SiPGI CAMPANIA. Dispense Master AUTOSTIMA. Il counseling per lo sviluppo e la crescita personale. a cura di. Rachele Sorrentino
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1 SiPGI CAMPANIA Dispense Master AUTOSTIMA Il counseling per lo sviluppo e la crescita personale a cura di Rachele Sorrentino
2 AUTOSTIMA Oggi mi prendo un po cura di me!...ascolto la musica che mi piace, mi faccio coccolare da una persona che amo molto, faccio una passeggiata in quel bosco che mi rilassa tanto, schiaccio un sonnellino nel mio giardino Ti capita di svegliarti con questi dolci pensieri qualche mattina? Se sì sei su un sentiero che insieme alle responsabilità lavorative, scolastiche, familiari è ricco anche di piacevole benessere, una responsabilità quest ultima troppo spesso declinata. Alcune persone lamentano un bisogno di riposo e divertimento e puntualmente non se lo prendono. E come se queste persone sentissero di non meritare momenti di riposo e necessitassero del permesso di qualcuno esterno a loro per potersi fermare. Allora cosa succede a queste persone e cosa li diversifica da coloro che insieme al dovere sanno prendersi anche il piacere della vita senza l autorizzazione di nessuno? Alcune persone lamentano un bisogno di riposo e divertimento e puntualmente non se lo prendono. E come se queste persone sentissero di non meritare momenti di riposo e necessitassero del permesso di qualcuno esterno a loro per potersi fermare. Allora cosa succede a queste persone e cosa li diversifica da coloro che insieme al dovere sanno prendersi anche il piacere della vita senza l autorizzazione di nessuno? Un alta autostima fa sicuramente la differenza. Chi ha una buona autostima è consapevole del proprio valore, del diritto che ha, nel rispetto degli altri, di realizzare se stesso e di avere un proprio posto nel mondo.
3 Con questo presupposto è chiaro che più ci si stima e ci si vuol bene, meglio si agisce, più si ha fiducia nelle proprie capacità più si prendono decisioni e si raggiungono i propri obiettivi. I soggetti con una bassa autostima, invece, faticano a prendere decisioni e spesso le rimandano: di fronte a più alternative tergiversano, a volte si bloccano o fanno decidere ad altri. Questo succede non tanto perché le persone abbiano una cattiva volontà o perché non siano effettivamente in grado di compiere una buona scelta, ma perché, non sentendosi sufficientemente sicure del proprio valore e delle proprie qualità, evitano di scegliere e agire per un eccessivo timore di sbagliare. Ci si chiede in che momento l immagine di sé si sviluppa e da che cosa origina. Molti psicologi concordano sul fatto che l individuo comincia a formare il proprio modo di considerarsi, in senso più o meno positivo, ad un età molto precoce. E.H. Erikson, propone una teoria dello sviluppo umano organizzata in fasi. Il compito della prima di queste fasi, che comincia alla nascita e si conclude all incirca durante il primo anno di vita, è quello di acquisire un buon equilibrio tra fiducia di base e sfiducia di base in se stessi e negli altri. Fiducia e Sfiducia, secondo Erikson, originano dalla qualità della relazione che il bambino sperimenta con la propria madre e devono essere modulate dalla speranza che i propri bisogni e le proprie richieste non verranno disattesi, almeno non più di tanto, non fino al punto, cioè, di perdere la speranza.
4 Grazie ad un equilibrata integrazione di fiducia, sfiducia e speranza, il bambino può imparare a tollerare la frustrazione e le delusioni, a ridefinire continuamente i propri progetti e le proprie aspirazioni, a proiettarsi nel futuro e a mantenere nel tempo un equilibrata stima di sé. Anche Sullivan, Bowlby, Horney, sostengono che le immagini di sé che i bambini sviluppano durante la prima infanzia - in base alla percezione di una positiva o negativa relazione con le principali figure di attaccamento e in base all essersi sentiti o meno bambini degni d amore d importanza - avranno un influenza per tutta la vita e incideranno sul loro modo di considerarsi e quindi sulla loro autostima Lo studio psicologico del concetto di sé e dell autostima ha ormai una lunga storia di elaborazioni teoriche. Tra le prime definizioni di autostima ritroviamo quella, spesso citata, di William James (1890/1983): <<Autostima = Successo/Aspettative>>. L Autostima di una persona sarebbe il risultato del confronto fra successi concretamente ottenuti e corrispondenti aspettative. Shavelson et al. (1976) dopo aver passato in rassegna la letteratura sul concetto di sé e l autostima conclusero che, nonostante anni di studi, non esisteva ancora un buon accordo sulla loro definizione e che <<la mancanza di un equivalenza dimostrata empiricamente tra le loro diverse modalità di misura rende impossibile la generalizzazione tra studi che usano strumenti diversi>>.
5 In parte proprio per rispondere all invito di Shavelson et al. (1976) che esortava i ricercatori ad espandere significativamente la base di conoscenze sull autostima, a formulare una sua definizione condivisa e a determinare l equivalenza delle sue varie misure, è stato messo a punto il Test di Valutazione Multidimensionale dell Autostima (TMA). Tale test valuta le componenti dell autostima attraverso sei scale. Benché vengano indicate diverse dimensioni importanti, c è un sostanziale accordo su quelle considerate le più rilevanti. Le dimensioni più frequentemente segnalate come fondamentali comprendono i seguenti aspetti: relazioni interpersonali, competenza di controllo dell ambiente, emotività, successo scolastico, vita familiare, vissuto corporeo Ci si chiede in che momento l immagine di sé si sviluppa e da che cosa origina e se l autostima si formi all interno dell individuo o sia generata da fonti esterne. Molti psicologi concordano sul fatto che l individuo comincia a formare il proprio modo di considerarsi, in senso più o meno positivo, ad un età molto precoce. Cooley (1902) affermava che <<il sé si forma specchiandosi nelle reazioni degli altri>>, suggerendo che il modo in cui consideriamo noi stessi dipende per gran parte dal modo in cui vengono <<riflesse>> dagli altri le nostre azioni e caratteristiche. Secondo Cooley, se veniamo trattati con noncuranza o disprezzo, o se veniamo giudicati severamente dagli altri, tenderemo di riflesso ad adottare il punto di vista negativo dell <<altro>> che ci viene comunicato.
6 Anche Rosemberg (1965; 1979) sostiene che le reazioni altrui influenzano in modo decisivo la valutazione che operiamo di noi stessi. Considerati da un simile orientamento interazionista, il concetto di sé e l autostima si sviluppano attraverso un continuo processo di interazione reciproca tra l individuo e il suo ambiente (includendo naturalmente le altre persone che di quell ambiente fanno parte). Tra questi due elementi c è una condizione di costante reciprocità poiché l individuo agisce sull ambiente e l ambiente a sua volta reagisce influenzando l individuo. Tale approccio interazionista è stato proposto anche da Bloom (1976), soprattutto in riferimento al concetto di sé scolastico. Rogers e Dymond (1954) posero l accento sugli effetti prodotti dagli standard ideali e presupposero che l entità della differenza tra il sé reale di una persona e il suo sé ideale costituisse un indice importante del suo adattamento socio/emozionale. L interesse di Rogers, nella comprensione dell autostima, è rivolto alla coscienza del proprio sé da parte dell individuo. Il sé da scoprire, secondo Rogers, non coincide con la capacità e gli interessi personali, ma soprattutto con i valori e le preferenze affettive della persona. Le persone sane che hanno fiducia nel processo di autovalutazione organistica, scelgono uno stile di vita in armonia con i propri sentimenti e valori più profondi. Le persone con un alta stima di sé sviluppano la propria identità e non vivono in base agli introietti imposti loro da altri laddove la paura del rifiuto porta l individuo a nascondere o negare la propria espressione autentica.
7 Secondo Rollo May l autostima si sviluppa quando la persona è disposta a riconoscere il proprio Esser.ci, risponde con congruenza al Sé e rimane se stessa nonostante le pressioni esterne che spingono a negare o distorcere vari aspetti di Sé. L autostima deriva dal coraggio di permettere alla totalità del proprio Sé di esistere, divenire e mantenersi autentico, ridimensionando il bisogno di accettazione esterna in favore dell individuazione. Esistono vari modi con cui si arriva ad avere o a consolidare un basso livello di autostima; i più comuni sono i pensieri negativi su se stessi ( Altri sono più bravi di me, Io ho un brutto aspetto ), le aspettative irrealistiche su se stessi, il bisogno di approvazione, l autosvelazione, la bassa tolleranza alla frustrazione, lo scarso autoapprezzamento, la scarsa aspirazione al successo l incapacità di farsi valorizzare dagli altri e di influenzare gli altri, i DEVO. Questi ultimi colpiscono l autostima perché spesso non ci appartengono, sono stati adottati da altri per soddisfare i loro bisogni, e spesso, quando entrano in conflitto con i nostri bisogni personali ci troviamo a dover fare una scelta difficile fra la rinuncia alla soddisfazione del bisogno, sperimentando quindi la perdita, e il tradimento della regola con conseguenti sensi di colpa. I devo più comuni possono essere: devo essere un genitore perfetto, un amico perfetto, uno studente perfetto ; non devo mai sentirmi ferito; non devo mai avere paura e molti altri.
8 I DEVO più comuni possono essere: DEVO essere un genitore perfetto DEVI essere un amico perfetto DEVO essere uno studente perfetto NON DEVO mai sentirmi ferito NON DEVO mai avere paura NON DEVO mai arrabbiarmi NON DEVO mai essere triste NON DEVO provare piacere Lo sviluppo dell autostima e la crescita emotiva sono legati e prevedono delle trasformazioni che producono cambiamenti in molte aree della vita dell individuo. Questa prospettiva può procurare timori e incertezza e per questo le persone spesso cercano un sostegno anche di tipo specialistico. Gli approcci terapeutici e di counseling che sembrano essere più adatti a potenziare l Autostima Sono centrati sulle risorse attuali Incoraggiano l autonomia Sono finalizzati all autoaccettazione della disposizione di base della propria personalità
9 Sono orientati alla realizzazione di sé nel qui e ora Tendono al rafforzamento delle risposte di elaborazione/confronto, favorendo la consapevolezza sul come si evita, piuttosto che interpretare il perché Favoriscono l elaborazione dei tre piani fondamentali di funzionamento psicologico (pensieri sentimenti comportamento) Danno spazio alla parte espressiva e di relazione Migliorano la sensazione di potersi muovere nel mondo AUTOEFFICACIA DEFINIZIONE DI AUTOEFFICACIA Il concetto di autoefficacia, in generale, si riferisce alla convinzione nelle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di azioni necessario a gestire adeguatamente le situazioni che incontreremo in modo da raggiungere i risultati prefissati. Le convinzioni di efficacia influenzano il modo in cui le persone pensano, si sentono, trovano le motivazioni personali e agiscono (Bandura 1986).
10 Le convinzioni riguardo la propria efficacia personale costituiscono uno degli aspetti principali della conoscenza di sé. Bandura identifica quattro fonti di informazioni principali per la costruzione dell'efficacia: Le esperienze comportamentali dirette di gestione efficace, che hanno la funzione di indicatori di capacità. Le esperienze vicarie e di modellamento, che alterano le convinzioni di efficacia attraverso la trasmissione di competenze e il confronto con le prestazioni ottenute dalle altre persone. La persuasione verbale ed altri tipi di influenza sociale, che infondono e costituiscono la possibilità di possedere competenze da sperimentare. Gli stati fisiologici ed affettivi, in base ai quali le persone giudicano la loro forza, vulnerabilità, reattività al disfunzionamento. Ogni mezzo di influenza, sia esso sociale, cognitivo o affettivo, a seconda della sua natura, può operare attraverso una o più di questi canali di informazione e costruzione dell'efficacia. Benché ci siano alcuni processi cognitivi alla base dell'elaborazione aggregativa dei giudizi di efficacia a partire dalle sue fonti, la formazione di un'idea di sé tiene conto delle possibili valutazioni altrui, ed può risultare potenzialmente pericolosa per l'autostima, ed instaurare dinamiche distorcenti a scopo difensivo. Oltre all'effetto di distorsione dei giudizi legato agli stati emotivi le persone mostrano capacità cognitive di integrare informazioni multidimensionali limitate.
11 La capacità di selezionare, ponderare, e integrare le informazioni di efficacia rilevanti, migliora con lo sviluppo delle abilità autoregolatorie. In questo senso la verifica delle proprie capacità autovalutative richiede non solo la conoscenza delle proprie capacità, ma anche la comprensione dei tipi di abilità richiesti per la specifica prestazione. La "self-efficacy" (Bandura, 1991) è la valutazione delle proprie capacità, l'autoesame che ciascuno fa per verificare le sue probabilità di riuscire in un compito. Secondo Bandura la self efficacy è caratterizzata da tre aspetti : Ampiezza: quanto si è competenti in un ambito Forza: capacità di risollevarsi dopo un insuccesso Generalizzabilità: in quanti ambiti ci si sente competenti Probabilità di riuscita: Difficoltà oggettive e condizionamenti La valutazione della probabilità di riuscita non dipende dalla difficoltà del compito, ma dalle esperienze del passato che condizionano le aspettative per il futuro e dalla motivazione a intraprendere un compito. Anche se il compito è arduo, il soggetto motivato non si lascia intimorire, ma è spinto a cimentarsi in esso ed è fiducioso nelle sue possibilità di riuscirvi. Fatalismo o razionalità: Due stili di attribuzione per gli eventi Lo stile di attribuzione è la tendenza ad attribuire le cause degli eventi a se stessi (alle proprie capacità, impegno, intelligenza) o a circostanze esterne (fortuna, caso, persone ).
12 Ci sono diverse combinazioni tra attribuzioni esterne o interne ed eventi positivi o negativi: Attribuire a se stessi sia i successi che gli insuccessi: consente di riconoscere i propri meriti senza insuperbire e di affrontare gli insuccessi senza abbattersi, perchè essendo questi ultimi dipesi dal soggetto, egli può individuare gli errori e correggerli. Attribuire a se stessi gli insuccessi, alle circostanze i successi: produce vittimismo (sincero o strategico) oppure ostentazione di umiltà Attribuire a se stessi i successi, alle circostanze gli insuccessi: produce vanagloria, delirio di onnipotenza e attribuzione di meriti infondati Attribuire alle circostanze sia i successi che gli insuccessi: la persona si sente in balia degli eventi, si rassegna passivamente a tutto quello che accade ("impotenza appresa") La combinazione migliore è quella che sposta il baricentro di attribuzione in base ad un quadro obiettivo degli eventi. Infatti ci sono accadimenti ingovernabili, nonostante la volontà di dirigerli: attribuirsene la responsabilità produrrebbe inutili sensi di colpa e di impotenza. Sono circostanze imprevedibili e dolorose e sentirsi coautori, viverle come punizione di una presunta colpevolezza sottrarrebbe energie per affrontarle. Allo stesso modo, è puerile inorgoglire per successi scaturiti da concomitanze favorevoli, oppure ingigantire la difficoltà di un compito per rendere più epiche le proprie gesta.
13 La psicoterapia come il counseling aiutano il cliente a <vivere la propria vita piuttosto che farsi vivere da essa> e scegliendo di viversi fino in fondo, attraverso l assunzione di rischi e la responsabilità personale, forse si può evitare l esperienza di Pessoa: Porto ora, che sono vecchio, le ferite di tutte le battaglie che ho evitato e così, imparare a divenire semplicemente Se Stessi.
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