Working Paper. L orologio e l organismo: 25 anni dopo. Federico Butera WP6 / 2011

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1 Working Paper L orologio e l organismo: 25 anni dopo Federico Butera WP6 / 2011 È consentita la copia e la distribuzione a scopo divulgativo e didattico, citando la fonte. Sono consentite, inoltre, le citazioni purché accompagnate dall'idoneo riferimento bibliografico. Per ogni ulteriore uso, se ne vieta l'utilizzo senza il permesso scritto degli Autori.

2 1 L orologio e l organismo: 25 anni dopo Federico Butera 1 La tesi Il sistema produttivo italiano svela una singolare vitalità ma per crescere non deve seguire i modelli organizzativi rigidi e chiusi della tradizione industriale occidentale ma piuttosto deve continuare ad adottare modelli flessibili basati sulle reti: dall orologio all organismo, dal castello e la rete. Una profezia degli anni 80 che si è avverata ma che deve essere ancora compresa e gestita. Le piccole imprese possono crescere dimensionalmente o meglio entrando in rete. L integrazione fra grandi, medie e piccole imprese come organismi centrati sui territori e proiettate internazionalmente costituisce una potenziale Italian way of doing industry L orologio e l organismo, il castello e la rete Nel 1984 pubblicavo un libro dal titolo L orologio e l organismo 2. Il titolo alludeva a una metafora su due diversi modi di concepire l organizzazione: una macchina che funziona secondo il progetto di chi l ha costruita, oppure un organismo fatto di parti in relazione dinamica fra loro e con l ambiente, dotato di una sua propria vitalità che va oltre quella impressa dal fondatore. La prima, se funziona bene, funziona come un orologio ma non fa niente altro oltre quello per cui è stata costruita e quando si guasta bisogna che l orologiaio la ripari, se si può. Il secondo può sbagliare, ma evolve e impara in rapporto costante con l ambiente esterno. La profezia di quegli anni si è avverata: imprese, associazioni, pubbliche amministrazioni seguono sempre di più il modello dell organismo e sempre meno quello dell orologio. L organizzazione come orologio è un paradigma che ha avuto un secolo e mezzo di successo ed è alla base dell industrialismo e della burocrazia moderni. Il suo primo principio era quello di affidare i processi di lavoro a gerarchie dedicate a controllarli: queste assicuravano ordine, ma regolavano prima di tutto i rapporti di potere e solo in secondo luogo si occupavano di fare avvenire le cose, in base alla regola prima si mette insieme il reggimento e poi si vede quali battaglie fare. Il secondo principio, proposto da Smith e sviluppato da Taylor e Ford, riguardava la divisione del lavoro: i processi dovevano essere ben studiati in anticipo per poi però essere suddivisi in compiti di lavoro parcellari da affidare a lavoratori che sarebbero stati molto veloci nell'eseguirli ma per nulla responsabilizzati. Il terzo principio era quello di proteggere l organizzazione dalle turbolenze esterne, facendone un castello che funzionasse bene: qualcuno (l imprenditore o la politica) avrebbe pensato ad assicurare i rapporti con l economia, la società, il territorio. Il modello dell orologio, infine, presupponeva un ambiente relativamente prevedibile. L organizzazione come organismo è la metafora che interpreta i funzionamenti e le strutture organizzative delle imprese e delle organizzazioni più innovative, più flessibili, più adattive, che si sono sviluppate tumultuosamente a partire dagli anni 80 a fronte di un tasso esponenziale di cambiamento e di turbolenza economica, geopolitica, ambientale, sociale, tecnologica. Si sono sviluppate unità organizzative centrate sui processi e non solo sulle regole. Si sono sviluppati gruppi di lavoro autoregolati e team stabili e temporanei per la gestione della produzione e per la ricerca e sviluppo, e anche gruppi temporanei per la soluzione di problemi, il miglioramento continuo, la gestione del cambiamento, l innovazione. Si sono diffuse forme non gerarchiche di strutture organizzative: organizzazioni snelle, organizzazioni piatte, organizzazioni con leadership multiple, organizzazioni a matrice. La gestione delle organizzazioni si è spostata da dentro a fuori, dal castello alla rete: relazioni fra le organizzazioni, alleanze, sviluppo di relazioni collaborative con 1 Presidente Fondazione Irso. Ordinario di Scienze dell Organizzazione Università di Milano Bicocca. Direttore di Studi Organizzativi. federico.butera@irso.it 2 Federico Butera L orologio e l organismo, Franco Angeli, Milano, 1984.

3 2 i fornitori, ridisegno della logistica sostenuti da potenti tecnologie dell'informazione e della comunicazione, con lo sviluppo di imprese rete e di reti di impresa. Tutte le nuove forme organizzative citate hanno in comune quattro dimensioni: 1) esistenza di processi di cooperazione autoregolata basati su disponibilità, energia, competenze, interazione delle persone; 2) modalità di condivisione delle conoscenze fra persone e sistemi tecnologici, in modo da liberare capacità di creare, scambiare, usare, immagazzinare conoscenze; 3) capacità di comunicazione di dati, fatti, significati all interno e all esterno dell organizzazione; 4) sviluppo di comunità che creano identità, condivisione di valori e di scopi. In sintesi organizzazioni che non escludano ma includano piccole società aperte verso la società at large. La profezia degli anni 80 si rivela valida e cruciale nella crisi economica e sociale in atto che rende ancor più indispensabile potenziare le organizzazioni come organismi che abbiano al centro le persone e che siano in continua transazione con le economie e la società locali, regionali, nazionali, globali. L emergere dell Italian Way of Doing Industry Quattro preoccupazioni ricorrono nei discorsi sull industria italiana: l industria italiana è forte nei settori a crescita zero e debole nei settori in forte sviluppo; mancano le grandi industrie; l industria italiana è particolarmente esposta alla concorrenza dei Paesi emergenti; l industria italiana sta perdendo competitività. Eppure l industria italiana ha tassi di esportazione che competono con la Germania; crea valore; è innovatrice e competitiva; ha lineamenti comuni e distintivi. Di fronte alla debolezza del sistema Paese e alla demoralizzazione che ne consegue, emerge un vigoroso processo bottom-up basato su una grande vitalità di imprese, organizzazioni e territori di nuova concezione. Da dove nasce la loro forza? Che cosa accomuna casi di successo così diversi tra loro? Vi sono nuovi modelli e principi organizzativi e manageriali? Quanto potranno durare, se il Paese non se ne prenderà cura? Per rispondere a queste domande occorre capire qual è la locomotiva del sistema produttivo italiano. Dopo Fiat e Italsider degli anni 60, dopo i distretti degli anni 80, dopo il Made in Italy, dopo il 2013 che cosa trainerà una economia da sempre molto variegata fra grandi, medie, piccole e piccolissime, fra Nord e Sud, fra imprese di successo e imprese che chiudono? L ipotesi della nostra ricerca è che stia emergendo una Italian Way of Doing Industry, un modello socioeconomico ancora allo stato embrionale che ha caratteristiche diverse sia dalle tradizionali esperienze distrettuali sia dai modelli delle grandi corporation americane. ll programma di ricerca sulla Italian Way of Doing Industry promosso dalla Fondazione Irso si ispira ad alcuni significativi casi di imprese italiane che sembrano mantenere e rafforzare anche nella crisi la propria competitività e che stanno contribuendo non poco alla tenuta economica e alla proiezione internazionale del nostro Paese. Un primo volume curato da Butera e De Michelis con il titolo L Italia che compete. L Italian Way of Doing Industry, edito da Franco Angeli, è in libreria in questi giorni: è il sequel del volume L orologio e l organismo, 25 anni dopo. I distretti sono profondamente cambiati e si stanno sviluppando nuove forme di distretti estesi, augmented district, dislarghi ; si rafforzano nuove forme di cluster, di piattaforme industriali e di imprese dello stesso dominio produttivo, come l aerospazio, l edilizia, la moda; le imprese entrano in rete; grandi imprese diventano multinazionali con caratteristiche diverse dalle loro corrispondenti di altri Paesi, come Enel, Fiat, Eni. Soprattutto è avvenuto il miracolo delle medie imprese cresciute in modo sorprendente e proiettate sul mercato globale, ottenendo risultati migliori delle piccole e delle grandi: esse sono per lo più agenzie strategiche di imprese rete con estensione planetaria o di piattaforme industriali. Esse spesso sostengono lo sviluppo di piccole e piccolissime imprese di qualità: Marini ha calcolato che nel Nord-Est ogni media impresa ha mediamente 140 subfornitori stabili. Emergono nuovi modelli di relazioni fra reti d impresa a estensione internazionale e territori: non solo i tradizionali campanili, ma piccole e medie imprese in rete, piattaforme industriali in cui imprese di settori diversi concorrono e competono per acquisire la leadership come nel caso delle

4 3 telecomunicazioni, agglomerazioni territoriali estese in global city region che competono con altre nel mondo. Ci sono imprese che sembrano convergere su un modello diverso dai castelli industriali, dai distretti, dal piccolo è bello : sembrano emergere nuovi estesi crocevia territoriali di reti lunghe vitali e imprese integrali. Chiariremo fra breve il significato di questi concetti. Tutte queste diverse forme di impresa partecipano in vario modo al processo di globalizzazione: ingresso di capitale finanziario internazionale; attivazione di reti di produzione e distribuzione estese in tutto il mondo; intensa circolazione delle conoscenze formalizzate e non formalizzate; mobilità di manager e professional. E, al tempo stesso, tutte queste diverse forme di imprese mantengono un forte radicamento anche sul territorio italiano da cui traggono risorse umane, risorse culturali, risorse finanziarie e che assicurano quote importanti dei loro mercati: Ferrero, che opera in tutto il mondo e ha la sede legale in Lussemburgo, ha il suo radicamento ad Alba; ST è una impresa multinazionale, ma Catania e Agrate Brianza sono essenziali al suo sviluppo; Luxottica e Geox operano come una grande rete produttiva e commerciale estesa in un mondo senza confini, ma hanno la testa in Veneto; sul glocalismo di Fiat sono piene le prime pagine dei giornali. Non parliamo della rete di piccole e piccolissime imprese che hanno rapporti intrinseci con il territorio e non di rado operano internazionalmente direttamente o attraverso le reti di impresa di cui fanno parte. Piccole e piccolissime imprese operano internazionalmente in rete con medie e grandi nella meccanica, nell arredo, nell abbigliamento, nell aerospazio, nella chimica Le imprese dell Italian Way non sono in attesa di diventare General Electric, non si sviluppano dai garage con la determinazione di trasformare un prodotto irripetibile in una azienda come Microsoft. Apple o Google; non aspettano per crescere che Catania, Treviso, il Veneto diventino Silicon Valley o Boston Route 114, non sono quelle che aspettano il trionfo del capitalismo molecolare. Ma hanno la loro via peculiare per competere e produrre prosperità. Le piccole imprese Esistono tre visioni delle imprese di minori dimensioni che conducono a opposte politiche: la visione neo-istituzionalista e quella organizzativa. La prima più sviluppata in Italia e a livello internazionale è quella per cui le piccole imprese sono embedded, ossia sono inserite dentro sistemi socio-economici più vasti e da questi nutrite e condizionate: sistemi di economie regionali progredite, distretti industriali; sistemi di economie sociali come le cooperative o le imprese sociali. Un assunto chiave per questo approccio è la impenetrabilità della piccola impresa, secondo cui la natura, i funzionamenti, la biologia della singola piccola impresa sarebbero inconoscibili: quindi inutile o impossibile il supporto al management della singola organizzazione, come è invece avvenuto per le grandi imprese e le grandi burocrazie. Conoscibile e governabile sarebbe invece la relazione fra ambiente e attività economica, l ecologia delle popolazioni d impresa (ossia nascita, sviluppo, morte). La seconda visione organizzativistica è quella per cui le PMI sono soggetti, non sono effetti. Per questa tesi la piccola impresa è un individuo organizzativo, non un estensione dell imprenditore, non una molecola entro un economia regionale. Per questa tesi è possibile un management e uno sviluppo razionale della piccola impresa, sia pure di concezione diversa da quella delle grandi. Vi sono due caratteri organizzativi che distinguono profondamente le piccole imprese dalle medie imprese: la relativa indistinzione fra imprenditore e impresa, tra famiglia e organizzazione; il fatto che la piccola impresa ha di solito una organizzazione naturale più che una razionale. Le piccole imprese però, seppure non conoscono la burocrazia razionale su cui è cresciuta la grande impresa. hanno tuttavia una organizzazione che è basata su un modello organico centrato su: cooperazione intrinseca basata esclusivamente sui processi, con scarsa divisione del lavoro; condivisione di conoscenza tacita e contestuale; comunicazione estesa con il contesto territoriale; comunità di lavoro basata su comunità di pratiche e team spirit, spesso family based.

5 4 Emerge lentamente così una terza visione che chiameremo quella delle reti di imprese. Tale visone parte da quattro assunti: 1. la piccola e media impresa è un individuo organizzativo irripetibile ma non è una entità inconoscibile; 2. le reti di impresa in cui sono collocate le piccole imprese sono nuovi soggetti organizzativi che possono essere studiati, progettati, sviluppati, governati; 3. le reti d impresa integrano processi e strutture economiche e sociali sia a livello di imprese che di territori; 4. le singole imprese e le reti di impresa in virtù delle nuove tecnologie possono operare in molte circostanze a livello planetario. La visione della piccola impresa come organismo in rete combina il supporto ai sistemi di impresa e lo sviluppo delle relazioni territoriali. Le caratteristiche interne (per usare una metafora, il Dna organizzativo ) vengono impresse alle imprese dai fondatori (imprenditori, dirigenti, lavoratori), vengono assicurate dalle risorse (finanziarie, tecnologiche, culturali, etc.) e vengono successivamente trasformate in regole e prassi nella evoluzione e nel cambiamento tecnico e organizzativo. Tali caratteristiche interne influenzano fortemente la capacità di coping (ossia di far fronte alle condizioni di severità ambientale) e la capacità di sviluppo dell impresa, alterando talvolta traiettorie che leggi economiche suggerirebbero (la piccola impresa che fa l impossibile e non solo perché l imprenditore lavora molto; i sistemi di piccole imprese che assomigliano al miracolo del calabrone). Lo sviluppo delle reti lungo diversi stadi oggi avviene in tre forme parallele: reti di interazioni commerciali, reti di generazione e condivisione di conoscenza, reti di fornitura. Tutte e tre le forme di rete sono modellate non solo dalla tecnologia ma da regole, costrutti e strutture socioorganizzativi. In sintesi, le piccole imprese non si limitano a comprare pacchetti di e-business dalle aziende ICT, ma sviluppano real organizations for virtual organizing: ossia entreranno in nuove strutture sociali dei mercati, in nuove comunità internazionali di knowledge creation, in nuove forme di divisione internazionale del lavoro, in nuove forme di imprese-rete. Questo approccio evita sia la iper-socializzazione (reti viste solo come comunità di persone e di popolazioni) e ultra-aziendalizzazione (reti viste solo come processi produttivi interaziendali supportati da sistemi informativi). Il modello che di seguito presenteremo consente di includere sia la dimensione razionale (processi e compiti), sia la dimensione sistemica (adattamento e proattività rispetto al mercato dei prodotti servizi, dei capitali, del lavoro), sia la dimensione naturale (le reti come sistema sociale delle comunità). Questa terza tesi non è priva di impatto su alcuni temi di politica economica: non si potrà avere sviluppo delle economie regionali senza lo sviluppo di singole imprese e singoli raggruppamenti di impresa, vitali, sani e autosufficienti; risorse critiche (finanziarie, tecniche e culturali) vanno rese disponibili per le reti di imprese e vanno rafforzate le infrastrutture; imprenditori, manager, professional, tecnici, operatori dovranno essere formati, sostenuti nella loro identità sociale ed economica e nella loro integrità personale; servizi e infrastrutture devono rivolgersi al mondo della piccole imprese, così come fanno nei confronti delle medie imprese. Di cosa è fatta l Italian Way? De Michelis identifica in sei le aree che caratterizzano l Italian Way e che mostrano

6 5 le differenze con sistemi produttivi di altri paesi 1. Imprese che fanno un innovazione diversa o Non technology push, non market pull, ma design driven innovation. o Aziende guidate da imprenditori carismatici che hanno bisogno di manager a 360 gradi (business design). o Aziende che hanno organizzazioni flessibili pronte a cambiare e sempre in evoluzione. o Aziende che danno grande spazio alle nuove professioni e al lavoro della conoscenza 2. Imprese che cambiano in sintonia con i loro clienti Traiettorie evolutive, in cui la crescita si accompagna a mutamenti strategici. Dialogo con i clienti che dà luogo ad una vera e propria co-evoluzione. Dalla competizione sui costi a quella sulla qualità distintiva. Innovazione costante nella consumer experience 3. Imprese che trasformano i mercati in cui operano o Creazione di canali che garantiscono un rapporto diretto con i clienti. o Creazione di brand conosciuti a livello mondiale. o Acquisizione di quote crescenti del valore aggiunto della produzione. o Sviluppo della personalizzazione dei prodotti e arricchimento del servizio che li accompagna. o Protagonismo nel lay-out delle città e nei media. 4. Imprese che fanno cose sempre nuove, fatte ad arte o Alto tasso nuovi prodotti per anno o Qualità distintiva (estetica, materiali, funzionalità, personalizzabilità) dei prodotti. o Fusione della capacità di fare cose che funzionano (scarpe che calzano bene, macchine che fanno buoni gelati) con quella di fare cose belle, innovative, affascinanti, ecc. o Tecnologia di prodotto ed artigianalità; design e ingegneria; passato e futuro 5. Imprese radicate nel territorio ma nodi di reti molto ampie o I distretti sono cambiati ma la localizzazione della produzione è rimasta o Tra i distretti si sviluppano legami sia orizzontali che verticali. o Le imprese distrettuali si connettono anche alle grandi metropoli. o Vi sono anche imprese che nascono nella grande città e poi inglobano imprese distrettuali. o Il radicamento nel territorio si traduce sempre più spesso anche in cura dello stesso. 6. Imprese che hanno come mercato il mondo Le imprese Italiane, anche quando di piccole dimensioni, esportano (multinazionali tascabili). Le imprese Italiane hanno marchi di grande visibilità. Non sono i marchi più noti nel mondo, ma i marchi Italiani sono davvero tantissimi. Le imprese Italiane fanno fronte, pur con molte inefficienze, ad una presenza in mercati dispersi Il nuovo modello di sistema italiano di produzione di beni e di servizi De Michelis presenta una immagine della personalità delle imprese italiane che le differenziano rispetto a quelle di altri paesi: Imprese che fanno un innovazione diversa

7 6 Non technology push, non market pull, ma design driven innovation. Aziende guidate da imprenditori carismatici che hanno bisogno di manager a 360 gradi (business design). Aziende che hanno organizzazioni flessibili pronte a cambiare e sempre in evoluzione. Aziende che danno grande spazio alle nuove professioni e al lavoro della conoscenza Imprese che cambiano in sintonia con i loro clienti Traiettorie evolutive, in cui la crescita si accompagna a mutamenti strategici. Dialogo con i clienti che dà luogo ad una vera e propria co-evoluzione. Dalla competizione sui costi a quella sulla qualità distintiva. Innovazione costante nella consumer experience Imprese che trasformano i mercati in cui operano Creazione di canali che garantiscono un rapporto diretto con i clienti. Creazione di brand conosciuti a livello mondiale. Acquisizione di quote crescenti del valore aggiunto della produzione. Sviluppo della personalizzazione dei prodotti e arricchimento del servizio che li accompagna. Protagonismo nel lay-out delle città e nei media. Imprese che fanno cose sempre nuove, fatte ad arte Alto tasso nuovi prodotti per anno Qualità distintiva (estetica, materiali, funzionalità, personalizzabilità) dei prodotti. Fusione della capacità di fare cose che funzionano (scarpe che calzano bene, macchine che fanno buoni gelati) con quella di fare cose belle, innovative, affascinanti, ecc. Tecnologia di prodotto ed artigianalità; design e ingegneria; passato e futuro Imprese radicate nel territorio ma nodi di reti molto ampie I distretti sono cambiati ma la localizzazione della produzione è rimasta Tra i distretti si sviluppano legami sia orizzontali che verticali. Le imprese distrettuali si connettono anche alle grandi metropoli. Vi sono anche imprese che nascono nella grande città e poi inglobano imprese distrettuali. Il radicamento nel territorio si traduce sempre più spesso anche in cura dello stesso. Imprese che hanno come mercato il mondo Le imprese Italiane, anche quando di piccole dimensioni, esportano (multinazionali tascabili). Le imprese Italiane hanno marchi di grande visibilità. Non sono i marchi più noti nel mondo, ma i marchi Italiani sono davvero tantissimi. Le imprese Italiane fanno fronte, pur con molte inefficienze, ad una presenza in mercati dispersi Il sistema produttivo dell Italian Way of Doing Industry si colloca a tre livelli a. insiemi di imprese appartenenti a diversi settori industriali ossia piattaforme, macroimprese, cluster che convergono nello sviluppo dei prodotti e dei servizi, come nell aerospazio o nelle biotecnologie, nell informatica, nell edilizia, nella moda, nel turismo; b. reti di imprese grandi, medie e piccole in rete sui e con i territori, che costituiscono numerosi crocevia territoriali di reti lunghe vitali, un modello diverso di distretti perché il territorio è costituito non da municipi ma da global city region come il Nord, e perché le reti industriali e finanziarie sono globali; c. imprese integrali, ossia imprese caratterizzate da organizzazioni organiche che perseguono in modo integrato elevate performance economiche e sociali, che agiscono concretamente per proteggere e sviluppare l integrità degli stakeholder e dell ambiente fisico, economico e sociale, che hanno condotte eticamente integre.

8 7 Il modello che in sintesi iniziamo a intravedere è caratterizzato da sistemi di imprese grandi, medie e piccole che presentano 8 caratteristiche distintive: 1. che fanno parte di insiemi come piattaforme, cluster, macro-imprese che danno un senso unitario all individualismo e all apparente casualità dello sviluppo delle imprese; 2. che sviluppano prodotti e servizi di qualità e ad alto livello di design con una componente artigianale in qualche punto del ciclo; 3. che si internazionalizzano e cercano mercati non coperti; 4. che crescono in base al continuo ascolto della clientela; 5. con forti relazione col territorio; 6. che hanno organizzazioni costituite da strutture organiche e flessibili disposte su reti di grandi, medie e piccole imprese, con funzionamenti basati su cooperazione, conoscenza,comunicazione e comunità; 7. con un anima, un energia e un identità fondata sulla valorizzazione del proprio scrigno delle competenze, delle eredità dinamiche, dei valori; 8. con una imprenditoria taking care prevalentemente industriale e con un buona qualità di relazioni industriali a livello aziendale. Altre imprese e sistemi di imprese internazionali di successo hanno alcune fra queste caratteristiche: la peculiarità italiana è che queste imprese di successo si assomigliano malgrado le diversità dimensionali e merceologiche e crescono con una traiettoria guidata dall ascolto del cliente più che dallo sviluppo della tecnologia; stanno compensando con la loro energia e vitalità il contesto socio-economico sfavorevole del sistema Paese, incorporano e diffondono cultura materiale e simbolica italiana. Il meta-modello per analizzare e sviluppare le imprese dell Italian Way: elementi costitutivi e loro interazione Il modello per analizzare e far sviluppare l impresa italiana identifica cinque elementi distintivi che vanno combinati in modo specifico alla individualità della singola impresa: non vi è una best way ma occorre governare in moto integrato questo variabili... Esplorando i cinque fattori emergono alcune delle peculiarità del sistema produttivo italiano. 1. Mercato

9 8 Le imprese italiane non hanno una posizione di rilievo in settori diversi dalle 4A, tranne forse in una quinta A, l Accoglienza-Turismo. Ma emergono casi esemplari che possono preludere a ulteriori sviluppi, come nell aerospazio, nelle biotecnologie, nelle nanotecnologie, nella chimicofarmaceutica, nell ICT, nelle energie rinnovabili e altre ancora. Molte imprese italiane stanno raccogliendo le nuove sfide su nuovi mercati mondiali, come quella delle tecnologie e dell energia ecocompatibili (green economy) e soprattutto quella dei bisogni primari della stragrande maggioranza dell umanità (cibo, sanità, istruzione, abitazione). In una economia di nicchie la modalità italiana di approccio al mercato è positiva. In una economia globale sempre più fatta di nicchie, le imprese italiane piccole e medie che hanno scelto di misurarsi su mercati di massa sono state o saranno spazzate via. Ma su alcune delle nicchie globali che si stanno sviluppando, l impresa italiana può competere solo presentandosi come sistema: le imprese tedesche lo fanno sempre, le imprese italiane molto raramente. Un primo fattore di caratterizzazione delle imprese capaci di competere nell Italian Way of Doing Industry riguarda il posizionamento di mercato: ossia la capacità di collocarsi in mercati di nicchia, su fasi alte della catena del valore, su nuovi mercati portatori di bisogni primari, attraverso processi di internazionalizzazione socialmente compatibili. 2. Strategie Quelle che più hanno avuto successo non sono state le strategie di costo (componentistica e materie prime), di leadership sulle nuove tecnologie (Google), di lock-in (Microsoft), ma sono, fra loro combinate, quelle di focalizzazione, di specializzazione, di qualità, di customer orientation e, soprattutto, di internazionalizzazione. Inoltre, le imprese italiane che competono hanno posizionamento da oceano blu, che significa andare prima e meglio degli altri dove si evita il contatto con i giganti. Per usare una metafora, essere Davide contro Golia; adottare judo strategy. Un secondo fattore di caratterizzazione delle imprese capaci di competere nell Italian Way of Doing Industry riguarda, in sintesi, strategie per competere con i giganti multinazionali non andando sul loro terreno della produzione di massa o della eccellenza tecnologica, ma sviluppando la capacità di concepire e realizzare strategie multiple con la prevalenza di quelle di focalizzazione, personalizzazione, valore sociale, internazionalizzazione. 3. Organizzazione Le imprese italiane grandi, medie e piccole di successo hanno sviluppato forme di organizzazione innovative che avevano avuto molte anticipazioni fin dagli anni 80. Per gran parte di loro l impresa non è stata un castello chiuso ma si è aperta ad una infinità di relazioni e di processi di cooperazione lungo la catena del valore; i territori non sono stati campanili chiusi, ma sono diventati ampie regioni che sostengono le relazioni produttive e sociali delle imprese e da esse sono alimentate. Imprese, istituzioni, città in cui le imprese hanno sviluppato forti interdipendenze entro global city region aperte alle relazioni globali. I nuovi modi di produzione dati dall incrocio fra le reti di impresa e i processi economici e sociali di territori estesi hanno insegnato alle imprese a vivere un modo glocale di produzione. L impresa di successo immersa in questo nuovo contesto di relazioni produttive e sociali non ha perso la sua individualità, ma si è rafforzata, introducendo nuovi modelli organizzativi che si allontanano drasticamente dalle tradizionali burocrazie industriali ereditate dal fordismo: quei modelli organici di organizzazione, altamente integrati e flessibili di cui abbiamo parlato sono caratterizzati da funzionamenti basati su cooperazione, condivisione di conoscenze, comunicazione, comunità di lavoro nelle grandi e medie imprese come da sempre lo sono state nelle piccole; da gruppi di lavoro e team flessibili e autoregolati; da comunità di pratiche supportate da tecnologie Web 2.0; da nuovi modelli di lavoro e di professioni a larga banda (da forte cultura del lavoro, delle regole e dei risultati). Vi è una convergenza fra i modelli organizzativi delle buone medie imprese e delle buone piccole imprese. Non mancano certo le imprese che non si sono aperte e non hanno innovato, hanno puntato su modelli gerarchici e di intensificazione della divisione del lavoro, che hanno operato tagli indiscriminati di organici e competenze, che hanno de localizzato anche l intelligenza dell impresa: sono quelle che stanno soccombendo alla concorrenza delle imprese dei Paesi BRIC.

10 9 Un terzo fattore caratterizzante le imprese capaci di competere nell Italian Way of Doing Industry riguarda quindi la capacità di sviluppare e gestire modelli organizzativi basati su reti organizzative estese originate sul territorio e organizzazioni organiche altamente adattive. 4. Anima dell impresa Le imprese dell Italian Way of Doing Industry in quasi tutti i casi hanno avuto un anima e un identità, ossia uno scrigno delle competenze, eredità dinamiche, valori, comunità di lavoro. L identità e anima di ciascuna impresa è irripetibile e ha una continua evoluzione che produce l insieme delle capacità dell impresa, la sua cultura, la sua abilità a riconoscere e indirizzare le sue traiettorie di sviluppo, la sua idoneità a gestire il cambiamento e l innovazione. Qui sta forse uno dei segreti più importanti della crescita imprenditoriale dei campioni del Made in Italy. L energia delle imprese italiane è stata spesso la ragione principale del successo, che può essere rilevata e misurata nelle sue componenti chiave, come l energia delle competenze, l energia organizzativa, l energia tecnologica, l energia emozionale. Imprese rapaci con una vista solo speculativa, senza il senso di identità di brand e con una prospettiva a breve, sono le prime che crolleranno davanti alla crisi in atto. Un quarto fattore caratterizzante le imprese capaci di competere nell Italian Way of Doing Industry riguarda l anima e l identità dell impresa cha ha valorizzato le eredità delle persone, le capacità radicate nella storia dell impresa e ha attivato uno scambio con i territori e il contesto globale. 5. Qualità dell imprenditore La prima funzione dell imprenditore dell Italian Way è stata per lo più quella di essere un azionista interessato a costituire imprese durevoli (built to last) e desideroso di investire nell impresa le risorse generate e le proprie, e di reperire risorse finanziarie esterne per innovare a 360 sui prodotti, sui mercati, sui processi, sulle persone, sull organizzazione, sul brand. Non sono mancati lo sviluppo del private equity e l intervento di fondi stranieri: la qualità degli investitori non imprenditori è un requisito fondamentale dell Italian Way. Investimenti fatti con la strategia di sviluppare l impresa e con essa il valore dell investimento hanno sostenuto lo sviluppo italiano e hanno rafforzato l Italian Way non chiusa ad investimenti e acquisizioni, come è accaduto ad esempio a Technogym, Bulgari, Cassina. È stato ed è tuttora presente, invece, l investimento o l acquisizione per ricavare valore a breve o, peggio, per smembrare l impresa al fine di liquidarne gli asset: è un serio danno per le imprese che di fondi hanno avuto bisogno. La crisi dell industria informatica italiana con il maciullamento di Olivetti e Italtel è un caso negativo ormai di scuola. Possiamo su questo punto formulare una quinta ipotesi di caratterizzazione e di traiettoria dell Italian Way of Doing Industry: lo sviluppo di una imprenditorialità che coniughi capacità di leadership industriale e capacità di attrarre capitali di rischio, suscitando una imprenditorialità e managerialità radicata nell Italian Way of Doing Industry. Le opportunità e i rischi Le opportunità risiedono principalmente nel fatto che l esempio dei sistemi di imprese che hanno avuto successo possa rafforzare la coscienza di sé per affrontare così le pesanti sfide in corso e in secondo luogo si estenda ad altre imprese e ad altri territori dell Italia. L Italian Way of Doing Industry può rappresentare la nuova locomotiva dello sviluppo, dando coscienza di se al sistema produttivo, consentirgli di svolgere un ruolo economico e sociale a favore del paese, consentire alle le imprese già forti di affrontare il nuovo ciclo di sfide che la crisi mondiali impone, aiutare le imprese e le aree più deboli del paese a competere e crescere. I rischi che questa Italian Way non ce la faccia a salvare le imprese e il Paese però sono molti.

11 10 Alcuni sono interni: se le imprese non comprendono fino in fondo la loro natura mutante e non la gestiscono, pensando invece che per competere devono crescere e diventare come la Fiat, la Procter and Gamble, oppure aggregarsi nei vecchi distretti se non ritengono una loro priorità quella di rafforzare la classe imprenditoriale, manageriale, professionale e tecnica: se non assumono come sistema regole e codici etici rigorosi. Altri rischi sono esterni. Se i servizi e le infrastrutture, se i beni comuni della competitività non cresceranno e non saranno appropriati ai bisogni di questi sistemi di impresa, il sistema Paese non riuscirà ad essere competitivo, la crisi economica e sociale si aggraverà, molte delle imprese migliori non ce la faranno o dovranno essere comprate. Le politiche industriali di nuova concezione dovranno essere di rafforzamento del contesto dell impresa più che di erogazione di provvidenze economiche. Ma noi siamo ottimisti e crediamo che le opportunità prevarranno sui rischi. Noi della Fondazione Irso, insieme ai centri con cui siamo federati, sosterremo attivamente questo ottimismo continuando a studiare, raccontare casi, indicare azioni di politiche industriali moderne, aiutare le aziende che competono a rafforzarsi e quelle più deboli a rivitalizzarsi.

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