IL NORD AFRICA: FATTORI D INSTABILITÀ E RUOLO DEL TERRORISMO

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1 Panorama Internazionale IL NORD AFRICA: FATTORI D INSTABILITÀ E RUOLO DEL TERRORISMO IDA PIAMPIANI E FRANCO DEL FAVERO 30 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 1/2012

2 Il Nord Africa fra tentativi di riforme e problemi strutturali Gli eventi della cosiddetta Primavera Araba hanno riportato l attenzione della Comunità Internazionale sul bacino del Mediterraneo in generale e sull Africa Settentrionale in particolare. Nello specifico, l attenzione degli analisti è concentrata principalmente sulle possibili relazioni esistenti fra i tre principali fattori storici d instabilità della regione: l integralismo religioso, il terrorismo 1 e, non ultima, la crescente esigenza di riforme strutturali in campo politico, sociale ed economico. Prima di analizzare l aspetto relativo alle aspettative di riforme democratiche che, in quanto disattese, sono state considerate come il motivo principale alla base delle rivoluzioni che hanno letteralmente spazzato via regimi ultradecennali, che sembravano destinati a perdurare seguendo una successione dinastica, è necessario soffermare l attenzione su alcuni dei problemi strutturali incidenti sulle condizioni elementari di vita della popolazione che affliggono i Paesi della Regione e che, di fronte all inazione della maggioranza dei governi, rendono le richieste di riforme in campo politico ed economico ancora più pressanti. La popolazione con le sue dinamiche, come vedremo, rappresenta, o meglio dovrebbe rappresentare, il fulcro attorno al quale ruota l intero sistema economico e sociale regionale. Sotto l aspetto delle condizioni fondamentali di vita dei cittadini, ovvero della human security 2, la Regione presenta però numerosi fattori di rischio legati prevalentemente, anche se non esclusivamente, ai forti squilibri di natura ambientale. La human security, nella formulazione adottata dalle Nazioni Unite, è considerata la retroguardia, ovvero la condizione di base, dello sviluppo. In altri termini, quindi, non 1 Il riferimento diretto è al ruolo della leadership egiziana all interno di Al Qaeda ed alla successione di Osama Bin Laden, anche se non può essere trascurato il ruolo del network jihadista operante in Nord Africa negli attacchi terroristici di Madrid del 2004 e di Londra dell anno successivo. 2 Le Nazioni Unite definiscono la human security come la situazione in cui gli esseri umani sono liberi da minacce intense, estensive, prolungate e generalizzate alla loro vita ed alla loro libertà. PANORAMA INTERNAZIONALE 31

3 ci può essere sviluppo senza che vengano soddisfatte le condizioni minimali di human security. D altro canto, una sicurezza senza prospettive di sviluppo è una situazione fragile, transitoria, destinata, prima o poi, ad entrare in crisi. Nel 2009 lo United Nation Development Programme (UNDP), attraverso l Ufficio Regionale per i Paesi Arabi, ha pubblicato la quinta edizione dello Arab Human Development Report. Nella sua prima edizione, del 2002, il Report aveva individuato tre deficit strutturali dei Paesi del mondo arabo (tra i quali l Algeria, l Egitto, la Libia, la Mauritania, il Marocco e la Tunisia) in termini di partecipazione politica e libertà civili, emancipazione femminile e ruolo della donna nella società, ricerca scientifica e sviluppo tecnologico. In base all analisi degli indicatori utilizzati dagli autori del Report tre deficit risultavano presenti, seppure con modalità diverse, in tutti i Paesi presi in esame. Il Report del 2009, confermando sostanzialmente la situazione del 2002 per quanto attiene ai tre deficit, ha inoltre individuato ben sette dimensioni della minaccia alla human security. In estrema sintesi si tratta di problemi associati alla crescente ed incontrollata pressione demografica, al sovrasfruttamento delle terre coltivabili, all impoverimento delle risorse idriche ed alla progressiva desertificazione. Pur non volendo sottovalutare nessuno dei problemi messi in evidenza dal Report, l aspetto che si ritiene opportuno approfondire per le conseguenze che, già a partire dal breve periodo, potrebbe avere sulla sicurezza regionale ed internazionale è quello relativo alla pressione demografica. Il 60% della popolazione dei Paesi oggetto di studio, infatti, è composta da giovani di età inferiore ai 25 anni. La maggioranza di questa giovane popolazione vive attualmente nelle città (il 55%), a differenza di quanto avveniva negli anni 70 quando soltanto il 38% viveva in aree urbane. Le proiezioni riferite al 2020 stimano la percentuale della popolazione concentrata nelle città superiore al 60%. Il Report evidenzia inoltre come la situazione igienico-sanitaria dei principali centri urbani della Regione attualmente già ben oltre il livello di attenzione sia destinata a diventare critica nel breve-medio periodo, con le inevitabili e prevedibili conseguenze sotto il profilo della sicurezza e della stabilità regionale. Un problema direttamente connesso a quello dell incremento demografico e della concentrazione progressiva della popolazione nei centri urbani è quello della scarsità di risorse idriche. Soltanto il 43% degli oltre 270 miliardi di metri cubi d acqua consumati annualmente nella Regione proviene infatti da sorgenti localizzate all interno della Regione stessa. Il restante 57% proviene da sorgenti che si trovano in Paesi vicini o confinanti (quali, ad esempio, il Sudan per l Egitto) con i quali vengono più o meno regolarmente stipulati degli accordi internazionali per lo sfruttamento in comune delle risorse idriche. Di fronte a questi problemi ed alle minacce ad essi associate i governi non sembrano essere stati in grado sinora di adottare efficaci strategie. Il Report 2009 evidenzia come esista infatti un marcato gap tra le esigenze/aspettative della popolazione e le misure effettivamente poste in essere dai governi, anche se la distanza tra attese e realtà non è poi la stessa in tutti i Paesi oggetto di studio 3. Pertanto, di fronte all inerzia dei governi nel cercare soluzioni efficaci per i numerosi problemi della Regione, il rischio principale che il Report individua è quello rappresentato dalla polarizzazione / estremizzazione delle posizioni esistenti tra le diverse componenti del tessuto politico e sociale dei Paesi arabi. Questa polarizzazione, in un contesto sinora caratterizzato da una certa assenza di risposte da parte dei governi nei confronti delle richieste di riforme da parte della popolazione, è, sempre secondo il Report, la condizione ottimale da cui potrebbero prendere avvio ed alimentarsi tensioni interne, disordini e conflitti armati anche su vasta scala. Per quanto attiene all aspetto delle riforme istituzionali cui si accennava in precedenza, l Algeria e il Marocco sono stati i Paesi nei quali 3 Arab Human Development Report 2009, pag INFORMAZIONI DELLA DIFESA 1/2012

4 prima degli altri 4 hanno preso avvio dei tentativi di riforme in senso democratico e, forse proprio per questo motivo, sono stati toccati marginalmente dagli avvenimenti della Primavera Araba. In particolare, per quanto riguarda l Algeria 5, un recente studio elaborato da Ann Wyman e Icaro Rebolledo per la rivista Astenia ha posto in evidenza come una forma seppur embrionale di pluralismo democratico, anche se nel quadro di una situazione economica niente affatto favorevole, sia stata sufficiente ad evitare il verificarsi di situazioni assimilabili a quelle di Tunisia ed Egitto. I tentativi di riforme democratiche siano stati portati o meno a termine se, come si è visto nel caso dell Algeria, sembrano essere stati sufficienti a tenere a fuori dai confini nazionali i movimenti di protesta della Primavera Araba, hanno invece rappresentato in passato l occasione per la nascita e l affermazione di gruppi fondamentalisti di ispirazione religiosa. In Egitto, ad esempio, il movimento della Fratellanza Musulmana, mai integrato nel sistema politico nazionale, si è affermato negli anni 70 durante il periodo delle riforme in campo politico ed economico (la cosiddetta infitah) del presidente Sadat. In Algeria, analogamente, il Fronte Islamico di Salvezza (FIS), prima ammesso a partecipare alle competizioni elettorali e successivamente dichiarato fuori legge, si è consolidato durante la fase della liberalizzazione in campo politico ed economico promossa dal governo agli inizi degli anni Gli esempi di Egitto ed Algeria, Paesi nei quali i gruppo radicali di ispirazione religiosa si sono affermati proprio in fasi di apertura democratica, impongono quindi un approfondimento su quella che è la vera natura dei movimenti politici di ispirazione religiosa presenti nei maggiori Paesi dalla sponda Sud del Mediterraneo. Cercando limitare l analisi ai caratteri principali, è possibile affermare che, mentre nel recente passato, la maggior parte dei movimenti d opposizione ai regimi al potere tendeva a confondere obiettivi religiosi e scopi di natura politica, attualmente esiste una marcata distinzione, almeno dal punto di vista formale, in termini di programmi 7. Di conseguenza il nesso movimento di opposizione-radicalismo religiosoterrorismo che aveva giustificato azioni anche estremamente repressive da parte dei governi in carica nei confronti di tali movimenti, al momento attuale, sembra essere molto meno forte che in passato. L evoluzione in senso meno radicale almeno dal punto di vista formale di alcuni tra i principali movimenti politici d ispirazione religiosa consente quindi di spostare l attenzione su quello che potrebbe, ammesso che già non lo sia, principale fattore d instabilità regionale. Nel citato studio Wyman-Rebolledo per Aspenia, tra le questionichiave da valutare nei Paesi MENA (Middle East North Africa) 8 emerge nettamente quello legato all elevata disoccupazione giovanile, in alcuni Paesi addirittura superiore al 40%. Il dato del PIL pro-capite, che spesso in passato è stato utilizzato come un dato inconfutabile per comprendere i motivi di certi squilibri regionali, non è chiaramente in grado di spiegare, ad esempio, la ragione per cui siano sorti dei movimenti insurrezionali sia in Tunisia dove il PIL è di dollari, sia in Libia dove il PIL è triplo rispetto al dato tunisino. Un dato di gran lunga più utile quindi, anche alla luce dei fatti, per cercare di leggere gli avvenimenti della Primavera Araba è, come si è già detto in precedenza, quello della disoccupazione giovanile, dato legato direttamente all aspetto anagrafico di cui si è già diffusamente parlato. L età media nei Paesi oggetto d analisi è, infatti, di circa 26 anni, con punte di 22,6 anni in Giordania e di 27 in Iran. Il dato riferito alla disoccupazione giovanile è pari a circa il 30%, con una percentuale superiore al 45% in Algeria. La crisi che, dal 2008, ha investito tutte i principali 4 International Crisis Group (ICG), Islamism in North Africa I: the Legacies of History, Middle East and North Africa Briefing, Bruxelles, 2004, pag L alta disoccupazione giovanile (oltre il 45%), ad esempio, colloca l Algeria (con il Marocco) agli ultimi posti della relativa classifica dei Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. 6 CG, op. cit., pag ICG, op. cit., pag Nello specifico: Algeria, Bahrein, Arabia Saudita, Giordania, Libia, Marocco, Iran e Yemen. PANORAMA INTERNAZIONALE 33

5 In apertura: l'acqua è una risorsa importante per i paesi del nord Africa - UN Photo - A Rozberg Sopra: l'accesso alle risorse idriche rappresenta un grosso problema per le popolazioni africane. UN Photo - Kibae Park mercati mondiali non ha chiaramente risparmiato anche le economie emergenti dei Paesi dell Africa settentrionale, le quali risultano però molto più vulnerabili di altre alle oscillazioni dei prezzi alimentari 9. In questa situazione, la crescente offerta di lavoro, soprattutto giovanile e non qualificata, ha avuto come unica ed inevitabile conseguenza il crollo dei salari, questi ultimi già colpiti dalla crescente inflazione. Questi dati da soli appaiono quindi più che sufficienti a spiegare l inerzia da parte dei governi dei principali Paesi nordafricani nell azione di contrasto all immigrazione clandestina verso l Italia e gli altri Paesi dell Unione Europea. Le origini della jihad in Nord Africa e i legami tra i gruppi terroristici Il terrorismo di stampo jihadista non nasce nel Nord Africa, ma qui trova linfa vitale ormai da diversi anni. La Primavera Araba potrebbe, a nostro giudizio, rappresentare una sorta di velo tale da confondere quelle che, da tempo, sono le dinamiche socio-economiche che contraddistinguono quest area e che rappresentando una sorta di humus grazie al quale lo scontento potrebbe alimentarsi, andando ad accrescere le fila di coloro che si riconoscono nel fondamentalismo e nel radicalismo. Sono stati proprio questi ultimi due elementi ad essersi fortemente sviluppati, in questa vasta Regione vicinissima all Europa, già partire degli inizi degli anni Ottanta. All epoca il focus dei combattenti per la jihad, per i veri credenti, seppure posto a centinaia di chilometri di distanza, era l Afghanistan. Risale, infatti, a quel decennio l occupazione del Paese da parte dell Unione Sovietica. Tale evento risvegliava non solo il giusto orgoglio delle popolazioni locali che volevano sollevarsi contro le forze d occupazione, ma anche un sentimento profondamente distorto che, ancora oggi, si nutre di odio nei confronti degli Stati non solo a nord del Mediterraneo, ma occidentali in genere, dove la qualità della vita era ed è migliore. Questa situazione-simbolo dell Afghanistan occupato (com è, di fatto, anche quella del conflittoisraelo-palestinese), aveva permesso la comparsa e l affermazione di alcuni leader religiosi che cercavano nell Islam delle origini la giustificazione delle forme di lotta più cruda e senza regole, quali il terrorismo, interpretata dai propri fautori come autentica e lecita forma di jihad contro i non 9 In Algeria, ad esempio, i generi alimentari rappresentano il 43% del paniere dei prezzi. 34 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 1/2012

6 credenti 10. Il contesto trasformava quindi gli occidentali in infedeli, i governi arabi vicini a questi ultimi come deboli o non musulmani, i terroristi in mujaheddin (guerrieri santi), i veri musulmani come coloro in grado di battersi personalmente oppure, nel caso in cui non potessero farlo direttamente, attraverso la zakat (l offerta per la causa ) devoluta alla jihad. Lontano dal punto di vista geografico, ma ideologicamente prossimo all Afghanistan che lottava contro l occupazione sovietica, il Nord Africa diventa, a partire dai primissimi anni 80, un bacino reclutamento per giovani che non avevano timore di mettere a repentaglio la propria vita per la jihad. Terminata quindi nel 1989 l occupazione dell Afghanistan da parte dell Armata Rossa, i mujaheddin provenienti dal Nord Africa devono cercare altri luoghi dove, a colpi di Kalashnikov, difendere l Islam autentico da minacce vere o presunte. La jihad diventa quindi globale ben prima dell 11 settembre La mappa dei conflitti a cui prendono parte i combattenti originari del Nord Africa diventati veterani in Afghanistan si allarga comprendendo la Cecenia, i Balcani, i Territori palestinesi, gli Stati Uniti e l Europa occidentale. Questo accade mentre, negli stessi anni, il Nord, ma anche molti Stati del Africa centrale e meridionale sono retti da regimi dittatoriali legati a doppio filo con industrie occidentali secondo modalità pseudo-coloniali, retaggio di un passato che non passa e che raramente ha portato qualche vantaggio al continente in cerca di sviluppo. In questo contesto, molti maghrebini, ma anche coloro che vivevano nel Mashreq, decidono di mettere le loro povere cose in una borsa, in un sacco e, nei casi più fortunati, in una valigia per emigrare in Europa, soprattutto in Francia, Gran Bretagna e Belgio. In questi Paesi, infatti, le comunità islamiche sono oggi particolarmente numerose e ben strutturate. Le migrazioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente di cui si era parlato in precedenza, mettendole in relazione con il problema della crescente disoccupazione giovanile quindi esistono da anni, ma si sono particolarmente intensificate a partire dall inizio del 2011, in concomitanza dei forti sconvolgimenti tuttora in atto nella Regione. Tale situazione sta portando migliaia di persone a riversarsi sulle coste italiane, ma molte di esse, come già in passato, utilizzano l Italia come luogo di transito verso gli Stati del centro e nord Europa 12. Tra gli innumerevoli disperati in cerca di una vita migliore, esistono, inevitabilmente, anche coloro legati, o quanto meno, sensibili al richiamo di Al Qaeda e a quello della shari a (Legge di Dio), intesa però secondo interpretazioni soggettive ed estremiste di stampo radicale che nulla hanno a che vedere con il Corano e la Sunna (di quest ultima raccolta degli hadith di Maometto ne esistono varie versioni, come quella sunnita, o sciita). Dal punto di vista della militanza religiosa con obiettivi politici, ciò che si verifica nel Nord Africa, a partire dagli anni Ottanta, è una progressiva radicalizzazione in Tunisia e in Marocco con un andamento più altalenante alimentata, tra gli altri fattori endogeni, dai conflitti in corso nei due epicentri per antonomasia, vale a dire l Afghanistan e la Palestina. Per quanto attiene alla radicalizzazione dei movimenti d ispirazione religiosa, due nazioni particolarmente importanti e cruciali sono l Egitto e l Algeria. La Libia, invece, prima che il regime di Gheddafi entrasse in crisi, si presentava all Europa e al mondo come una sorta di diga (la cui efficacia era ed è difficilmente valutabile) contro la jihad e l incontrollato flusso migratorio. Ciò che è comunque certo è che Gheddafi ha per decenni dovuto fronteggiare, come oppositore al proprio potere, il Libyan Islamic Fighting Group (LIFG), formato, come quasi tutti i movimenti terroristici 10 Guolo, Renzo, Il Partito di Dio. L Islam radicale contro l Occidente, Guerini e Associati, Milano, 2004, pag Per una descrizione del fenomeno nel periodo antecedente all attacco al World Trade Center vedasi: Tosini, Domenico, Terrorismo e antiterrorismo nel XXI secolo, Laterza, Roma-Bari, Cfr. Centro Militare di Studi Strategici, Ricerca 2010, Flussi migratori nel Mediterraneo: per una strategia internazionale di integrazione e difesa, con particolare riguardo per la situazione italiana, CASD, Roma, PANORAMA INTERNAZIONALE 35

7 della Regione, da ex combattenti per la causa afghana e rientrati in patria nei primi anni Novanta. Il LIFG, legato alla ben più articolata organizzazione terroristica di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), in questi ultimi mesi, secondo alcune fonti, si sarebbe unito ai ribelli per contribuire a rovesciare il potere del rais. È l Egitto, però, a rivestire il ruolo di maggiore rilevanza, dal punto di vista del radicalismo religioso, rispetto alle nazioni limitrofe. Qui, nel 1928, nasceva la Fratellanza Musulmana che aveva come obiettivi l opposizione all occidentalizzazione, il recupero dei principi dell Islam e lo sfruttamento da parte del popolo arabo del Canale di Suez 13. Pur non avendo un origine fondamentalista, con il trascorrere dei decenni, la Fratellanza ha visto alcune proprie frange avvicinarsi al gruppo Al Jihad (attivo dai tardi anni 70 e, attualmente, elencato dalle Nazioni Unite tra le entità appartenenti o associate ad Al Qaeda). Sembrerebbe, inoltre, che alle elezioni politiche in Egitto, previste il prossimo autunno, la Fratellanza entri in una coalizione guidata da Amr Moussa, ex ministro degli Esteri sotto il governo di Mubarak e potente Segretario della Lega Araba. Mentre alcuni media locali vedono in lui il possibile vincitore, il Parlamento Europeo solleva le proprie perplessità in quanto l autorità governativa egiziana provvisoria, il Supreme Council of Armed Forces (SCAF), rifiuta la presenza di osservatori occidentali, per verificare la correttezza delle operazioni di voto, durante la sessione elettorale. Secondo alcuni analisti, questo sarebbe un chiaro segnale per agevolare la Fratellanza nell ascesa al potere. Intanto, dopo gli avvenimenti di Piazza Tahrir, i confini tra Egitto e Israele non sono più controllati come prima, permettendo il movimento quasi indisturbato di armi verso Hamas (costola della Fratellanza) nella Striscia di Gaza e di centinaia di migranti clandestini egiziani. In tempi recenti si è rilevato inoltre che, proprio nelle zone del Sinai e a ridosso dei confini con Israele, Al Qaeda sta attuando una nuova azione di disturbo mirata a far incrinare i rapporti, finora ottimi, tra i due Stati. L Egitto, perciò, risulta quindi essere il vero ago della bilancia in grado di modificare gli equilibri non solo del Nord Africa, ma dell intero Medio Oriente, avendo la possibilità di scatenare una recrudescenza del terrorismo nell area, oppure di ostacolarla. In questo scenario non si può non considerare l Algeria che, in passato come oggi, è uno dei luoghi dove il terrorismo di matrice salafita è più radicato. Ricordiamo che quest ultimo è, attualmente, il più potente ed organizzato non solo nel Nord Africa, ma anche in tutto il Medio Oriente (in particolare a Gaza). Il terrorismo di radice salafita è diventato parte integrante di Al Qaeda attraverso l organizzazione denominata Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), nota anche come Gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento (GSPC). L AQMI è attualmente guidata dal giovane ingegnere algerino Abdelmalek Droukdel che avrebbe come mentore il medico egiziano Al- Zawahiri, nuovo Numero Uno di Al Qaeda. Non meno rilevante è stato il rapporto tra Droukdel e Al-Zarquawi di cui, probabilmente, è il successore. L AQMI sembrerebbe nato per volontà dello stesso Bin Laden quando, a causa del forte indebolimento del GIA (Gruppo Islamico Armato), la jihad nel Nord Africa sembrava perdere vigore. A sua volta, il GIA, come il Libyan Islamic Fighting Group, era nato dal rientro dei guerriglieri algerini nel loro Paese, dopo aver combattuto in Afghanistan contro le truppe sovietiche. Alcuni dei reduci sarebbero poi passati dal GIA, che non ha comunque cessato di esistere, all AQMI. Legato all AQMI, tramite la rete di Al Qaeda, è anche il Gruppo Combattente Islamico Marocchino (GCIM). Si tratta una cellula costantemente attiva, nata, sempre come gli altri gruppi, dall esperienza afghana degli anni Ottanta. Al GCIM sono stati fatti risalire gli attentati di Madrid dell 11 marzo del 2004, mentre quelli di Casablanca sarebbero stati effettuati da gruppi salatiti minori ad esso collegati. Si tratta degli attacchi avvenuti nel 13 Guolo, op. cit., pag INFORMAZIONI DELLA DIFESA 1/2012

8 Il ristorante Argana sulla piazza Jamaâ El Fna di Marrakech e nel 2007 (anno in cui esiste una concomitanza con gli attentati in Algeria ad opera dell AQMI). In Marocco, inoltre, esistono radicati e complessi rapporti con l Arabia Saudita da dove è stata esportata la cultura wahabita, particolarmente ortodossa e rigida riguardo i precetti dell Islam. Tale tendenza verso l ortodossia si rivela importante soprattutto nella gestione del potere finanziario di istituti di credito che seguono le disposizioni della zakat, contribuendo nella sostanza, insieme ad altri sistemi, a rimpinguare le casse del terrore. Sempre legato all AQMI, ma con scarse capacità organizzative, è il Jama a Combattante Tunisienne (JCT) che si trova, appunto, in Tunisia. Il JCT, secondo autorevoli fonti d intelligence sembrerebbe in grado di agire solo a supporto di operazioni organizzate da cellule più grandi. Per quanto riguarda la capacità di portare a termine azioni terroristiche fuori dai confini nazionali, Il il JCT (ma anche il GCIM) sembrerebbe avere una buona conoscenza della realtà belga e di quella italiana in particolare, conoscenza che potrebbe essere messa a disposizione di gruppi militarmente più organizzati appartenenti allo stesso network jihadista. La rete dei gruppi combattente per la jihad in Nord Africa sembra essere stata particolarmente scossa non solo dagli avvenimenti dalla Primavera Araba, ma anche dell uccisione di Osama Bin Laden, avvenuta a maggio di quest anno nel proprio rifugio nella North West Frontier Province in Pakistan. Analisti di tutto il mondo hanno tentato di dare un interpretazione plausibile a quelle che possono essere le ricadute su tutta l organizzazione di Al Qaeda dell uccisione dello Sceicco del Terrore. Una tendenza diffusa, soprattutto nei paesi anglosassoni, è quella di evidenziare una sorta di disgregazione del potere che non deve intendersi come un suo annullamento, bensì come una distribuzione dello stesso in senso più orizzontale che verticale. Da una serie di documenti rinvenuti durante diverse indagini in Europa durante i primi anni 2000, la struttura di Al Qaeda che si poteva ricavare era di tipo fortemente gerarchico, praticamente piramidale e regolata da norme ferree che prevedevano anche l addestramento militare. Lo sviluppo orizzontale darebbe una nuova PANORAMA INTERNAZIONALE 37

9 Addestramento di Unita malesi per attivita antiterroristiche forma al fenomeno Al Qaeda. Qui si prospetta l ipotesi del franchising, inteso da alcuni studiosi proprio come un allargamento delle maglie della rete, i cui nodi (ovvero le cellule) si trovano ad avere maggiore libertà d azione. Altri ancora sostengono invece che il franchising sia solo legato al web, dove schegge impazzite si riconoscono nell assurdità del terrorismo jihadista, emulandone le modalità d azione e condividendone gli obiettivi, senza però un coordinamento unitario. Negli Stati Uniti, dopo la scomparsa di Bin Laden, sta prendendo piede anche un altra teoria chevede Al Qaeda scomposta secondo cinque livelli di importanza a cui corrisponderebbero altrettante capacità decisionali: quello di vertice a cui apparterrebbero i nomi di spicco, come quello di Al-Zawahiri, e presente soprattutto in Pakistan e Afghanistan; a seguire il livello occupato dai gruppi affiliati che ricevono armi, denaro e formazione da Al Qaeda, come l AQMI; in sott ordine il livello dei gruppi alleati che non sono membri formali di Al Qaeda, ma che ci collaborano quando gli interessi di entrambe le parti convergono (come Al Shabaab che opera in Somalia); c è poi il livello delle piccole reti dove solo alcuni elementi sono direttamente collegati ad Al Qaeda e che solitamente inglobano combattenti che hanno avuto esperienza nei Balcani, in Cecenia, in Afghanistan e in Iraq; infine, il livello più lontano da quello di vertice, dove troviamo persone che condividono l odio di Al Qaeda per l occidente. Tale ipotesi, se confermata, dovrebbe indurre il Vecchio Continente a prendere atto che, in un probabile e non remoto futuro, Al Qaeda potrebbe annidarsi ed emergere a pochi chilometri dalle proprie coste. L Europa, perciò, dovrebbe dimostrare una maggiore attenzione e partecipare più attivamente al lungo processo di transizione a cui si sta avviando il Nord Africa, mettendo le basi effettive per un nuovo sistema sicurezza nell intera area mediterranea. L AQMI, con il suo giovane capo Abdelmalek Drukdel, risulterebbe essere, per il momento, la maggiore organizzazione jihadista di stampo salafita in grado di poter reperire fondi, pianificare e organizzare attentati non solo in Africa, ma anche in Occidente ed in Europa in particolare. Ottimi e trasversali sono, infatti, i legami familiari e d interessi che l AQMI possiede sulla sponda Sud del Mediterraneo; anche se non possono essere trascurate le relazioni esistenti con le cellule in sonno presenti anche nel centro-nord Europa. Possibili sviluppi futuri dello jihadismo nel Nord Africa e il ruolo dell Europa Per comprendere lo jihadismo in Nord Africa non si può prescindere da una valutazione socioculturale e storica dell area. Come si è visto precedentemente, quest area è da sempre profondamente condizionata dagli eventi del conflitto israelo-palestinese, ma anche da quanto accadde in Afghanistan durante l occupazione sovietica, e da quanto sta avvenendo in quel Paese. Queste due situazioni simbolo, per i terroristi, costituiscono l alibi per giustificare i loro attacchi nei confronti dell Occidente, visto da loro come invadente e ingerente nei confronti del mondo arabo. Europa e Stati Uniti sono, sempre secondo i nuovi mujaheddin, l origine dei soprusi a cui essi stessi cercano di contrapporsi in nome di una libera e, in alcuni casi, capovolta interpretazione dell Islam. A tale proposito, esempi sono: gli attacchi suicidi meritevoli di gioie eterne nell aldilà; le continue fatwa o incitamenti al disprezzo del- 38 INFORMAZIONI DELLA DIFESA 1/2012

10 l Occidente corrotto, contrapponendolo ai principi e alla condotta di Maometto; l orgoglio diffuso da parte delle famiglie dei martiri di averli nel loro albero genealogico e il rispetto nei loro riguardi da parte della comunità che ne avvalorano i gesti nell ottica dei martiri contro gli infedeli ; il denaro devoluto dalle organizzazioni terroristiche ai parenti degli attentatori perché si sono sacrificati per un bene più alto; infine l opposizione al diverso come un recupero dei valori originari dell Islam che possono condurre a migliori condizioni di vita non solo sotto l aspetto religioso, ma anche economico e sociale. Queste sono solo alcune delle irragionevoli motivazioni che aiutano lo jihadismo sopravvivere. Quali sono i motivi per cui quest ultimo riesce ad attecchire e a trovare continuamente linfa vitale in Nord Africa? Le cause principali sono la povertà, che rischia di acuirsi a causa della costante crescita demografica e dell aumento del costo delle derrate alimentari, l analfabetismo e l ignoranza, il vuoto di controllo istituzionale e delle forze di Polizia locali, soprattutto nelle numerose aree impervie ed isolate dove, spesso, trovano rifugio i terroristi. In questo contesto si collocano gli avvenimenti della Primavera Araba che, di fatto, portano il Nord Africa a un bivio: la scelta tra soluzioni governative più democratiche (anche se gli eventi in Afghanistan e Palestina possono modificarne gli esisti), compatibilmente con i luoghi e le tradizioni, oppure tra quelle radicali. Assolutamente determinanti saranno le elezioni in Egitto i cui esiti potrebbero fare da traino a scelte politiche similari nei Paesi limitrofi. La Libia, infine, avrà un ruolo importante, ricordando che tra i ribelli si sarebbe mossa anche l organizzazione terroristica autoctona legata ad Al Qaeda, non escludendo l ipotesi di un futuro governo post- Gheddafi, tra cui potrebbero esserci anche rappresentanti di tale organizzazione. Ciò che sta emergendo, come si è visto all inizio di questa breve analisi, è una ferma volontà delle popolazioni locali di autodeterminarsi, di rimpossessarsi del loro destino costruendo governi che più si attaglino alle reali necessità dei rispettivi Paesi. Tali operazioni, però, non avvengono repentinamente, ma sono frutto di lunghi processi che portano a nuovi equilibri attraverso varie stagioni. Queste fasi delicate che contraddistingueranno il Nord Africa nei prossimi anni richiederanno da parte dell Europa una presenza effettiva di sostegno a un evoluzione che deve trovare il proprio sviluppo naturale, tentando di non interferire direttamente. Qui sono in gioco la stabilità e la sicurezza del Mediterraneo, la fiducia ed il consenso del Nord Africa verso il Vecchio Continente e l Occidente in generale. Niente sarebbe più efficace contro gli alibi dello jihadismo di un Europa che sappia essere presente senza condizionare, aiutare senza prevaricare prediligendo strumenti di soft power e di sostegno sociale collaborando altresì al mantenimento della sicurezza, di un Europa più attenta rispetto al passato alle dinamiche oltreconfine. Il soft power richiede l applicazione di nuove soluzioni che si adattino alle circostanze in cambiamento proprio come l acqua, secondo un famoso aforisma di Sun Tzu: La natura dell acqua è abbandonare l alto e raccogliersi in basso [ ]. La terra determina il corso dell acqua, il nemico determina la vittoria e, quindi, l importanza di adattarsi ad esso e di conoscerlo. Se il terrorismo, perciò, è stato definito come un camaleonte, l Occidente non può pensare di contrastarlo attraverso soluzioni rigide oppure omologabili ai vari Stati. Aiutare la transizione in Nord Africa per scongiurare il rischio di derive radicali, potrebbe implicare l uso, anche se in maniera diversa e a geometria variabile, di tutti gli strumenti del potere nazionale 14, irrobustendo ad esempio l intelligence e diminuendo il peso delle armi, perchè il gioco della sicurezza in queste aree sarà sempre più una partita che l Occidente dovrà giocare con la mente e il cuore, per le menti ed i cuori. 14 L acronimo anglosassone DIME-FIL indica il complesso degli strumenti del potere nazionale: diplomatici, informativi, militari, economici, finanziari, etc. PANORAMA INTERNAZIONALE 39

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