Fig. 1: Mappa di Bedolina [6]
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- Felice Parisi
- 8 anni fa
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1 INTRODUZIONE Da sempre la complessità delle attività umane è stata accompagnata dalla produzione di mappe e di cartografie. Rappresentazioni del territorio che usano scienze complesse come la geodesia, la matematica, la fotogrammetria e la topografia, per raccontare le caratteristiche di una zona, di una nazione, di un villaggio, della scoperta di un nuovo mondo. Le usiamo per fare progetti, per programmare dove coltivare e dove costruire, per realizzare carte che ci permettano di fare scelte economiche e sociali a volte anche per l intero pianeta, o semplicemente per capire dove siamo. Con le nuove tecnologie e l osservazione dallo spazio oggi riusciamo ad avere carte di tutto il pianeta e anche di altri pianeti. Carte antiche, vecchie e moderne. Le osserviamo attentamente per cogliere quei dettagli che ricordiamo di un territorio, per vedere se ci sono nella carta. Ed è con questa aspettativa narrativa che ci si confronta quasi istintivamente con le vecchie carte, per vedere se quel ghiacciaio c era già, se quel sentiero era già segnato, se la strada o la galleria che attraversiamo esistevano. Le usiamo per ricordarci che i confini della nostra Italia erano diversi, per notare che quella diga non era ancora stata costruita, che quel lago era più grande o quel corso d acqua non passava da lì. E quelle case? Quelle ancora non erano state costruite. Se da un lato le carte combinano mirabili lavori di rilievo e applicazione scientifica, dall altro narrano e rappresentano la storia di un territorio, una parte della nostra storia. Vicino a noi, in Valcamonica (parco archeologico di Seradina e Bedolina), in mezzo a migliaia di altre incisioni, troviamo una straordinaria testimonianza di cartografia risalente all età del ferro: la mappa di Bedolina. Fig. 1: Mappa di Bedolina [6] Sulla roccia sono raffigurate le zone abitate, i campi coltivati, i terreni a pascolo, zone di selvaggina e tipi di selvaggina. Una mappa tematica che testimonia la vita stessa di un popolo. Oggi, un lavoro simile supportato dall informatica, verrebbe chiamato SIT (Sistema Informativo Territoriale)
2 DAL RILIEVO ALLA CARTA Il territorio disegnato su una carta non è mai un territorio piano, ma estremamente complesso. Ogni punto deve essere riconosciuto nella sua posizione e nella sua quota. Noi siamo abituati a disegnare su fogli e quindi la superficie che più ci è familiare è il piano, ma il piano non è sufficiente per rappresentare una nazione o per rappresentare una parte o l intero globo. Serve una superficie più complessa, ma come ottenerla? La scelta fu quella di proiettare i punti del terreno lungo linee che fossero tangibili, ovvero le verticali. Le verticali sono disegnate dal campo di gravità del nostro pianeta e le vediamo con semplici strumenti come il filo a piombo. La superficie che in ogni punto è perpendicolare alle verticali si chiama geoide. Il geoide è la superficie naturale per la proiezione dei punti e la rappresentazione della terra. Ma si tratta di una superficie molto complessa, sulla quale è estremamente complicato misurare angoli e distanze, e per questo motivo è difficile da utilizzare. Col tempo si è giunti a semplificare il geoide con superfici più semplici chiamate ellissoidi che rappresentano la forma della terra e hanno l aspetto, che tutti noi abbiamo imparato a conoscere, di una sfera leggermente schiacciata ai poli. Fig. 2: Il territorio e la superficie di riferimento [1] Sotto determinate condizioni potremo dire che la distanza dei punti dall ellissoide scelto rappresenta la quota mentre la posizione planimetrica viene definita attraverso due angoli noti come latitudine e longitudine. La rappresentazione della terra che abbiamo ottenuto è ora disegnata su una superficie curva, molto vicina a una sfera, in un disegno simile a quello di un mappamondo. Usare un mappamondo nella quotidianità è poco pratico. Nessuno si porterebbe nello zaino una porzione di sfera per cercare il sentiero durante una escursione; è molto più comodo usare dei fogli piani sui quali poter leggere anche le latitudini e le longitudini. Attraverso dunque lo studio di come proiettare punti di una sfera su un supporto piano entra in gioco la cartografia. Immaginiamo di proiettare un mappamondo su delle superfici di geometria semplice quali il piano, il cilindro e il cono. Usando il piano si parla di proiezioni prospettiche, usando cilindro e cono si parla di proiezioni per sviluppo
3 Fig. 3: Proiezioni su superfici [1] Proiettare una sfera su una superficie significa introdurre inevitabilmente delle deformazioni nella forma del territorio che si rappresenta. Deformazioni che interessano angoli, distanze e aree. Per ciascun punto, a partire da latitudine e longitudine, dovremo ottenere due coordinate Est e Nord sul foglio e viceversa: dalla posizione sulla carta si devono ottenere latitudine e longitudine. La matematica si affianca alla geometria proiettiva per arrivare a soluzioni numeriche che annullano alcune deformazioni. Si chiamano conformi le carte che non modificano gli angoli, equidistanti le carte che non modificano le distanze, equivalenti quelle che non modificano le aree e afilattiche quelle che contengono tutte le deformazioni ma in maniera limitata. Non è possibile eliminare contemporaneamente tutte le deformazioni, ma solo una per volta. La scelta di quale deformazione annullare dipende dall uso della carta. Le conformi vengono utilizzate per la navigazione (è semplice individuare l angolo di rotta), oppure per il supporto alle grandi opere di ingegneria. Le equivalenti sono più adatte ad esempio a scopi fiscali e quindi al catasto. La scelta della superficie di sviluppo dipende dalla parte di globo che stiamo rappresentando. Ad esempio la conica e le prospettiche sono più adatte ai poli, mentre le cilindriche sono utilizzate per fasce di longitudine tra i -80 e i +80 sopra e sotto l equatore. Le proiezioni e gli ellissoidi che approssimano la forma della terra, prendono spesso il nome degli studiosi che le hanno perfezionate. Parleremo dunque di ellissoidi di Bessel e di Hayford e di proiezione Gauss-Boaga, applicata attualmente alla carta d Italia che è stata preceduta dalla Sanson- Flamsted o naturale. LA GRAN CARTA D ITALIA Tra il 1875 e il 1903 venne realizzato il monumentale progetto della Gran Carta d Italia. risalente all epoca della riorganizzazione amministrativa e sociale del nuovo Regno d Italia. Ancora una volta comprendiamo quanto le cartografie abbiano accompagnato da protagoniste i momenti storicamente più decisivi della storia e dell uomo. Per la sua realizzazione fu scelto l ellissoide di Bessel come forma approssimata della terra, e la proiezione Sanson-Flamsteed per ottenere i fogli. Quest ultima permetteva, con estrema facilità, di ricavare le lunghezze proiettate sui fogli dei meridiani e dei paralleli (trasformate di meridiani e paralleli)
4 Fig. 4: Proiezione Sanson-Flamsteed, trasformate di meridiani e paralleli In aree di limitata estensione, questa proiezione può considerarsi conforme. Il territorio nazionale venne suddiviso in 277 fogli le cui dimensioni vennero stabilite in lunghezze di trasformate di archi di meridiani pari a 20 e di paralleli pari a 30. Ogni foglio della carta copre un territorio di 1500 km 2 ed è dotato di un sistema di riferimento in coordinate x e y, con origine al centro del foglio e collocati all intersezione dei meridiani contrassegnati con 15 o 45 con i paralleli segnati dai valori 10, 30 e 50. Fig. 5: La Gran Carta d Italia suddivisa per fogli al [7] - 4 -
5 Le formule per il calcolo delle coordinate sono semplici: ϕ x = ρ dϕ ϕ0 y = N cosϕ ( λ λ0 ) x dove ρ e N sono rispettivamente il raggio del meridiano e la gran normale. L asse x rappresenta in vera grandezza il meridiano centrale e l asse y il parallelo. I paralleli sono rappresentati come rette parallele all asse y. I meridiani sono curve (sinusoidi) che in prima approssimazione e nello spazio di un foglio possono essere considerate rette. Il taglio dei fogli è quindi a forma di trapezio isoscele. y Fig. 6: Taglio dei fogli al della proiezione Sanson-Flamsteed I fogli sono suddivisi in quadranti I, II, III e IV rappresentati in scala 1: ulteriormente suddivisi in tavolette in scala 1: denominate NE, SE, SO e NO. Fig. 7:Quadranti e tavolette della Carta d Italia [7] - 5 -
6 All epoca della produzione di questa carta, ancora non si parlava di voli e di aereofotogrammetria. Tutta la carta è dunque prodotta da rilievi effettuati sul terreno (levate) con livello di dettaglio sufficiente alla rappresentazione in scala 1: Tuttavia, almeno da terra, si intravedevano le prime esperienze di uso della fotogrammetria (allora chiamata fototopografia), per il supporto alla rappresentazione di versanti almeno in zone montane (vedi bollettino CAI). Tra le tecniche di rilievo che venivano utilizzate, quella della tavoletta pretoriana era sicuramente il più diffuso. Fig. 8: Tavoletta pretoriana [7] Il sistema di riferimento della cartografia italiana cambia nel 1942 e adotta un nuovo ellissoide: quello di Hayford e una nuova proiezione cartografica conforme detta Gauss-Boaga. Con l adozione del nuovo sistema, si rese necessaria la revisione di tutti gli elementi geodetici, comprese le cartografie. Volendo schematizzare il procedimento per ottenere la carta di Gauss, possiamo immaginare una sfera tangente alla superficie di un cilindro. Fig. 9: Proiezione cilindrica della carta di Gauss - 6 -
7 Il meridiano che tocca il cilindro non subisce deformazioni e viene riprodotto in vera lunghezza. Allontanandosi da questo meridiano le deformazioni aumentano. Per questo non è possibile rappresentare l intero globo con una sola proiezione. Si usano di fatto 60 cilindri diversi ciascuno dei quali proietta una parte di superficie terrestre compresa in un intervallo di 6 di longitudine. L intero globo viene disegnato per fusi. In questo modo è stata definita la proiezione cartografica mondiale detta UTM. Fig. 10: Suddivisione del globo in fusi [1] [2] [3] La Carta d Italia usa due fusi della carta UTM modificandoli leggermente. Contraendo il meridiano centrale, deformandolo dello 0,4 0 / 00, si crearono di fatto le condizioni di ulteriore riduzione delle deformazioni di ciascun fuso, rendendole compatibili con l errore di graficismo. Inoltre, queste modifiche facilitarono la conversione della Gran Carta d Italia nel nuovo sistema cartografico in quanto gli errori, che si commettevano nella conversione dei sistemi, erano anch essi inferiori all errore di graficismo. Fig. 11: Fusi utilizzati della Carta Gauss-Boaga per l Italia [1] [2] [3] BIBLIOGRAFIA [1] G. Inghilleri, Topografia Generale. Torino, UTET, [2] P. Bencini, Appunti di cartografia. Firenze, IGM collezione testi didattici, [3] Uso delle carte con quadrettatura UTM. Firenze, IGM collezione testi didattici, 1951 [4] C. Monti, L. Pinto, Trattamento dei dati topografici e cartografici. Maggioli Editore, [5] J. P. Snyder, Map proiections used by U.S. Geological Survey, Geological survey bulletin 1532 U.S. Government, [6] [7] a cura del Prof. Carlo Lanzi - 7 -
8 La Carta topografica del Regno d'italia. Un po di storia Dopo la proclamazione del Regno d'italia, fra i vari problemi che si presentarono allo Stato unificato vi fu anche quello della sua unificazione cartografica. Da quanto si è detto risulta come per tutta l'italia settentrionale e centrale si possedessero delle carte topografiche abbastanza buone sebbene non più rispondenti alle accresciute esigenze. Ma per le province meridionali e per la Sicilia le condizioni erano ben diverse, onde occorreva servirsi ancora della carta del Rizzi Zannoni e della riduzione di una più antica carta della Sicilia rilevata dallo Schmettau ancora ai primi del sec. XVIII. I nuovi lavori iniziati dopo il 1815 lasciavano promettere la riuscita di una carta, superiore certo, per fondamento geometrico e per finitezza artistica, alle altre carte italiane esistenti; ma troppo arretrati ne erano i lavori e soverchio il tempo e la spesa che sarebbero stati necessari per ultimarla sullo stesso piano. Si convenne pertanto di ridurre la scala delle levate da 1: a 1:50.000, utilizzando naturalmente tutto il lavoro geodetico e topografico sino allora compiuto e rinunziando per il momento al proposito di ricavarne una carta a scala minore artisticamente finita, e limitarsi a riprodurre coi nuovi procedimenti della fotolitografia il disegno originale della levata di campagna. La nuova carta delle province meridionali, al pari di quella che veniva a sostituire, doveva essere sviluppata in proiezione detta ormai di Bonne (sinusoidale a paralleli curvilinei) assumendo come centro di sviluppo l'osservatorio astronomico di Capodimonte e suddivisa in 174 fogli delle dimensioni di m.0,70 0,50. Per le operazioni di rilevamento era previsto il procedimento misto numerico e grafico della tavoletta pretoriana e la figurazione del terreno doveva essere ottenuta col sistema delle curve ipsometriche equidistanti 10 metri. L'esecuzione dell'ingente lavoro veniva affidata all'ufficio Tecnico dello Stato Maggiore che aveva riunito i due Uffici Topografici di Torino e di Napoli e che nel 1872 si trasformò in Istituto Topografico Militare (più tardi Geografico) con sede a Firenze. Un'apposita legge del 10 agosto 1862 ne decretò l'esecuzione e provvide a stabilirne i fondi. Iniziati subito i lavori sul terreno, essi furono condotti con tale celerità che nel 1874 poterono essere compiuti. La cartografia topografica ufficiale non offriva esempî precedenti di una carta che fosse la riproduzione integrale di levate direttamente eseguite alla scala di 1: con curve di livello, per un territorio come quello dell'italia meridionale morfologicamente tormentato e privo di un catasto geometrico. Non ne era ancora compiuta la pubblicazione che si poteva pensare a soddisfare quello che era antico proposito, di formare cioè una carta generale per tutto il regno alla scala uniforme di 1 : artisticamenie finita. I risultati ottenuti con la carta delle province meridionali e la superiorità che dal punto di vista tecnico essa presentava rispetto alle carte austriaca e sarda, palesarono l'opportunità di estendere anche alle provincie settentrionali e centrali, nonché all'isola di Sardegna, le nuove levate, in modo che il materiale utilizzato per la disegnata carta al fosse uniforme e con la riproduzione integrale delle levate si venisse a formare una carta del Regno a scala maggiore, riproducibile con mezzi celeri ed economici e rispondente alle necessità tecniche e militari che si mostravano sempre maggiori. E poiché l'esperienza aveva dimostrato l'insufficienza di una scala troppo piccola come quella di 1:50.000, per inserire nella rappresentazione tutti gli elementi che si ritenevano necessari si convenne, analogamente a quanto in più limitata misura era stato necessario fare nelle province meridionali, di adottare la scala di 1: per i territori di particolare importanza militare e di maggiore abbondanza di particolari. Quanto al sistema di proiezione per la nuova carta a 1: fu ritenuto più opportuno svincolarsi da ogni sistema convenzionale e adottare una proiezione poliedrica o, come fu detta, "naturale" per la quale, adottata per la suddivisione in fogli una maglia del reticolato geografico di 20 in latitudine per 30 in longitudine, si venisse a sostituire al trapezio sferoidico da essa rappresentato un trapezio piano e rettilineo, le cui dimensioni corrispondessero a quelle degli archi di parallelo e di meridiano che lo - 8 -
9 comprendevano. Le deformazioni risultanti nei limiti di ciascun foglio divenivano minime e trascurabili nel graficismo, solo inconveniente rimanendo quello della mancata continuità dei singoli fogli e dell'impossibilità di unirli. Inconveniente trascurabile, quando si tenga conto che la carta viene consultata isolatamente foglio per foglio o a due fogli contigui per volta. Per l'esecuzione delle levate si stabilì come unità di disegno rispettivamente il quarto di foglio (quadrante) o il sedicesimo (tavoletta) secondo che si trattasse di levate al o al Per le operazioni di rilevamento si continuò a servirsi della tavoletta pretoriana risultata in complesso la più conveniente per levate a scala non troppo grande nelle quali specialmente la figurazione del terreno si basa in gran parte sull'occhio e sull'abilita artistica del rilevatore. Per le regioni di pianura per le quali si possedevano delle buone mappe catastali la conveniente loro riduzione poté rappresentare un vantaggioso aiuto, mentre le livellazioni geometriche di precisione che si andavano sviluppando sul territorio del Regno, oltre ad assicurare meglio i risultati della livellazione trigonometrica, giovavano a fornire larga copia di punti di riferimento rigorosamente quotati. Il disegno dei fogli modelli, che rappresentavano gli originali della carta artisticamente finita a 1: , venne fatto su riduzioni fotografiche a 1: delle levate, stampate su di un calco pallido non fotogenico, eliminando i particolari di minore interesse, tracciando le curve altimetriche all'equidistanza di 50 m con l'aggiunta di un tratteggio a luce mista atto a mettere meglio in evidenza certe forme spiccate del suolo che le sole curve non potevano rappresentare. Quanto alla stampa, la riproduzione delle levate si ottenne coi procedimenti fotomeccanici della fotolitografia cui si sostituì poi quello della zincografia. Per i fogli al si adottò un sistema di fotoincisione galvanica ideato dal gen. Avet che dall'originale al permetteva di ottenere una incisione finissima. Si ebbero così contemporaneamente due grandi carte topografiche del Regno: una alla scala promiscua di 1: e 1:50.000, riproduzione integrale delle levate originali, capace di soddisfare a tutte le esigenze militari e tecniche; e una artisticamente finita alla scala ridotta di 1: , degna di rivaleggiare con le più belle carte incise che la cartografia avesse fino ad allora prodotto. I lavori sul terreno per l'esecuzione delle levate rimasero ultimati nel 1900; alcuni anni si richiesero ancora per completare la pubblicazione dei fogli al Col procedere del lavoro di rilevamento apparve sempre più la necessità di estendere assai più del previsto le levate a che ragioni di economia, di spesa e di tempo avevano limitate, e in varî casi zone che erano state rilevate al furono rilevate ex novo alla scala doppia, mentre si provvedeva a periodiche ricognizioni sul terreno per introdurre le modificazioni che specialmente nel campo stradale ed edilizio si andavano determinando. Un progresso sensibile nei rilevamenti delle zone di alta montagna si ebbe valendosi della fotografia, applicando cioè al teodolite una camera oscura che permettesse di ottenere vedute panoramiche, esenti da deformazioni, e insieme gli elementi geometrici per ricavarne la rappresentazione topografica. Se ne deve l'applicazione, che poté essere fatta in alcune zone alpine, agli studi iniziati sino dal 1878 dall'ing. geografo P. Paganini che gli diede il nome di fototopografia. La Carta d'italia ultimata venne a constare di 277 fogli; delle levate si ebbero originariamente 661 quadranti al e 1005 tavolette al Ma, come si è detto, il numero delle tavolette, indipendentemente dall'ampliamento del territorio nazionale dopo la guerra mondiale, andò sempre più accrescendosi per la sostituzione di nuove tavolette ai primitivi quadranti. Della Carta a , oltre al tipo che diremmo classico, fotoincisa e stampata in nero, si ebbero svariate edizioni in nero o a colori, con o senza tratteggio orografico o con ombreggiatura a sfumo, riprodotte con sistemi diversi ma che ne lasciavano invariato il fondamento planimetrico. [Enciclopedia Treccani on-line] a cura del Prof. Antonio Sassi - 9 -
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