanto la restrizione del numero di rivenditori non dipende dal numero di territori ad essi assegnato, bensì dai criteri di selezione essenzialmente legati alla natura dei prodotti. Nella maggioranza dei casi, si ricorre ad accordi di distribuzione selettiva per la distribuzione di prodotti finali di marca o di lusso. Il fornitore, infatti, tramite tale sistema di distribuzione intende tutelare la percezione di qualità e l immagine che i suoi prodotti evocano presso il consumatore finale. Secondo la precedente normativa, un sistema di distribuzione poteva considerarsi selettivo se il fornitore selezionava i distributori sulla base di criteri specifici impedendo loro, al tempo stesso, di rivendere a qualsiasi distributore non autorizzato all interno di tutta l area UE. 4 Tali eccezioni sono previste dal Paragrafo 3, del medesimo articolo 101 TFUE. 5 Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione del 20 aprile 2010 relativo all applicazione dell articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul Funzionamento dell Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate,in GUUE L 102 del , p.1. 6 Orientamenti sulle restrizioni verticali, in GUUE C 130, del Le Linee Guida rappresentano uno strumento basilare per la corretta interpretazione ed applicazione delle disposizioni del Regolamento in quanto contengono le definizioni e le istruzioni necessarie. Una specifica sezione delle Linee guida è inoltre dedicata all esame di specifiche fattispecie di restrizioni verticali quali il monomarchismo, la distribuzione esclusiva, l attribuzione esclusiva di clienti, la distribuzione selettiva, gli accordi di franchising, gli accordi di fornitura esclusiva, i pagamenti anticipati per l accesso, gli accordi di gestione per categoria, la vendita abbinata e le restrizioni relative ai prezzi di rivendita. 5

6 Secondo il regolamento 330/2010, invece, i fornitori saranno adesso in grado di limitare le vendite di un distributore autorizzato, parte di un sistema di distribuzione selettiva, soltanto a distributori non autorizzati all interno di territori nell ambito dei quali il fornitore ha implementato un analogo sistema di distribuzione selettiva ovvero di territori in cui il prodotto in questione non viene (ancora) commercializzato. c) Le Vendite on-line. Con il Regolamento n. 330/2010 è stata introdotta una disciplina specifica, rivolta a regolare la vendita on-line, a seguito del notevole sviluppo di internet e del relativo settore dell e-commerce. Anche per tale settore, il nuovo Regolamento mantiene una continuità con la precedente normativa nella misura in cui continuano a beneficiare dell esenzione le vendite c.d. attive, ovvero quelle vendite attivamente sollecitate dall impresa nel territorio esclusivo e/o alla clientela esclusiva riservati al fornitore o da questi assegnati ad un altro distributore. di pesanti sanzioni pecuniarie fino ad un massimo del 10% del fatturato complessivo dell azienda), non sembra più possibile trascurare di tenere nella dovuta considerazione i profili concorrenziali inerenti la redazione e successiva gestione dei contratti di cooperazione verticale. Particolare attenzione dovrà essere prestata, non solo, dalle imprese con quote di mercato pari o superiori al 30%, che ai sensi della normativa comunitaria rischiano maggiormente, ma anche da quelle imprese con una quota di mercato compresa fra il 15 e il 30% che, ponendo in essere alcuni accordi verticali, potrebbero ugualmente dar luogo a restrizioni della libera concorrenza vietate ed incorrere in eventuali sanzioni da parte delle autorità nazionali o comunitarie di vigilanza. Per ulteriori informazioni Un elemento d innovazione viene invece introdotto in relazione alle c.d. vendite passive, ovvero a quelle vendite avvenute sulla base di ordini di singoli clienti non sollecitati direttamente dal venditore. Con il nuovo Regolamento, le vendite mediante sito web saranno considerate, infatti, una forma di vendita passiva e, in quanto tali, non potranno essere limitate dal produttore senza che questi incorra in una restrizione fondamentale della concorrenza (c.d. hard-core) vietata ai sensi dell art. 4 del Regolamento 330/2010, a meno che l uso di internet non dia luogo a vere e proprie promozioni e vendite attive nei territori o ai gruppi di clienti esclusivi di altri distributori (ad esempio, tramite l utilizzo di banner che mostrino un collegamento territoriale su siti internet di terzi). In questi ultimi casi, comunque disciplinati dalle linee direttrici della Commissione europea 7, anche tali forme di vendita on-line potranno continuare ad essere oggetto di restrizione ai sensi de Regolamento. Avv. Tiziana Fiorella Tel.: tiziana.fiorella@roedl.it Dott. Carlo Impalà Tel.: carlo.impala@roedl.it Conclusioni Nonostante siano trascorsi già più di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del Regolamento 330/2010 (pubblicato nel giugno 2010) e sia terminato il periodo di transizione previsto, non sembra ancora possibile poter tracciare un bilancio soddisfacente degli effetti prodotti dalla nuova normativa. Bisognerà, infatti, attendere un lasso di tempo sicuramente più lungo (il Regolamento ha durata decennale) per valutare se le esigenze di tutela dalle quali il legislatore comunitario ha preso le mosse siano state pienamente soddisfatte con la presente riforma o, se al contrario, occorrerà predisporre misure alternative ancora più efficaci. Nonostante ciò, al fine di beneficiare delle opportunità riconosciute dalla normativa antitrust e ridurre al minimo i rischi derivanti da una sua violazione (nullità degli accordi e applicazione 7 Orientamenti sulle restrizioni verticali, in GUUE C 130, del , p.1. Private equity e Diritto dell Unione Europea > La direttiva AIFM e l impatto sul private equity in Italia a cura di Marco Pane, Rödl & Partner Roma Il 1 giugno 2011, l Aifmd (Directive on Alternative Investment Fund Managers), la direttiva che detta la disciplina dei gestori europei di prodotti alternativi, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell Unione Europea. Con la pubblicazione, si chiude l iter normativo iniziato il 30 aprile 2009 con la presentazione di una proposta di direttiva da parte della Commissione europea. L Aifmd entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione e dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 22 luglio

7 Rödl & Partner Settembre 2011 Circa l ambito di applicazione soggettivo, la Aimfd specifica che la disciplina in essa contenuta si applica agli istituti responsabili della gestione di fondi di investimento che abbiano in gestione hedge funds e tutti tipi di fondi di investimento che sono esclusi dal campo di applicazione della Direttiva Ucits III. Come autorevolmente sostenuto, l Aifmd si propone la finalità di sottoporre tutti i gestori di fondi di investimento non soggetti agli obblighi della Ucits III a precisi obblighi in tema di autorizzazione e registrazione; inoltre, introduce delle norme volte a limitare i rischi connessi alla gestione collettiva e garantire obblighi specifici circa la protezione degli investitori professionali nei fondi di investimento alternativi. Altra finalità dell Aifmd, è quella di creare un mercato unico dei fondi alternativi le cui attività siano proporzionate ai rischi e differenziate secondo specifici modelli economici. Per realizzare tali obiettivi, la Aifmd introduce per gli istituti che gestiscono fondi d investimento alternativi l obbligo: di un autorizzazione da parte dell autorità dello Stato membro ove sono domiciliati e l assoggettamento continuo alla vigilanza di tale autorità; di rispettare alcune regole di condotta e alcuni obblighi di trasparenza; di nomina di un depositario. Gli istituti responsabili della gestione di fondi alternativi saranno tenuti a fornire delle informazioni agli investitori in modo che questi possano procedere ad un efficiente valutazione dei rischi ed inoltre saranno tenuti ad informare periodicamente le Autorità di vigilanza circa la gestione, le esposizioni principali e la concentrazione dei rischi dei prodotti che gestiscono. A tal proposito, si segnala che i gestori, al fine di ridurre i rischi sistemici, dovranno informare le Autorità di vigilanza circa la leva finanziaria utilizzata, specialmente nel caso in cui il fondo utilizzi un high level of leverage on systematic basis. Inoltre, l Aifmd disciplina alcuni requisiti relativi al capitale minimo dei AIF e all ammontare dei fondi propri, prevedendo, in particolare, che il capitale non può essere inferiore ad almeno Euro e, nel caso in cui la massa gestita del fondo sia eccedente i 250 milioni di Euro, i fund managers nella gestione devono garantire necessariamente un determinato livello di fondi propri. L introduzione di questi requisiti relativi al capitale, secondo gli operatori, potrebbe ostacolare l inserimento nel mercato di nuovi players e imporre costi onerosi per gli operatori già presenti. Ciò detto, al fine di meglio identificare i contenuti dell Aifmd, si riportano di seguito alcune delle principali disposizioni e le osservazioni, spesso critiche, che gli operatori del private equity hanno formulato al riguardo. Trasparenza Gli operatori del settore, già in sede di elaborazione della proposta di Direttiva, hanno avvertito l esigenza di criticare il testo della Direttiva, formulando alcune osservazioni contenute nel common position paper dell Evca (European Venture Capital Association). Con riferimento ai nuovi obblighi di trasparenza e agli obblighi di comunicazione, molti operatori hanno fatto notare come obblighi così stringenti non siano necessari nel caso di investitori professionali. Art. 16: Requisiti relativi alla liquidità L art. 12 della Direttiva prevede che un manager di un AIF (alternative investment fund) debba garantire un determinato livello di liquidità (liquidity management), essenzialmente per assicurare che il fondo sia in grado di far fronte alle richieste di recesso/uscita dal fondo. A tal proposito, gli operatori del private equity hanno osservato come questa disposizione risulti inapplicabile ai fondi di private equity, costituiti nella quasi totalità dei casi nel forma di fondo comune di investimento chiuso con possibilità di uscita da parte delle investitore solo a determinate scadenze. Art. 19: Nomina di esperti valutatori indipendenti Circa l obbligo di nomina di esperti valutatori indipendenti, tenuti alla stima degli assets in cui il patrimonio del fondo è investito, gli operatori del settore hanno osservato come non vi sia alcuna necessità di un tale tipo di stima, considerato che i fund managers dei fondi di private equity o di venture capital non hanno alcun interesse a sopravvalutare o ad alterare il valore degli assets di un fondo di private equity. Infatti, è stato osservato come requisiti stringenti in tema di valutazione del patrimonio dei fondi siano più opportuni nel caso di fondi aperti o nel caso di quei fondi gestiti da manager il cui compenso è commisurato al patrimonio investito. Nel caso dei fondi di private equity, i compensi dei fund managers sono commisurati sulla base dei committments del fondo, trattandosi di fondi chiusi. Inoltre, le valutazioni ad interim non sono rilevanti in considerazione del fatto che, per avere una misura dell investimento effettuato, l investitore deve necessariamente attendere il momento in cui il fondo distribuisce i profitti. Art. 21: Depositario L obbligo di istituire intermediario depositario indipendente è un altra disposizione che ha sollevato non poche polemiche tra gli operatori del private equity. Infatti, secondo tali operatori l istituzione di un intermediario depositario indipendente con compiti di registrare tutte le movimentazioni finanziarie in conti separati, rappresenta un costo inutile in ragione della circostanza che nei fondi vige il principio della separazione (segregation) del patrimonio del fondo da quello della società che gestisce il fondo. Articoli 26: obblighi di disclosure e requisiti informativi in caso di acquisizione di una partecipazione di controllo Alcuni obblighi informativi previsti dalla Aifmd sono connessi alla detenzione di una partecipazione di controllo (pari al 50% dei diritti di voto) e prevedono in particolare: (i) informazioni in caso di takeover; (ii) informazioni relative alle procedure 7

8 di gestione dei conflitti di interesse degli amministratori; (iii) comunicazione interna ed esterna della società. A tale proposito, gli operatori del private equity, hanno osservato come questi obblighi informativi siano simili a quelli previsti per le società quotate ed non sia equo prevedere questi obblighi esclusivamente in capo ai fondi e non anche per gli investitori privati. Articoli 35: Regole restrittive sul fundraising Relativamente al fundraising, è stato osservato come le regole imposte dalla Direttiva possano penalizzare i rapporti con altre giurisdizioni, come ad esempio gli Stati Uniti, e possono notevolmente limitare la possibilità che i fondi europei possano rivestire il ruolo di players veramente globali. Conclusioni Come osservato da Assogestioni, la normativa introdotta dalla Aifmd riguarda la gestione, a livello europeo, di oltre 2100 Mdi di Euro in fondi riservati, fondi hedge, fondi immobiliari e a altri tipi di fondi alternativi. Considerato l ammontare degli investimenti gestiti da questo tipo di fondi, si intuisce da subito l importanza delle novità introdotte dalla direttiva. Sarà fondamentale, tuttavia, verificare il reale impatto di alcune norme come, ad esempio, quelle concernenti l istituzione del depositario o relative agli obblighi informativi nel caso di acquisizione di una partecipazione di controllo, perché possa dirsi effettivamente realizzato l equilibrio tra efficienza dell attività gestoria e protezione dell investitore. Per ulteriori informazioni Con sentenza del 20 giugno 2011 n , la Corte di Cassazione, Sezione V penale, ha ribadito i principi in base ai quali può estendersi la responsabilità dell ente, in caso di holding e società appartenenti al medesimo Gruppo. Nel caso di specie, nell ambito di un complesso processo con molti capi d imputazione, tra i quali anche quello di corruzione, mentre per alcune società appartenenti al medesimo gruppo finanziario si era ritenuto di procedere con la fase dibattimentale, per altre il GUP presso il Tribunale di Bari, disponeva il non luogo a procedere. Il ricorso avverso la sentenza del GUP veniva rigettato richiamando tra i vari profili, anche i requisiti necessari per affermare la responsabilità di un ente ex D.Lgs. 231/01. La Suprema Corte ha infatti ribadito che per potersi ravvisare una responsabilità amministrativa dell ente (i) deve essere commesso uno dei reati presupposto, (ii) il reato deve essere commesso da una persona fisica che abbia con l ente rapporti di tipo organizzativo funzionale ( è necessario che l agente rivesta una posizione qualificata all interno dell ente ) e (iii) il reato presupposto deve essere stato commesso nell interesse o a vantaggio dell ente. Secondo la Suprema Corte se è vero che la holding o altre società del gruppo possono rispondere ex D.Lgs. 231/01; altrettanto vero è che è necessario che il soggetto che agisce per conto delle stesse concorra con il soggetto che commette il reato, non essendo sufficiente un generico riferimento al gruppo per affermare la responsabilità della società ex D.Lgs. 231/01. Ancora, è necessario poter dimostrare concretamente, che il reato è stato commesso nell interesse o a vantaggio della singola società. Nel caso di specie, si era riusciti a dimostrare che le società per le quali si era ritenuto di disporre il non luogo a procedere non solo operavano in settori diversi da quelli in cui operava il soggetto agente si poteva comunque escludere qualsivoglia rapporto economico con l ente pubblico che aveva subito l illecito. Dott. Marco Pane Tel.: marco.pane@roedl.it Corporate governance e diritto penale dell economia > Osservatorio 231 Responsabilità amministrativa degli enti. La responsabilità amministrativa delle holding e società del gruppo a cura di Miriam Giorgioni, Rödl & Partner Padova > D.Lgs 231/01e sicurezza sul lavoro: il caso ThyssenKrupp a cura di Miriam Giorgioni, Rödl & Partner Padova Ancora non si conoscono le motivazioni della sentenza pronunciata dalla Corte d Assise di Torino lo scorso 15 aprile 2011, a conclusione del processo di primo grado, relativo ad un gravissimo infortunio occorso nello stabilimento torinese della ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni S.p.a., nel quale persero la vita sette persone e altre rimasero gravemente ustionate, a causa delle insufficienti misure di prevenzione e protezione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, aggravate da una manutenzione gravemente inadeguata e carente, ma appare sin d ora chiaro che si tratta di una sentenza importante sotto molteplici aspetti. Anzitutto per le gravi sanzioni penali comminate ai soggetti coinvolti. Pena della reclusione a 16 anni e 6 mesi per omicidio volontario con dolo eventuale, disastro e incendio 8

9 Rödl & Partner Settembre 2011 dolosi, per l Amministratore Delegato, con delega in materia di sicurezza, oltre all interdizione perpetua dai pubblici uffici e dichiarazione della sua incapacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione per la durata prevista per la reclusione. Pena della reclusione a 13 anni e 6 mesi per omicidio colposo aggravato dalla previsione dell evento, disastro e incendio, per i dirigenti che ricoprivano rispettivamente il ruolo di RSPP, di Responsabile dello Stabilimento e di Membri del Comitato esecutivo con deleghe in materia commerciale finanziaria, oltre all interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e dichiarazione della loro incapacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione per il periodo della reclusione. Infine, pena della reclusione a 10 anni e 10 mesi per i medesimi reati, per il Responsabile della pianificazione degli investimenti antincendio e dichiarazione della sua incapacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione per tutta la durata della reclusione. Mai prima d ora, in Italia, era stato riconosciuto un reato così grave (omicidio volontario con dolo eventuale) per un infortunio sul lavoro. che richiede espressamente che esse abbiano ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l illecito oltre alla loro idoneità a prevenire illeciti del tipo di quello commesso. La lettura delle motivazioni permetterà di capire come il divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione, l esclusione dai finanziamenti pubblici e il divieto di pubblicità rispondano alle previsioni di cui sopra ed in particolare alla richiesta idoneità delle stesse a prevenire illeciti del tipo di quello commesso e come le stesse abbiano ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l illecito dell ente. In ogni caso, si richiama l attenzione sulla necessità di adozione ed effettiva attuazione da parte delle aziende dei Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo ex D.Lgs. 231/01, non solo per poter usufruire della forza esimente da questi ultimi rappresentata ma anche per poter dimostrare l adempimento da parte del Datore del Lavoro e dei dirigenti per la sicurezza del dovere di vigilanza posto a loro carico dal Testo Unico Sicurezza. Per ulteriori informazioni Ciò significa che è stata riconosciuta la prefigurazione, in capo all Amministratore Delegato, della possibilità concreta di avveramento dell evento lesivo con elevate probabilità di accadimento e conseguente sua accettazione. La contestazione di omicidio doloso plurimo e quella di reato transnazionale (la capogruppo infatti è in Germania), hanno poi permesso alla Procura di Torino di poter fare ricorso a strumenti investigativi pregnanti, quali le intercettazioni telefoniche e ambientali, le perquisizioni personali presso gli uffici e domicili dell azienda e personali dei Managers, oltre il sequestro di sistemi informatici. A quanto sopra devono aggiungersi le pene comminate alla società ex art. 25 septies, comma 1, del D.Lgs. 231/01 e più precisamente: una sanzione pecuniaria di ,00 (un milione di euro); una sanzione interdittiva della esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi pubblici per la durata di sei mesi; alla sanzione interdittiva del divieto di pubblicizzare beni o servizi per la durata di sei mesi; alla confisca della somma di euro ex art 19 d.lgs. 231/01 ( confisca del prezzo o del profitto del reato ) alla pubblicazione della sentenza su quotidiani nazionali. Oltre al sequestro dell impianto sino a sentenza definitiva e risarcimento dei danni alle parti civili. Da un punto di vista giuridico, si precisa che è stato possibile sanzionare l azienda ex D.Lgs. 231/01 in forza dell imputazione per omicidio colposo dei dirigenti. Il reato presupposto di cui all art. 25 septies del D.Lgs. 231/01 infatti prevede solo l ipotesi dell omicidio colposo e non di quello doloso. Quanto alle sanzioni, ferma la natura astrattamente sanzionatoria delle pene interdittive comminate, le stesse non sembrano però tener conto del dettato di cui all art. 14 del D. Lgs. 231/01 8 Avv. Miriam Giorgioni Tel.: miriam.giorgioni@roedl.it > I Reati Ambientali a cura di Giuseppe Bonacci, Rödl & Partner Milano A distanza di quasi un anno dalla legge comunitaria n. 96 del 4 giugno 2010, con la quale il Governo italiano era stato delegato a recepire la Direttiva 2008/99/CE relativa alla tutela penale dell Ambiente e la Direttiva 2005/35/CE relativa all inquinamento provocato dalle navi, è stato approvato il Decreto Legislativo n. 121/11 che, tra le varie previsioni, estende la responsabilità penale ed amministrativa degli Enti (D.lgs 231/01) anche ad alcuni reati in materia ambientale. Più precisamente il riferimento è alle fattispecie criminose disciplinate dall art. 272 bis c.p., 733 bis c.p., D.lgs. 152/2006, L. 150/1992, L. 549/1993 e D.lgs. 202/2007. L estensione dei reati presupposto ex D.lgs. 231/01 è coincisa con l introduzio- 8 Art. 14 D.Lgs. 231/01 1. Le sanzioni interdittive hanno ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l illecito dell ente. Il giudice ne dete mina il tipo e la durata sulla base dei criteri indicati nell articolo 11, tenendo conto dell idoneità delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso. 2. Il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione può anche essere limitato a determinati tipi di contratto o a determinate amministrazioni. L interdizione dall esercizio di un attività comporta la sospensione ovvero la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali allo svolgimento dell attività. 3. Se necessario, le sanzioni interdittive possono essere applicate congiuntamente. 4. L interdizione dall esercizio dell attività si applica soltanto quando l irrogazione di altre sanzioni interdittive risulta inadeguata. 9

10 ne del nuovo art. 25 undecies. Il provvedimento, pubblicato in G.U. n. 177 dell 1 agosto 2011, è entrato in vigore il 16 agosto scorso. Tutte le aziende dovranno quindi porre in essere una profonda attività di verifica al fine di valutare, all interno del proprio rischio reato se le nuove fattispecie possano o meno coinvolgere l attività aziendale. La novità legislativa riguarderà, principalmente, gli Enti che hanno a che fare, direttamente o indirettamente, con la materia dei rifiuti, degli scarichi e delle emissioni di cui al D.lgs. 152/2006. Tali società, qualora si siano dotati di modelli organizzativi di gestione e controllo ex D.lgs 231/01, dovranno provvedere ad un loro aggiornamento e/o ampliamento. In difetto, sarà invece auspicabile l immediata adozione ed efficace attuazione di modelli integranti protocolli di condotta specifici dedicati alla prevenzione dei reati ambientali richiamati dall articolo 25 undecies. Con il provvedimento legislativo della scorsa estate si è scritta una pagina fondamentale nell evoluzione della 231 e della responsabilità a carico delle imprese per illeciti posti in essere da propri dipendenti, nell interesse o a vantaggio dell ente. Anche per la commissione di reati ambientali, le misure eventualmente comminabili sono sanzioni pecuniarie, con addebiti direttamente proporzionali alla gravità della fattispecie criminosa commessa. E interessante ricordare, che in una primissima versione del progetto di legge, sia i reati ambientali che quelli in materia di violazione delle norma sulla sicurezza del lavoro erano già inclusi tra i reati presupposto che poi essere espunti a causa delle forti riserve espresse dal mondo imprenditoriale. A dieci anni dall entrata in vigore del D. Lgs. 231/01, i reati ambientali sono stati re-introdotti nell elenco dei reati presupposto, il cui indice è divenuto nel tempo sempre più articolato e quindi di interesse per un numero crescente di imprese. > La responsabilità amministrativa degli enti travolge le imprese individuali a cura di Giuseppe Bonacci, Rödl & Partner Milano I giudici della Cassazione, con la sentenza del 20 aprile 2011, n , hanno effettuato una inversione di rotta circa la portata applicativa della 231 (fino ad oggi l orientamento prevalente prevedeva che solo sugli enti dotati di personalità giuridica, strutturati in forma societaria o pluripersonale, potevano farsi gravare gli obblighi ex d.lgs. 231), precisando che le norme sulla responsabilità previste nel citato decreto potranno, d ora in poi, essere applicate anche alla impresa individuale. Infatti, il requisito per l applicabilità del d.lgs. 231/2001 è la personalità giuridica e, i destinatari della norma possono essere identificati in base all appartenenza alla generale ed ampia categoria degli enti fornitori di personalità giuridica, nonché di società/associazioni anche prive di questa. L articolo 1 del decreto 231/01 si riferisce agli enti disciplinando la responsabilità dei medesimi per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. Tale norma precisa, che sono compresi gli enti fornitori di personalità giuridica e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica prevedendo solo una esplicita esclusione negli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici e gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale. Muovendo dalla premessa che l attività da ricondurre all impresa rappresenta attività facente capo ad una persona fisica e non ad una persona giuridica intesa quale società di persone o di capitali, non può negarsi, secondo la Corte, che l impresa individuale possa essere assimilata ad una persona giuridica in cui viene a confondersi la persona dell imprenditore (soggetto fisico che esercita una certa attività), con la conseguenza che la definizione di impresa dovrà essere strettamente connessa con l attività svolta dall imprenditore sia esso anche persona fisica. I supremi giudici della legittimità sono andati oltre, precisando che una lettura della norma orientata dovrebbe indurre a conferire al decreto legislativo 231/2001 (nello specifico all articolo 1) una portata più ampia e generale, in quanto non cogliendosi nel testo del decreto alcun riferimento concernente le imprese individuali, la loro mancata indicazione non deve equivalere necessariamente alla sua esclusione, ma ad una implicita inclusione dell area dei destinatari della stessa norma. La pronuncia richiamata ha quindi statuito l applicabilità di obblighi e sanzioni amministrative ai sensi e per gli effetti del D.Lgs 231/01 anche alle imprese individuali, operando una estensione analogica tra enti (soggetti pluripersonali) e persone fisiche. Dopo il revirement degli ermellini, anche le imprese individuali dovranno attivarsi per dotarsi di uno scudo atto a prevenire la commissione dei reati presupposto e, quindi, dovranno realizzare tutti gli strumenti previsti dal Decreto come esimente per la responsabilità primo fra tutti il Modello organizzativo di gestione e controllo. L ulteriore aumento dell ambito di applicabilità della responsabilità ex 231 sotto il profilo dei soggetti potenzialmente sanzionabili, unitamente al continuo aumento delle fattispecie rilevanti come reato presupposto rende necessario per ogni impresa, sia quella che si sia già dotata degli strumenti esimenti, sia e soprattutto, per quella impresa che ancora detti strumenti non abbia adottato, soffermarsi per una profonda riflessione al fine di verificare se e quali interventi porre in essere. Per ulteriori informazioni Avv. Giuseppe Bonacci Tel.: giuseppe.bonacci@roedl.it 10

11 Rödl & Partner Settembre 2011 Tax & Finance > Le società start up operanti nel settore delle energie rinnovabili e la disciplina delle società di comodo a cura di Marco Pane e Giampiero Guarnerio, Rödl & Partner Roma e Milano Scopo delle presenti brevi note è quello di analizzare l eventuale applicazione della disciplina delle società di comodo, contenuta nella legge 724/1994 alle società start up operanti nel settore delle energie rinnovabili e quindi l eventuale convenienza per le stesse società di presentare un interpello disapplicativo di detta disciplina ai sensi e per gli effetti dell art. 37 bis comma 8 del D.p.r. n. 600/1973. Come noto, il comma 1 dell art.30 della legge 724/1994 stabilisce che si considerano non operative le società che realizzano un valore complessivo di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi inferiori a quelli risultanti dall applicazione dei coefficienti indicati nei punti a, b, c dello stesso articolo. Il mancato superamento del test di operatività comporta per il contribuente specifiche conseguenze ai fini delle imposte dirette, dell IVA, tra cui a titolo esemplificativo e non esaustivo, l obbligo di dichiarare il reddito minimo presunto o il fatto che l eccedenza di credito IVA non può essere chiesta a rimborso o utilizzata in compensazione. Tuttavia, si segnala che lo stesso art. 30 al comma 4 bis, prevede che in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito, le società possono chiedere la disapplicazione delle disposizioni antielusive. La norma si presenta di infelice formulazione. Essa infatti non contiene una vera definizione di società di comodo, quanto piuttosto fa assurgere a livello di definizione quelli che caso mai potrebbero essere sintomi di uno status di non operatività. Non pare aver molto senso utilizzare quale parametro di legge per la qualifica di non operatività un mero dato numerico salvo poi introdurre una esimente fondata sulla impossibilità di conseguimento del parametro. Simile modo di procedere genera due difficoltà: da una parte per l erario, giacché tutte le volte che i ricavi minimi non sono stati conseguiti si troverà una spiegazione che ne ha reso impossibile il conseguimento: non è immaginabile il caso per cui di fronte alla possibilità di conseguire il ricavo, l imprenditore volontariamente vi rinunci sol per fare un dispetto al fisco (situazione che richiama alla mente quel tale che si rese impotente per far dispetto alla moglie); dall altra parte per il contribuente, che di fronte al mancato conseguimento di ricavi che pure avrebbe voluto realizzare si troverà la spada di Damocle sulla testa non avendo alcuna certezza che le spiegazioni saranno accolte dalla controparte. Inoltre, gli stessi parametri di redditività lorda potrebbero rivelarsi insufficienti in molte circostanze. Se, ad esempio, venissero improvvisamente interrotte o anche ridotte significativamente le tariffe incentivanti ad investimento avviato, molti se non tutti gli impianti fotovoltaici si ritroverebbero oltre al danno del mancato introito la beffa della pretesa del fisco. Meglio sarebbe stato dare una definizione di non operatività legata ad esempio alla assenza di attività imprenditoriale, lasciando il parametro numerico (i ricavi rispetto agli investimenti) quale mero indicatore sintomatico di tale status, così da evitare di dover giustificare situazioni che oggettivamente non necessitano di giustificazione alcuna. Situazione che tipicamente si presenta nel settore delle energie rinnovabili (ma anche in molte situazioni di start-up) dove i ricavi possono oggettivamente iniziare a realizzarsi soltanto a distanza di tempo dall avvio degli investimenti e sono subordinati a passaggi amministrativi o tecnici da parte di terzi. Infatti, la particolare disciplina amministrativa e regolamentare attualmente vigente impone ai fini della realizzazione di una centrale elettrica alimentata da fonti energetiche rinnovabili, l obbligo del previo conseguimento, da parte del soggetto sviluppatore dell impianto, di una dettagliata e nutrita serie (progressiva) di autorizzazioni tecnico amministrative, permessi, nullaosta, approvazioni ai fini della realizzazione dell impianto stesso. Ciò considerato, al fine di dimostrare la sussistenza delle oggettive condizioni che impediscono alle società start up, l avvio dell attività caratteristica di produzione di energia elettrica, è opportuno analizzare i costi, i tempi e il dispendio di risorse finanziarie ed umane che il menzionato processo autorizzativo implica. A tale scopo, di seguito verrà svolta una sintetica disanima di tale iter obbligatorio e prodromico che le società start up con riferimento ai progetti della società di centrali elettriche percorrono di solito al fine dell ottenimento di tutte le autorizzazioni e via libera alla realizzazione dei parchi fotovoltaici. In particolare, tale processo prevede l espletamento delle seguenti attività: richiesta di rilascio dell autorizzazione unica ai sensi del d.lgs. n. 387/2003 presso il competente assessorato dell Energia della Regione (circa i tempi, si segnala che tra la richiesta di rilascio dell autorizzazione e la delibera autorizzativa intercorre normalmente un lasso temporale non inferiore ai due anni); richiesta di rilascio della soluzione tecnica di connessione ai sensi della delibera n.99/2008 dell Autorità per l Energia Elettrica ed il Gas (AAEG) da parte del gestore di rete localmente competente (ENEL) e successiva accettazione della stessa; ottenimento di ulteriori permessi, autorizzazioni e nulla osta necessari per la realizzazione, la connessione e l esercizio degli impianti nonché per la realizzazione delle infrastrutture di connessione (p.e. nulla osta de Ministero dello Sviluppo Economico; nulla osta autorità militari); stipula di contratti preliminari e definitivi di costituzione di diritto di superficie sui terreni sui quali dovranno essere realizzati gli impianti; stipula di contratti preliminari e definitivi di costituzione di servitù di passaggio ed elettrodotto sui terreni interessati dalle infrastrutture di connessione degli impianti; 11

12 predisposizione di tutta la documentazione progettuale preliminare ed esecutiva relativa agli impianti. In merito ai sopra menzionati adempimenti svolti dalle società, occorre altresì chiarire che, in taluni casi, essi rappresentano soltanto il punto di arrivo di trattative, istruttorie, pratiche burocratiche nell ambito delle quali considerata la rilevanza, non soltanto economica, dei progetti in corso di realizzazione delle società di volta in volta emergono molteplici criticità nel relazionarsi a ciascuno dei vari uffici od enti interpellati, per lo più facenti capo alle Amministrazioni locali. Pertanto, considerato che le società operanti nel settore delle energie rinnovabili nelle fasi di avvio delle loro attività, portano avanti le pratiche finalizzate all ottenimento delle autorizzazioni, nullaosta permessi etc, sembra queste società non possano essere considerate non operative. A tal proposito, è opportuno richiamare quanto già chiarito nella circolare n.44 del 9 luglio 2007, con riferimento al caso di una società in attesa di licenza amministrativa per l utilizzo di beni strumentali. La circolare ha previsto che: La richiesta di disapplicazione della disciplina delle disposizioni previste per le società non operative deve essere sostenuta sulla base di fatti e accadimenti normalmente riconducibili nella sfera di volontà dell imprenditore, che hanno reso impossibile il raggiungimento dei ricavi previsti dalla legge per essere considerate società non operative. (.) costituisce una valida circostanza esimente il fatto che, nonostante gli investimenti effettuati, l attività della società sia di fatto impedita dalla inutilizzabilità degli impianti ; nella fattispecie in esame si configurano, pertanto quelle oggettive situazioni che rendono impossibile il conseguimento di ricavi minimi imposti dalla norma e si ritiene, di conseguenza che l ipotesi possa considerarsi meritevole di favorevole valutazione. Alla luce di tale interpretazione dell Agenzia delle Entrate, si ritiene che la fattispecie esimente prevista dall art. 30 comma 4 bis, possa ritenersi applicabile a quelle società che non hanno potuto ancora avviare l attività per cause non riconducibili alle società stesse, ma connesse a circostanze oggettive al di fuori della sfera del loro controllo. Pertanto, in tali casi sarebbe opportuno che le società start up operanti nel settore delle energie rinnovabili valutassero l opportunità di presentare un istanza per la disapplicazione della disciplina delle società di comodo ai sensi e per gli effetti dell art. 37 bis comma 8 del D.p.r. 600/1973, considerando anche le istruzioni per la presentazione dell istanza contenute nella circolare 32 del 14 giugno Per ulteriori informazioni Dott. Giampiero Guarnerio Tel.: giampiero.guarnerio@roedl.it > Definite le nozioni di luogo di prestazione del servizio e di stabile organizzazione ai fini IVA A cura di Gert Gasser, Rödl & Partner Bolzano A poco più di un anno dall entrata in vigore delle modifiche introdotte in materia Iva relative al luogo di tassazione delle prestazioni dei servizi, sono finalmente state emanate, con il Regolamento comunitario n. 282/2011, le relative disposizioni di applicazione, fornendo, oltre ad alcune nozioni chiave del sistema Iva come quella di sede della propria attività economica e di stabile organizzazione, anche chiarimenti sull imputazione ai fini Iva di operazioni attive e passive effettuate da una stabile organizzazione. Il Regolamento in questione rappresenta dunque l ultimo tassello necessario al completamento delle rilevanti novità in materia Iva introdotte con la Direttiva 2008/8/CE, recepita a livello nazionale dal D. Lgs. n. 18 dell e intervenuta in modifica alla precedente Direttiva n. 2006/122/CE. Come noto, l intervento normativo del D. Lgs. n. 18 dell ha introdotto sostanziali modifiche alla tassazione delle prestazioni di servizi con la finalità di semplificare il funzionamento dell Iva a livello comunitario. In linea generale il luogo di tassazione delle prestazioni di servizi è stato individuato, nelle operazioni business to business (B2B), nel luogo in cui il committente ha fissato la sede della propria attività economica, mentre nelle operazioni business to consumer (B2C) il luogo di tassazione delle prestazioni di servizi è stato individuato nel luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica. Il legislatore comunitario tuttavia aveva omesso di fornire una definizione normativa di sede della propria attività economica e di stabile organizzazione; con l intervento normativo comunitario di cui al Regolamento n. 282/2011 tali lacune sono finalmente state colmate. Sede della propria attività economica Dott. Marco Pane Tel.: marco.pane@roedl.it Il Regolamento n. 282/2011 identifica il luogo in cui il soggetto passivo ha fissato la sede della propria attività economica nel luogo in cui sono svolte le funzioni dell amministrazione centrale dell impresa. Per determinare tale luogo, si deve tener conto del luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell impresa, del luogo della sue sede legale e del luogo in cui si riunisce la direzione; in casi dubbi, prevale il criterio del 12

13 Rödl & Partner Settembre 2011 luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell impresa, mentre la mera esistenza di un indirizzo postale non può fare presumere che tale indirizzo corrisponda al luogo in cui il soggetto passivo ha stabilito la sede della propria attività economica. Pertanto, ai fini della presente definizione è stato posto l accento sulla sede intesa come centro direzionale, ove gli amministratori e i dirigenti d azienda lavorano abitualmente e prendono decisioni fondamentali per la continuità stessa dell azienda, e non sul concetto di sede intesa come semplice sede amministrativa. Stabile organizzazione Di pari importanza risulta essere la definizione data di stabile organizzazione, visto che nel sistema Iva, il concetto di stabile organizzazione assume cruciale importanza per verificare il requisito territoriale e la conseguente imponibilità della prestazione eseguita. Ai sensi dell art. 11 del Regolamento la stabile organizzazione è qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell attività economica, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi per le esigenze proprie di detta organizzazione. Il fatto di disporre di un numero di identificazione Iva non è di per sé sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione. Come si può facilmente notare, la nozione di stabile organizzazione ai fini Iva non è identica a quella fornita dal legislatore nazionale all art. 162 del TUIR ai fini delle imposte dirette: basti notare che la nozione ai fini Iva dà notevole importanza alla organizzazione delle risorse umane e dei mezzi tecnici, all idoneità della struttura di ricevere e utilizzare i servizi, e sulla permanenza nel territorio di uno stato, mentre la nozione interna ai fini delle imposte sui redditi definisce stabile organizzazione la sede fissa di affari per mezzo della quale l impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello stato. Per le summenzionate discrasie nelle definizioni date, pare per esempio difficilmente riconducibile alla fattispecie della stabile organizzazione ai fini Iva la stabile organizzazione personale ai fini delle imposte sui redditi. Operazioni attive effettuate dalla stabile organizzazione Oltre a definire queste nozioni importanti, il Regolamento in questione detta precise regole quando un corrispettivo conseguito da un soggetto con una stabile organizzazione in un altro paese sia da imputare alla stabile organizzazione e quando alla casa madre, in seguito all effettuazione di operazioni attive. Ai sensi dell art. 53 del Regolamento n.282/2011, si ritiene che la stabile organizzazione non partecipi a una cessione di beni o a una prestazione di servizi (e, pertanto, il corrispettivo non sia attratto a tassazione nel paese della stabile organizzazione, ma sia tassabile nel paese di residenza della casa madre), a meno che i mezzi tecnici o umani di detta stabile organizzazione siano utilizzati dallo stesso per operazioni inerenti alla realizzazione della cessione di tali beni o della prestazione di tali servizi imponibile effettuata in tale Stato membro, prima o durante la realizzazione di detta cessione o prestazione. Se la stabile organizzazione svolge unicamente funzioni di supporto amministrativo, quali la contabilità, la fatturazione e il recupero crediti, si considera che essi non siano utilizzati per la realizzazione dell operazione rilevante ai fini Iva. Se la fattura viene emessa con il numero di identificazione Iva attribuito dallo Stato membro della stabile organizzazione, allora si considera, fino a prova contraria, che la stabile organizzazione abbia partecipato alla cessione di beni o alla prestazione di servizi. Con le indicazioni fornite sarà senza dubbio più agevole definire la corretta imputazione ai fini Iva delle operazioni attive alla stabile organizzazione. Dal coinvolgimento o meno della stabile organizzazione all operazione rilevante consegue il corretto trattamento tributario ai fini Iva. Nel caso di una casa madre tedesca con una stabile organizzazione in Italia, ove sia stato accertato la partecipazione della stabile organizzazione all operazione compiuta, sarà da emettere una fattura con Iva italiana da parte della stabile organizzazione, mentre nel caso di mancato coinvolgimento della stabile organizzazione sarà emessa una fattura senza Iva dalla casa madre, con assoggettamento del soggetto cessionario o committente all obbligo di applicare l Iva in reverse charge. Operazioni passive effettuate dalla stabile organizzazione relative a servizi Anche per il caso di servizi acquisiti dalla casa madre con una stabile organizzazione in un altro paese, il Regolamento fornisce indicazioni quando il servizio sia da imputare alla casa madre o alla stabile organizzazione situato nell altro paese, in applicazione del principio generale dell imponibilità nel paese del committente di corrispettivi derivanti da prestazione di servizi. In particolare, si considera generalmente imponibile la prestazione di servizi nel paese in cui la casa madre abbia stabilito la sede della propria attività economica, salvo che la prestazione sia fornita alla stabile organizzazione e questa utilizza il servizio per le proprie esigenze, nel qual caso la prestazione sarà imponibile nel luogo della stabile organizzazione. Al fine di identificare correttamente il destinatario del servizio, bisogna esaminare la natura e l utilizzazione del servizio fornito, e in subordine, il contratto, l ordinativo e il numero di identificazione Iva fornito dal destinatario, così come l entità pagante del servizio. Se tali analisi non permettono di identificare con chiarezza il soggetto destinatario, il prestatore può legittimamente considerare che i servizi siano forniti alla casa madre. Infine, si ricorda che la natura di Regolamento di derivazione comunitaria comporta la applicazione diretta delle disposizioni ivi contenute, senza necessità di recepimento tramite specifiche disposizioni nazionali. Per ulteriori informazioni Gert Gasser Tel.: gert.gasser@roedl.it 13

14 Diritto industriale > L ICANN approva i domini.xxx a cura di Camilla Manfredi e Francesco Zisa, Rödl & Partner Milano L ICANN, l organismo che presiede alla regolamentazione dei nomi a dominio, ha dato il proprio via libera alla creazione di domini web con il nuovo suffisso.xxx., mirati a soddisfare le esigenze dell industria dell intrattenimento per adulti. Come si è visto in passato, ogniqualvolta viene approvato un nuovo dominio di primo livello (come ad esempio,.com,.net,.org) i cyber squatter provano a registrare nomi a dominio che contengono marchi famosi per poi trarre profitto dalla vendita degli stessi ai loro legittimi titolari. Nel caso in questione, il rischio di danni cagionati al marchio dall attività di cybersquatting è rafforzato dal fatto che i nomi a dominio.xxx sono, per definizione, associati a contenuti sessualmente orientati. Sensibile al problema, l ICANN, insieme al il lancio dei nomi a dominio.xxx, accorda ai titolari di marchi registrati non connessi con il settore dell industria per adulti la possibilità di impedire preventivamente che i loro marchi siano utilizzati all interno di un indirizzo web.xxx. La registrazione del dominio.xxx Pertanto, prima del lancio dei domini.xxx, i titolari di marchi registrati avranno 30 giorni di tempo per registrare un dominio.xxx oppure per bloccarlo affinché nessuno possa utilizzarlo. Tale periodo precedente alla libera registrazione dei domini, chiamato fase di preregistrazione, avrà inizio il 7 Settembre La possibilità di rendere inutilizzabile il proprio marchio sarà offerta dietro il pagamento di una quota una tantum stimata tra 150 e 200 euro. Al fine di impedire che un marchio sia utilizzato da terzi all interno di un indirizzo web.xxx, l interessato deve possedere una registrazione di marchio concessa anteriormente al 1 settembre Inoltre, il nome a dominio per il quale si richiede il blocco dovrà coincidere col marchio se denominativo o rappresentare per intero la parte grafica testuale del marchio; pertanto le abbreviazioni, l uso di trattini, linee, acronimi, refusi o variazioni anche minime di un marchio non potranno essere bloccate. La riassegnazione dei nomi a dominio.xxx I legittimi titolari dei marchi avranno anche in seguito la possibilità di avviare i procedimenti legali per ottenere la riassegnazione dei nomi a dominio.xxx, che fanno uso non autorizzato dei propri marchi, tramite l UDRP (la policy per la risoluzione delle controversie dei nomi a dominio uniformi). Si ritiene, però, che il blocco preventivo compiuto durante la fase di preregistrazione sarà probabilmente meno costoso e più efficiente. Inoltre, i titolari dei marchi registrati avranno la possibilità di bloccare i loro marchi anche successivamente alla fase di preregistrazione, ma i costi per ottenere il blocco dovrebbero essere più alti rispetto a quelli offerti durante il periodo di preregistrazione. Le cautele a tutela dei titolari di marchi registrati Alla luce di tali considerazioni, i titolari di marchi registrati sono chiamati a valutare la possibilità di bloccare i propri marchi più importanti dall utilizzo all interno dei nomi a domino.xxx. Si ricorda, inoltre, che nel 2010 l ICANN ha approvato l uso di indirizzi e domini con caratteri non latini, consentendo, così, la registrazione di nomi a dominio in arabo, cinese, cirillico, indiano, coreano ecc. Questa innovazione rappresenta un importante opportunità commerciale visto che circa la metà degli utenti mondiali di Internet utilizza un alfabeto diverso da quello latino e che, tra l altro, la Cina è il primo paese al mondo per numero di navigatori e domini. Per ulteriori informazioni Avv. Camilla Manfredi Tel.: camilla.manfredi@roedl.it Dott. Francesco Zisa Tel.: francesco.zisa@roedl.it Eventi > Istantanee Metropolitane, Personale di Andrea Gnocchi a cura di Roberto Milani, Casa d Arte San Lorenzo Giovedì 29 settembre, ore Rödl & Partner Piazza di S. Anastasia, 7 Roma roma@roedl.it Prosegue il percorso nel mondo dell arte dello studio legale e tributario Rödl & Partner. Dopo il successo della collettiva This is a journey svoltasi in primavera nello studio milanese (vedi foto nella pagina seguente), ora è la sede romana ad aprire i suoi spazi al pubblico, con la personale di Andrea Gnocchi, Istantanee Metropolitane. 14

15 Rödl & Partner Settembre 2011 le superfici delle tele di questo artista lombardo, sono di fatto rappresentazione di miti, di immagini popolarmente corrette. Cosa c è di fatto di più popolare al mondo del Colosseo di Roma? O per gli appassionati di auto il brand Ferrari? Diventano allora popolari agli occhi dell interlocutore i luoghi da lui frequentati. Allora pop sono Roma, Milano, Bolzano e poi Padova e via dicendo in un interminabile ed immaginario nonché immaginifico Grand Tour attraverso luoghi fuori dai grandi circuiti ma strettamente legati allo studio legale e tributario internazionale che ospita questa esposizione. Andrea Gnocchi, oramai colto e maturo, smessi i panni del giovane artista emergente, si è trasformato in autore di talento, comunque mai sazio di curiosità che evolve la sua produzione in un sentiero sempre più colto e raffinato dove la decontestualizzazione ambientale dei suoi primi lavori ha lasciato spazio ad una consapevolezza di conquista dei luoghi matura e certa. Un affrancatura meritata, sotto gli occhi di tutti, oserei dire popolare. La mostra curata da Roberto Milani ed organizzata in collaborazione con Casa d arte San Lorenzo entra nel mondo della pop art. Sempre più spesso si fa un uso improprio della parola PopArt. In effetti, molti degli artisti che oggigiorno si definiscono Pop sono in realtà degli illustratori imprestati al mondo dell Arte. Il concetto di Popoular Art (Arte Popolare), nato in Inghilterra sul finire degli anni 50 inizio anni 60, in effetti era ben distante da quello che comunemente oggi si definisce arte pop. E cosa c è ancora di più popolare per una mostra d arte, di eludere gli spazi convenzionali delle pareti di una galleria e conquistare gli ambienti di uno studio professionale, dove numeri e pratiche, cause e aggiornamenti sono oggi, necessariamente e obbligatoriamente popolari? Ma facciamo attenzione, popolare non vuole dire di massa, rimane ed è una eccellenza e l ambiente che ospita questa esposizione ne è l esempio eclatante. Il tutto parte da una iconografia popolarmente riconosciuta. Può essere definito pop un personaggio dello star system, un brand, un oggetto e perfino un avvenimento sociale. Anche un luogo o una città, così come un mezzo di trasporto. Insomma una rappresentazione artistica di tutto ciò che entra o è entrato nello scenario dell immaginario collettivo sotto la sembianza di mito. Questo è anche il concetto di arte pop che ci racconta Andrea Gnocchi attraverso il proprio stile pittorico. Ed è proprio grazie a questo gesto pop che a pieno titolo lo si può definire tale. I luoghi, i mezzi di trasporti che riempiono 15

16 Rödl & Partner in Italia e nel mondo Avvocati, Dottori Commercialisti e Revisori Legali Rödl & Partner Milano Largo Donegani, Milano Telefono: Telefax: info@roedl.it web site: Contattare: Avv./RA Stefan Brandes Rödl & Partner Padova Via Francesco Rismondo, 2/E Padova Telefono: Telefax: padova@roedl.it web site: Contattare: Avv. Eugenio Bettella Rödl & Partner Roma Piazza S. Anastasia, Roma Telefono: Telefax: roma@roedl.it web site: Contattare: Avv. Roberto Pera Rödl & Partner Bolzano Piazza Walther-von-der-Vogelweide, Bolzano Telefono: Telefax: bolzano@roedl.it web site: Contattare: Dott. Thomas Giuliani Rödl & Partner Labour Consulting Largo Donegani, Milano Telefono: Telefax: Labour.Consulting@roedl.it web site: Contattare: Rag. Flavio Caggiula Altri uffici nel mondo: Austria, Bielorussia, Bosnia- Herzigovina, Brasile, Bulgaria, Cina, Croazia, Emirati Arabi Uniti, Estonia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Hong Kong, India, Indonesia, Kuwait, Lettonia, Lituania, Moldavia, Oman, Polonia, Qatar, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Romania, Russia, Singapore, Slovenia, Spagna, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Tailandia, Turchia, Ucraina, Ungheria, USA, Vietnam Newsletter: Settembre 2011 Redazione: Avv. Paolo Peroni Tel.: Fax: newsletter@roedl.it Website: Website Italia: Hanno collaborato alla redazione: Paolo Peroni, Roberto Pera, Carlo Impalà, Tiziana Fiorella, Marco Pane, Miriam Giorgioni, Giuseppe Bonacci, Giampiero Guarnerio, Gert Gasser, Camilla Manfredi e Francesco Zisa. Le informazioni e le valutazioni contenute nel presente documento non costituiscono né un parere legale, né un esame esaustivo dei temi ivi rassegnati. 16

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