IL COLLEGIO DI ROMA. [Estensore] Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario

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1 IL COLLEGIO DI ROMA composto dai Signori: Dott. Giuseppe Marziale Presidente Dott. Comm. Girolamo Fabio Porta Prof. Avv. Giuliana Scognamiglio Membro designato dalla Banca d'italia [Estensore] Membro designato dalla Banca d'italia Avv. Michele Maccarone Membro designato dal Conciliatore Bancario e Finanziario Prof.ssa Daniela Primicerio Membro designato dal C.N.C.U. nella seduta del 14/06/2012, dopo aver esaminato il ricorso e la documentazione allegata; le controdeduzioni dell'intermediario e la relativa documentazione; la relazione istruttoria della Segreteria tecnica, Fatto Con ricorso pervenuto il 3 febbraio 2012 la ricorrente - titolare di una carta bancomat e di una carta di credito collegate a un conto corrente intrattenuto presso la banca convenuta - chiede il rimborso della somma di euro 1.550,00 addebitata su detto conto per transazioni fraudolentemente eseguite da ignoti a seguito della sottrazione di ambedue le carte di pagamento. In particolare, la ricorrente lamenta l esito negativo del reclamo inoltrato alla banca in data 9 giugno 2011 (reiterato il successivo 20 giugno), a mezzo del quale ha chiesto il rimborso della somma di cui sopra. A tal fine la medesima rappresenta: di aver subito in data 8 giugno 2011 (alle ore 9:00 ca.), mentre si trovava a bordo di un autobus, il furto del portafoglio all interno del quale erano Pag. 2/7

2 custodite ambedue le carte di pagamento; che il furto è stato perpetrato operando un piccolo taglio nella parte inferiore della borsa ; di avere tempestivamente disposto il blocco delle carte (alle ore 10:36) e sporto rituale denuncia presso l Autorità di pubblica sicurezza (alle ore 14:38); di aver riscontrato - esaminando l estratto conto - addebiti non autorizzati relativi a tre prelievi presso sportelli automatici di altri istituti (euro 250,00 ciascuno, effettuati rispettivamente alle ore 10:04, 10:06; 10:34) e due transazioni elettroniche (un pagamento POS di euro 750,00 eseguito alle ore 10:26 e una ricarica telefonica di euro 50,00 effettuata alle ore 10:34) disposti con la propria carta Bancomat in data 8 giugno 2011; di aver custodito correttamente i codici di autenticazione segreti. In ragione di quanto precede, a mezzo del ricorso introduttivo al presente procedimento la ricorrente chiede: i.in via principale, il rimborso di euro 1.550,00 corrispondente alle somme fraudolentemente sottratte da terzi; ii.in subordine, il rimborso di euro 950,00, pari alla differenza tra la predetta somma e la franchigia contrattualmente prevista nella misura di euro 200,00 per prelievo. Con controdeduzioni pervenute il 2 marzo 2012 la banca, ravvisando profili di negligenza nella custodia della carta e del PIN, respinge le istanze della cliente deducendo che: - tutte le operazioni sono antecedenti al blocco della carta bancomat; - le operazioni si sono concentrate in un breve lasso di tempo (30 minuti ca.) trascorso dal furto della carta bancomat; - la circostanza che i tre prelievi siano stati effettuati presso differenti cash dispenser porta ad escludere che i malfattori abbiano avuto il tempo di clonare la carta bancomat munita di microchip; Per i motivi esposti la resistente, ritenendo la cliente inadempiente all obbligo contrattualmente stabilito di corretta conservazione del PIN, avendo presumibilmente custodito detto codice insieme alla carta in modo facilmente collegabile alla stessa, ovvero lo abbia imprudentemente rivelato a terzi, chiede il rigetto del ricorso in quanto infondato. Pag. 3/7

3 Diritto Dalle risultanze documentali e dalle dichiarazioni delle parti emerge che sul conto della ricorrente sono state addebitate operazioni non autorizzate eseguite con la carta bancomat sottratta alla titolare in un breve arco temporale intercorso tra il furto dello strumento dotato di microchip e le transazioni contestate. Circostanza che secondo la resistente la quale non ritiene plausibile la clonazione dello strumento nel caso di specie postulerebbe la sussistenza di una condotta negligente o di altro inadempimento della titolare rispetto agli obblighi di custodia della carta e del PIN, escludendo, dunque, profili di responsabilità in capo alla stessa. Il rilievo non appare fondato. I fatti oggetto di controversia, riguardanti operazioni non autorizzate effettuate l 8 giugno 2011, trovano specifica regolamentazione nelle disposizioni del decreto legislativo del 27 gennaio 2010, n. 11 che ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento nel mercato interno. In particolare, è applicabile alla fattispecie in esame l articolo 12 del citato decreto, secondo cui il rischio di prelievi fraudolenti, eseguiti da terzi a seguito di furto o smarrimento dello strumento di pagamento e/o del PIN, prima della comunicazione che deve essere fatta al prestatore circa l utilizzo non autorizzato (ai sensi dell articolo 7, comma 1, lettera b), viene posto a carico del cliente limitatamente all importo massimo di euro 150,00 e per il rimanente a carico della banca, salvo che il cliente non sia incorso in violazione dolosa o gravemente colposa degli obblighi di custodia della carta o del PIN. Questo Collegio ha avuto modo di sottolineare che l apparente regolarità delle operazioni disposte con l utilizzo della carta e del PIN, come quelle oggetto di contestazione, non comporta, di per sé, alcuna presunzione di prova a carico dell utilizzatore, e che in mancanza di più specifici elementi dedotti e provati dal prestatore del servizio non può essere invocata per ricondurre le stesse ad un comportamento doloso o colposo del titolare dello strumento; inoltre, qualora l utilizzatore di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un operazione di pagamento già eseguita, è onere del prestatore di servizi di pagamento provare che l operazione di pagamento è stata autenticata, correttamente registrata e Pag. 4/7

4 contabilizzata e che non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti (arg. ex art. 10, d. lgs n. 11/2010 cit.). Alla stregua delle regole summenzionate nonché dei principi che governano la responsabilità contrattuale (art c.c.), ove la cliente dichiari di non avere autorizzato le transazioni e di aver adeguatamente custodito sia lo strumento di pagamento che il PIN come nella specie l onere di provare la ricorrenza della colpa grave o di un suo comportamento fraudolento, tale da disattendere gli obblighi imposti alla stessa dall art. 7 del cennato decreto legislativo, grava sull intermediario. Pertanto, affinché possa escludersi una responsabilità in capo alla resistente, è necessario che vengano da questa forniti puntuali riferimenti a dimostrazione di una condotta gravemente colposa della cliente. In proposito giova richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la configurabilità di una colpa grave postula una straordinaria ed inescusabile imprudenza, negligenza o imperizia e, dunque, una violazione, non solo della diligenza media del buon padre di famiglia (vale a dire di una persona di media avvedutezza e accortezza, consapevole dei propri impegni e delle relative responsabilità (Cass. 18 maggio 2009, n ), ma anche di quel grado minimo ed elementare di diligenza generalmente osservato da tutti (Cass. 19 novembre 2001, n ). Nella fattispecie, come detto, la convenuta ravvisa la sussistenza di una condotta gravemente negligente della ricorrente, desumibile dal breve lasso di tempo (circa trenta minuti) intercorso tra il furto della carta e il compimento delle transazioni poste in essere sino al blocco dello strumento. Tale assunto, a giudizio del Collegio, non appare condivisibile; è noto infatti che la sofisticazione delle attuali tecniche di pirateria informatica rende possibile l acquisizione da parte di terzi frodatori dei codici identificativi necessari per l utilizzo delle carte di pagamento, senza alcuna consapevolezza e senza alcuna cooperazione colposa del titolare nella produzione del fatto illecito (la sottrazione della carta e/o del PIN); non può pertanto escludersi che i codici necessari per l uso della carta siano stati acquisiti dall autore del furto per altra via (ad es. dagli ATM e dagli esercizi Pag. 5/7

5 commerciali con i quali i clienti entrano in contatto, come pure dalle reti telematiche attraverso le quali transitano i flussi di informazioni). La circostanza che oltre alla carta bancomat, anche il PIN sia stato sottratto dal terzo malfattore non è quindi certa, ma solo oggetto di mera supposizione, la quale, non può essere presa a fondamento dell ulteriore supposizione che tale chiave d accesso sia stata custodita dalla ricorrente in modo talmente inadeguato da integrare gli estremi della colpa grave: le presunzioni di secondo grado sono infatti inammissibili, non potendosi valorizzare una presunzione come fatto noto, per derivarne da essa un altra presunzione (Cass. 9 aprile 2002, n. 5045). Invero, la circostanza dedotta dalla resistente in ordine alla concentrazione temporale (trenta minuti ca.) entro cui risultano compiute le operazioni contestate - consistenti in prelievi di danaro contante presso differenti sportelli ATM e in pagamenti tramite POS di importo rilevante - costituiscono indici di potenziali anomalie che avrebbero dovuto ingenerare nell intermediario, quantomeno, il sospetto di irregolarità. Peraltro, non può non rilevarsi come nella specie, a fronte di una specifica contestazione da parte della cliente che ha opportunamente denunciato la natura fraudolenta delle operazioni nonché informato l intermediario delle irregolarità riscontrate disponendo il blocco della carta la banca non ha fornito alcuna evidenza circa l adeguatezza dei suoi sistemi di controllo e del livello di sicurezza dei suoi sistemi informatici. Al riguardo sembra ragionevole ritenere che la mancata adozione da parte dell intermediario di idonei presidi di sicurezza, quantomeno logici ( sms alert ) specificamente orientati a minimizzare il rischio di frodi nell utilizzo degli strumenti di pagamento da parte della clientela e ad elevare il livello complessivo di sicurezza e di fiducia del pubblico nel loro utilizzo possa aver concorso alla realizzazione della frode a danno della cliente. Sussistono dunque, ad avviso del Collegio, elementi sufficienti per ritenere la banca responsabile nei confronti della cliente per il pregiudizio derivante dalle operazioni operate in suo danno. In considerazione di quanto innanzi il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso, dispone che l importo delle operazioni disconosciute, pari a euro 1.550,00, Pag. 6/7

6 sul quale non vi è contestazione, sia posto a carico della resistente al netto della franchigia complessiva di euro 150,00 prevista dall art. 12, co.3, d.lgs. 11/10, resta a carico della cliente. La norma appena richiamata non può essere derogata a svantaggio del titolare dello strumento di pagamento che, come nel caso di specie, abbia la qualità di consumatore (arg. ex art. 2, co. 4, lett. b, d.lgs. 11/10), ed è quindi evidente che la clausola contrattuale che fissa l ammontare massimo della franchigia nella misura, ben più elevata, di euro 200,00 ad evento fraudolento, vale a dire per ciascuna operazione indebitamente effettuata, non possa trovare nel caso di specie applicazione. La resistente è pertanto tenuta a rimborsare alla ricorrente la somma di euro 1.400,00, con l aggiunta degli interessi legali dalla data del reclamo sino al soddisfo. P.Q.M. Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Dispone inoltre che l intermediario corrisponda alla Banca d Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso. IL PRESIDENTE firma 1 Pag. 7/7