IL COLLEGIO DI ROMA. [Estensore] Finanziario

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1 composto dai Signori: IL COLLEGIO DI ROMA Avv. Bruno De Carolis Presidente Avv. Massimiliano Silvetti Membro designato dalla Banca d'italia Dott.ssa Claudia Rossi Avv. Michele Maccarone Prof. Avv. Maddalena Rabitti Membro designato dalla Banca d'italia [Estensore] Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario Membro designato dal C.N.C.U. nella seduta del 19/03/2013 dopo aver esaminato il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica, FATTO La controversia attiene al rimborso di cinque transazioni fraudolentemente eseguite il per un importo complessivo di 2.500,00 euro e addebitate sul conto corrente della ricorrente, acceso presso l intermediario convenuto. Il , alle 7e 30 del mattino, la ricorrente che stava parcheggiando la propria auto subiva, da parte di una persona che apriva la portiera posteriore sinistra della vettura, il furto della propria borsa nella quale erano custodite, oltre ad effetti personali e al telefonino, una carta di credito, una carta multifunzione XX, utilizzata anche come bancomat, e una carta prepagata YY. Alle ore 8:00 disponeva il blocco del bancomat e, alle 8.28 denunciava l accaduto alle Forze dell ordine. Alle 9.10 bloccava altresì la carta di credito, non essendo fino a quel momento riuscita a contattare la relativa centrale telefonica. Nel frattempo, peraltro, erano state eseguite in rapida successione, attraverso la carta multifunzione XX, cinque transazioni addebitate per un complessivo importo di 2.500,00 euro. Un ulteriore tentativo di prelievo, attraverso la carta Pag. 2/6

2 prepagata YY, non era invece andato a segno per insufficienza di fondi. Precisamente, presso il medesimo ATM collocato in prossimità di un agenzia bancaria del medesimo intermediario, a circa 2 km. di distanza dal luogo del furto: 1) alle 7:46:45 erano state prelevati 250 euro attraverso la carta XX sul circuito internazionale Visa VPAY; 2) alle 7:47:42 è stato eseguito un tentativo di prelievo di 250 euro attraverso la carta prepagata YY sul circuito Maestro/Mastercard, respinto per insufficienza di fondi; 3) alle 7:50:00 sono stati prelevati euro attraverso la carta XX sul circuito Bancomat; 4) alle 7:50:07 sono stati prelevati 250 euro attraverso la carta XX sul circuito Pagobancomat; 5) alle 7:50:48 sono stati prelevati 250 euro attraverso la carta XX sul circuito Pagobancomat; 6) alle 7:51:25 sono stati prelevati 250 euro attraverso la carta XX sul circuito Pagobancomat. Queste ultime tre transazioni riguarderebbero tre ricariche telefoniche. La ricorrente ha affermato di non aver mai ceduto le proprie carte a terzi e di conservare scrupolosamente i codici segreti di accesso separatamente dalle carte; sostiene, tra l altro, di essere particolarmente sensibilizzata sulla questione essendo stata già in precedenza vittima di un furto del portafoglio contenente le carte, senza peraltro subire alcun attacco informatico. Poiché il disconoscimento formale delle somme indebitamente sottratte, inizialmente presentato il all agenzia bancaria di riferimento, era rimasto senza effetto, la richiesta di rimborso veniva ripresentata il all ufficio reclami della resistente la quale respingeva la richiesta in data in considerazione del fatto che il bancomat era dotato di microchip che ne impedisce la clonazione e che le operazioni erano state effettuate con la digitazione del PIN. La ricorrente si è conseguentemente rivolta all ABF il per il riconoscimento delle proprie ragioni. Nelle controdeduzioni del l intermediario chiede il rigetto del ricorso rilevando che i malfattori erano a conoscenza dei PIN di entrambe le carte utilizzate in tutte le transazioni e che la prossimità temporale fra il furto e i prelievi disconosciuti su un ATM, peraltro distante dal luogo del furto, lascia supporre che i codici PIN delle carte sottratte fossero di immediata disponibilità e custodite unitamente alle carte medesime. Pag. 3/6

3 La ricorrente ha replicato con nota del insistendo sulla spiccata abilità dei malfattori che nell arco di un minuto e venticinque secondi hanno effettuato quattro distinte transazioni e, in linea generale, sulla vulnerabilità delle credenziali utilizzate per i servizi di pagamento, facilmente carpibili dall esterno. DIRITTO Il ricorso è fondato. La vicenda si inquadra nella casistica del furto di identità elettronica, ben nota all intermediario convenuto, e pertanto, come già più volte osservato da questo Collegio nell esame di analoghi ricorsi, deve essere valutata alla luce delle vigenti disposizioni normative in materia di servizi di pagamento. Si fa, in particolare, riferimento all art. 10, comma 2 del d.lgs. n.11 del 27 gennaio 2010, entrato in vigore il 1 marzo 2010, in data, quindi, anteriore allo svolgimento del fatto oggetto del ricorso; la disciplina citata - che ha recepito la direttiva 2007/64/CE del 13 novembre espressamente sancisce che l'utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l'operazione sia stata autorizzata dal titolare, né che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto, con dolo o colpa grave ad uno degli obblighi di cui all art. 7 : in altri termini, che non abbia adottato tutte le ragionevoli misure per proteggerne le caratteristiche di sicurezza personalizzate. A rafforzamento di tale principio, la vigente disciplina stabilisce che fino al momento della notificazione il titolare sostiene la perdita subita in conseguenza dello smarrimento o del furto dello strumento di pagamento elettronico nei limiti di un massimale non superiore ai 150 euro, fatta eccezione del caso in cui il titolare abbia agito con dolo o colpa grave ovvero non abbia adottato le misure idonee a garantire la sicurezza dei dispositivi personalizzati che consentono l utilizzo dello strumento di pagamento (cfr. art. 12, comma 3 del d.lgs. n.11/2010). Inoltre, l art. 11 del medesimo decreto stabilisce che nel caso in cui un operazione di pagamento non sia stata autorizzata, il prestatore di servizi di pagamento rimborsa immediatamente l importo dell operazione medesima. (e) riporta il conto nello stato in cui si sarebbe trovato se l operazione non avesse avuto luogo. Pag. 4/6

4 Conseguentemente, questo Collegio non può che riaffermare i principi dettati dal citato decreto legislativo e dalla direttiva comunitaria sottolineando che, in base ai criteri che regolano la responsabilità contrattuale (art c.c.), l onere di dimostrare la colpa grave o il comportamento fraudolento del cliente spetta all'intermediario, atteso che la spendita non autorizzata di uno strumento non assume il valore di una prova della negligenza del titolare. Tutto ciò premesso, risulta anche in questo caso essenziale per la risoluzione del contenzioso la verifica del comportamento delle due parti, essendo entrambe tenute a specifici obblighi: la custodia e la segretezza delle credenziali informatiche, per quanto riguarda il cliente; l affidabilità e la sicurezza complessiva del servizio di pagamento offerto al cliente, per quanto riguarda l intermediario; sicurezza, questa, che attiene sia al sistema informatico centrale e periferico- sia al sistema organizzativo e di controllo. Quanto alla ricorrente, si osserva che l accusa di colpa grave mossa dalla banca si basa sull ipotesi che la ricorrente abbia custodito congiuntamente le carte con i rispettivi PIN e che questi fossero facilmente leggibili. Sul punto questo Collegio ha già in passato escluso in analoghe fattispecie che la prova della colpa potesse essere dimostrata ricorrendo ad una duplice presunzione: nel caso di specie, che non solo le credenziali segrete necessarie per l esecuzione delle transazioni (PIN) fossero contenute nella borsa sottratta alla ricorrente ma anche che fossero conservate in modo da rendere agevole il loro immediato reperimento (cfr. decisioni n. 2235/12 e 3941/13). Questo Collegio, che non ritiene di doversi discostare da tale orientamento, considera pertanto non provata la colpa grave della ricorrente. Quanto al servizio offerto dall intermediario, questo Collegio ravvisa nella dinamica della frode, così come emerge dai dati versati in atti dalla banca convenuta, elementi che lasciano presumere che l apparato utilizzato dall autore della frode non offrisse garanzie di inviolabilità. Si è trattato infatti di prelievi attestati sugli importi massimi stabiliti dall intermediario un massimale inconsuetamente elevato con riferimento al prelievo di contante- susseguiti nell arco di pochi secondi per quanto realizzati sfruttando le diverse funzionalità della carta (circuito estero, bancomat domestico, pagobancomat). Particolarmente significativo appare al riguardo il fulmineo lasso di tempo (sette secondi) che separano la terza delle Pag. 5/6

5 operazioni (il prelievo di euro) realizzata attraverso la funzionalità Bancomat dalla quarta operazione di 250 euro sul diverso circuito Pagobancomat. Tutto ciò premesso, questo Collegio ritiene che il ricorso debba essere accolto, ai sensi dell art. 12, comma 3, del d.lgs. 11/2010, salvo la franchigia che viene determinata nella misura di 150 euro. La banca dovrà conseguentemente rimborsare alla ricorrente la somma di euro, sulla quale andranno applicati gli interessi legali dalla data della frode fino al soddisfo. P.Q.M. Il Collegio accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, al netto della franchigia di Euro 150,00 (centocinquanta/00). Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 6/6