TEACCH (Treatment and Education of Autistic and Communication Handicapped Children) COS E IL TEACCH E COME OPERA:

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1 TEACCH (Treatment and Education of Autistic and Communication Handicapped Children) COS E IL TEACCH E COME OPERA: Metodo sviluppato nei primi anni 70 da Eric Schopler (anche grazie alla sua ricerca si è smesso di pensare che l autismo fosse dovuto a sentimenti depressivi e frustrazioni). L obiettivo principale è la focalizzazione sulla persona autistica e lo sviluppo di un programma centrato sulle sue capacità, sui suoi interessi e i suoi bisogni. La priorità principali sono: concentrarsi sull individuo, capire l autismo, adottare gli aggiustamenti appropriati ed un ampia strategia d intervento che va costruita partendo dalle abilità e dagli interessi già esistenti. Le persone autistiche sono parte di un gruppo distinto che ha alcune caratteristiche in comune, tali caratteristiche sono diverse, ma non necessariamente inferiori alle persone definite normali. E necessario capire le persone con autismo così come sono e costruire un programma su ogni persona; questo non porta ad aspettative troppo basse o troppo alte, ma richiede che si parta da dove le persone sono al momento e si lavori per aiutarle a svilupparsi fin dove possono. Questo è un approccio diverso rispetto allo sposare un modello di comportamento normale uguale per tutti e pretendere che un autistico si adatti a tale modello. L educazione strutturata è un importante priorità, perché l esperienza e le ricerche hanno dimostrato che la struttura Teacch si adatta alla cultura dell autismo in maniera più efficace rispetto ad altre tecniche. Organizzare l ambiente, sviluppare sistemi di lavoro schematici, fare richieste chiare ed esplicite ed utilizzare materiali visivi ha favorito lo sviluppo di abilità, consentendo così agli autistici di utilizzare tali abilità indipendentemente dagli adulti, e di conseguenza a limitare i comportamenti problema perché i bambini si muovono in un ambiente più adatto alle loro esigenze e più comprensibile. L indipendenza è importantissima, perché è la base per i successivi passi in avanti. L utilizzo delle abilità deve essere il più possibile utile, significativo, flessibile e spontaneo. La scelta dell ambiente scolastico non è obbligata: alcuni studenti possono lavorare con efficacia all interno di programmi educativi regolari, mentre altri avranno bisogno di classi speciali a tempo parziale o pieno, dove l ambiente e il personale siano organizzati in modo da riflettere e soddisfare i bisogni specifici del bambino. Un altro punto importante è il coltivare gli interessi e i punti di forza. Naturalmente il programma deve essere ben bilanciato tra lo sviluppo delle capacità e la correzione dei deficit. Ma viene anche riconosciuto che le differenze tra autistici e non autistici possono talvolta favorire i primi, in quanto le particolari capacità visive, l attenzione ai dettagli, la memoria ed altre capacità possono diventare le basi per una vita adulta. Inoltre investire sui particolari interessi, anche se molto peculiari, può aumentare la motivazione personale e la comprensione di cosa si sta facendo. Questa strategia consente di lavorare in maniera positiva e propositiva anziché forzare gli individui in direzioni che non trovano interessanti o che non possono capire. Adattare l ambiente alla persona, presentandogli le difficoltà progressivamente, significa rispettare la persona nella sua diversità. L approccio Teacch tiene conto di tutti gli aspetti della vita della persona autistica e della sua famiglia. Pur enfatizzando la capacità di lavorare in maniera indipendente, bisogna riconoscere che la vita non è solo lavoro, e che anche la comunicazione e la capacità di socializzare e di divertirsi possono essere imparate dagli autistici, ed hanno un importante impatto sul loro benessere. Quindi, una parte importante del Teacch è finalizzata a sviluppare abilità comunicative, a incrementare interessi sociali e tempo libero, e ad incoraggiare l autistico a partecipare a tali opportunità.

2 I genitori vengono considerati la fonte più attendibile di informazioni sul proprio bambino e vengono coinvolti nel programma di trattamento. ALCUNI CONCETTI DI BASE DELLE SEDUTE DI LAVORO: 1 Tempo: periodo scelto per le lezioni: di solito è sempre lo stesso, perché deve entrare a far parte delle abitudini, a casa meglio se dopo pranzo o dopo cena, a scuola dopo le ore del mattino. Può essere utile programmare un attività gradita al bambino DOPO la lezione. 2 Durata: le lezioni possono variare da 10 minuti ad 1 ora, a seconda della capacità del bambino di prestare attenzione. Per far sì che presti attenzione il più a lungo possibile, si possono adottare diversi accorgimenti: proporre al bambino oggetti che il bambino preferisce in termini di colori, forme e consistenze; organizzare i materiali e presentarli in ordine sequenziale; utilizzare vassoi, contenitori o scodelle in modo che il bambino veda i materiali e dove sistemarli; utilizzo di gettoni, monetine o piccoli premi per i compiti che richiedono gesti o linguaggio. In ogni caso, ricordare che è la ripetizione quotidiana che insegna al bambino le buone abitudini, e non la durata della lezione. 3 Manipolazione: per attirare l attenzione: toccare il bambino, accompagnarlo fisicamente coi movimenti. 4 Assistenza diretta: ad es. consegnare il materiale sul quale bisogna lavorare, terminare il lavoro iniziato dal bambino, oppure spostare la sedia in modo da avvicinarlo al tavolo; i gesti devono essere di incoraggiamento ed esplicativi, mai costrittivi. 5 Dimostrazione: eseguire un attività mentre il bambino guarda, eventualmente ripeterla, modificarla od eseguirla a turno. 6 Ripetizione costante: ripetere le procedure in modo che il bambino inizi poco alla volta a farle in maniera indipendente. 7 Segnalazione: segnalare in maniera visiva od uditiva, od in ambedue i modi, quello che è necessario; i segnali devono gradatamente diminuire o sparire in modo che il bambino inizi a rispondere correttamente da solo. 8 Pantomima: mimare i movimenti per il compito senza però utilizzare il materiale. 9 Direttive verbali: previa valutazione della comprensione o meno da parte del bambino. Usare frasi corte e parole semplici, parlando lentamente. 10 Rinforzo positivo: ricompensa immediata per far capire l approvazione dell adulto (alimenti oppure permettere un attività gradita) e più avanti l approvazione sociale. 11 Rinforzo sociale: ad es. carezza di approvazione, complimenti, espressione verbale o sorriso. Al contrario la punizione può essere un no od un espressione severa. 12 Time out: interruzione di un piano di potenziamento positivo per ottenere una reazione desiderabile. L adulto si allontana dal bambino, portando via le ricompense. 13 Disapprovazione sociale: informare il bambino che il suo comportamento non è ammissibile. Ricordarsi sempre che la seduta ha lo scopo di indurre il bambino a collaborare, e non di insegnargli a giocare. E bene che il bambino riconosca un oggetto come simbolo del lavoro, in modo che quando gli viene proposto tale oggetto capisca che sta per cominciare la lezione; il bambino tiene in mano tale oggetto mentre viene accompagnato al suo posto; una volta che il bambino si è seduto, l oggetto va messo in un cassettina o infilato nel velcro sul tavolo. Tra un compito e l altro il bambino può andare in giro per la stanza e giocare con ciò che preferisce, dopo di che viene richiamato a lavorare ; l ultimo compito da eseguire deve

3 essere una cosa molto piacevole per il bambino. E necessario un comportamento coerente e sistematico per non confondere ulteriormente il bambino. Una volta svolta la lezione, dire chiaramente abbiamo finito ed uscire dalla stanza. Non iniziare mai chiedendo al bambino di fare quello che non sa fare o che non capisce; le potenzialità si possono ampliare in seguito, così facendo si limitano anche i problemi comportamentali. E importante anche prendere appunti, segnandosi cosa non ha funzionato o è stato troppo difficile, in modo da adeguare il compito alle esigenze del bambino. Utile anche una videocamera. LE STRUTTURAZIONI: 1 Strutturazione dello spazio: spazi chiaramente e visivamente delimitati con dei simboli, ognuno con delle funzioni specifiche, in modo da aiutare il bambino a capire cosa ci si aspetta da lui in ogni luogo (lavoro, riposo, gioco ecc.). 2 Strutturazione del tempo: predisporre una sequenza di oggetti od immagini o scritte, in ordine dall alto verso il basso; al termine di ogni attività il simbolo corrispondente va riposto in uno spazio apposito che diventa la rappresentazione del tempo trascorso. 3 Strutturazione del materiale di lavoro: presentazione chiara con simboli e contenitori, va predisposto uno schema di lavoro simile al programma giornaliero. Una volta svolto il compito, il materiale va riposto nella sua scatola, che a sua volta va messa nell apposito scaffale. E meglio predisporre 2 scaffali: uno a sinistra con le cose da fare e uno a destra dove riporre le cose fatte. Le strutturazioni non devono durare in eterno, ma vanno diminuite man mano che si capisce che il bambino può farne a meno. L obiettivo è che il bambino arrivi a generalizzare il comportamento, cioè a trasportare quello che fa durante la lezione anche in altri ambienti CORSO DI PARENT TRAINING: ELABORAZIONE DEGLI STIMOLI: FORZE: Stimoli stabili e costanti (routine) Stimoli conosciuti e prevedibili Stimoli visivi / spaziali DEBOLEZZE: Stimoli transitori e variabili nel tempo Stimoli nuovi e imprevisti Stimoli acustici (linguistici) e sequenziali

4 PER AIUTARE A CAPIRE: 1 Usare un linguaggio adeguato: significativo, condiviso (sia dall adulto che dal bambino), compatibile con il livello di sviluppo del bambino. 2 Mettere in rilievo le informazioni importanti. 3 Chiarire le relazioni / associazioni significative tra gli elementi di una situazione (ad es. bavaglino pappa). IMPORTANTE: Qualunque sia il livello di astrazione del linguaggio che è accessibile al bambino, è sempre possibile impegnarsi per aiutarlo a capire i messaggi degli adulti e dell ambiente circostante. La parola è sufficiente solo se è chiara, acquisita (cioè se il bambino esegue da solo e con sistematicità) ed ha un significato costante, altrimenti associare sempre ad un gesto o ad un oggetto. Quando chiediamo qualcosa al bambino e non riceviamo nessun tipo di risposta, oppure riceviamo una risposta errata, o pianti, grida etc., dobbiamo porci queste domande: 1 Gli ho chiesto una cosa che è alla sua portata? 2 Gliel ho chiesta nel modo giusto? Se rispondiamo SI a queste domande, allora possiamo PRETENDERE che il bambino si SFORZI di darci la risposta corretta. Altrimenti NO. Bisogna ricordarsi di CREARE LE MOTIVAZIONI PER OTTENERE QUELLO CHE SI VUOLE LA FUNZIONE DEGLI SPAZI 1 Mantenere costanti gli spazi in cui vengono riposti gli oggetti di comune utilizzo. 2 Mantenere costante la funzione degli spazi dove vengono riposti gli oggetti. 3 Servirsi di indicatori visivi chiari se uno spazio assume una funzione diversa in un particolare momento (es. l unico tavolo della casa può essere utilizzato per svariate attività es.: mangiare, allora si metterà una tovaglia in modo che il bambino quando VEDRA la tovaglia avrà ben chiaro che adesso sul tavolo si mangia; quando invece vedrà ad esempio un quaderno, potrà capire che è il momento di fare i compiti, etc.). TUTTO QUESTO AIUTA IL BAMBINO AD ANTICIPARE E CAPIRE LA RICHIESTA CHE GLI VERRA FATTA. BISOGNA TENERE BENE IN MENTE CHE IL BAMBINO DEVE ESSERE PREPARATO a quello che gli verrà proposto. L UTILIZZO DEGLI OGGETTI: 1 Abbinare costantemente un determinato oggetto ad uno specifico evento, presentandoli insieme o in immediata successione. GLI OGGETTI CHE POSSONO DIVENIRE SEGNALI ANTICIPATORI CHIARI ED UNIVOCI, E CHE POSSONO ESSERE MANTENUTI INVARIATI NEL TEMPO, AIUTANO IL BAMBINO AD ANTICIPARE LA RICHIESTA, A COSTRUIRE NUOVI SIGNIFICATI, ED AL PASSAGGIO DA UNA SITUAZIONE ALL ALTRA.

5 SUPPORTI VISIVI (I VARI PASSI): 1. Oggetto più significativo per il bambino. 2. Carte-oggetto (costituite da un cartoncino sul quale viene incollato l oggetto); quando il bambino comincia ad afferrare il cartoncino è pronto per il passaggio successivo. 3. Fotografia: inizialmente semplice (solo con l oggetto in questione), per poi passare a foto più complicate (con diversi oggetti). 4. Disegno che ritrae alcune parti dell oggetto. 5. Lettura di parole o piccole frasi. DIVIETI: 1 Chiarire il divieto. 2 Prevenire il divieto. 3 Introdurre il comportamento adeguato (avere chiaro cosa è necessario trasmettere, eliminare gli oggetti che possono disturbare). 4 Pensare ad una alternativa da proporre, in modo che l interesse si sposti su un attività consentita. 5 Classificare e distinguere i divieti: ad esempio, NO MAI oppure NON ORA, DOPO oppure NON COSI, MA SI IN QUESTO MODO. 6 Il NO può essere proposto anche con un segnale visivo da apporre a porte, finestre, prese della luce ecc. COMUNICAZIONE: 1 Partire dalla motivazione o creare la motivazione per cui il bambino vuole comunicare. MOTIVAZIONE: È motivante tutto ciò che è: 1 Comprensibile (il bambino deve capire quello che vogliamo fare insieme a lui). 2 Conosciuto ed almeno in parte alla portata del bambino. 3 Amato perché rispondente allo stile emotivo e percettivo del bambino; è importante partire sempre dalle cose che il bambino normalmente usa da solo perché si suppone che gli piacciano. GIOCO: Il gioco è sia momento di svago che di relax (quindi concedere momenti circoscritti in cui il bambino deve e può fare quello che gli piace fare, anche se noi non approviamo), sia contesto di apprendimento che presuppone: 1 O un utilizzo adeguato e funzionale degli oggetti, 2 o abilità sociali o di relazione. GLI ELEMENTI DEL SUCCESSO: 1 Partire dagli interessi del bambino. 2 Valutare le sue capacità (capacità fisiche: il bambino deve saper fare il gioco). 3 Stabilire degli obiettivi adeguati al livello di sviluppo. 4 Costruire routine chiare, prevedibili e ripetitive (ad esempio: nel contesto del gioco ripetere costantemente le stesse frasi, stabilire un inizio e una fine, prestabilire

6 l ambiente e gli oggetti). 5 Costruire una struttura (evitare gli spazi troppo aperti e liberi) ed utilizzare delle indicazioni visive (gli indicatori visivi aiutano il bambino a capire ed a definire gli spazi). 6 Procedere in maniera graduale: un passo alla volta, una difficoltà alla volta. Mai affrontare 2 difficoltà alla volta, lavorare su un solo obiettivo. IL GENITORE DEVE: 1 Apprendere abilità specifiche (nel costruire routine, nell organizzare strutture facilitanti, nell utilizzare indicatori visivi) per poter così creare uno spazio di sintonia ed alleanza con il bambino. 2 Abituarsi a pensare in modo razionale anche in un area come il gioco, in cui si tende a lasciare tutto alla spontaneità. 3 Imparare a dosare il proprio sforzo un poco al giorno per tutti i giorni: meglio 5 minuti tutti i giorni che 3 ore una tantum. 4 Imparare a non mollare. LE ABILITA : PREMESSA: Insegnare vuol dire: SPIEGARE (rendere chiaro) QUALCOSA A QUALCUNO (l oggetto di insegnamento deve essere alla portata della persona che riceve l insegnamento, quindi bisogna conoscere bene le caratteristiche della persona a cui si insegna) IN MODO PROGRESSIVO (l apprendimento procede per tappe e con gradualità). RACCOMANDAZIONI: 1 Provare a considerare il problema dal punto di vista del bambino. 2 Servirsi di molti elementi di struttura visiva che chiariscano le eventuali domande che il bambino può porsi: cosa fare? Come procedere? DIFFICOLTA CHE IL BAMBINO PUO INCONTRARE NELL APPRENDIMENTO: 1 Difficoltà ad avere una motivazione sociale. 2 Difficoltà nella comprensione linguistica e nell imitazione. 3 Difficoltà ad organizzare e mettere in sequenza le informazioni. 4 Difficoltà ad accettare cambiamenti nella routine. 5 Peculiarità sensoriali (rumori disturbanti, vista di oggetti che distraggono, contatto con materiali che infastidiscono, sensibilità particolari ai cambi di temperature ecc.). STRATEGIE PER FACILITARCI IL COMPITO DI INSEGNARE DELLE ABILITA : 1 Preparazione del contesto dove si dovrà svolgere la nuova abilità. 2 Valutazione oggettiva delle abilità del bambino, e di quali abilità il bambino deve avere per adempiere il compito. 3 Creazione di routine, così i messaggi sono più chiari e il bambino esegue meglio. 4 Uso sistematico di supporti visivi.

7 LA VALUTAZIONE: Valutare significa individuare: 1 Le abilità acquisite. 2 Le abilità emergenti. 3 Le abilità assenti. Non bisogna MAI lavorare sulle abilità assenti, perché si fallisce e si peggiora la situazione; in questo caso dobbiamo costruire un ambiente che si sostituisce al bambino. Le abilità assenti possono diventare gradatamente emergenti e poi acquisite. Esempio di abilità acquisita: il bambino sa abbassarsi i pantaloni; di abilità emergente: il bambino si mette in un angolino per fare la cacca; di abilità assente: il bambino non sa usare il vasino. Però si può lavorare sulle altre 2 abilità per arrivare allo scopo finale. Se il bambino non ha abilità acquisite od emergenti che portano allo scopo di usare il vasino, è inutile e controproducente insistere. Meglio lavorare sulle premesse. La valutazione si effettua attraverso: 1 L osservazione della condotta spontanea del bambino. 2 L osservazione della risposta del bambino alle nostre proposte. I passi per una corretta valutazione sono i seguenti: 1 Valutare se la meta è realistica. 2 Fare un analisi globale del compito. 3 Valutare le abilità del bambino in ogni fase dell analisi. 4 Nelle singole fasi in cui il bambino incontra delle difficoltà, fare un analisi del compito più specifico. 5 Scegliere il punto giusto d inizio. 6 Ogni passo nel percorso dell apprendimento di un compito è una meta. Esempio pratico: Il bambino deve andare da solo in bagno a lavarsi le mani. 1. Preparare il contesto: il bambino sa dov è il bagno? Sa aprire la porta del bagno? Il lavandino è alla sua portata o ha bisogno di un rialzo? Lo specchio lo distrae e va coperto con un telo? Accanto al lavabo ci sono oggetti che possono distrarlo e che andrebbero eliminati? 2. Sa tirare su le maniche? Sa slacciare i polsini se porta la camicia? 3. Sa come utilizzare il sapone? Sa dosare il sapone dal dispenser? 4. Sa insaponarsi le mani? 5. Sa aprire l acqua e regolare la temperatura? 6. Sa sciacquarsi via il sapone dalle mani? 7. Sa dov è l asciugamano? Sa usarlo? Se ce n è più di uno, sa quale deve usare od è meglio segnalarlo con una foto, un colore diverso, una posizione particolare? 8. Sa tirarsi giù le maniche? Consigli utili: 1 Preparare prima il contesto come spiegato al punto 1. 2 L adulto, con carta e penna, deve eseguire in anticipo il compito e prendere nota di tutti i vari passi che per noi sono automatici ma per il bambino no. 3 Gratificare il bambino ad ogni passo che compie, piuttosto che dirgli bravo solo alla fine del compito. 4 Introdurre tutti gli aiuti necessari, non di più.

8 5 Intervenire quando è necessario, ad esempio: guidare fisicamente il bambino ad aprire il rubinetto dell acqua se non ne è capace, oppure indicargli gli oggetti che deve usare man mano che il compito viene svolto, oppure proporgli una sequenza fotografica nella quale vengano illustrate tutte le fasi del compito. I COMPORTAMENTI PROBLEMA Quando un comportamento si può definire comportamento problema: 1 Quando è pericoloso per il bambino e/o per gli altri. 2 Quando impedisce o limita le possibilità di apprendimento del bambino. 3 Quando allontana gli altri dal bambino (dipende dal contesto familiare, e da ciò che il singolo contesto reputa disturbante, ad esempio: il bambino che dice parolacce può essere tollerato in alcune famiglie mentre in altre può essere molto disturbante). LE CAUSE DEL COMPORTAMENTO PROBLEMA: 1 Mancata comprensione da parte del bambino delle richieste che gli vengono fatte (quindi: rendere più chiari i messaggi). 2 Richiesta esagerata rispetto alle reali capacità del bambino (quindi il bambino si sentirà frustrato e sentirà le proprie abilità come inadeguate). 3 Incapacità od impossibilità del bambino di comunicare con modi più adeguati (quindi si dovrà insegnare al bambino una modalità di comunicazione più adeguata). 4 Fattori sensoriali (ipo o iperstimolazione), omeostatici ed organici. PREVENZIONE DEL COMPORTAMENTO PROBLEMA: Usare modalità specifiche di gestione e controllo delle richieste. Il che vuol dire: 1 Strutturare l ambiente ed utilizzare indicatori visivi in modo da rendere chiari i messaggi che diamo al bambino (esempi: utilizzare un timer che suoni quando il bambino deve smettere un attività gratificante ma che non può continuare all infinito, oppure utilizzare delle carte-magiche con un disegno che indichi chiaramente cosa non si deve fare). 2 Valutare le abilità del bambino chiedendo in positivo e in maniera adeguata. Queste modalità incidono in maniera significativa sulle possibilità di PREVENIRE il comportamento problema. COME INSEGNARE MODALITA DI COMUNICAZIONE PIU ADEGUATE: Spesso il comportamento problema è finalizzato, cioè ha uno scopo per il bambino; è fondamentale capire il perché del comportamento e qual è lo scopo del bambino nei diversi contesti. Per fare questo è necessario analizzare le risposte che l adulto e l ambiente danno al comportamento problema del bambino (ad esempio, se il bambino picchia i piedi ottiene che gli venga data una caramella per farlo stare buono), insegnandogli gradatamente abilità e modalità di comunicazione socialmente più adeguate (tornando all esempio di prima, si potrà insegnare al bambino a richiedere la caramella in un altro modo). Dopo aver trasformato il comportamento problema in un comportamento socialmente accettabile, l adulto dovrà rispondere adeguatamente ai nuovi comportamenti positivi del bambino (quindi dirgli quanto è stato bravo e dargli la caramella quando la richiede nel modo corretto).

9 LE FUNZIONI COMUNICATIVE DEL COMPORTAMENTO PROBLEMA: Il bambino mette in atto un comportamento problema solitamente per uno dei seguenti motivi: 1 richiesta di attenzione, 2 fuga o rifiuto di una situazione spiacevole o di disagio (anche fisico), 3 richiesta di qualcosa di concreto e tangibile. RISOLUZIONE DEL COMPORTAMENTO PROBLEMA: Ricordarsi che il comportamento problema del bambino autistico non è da considerare alla stessa stregua del capriccio del bambino normale. E anche importante focalizzare la nostra attenzione, e cercare di risolvere un solo comportamento problema alla volta; dopo che si è risolto il primo si può passare al successivo. Quindi: 1 valutare il comportamento problema a seconda delle priorità, e cercare di capire se ha una valenza comunicativa. 2 Il comportamento adeguato deve essere facile da insegnare al bambino, e deve essere funzionalmente equivalente al comportamento problema. 3 Il comportamento adeguato deve essere più efficiente del comportamento problema (quindi deve essere facilmente eseguibile dal bambino e facilmente interpretabile da tutti gli adulti; ad esempio, se il bambino butta per terra il piatto quando non ha più fame, bisognerà insegnargli ad allontanare il piatto da se stesso, ma sempre sul tavolo, gesto che può capire qualsiasi adulto che abbia a che fare col bambino, oppure a dire no o basta ; se gli si insegna ad esempio a dire là perché magari è la sillaba che il bambino pronuncia più facilmente, oppure a farsi prendere in braccio, non tutti gli adulti possono capire cosa significa questo atteggiamento) (Adatt a cura di S.Rotondo da E. Shopler 1999)

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